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Capitolo 8

Prelievi extraorali D.A. DI STEFANO, A. CAZZANIGA, R. VINCI, M. PASI, G. CREMASCHINI, C. RAPANI

Per ricostruire tridimensionalmente e in modo predicibile, a fini implantoprotesici, le atrofie dell’osso mascellare, nelle classi IV, V e VI di Cawood e Howell, è necessario ricorrere a prelievi ossei che siano in grado di fornire adeguate quantità di osso. Le sedi migliori sono quelle extraorali e sono attualmente rappresentate principalmente dalla cresta iliaca e dalla calvaria. Il prelievo dalla tibia è attualmente sempre meno utilizzato in chirurgia ricostruttiva. Infatti, è possibile prelevare dalla metafisi prossimale solo osso spongioso, mentre l’osso corticale prelevabile dalla diafisi è molto compatto, pone problemi di attecchimento nel sito ricevente per il rallentamento della neoangiogenesi e può indebolire l’osso tibiale, con il rischio di frattura. I prelievi dallo sterno e dalle coste non sono attualmente più utilizzati in chirurgia ricostruttiva pre- e perimplantare, mentre l’ulna è poco utilizzata per la scarsa quantità di osso prelevabile. I lembi liberi microvascolarizzati sono oggi prevalentemente utilizzati in chirurgia maxillo-facciale nelle ricostruzioni oncologiche, anche se il prelievo di fibula può essere utilizzato per ricostruire gravi atrofie del mascellare, per poi poter posizionare impianti osteointegrati. Questi prelievi, se dal punto di vista biologico e immunologico sono il gold standard nella ricostruzione mascellare a fini implantologici, non sono però scevri da complicanze. Infatti, prelevare osso da una qualsiasi sede extraorale rappresenta un insulto biologico nei confronti del paziente perché necessita di una seconda sede chirurgica, con un possibile aumento della morbilità postoperatoria e la comparsa di potenziali serie complicanze. L’esperienza e l’abilità dell’operatore sono elementi molto importanti nella scelta della sede di prelievo. In questa scelta oltre alla morbilità del sito donatore e all’accettazione da parte del paziente del tipo di intervento, il chirurgo deve considerare la quantità e il tipo di tessuto osseo prelevabile. Infatti, la quantità di osso corticale presente nell’innesto rende più lenta la rivascolarizzazione, ma mantiene più facilmente il volume osseo; viceversa l’osso spongioso per quanto più facilmente rivascolarizzato può presentare un più alto grado di riassorbimento. Il rapporto tra osso corticale e spongioso condiziona anche i tempi di attesa tra innesto e posizionamento implantare, che attualmente tendono a essere sempre più brevi. 243


Capitolo 8

Prelievi extraorali

PRELIEVO DALLA FACCIA MEDIALE DELLA CRESTA ILIACA Il prelievo dalla faccia mediale della cresta iliaca permette la raccolta di una grande quantità di osso, sia corticale sia midollare. Il prelievo crestale è un osso di tipo encondrale che si differenzia, fra le sedi di prelievo extraorali, da quello membranoso, come quello della calvaria, perché sembrerebbe andare incontro a un riassorbimento più rapido e marcato, una volta innestato nel mascellare. Tuttavia, quest’osso encondrale presenta una neoangiogenesi più rapida rispetto all’osso membranoso, che favorirebbe quindi un attecchimento più rapido. Attualmente però si è giunti alla conclusione che questa maggiore possibilità di riassorbimento sia più dovuta alla densità della parte corticale e alla sua quantità, piuttosto che alla sua origine embriologica. Converse e Campbell sono stati i primi a utilizzare la cresta iliaca come sede donatrice di osso per interventi ricostruttivi di elezione in chirurgia maxillo-facciale. La faccia mediale della cresta iliaca è una sede donatrice di facile accesso, dalla quale è possibile ottenere quantità di osso corticale o cortico-spongioso fino a 70-90 mL. La quantità di osso che è possibile prelevare può variare da soggetto a soggetto in funzione dell’età, del sesso e anche dell’attività fisica, che determina un aumento della massa muscolare il quale, a sua volta, aumenta il trofismo dell’osso stesso. L’osso corticale, prelevato in blocco dalla cresta iliaca, è utilizzato nella ricostruzione tridimensionale del mascellare atrofico con tecniche onlay e inlay. La componente spongiosa, adesa alla corticale o prelevabile con cucchiai chirurgici dalla sede del prelievo, può essere utilizzata sia come riempitivo in molteplici tecniche ricostruttive (onlay GBR) sia nel rialzo del seno mascellare, intervento che spesso si accompagna a questo tipo di ricostruzione.

Anatomia topografica Ileo L’ileo, o osso iliaco, forma, con il pube e l’ischio, l’osso dell’anca: si uniscono fra di loro a costituire l’acetabolo. L’ileo costituisce la parte superiore di questa struttura che, unendosi con la contro-laterale, forma la parte anteriore e laterale del bacino, mentre l’osso sacro ne costituisce la parte posteriore. L’ileo presenta due facce, interna ed esterna, un’articolazione sinfisaria posteriore con il sacro e una porzione nella quale le due facce si riuniscono superoposteriormente, detta cresta iliaca (Fig. 8.1). 244


Prelievi extraorali

{

Cresta iliaca

Capitolo 8

L2 Labbro interno

Processi trasversi delle vertebre lombari

Promontorio del sacro

L3

Linea intermedia

Cresta iliaca

L4

Labbro esterno Tubercolo

Tuberosità iliaca

Ala iliaca

L5 Grande incisura ischiatica Linea arcuata

Spina iliaca antero-superiore

Spina ischiatica Sacro

Spina iliaca antero-inferiore Eminenza ileo-pettinea

Coccige

Grande trocantere del femore Cresta pettinea

Ramo superiore del pube Forame otturatorio

Sinfisi pubica Piccolo trocantere del femore (femore intraruotato)

Tubercolo pubico Ramo inferiore del pube

Piccola incisura ischiatica

Arcata sotto pubica

Legamento arcuato del pube

Tuberosità ischiatica

Figura 8.1 Struttura ossea del bacino. (Da: Netter FH. Atlas of Human Anatomy. 5th ed. Philadelphia, Saunders, 2011).

Faccia mediale della cresta iliaca La faccia mediale dell’ileo è leggermente concava ed estesa. La presenza di una linea arquata divide questa superficie in tre aree. Quella superiore, al di sopra della linea arquata e al di sotto della cresta iliaca, è denominata fossa iliaca ed è a contatto nei due terzi superiori con il muscolo iliaco. Al di sotto della linea arquata si trova la seconda area che corrisponde al fondo della fossa dell’acetabolo e, al di sotto di questa, la terza area che concorre con la precedente a formare il piccolo bacino. Cresta iliaca La cresta iliaca costituisce il margine superiore dell’ileo e ha un decorso a “S italica”, prima diretta verso l’alto e in fuori, a formare una concavità mediale nella zona anteriore, poi all’indietro e in basso a formare una convessità posteriore. 245


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Origina anteriormente dalla spina iliaca antero-superiore e si dirige posteriormente fino alla spina iliaca postero-superiore. Sulla superficie rugosa dell’osso si possono distinguere un labbro interno, un labbro esterno e una linea intermedia, su cui si inseriscono i muscoli addominali. Sulla spina iliaca antero-superiore si inserisce il muscolo sartorio, il tensore della fascia lata e il legamento inguinale. Latero-posteriormente al labbro esterno si inserisce il muscolo medio gluteo e al di sotto il muscolo piccolo gluteo. Anteriormente sul labbro interno si inseriscono il muscolo obliquo interno e trasverso dell’addome e il muscolo iliaco.

Strutture muscolari I muscoli di interesse chirurgico presenti o limitrofi alle aree interessate al prelievo osseo dalla cresta iliaca sono (Figg. 8.2-8.5): • Muscolo piccolo gluteo. • Muscolo medio gluteo. • Muscolo grande gluteo. • Muscolo iliaco. • Muscolo sartorio. • Muscolo tensore della fascia lata. • Muscolo obliquo esterno dell’addome. • Muscolo obliquo interno dell’addome. • Muscolo trasverso dell’addome. Muscolo piccolo gluteo. È un muscolo di forma triangolare, ricoperto quasi inte-

ramente dal muscolo medio gluteo. Anteriormente è subito al di sotto della spina iliaca antero-superiore, al di sotto del muscolo sartorio e tensore della fascia lata. Il muscolo è abduttore del femore e contribuisce al mantenimento della stazione eretta. Si diparte dal periostio della faccia laterale dell’ileo e si inserisce sul labbro esterno della cresta iliaca, dalla spina iliaca postero-superiore fino alla spina iliaca antero-superiore. I diversi fasci muscolari sono convergenti verso il basso, conferendo al muscolo una forma triangolare, e formano due sistemi distinti chiamati anteriore e posteriore, che si inseriscono infine sulla faccia laterale del grande trocantere. La funzione del muscolo è complessa: contraendosi in toto provoca abduzione ed estensione; con i fasci del sistema anteriore provoca una rotazione interna, mentre con i fasci del sistema posteriore una rotazione contraria. Contribuisce al mantenimento della stazione eretta.

Muscolo medio gluteo.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

VEDERE ANCHE TAVOLA 256 12a costa Nervo sottocostale Muscolo quadrato dei lombi Muscolo trasverso dell’addome (sezionato)

Origine del muscolo grande psoas dai corpi vertebrali, processi trasversi e dischi intervertebrali (T12-L4) e origine del muscolo piccolo psoas dai corpi vertebrali (T12, L1)

T12 L1

Nervo ileo-ipogastrico

L2

Nervo ileo-inguinale Muscolo piccolo psoas

Plesso lombare (L1-4)

L3

Muscolo grande psoas Nervo genito-femorale

L4

Nervo cutaneo laterale della coscia

L5

Tronco lombo-sacrale (L4, 5) Cresta iliaca

Spina iliaca antero-superiore

Muscolo iliaco Nervo femorale Nervo otturatore

Borsa mucosa ileo-pettinea

Rami superiore e inferiore del pube Legamento ileo-femorale dell’articolazione dell’anca (o legamento ad Y [di Bigelow])

Grande trocantere del femore muscolo ileo-psoas ileo-psoas IlIl muscolo passa dietro dietro passa per inserirsi inserirsi per sul piccolo piccolo trocantere trocantere sul del del femore femore

Corpo del del femore femore Corpo

Muscoli abduttori abduttori Muscoli (Muscoli medio medio (Muscoli e e piccolo piccolo glutei) glutei)

Nota: le le frecce frecce indicano indicano Nota: la direzione direzione dell’azione dell’azione la svolta dal dal muscolo muscolo ileo-psoas ileo-psoas svolta

Muscolo Muscolo adduttori adduttori

Figura 8.2 Muscoli psoas e iliaco. (Da: Netter, op. cit).

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Muscolo obliquo esterno dell’addome

Cresta iliaca

Spina iliaca antero-superiore

Fascia (o aponeurosi glutea) sul muscolo medio gluteo

Muscolo sartorio Muscolo grande gluteo Muscolo tensore della fascia lata

Muscolo retto del femore

Muscolo vasto laterale

Tratto ileo-tibiale

{

Capo lungo

Muscolo bicipite femorale

Condilo laterale della tibia e tubercolo di Gerdy

Capo breve

Muscolo semimembranoso Retinacolo laterale della patella Legamento collaterale fibulare Patella (o rotula) Muscolo plantare Muscolo estensore lungo delle dita Muscolo gastrocnemio (capo laterale) Legamento patellare Testa della fibula

Muscolo peroneo lungo

Muscolo tibiale anteriore

Figura 8.3 Muscoli dell’anca e della coscia, veduta laterale. (Da: Netter, op. cit).

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

Spina iliaca antero-superiore Spina iliaca antero-superiore

Muscolo iliaco Muscolo grande psoas

Muscolo sartorio (origine)

Muscolo medio gluteo

Spina iliaca antero-inferiore

Legamento inguinale Legamenti dell’articolazione dell’anca Muscolo pettineo

Tubercolo pubico Muscolo ileo-psoas Muscolo tensore della fascia lata Muscolo pettineo Muscolo tensore della fascia lata (origine) Muscolo retto del femore (origine) Grande trocantere del femore Muscolo ileo-psoas (sezionato) Muscolo adduttore lungo Muscolo gracile Muscolo sartorio Muscolo retto del femore* Muscolo vasto laterale* Muscolo vasto intermedio* Muscolo vasto mediale* Tratto ileo-tibiale Tendine del muscolo retto del femore che diventa parte del tendine del muscolo quadricipite femorale Retinacolo laterale della patella Patella (o rotula)

Setto intermuscolare antero-mediale

Retinacolo mediale della patella Legamento patellare Tendine del muscolo sartorio Tendine del muscolo gracile

}

Zampa d’oca (pes anserinus)

Tendine del muscolo semitendinoso Tuberosità della tibia

Tratto ileo-tibiale (sezionato)

Tendine del retto femorale (sezionato) Tendine del quadricipite femorale Patella (o rotula) Retinacolo laterale della patella Retinacolo mediale della patella Testa della fibula Legamento patellare Tuberosità della tibia

*Muscoli del quadricipite femorale

TAVOLA 480

Tendine del muscolo sartorio

ANCA E COSCIA

Figura 8.4 Muscolo dell’anca e della coscia, veduta anteriore. (Da: Netter, op. cit).

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Strato superficiale

Strato profondo Cresta iliaca Fascia (o aponeurosi glutea) sul muscolo medio gluteo Muscolo piccolo gluteo Muscolo grande gluteo Muscolo piriforme Nervo ischiatico Legamento sacro-spinoso Muscolo gemello superiore Muscolo otturatore interno Muscolo gemello inferiore Legamento sacro-tuberoso Muscolo quadrato del femore TuberositĂ ischiatica Muscolo semitendinoso Grande trocantere Muscolo bicipite femorale (capo lungo) Muscolo adduttore minimo, parte del Muscolo grande adduttore Muscolo semimembranoso Tratto ileo-tibiale Muscolo gracile Muscolo bicipite femorale Capo breve Capo lungo Muscolo semimembranoso Muscolo semitendinoso Vasi poplitei e nervo tibiale Nervo peroneo comune Muscolo plantare Muscolo gastrocnemio Capo mediale Capo laterale Muscolo sartorio Muscolo popliteo Arco tendineo del Muscolo soleo Tendine del muscolo plantare (sezionato)

Figura 8.5 Muscoli dell’anca e della coscia, veduta posteriore (Da: Netter, op. cit).

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

È un muscolo dalla forma quadrangolare e voluminoso, che prende inserzioni in alto dalla porzione più posteriore del labbro esterno della cresta iliaca, si estende lungo la linea glutea posteriore e arriva con le sue inserzioni fino al sacro e al coccige. Ricopre in alto gran parte del muscolo medio gluteo, da cui è separato dalla presenza di un abbondante tessuto connettivale. L’azione del muscolo è complessa a seconda dell’azione dei vari fasci muscolari in cui è suddiviso: provoca una rotazione esterna del femore, bloccandolo in estensione; stabilizza il femore e la tibia; impedisce la rotazione interna del femore; esercita una trazione sul sacro e sul bacino; è il muscolo più importante nel mantenimento della stazione eretta. Muscolo grande gluteo.

