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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti D.A. DI STEFANO, A. CAZZANIGA, M. ANDREASI BASSI, G. ROSANO, P. AROSIO, M. D’ANDREA

PRELIEVI DALLE CRESTE ALVEOLARI E DALLE SUPERFICI OSSEE MAXILLO-MANDIBOLARI Il prelievo dalla cresta alveolare e dalle superfici ossee maxillo-mandibolari può essere diretto o indiretto. È una tecnica di facile utilizzo e trova larga diffusione nella pratica ambulatoriale nelle metodiche ricostruttive, legate principalmente alle tecniche di rigenerazione ossea guidata (GBR), spesso in associazione a materiali eterologhi. Sono in genere prelievi mininvasivi e a basso impatto biologico, che richiedono accessi chirurgici minimi e che non modificano significativamente la morfologia dell’osso su cui è stato eseguito il prelievo. Sono miniprelievi che, spesso, si associano a interventi di posizionamento implantare e vengono eseguiti sia nella stessa sede chirurgica sia in una seconda. Possono, tuttavia, anche essere abbinati a un prelievo maggiore al fine di regolarizzare la sede donatrice, colmare piccoli deficit in sede di innesto ed essere mescolati a materiale eterologo nel rialzo del seno mascellare. Questa versatilità è data dalla morfologia del prelievo (bone chip) che si può facilmente adattare alle più svariate necessità di ricostruzione ossea.

Prelievo diretto Il prelievo che si esegue, con appositi strumenti, sulle superfici ossee corticali, sia in contiguità della sede di intervento sia a distanza, si definisce prelievo osseo crestale diretto. La quantità di osso prelevabile consente di realizzare anche aumenti di spessore o di altezza della cresta alveolare, nell’ambito delle tecniche di rigenerazione ossea, oltre a perfezionare, come si è ricordato, la morfologia del sito implantare, correggendo eventuali fenestrazioni o deiscenze. Miscelato a materiali eterologhi, il prelievo diretto può dunque essere utilizzato per il grande rialzo del seno mascellare, senza ricorrere ad altre sedi chirurgiche. Lo strumento utilizzato più di frequente per il prelievo diretto è il raschietto raccogli-osso (bone scraper) a cui si aggiungono le frese trephine, per eseguire le carote ossee e le pinze ossivore (Figg. 7.1-7.4). 201


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Figura 7.1 (a) Il raschietto raccogli-osso è un dispositivo monouso in materiale plastico di forma retta o angolata, per meglio adattarsi alla morfologia delle superfici corticali ossee, sulle quali eseguire il prelievo, grazie a una lama tagliente situata all’apice dello strumento stesso. (b) È dotato di un serbatoio per raccogliere il tessuto osseo particolato, della capacità di 2 mL. Le chip raccolte sono direttamente utilizzate nelle tecniche ricostruttive, senza il rischio di contaminazioni batteriche. (Safescraper®, Meta).

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Figura 7.2 Il raschietto raccogli-osso può essere di diversa forma, dimensione e modalità di utilizzo. (a) Nell’immagine ne è mostrato uno per piccoli prelievi. (b) Lo strumento è dotato di un minuscolo serbatoio dove viene raccolto il prelievo eseguito da una lama circolare (Micross, Meta).

Figura 7.3 Fresa trephine (da trapano, trapanare) montata su un contrangolo con raffreddamento a soluzione fisiologica sterile.

Figura 7.4 Pinza ossivora per la raccolta di tessuto osseo dalle superfici crestali. Ne esistono di diversa forma e dimensioni.

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Tecnica con raschietto raccogli-osso (bone scraper) Il raschietto è di impiego semplicissimo: viene fatto strisciare, manualmente e con fermezza, sulla superficie ossea corticale nell’area dove si vuole effettuare il prelievo. Grazie alla presenza di un’apposita lama posta sulla sommità dello strumento, è possibile prelevare trucioli di osso corticale che sono raccolti automaticamente in un piccolo serbatoio. Tali strumenti sono in genere sterili e monouso, anche se esistono in commercio bone scraper sterilizzabili in acciaio (Fig. 7.5); hanno forma e dimensione in funzione della sede di prelievo e della quantità di osso da prelevare: possono essere retti, angolati, di vario diametro e forma, in modo tale da adattarsi meglio alla morfologia della sede donatrice, permettendo inoltre una maggiore manovrabilità chirurgica (Figg. 7.6-7.8).

Figura 7.5 Raschietto raccogli-osso in acciaio, sterilizzabile. Il meccanismo di raccolta è similare al raschietto monouso. La capacità di raccolta del serbatoio è di 1 mL.

Figura 7.6 Il raschietto raccogli-osso in azione su una superficie corticale. Il più utilizzato è quello angolato perché meglio si adatta alle superfici ossee ed è più manovrabile. Il prelievo si ottiene facendo strisciare con fermezza la testa dello strumento, dotata di lama, sulla superficie ossea.

Figura 7.7 Il serbatoio del raschietto permette di raccogliere l’osso particolato, che aumenta fino a dieci volte il volume iniziale. Si noti la buona presenza di sangue fra le chip così prelevate.

Figura 7.8 Il raschietto può essere utilizzato nella stessa seduta più volte, fino a ottenere il volume desiderato. Il prelievo ha un’ottima cellularità e può essere conservato in una scodella sterile prima dell’innesto.

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Il truciolo osseo che si recupera in questo modo è facilmente manipolabile e può essere adeguatamente innestato sul sito ricevente grazie al fatto che è imbibito di sangue: la presenza di sangue è un aspetto molto importante per il mantenimento della vitalità cellulare. Il prelievo può essere utilizzato subito dopo la raccolta, prelevandolo dall’apposito serbatoio, o può essere conservato nel serbatoio stesso per un breve periodo di tempo o in un diverso contenitore con l’aggiunta di fisiologica e sangue, eventualmente miscelato con osso eterologo, per essere utilizzato in una fase successiva (Figg. 7.9-7.12). La dimensione del truciolo osseo favorisce l’attecchimento sia per la dimensione, sia per la cellularità sia per la conservazione della struttura ossea lamellare, come dimostrano i quadri istologici dei prelievi (Figg. 7.13 e 7.14). Il truciolo prelevato ha una dimensione media di 800 μm di lunghezza e 75 μm di larghezza, con un volume che può essere anche decuplicato rispetto a quello di osso effettivamente prelevato. È un osso in genere corticale di tipo membranoso, che ne mantiene parte delle caratteristiche biomeccaniche, a cui si associano una più facile neoangiogenesi e un attecchimento che avviene in tempi minori rispetto a un blocco della medesima origine embriologica.

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Figura 7.9 (a) Il miniraschietto in azione sulla superficie ossea nella stessa area chirurgica; anche questo strumento viene fatto strisciare sulla superficie ossea con fermezza. Il prelievo viene eseguito grazie alla lama circolare montata in testa allo stesso. (b) Aprendo lo strumento si evidenzia il serbatoio di raccolta, circolare e di minore capacità rispetto al raschietto raccogliosso. Può tuttavia essere utilizzato più volte in successione. (c) Il prelievo è conservato in una ciotola sterile prima dell’innesto. Si osservi la diversa forma delle bone chip.

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Figura 7.10 (a) Fresa trephine in azione sull’osso crestale. È uno strumento molto aggressivo che deve essere utilizzato con cautela e sotto abbondante raffreddamento con fisiologica sterile. (b) Il prelievo rimane all’interno della fresa trephine e viene rimosso meccanicamente, attraverso le aperture laterali del corpo della fresa. Oltre per il prelievo di osso autologo da innestare, è utilizzata anche per prelievi istologici in sede di pregresso innesto.

Figura 7.11 Carota ossea eseguita con la fresa trephine. Il prelievo può essere utilizzato in blocco o triturato, anche in aggiunta a materiale eterologo. Nel caso di prelievo istologico, si deve porre attenzione all’integrità della carota.

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Figura 7.12 Pinza ossivora in azione. (a) Il prelievo è possibile sulle irregolarità dell’osso crestale residuo, nell’area chirurgica. Può essere utilizzata anche per triturare osso prelevato con una fresa trephine. (b) L’osso prelevato rimane tra le due leve dello strumento. Non esistono limiti all’azione della pinza se non quello dell’ottenimento, per esempio, della regolarità della superficie di innesto. (c) La morfologia del prelievo dipende dalla qualità dell’osso e dalle dimensioni della pinza ossivora.

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Figura 7.13 (a) Immagine colorata a ematossilina-eosina del truciolo prelevato. L’osso mantiene una buona cellularità e conserva la struttura ossea lamellare. (b) La stessa immagine a luce polarizzata. Il truciolo ha una dimensione media di 800 μm di lunghezza e di 75 mm di larghezza. È un osso corticale di tipo membranoso, che permette una neoangiogenesi più rapida rispetto a un blocco osseo della stessa origine embriologica.

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Figura 7.14 (a) Immagine istologica di tessuto osseo prelevato in sede di innesto con una fresa trephine. (b) Con ingrandimento maggiore, si osserva l’ottimo attecchimento del tessuto osseo innestato.

Il limite di questo tipo di prelievo è rappresentato dalle aree di raccolta piuttosto estese necessarie per ottenere grandi quantità di osso. Per sopperire a questo limite, senza necessariamente dovere estendere l’accesso chirurgico, è possibile utilizzare lo strumento al di sotto della mucosa adiacente all’area chirurgica, rimanendo rigorosamente sottoperiostali e prestando attenzione alla presenza di strutture anatomiche nervose adiacenti all’area di prelievo (tecnica a tunnel). Le sedi di prelievo dirette, oltre alle superfici ossee adiacenti all’area chirurgica, sono le stesse dei prelievi intraorali maggiori, ma con accessi più conservativi come la tecnica a tunnel stessa. 206


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Si è sottolineato come questa tipologia di prelievo sia in genere utilizzata nella stessa sede chirurgica, tuttavia, allorché sia necessaria una quantità di tessuto osseo corticale particolato maggiore, può essere utilizzata una seconda sede chirurgica di prelievo. Tali sedi sono quelle, già ricordate, dei prelievi intraorali maggiori: • Sinfisi mentoniera: incisione verticale sulla linea mediana e con la possibilità di tunnellizzazione laterale, prestando la massima attenzione alle emergenze nei nervi mentonieri e allo scollamento, che deve essere a spessore totale (Figg. 7.15 e 7.16). • Linea obliqua esterna della mandibola. • Regione retromolare e dell’angolo mandibolare: incisione lineare a cui può associarsi una incisione di scarico obliqua, per facilitare lo scollamento e la divaricazione dei tessuti molli, facendo attenzione alla presenza dei rami dell’arteria facciale. • Zona sottozigomatica: incisione lineare nel fornice ad andamento antero-posteriore, prestando attenzione sia all’emergenza del nervo infraorbitario sia allo spessore della corticale della parete laterale del seno, onde evitare, con le manovre di prelievo, di penetrare nello stesso. Anche il palato duro, seppur più raramente e solo quando la ricostruzione richieda l’allestimento di un lembo primario in questa zona, può essere utilizzato per un prelievo diretto, ponendo attenzione all’emergenza del fascio vascolonervoso nasopalatino e del palatino maggiore. Per effettuare il prelievo è necessario eseguire un lembo a tutto spessore, con incisione intrasulculare nei due denti limitrofi all’area da ricostruire.

Figura 7.16 La tecnica a tunnel può essere eseguita, anche più facilmente dato il minore ingombro, con il miniraschietto. Il prelievo avviene con le stesse modalità e può essere sufficiente una semplice incisione lineare a tutto spessore.

Figura 7.15 Tecnica a tunnel. Il raschietto può eseguire il prelievo dalla superficie ossea corticale anche al di sotto dei lembi eseguiti a tutto spessore. Bisogna tuttavia prestare attenzione sia a essere sicuramente sotto il periostio sia alla presenza di strutture anatomiche da evitare, come per esempio l’emergenza dei nervi mentonieri.