Muscolo iliaco. Con il muscolo psoas forma il muscolo ileo psoas, con un’inserzio-

ne comune sul piccolo trocantere. Ha una forma triangolare, piatta, adesa ai due terzi superiori della fossa iliaca: i fasci supero-posteriori prendono origine dalla fossa iliaca e dal sacro; i fasci anteriori prendono origine dal labbro interno della cresta iliaca, tra la spina iliaca antero-superiore e la spina iliaca postero-superiore. L’azione del muscolo determina una rotazione esterna del femore, seguita da adduzione ed estensione e contribuisce alla flessione della colonna lombare. Muscolo sartorio. È un muscolo nastriforme che prende origine superiormente dal-

la spina iliaca antero-superiore. Ha un decorso superficiale e attraversa la coscia con direzione dall’esterno verso l’interno e si inserisce distalmente sulla faccia mediale della tibia, mediante un’ampia inserzione tendinea detta “zampa d’oca”. Il muscolo flette la gamba sulla coscia e il femore sul bacino, con un movimento anche di adduzione. È un muscolo allungato e piatto che prende origine dalla faccia esterna dell’ileo, tra la spina iliaca antero-superiore e la cresta iliaca. Si continua nel tratto ileo-tibiale della fascia lata e si inserisce sul condilo laterale della tibia e sulla testa del perone. Il muscolo contribuisce al mantenimento della stazione eretta aumentando la tensione dei segmenti ossei dal bacino fino alla tibia. Muscolo tensore della fascia lata.

Muscolo obliquo esterno dell’addome. È

formato da una grande lamina muscolare superficiale che va dal torace e dalla cresta iliaca fino alla guaina del muscolo retto dell’addome. Le inserzione più caudali prendono origine dal labbro esterno della cresta iliaca, nel terzo inferiore, fino alla spina iliaca antero-superiore. La faccia profonda prende contatto con il muscolo obliquo interno da cui è separato dal tessuto connettivale lasso. L’azione del muscolo è sinergica con quella dei muscoli larghi dell’addome: inclina da un lato il torace; flette e ruota la pelvi; ruota il torace e flette il tronco in avanti. 251


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Muscolo obliquo interno dell’addome. È

situato al di sotto del muscolo obliquo esterno e ha la forma di una larga membrana. Prende origine con i suoi fasci inferiori dai due terzi anteriori della cresta iliaca fino alla spina iliaca anterosuperiore e si inserisce medialmente alla guaina del muscolo retto dell’addome. Ricopre quasi totalmente il muscolo trasverso dell’addome. L’azione di questo muscolo è simile a quella del muscolo esterno dell’addome. Muscolo trasverso dell’addome. È

un muscolo sottile, situato al di sotto del muscolo obliquo interno da cui è separato da un sottile strato di tessuto connettivale. I suoi fasci più caudali prendono origine dal labbro interno della cresta iliaca, fino alla prossimità della spina iliaca antero-superiore. L’azione del muscolo è quella di deprimere la parete addominale anteriore.

Strutture vascolari La circolazione arteriosa del bacino prende origine dall’arteria iliaca esterna, dall’arteria iliaca interna, o ipogastrica, e dai vasi glutei e otturatori. Non sono presenti vasi di grosso calibro al di sopra della linea che unisce la spina iliaca anteriore a quella postero-superiore. I tronchi arteriosi di interesse chirurgico limitrofi alla sede di prelievo crestale sono (Fig. 8.6): • Arteria glutea. • Arteria ischiatica. • Arteria circonflessa iliaca profonda. • Arteria circonflessa iliaca superficiale. • Arteria epigastrica superficiale. Prende origine dall’arteria iliaca interna e penetra nei piani muscolari della natica attraverso il foro ischiatico. Si divide in tre rami principali: il ramo superficiale che irrora il muscolo grande gluteo; il ramo profondo che irrora il muscolo medio e piccolo gluteo, l’ileo, l’articolazione dell’anca e il muscolo tensore della fascia lata; il terzo ramo, molto piccolo, irrora il muscolo medio gluteo. Arteria glutea.

Prende origine dall’arteria iliaca interna ed esce dalla cavità pelvica attraverso il grande foro ischiatico. Fornisce rami principalmente al muscolo grande gluteo. Arteria ischiatica.

Prende origine dall’arteria iliaca esterna immediatamente dietro il legamento inguinale. Si dirige verso la spina iliaca Arteria circonflessa iliaca profonda.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

antero-superiore dell’ileo, decorrendo tra il muscolo trasverso dell’addome e il muscolo obliquo interno e discende posteriormente e indietro, costeggiando la cresta iliaca sotto il peritoneo, anastomizzandosi con il ramo iliaco dell’arteria ileo-lombare. Fornisce rami ai muscoli addominali presso le loro inserzioni sulla cresta iliaca. Arteria circonflessa iliaca superficiale. Prende origine dall’arteria femorale e si diri-

ge in alto verso la spina iliaca antero-superiore dove si anastomizza con l’arteria circonflessa iliaca profonda. Il decorso dell’arteria è nel tessuto sottocutaneo. Arteria epigastrica superficiale. Prende origine dall’arteria femorale e si dirige su-

perficialmente in alto, nel sottocute della parete addominale inferiore, dove termina irrorando i muscoli della parete addominale.

A. iliaca circonflessa profonda

A. iliaca esterna

A. iliaca comune

Aorta addominale A. sacrale mediana A. iliaca circonflessa superficiale A. iliaca interna

Ramo ascendente dell’a. circonflessa femorale laterale

A. otturatoria A. circonflessa femorale laterale

A. pudenda esterna

A. femorale profonda

A. femorale circonflessa mediale

Ramo discendente dell’a. circonflessa femorale laterale

Aa. perforanti (I-II) A. femorale

A. genicolare discendente Figura 8.6 Struttura vascolare del bacino.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Strutture nervose I nervi di interesse chirurgico presenti nell’area interessata al prelievo osseo dalla cresta iliaca sono (Fig. 8.7): • Nervo ileo-ipogastrico. • Nervo ileo-inguinale. • Nervo femoro-cutaneo laterale della coscia. Nervo ileo-ipogastrico. Deriva dal ramo anteriore del primo nervo lombare e decor-

re nella parete addominale, dall’indietro verso l’avanti e verso il basso. Decorre al di sotto del muscolo obliquo interno dell’addome, perfora questo muscolo poco sopra la spina iliaca antero-superiore dell’ileo e prosegue il suo decorso sotto il muscolo obliquo esterno dell’addome. Lungo il suo decorso emette rami per i muscoli della parete addominale e rami cutanei che innervano la cute della parete addominale. Deriva anch’esso dal ramo anteriore del primo nervo lombare e decorre nella parete addominale con un andamento simile al nervo ileoipogastrico. Fornisce rami ai muscoli addominali, rami collaterali alla cute della fossa iliaca destra e termina addentrandosi nel canale inguinale.

Nervo ileo-inguinale.

Nervo femoro-cutaneo laterale della coscia. Deriva dal secondo nervo lombare ed

è il solo nervo sensitivo del plesso lombare. Discende lungo il margine laterale del muscolo psoas e decorre sulla faccia mediale del muscolo iliaco, in uno spa-

N. sottocostale N. ileoipogastrico N. ileoinguinale

N. femorocutaneo laterale N. genitofemorale Tronco lombosacrale N. otturatorio

Ramo femorale del n. genitofemorale

N. femorale

Ramo genitale del n. genitofemorale Figura 8.7 Struttura nervosa del bacino.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

zio compreso fra la spina iliaca supero-posteriore e quella antero-superiore. A questo livello si divide in due rami: il ramo gluteo, dopo aver perforato la fascia lata va a innervare la cute della regione glutea; il ramo femorale, dopo aver incrociato il muscolo sartorio e aver perforato la fascia lata, si distribuisce sulla cute della faccia laterale della coscia.

Anatomia chirurgica La cresta iliaca e la spina iliaca antero-superiore, sollevate da un cuscino posto sotto il gluteo omolaterale, sono ben palpabili al di sotto della cute. L’incisione cutanea è condotta parallelamente o obliqua rispetto alla cresta iliaca: si possono incontrare nell’incisione piccoli vasi arteriosi, collaterali dell’arteria epigastrica inferiore. Nel piano sottocutaneo, rappresentato diversamente da ogni individuo, sono visibili piccoli rami arteriosi, rami collaterali dell’arteria epigastrica inferiore, dell’arteria circonflessa iliaca profonda e superficiale, che non pongono alcun problema chirurgico. Scollando il piano sottocutaneo, si mette in evidenza il piano muscolo-aponeurotico, ricoperto dalla fascia lata. Medialmente alla cresta iliaca, che si intravede al di sotto della fascia lata che la ricopre, sono visibili i muscoli della parete addominale anteriore, che si inseriscono con un tendine congiunto sul labbro mediale della cresta: il più superficiale è il muscolo obliquo esterno. Lateralmente, i muscoli glutei, anch’essi ricoperti dalla fascia lata, si inseriscono sul labbro posteriore della cresta iliaca, il muscolo medio gluteo è il più evidente perché, a questo livello, il tendine che si fissa sul labbro crestale è il più superficiale. Inferiormente, se si procede con lo scollamento del piano sottocutaneo è visibile in rilievo la spina iliaca antero-superiore, su cui si inserisce il tendine del muscolo sartorio e, al di sotto e lateralmente, il tendine del muscolo tensore della fascia lata. Un’incisione condotta al centro della cresta seziona la fascia lata e il periostio, che ricoprono la cresta, in un unico strato. Si scollano dal labbro mediale le inserzioni dei muscoli addominali e, più in profondità, il tendine di inserzione del muscolo iliaco; dal labbro posteriore le inserzioni del muscolo medio gluteo. Lo scollamento, in profondità, dalla fossa iliaca mediale del muscolo iliaco mette, infine, in evidenza l’intero piano osseo su cui si potrà eseguire il prelievo programmato e che risulta così delimitato: cranialmente dal labbro posteriore della cresta iliaca; caudalmente, sulla parete mediale della cresta iliaca, dal limite di scollamento del muscolo iliaco; superiormente dal limite di scollamento delle inserzioni tendinee e sulla cresta, che potrebbe anche arrivare fino alla spina iliaca postero-superiore e inferiormente dal limite dello scollamento che rimane a 2 cm dalla spina iliaca antero-superiore. 255


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Tecnica chirurgica Preparazione del campo operatorio Il paziente, debitamente rasato nell’emipube omolaterale alla sede del prelievo, è posizionato supino sul letto operatorio. Un rotolo di tela viene posto sotto i glutei in maniera tale da innalzare il bacino e mettere bene in evidenza la cresta iliaca antero-superiore. Viene effettuata un’accurata disinfezione della cute sede del prelievo con iodopovidone e il campo operatorio è delimitato con teli sterili in tessuto non tessuto (TNT), in modo tale da lasciare accessibile la parte anteriore della cresta iliaca con la spina iliaca antero-superiore bene in evidenza. In sede di prelievo, viene praticata un’infiltrazione sottocutanea di bupivacaina allo 0,5%, con 1:200.000 di epinefrina, arrivando anche a infiltrare il periostio della cresta stessa. Lo scopo è duplice: aiutare l’emostasi dei tessuti sottocutanei e ridurre il dolore postoperatorio, evitando che, durante l’intervento, dalla sede del prelievo, arrivino all’ipotalamo stimoli dolorosi, generando stress e memoria del dolore (Fig. 8.8).

Tecnica di incisione Per evitare la sezione del ramo cutaneo del nervo ileo-ipogastrico, lesione che potrebbe provocare, nel decorso postoperatorio, una parestesia della faccia anteriore della coscia, si esegue un’incisione obliqua, seguendo una piega cutanea al di sopra della cresta iliaca. Con questo accorgimento si hanno minori possibilità di lesioni nervose e, nello stesso tempo, la cicatrice chirurgica risulterà essere poco visibile. L’incisione parte medialmente a 2 cm dalla spina iliaca antero-superiore e continua posteriormente e lateralmente alla proiezione della cresta iliaca per 5-6 cm. È importante il rispetto dell’estensione inferiore dell’incisione chirurgica per evitare lesioni al legamento inguinale e all’inserzione, direttamente sulla spina iliaca antero-superiore, del muscolo sartorio (Fig. 8.9).

Scheletrizzazione della faccia mediale della cresta iliaca Dopo l’incisione cutanea, si procede allo scollamento dei tessuti sottocutanei fino a mettere bene in evidenza, al di sopra della cresta iliaca, la fascia lata e il passaggio tendineo fra i muscoli glutei e quelli della parete addominale. La fascia lata viene incisa al di sopra e al centro della cresta iliaca per una lunghezza proporzionale all’entità del prelievo da effettuare. 256


Prelievi extraorali

a

b

c

d

e

f

Capitolo 8

Figura 8.8 Preparazione del campo operatorio. (a) Il paziente è posizionato sul tavolo operatorio che è ruotato di 10-15° verso l’operatore, il quale è situato omolateralmente alla sede del prelievo. Tale rotazione permette una migliore visibilità durante le manovre chirurgiche e un accesso più facile alla superficie della cresta interessata al prelievo. (b) Il campo operatorio viene disinfettato con iodopovidone o in alternativa con clorexidina al 4%, iniziando dall’area dell’incisione ed estendendosi successivamente in senso centrifugo. (c) Si procede ad asciugare con un tampone sterile l’area disinfettata, in modo che i telini sterili in TNT possano aderire adesivamente per delimitare il campo operatorio. (d) Si procede, quindi, all’infiltrazione di anestetico locale (bupivacaina) lungo la linea di incisione, tenendo il tetto crestale con le dita della mano sinistra. (e) La linea di incisione cutanea è completamente infiltrata dall’anestetico, sia che l’intervento sia condotto in anestesia generale sia in sedoanalgesia. (f) Per proteggere la ferita chirurgica da possibili contaminazioni batteriche che potrebbero determinare un’infezione chirurgica postoperatoria, si posiziona uno steridrap adesivo, (g) di dimensioni tali da comprendere tutto il campo operatorio delimitato dai telini in TNT. (h) Lo steridrap correttamente posizionato contribuisce a mantenere correttamente delimitato e ben visibile il campo operatorio. (segue)

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

g

h

Figura 8.8 (seguito)

a

b

c

d

Figura 8.9 Tecnica di incisione. (a) L’incisione può essere condotta in vari modi allo scopo di evitare la sezione del ramo cutaneo del nervo ileo-ipogastrico, che potrebbe causare nel decorso postoperatorio una parestesia della faccia anteriore della coscia. Gli Autori prediligono un’incisione leggermente obliqua, dall’alto verso il basso e dal posteriore verso l’anteriore. (b) La linea dell’incisione deve intersecare la cresta iliaca a 2 cm dalla spina iliaca antero-superiore ed è condotta per motivi estetici seguendo possibilmente una piega cutanea. Tale incisione permette inoltre una più facile retrazione dei margini cutanei con un migliore accesso ai piani sottocutanei. (c) Dopo aver inciso la cute, l’incisione si approfondisce nel tessuto adiposo sottocutaneo, variamente rappresentato in funzione della morfologia del paziente. Nella sezione di questo piano chirurgico si deve avere cura di effettuare un’accurata emostasi dei piccoli vasi incontrati. (d) Se il calibro del vaso incontrato è relativamente grosso, può rendersi necessaria la sua legatura. Ciò permette di proseguire l’intervento in un campo esangue ed evita il formarsi di ematomi nel decorso postoperatorio.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

Si procede successivamente allo scollamento del periostio dall’osso crestale, per tutta la lunghezza dell’incisione, avendo cura di rimuovere dall’osso stesso ogni residuo connettivale. Viene, infine, scheletrizzata la faccia mediale della cresta iliaca, scollando delicatamente il muscolo iliaco dalla superficie ossea, senza lacerarne la fascia che lo ricopre (Figg. 8.10-8.20).