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Vanno inoltre ricordate tutte le zone che presentano esostosi, come i torus palatini in sede mediana a livello del mascellare superiore e in sede mandibolare linguale. Infine, i prelievi diretti possono associarsi anche ai prelievi extraorali, per la possibilità che queste aree offrono per il prelievo di bone chip corticali. Rendono possibile, infatti, la rimozione di spigoli vivi rimasti nella sede donatrice ed, eventualmente, il riempimento della cavità residua, in particolar modo nel prelievo dalla teca cranica, con un notevole vantaggio rigenerativo ed estetico. Tecnica con frese trephine Un’altra tecnica per il prelievo diretto di tessuto osseo autologo intraorale è l’utilizzo delle frese trephine, strumenti rotanti a forma di lama circolare più o meno dentellata con o senza pilota centrale, usate in chirurgia orale per piccoli prelievi a scopo sia diagnostico sia rigenerativo. La fresa trephine è caratterizzata da (Figg. 7.17): • Lama: tagliente o seghettata. • Corpo: di diverse lunghezze, in rapporto alla profondità di prelievo, con fori laterali che hanno lo scopo di ridurre gli attriti e permettere un accesso alla cavità della frese, per rimuovere facilmente il materiale prelevato. • Gambo: standard per manipolo diritto o manipolo angolato. Si veda il box clinico 1 illustrato nelle Figure 7.18-7.23.

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Figura 7.17 (a) Fresa trephine con diametro ampio, caratterizzata da un gambo standard per manipolo, un corpo con i fori laterali e dalla lama tagliente. (b) La forma della dentellatura della lama tagliente rende più o meno performante l’azione di taglio della fresa.

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BOX CLINICO 1

Figura 7.18 Visione intraorale dell’area di prelievo dall’area retromolare-branca ascendente della mandibola.

Figura 7.19 Viene eseguito un lembo trapezoidale a tutto spessore per mettere in evidenza l’area del prelievo.

Figura 7.20 È bene conoscere il volume dell’osso, soprattutto in presenza di strutture vascolo-nervose, con l’esecuzione di una TC, sulla cui guida viene eseguito il primo prelievo con la fresa trephine di diametro e altezza prestabilita.

Figura 7.21 Il primo prelievo viene rimosso meccanicamente dall’area donatrice allorché non rimanga all’interno della fresa.

(segue)

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BOX CLINICO 1 (seguito)

Figura 7.22 Posteriormente al primo prelievo ne viene eseguito un secondo, sempre con le stesse modalità, se la morfologia della sede donatrice lo consente.

Figura 7.23 Le cavità residue dopo il prelievo. A seconda della profondità di carotaggio la spugnosa può essere variamente rappresentata.

La differenza tra il diametro esterno e il diametro interno, ovvero lo spessore del corpo e della parte tagliente che condizionano la quantità di materiale che si disperde durante la preparazione, è un parametro dimensionale importante da considerare (Figg. 7.24-7.25). Le dimensioni dei fori laterali sono un altro parametro importante: più sono piccoli e più lo strumento scende allineato per l’effetto autocentrante delle pareti, ma si genera più attrito che, di conseguenza, richiede maggiore velocità e forza di rotazione; se invece i fori sono grossi la penetrazione della fresa ne è avvantaggiata, con un minore sviluppo di calore e con la possibilità di modificare (anche se poco significativamente) l’asse di perforazione. Le frese hanno un diametro che può variare da 3 a 10 mm e una lunghezza da 6 a 10-14 mm. Sono disponibili anche carotatrici di diametro compatibile con l’inserimento dell’impianto (Fig. 7.26). L’utilizzo di questo strumento richiede prudenza e controllo, perché è potenzialmente lesivo per i tessuti molli circostanti, soprattutto nelle fasi iniziali della perforazione, quando la fresa è poco stabile. 210


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Figura 7.25 Un parametro da considerare in una fresa trephine è lo spessore del corpo della fresa perché, pur rimanendo invariato il diametro del prelievo, uno spessore elevato causa una maggiore dispersione di osso durante il suo utilizzo (Frese carotatrici XiVE®, Dentsply).

Figura 7.24 Si può notare lo spessore della parte lavorante in rapporto al diametro complessivo della carotatrice.

Figura 7.26 Si notino i fori più piccoli, trattandosi di frese che possono essere usate anche per la preparazione combinata del tunnel implantare. È molto utile avere all’esterno della fresa delle tacche numerate di profondità di riferimento per una maggiore sicurezza durante il suo utilizzo (Frese carotatrici XiVE®, Dentsply).

Figura 7.27 Si possono utilizzare frese trephine per la preparazione del tunnel implantare nell’area in cui si è precedentemente eseguita una ricostruzione ossea preimplantare, per una valutazione istomorfometrica del sito ricostruito.

Nell’eseguire il prelievo, si deve utilizzare lo strumento, dapprima leggermente angolato, in modo che la fresa lavori solo su un quarto del diametro per ridurre l’effetto “rimbalzo”, e, successivamente, con movimenti circolari fino a completare la definizione del perimetro, alla velocità di 400-500 giri/min torque di 45 N e sotto abbondante irrigazione con soluzione fisiologica fredda. Per mantenere integra la cellularità del prelievo nell’approfondarsi nel tessuto osseo, si deve ridurre la velocità di rotazione della fresa inferiore a 200 giri/min e ridurre la pressione uscendo spesso dal solco per consentire il raffreddamento della fresa e dell’osso. La rimozione del prelievo all’interno avviene con la spinta di un escavatore attraverso gli accessi laterali. Si veda il box clinico 2 illustrato nelle Figure 7.28-7.30 e il caso clinico 1 illustrato nelle Figure 7.31-7.46. 211


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BOX CLINICO 2

Figura 7.28 Dopo aver eseguito un lembo a tutto spessore nell’area ricostruita a scopo preimplantare, a 4 mesi dall’innesto di osso autologo, si utilizza la fresa trephine del diametro previsto per l’impianto.

Figura 7.29 L’azione della fresa deve essere molto delicata, impegnando prima una parte della lama per non rimbalzare sul tessuto osseo, e riducendo il più possibile la velocità di rotazione della fresa, in ogni caso al di sotto di 200 giri/min, per mantenere integra la cellularità del prelievo.

Figura 7.30 La carota deve essere rimossa dall’interno della fresa integra, con la spinta meccanica di uno strumento attraverso i fori laterali. La carota deve, nel caso, prelevare tessuto basale e tessuto innestato per la corretta valutazione istologica.

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Caso clinico 1

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Figura 7.31 Ricostruzione di difetto osseo del mascellare superiore (zona 12) da prelievo da tunnel implantare con fresa trephine in mandibola (zona 46) (a) Visione vestibolare e (b) occlusale del difetto osseo postestrattivo a carico del mascellare superiore in zona 12.

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Figura 7.32 Viene eseguito un lembo trapezoidale a tutto spessore per mettere in evidenza il difetto determinatosi: (a) visione vestibolare e (b) visione occlusale.

Figura 7.33 L’area del prelievo è la zona 46 dove sarĂ posizionato un impianto.

Figura 7.34 Dopo aver allestito un lembo a spessore totale si esegue il prelievo di osso autologo con una fresa trephine del diametro e della lunghezza prestabilita per l’impianto da inserire sulla base della TC preoperatoria.

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Figura 7.35 Dopo la rimozione della carota ossea è ben evidente il tunnel implantare in zona 46.

Figura 7.36 La carota ossea rimossa viene conservata per l’innesto.

Figura 7.37 Nel tunnel implantare così preparato viene inserito l’impianto di diametro 5,5 e di lunghezza 13 mm.

Figura 7.38 La carota ossea del prelievo viene posizionata nel difetto del mascellare in modo da poterne valutare la congruità.

Figura 7.39 La carota ossea viene sistemata nel difetto con l’utilizzo di un martelletto, in modo che si adatti perfettamente al sito ricevente.

Figura 7.40 Visione occlusale della carota ossea posizionata.

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Figura 7.41 A copertura dell’innesto e per migliorare la morfologia del sito ricevente viene posizionato un putty di osso eterologo di origine equina: (a) visione vestibolare e (b) visione occlusale. L’innesto è ricoperto da una membrana in collagene di origine equina e la sutura dei lembi è eseguita con un filo in poliammide a punti staccati.

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Figura 7.42 A 4 mesi, al rientro per il posizionamento implantare, si può osservare il parziale ripristino della morfologia ossea in sede di innesto: (a) visione vestibolare e (b) visione occlusale. Alla successiva gestione dei tessuti duri e molli pre- e post implantari il definitivo ripristino morfologico.

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Figura 7.43 Alla riapertura si osservi l’attecchimento dell’innesto: (a) visione vestibolare e (b) visione occlusale.

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Figura 7.44 Viene preparato il tunnel implantare e posizionato un impianto del diametro di 3,8 mm e lungo 14 mm.

Figura 7.45 La morfologia dell’osso perimplantare viene perfezionata con il posizionamento di osso eterologo prelevato con le frese di preparazione del tunnel implantare e con innesto di tessuto connettivale prelevato dal palato. L’immagine mostra la sutura del sito implantare e del sito donatore dell’innesto connettivale.

Figura 7.46 A 4 mesi si interviene per il posizionamento della vite di guarigione per la protesizzazione finale. Si osserva il ripristino della morfologia perimplantare.

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Prelievo indiretto Una metodica molto semplice di raccolta di frammenti ossei è data dall’utilizzo delle frese utilizzate per la preparazione dei tunnel implantari. I residui ossei, presenti tra le spire della fresa, possono essere raccolti meccanicamente oppure attraverso filtri ossei, che consentono di intrappolare, durante l’aspirazione, il materiale osseo che viene rimosso nella preparazione di un sito implantare o anche nelle manovre di osteoplastica. Le attuali frese per la preparazione del tunnel implantare hanno una morfologia che permette, durante tale manovra, di rimuovere l’osso particolato che rimane nelle spire della fresa stessa. Poiché l’osso così prelevato è subito utilizzato nel sito ricevente, si riducono le possibilità di contaminazione batterica. Tale metodo di prelievo indiretto è reso possibile sia dalla forma delle frese sia dall’utilizzo di moderni motori chirurgici che, grazie all’elevato torque, permettono di preparare il sito implantare con una bassa velocità delle frese stesse. Le frese più usate sono: • Twist drill: frese con angoli di fresatura acuti “attorcigliati”. • Triflute drill: “alesatori” con angoli di fresatura maggiori di 90°. La differenza tra le due tipologie è riassunta nella Tabella 7.1. Tabella 7.1 Comparazione fra le due tipologie di frese

Twist drill

Triflute drill

Angolo di taglio positivo (< 90°)

Angolo di taglio negativo (> 90°)

Elica destrorsa: serve per scaricare i trucioli verso l’alto ma tira la fresa verso il basso

Cave longitudinali: accumulano il truciolo perdendo in efficacia di taglio

Velocità di esercizio da 300 a 2500 giri/min

Velocità di esercizio da 50 a 600 giri/min; a velocità maggiore non migliora l’efficacia

Potenzialmente lesiva per i tessuti molli perimplantari

Non lacera i tessuti molli

Sbacchettamento, foro con forma ellittica

Precisione, foro rotondo

Riscaldamento limitato quando il taglio è efficace

Maggiore superficie di attrito con conseguente maggiore riscaldamento

Spalle ridotte con conseguente poca stabilità

Spalle autocentranti, migliore stabilizzazione e centratura nei passaggi 217


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Twist drill. È da utilizzare a più di 600 giri/min con poca pressione e spot temporali

limitati, uscendo completamente con la fresa dal foro, per consentire un adeguato raffreddamento all’apice dello strumento da parte della soluzione irrigante. Tale problematica viene risolta con l’irrigazione interna oltre che esterna. Trova indicazione in presenza di un osso estremamente compatto, grazie all’efficacia del taglio, ma richiede l’utilizzo di stop meccanici per la tendenza a tirare verso la profondità del foro (Figg. 7.47-7.50). Triflute drill. È

da utilizzare a meno di 500 giri/min,con una pressione maggiore rispetto alla Twist drill e con spot leggermente più lunghi. È precisa, poco traumatica e stabile, ed è da preferire quando l’osso è meno mineralizzato e si deve prediligere una tecnica di preparazione conservativa. La Triflute è lo strumento rotante che meglio si presta a un prelievo di osso autologo in fase di preparazione del tunnel implantare, abbinato a un motore chirurgico in grado di controllare efficacemente torque di rotazione e velocità. Infatti, dopo la corticotomia iniziale, le frese, di diametro progressivo, devono agire a basso numero di giri (< 100) e a un torque di esercizio elevato (> 45 N)

Figura 7.47 Fresa Twist con angoli di fresatura acuti attorcigliati. Può essere utilizzata fino a una velocità di oltre 2000 giri al minuto, che può causare uno spacchettamento con foro di forma ellittica; pone problemi di surriscaldamento quando è utilizzata a un numero di giri elevato. È molto performante ed è la più utilizzata.