Figura 8.10 L’incisione chirurgica si approfonda nel tessuto sottocutaneo, lungo la linea di incisione cutanea, andando oltre i limiti superiore e inferiore della stessa.

Figura 8.11 Si procede all’accurata emostasi coagulando con elettrobisturi bipolari tutti i piccoli vasi.

Figura 8.13 La fascia lata è adesa al periostio e di fatto non esiste un piano di clivaggio fra le due strutture che vengono incise insieme al di sopra e al centro della cresta iliaca. L’incisione è prolungata lungo tutta la cresta esposta dalla precedente sezione dei piani sovrastanti.

Figura 8.12 Lo scollamento del tessuto adiposo sottocutaneo deve essere molto accurato per mettere bene in evidenza, al di sopra della cresta iliaca, la fascia lata e il passaggio tendineo fra i muscoli glutei e quelli della parete addominale. Uno scollamento così accuratamente condotto renderà più agevole la ricostruzione dei piani chirurgici al momento della chiusura.

Figura 8.14 Dopo averlo sezionato, si inizia lo scollamento del periostio e della fascia lata dall’osso crestale per tutta la lunghezza dell’incisione.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.15 Si deve avere cura di rimuovere dall’osso crestale ogni residuo connettivale, per evitare che non permetta, una volta innestato, un adeguato attecchimento.

Figura 8.16 Per effettuare la rimozione dei residui di tessuto connettivale si impiegano degli scollatori connettivali, utilizzando il lato più tagliente. L’operazione è semplice se eseguita in questa fase e non dopo la rimozione del prelievo.

Figura 8.17 Dopo aver scheletrizzato, in tutta la sua lunghezza, il tetto della porzione di cresta iliaca interessata al prelievo, si procede alla scheletrizzazione della faccia mediale e della cresta iliaca, scollando delicatamente il muscolo iliaco.

Figura 8.18 La fascia che ricopre posteriormente il muscolo iliaco deve essere integra per evitare che soluzioni di continuo possano provocare un infarcimento emorragico del muscolo, determinando un aumento della sintomatologia dolorosa e della claudicatio.

Figura 8.19 La posizione del paziente sul letto operatorio, ruotato di 10-15° verso l’operatore, facilita la scheletrizzazione della cresta iliaca perché permette una visibilità altrimenti più difficile da ottenere. Per divaricare il muscolo iliaco inizialmente si utilizza un divaricatore ad angolo retto.

Figura 8.20 La faccia mediale è scheletrizzata. Il muscolo iliaco e quelli addominali sono dislocati dal divaricatore di Obwegeser, caratterizzato da una curvatura che permette un agevole ed efficace dislocamento e protezione dei muscoli e da una zigrinatura terminale che lo ancora in profondità all’ileo.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

Delimitazione del prelievo Le osteotomie delimitanti l’estensione del prelievo possono essere effettuate con strumenti a mano, con seghe oscillanti o con strumenti a ultrasuoni. Le incisioni osteotomiche che delimitano l’estensione del prelievo orizzontalmente, lateralmente e in profondità lungo la faccia mediale della cresta iliaca sono in funzione delle dimensioni del prelievo prestabilito.

Prelievo osseo Si delimita dapprima l’osteotomia del tetto crestale per una lunghezza di circa 5-8 cm e successivamente si eseguono le due osteotomie, mediale e distale, sulla faccia mediale in senso cranio-caudale. Tali incisioni, parallele fra di loro o leggermente convergenti, sono condotte in profondità, sulla faccia mediale della cresta, per circa 5-10 cm. Infine, le due incisioni sono unite tra loro in profondità. Il prelievo osseo così delimitato viene staccato dalla corticale posteriore delicatamente (Figg. 8.21-8.39).

Figura 8.21 Le osteotomie che delimitano l’estensione del prelievo possono essere eseguite con strumenti a mano o con seghe oscillanti. Queste ultime permettono di eseguire le osteotomie con maggiore rapidità.

Figura 8.22 Nell’eseguire le osteotomie verticali con le seghe oscillanti, che si spingono sulla faccia mediale della cresta iliaca, è opportuno proteggere adeguatamente i tessuti circostanti per evitare lesioni accidentali dovute a un controllo non perfetto nell’utilizzo di questo strumento.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.23 Le osteotomie che delimitano il prelievo orizzontalmente, verticalmente e in profondità lungo la faccia mediale della cresta iliaca, quest’ultima eseguita con uno scalpello ricurvo, sono in funzione delle dimensioni prestabilite del prelievo.

Figura 8.24 Per facilitare un distacco delicato del prelievo osseo dalla faccia mediale della cresta, si utilizza uno scalpello retto. Movimenti manuali attenti consentiranno il successivo distacco.

Figura 8.25 L’introduzione dello scalpello manuale in profondità nella faccia mediale della cresta iliaca deve avvenire con sicurezza e con un assoluto controllo dello strumento.

Figura 8.26 Quando lo scalpello retto raggiunge l’osteotomia orizzontale profonda, il distacco del prelievo è molto semplice, purché le osteotomie verticali e quella orizzontale profonda siano ben raccordate tra di loro.

Figura 8.27 Il distacco del prelievo dalla faccia mediale della cresta iliaca può essere fatto utilizzando, anche in questa fase, le seghe oscillanti di lunghezza adeguata, introdotte dall’osteotomia orizzontale.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

Figura 8.28 Occorre prestare molta attenzione spingendo la sega oscillante in profondità lungo la faccia mediale della cresta perché si ha una ridotta visuale operatoria, una minore sensibilità dell’osso e un aumentato rischio di provocare perforazioni della corticale posteriore della cresta iliaca, soprattutto nei casi in cui la midollare è poco rappresentata e la corticale posteriore è quasi indistinguibile da quella anteriore.

Figura 8.29 L’utilizzo degli scalpelli manuali per il distacco del prelievo permette di procedere con maggiore sicurezza e con un controllo assoluto dello strumento.

Figura 8.30 Gli scalpelli utilizzati in questa fase sono inizialmente sottili e retti e, a mano a mano che si procede in profondità, sono di maggiore spessore e meno flessibili.

Figura 8.31 Quando gli scalpelli hanno interrotto in toto la midollare tra corticale anteriore e posteriore, il prelievo viene facilmente staccato dalla corticale posteriore. La presenza di osso spongioso tra le due corticali, mediale e posteriore, della cresta iliaca è molto variabile da individuo a individuo e tra i due sessi. Non è raro trovare le due corticali praticamente adese fra di loro.

Figura 8.32 Il prelievo deve essere modellato per meglio adattarsi al sito ricevente o sezionato in più frammenti da fissare separatamente in caso di ricostruzioni importanti. A tale scopo, possono essere utilizzati punte a ultrasuoni, seghe oscillanti o, come nell’immagine, dischi diamantati.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.33 L’utilizzo di strumenti chirurgici a ultrasuoni permette di eseguire osteotomie micrometriche, con scarso sanguinamento e con una visione del campo operatorio molto efficace. Con punte e potenza dello strumento adeguate alla compattezza della corticale crestale, si esegue l’osteotomia orizzontale sul tetto della cresta iliaca.

Figura 8.34 Con la stessa punta si eseguono le osteotomie verticali, prossimale e distale, fino alla profondità predeterminata. Il campo operatorio, grazie all’effetto di cavitazione, è praticamente esangue e consente una perfetta visibilità nell’esecuzione delle osteotomie.

Figura 8.35 Il prelievo è stato superiormente, medialmente e distalmente delimitato con le punte a ultrasuoni, che sono penetrate nella corticale fino ad arrivare alla midollare presente tra la faccia mediale e posteriore della cresta iliaca.

Figura 8.36 L’osteotomia orizzontale profonda è quella più delicata da effettuare. Con punte ultrasoniche angolate di adeguata lunghezza, mutuate dalla chirurgia maxillo-facciale, si esegue tale osteotomia con molta sicurezza, poiché la punta risparmia i tessuti molli con cui accidentalmente può venire a contatto.

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Prelievi extraorali

Figura 8.37 Sempre con una punta a ultrasuoni utilizzata in chirurgia maxillo-facciale, retta e lunga, si ottiene la separazione tra le corticali mediale e posteriore della cresta. Eventuali perforazioni della corticale posteriore sono apprezzabili più facilmente con questo strumento e non provocano lesioni ai tessuti muscolari presenti.

Capitolo 8

Figura 8.38 Il prelievo osseo crestale è completato e pronto per essere rimosso dalla sede di prelievo. Si apprezzi la mancanza di sanguinamento dell’area chirurgica.

Figura 8.39 Il prelievo è rimosso dalla faccia mediale della cresta iliaca. I tempi della chirurgia a ultrasuoni sono ancora sensibilmente più lunghi rispetto a quelli della chirurgia tradizionale, ma ampiamente compensati dal taglio micrometrico dell’osso, dal minore sanguinamento, da una superficie di taglio più vitale e dal rispetto delle strutture anatomiche non ossee contigue.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Morfologia del prelievo Un prelievo così delimitato, è un prelievo dalla forma quadrangolare, costituito da osso corticale e spongioso (Figg. 8.40 e 8.41). Prelievo a forma di L L’atrofia del mascellare necessita, a volte, di prelievi ossei che abbiano forme diverse, che si adattino perfettamente al sito ricevente. Nel caso in cui si debba ricostruire un mascellare sia in altezza sia in spessore, è necessario eseguire un prelievo con una forma a L, per ricostruire la dimensione verticale e ripristinare la dimensione orizzontale vestibolo-palatale. Per ottenere, a livello della cresta iliaca, questa forma di prelievo, si deve modificare in parte la tecnica chirurgica. Nelle manovre di scheletrizzazione della cresta si deve portare lo scollamento della fascia lata e del periostio fino all’inizio della parete postero-laterale della cresta stessa, iniziando a scollare per 1-2 cm il muscolo medio gluteo. Anche le incisioni osteotomiche che delimitano in senso cranio-caudale il prelievo si devono portare sulla faccia posteriore della cresta iliaca per circa 1-1,5 cm. L’osteotomia di collegamento fra queste due incisioni osteotomiche deve essere condotta al passaggio tra tetto del-

Figura 8.40 L’immagine mostra la sezione della cresta iliaca nell’area del prelievo, caratterizzata da una corticale mediale e una posteriore con tessuto osseo spongioso variamente rappresentato in funzione del sesso e dell’età.

Figura 8.41 L’immagine mostra in sezione il prelievo dalla faccia mediale della cresta iliaca. Si tratta, generalmente, di un prelievo quadrangolare, cortico-spongioso.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

la cresta e parete posteriore. Il prelievo osseo comprende dunque l’asportazione, sia di parte della corticale della faccia mediale della cresta iliaca (braccio lungo della L), sia di parte della corticale del tetto dell’osso crestale (braccio corto della L) (Fig. 8.42). Prelievo a forma di J Quando è necessario, a livello del sito ricevente di un prelievo cosiddetto a forma di J, occorre modificare sensibilmente la tecnica descritta. Si deve ulteriormente scheletrizzare la faccia postero-laterale della cresta iliaca per circa 2-2,5 cm. Anche le incisioni osteotomiche delimitanti cranio-caudalmente il prelievo devono essere condotte, sempre parallele fra di loro, sulla superficie posteriore della cresta iliaca per circa 2-2,5 cm. La corticale crestale, in questa sede posteriore, è marcatamente più spessa rispetto a quella anteriore, per l’azione trofica dei muscoli glutei su di essa. Questo ispessimento a volte rende più traumatica l’asportazione del prelievo osseo, nella forma desiderata. Il prelievo così ottenuto deve essere in parte modellato. La forma a J si ottiene compattando la midollare sulle corticali del prelievo stesso (Fig. 8.43).

Figura 8.42 Nel caso in cui sia necessario ottenere un prelievo per ricostruire un difetto osseo bidimensionale è possibile modificare la forma del prelievo eseguendo l’osteotomia sul tetto crestale più posteriormente, senza tuttavia arrivare al margine posteriore del tetto stesso.

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Figura 8.43 Quando è necessario un prelievo a forma di J per meglio adattarsi tridimensionalmente al difetto osseo da ricostruire, si esegue un’osteotomia orizzontale al margine posteriore del tetto. La midollare viene in seguito rimossa per dare la forma desiderata al prelievo, composto quasi completamente da osso corticale.


Capitolo 8

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Altre modalità di prelievo Il prelievo di osso autologo dalla cresta iliaca può essere effettuato anche in anestesia locale, con la possibilità di ottenere una discreta quantità di osso corticale e midollare, superiore a quanto prelevabile da un sito intraorale. In questi casi, il prelievo è limitato al tetto della cresta iliaca. A completamento del prelievo osseo eseguito con le modalità descritte in precedenza, è buona prassi prelevare ulteriore osso midollare dalla cresta iliaca utilizzando cucchiai alveolari. Allorché vi sia la necessità di un prelievo crestale di volume ridotto, si può rimuovere solo il tetto della cresta iliaca antero-superiore. In questo caso, si scheletrizza il tetto della cresta iliaca, fino al passaggio con la faccia sia anteriore sia posteriore della cresta stessa, senza la necessità di scollare il muscolo medio gluteo posteriormente e il muscolo iliaco anteriormente. Si praticano quattro incisioni osteotomiche lungo i margini del tetto crestale a formare un rettangolo di osso corticale da prelevare. Una volta rimosso il prelievo corticale, con un cucchiaio chirurgico può essere prelevata una grande quantità di osso spongioso situato tra le corticali mediale e posteriore della cresta (Figg. 8.44-8.48).

Figura 8.45 Le incisioni osteotomiche sono condotte a delimitare un prelievo rettangolare dal tetto crestale in prossimità del margine mediale e posteriore e unite da due osteotomie, anteriore e distale. Le osteotomie possono essere eseguite con scalpelli, seghe oscillanti o utilizzando la chirurgia a ultrasuoni.

Figura 8.44 Nel prelievo dal tetto della cresta iliaca, e a questo limitato, eseguito in anestesia locale, la preparazione del paziente, la tecnica di incisione e dello scollamento del tessuto sottocutaneo e della fascia lata e del periostio è sempre uguale, ma limitata al solo tetto crestale. Lo scollamento, infatti, non deve oltrepassare il margine anteriore e posteriore del tetto crestale stesso.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

Figura 8.47 Dalla cavità residua può essere prelevata un’ulteriore quantità di osso spongioso. Il prelievo cortico-spongioso è conservato in fisiologica sterile in attesa dell’innesto. Se necessita un prelievo di sola corticale, non ci si approfondirà nella cresta o si rimuoverà facilmente il tessuto spongioso adeso alla corticale. Lo spessore dell’osso corticale è in funzione dell’età e del sesso.

Figura 8.46 Rimozione del prelievo. Il ridotto scollamento crestale non provocherà nel decorso postoperatorio quella sintomatologia dolorosa dovuta alla trazione dei muscoli che si inseriscono con il loro tendine sulla cresta iliaca, spesso presente dopo prelievo dalla faccia mediale della cresta.

Figura 8.48 Oltre a osso spongioso, con una siringa si può prelevare sangue dalla cavità residua, che sarà utile, unito a soluzione fisiologica, alla conservazione del prelievo.