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Figura 7.48 (a) Fresa Twist drill in azione. Trova indicazione in presenza di un osso compatto perché è molto efficace nell’azione di taglio. È bene utilizzare degli stop di profondità per la tendenza a tirare verso la profondità del tunnel implantare. (b) L’elica destrorsa scarica i trucioli verso l’alto e mantiene un’efficace capacità di taglio (frese a spirale XiVE®, Dentsply).

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Figura 7.49 (a) Fresa Triflute, caratterizzata da un angolo di taglio negativo maggiore di 90°. Deve essere utilizzata a bassa velocità di taglio, tra i 50 e i 600 giri/min. (b) La fresa Triflute è molto precisa e forma un foro rotondo senza sbacchettare, dato che è molto stabile e autocentrante. (c) Essendo cava longitudinalmente, accumula il truciolo perdendo efficacia nel taglio (frese implantari sistematica IDI evolution).

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Figura 7.50 (a) Le frese Twist sono, attualmente, le più utilizzate nei moderni sistemi implantari. La loro forma è in funzione di quella conica dell’impianto. (b) La fresa Twist in azione: la spalla ridotta conferisce una scarsa stabilità. (c) I trucioli raccolti dalla fresa non influiscono sulla capacità di taglio (frese implantari sistematica Prodent Italia).

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Figura 7.52 Trucioli ossei raccolti con una fresa Twist. Le dimensioni delle bone chip sono anche in funzione della qualità dell’osso prelevato.

Figura 7.51 L’immagine mostra trucioli recuperati da una fresa Twist (in alto) confrontati con quelli del prelievo con raschietto raccogli-osso (in basso).

Figura 7.53 Trucioli raccolti da una fresa Twist di diversa forma. Il prelievo mantiene in ogni caso una buona cellularità.

senza l’impiego di soluzione irrigante, raccogliendo con frequenza il materiale che si accumula negli scarichi e conservandolo in soluzione fisiologica sterile. Questa manovra si esegue facilmente nelle tipologie ossee D2, D3 e D4. Nell’osso estremamente mineralizzato D1, oltre alla corticotomia, si deve preparare il tunnel implantare fino ad almeno un diametro di 2 mm per tutta la profondità programmata, perché la difficoltà delle frese Triflute di lavorare in punta genera temperature incompatibili con la sopravvivenza cellulare (Figg. 7.51-7.53). Anche una fresa ossivora a rosetta di grande diametro, utilizzata per regolarizzare le creste ossee, può essere in grado di produrre frammenti ossei tra i 300 e i 500 μ, che possono essere raccolti da un filtro osseo (Fig. 7.54). Le dimensioni delle griglie del filtro, che materialmente trattengono l’osso aspirato, devono avere una forma quadrata con lato della lunghezza di 0,35-0,50 mm; quelle più strette tendono a trattenere coaguli e a interrompere il flusso di aspirazione, mentre quelle più larghe non sono in grado di trattenere adeguatamente i frammenti ossei (Figg. 7.55-7.58). Fresa ossivora a rosetta.

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Figura 7.54 (a) Fresa da osso di grande diametro utilizzata per regolarizzare le superfici ossee crestali. I trucioli che la fresa asporta sono raccolti da un aspiratore dedicato. (b) La fresa è in grado di produrre frammenti ossei, che variano dai 300 ai 500 μ, che vengono raccolti da un filtro interposto in un aspiratore.

Figura 7.55 Le griglie, per essere efficaci, devono avere una forma quadrata, con il lato della lunghezza di 0,35-0,59 mm.

Figura 7.56 Trucioli ossei prelevati con un filtro e raccolti in una scodella prima dell’innesto. I filtri sono impiegati quando si utilizzano le frese in un osso corticale, che si presta maggiormente a questo tipo di prelievo.

Figura 7.57 La qualità dell’osso raccolto mostra spesso una morfologia troppo piccola associata a una scarsa cellularità.

Figura 7.58 Nella scodella sono confrontati un prelievo con filtro (in alto) e uno con raschietto raccogli-osso. La diversa cellularità è macroscopica.

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Questi filtri sono attualmente sempre meno utilizzati per la contaminazione batterica del materiale osseo filtrato. La contaminazione batterica è sempre presente, per cui si devono mettere in pratica alcuni accorgimenti per abbatterne la carica: durante l’intervento devono essere utilizzati due aspiratori, limitando l’uso dell’aspiratore dotato di filtro solo quando si esegue il fresaggio osseo con adeguata irrigazione, evitando l’aspirazione di saliva e rimanendo il più possibile vicino alla fresa.

PRELIEVO DALL’AREA ZIGOMATICA Il prelievo diretto dalla corticale del processo zigomatico dell’osso mascellare può essere eseguito sia con osteotomi, frese trephine o, con sempre maggiore frequenza, mediante l’utilizzo di un raschietto raccogli-osso. Il volume osseo che è possibile prelevare si aggira mediamente attorno ai 2-3 mL, con un decorso postoperatorio molto favorevole, uniformato a quello contiguo della sede ricevente, caratterizzato da un modestissimo dolore in sede di prelievo e da un modesto edema locale.

Anatomia topografica L’osso zigomatico è un osso pari e simmetrico (Fig. 7.59). Ha la forma di una lamina quadrangolare e presenta una faccia laterale, lievemente convessa, che è rivolta verso la cute, e una mediale, concava, che guarda la fossa temporale. Da questa lamina si staccano quattro processi: verso l’alto, il processo frontale che

Figura 7.59 Anatomia topografica dell’osso zigomatico. Nel dettaglio il pilastro zigomatico mascellare. (Da: Netter FH. Atlas of Human Anatomy. 5th ed. Philadelphia, Saunders, 2011).

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

si articola con il processo zigomatico dell’osso frontale; all’indietro, il processo orbitale che contribuisce a formare la parete laterale dell’orbita e si articola con il mascellare e con la grande ala dello sfenoide; all’infuori, il processo temporale che si articola con il processo zigomatico dell’osso temporale per formare l’arcata zigomatica; infero-posteriormente, il processo mascellare che si unisce all’osso mascellare. Dal foro intraorbitale fuoriescono l’arteria infraorbitale, ramo dell’arteria mascellare interna, la vena infraorbitale e il nervo infraorbitale, ramo del nervo mascellare.

Tecnica chirurgica È possibile determinare preoperatoriamente l’area sede del prelievo eseguendo una palpazione intraorale dell’osso zigomatico. Un osso zigomatico preminente consente un prelievo osseo più semplice e in maggiore quantità rispetto a uno zigomo anatomicamente di forma appiattita. La morfologia dell’osso zigomatico può essere desunta prima dell’intervento da una TC (Fig. 7.60). Incisione Il prelievo diretto dall’area zigomatica è eseguito, per lo più, estendendo il lembo primario del sito ricevente, spesso durante un intervento di rialzo del seno mascellare con o senza contestuale posizionamento implantare. Nel caso di un prelievo lontano dal sito ricevente, il processo zigomatico dell’osso mascellare è esposto, in caso di sella edentula, con un allestimento di un lembo trapezoidale, con un’incisione crestale e due incisioni di scarico: una mesiale a livello del primo premolare e una distale a livello del tuber. In presenza di elementi dentari, l’incisione è invece condotta orizzontalmente attraverso la mucosa alveolare circa 5 mm sopra la giunzione muco-gengivale, iniziando tra il primo e il secondo premolare e proseguendo lateralmente fino a oltrepassare il primo molare (Fig. 7.61).

Figura 7.60 Visione intraorale dell’area del prelievo. Il processo zigomatico, per la sua prominenza, ben si presta al prelievo di osso corticale. Il processo zigomatico si apprezza palpatoriamente e una TC preoperatoria permette di valutare tridimensionalmente l’osso stesso.

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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

Figura 7.62 L’inserzione, alta o bassa, del processo zigomatico del mascellare con l’osso zigomatico determina l’estensione dello scollamento del lembo a tutto spessore, che comunque deve essere prolungata fino al margine inferiore del forame infraorbitario, che deve essere identificato e divaricato nel lembo a spessore totale.

Figura 7.61 Le incisioni che si possono eseguire per effettuare il prelievo sono numerose. Spesso, si estende il lembo primario eseguito nella stessa area chirurgica, per esempio, per un rialzo del seno mascellare. Se il prelievo è lontano dall’area da ricostruire, l’incisione può essere effettuata con una linea orizzontale in proiezione del processo zigomatico.

Scollamento In entrambi i casi, il lembo a spessore totale viene scollato cranialmente mediante l’utilizzo di scollatori periostali. La dissezione si estende fino al margine inferiore del forame infraorbitale, in modo tale da identificare l’emergenza del nervo infraorbitario, e alla metà inferiore del corpo dell’osso zigomatico. Il fascio vascolo-nervoso infraorbitario è mantenuto integro ed è completamente contenuto nel lembo a spessore totale, divaricato con i muscoli piccolo e grande zigomatico (Fig. 7.62).

Prelievo diretto Il prelievo osseo viene effettuato nell’area appena sopra il margine inferiore dell’osso zigomatico e latero-superiormente alla cavità del seno mascellare e viene effettuato con un raschietto raccogli-osso. La quantità di osso prelevabile è ovviamente in funzione della morfologia e dell’inserzione bassa dell’osso zigomatico, mediamente attorno ai 2-3 mL (Figg. 7.63 e 7.64).

Sutura Terminato il prelievo, il lembo deve essere riposizionato senza tensione, ricorrendo, in caso di necessità, a una plastica periostale di Rerhmann. La sutura dei lembi viene eseguita senza tensione e senza provocare ischemia dei tessuti, che potrebbero andare incontro a deiscenza (Fig. 7.65). 224


Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

Figura 7.64 L’immagine mostra l’area chirurgica dopo il prelievo con il raschietto raccogli-osso. La sede di prelievo subisce una scarsa alterazione morfologica che non modifica i tessuti molli del volto.

Figura 7.63 Il prelievo diretto viene effettuato nell’area inferiore del processo zigomatico, latero-superiormente alla cavità del seno mascellare, utilizzando un raschietto raccogli-osso. Il prelievo permette la raccolta di 2-3 mL di osso particolato. È molto pericoloso utilizzare in questa sede le frese trephine, a causa della possibile penetrazione nel seno mascellare, nel pavimento orbitario o nella fossa infratemporale.

Figura 7.65 I lembi sono riposizionati senza tensione e suturati con punti semplici staccati, senza dover ricorrere a plastiche periostali pericolose per il lembo craniale a causa della presenza del nervo infraorbitario.

PRELIEVO DALLA SPINA NASALE ANTERIORE La spina nasale anteriore è una piccola struttura a forma piramidale, costituita da osso corticale o, più raramente, da osso cortico-midollare, ed è formata da due emistrutture fuse tra loro in sinartrosi. Questa struttura anatomica funge da sostegno nell’area mediana del mascellare anteriore. Pur variando di dimensione tra individuo e individuo, fornisce una quantità di tessuto osseo molto modesta e l’utilizzo di questa sede donatrice è giustificato da un intervento chirurgico che preveda l’esposizione del mascellare anteriore, ossia del processo alveolare in corrispondenza del pavimento nasale. Trova indicazione nell’esecuzione delle piccole correzioni del profilo crestale, legate al contestuale posizionamento implantare o, in caso di chiusura del canale naso-palatino, per evitare che gli impianti siano esposti nel canale stesso (Figg. 7.66-7.70). Si veda il caso clinico 2 illustrato nelle Figure 7.71-7.86. 225


Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

Figura 7.66 Immagine intraorale della spina nasale ben evidente. Essa è formata da due emistrutture fuse tra di loro a formare la struttura che dà sostegno all’area mediana del mascellare superiore.

Figura 7.67 Per accedere all’area di prelievo si esegue un lembo trapezoidale a tutto spessore, con incisione crestale orizzontale e due incisioni laterali di scarico. Lo scollamento deve mettere ben in evidenza la spina nasale.