Se la necessità di osso cortico-midollare è invece ancora più ridotta, dopo aver scheletrizzato il tetto della cresta iliaca possono essere utilizzate delle frese trephine, dal diametro interno di 7-8 mm, per perforare più volte l’osso crestale per la profondità data dalla lunghezza della fresa stessa, ottenendo in tal modo prelievi ossei cortico-midollari (Figg. 8.49-8.51). 269


Capitolo 8

Prelievi extraorali

a

b

Figura 8.49 (a) A completamento del prelievo osseo eseguito è possibile prelevare un’ulteriore quantità di osso spongioso tra le corticali della cresta iliaca (b) utilizzando cucchiai chirurgici. (c) La quantità prelevata è elevata ed è in funzione della morfologia della cresta iliaca.

c

a

b

Figura 8.50 (a) È possibile raccogliere ulteriore osso corticale utilizzando raschietti ossei, che arrotondano i margini delle osteotomie e agiscono sulla superficie corticale, raccogliendo bone chip. (b) Il serbatoio del raschietto osseo può contenere fino a 2 mL di osso corticale particolato che può essere usato, da solo, unito a tessuto spongioso o a osso eterologo, nelle tecniche ricostruttive.

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a

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b

Figura 8.51 (a) Se è necessario ottenere una maggior quantità di osso corticale da utilizzare nella sede di innesto, per esempio nelle soluzioni di continuo tra onlay fissati nel sito ricevente, si possono utilizzare delle frese trephine per il prelievo dal tetto crestale. (b) Il diametro della fresa trephine, generalmente di 7-8 mm, è commisurato allo spessore del tetto crestale. Il prelievo può essere cortico-midollare o di solo osso corticale se non ci si spinge in profondità.

Trattamento della cavità residua Dalla cavità residua può essere raccolta, con una siringa, una piccola quantità di sangue utile per conservare il prelievo prima del suo innesto nel cavo orale. Per arginare il sanguinamento che proviene dai vasi intraossei, si possono utilizzare delle spugne di collagene e fibrina che vengono zeppate nella sede del prelievo o, più raramente, cera da osso che viene “spalmata” sulla midollare sanguinante, avendo cura di rimuoverne accuratamente l’eccesso, perchè può interferire nella riparazione ossea. Può essere posizionato, per 24 ore, un drenaggio in aspirazione, solo nel caso di un evidente e non ben controllato sanguinamento (Figg. 8.52-8.54).

Figura 8.52 La cavità residua è in funzione dell’estensione del prelievo. A volte può rendersi necessario, per dominare il sanguinamento, utilizzare della cera da osso posta sulla midollare sanguinante, avendo cura di rimuovere l’eccesso.

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a

b

c

d

Figura 8.53 (a) La tecnica maggiormente utilizzata per dominare il sanguinamento prevede di utilizzare materiale riassorbibile come le macrospugne di collagene e fibrina; (b) quest’ultima può essere modellata sulla forma del prelievo. (c) La macrospugna di fibrina è esattamente modellata sulla forma del prelievo ed è speculare alla cavità residua della cresta iliaca. (d) La spugna di collagene e fibrina viene posizionata nella sede del prelievo. (e) Possono essere posizionati diversi strati di spugna. Essi saranno mantenuti in sede e in parte compressi, dal riposizionamento, sulla faccia mediale della cresta del muscolo iliaco al termine dell’intervento.

a

e

Figura 8.54 (a) Di recente introduzione, le lamine di osso eterologo spongioso di origine equina, deantigenate, vengono impiegate a scopo rigenerativo. (b) Esse sono flessibili e possono essere modellate sulla cavità residua.

b

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Chiusura del periostio, della fascia lata e del sottocute Periostio e fascia lata sono suturati in un unico strato, a punti staccati, con un filo di sutura a lento riassorbimento, diametro 3/0. Una non perfetta chiusura della fascia può causare una claudicatio che può perdurare oltre le 3-4 settimane. Anche la sutura del tessuto sottocutaneo viene eseguita con un filo riassorbibile sempre a punti staccati, avendo cura di non lasciare spazi vuoti che potrebbero raccogliere siero più facilmente e andare incontro a infezione (Figg. 8.55-8.59).

Figura 8.56 La chiusura della fascia a punti staccati deve essere ermetica, in maniera tale da non lasciare neppure una piccola apertura che può complicare il decorso postoperatorio come l’infarcimento emorragico o il perdurare di una claudicatio oltre le 3-4 settimane.

Figura 8.55 Se lo scollamento è stato correttamente eseguito, nel rispetto dei piani anatomici, la chiusura degli strati chirurgici non pone alcuna difficoltà. Vengono dapprima suturati periostio e fascia lata, a punti staccati, utilizzando un plurifilamento sintetico a lento riassorbimento.

Figura 8.57 La chiusura del tessuto sottocutaneo è altrettanto importante. Per eseguirla nel modo migliore è opportuno rimuovere lo steridrap adesivo e detergere la cute con iodopovidone o clorexidina al 4% in prossimità dell’incisione per evitare eventuali contaminazioni batteriche.

Figura 8.58 Il riavvicinamento del tessuto sottocutaneo non deve lasciare spazi vuoti per evitare la formazione di siero o ematomi con il conseguente rischio di infezione.

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Figura 8.59 Se lo strato sottocutaneo ha uno spessore elevato per la presenza di un notevole tessuto adiposo, possono essere eseguiti anche due strati di sutura. Il secondo strato deve essere introflettente per riavvicinare il più possibile i margini della ferita chirurgica.


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Sutura cutanea Il riavvicinamento dei lembi cutanei può essere condotto con varie modalità. Nei soggetti giovani, particolarmente sensibili all’estetica, è preferibile effettuare una sutura intradermica utilizzando un filo riassorbibile. In genere, si esegue una sutura a punti staccati introflettente, con un filo riassorbibile, del derma e una volta riavvicinati i lembi si posizionano steristrip cutanei. In alternativa si può utilizzare una suturatrice meccanica o una tradizionale sutura in seta sia a punti staccati sia continua. La sutura intradermica nel breve periodo consente un risultato estetico migliore rispetto alle altre tecniche, ma nel lungo periodo non c’è una sostanziale differenza di risultati (Figg. 8.60-8.65).

a

b

Figura 8.60 (a) La sutura dell’incisione cutanea è l’ultimo atto chirurgico, che pone fine all’intervento. (b) Il riavvicinamento dei lembi può essere eseguito in vari modi: il più semplice è la sutura a punti semplici staccati.

Figura 8.61 Una sutura di facile e rapida esecuzione è quella continua a materassaio orizzontale, la quale, essendo una sutura evertente, permette un buon affondamento dei lembi.

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Prelievi extraorali

Figura 8.62 La sutura può essere continua a punti incavigliati.

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Figura 8.63 Nei soggetti giovani, particolarmente sensibili all’estetica, può essere effettuata una sutura intradermica.

Figura 8.64 La sutura può essere eseguita con una suturatrice meccanica.

a

b

Figura 8.65 (a) Sutura intradermica a punti staccati introflettenti con un filo riassorbibile nel derma; (b) una volta riavvicinati i lembi, si posizionano degli steristrip cutanei.

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Capitolo 8

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Figura 8.66 La ferita chirurgica è protetta da una garza medicata e su questa è posta una medicazione compressiva, allo scopo di evitare la formazione di siero o ematomi sottocutanei.

Figura 8.67 Se è vero che la sutura intradermica nel breve periodo è più estetica rispetto alle altre, nel lungo periodo, tra le varie tecniche, non esiste una sostanziale differenza di risultati.

Medicazione compressiva Sulla ferita chirurgica viene posizionata una medicazione compressiva, allo scopo di evitare la formazione di siero o ematomi sottocutanei. La compressione viene rimossa nella prima giornata postoperatoria (Figg. 8.66 e 8.67).

Dimissioni del paziente e gestione delle complicanze postoperatorie Questo prelievo, relativamente poco aggressivo, se svolto con un’accurata modalità di esecuzione, permette ai pazienti il ritorno al proprio domicilio poche ore dopo l’intervento. Si può consigliare al paziente l’utilizzo di una stampella i primi 2-3 giorni postintervento. I punti saranno rimossi nella settima giornata postoperatoria. 276


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Se la relativa semplicità del prelievo dalla faccia mediale della cresta iliaca permette di ottenere un’adeguata quantità di osso e, tra i vantaggi di questa sede vi è la possibilità di prelievo osso cortico-spungioso, che può facilmente modellarsi alle necessità della ricostruzione maxillo-facciale, bisogna tuttavia sottolineare che, rispetto ad altre sedi di prelievo (calvaria), presenta una morbilità maggiore del 39%.

Decorso postoperatorio Le normali sequele postoperatorie dell’intervento sono caratterizzate da: edema loco-regionale, dolore in sede di prelievo, difficoltà alla deambulazione per 3-4 settimane e possibili parestesie sulla faccia antero-laterale della coscia per trauma del nervo femoro-cutaneo laterale.

Complicanze postoperatorie Le complicanze postoperatorie di questo intervento possono consistere in ematomi della ferita chirurgica, infezione della ferita, infezione profonda sotto fasciale, deiscenza della ferita derivante da un’incisione impropria dei vari piani chirurgici, parestesia della faccia antero-laterale della coscia per lesione del nervo femorocutaneo laterale che si protrae per lungo tempo, lesione del legamento inguinale causato da incisioni errate dei piani chirurgici, disturbi nella deambulazione che si protraggono per lungo tempo, dovuti a una non accurata sutura dei piani sezionati con distacco dei muscoli tensore della fascia lata, piccolo e medio gluteo. Prevenzione e trattamento delle complicanze La corretta prevenzione delle complicanze si attua soprattutto con una condotta chirurgica rispettosa dell’anatomia della sede di prelievo: • Praticando una perfetta emostasi dei vasi incontrati nella dissezione chirurgica. • Con una manipolazione dei tessuti che preservi la loro integrità. • Evitando di surriscaldare l’osso crestale sede del prelievo. • Assicurandosi che i margini ossei in sede di prelievo non siano frastagliati, per evitare la lacerazione della fascia posteriore del muscolo iliaco, con infarcimento emorragico del muscolo stesso, dolore e claudicatio che perdurano nel tempo. • Dominando il sanguinamento che proviene dalla spongiosa crestale. • Suturando adeguatamente i piani chirurgici senza lasciare soluzioni di continuo nella fascia o spazi vuoti nel tessuto sottocutaneo. • Posizionando una medicazione compressiva che sia tale per le prime 24 ore dopo l’intervento. 277


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Emorragia La complicanza più importante che può manifestarsi nel decorso postoperatorio è il sanguinamento rilevante. La cresta iliaca antero-superiore è irrorata da rami periferici dell’arteria iliaca profonda e superficiale. Se la condotta terapeutica è stata corretta, nessun grosso vaso è stato leso e il sanguinamento può derivare unicamente dalla spongiosa dell’osso crestale. Se si è provveduto a posizionare un drenaggio è opportuno mantenerlo in situ fino a un’evidente e marcata riduzione della quantità di sangue aspirato. Nel caso non si sia posto un drenaggio, poiché intraoperatoriamente il sanguinamento era apparentemente dominato, la ripresa di un’emorragia rilevante si mette in evidenza con la comparsa di un ematoma sottofasciale che causa dolore e difficoltà alla deambulazione, pur senza significative alterazioni dell’ematocrito. In tali situazioni cliniche, è opportuno procedere alla riapertura della sede dell’intervento e controllare il sanguinamento dalla spugnosa crestale, compattando con uno strumento la spongiosa stessa e utilizzando opportunamente la cera da osso con l’aggiunta di materiali emostatici riassorbibili. Dopo un tale reintervento è d’obbligo posizionare un drenaggio in aspirazione che, dopo 24-48 ore in assenza di sanguinamento, può essere rimosso. Ematoma sottocutaneo In presenza di un ematoma sottocutaneo, allorché il posizionamento di ghiaccio e di una medicazione compressiva non siano risolutivi, può essere indicata l’evacuazione dello stesso: si reincide per 1-2 cm la ferita cutanea, si svuota l’ematoma ed eventualmente si lascia in sede un piccolo drenaggio per favorirne il completo svuotamento. La ferita può essere il terreno ideale per l’insorgere di un’infezione sottocutanea. Infezione La comparsa di un’infezione sia sottocutanea sia sottofasciale, quest’ultima più grave perché di diagnosi più tardiva, induce a continuare la somministrazione di antibiotici o a riprenderla nel caso fosse già stata sospesa. L’evacuazione del materiale corpuscolato può rendersi necessaria per favorire il completo e definitivo drenaggio del pus, che deve essere sottoposto a un esame colturale. Per favorire il completo drenaggio del materiale corpuscolato, può essere utile posizionare per qualche giorno un piccolo drenaggio. Deiscenza La deiscienza della ferita chirurgica obbliga alla risutura accurata dei piani superficiali della ferita, dopo aver preparato un campo sterile e sotto somministrazione di una terapia antibiotica, al fine di evitare una possibile infezione. 278


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Gestione del paziente nel decorso postoperatorio Il paziente che viene sottoposto a prelievo extraorale in day surgery, al rientro nel proprio domicilio deve osservare in maniera rigorosa le prescrizioni farmacologiche e comportamentali prescritte e deve essere affiancato da una persona capace e responsabile che lo assista almeno nelle prime 24 ore postoperatorie. L’uso della stampella, per non caricare l’arto nell’immediato decorso postoperatorio, può essere prolungato per 2-3 giorni, in rapporto al peso del paziente e all’invasività dell’intervento. A riposo, l’arto interessato al prelievo deve essere posto in posizione orizzontale. Per dominare l’edema e la comparsa di un ematoma più esteso, nelle prime 812 ore il paziente deve porre ghiaccio sopra la medicazione compressiva, mantenendolo per 30 minuti, alternati a 15 minuti di sospensione. Il dolore postoperatorio è inizialmente dominato dal permanere per 6-10 ore della bupivacaina in sede di infiltrazione e, successivamente, dalla somministrazione di farmaci antinfiammatori. Se è stato posizionato un drenaggio in sede di intervento, può essere utile, al fine di ridurre il dolore nei primissimi giorni del decorso postoperatorio, iniettare attraverso il drenaggio una soluzione di bupivacaina, 3 mL allo 0,5% ogni 6-8 ore. Il drenaggio deve poi essere chiuso dopo la somministrazione per 30 minuti, per consentire alla soluzione iniettata di rimanere in sede. La possibile insorgenza di un’infezione della ferita chirurgica è contrastata dalla somministrazione di antibiotici. La medicazione va rinnovata in seconda giornata per il controllo della ferita e successivamente alla rimozione dei punti, agraphes o steristrip cutanei, in ottava-decima giornata postoperatoria. Dalla seconda alla terza-quarta settimana postoperatoria, il dolore alla deambulazione, in particolare al sollevamento dell’arto (perché si vanno a stimolare quei muscoli della gamba che hanno inserzione sulla cresta iliaca), va lentamente diminuendo fino a scomparire. Tuttavia, il paziente tende ad avere una deambulazione claudicante per evitare anche il minimo dolore in sede di ferita chirurgica. Questo atteggiamento posturale deve essere contrastato dalla terza settimana in poi, per evitare rigidità nella regione dell’anca e favorire una normale riabilitazione funzionale, che generalmente avviene entro la quarta settimana.