Figura 7.68 Con l’area di prelievo così preparata, risulta agevole utilizzare un raschietto osseo angolato, che meglio si adatta alla morfologia dell’area di prelievo, per la raccolta ossea.

Figura 7.69 Il prelievo dalla spina nasale si esegue quando si deve ricostruire un difetto osseo nella stessa area chirurgica. Nel caso illustrato, il prelievo osseo è stato eseguito per colmare il canale naso-palatino, per evitare l’esposizione di impianti inseriti nell’osso contiguo.

Figura 7.70 Il canale naso-palatino è completamente riempito dal particolato corticale prelevato con il raschietto dalla spina nasale soprastante.

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Caso clinico 2

Capitolo 7

Figura 7.71 La visione intraorale non sembra mostrare la presenza di alcuna patologia a carico degli elementi dentari incisivi centrali superiori.

Figura 7.73 Vengono estratti entrambi gli incisivi centrali superiori.

Figura 7.72 L’immagine radiologica endorale mostra un riassorbimento radicolare interno a carico del centrale destro e una lesione apicale a carico del centrale sinistro.

Figura 7.74 L’immagine mostra gli alveoli postestrattivi con l’integrità delle pareti dell’osso alveolare.

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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

a

b

Figura 7.75 (a) Si utilizza il grunge di tessuto osseo eterologo (b) che viene modellato sulla forma delle radici e (c) inserito a colmare l’osso alveolare (Bioteck-OX).

c

Figura 7.76 Alla riapertura dopo 2 mesi si apprezza la rigenerazione ossea negli alveoli postestrattivi.

Figura 7.77 Per preparare i tunnel implantari viene utilizzata una fresa trephine dello stesso diametro e lunghezza dell’impianto programmato per una valutazione istologica.

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

Figura 7.78 La carota ossea prelevata deve essere integra per consentire un corretto esame istomorfometrico.

Figura 7.79 Negli alveoli ricostruiti vengono posizionati due impianti del diametro di 3,8 mm e lunghi 15 mm.

Figura 7.80 Dopo il posizionamento implantare residua una deiscenza e una fenestrazione nell’impianto posizionato in zona 11.

Figura 7.81 Si allarga lo scollamento del lembo primario verso l’alto, fino a mettere bene in evidenza la spina nasale. Si effettua un prelievo diretto, da tale superficie ossea corticale, utilizzando un raschietto raccogli-osso angolato.

Figura 7.82 Nella ciotola sono risposti la carota per l’esame istologico e il prelievo con il bone traper.

Figura 7.83 L’osso particolato prelevato dalla spina nasale viene posto a colmare la fenestrazione e la deiscenza. L’innesto è coperto con una membrana riassorbibile in collagene.

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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

Figura 7.84 A 6 mesi dal posizionamento implantare e dall’innesto, all’inizio della fase protesica, i tessuti duri e molli sono perfettamente guariti e la morfologia del mascellare superiore è adeguatamente ripristinata.

Figura 7.85 L’esame radiologico endorale mostra l’integrazione degli impianti posizionati.

Figura 7.86 Split crest del mascellare superiore per atrofia bidimensionale dell’area centrale. Con gli osteotomi sono stati preparati i tunnel implantari.

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

Figura 7.88 Gli impianti sono stati inseriti e si approfondano nella cavità nasale per 2 mm. Si prelevano, con uno scalpello, dalla spina nasale, bone chip che saranno posizionate attorno all’estremità degli impianti, nella base del naso.

Figura 7.87 Il pavimento del naso è stato sollevato. Si può osservare l’osteotomo, di diametro e lunghezza programmati per l’inserimento implantare, penetrare nella base del naso.

Questo prelievo può anche essere utilizzato, in presenza di una spina nasale capace di fornire una sufficiente quantità di osso, ed eventualmente mescolato a materiale eterologo, nel rialzo del pavimento nasale, allorché si debba ricercare un aumento dell’altezza ossea in questa sede, onde poter posizionare un impianto osteointegrato di lunghezza adeguata (Figg. 7.87 e 7.88). La modestissima quantità di osso corticale prelevabile non modifica in nessun modo la morfologia ossea del mascellare del paziente. Per prelevare l’osso dalla spina nasale anteriore, dopo averla ben scheletrizzata, ci si avvale dell’utilizzo di un raschietto raccogli-osso, più raramente di una piccola pinza ossivora o di piccoli scalpelli. Il decorso postoperatorio non è gravato da alcuna complicanza e si integra in quello dell’intervento effettuato in questa sede o in una zona contigua. In considerazione della scarsa quantità di osso prelevabile, il prelievo dalla spina nasale è poco utilizzato in chirurgia orale.

ESOSTOSI DEL CAVO ORALE Le esostosi, dette anche iperostosi, sono neoformazioni benigne che si sviluppano dalla corticale ossea del mascellare o, più frequentemente, della mandibola. Le neoformazioni presenti sulla linea mediana del palato, più frequenti, sono chiamate torus palatinus (Fig. 7.89), quelle presenti sulla superficie linguale della mandibola, mono- o bilateralmente, sono chiamate torus mandibolare (Fig.7.90). Tutte le altre neoformazioni presenti in altre sedi sono dette esostosi (Fig. 7.91). 231


Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

Figura 7.89 Torus palatino di grandi dimensioni: iperesostosi della corticale ossea del mascellare superiore situato sulla linea mediana del palato.

Figura 7.90 Iperostosi della mandibola denominate torus mandibolari, di varia foggia e dimensione presenti mono- o bilateralmente nel versante linguale della mandibola.

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

La presenza di queste neoformazioni varia dal 9 al 66% a seconda dei gruppi etnici, senza particolare differenza per il sesso. Sono più frequentemente bilaterali, con una maggiore incidenza nella fascia d’età compresa tra i 50 e i 70 anni e sembrano essere trasmesse geneticamente. L’aumento delle sollecitazioni sul tessuto osseo da parte di stress masticatori, a cui possono associarsi disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare, sembra essere l’eziopatogenesi attualmente più accreditata. I tori e le esostosi propriamente dette sono asintomatici, ma la loro presenza può: • Interferire nella progettazione di protesi mobili totali o parziali. • Interferire nelle manovre di intubazione in anestesia generale. • Causare apnea notturna per l’ostruzione delle vie aeree superiori. • Causare difficoltà alla deglutizione e disturbi fonetici.