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PRELIEVO DI TECA CRANICA

È possibile prelevare importanti quantità di osso cortico-midollare anche dalle pareti craniche: la teca cranica. Paul Tessier, nel 1982, ha illustrato le varie possibilità di impiego della volta parietale nelle ricostruzioni del massiccio facciale, descrivendo la tecnica sia per il prelievo della teca cranica a tutto spessore (splitting on table calvarial graft) sia per l’asportazione della sola parete cranica esterna (splitting in situ calvarial graft). Quest’ultima, se da un lato riduce la quantità di osso asportabile, dall’altro permette di abbreviare e semplificare notevolmente l’intervento, riducendo al minimo le complicanze. Il prelievo viene effettuato dall’osso parietale, nella zona compresa al di sopra della linea temporale e al di sotto della sutura sagittale e trova indicazione in tutte quelle ricostruzioni del mascellare in cui è richiesto osso corticale in quantità superiore ai 30-50 mL, ricostruzioni alle quali è sovente associato il rialzo del seno mascellare.

Anatomia topografica La regione della calvaria comprende gran parte della volta cranica; si estende sul piano sagittale dall’osso frontale, attraverso il parietale, fino alla squama dell’osso occipitale, mentre sul piano assiale dalla linea mediale si spinge lateralmente fino alla linea temporale superiore dell’osso parietale (Fig. 8.68a). È ricoperta da un piano superficiale formato dalla cute, dal tessuto connettivale sottocutaneo, dall’aponeurosi pericranica e da un piano profondo formato dal connettivo lasso sottoaponeurotico e dal periostio. I primi tre strati, di spessore variabile dai 4 ai 7 mm, sono fortemente adesi tra di loro (Fig. 8.68b). La cute, di notevole spessore, è fortemente connessa al tessuto connettivo sottocutaneo, costituito da briglie spesse e brevi che si interconnettono formando delle logge occupate da lobuli di tessuto adiposo. Nello strato superficiale decorrono le strutture vascolo-nervose: l’arteria parietale, ramo della temporale superficiale; l’arteria auricolare posteriore; piccoli rami anastomotici tra arteria frontale, arteria occipitale e arteria parietale; le vene parietali che confluiscono nelle vene temporali; i vasi linfatici che drenano soprattutto nei linfonodi retroauricolari; rami derivanti dal nervo auricolo-temporale per l’innervazione sensitiva; rami derivanti dal nervo facciale, spesso inesistenti, per l’innervazione motoria. 280


Capitolo 8

Prelievi extraorali

p

, Cuoio capelluto

Muscolo orbicolare dell’occhio

{

{

Cute e tessuto sottocutaneo Galea aponeurotica

Fascia temporale

Muscolo auricolare anteriore Muscolo auricolare superiore

Parte orbitale Parte palpebrale

Muscolo auricolare posteriore Ventre occipitale del muscolo epicranico (o muscolo occipitale)

Ventre frontale del muscolo epicranico (o muscolo frontale) Muscolo corrugatore del sopracciglio (muscoli frontale e orbicolare dell’occhio, parzialmente asportati) Muscolo procero Muscolo elevatore del labbro superiore Muscolo elevatore del labbro superiore e dell’ala del naso (parzialmente asportato) Muscolo nasale

{

Parte trasversa Parte alare

Fascia parotidea

Muscolo depressore del setto nasale

Fascia masseterina

Muscolo orbicolare della bocca Muscolo piccolo zigomatico

Fascia cervicale superficiale

Muscolo grande zigomatico Muscolo orbicolare della bocca Muscolo mentale Muscolo quadrato del labbro inferiore (o depressore del labbro inferiore)

Fascia deltoidea

Muscolo triangolare delle labbra (o depressore dell’angolo della bocca) Muscolo buccinatore Muscolo risorio Muscolo platysma Sterno Clavicola Fascia pettorale

a Figura 8.68 Muscoli dell’espressione facciale, veduta laterale. (Da: Netter, op. cit). (segue)

281


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Pelle Tessuto connettivo

Galea capitis Connettivo lasso sottoaponeurotico Pericranio Tavolato esterno (osso compatto) Diploe (osso spongioso) Tavolato interno (osso compatto) b Figura 8.68 (seguito).

Al di sotto del tessuto connettivo sottocutaneo si trova l’aponeurosi pericranica, detta anche galea capitis, costituita da una lamina fibrosa che ricopre la parte media della volta cranica e riunisce fra loro i muscoli frontali e occipitali. Più in profondità si incontra uno strato di connettivo lasso sottoaponeurotico, detto spazio sovraperiosteo di Merkel, sprovvisto di tessuto adiposo e facilmente staccabile dal sottostante periostio. Quest’ultimo, noto anche come pericranio, aderisce lassamente alla superficie ossea, ma con l’avanzare dell’età la sua aderenza aumenta sino a diventare difficilmente scollabile nelle persone più anziane. Il pericranio, giunto sulla linea temporale in prossimità del muscolo temporale che ricopre, si sdoppia dando origine alla fascia temporale: la parte profonda continua come periostio dell’osso temporale mentre la porzione più superficiale acquisisce le caratteristiche di un’aponeurosi e diventa, appunto, fascia temporale (Figg. 8.69-8.70). 282


Prelievi extraorali

Capitolo 8

Veduta superiore Osso frontale Sutura coronale Bregma Osso parietale Sutura sagittale Foro parietale (per una vena emissaria) Lambda Sutura lambdoidea Osso suturale (wormiano) Osso occipitale

Veduta inferiore Osso frontale Cresta frontale Solco del seno sagittale superiore Sutura coronale Osso parietale Fossette granulari (per le granulazioni aracnoidee) Diploe Solchi dei rami dei vasi meningei medi Solco del seno sagittale superiore Sutura sagittale Sutura lambdoidea Osso occipitale

Figura 8.69 Volta del cranio (Da: Netter, op. cit).

283


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Osso sfenoide

Osso parietale

Osso temporale

Fossa temporale

Grande ala

Linea temporale superiore

Squama Processo zigomatico

Osso frontale

Sutura coronale

Incisura (foro) sopraorbitale

Linea temporale inferiore

Pterion

Tubercolo articolare Solco dell’arteria temporale media

Glabella

Meato acustico esterno

Osso etmoide Lamina papiracea

Processo mastoideo

Osso lacrimale Sutura lambdoidea

Fossa del sacco lacrimale

Osso occipitale

Osso nasale

Osso suturale (wormiano)

Osso mascellare Processo frontale

Protuberanza occipitale esterna (inion)

Foro infraorbitale

Asterion

Spina nasale anteriore

Mandibola Condilo Incisura Processo coronoideo Ramo Linea obliqua Corpo Foro mentale

Processo alveolare Osso zigomatico Foro zigomaticofaciale Processo temporale Arcata zigomatica

Osso sfenoide Grande ala

Fossa infratemporale, vista dopo asportazione dell’arcata zigomatica e della mandibola*

Cresta infratemporale

Fessura pterigo-mascellare

Lamina laterale del processo pterigoideo

Fessura orbitale inferiore

Uncino della lamina mediale del processo pterigoideo

Faccia infratemporale dell’osso mascellare

Osso temporale Fori alveolari

Foro ovale

Tuberosità dell’osso mascellare

Meato acustico esterno Fossa mandibolare Tubercolo articolare

Fossa pterigo-palatina

Processo stiloideo

Foro sfeno-palatino * In superficie, il processo mastoideo segna il limite posteriore

TAVOLA 6

OSSA E LEGAMENTI

Figura 8.70 Cranio, sezione sagittale mediana (Da: Netter, op. cit).

284


Prelievi extraorali

Capitolo 8

L’osso parietale presenta, come le altre ossa della volta cranica, una struttura caratteristica, formata da due lamine di osso compatto (tavolato esterno e interno), tra cui si trova uno strato spongioso detto diploe. Tale strato è notevolmente ridotto nella persona anziana e poi scompare, così da rendere impossibile trovare un piano di clivaggio tra le due corticali. Lo spessore della calvaria è maggiore nelle popolazioni di pelle bianca e nelle donne e misura in media 7,45 ± 1,03 mm. L’area più idonea è quella postero-mediale in prossimità della sutura lambdoidea.

Anatomia chirurgica L’area interessata al prelievo si trova sulla verticale passante davanti al foro uditivo, ad almeno 2 cm dal vertice, lateralmente lontano dall’inserzione del muscolo temporale, anteriormente dietro alla sutura coronale; posterioriormente l’area donatrice si può estendere sino all’osso occipitale. La regione mediana deve sempre essere ben localizzata ed evidenziata per evitare di lesionare il seno sagittale che decorre al di sotto, la cui lesione può provocare un sanguinamento di difficile controllo (Figg. 8.71-8.73). La scheletrizzazione della volta cranica permette di evidenziare la sutura coronale dietro alla quale viene eseguito il prelievo e, posteriormente, la sutura lambdoidea; è altresì reperibile la fascia temporale superficiale per la tenace inserzione sul tavolato osseo, nel punto in cui si sdoppia dal periostio. L’integrità delle inserzioni muscolari scongiura la comparsa di serramento, rendendo il decorso postoperatorio quasi totalmente asintomatico.

285


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Seno sagittale superiore Vene a ponte

Sezione sagittale

Grande vena cerebrale (di Galeno) Tentorio del cervelletto Seno sagittale superiore

Falce del cervello

Seno sagittale inferiore

Seno sfeno-parietale

Seno retto

Seni intercavernosi anteriore e posteriore Seno petroso superiore Plesso venoso basilare

Seno petroso inferiore Foro giugulare

Plesso venoso vertebrale Seno sigmoideo Seno trasverso Seno occipitale Falce del cervelletto Confluente dei seni

Figura 8.71 Seni venosi della dura madre (Da: Netter, op. cit).

286


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Cute Tessuto connettivo Galea aponeurotica

Fossetta granulare

Tessuto areolare lasso Pericranio

Granulazione aracnoidea

Seno sagittale superiore Vena emissaria Vena tributaria della vena temporale

Volta del cranio

Vena diploica Spazio epidurale (sito di ematoma epidurale) Dura madre Interfaccia aracnoide-dura (sito di ematoma subdurale) Aracnoide

Vena cerebrale

Spazio subaracnoideo Pia madre Arteria cerebrale Vena cerebrale superiore Falce del cervello Emisfero cerebrale

Rami dell’arteria meningea media

Vene cerebrali superiori (che penetrano nell’aracnoide e attraversano lo spazio subdurale per entrare nel seno sagittale superiore)

Seno sagittale superiore

Dura madre

Vene cerebrali superiori (al di sotto dell’aracnoide)

Vena grande anastomotica (o superiore) (di Trolard) Vena piccola anastomotica (o inferiore) (di Labbé) Vena cerebrale media superficiale

Arteria e vene meningee medie

Vene cerebrali inferiori (al di sotto dell’aracnoide)

MENINGI ED ENCEFALO

TAVOLA 101

Figura 8.72 Meningi e vene cerebrali superficiali. (Da: Netter, op. cit).

287


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Vene diploiche

Sezione frontale

Seno sagittale superiore

Granulazioni aracnoidee Vena cerebrale che attraversa lo spazio subdurale per entrare nel seno sagittale superiore Dura madre (strati periostale e meningeo)

Vena emissaria

Spazio epidurale (sito di ematoma epidurale) Aracnoide Spazio subaracnoideo Pia madre

Rami frontale e parietale tributari della vena temporale superficiale Rami frontale e parietale dell’arteria temporale superficiale

Vasi meningei medi Fossetta granulare (intaccatura del cranio da granulazione aracnoidea)

Vasi temporali profonde, medie e superficiali

Lacuna venosa Vena cerebrale Seno sagittale inferiore

Muscolo temporale CavitĂ del setto pellucido

Vene talamo-striata, corioidea superiore e cerebrale interna e plesso corioideo del ventricolo laterale

Vene cerebrali medie profonda e superficiale

Vene diploiche ed emissarie del cranio

Vena emissaria parietale Vena diploica temporale posteriore

Vena diploica frontale

Vena emissaria occipitale Vena diploica temporale anteriore

Vena diploica occipitale Vena emissaria mastoidea

Figura 8.73 Vene meningee e diploiche (Da: Netter, op. cit).

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

Tecnica chirurgica Preparazione del paziente Nell’imminenza dell’intervento, il paziente è sottoposto a tre lavaggi consecutivi del cuoio capelluto con iodopovidone. La lunghezza dei capelli condiziona la preparazione del campo chirurgico: in presenza di capelli lunghi, prima di posizionare il paziente sul tavolo operatorio, viene tracciata sul cuoio capelluto l’ipotetica linea di incisione e i capelli vengono annodati a formare delle piccole trecce, annodate su se stesse, nell’immediata vicinanza dell’incisione. Se i capelli hanno una lunghezza inferiore ai 10 cm verrà delimitata la linea dell’incisione direttamente sul tavolo operatorio, allontanando con un pettine sterile i capelli mantenuti in sede da iodopovidone pomata (Fig. 8.74). Se si desidera operare in un campo glabro con un bisturi, si rimuove una striscia di capelli della larghezza di 5 mm in corrispondenza dell’incisione (Fig. 8.75). Il campo operatorio così delimitato viene accuratamente disinfettato con iodopovidone e asciugato con garze sterili. Poiché non è possibile utilizzare teli sterili adesivi per la presenza dei capelli, è indispensabile che la disinfezione dell’area chirurgica sia accurata per ridurre il rischio di possibili infezioni. Solitamente il campo operatorio è preparato separatamente da quello del cavo orale (Fig. 8.76).

a

b

Figura 8.74 La completa depilazione del cuoio capelluto appartiene ormai alla storia di questo tipo di prelievo e rimane solo un retaggio culturale: la preparazione all’intervento dipende dalla lunghezza dei capelli. (a) Se i capelli sono lunghi più di 10 cm, è preferibile raccoglierli in piccole trecce, annodate su se stesse, nell’immediata vicinanza dell’incisione. (b) Se invece la lunghezza è inferiore ai 10 cm, nell’impossibilità di raccoglierli in trecce, vengono allontanati dalla linea di incisione con un pettine sterile e mantenuti divaricati grazie a iodopovidone pomata.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.76 Il campo operatorio viene accuratamente disinfettato con iodopovidone e successivamente asciugato con garze sterili. È indispensabile che la disinfezione delle regioni limitrofe sia ampia, per ridurre il rischio di infezioni. Il campo operatorio in sede parietale è solitamente preparato separatamente da quello del cavo orale.

Figura 8.75 Un’ulteriore modalità di preparazione è ottenere un campo glabro, utilizzando un bisturi che rimuove i capelli lungo la linea di incisione per una larghezza di 5 mm. Nel decorso postoperatorio, la mancanza di capelli non sarà visibile perché nascosta completamente da quelli rimasti.

Tecnica di incisione La linea di incisione può essere tracciata con un pennarello prima di essere infiltrata con fisiologica refrigerata o anestetico locale, per ottenere un buon controllo dell’emostasi e, contemporaneamente, un preliminare scollamento del cuoio capelluto e della sottostante galea dal pericranio (Fig. 8.77). L’incisione è sempre sagittale, della lunghezza di almeno 5 cm, per poter esporre la maggiore quantità di osso parietale senza scoprire il muscolo temporale o ledere il nervo frontale, che decorre con andamento coronale. Dopo aver eseguito l’incisione, è possibile, attraverso un accesso sottofasciale, scollare il cuoio capelluto dal pericranio sottostante in modo da ottenere un’ampia mobilizzazione dei tessuti molli, che vengono divaricati per permettere un accesso agevole all’area del prelievo. In pazienti con scarsa presenza di capelli, per motivi estetici, si deve far coincidere la linea di incisione con le rughe cutanee che in quest’area sono solitamente presenti. Qualora sia necessario asportare grandi quantità di osso corticale, l’incisione può anche essere allungata, dirigendosi obliquamente e posteriormente verso la regione retroauricolare o posteriormente sopra l’osso occipitale.

Scheletrizzazione della teca cranica Sezionare la cute, il tessuto sottocutaneo e la galea provoca la sezione della ricca trama vascolare sottocutanea, che genera un inevitabile sanguinamento (Fig. 8.78). È sconsigliabile l’utilizzo, a scopo emostatico, della diatermocoagulazione con bipolare, perché può provocare la necrosi dei bulbi piliferi, con 290


Prelievi extraorali

Capitolo 8

la conseguente comparsa di zone di alopecia nel decorso postoperatorio a medio termine. L’emostasi si ottiene con l’applicazione delle clip emostatiche di Raney, sui due lembi della ferita chirurgica (Fig. 8.79). Viene quindi inciso e scollato il pericranio, con un’incisione che segue la stessa direzione di quella cutanea precedente. Tale manovra deve essere eseguita con particolare attenzione per mantenere l’integrità della membrana periostale che permetterà, una volta eseguito il prelievo, un suo accurato riposizionamento, una sutura con un buon controllo dell’emostasi e una riduzione dell’insorgenza di ematomi (Fig. 8.80).

Figura 8.77 Dopo aver tracciato la linea di incisione, l’area attigua viene infiltrata con generose quantità di soluzione fisiologica refrigerata: tale procedura consente un buon controllo dell’emostasi, senza la necessità di impiegare farmaci vasocostrittori e contestualmente permette l’esecuzione di un preliminare scollamento del cuoio capelluto dalla sottostante galea.

Figura 8.78 L’incisione viene eseguita con bisturi a lama fredda onde evitare la lesione dei bulbi piliferi. La linea di incisione più utilizzata è quella condotta direttamente sopra l’osso parietale, parallela alla sutura sagittale, che inizia in prossimità della sutura con l’osso frontale e si dirige posteriormente, parallela al muscolo temporale, verso la sutura della squama occipitale.

Figura 8.79 Una volta eseguita l’incisione del cuoio capelluto, al fine di un accurato controllo dell’emostasi, vengono posizionate delle clip di Raney per cuoio capelluto, con il duplice vantaggio di una notevole riduzione dei tempi operatori e il mantenimento dei bulbi piliferi.

Figura 8.80 Lo scollamento del sovrapericranio è un’operazione estremamente semplice, che può essere facilmente eseguita mediante digitoclasia, fino a esporre completamente l’area interessata al prelievo osseo. Il pericranio viene inciso e scollato nella stessa direzione dell’incisione cutanea.

291


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.81 La porzione di area da scheletrizzare è in funzione del prelievo osseo; deve mantenersi a circa 2 cm dalla linea mediana, fermarsi lateralmente all’inserzione del muscolo temporale e anteriormente dietro alla sutura coronale. Non esistono limiti posteriori alla sede di prelievo, che può essere allargata sino sopra l’osso occipitale.

La porzione di area scheletrizzata è in relazione alla quantità di osso da asportare. Deve, tuttavia, mantenersi a 2 cm dalla linea mediana per evitare il rischio di penetrazione nel seno longitudinale; deve, inoltre, rispettare lateralmente l’inserzione del muscolo temporale; mantenersi a 2 cm dalla sutura coronale anteriormente e dalla sutura lambdoidea posteriormente. Infatti, a livello delle suture non vi è osso midollare e, quindi, in queste sedi, i prelievi sono molto indaginosi per l’impossibilità di separare le due corticali, con conseguente facile esposizione della dura madre (Fig. 8.81).

Prelievo osseo Le incisioni osteotomiche delimitanti il prelievo sono eseguite, a seconda delle abitudini del chirurgo, con una rosetta del diametro di 2 cm, con una fresa a fessura o, attualmente, con un’apparecchiatura a ultrasuoni (Fig. 8.82). La prima stecca ossea deve essere prelevata in una zona ben accessibile e deve essere possibilmente di dimensioni ridotte, poiché viene asportata senza conoscere con precisione lo spessore del tavolato osseo. Infatti, gli accertamenti radiografici possibili – Rx del cranio in tre posizioni o, meglio, una TC – non sono in grado di rilevare la quantità di osso spongioso presente tra i due tavolati. Il perimetro del primo prelievo da eseguire viene disegnato con la fresa a rosetta (Fig. 8.83). Quando viene oltrepassata la corticale esterna, sempre sotto abbondante irrigazione con soluzione fisiologica refrigerata, una riduzione della resistenza di avanzamento della fresa, accompagnata da un iniziale sanguinamento, indica il raggiungimento dello strato midollare. Attualmente, si preferisce utilizzare una punta a ultrasuoni per ridurre il rischio di lesione della dura madre sottostante (Fig. 8.84). Come ricordato nel Capitolo 4, gli studi istomorfologici sembrano dimostrare come la qualità dell’osteotomia a ultrasuoni sia migliore se comparata a quella eseguita con strumenti rotanti, in termini sia di precisione sia di rispetto delle strutture ossee. 292


Prelievi extraorali

Capitolo 8

Figura 8.82 Con una matita dermografica viene tracciato il perimetro del primo prelievo, che deve essere di dimensioni ridotte per poter essere facilmente rimosso e permettere di valutare lo spessore del tavolato esterno.

Figura 8.83 Con una fresa a rosetta del diametro di 2 mm viene disegnato il perimetro del primo prelievo da eseguire. È sconsigliabile utilizzare microseghe oscillati per il rischio di penetrare nella dura madre.

Figura 8.84 L’utilizzo della chirurgia a ultrasuoni è particolarmente efficace in questi prelievi per ridurre il pericolo di lesione della dura madre. Infatti, la punta dello strumento è in grado di eseguire l’osteotomia della corticale ossea senza ledere i tessuti sottostanti che non sono mineralizzati.

Figura 8.85 Oltrepassata la corticale esterna, sempre con abbondante irrigazione con soluzione fisiologica refrigerata, il fondo del prelievo è percepibile per la riduzione all’avanzamento della fresa e per la comparsa di un leggero sanguinamento. Completato il solco perimetrale mediante martello metallico e scalpelli curvi a 90 o 120°, si procede al distacco del primo frammento.

Dopo aver completato il solco perimetrale, con l’utilizzo di scalpelli a diversa angolatura, 90 e 120°, si procede al distacco del frammento. Le dimensioni e la forma delle successive stecche sono predeterminate in relazione al difetto osseo da ricostruire, ma non dovrebbero superare i 30 mm di lunghezza e i 15 mm di larghezza, per non incorrere in fratture durante il distacco, poiché le dimensioni eccessive non permettono la corretta penetrazione degli scalpelli all’interno dello spazio midollare (Figg 8.85 e 8.86). Le stecche cortico-diploiche asportate, in attesa di essere utilizzate, vanno riposte in una ciotola ripiena di fisiologica refrigerata (Fig. 8.87). Una volta prelevata la prima stecca, le altre potranno essere asportate più facilmente e in modo predicibile (Fig. 8.88). 293


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.86 Dopo la rimozione del primo frammento, la rimozione di quelli successivi è più agevole perché è possibile l’utilizzo di scalpelli retti più efficaci. È indicato eseguire segmenti multipli del prelievo, per evitare che durante le manovre di distacco, questo, per l’estrema rigidità, possa fratturarsi.

Figura 8.87 Le dimensioni dei vari segmenti sono predeterminate da misurazioni effettuate nella sede dell’atrofia. In attesa di essere innestate vengono conservate in fisiologica sterile refrigerata, suddivise per sede di innesto.

a

b

c

d

Figura 8.88 (a) Dopo aver delimitato il primo prelievo con una fresa a rosetta, si può determinare lo spessore del tavolato corticale esterno con il semplice utilizzo di una sonda parodontale. (b) Il primo segmento è il più difficile da asportare e richiede l’utilizzo di uno scalpello curvo. È bene utilizzare un dito posto sopra il prelievo per evitare che il brusco distacco lo possa far cadere al di fuori del campo operatorio. (c) Dopo aver rimosso il primo segmento, si riescono ad asportare i successivi più facilmente, agevolati anche dall’utilizzo di scalpelli retti. (d) Osservandolo in sezione, si nota che il prelievo è cortico-midollare.

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

Trattamento della cavità residua In genere non è necessario alcun trattamento della cavità residua. Gli angoli dell’osso parietale sede del prelievo, nel caso in cui presentino spigoli vivi, vengono bisellati con l’utilizzo di raschietti ossei o mediante un’apposita punta a ultrasuoni, in modo da appianare i margini stessi rendendo meno evidente il difetto osseo nella sede di prelievo. Con questo metodo, è possibile recuperare una grande quantità di osso particolato, con capacità osteoinduttive e osteogenetiche, che può essere utilizzata come materiale da innesto nel rialzo del seno mascellare (Fig. 8.89). È importante non asportare ulteriore osso dal fondo della cavità residua per non rendere più evidente il difetto osseo e, se una volta terminato l’intervento ricostruttivo rimane dell’osso particolato, può essere utilizzato come parziale riempitivo dell’area di prelievo, consentendo un notevole miglioramento estetico (Fig. 8.90). In caso di sanguinamento, il controllo dell’emostasi può essere ottenuto con spugne di collagene e fibrina. Se persiste, si può utilizzare la cera d’osso, avendo cura, una volta cessato, di asportarne l’eccesso. Un ulteriore controllo dell’emostasi può essere ottenuto utilizzando spugne di collagene e di fibrina (Fig. 8.91). In caso di sanguinamento non ben controllabile, può rendersi necessario posizionare un drenaggio che verrà rimosso dopo 12-24 ore (Fig. 8.92).

a

b

Figura 8.89 (a) Per smussare gli angoli vivi rimasti nella sede del prelievo si utilizzano dei raschietti, avendo l’accortezza di non prelevare ulteriore osso dal letto donatore, per non rendere più visibile l’asportazione. (b) Appianando i margini è possibile rendere meno evidente il prelievo e recuperare una notevole quantità di osso particolato che (c) viene raccolto in una ciotola e conservato con una soluzione fisiologica refrigerata e sangue.

c

295


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.91 Terminato l’intervento può residuare dal sito donatore un modesto sanguinamento, che può essere controllato utilizzando materiale riassorbibile come le spugne di fibrina, di collagene e con cellulosa ossidata. Raramente trova indicazione l’utilizzo di cera da osso.

Figura 8.90 L’osso particolato raccolto può essere utilizzato, una volta terminato l’intervento ricostruttivo, come riempitivo almeno parziale del sito donatore, con un notevole miglioramento estetico.

Figura 8.92 Solo in presenza di un sanguinamento non ben controllato può rendersi necessario il posizionamento di un drenaggio in aspirazione, che verrà rimosso dopo 24 ore.

Chiusura dei piani chirurgici Se le manovre di scollamento sono state eseguite correttamente, è facile reperire il pericranio e suturarlo con un filo riassorbibile 3/0, che viene utilizzato anche per suturare il sottocute. Se le arteriole del cuoio capelluto, dopo la rimozione delle clip di Raney, riprendono a sanguinare, non devono essere cauterizzate per evitare il formarsi di aree di alopecia nel decorso postoperatorio, ma il loro sanguinamento può essere arrestato suturando insieme cute e sottocute a punti staccati (Figg. 8.93). In presenza di capelli, la cute può essere suturata sia con punti staccati di seta o materiale sintetico 3 o 4/0 sia con clip metalliche: in assenza, o scarsa presenza, di capelli, è preferibile eseguire una sutura intradermica con un monofilamento sintetico 4 o 5/0 (Fig 8.94). 296


Prelievi extraorali

Capitolo 8

Per prevenire l’insorgenza di raccolte sieroematiche nella sede di prelievo, viene confezionato un bendaggio compressivo a strati sovrapposti, di cui l’ultimo, che deve essere elastico, viene lasciato in sede per 24 ore (Fig. 8.95). Deve essere posizionata anche una borsa con ghiaccio direttamente sul bendaggio in corrispondenza della zona del prelievo per le prime 6-8 ore dopo l’intervento. Durante l’intervento, vengono somministrati al paziente 8 mg di desametasone a scopo antiedemigeno (Fig. 8.96).

Figura 8.94 Le modalità di sutura della cute possono essere diverse, in relazione alla presenza o meno dei capelli. Se la ferita cade fra i capelli, possono essere utilizzati punti metallici o un filo di sutura in seta o sintetico. In assenza di capelli, trova indicazione, invece, una sutura di tipo intradermico.

Figura 8.93 Con un filo di sutura a lento riassorbimento si accostano pericranio e sottocute, avendo cura di fermare l’eventuale sanguinamento delle arteriole del cuoio capelluto, dovuto alla rimozione delle clip di Raney.

a

b

Figura 8.95 Onde prevenire l’insorgenza di raccolte siero-ematiche, nella sede del prelievo, viene confezionato un bendaggio compressivo a strati sovrapposti, di cui l’ultimo elastico, che viene lasciato in sede per almeno 24 ore. Nelle prime ore dopo l’intervento è utile posizionare una borsa con ghiaccio direttamente sul bendaggio, in corrispondenza della zona di prelievo.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

a

b

c

d

e

f

Figura 8.96 (a) Dalla teca cranica è possibile effettuare un prelievo bicorticale per ricostruzioni maxillo-facciali o di carattere neurochirurgico. Nel caso di malformazioni craniche in cui si debbano ricostruire difetti cranici e contestualmente eseguire un prelievo bicorticale, tutto il cuoio capelluto, con pelle, tessuto connettivo, galea, connettivo lasso sottoaponeurotico e pericranio sono scollati sul davanti dell’osso frontale. (b) Lo scollamento del cuoio capelluto verso l’avanti mette in evidenza il tavolato esterno della teca cranica, con esposta la sutura sagittale, coronale e lambdoidea. (c) Viene delimitata la sede del prelievo bicorticale, nella regione parieto-occipitale, con una fresa a rosetta che esegue l’iniziale perforazione per permettere l’introduzione della sega oscillante, sotto abbondante irrigazione di soluzione fisiologica. (d) Le osteotomie sono eseguite utilizzando una sega oscillante, che penetra fino al tavolato interno della teca cranica. (e) Le osteotomie sui quattro lati del prelievo sono completate. Il dito posizionato sul prelievo impedisce che un eventuale brusco distacco possa far cadere il prelievo stesso al di fuori del campo operatorio. (f) Il distacco del prelievo mette in evidenza le meningi. (segue)

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Prelievi extraorali

Capitolo 8

h

g

Figura 8.96 (seguito) (g) Per chiudere la breccia cranica viene utilizzata una lamina spugnosa deantigenata di origine equina, modellata sulla dimensione del difetto osseo determinatosi nella sede di prelievo. (h) Si controlla l’adattamento della lamina di osso equino spongioso deantigenato alla sede di prelievo, fissata alle pareti della teca cranica tramite una ferula in titanio.

Decorso postoperatorio, complicanze e loro prevenzione Il prelievo dalla teca cranica è di tipo extraorale, caratterizzato dal migliore decorso postoperatorio. L’edema e il dolore sono praticamente assenti; a volte può residuare un piccolo ematoma, di scarsa importanza clinica. Le complicanze postoperatorie di questo intervento sono molto rare e possono consistere in: ematoma sottocutaneo; deiscenza della ferita; infezione della ferita; sanguinamento dei vasi epidurali; lacerazione della dura madre; sanguinamento dal seno sagittale (Figg. 8.97-8.100).

Figura 8.98 La lacerazione della dura madre provoca un sanguinamento dei vasi epidurali di piccola entità, che può essere facilmente dominato con l’utilizzo di cellulosa ossidata.

Figura 8.97 Perforazione della dura madre per un’accidentale rimozione del tavolato interno, non completamente staccate da quello esterno al momento della sua asportazione.