Figura 7.91 Le esostosi sono neoformazioni benigne, dette anche iperostosi, che si sviluppano dalla corticale ossea del mascellare superiore, più spesso, e della mandibola. La loro presenza non è legata al sesso e sono quasi sempre asintomatiche. Nelle immagini sono visibili esostosi del mascellare superiore, della regione anteriore e laterale, in visione vestibolare e occlusale.

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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

Per tutti questi motivi, se queste neoformazioni raggiungono notevoli dimensioni, 2-3 cm, trova indicazione l’intervento chirurgico. Se sono asintomatiche non è opportuno rimuoverle per non perdere un’eventuale sede donatrice di piccole quantità di tessuto osseo. Queste neoformazioni si aggettano nel cavo orale, ricoperte unicamente da un sottile strato di mucosa, e sono facilmente accessibili come sede donatrice di tessuto osseo corticale (Figg. 7.92-7.94). Il prelievo diretto da tali neoformazioni permette la raccolta di alcuni millilitri di tessuto osseo particolato, sia nelle immediate vicinanze dell’area chirurgica sia a distanza, utilizzando raschietti raccogli-osso, frese trephine e osteotomi. Si vedano i box clinici 3 e 4 illustrati nelle figure 7.95-7.122.

Figura 7.92 Torus palatale, asintomatico. Potrebbe interferire nella progettazione di una protesi mobile totale o nelle manovre di intubazione.

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

Figura 7.93 Il torus palatale viene utilizzato come sede donatrice di osso autologo. Il prelievo è facilmente eseguito con un raschietto raccogli-osso. È ricoperto da un sottile strato di mucosa. L’incisione di accesso è sempre lungo la linea mediana. Dopo aver scheletrizzato la neoformazione, i lembi possono essere mantenuti divaricati con delle legature sospese.

Figura 7.94 Tori mandibolari presenti bilateralmente, di forma asimmetrica; sono ricoperti da un sottile strato mucoso. L’incisione, in questo caso, è sempre parallela al decorso mandibolare e la scheletrizzazione dei lembi richiede una maggiore delicatezza e attenzione, rispetto ai tori palatali, per la presenza delle strutture vascolari del pavimento del cavo orale. Anche tali neoformazioni sono asintomatiche e potrebbero interferire con la presenza di un protesi mobile totale o parziale. Possono essere sede donatrice anche a distanza dall’area chirurgica primaria.

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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

BOX CLINICO 3

Figura 7.95 Visione intraorale dell’area chirurgica dove è presente un’atrofia mascellare ed esostosi sul lato vestibolare.

Figura 7.96 Viene allestito un lembo trapezoidale a spessore totale che mette in evidenza l’atrofia ossea.

Figura 7.97 Contestualmente alla preparazione dei tunnel implantari viene eseguito, con un raschietto raccogli-osso, un prelievo di osso corticale dalle esostosi presenti nella stessa sede chirurgica.

Figura 7.98 Visione vestibolare dell’innesto. In seguito sarà ricoperto da una membrana riassorbibile in collagene.

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

BOX CLINICO 3

Figura 7.99 Visione occlusale dell’innesto.

Figura 7.100 Applicazione della membrana in collagene equino.

Figura 7.101 Torus palatale bilobato, esteso anche trasversalmente.

Figura 7.102 Il torus palatale viene utilizzato come sede donatrice di osso autologo particolato, per ricostruire difetti ossei nella stessa sede chirurgica. Il lembo palatale è ulteriormente scollato per mettere bene in evidenza il torus palatale, da cui si preleverĂ l’osso da innestare. Viene mantenuto integro il fascio vascolo-nervoso naso-palatino.

Figura 7.103 Il prelievo viene effettuato con un raschietto raccogli-osso angolato.

Figura 7.104 Nella scodella sono visibili, in attesa di essere innestati, il prelievo eseguito con il raschietto (a destra) e quello ottenuto con le frese da preparazione dei tunnel implantari.

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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

BOX CLINICO 4

Figura 7.105 Esostosi crestale del mascellare superiore.

Figura 7.106 Scheletrizzazione dell’esostosi con un piccolo lembo a tutto spessore.

Figura 7.107 Data la morfologia dell’esostosi, trova indicazione l’utilizzo di una pinza ossivora per il prelievo.

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

BOX CLINICO 4

Figura 7.108 Visione intraorale di esostosi plurime a carico della superficie vestibolare del mascellare superiore.

Figura 7.109 Scheletrizzazione delle esostosi del quadrante 1.

Figura 7.110 Per il prelievo da questo lato, per la morfologia della neoformazione, viene utilizzata una pinza ossivora.

Figura 7.111 Scheletrizzazione delle esostosi dalla parte contro-laterale.

Figura 7.112 Per il prelievo da queste esostosi viene utilizzato un raschietto raccogli-osso.

Figura 7.113 Nella scodella si apprezzano i due diversi particolati: da raschietto raccogli-osso (in alto) e da pinza ossivora (in basso).

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Capitolo 7

Prelievi orali diretti e indiretti

BOX CLINICO 5

Figura 7.114 Visione intraorale di esostosi della superficie vestibolare della corticale del mascellare superiore del quadrante 1.

Figura 7.115 Dopo la scheletrizzazione dell’esostosi con un lembo a tutto spessore, viene utilizzato uno scalpello per il prelievo.

Figura 7.116 L’esostosi prelevata.

Figura 7.117 L’area donatrice dopo il prelievo.

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Prelievi orali diretti e indiretti

Capitolo 7

BOX CLINICO 6

Figura 7.118 Esostosi della superficie corticale del mascellare superiore del quadrante 2.

Figura 7.119 Scheletrizzazione delle neoformazioni con un lembo a tutto spessore.

Figura 7.120 Il prelievo viene effettuato sia con raschietto raccogli-osso sia con uno scalpello.

Figura 7.121 L’area donatrice, dopo il prelievo, ha una corretta morfologia.

Figura 7.122 Esostosi.

Figura 7.123 Il prelievo, raccolto in una scodella, prima di essere innestato.

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