299


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.99 Visione terminale di un prelievo dalla teca cranica con la cellulosa ossidata posizionata ad arrestare il sanguinamento causato dalla lacerazione della dura madre.

Figura 8.100 In caso di lacerazione della dura madre le bone chip di osso autologo, utilizzate come riempitivo della sede di prelievo e per motivi estetici, non devono essere posizionate in sede di lacerazione.

300


Prelievi extraorali

Capitolo 8

Si forma nel decorso postoperatorio, in genere si riassorbe spontaneamente e quasi mai si complica in infezione. Deriva dal sanguinamento di vasi sottocutanei della regione parieto-occipitale, rami dell’arteria temporale. Ematoma sottocutaneo.

Deiscenza della ferita chirurgica. Può derivare da una precoce rimozione dei pun-

ti di sutura. È necessario valutare se è possibile una risutura oppure se è preferibile una guarigione per seconda intenzione, soprattutto nei casi di deiscenza tardiva. È un evento rarissimo e il suo trattamento prevede l’incisione della ferita e la somministrazione contemporanea di antibiotici. Infezione della ferita chirurgica.

Emorragia. È potenzialmente la complicanza più temibile. Può derivare dai va-

si che decorrono nello spessore della teca cranica e in questo caso è indicato l’utilizzo della cera da osso, posta sulla zona del sanguinamento. Se inavvertitamente il prelievo è condotto a tutto spessore, si può incorrere in una lacerazione della dura madre, con un sanguinamento dei vasi epidurali: in questo caso, si deve ricorrere alla diatermocoagulazione, ponendo sempre molta attenzione al corretto utilizzo dello strumento. L’emorragia più temibile è quella che deriva dalla lacerazione del seno sagittale, che decorre al di sotto e lungo la sutura sagittale, da cui può originarsi un sanguinamento molto importante, che, se non dominabile con le tecniche abituali, può richiedere l’intervento neurochirurgico. La prevenzione di queste complicanze si ottiene ponendo attenzione alla condotta chirurgica che deve essere rispettosa dell’anatomia: • Evitare l’uso di strumenti, quali frese trephine o microseghe oscillanti/alternanti, che non sono perfettamente controllabili. • Preparare adeguatamente il cuoio capelluto. • Controllare il sanguinamento dei vasi intraossei. • Evitare l’uso sconsiderato della diatermocoagulazione con bipolare. • Mantenere per 2-3 giorni la medicazione compressiva sul cuoio capelluto del paziente.

301


Capitolo 8

Prelievi extraorali

PRELIEVO DALLA TIBIA Il prelievo dalla tibia è una alternativa ai prelievi intraorali. La tibia fornisce dalla metafisi prossimale una notevole quantità di osso midollare e dalla diafisi una discreta quantità di osso corticale. L’osso tibiale è di tipo encondrale, con una midollare riccamente cellulata che possiede una elevata velocità di rivascolarizzazione. È possibile un prelievo di sola midollare, in media 25 mL, con un range che va dai 15 ai 42 mL. Questo prelievo è indicato prevalentemente per il rialzo del seno mascellare e può anche essere utilizzato come prelievo aggiuntivo a uno intraorale. Dal punto di vista tecnico è di facile attuazione, può essere praticato in anestesia locale ed è il prelievo osseo extraorale più facilmente accettato da parte dei pazienti. Prelievo dalla metafisi prossimale.

Il prelievo dalla diafisi tibiale fornisce una quantità di osso corticale che va dai 2 ai 3,5 cm2 e che permette la ricostruzione di difetti ossei del mascellare di piccola-media entità. È possibile estendere caudalmente il prelievo, effettuato sulla faccia antero-mediale, per asportare una maggiore quantità di osso corticale. In questo caso, però, si rischia di indebolire notevolmente la struttura tibiale È un prelievo di facile attuazione. Il prelievo dalla diafisi tibiale può essere eseguito contestualmente al prelievo dalla metafisi prossimale. Con questo prelievo simultaneo si riesce a prelevare osso sia midollare sia corticale in quantità tale da poter ricostruire nel mascellare difetti di media entità, utilizzando come sede donatrice la sola tibia. Prelievo dalla diafisi tibiale.

Anatomia topografica Tibia La tibia è un osso lungo voluminoso che, con il perone, costituisce lo scheletro della gamba. Ha una caratteristica forma prismatica triangolare nei due terzi superiori e quasi rotonda nel terzo distale, ed è formata da due estremità, metafisi o epifisi prossimale e distale, e da un corpo centrale denominato diafisi (Fig. 8.101). 302


Prelievi extraorali

Ossa della gamba destra

Veduta anteriore

Capitolo 8

Veduta posteriore

{ { Eminenza intercondiloidea

Area intercondiloidea anteriore

Eminenza intercondiloidea

Tubercolo Tubercolo intercondiloideo intercondiloideo Superfici articolari mediale laterale Area superiori intercondiloidea (faccette mediale posteriore e laterale) Condilo mediale Condilo laterale Tubercolo di Gerdy (inserzione del tratto Apice ileo-tibiale) Testa Collo della fibula Linea obliqua

Tubercolo Tubercolo intercondiloideo intercondiloideo laterale mediale

Condilo laterale Apice, Testa, Collo della fibula

Solco per il tendine del muscolo semimembranoso

TuberositĂ tibiale Linea del soleo Superficie laterale

Faccia laterale Foro nutritizio Margine anteriore

Margine anteriore

Margine interosseo

Margine interosseo

Margine interosseo

Faccia posteriore

Faccia posteriore

Faccia mediale

Cresta mediale

Faccia mediale Margine mediale

Margine mediale Faccia laterale

Tibia

Fibula (o perone)

Tibia

Fibula (o perone)

Margine posteriore Solco per i tendini dei muscoli tibiale posteriore e flessore lungo delle dita Incisura fibulare Malleolo laterale

Superficie articolare del malleolo laterale

Malleolo mediale

Superficie articolare inferiore

Malleolo mediale

Superficie articolare del malleolo mediale

Superficie articolare del malleolo mediale

Figura 8.101 Tibia: veduta posteriore e anteriore. (Da: Netter, op. cit).

303

Malleolo laterale

Superficie articolare inferiore

Fossa del malleolo laterale


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Metafisi prossimale della tibia Vista dall’alto, la metafisi prossimale della tibia assume una forma ellittica, non perfettamente centrata sulla diafisi ma più sviluppata posteriormente. È formata da due rilievi fusi tra di loro sulla linea mediana, denominati condili, rispettivamente mediale e laterale. I due condili presentano una cavità superiore, detta cavità glenoidea, che serve per l’articolazione con i rispettivi condili femorali. Sul contorno esterno del condilo laterale, si osserva la faccia articolare peroneale della testa del perone. Visti anteriormente, i due condili sono separati da una linea centrale rugosa, che dà origine alla tuberosità tibiale, la quale presenta una superficie triangolare rilevata con apice verso il basso. Tra la tuberosità tibiale e il condilo laterale è presente una rilevatezza a direzione obliqua, dall’indietro verso l’avanti, detta tubercolo di Gerdy o tubercolo tibiale anteriore. Diafisi della tibia La diafisi della tibia presenta tre facce (mediale, laterale e posteriore); con tre margini (anteriore, mediale e laterale). La faccia mediale, o antero-mediale, è liscia e leggermente convessa nella porzione centrale ed è rivestita solamente dalla cute. La faccia laterale, o antero-laterale, è invece scavata per dare spazio al muscolo tibiale. La faccia posteriore è pianeggiante, è più larga in alto, si restringe al centro e si allarga di nuovo distalmente. Il margine anteriore è relativamente tagliente e ben apprezzabile al di sotto della cute e termina superiormente nella tuberosità tibiale. Il margine mediale è smusso e non presenta particolarità degne di nota. Il margine laterale è denominato anche cresta interossea perché dà inserzione alla membrana interossea della gamba.

Strutture muscolari I muscoli di interesse chirurgico presenti o limitrofi alle aree interessate al prelievo osseo sono (Fig. 8.102): • Muscolo tibiale anteriore. • Muscolo estensore lungo delle dita. • Muscolo estensore lungo dell’alluce. • Muscolo peroneale anteriore. • Muscolo gastrocnemio. Muscolo tibiale anteriore. È il muscolo più importante presente nell’area metafi-

saria interessata al prelievo osseo. Nasce dal condilo laterale della tibia e dal terzo superiore della tibia, lateralmente e subito sotto il tubercolo di Gerdy . Si porta verso il basso, assottigliandosi e trasformandosi in un robusto tendine che si inserisce, in corrispondenza del contorno mediale del piede, sul primo osso cuneiforme e sulla base del primo osso metatarsale. 304


Prelievi extraorali

Veduta anteriore Tratto ileo-tibiale

Veduta posteriore Muscolo gastrocnemio (capo mediale)

Capitolo 8

Muscolo plantare Muscolo gastrocnemio (capo laterale) Muscolo popliteo

Muscolo bicipite femorale

Muscolo semimembranoso

}

Zampa d’oca (pes anserinus)

Muscolo peroneo lungo

Muscolo sartorio Muscolo gracile Muscolo semitendinoso

Muscolo estensore lungo delle dita

Muscolo quadricipite del femore mediante il legamento patellare

Muscolo soleo

Muscolo popliteo Muscolo tibiale posteriore

Muscolo tibiale anteriore Muscolo flessore lungo delle dita

Muscolo estensore lungo dell’alluce

Muscolo peroneo breve

Muscolo peroneo terzo

Origini Inserzioni Nota: gli attacchi dei muscoli intrinseci del piede non sono illustrati

Muscolo tibiale posteriore

Muscolo peroneo lungo dell’alluce

Muscolo peroneo breve Muscolo plantare Muscoli soleo e gastrocnemio mediante il tendine calcaneale (o di Achille)

Muscolo peroneo breve Muscolo tibiale anteriore Muscolo peroneo terzo Muscolo estensore lungo delle dita Muscolo flessore Muscolo lungo dell’alluce estensore lungo dell’alluce

Figura 8.102 Muscoli. (Da: Netter, op. cit).

305

Muscolo peroneo lungo Muscolo flessore lungo delle dita


Capitolo 8

Prelievi extraorali

L’azione del muscolo consiste nella flessione dorsale del piede e nella rotazione mediale. È un muscolo che ha grande importanza nella deambulazione. Origina dal condilo laterale della tibia, dalla membrana interossea e dalla testa del perone e decorre lateralmente al muscolo tibiale anteriore. L’azione del muscolo consiste nell’estensione delle quattro ultime dita del piede e contribuisce a ruotare in fuori il piede stesso.

Muscolo estensore lungo delle dita.

Origina dal secondo medio del corpo del perone e dalla membrana interossea, decorrendo tra il muscolo tibiale anteriore e il muscolo estensore lungo delle dita. L’azione del muscolo consiste nell’estensione del primo dito del piede e nella rotazione mediale del piede stesso, adducendolo. Muscolo estensore lungo dell’alluce.

Muscolo peroneale anteriore. Origina dal terzo medio del corpo del perone e dal-

la membrana interossea della gamba e decorre lateralmente al muscolo estensore lungo delle dita. L’azione del muscolo consiste nella flessione dorsale del piede e nella rotazione verso l’esterno. Fa parte, assieme al muscolo soleo, del muscolo tricipite surale. È formato da due capi, uno mediale detto anche muscolo gemello mediale, e uno laterale detto anche muscolo gemello laterale. Ambedue nascono dalla faccia posteriore del femore, rispettivamente dal condilo mediale e dal condilo laterale e si dirigono verso il basso, riunendosi e formando il tendine di Achille. Il muscolo mediale decorre lungo il margine mediale della diafisi della tibia. L’azione del muscolo consiste nell’estensione plantare del il piede, esercitando una forte trazione verso l’alto del calcagno, importante per la deambulazione e il salto e nel sollevamento del corpo in punta di piedi. Muscolo gastrocnemio.

Strutture dell’articolazione del ginocchio Queste strutture anatomiche sono limitrofe all’area chirurgica del prelievo e devono essere conosciute per evitare che incisioni improprie possano causare lesioni. Le strutture di interesse chirurgico sono (Fig. 8.103): • Legamento rotuleo. • Capsula articolare del ginocchio. • Articolazione tibio-peroneale. 306


Prelievi extraorali

Capitolo 8

Ginocchio destro in flessione, veduta anteriore Legamento crociato posteriore

Legamento crociato anteriore Condilo laterale del femore (superficie articolare)

Condilo mediale del femore (superficie articolare)

Tendine del muscolo popliteo

Menisco mediale

Legamento collaterale fibulare

Legamento collaterale tibiale (fibre superficiali e profonde)

Menisco laterale

Condilo mediale della tibia

Legamento trasverso del ginocchio

TuberositĂ della tibia

Testa della fibula

Ginocchio destro in estensione, veduta posteriore Tubercolo di Gerdy Legamento crociato posteriore Legamento crociato anteriore Legamento menisco-femorale posteriore

Tubercolo adduttorio (epicondilo mediale del femore)

Condilo laterale del femore (superficie articolare)

Condilo mediale del femore (superficie articolare)

Tendine del muscolo popliteo

Legamento collaterale tibiale (fibre superficiali e profonde)

Legamento collaterale fibulare

Menisco mediale

Menisco laterale Testa della fibula

Condilo mediale della tibia

TAVOLA 497

GINOCCHIO Figura 8.103 Ginocchio. (Da: Netter, op. cit).

307


Capitolo 8

Prelievi extraorali

È un robusto nastro tendineo appiattito che rappresenta la parte terminale del tendine del muscolo quadricipite e che si inserisce sulla tuberosità tibiale, mesialmente al tubercolo di Gerdy. Il legamento rotuleo è separato dalla sottostante capsula articolare da uno strato adiposo che ne permette lo scorrimento.

Legamento rotuleo.

Si inserisce sulla tibia, in vicinanza delle fosse glenoidee, poco sopra al tubercolo di Gerdy. Capsula articolare del ginocchio.

Articolazione tibio-peroneale. È

un’artrodia che si instaura tra il condilo laterale della tibia e la testa del perone. È ricoperta da una capsula molto resistente.

Strutture vascolari A livello del ginocchio esiste un complesso sistema di arteriole, che si anastomizzano fra di loro a formare la rete articolare del ginocchio, una più profonda al di sotto della rotula ed una superficiale al di sopra dei piani tendinei e fasciale, quest’ultima è quella di maggior interesse chirurgico, in questo tipo di prelievo (Fig 8.104). I piccoli rami che formano questo sistema superficiale sono rappresentati da: • Rami ricorrenti dell’arteria tibiale posteriore. • Rami ricorrenti dell’arteria tibiale anteriore. • Rami ricorrenti dell’arteria suprema del ginocchio. • Rami ricorrenti dell’arteria poplitea. Rami ricorrenti dell’arteria tibiale posteriore. Dall’arteria

tibiale posteriore, che è il più grosso dei due rami di divisione dell’arteria poplitea, derivano, appena dopo la sua origine, il ramo ricorrente tibiale mediale, il ramo nutritizio del perone e il ramo nutritizio della tibia. Questi rami passano dal piano profondo al piano superficiale e si distribuiscono alla cute del ginocchio anastomizzandosi con gli altri rami arteriosi ricorrenti. L’arteria tibiale anteriore è il ramo minore di biforcazione dell’arteria poplitea. Si porta in avanti, passando tra perone e tibia e, giunta nell’area anteriore della gamba, emette le arterie ricorrenti tibiali, anteriore e posteriore, che contribuiscono a formare la rete vascolare superficiale del ginocchio. L’arteria tibiale anteriore lascia la membrana interossea e decorre sulla faccia mediale della tibia a livello del suo terzo inferiore.

Rami ricorrenti dell’arteria tibiale anteriore.

308


Prelievi extraorali

Capitolo 8

Arteria iliaca esterna Arteria circonflessa iliaca profonda

Arteria epigastrica inferiore Arteria epigastrica superficiale

Arteria circonflessa iliaca superficiale

Arteria pudenda esterna superficiale Arteria femorale

Arteria otturatoria Arteria pudenda esterna profonda Arteria circonflessa mediale del femore

Rami ascendente, trasverso e discendente dell’arteria circonflessa laterale del femore

Arteria femorale

Rami muscolari Arteria femorale profonda

Rami perforanti

Arteria femorale che passa attraverso lo iato adduttorio Arteria discendente del ginocchio Ramo articolare Ramo safeno Arteria supero-mediale del ginocchio Arteria supero-laterale del ginocchio Arteria poplitea (in trasparenza) Anastomosi patellare Arteria media del ginocchio (in trasparenza)

Arteria infero-laterale del ginocchio (parzialmente in trasparenza)

Arteria infero-mediale del ginocchio (parzialmente in trasparenza)

Arteria ricorrente tibiale posteriore (in trasparenza)

Arteria ricorrente tibiale anteriore

Arteria circonflessa della fibula

Arteria tibiale posteriore (in trasparenza)

Arteria tibiale anteriore

Arteria peronea (in trasparenza)

Membrana interossea

Figura 8.104 Arterie della coscia e del ginocchio. (Da: Netter, op. cit).

309


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Rami ricorrenti dell’arteria suprema del ginocchio. L’arteria suprema del ginocchio

prende origine dal tratto terminale dell’arteria femorale e, dopo essersi divisa al di fuori del canale degli adduttori, il suo ramo superficiale va a fornire rami arteriosi che concorrono a formare la rete articolare superficiale del ginocchio. L’arteria poplitea è la diretta continuazione dell’arteria femorale e a sua volta darà origine ai suoi due rami terminali: l’arteria tibiale posteriore e l’arteria tibiale anteriore. Lungo il suo decorso, emette i seguenti rami, che concorrono alla formazione della rete articolare del ginocchio: le arterie articolari superiori del ginocchio, mediale e laterale; le arterie articolari inferiori del ginocchio, mediale e laterale.

Rami ricorrenti dell’arteria poplitea.

Strutture nervose I nervi di interesse chirurgico presenti o limitrofi all’area interessata ai prelievi ossei sono (Fig. 8.105): • Nervo peroneo comune. • Nervo peroneo profondo. • Nervo tibiale. • Nervo infrapatellare. Origina nella cavità poplitea dalla divisione del nervo ischiatico. Si dirige in avanti fino al condilo laterale della tibia e, prima di dividersi nei suoi due rami terminali, nervo peroneo superficiale e profondo, manda piccoli rami alla superficie cutanea della faccia laterale del terzo superiore della gamba. Nervo peroneo comune.

Nervo peroneo profondo. Nasce a livello del condilo laterale della tibia, dalla sud-

divisione del nervo peroneo comune e si porta in avanti circondando la tibia. Discende lungo la gamba davanti alla membrana interossea, tra il muscolo estensore lungo delle dita e il muscolo tibiale anteriore. Manda piccoli rami nervosi a tutti i muscoli della faccia antero-laterale della gamba e alla cute sovrastante. Nasce, a livello del cavo popliteo, dal nervo ischiatico e decorre nella cavità posteriore della gamba, innervando con piccoli rami collaterali tutti i muscoli posteriori e postero-mediali della gamba.

Nervo tibiale.

Nervo infrapatellare. Questo

nervo prende origine dal nervo safeno interno in corrispondenza dell’epicondilo mediale del femore e si dirige in avanti e al di sotto della rotula, per innervare la cute della faccia antero-mediale del ginocchio. 310


Prelievi extraorali

Capitolo 8

VEDI ANCHE TAVOLE 508, 509 Nervo cutaneo laterale del polpaccio

Nervo peroneo comune (in trasparenza)

Rami articolari Tendine del muscolo bicipite femorale Nervo articolare ricorrente Nervo peroneo comune (L4, L5, S1, S2)

Muscolo estensore lungo delle dita

Testa della fibula Nervo peroneo profondo Muscolo peroneo lungo (sezionato)

Muscolo tibiale anteriore

Innervazione cutanea

Nervo peroneo superficiale

Muscolo estensore lungo delle dita

Rami del nervo cutaneo laterale del polpaccio

Muscolo peroneo lungo

Muscolo estensore lungo dell’alluce

Muscolo peroneo breve Nervo cutaneo laterale del polpaccio

Nervo cutaneo dorsale mediale

Nervo cutaneo dorsale intermedio

Retinacolo inferiore dei tendini dei muscoli estensori (parzialmente sezionato)

Nervo peroneo superficiale Ramo laterale del nervo peroneo profondo per il muscolo estensore breve dell’alluce e il muscolo estensore breve delle dita Nervo peroneo profondo Ramo mediale del nervo peroneo profondo

Nervo cutaneo dorsale laterale (ramo del nervo surale) Nervo surale tramite il ramo cutaneo laterale

Nervi digitali dorsali

Figura 8.105 Innervazione e vascolarizzazione. (Da: Netter, op. cit).

311


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Prelievo dalla metafisi prossimale Anatomia chirurgica L’area interessata dal prelievo si estende per circa 2-3 cm su di una linea posta tra la tuberosità tibiale e la testa del perone. In questa zona esiste una rilevatezza ossea, nota con il nome di tubercolo di Gerdy, che è facilmente palpabile al di sotto della cute. L’incisione interessa dapprima la cute, nel cui contesto si ritrovano alcuni piccoli rami arteriosi di scarsa importanza chirurgica, rami collaterali provenienti dai sottostanti tronchi dell’arteria tibiale anteriore e dall’arteria poplitea. Al di sotto del piano cutaneo, il sottocutaneo è scarsamente rappresentato e il tubercolo di Gerdy è facilmente riconoscibile anche nei soggetti obesi. Le strutture ossee sono ricoperte dalla fascia lata, che subito si rinviene allo scollamento del sottocute. Essa proviene dall’alto e si dirige verso il basso e, ispessendosi in quest’ultimo tratto, va a formare la benderella di Maissat o tratto ileo-tibiale, con la quale si inserisce sulla tuberosità laterale della tibia, con la stessa modalità dell’incisione cutanea, e cioè dall’alto verso il basso e dal dietro in avanti. Al di sotto, è apprezzabile l’inserzione del muscolo tibiale anteriore, che si dirige verso il basso. Il piano osseo con al centro il tubercolo del Gerdy, sede del prelievo, è delimitato medialmente dal bordo laterale del tendine rotuleo, lateralmente e inferiormente dal margine mediale del muscolo tibiale anteriore e superiormente dalla capsula articolare del ginocchio.

Tecnica chirurgica Preparazione del campo operatorio Dopo aver posizionato il paziente sul letto operatorio viene collocato un rotolo di tela sotto il cavo popliteo dell’arto interessato al prelievo, sollevandolo in modo da ottenere un angolo di circa 45° tra letto operatorio e metafisi tibiale. Per ottenere un’adeguata stabilità dell’arto, la pianta del piede è fissata al tavolo operatorio con un cerotto forato. Questa posizione mette in evidenza i reperi anatomici della sede di prelievo e, nello stesso tempo, fa in modo che i muscoli della tibia cadano posteriormente e non interferiscano con l’intervento. Come profilassi di complicanze tromboflebitiche, dovute allo scuotimento dell’arto inferiore durante le manovre di prelievo, è opportuno effettuare un bendaggio elastico all’arto stesso (Fig. 8.106). 312


Prelievi extraorali

Figura 8.106 Il paziente è sul lettino operatorio con un rotolo di tela posizionato sotto il cavo popliteo, in modo da sollevare l’arto a formare un angolo di 45°. La posizione dell’arto mette in evidenza i reperi anatomici indispensabili per poter individuare la sede del prelievo e fa in modo che i muscoli della tibia ricadano posteriormente. Con una matita demografica si disegna la linea dell’incisione cutanea.

Capitolo 8

Figura 8.107 L’area del prelievo è disinfettata con iodopovidone. Nel campo operatorio devono essere facilmente reperiti la rotula, i condili della metafisi tibiale e la testa del perone. Sulla faccia antero-laterale si reperta il tubercolo di Gerdy sul quale è stata disegnata la linea di incisione.

La cute dell’area interessata al prelievo è accuratamente disinfettata con iodopovidone e il campo operatorio è delimitato, con dei teli sterili in TNT, superiormente poco sopra l’articolazione del ginocchio e inferiormente al passaggio tra metafisi tibiale e diafisi (Fig. 8.107). Nel campo operatorio devono essere facilmente reperibili la rotula, i condili della metafisi tibiale e la testa del perone. Sulla faccia antero-laterale della metafisi tibiale, tra i due condili, deve essere ricercato il tubercolo di Gerdy sul quale va effettuata l’incisione cutanea senza danneggiare superiormente la superficie del piatto tibiale; lateralmente, la testa del perone e le inserzioni dei muscoli tibiali e, medialmente, il legamento rotuleo. 313


Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.108 Dopo aver delimitato il campo operatorio con telini sterili in TNT e protetto l’area dell’intervento con uno steridrap, si infiltra l’anestetico lungo la linea dell’incisione fino alla fascia lata e al periostio, per aiutare l’emostasi, ridurre il dolore nel postoperatorio e non avere memoria del dolore a causa degli stimoli dolorosi che possono arrivare all’ipotalamo.

Tecnica di incisione Dopo aver eseguito un’infiltrazione sottocutanea di bupivacaina allo 0,5%, con 1:200.000 di epinefrina, infiltrando anche la fascia lata e il periostio della metafisi tibiale, si esegue l’incisione cutanea e del sottocute fino alla fascia lata, della lunghezza di 2-3 cm, obliqua, con direzione cranio-caudale e latero-mediale, direttamente sopra la proiezione cutanea del tubercolo di Gerdy. Il limite superiore dell’incisione è appena sopra e medialmente all’origine del muscolo tibiale anteriore, mentre il limite inferiore è laterale al legamento rotuleo (Fig. 8.108).

Scheletrizzazione del tubercolo di Gerdy Si procede quindi allo scollamento della cute e del tessuto sottocutaneo fino a mettere in evidenza il tubercolo di Gerdy, ricoperto dalla fascia lata e dal periostio. Si incide, quindi, la porzione tibiale della fascia lata, con il periostio che rimane adeso alla fascia come fosse un unico strato, senza piani di clivaggio. Il periostio viene delicatamente scollato, fino a scheletrizzare completamente il tubercolo di Gerdy. Questo si presenta come una rilevanza ossea ovalare, sulla quale va delimitata la finestra ossea per l’accesso al prelievo. Una corretta manovra di scollamento periostale rende più agevole la ricostruzione dei piani chirurgici al momento della chiusura (Figg. 8.109-8.114). 314


Prelievi extraorali

a

Capitolo 8

b

Figura 8.109 L’incisione obliqua, della lunghezza di 3 cm, è posta direttamente sopra il tubercolo di Gerdy, con direzione cranio-caudale e latero-mediale. Si incidono la cute e il tessuto sottocutaneo, che in questa sede è in genere poco rappresentato. (b) Si scollano cute e sottocute per evidenziare il tubercolo. Viene quindi incisa la fascia lata e il periostio, con la stessa direzione dell’incisione cutanea.

Figura 8.110 Il periostio, adeso alla fascia lata, viene delicatamente scollato con scollatori periostali al di sopra del tubercolo di Gerdy. Una corretta manovra di scollamento periostale renderà più agevole la ricostruzione dei piani chirurgici al momento della chiusura.

Figura 8.111 Nella sezione e scollamento di questo piano chirurgico si devono coagulare accuratamente i piccoli vasi che si incontrano, rami terminali dell’arteria peroneale, dell’arteria ricorrente tibiale anteriore e dell’arteria tibiale anteriore.

Figura 8.112 Lo scollamento porta a evidenziare il tubercolo di Gerdy. Questo si presenta come una protuberanza ossea ovalare, di dimensioni variabili, in rapporto alla morfologia del paziente e al sesso, subito al di sotto della fascia lata e del periostio.

Figura 8.113 Il disegno mette in evidenza la protuberanza ossea del tubercolo di Gerdy, sede del prelievo metafisario.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.114 Il tubercolo deve essere ben scheletrizzato, in modo da poter delimitare agevolmente la finestra ossea, che permetterà, una volta rimossa o ribaltata, l’accesso alla metafisi tibiale per il prelievo osseo midollare.

Delimitazione della finestra ossea Con una fresa rotante del diametro di 2 mm viene delimitata la finestra ossea corticale, praticando quattro fori a formare un quadrato con i lati di 1 cm, direttamente sopra il tubercolo di Gerdy. I fori di riferimento praticati vengono collegati con delle incisioni osteotomiche eseguite con osteotomi, in modo da delimitare completamente la finestra ossea corticale che, una volta rimossa, permette l’accesso alla midollare della metafisaria. Una variante di questa tecnica prevede di eseguire le incisioni osteotomiche solo su tre lati, uno inferiore e due laterali, a formare una specie di lettera U, così da ribaltare la finestra verso l’alto durante il prelievo midollare e da riposizionarla al termine dello stesso. Le incisioni osteotomiche possono essere praticate, oltre che con osteotomi, con strumenti a lame oscillanti e con apparecchiature a ultrasuoni (Figg. 8.115-8.121). 316


Prelievi extraorali

Capitolo 8

Figura 8.115 Con una fresa diamantata del diametro di 2 mm e sotto abbondante irrigazione, si delimita la finestra ossea corticale direttamente sul tubercolo di Gerdy.

Figura 8.116 Vengono dapprima praticati quattro fori a delimitare un quadrato con i lati di circa 1 cm. Tale manovra non è indispensabile, tuttavia risulta utile perché fornisce una guida al successivo utilizzo degli osteotomi, delle lame oscillanti o della chirurgia a ultrasuoni.

Figura 8.117 La finestra ossea è stata delimitata, con le osteotomie che raccordano i fori praticati con la fresa diamantata.

Figura 8.118 Le osteotomie vengono in genere eseguite con osteotomi di larghezza non superiore a 1 cm, per non interferire accidentalmente con le strutture (muscoli, vasi e articolazioni) adiacenti all’area di prelievo.

Figura 8.119 Una variante della delimitazione della finestra consiste nel praticare solo osteotomie su tre lati e ribaltare successivamente verso l’alto la finestra ossea, dopo aver indebolito con una fresa a palla diamantata la corticale da quel lato.

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Capitolo 8

Prelievi extraorali

Figura 8.120 La finestra ossea è ribaltata verso l’alto. Bisogna porre attenzione, vista l’esiguità della finestra, a non staccarla, tenendola con una pinza anatomica, nel corso del prelievo midollare.

Figura 8.121 Le incisioni osteotomiche possono essere condotte con frese oscillanti. Si ha, tuttavia, un minore controllo dello strumento nella delimitazione della finestra. È infatti facile oltrepassare il limite di 1 cm per lato. È molto agevole, invece, l’utilizzo della chirurgia a ultrasuoni.

Prelievo di osso midollare Dopo aver rimosso o ribaltato la finestra ossea corticale, si procede al prelievo dalla metafisi tibiale di osso midollare, con l’utilizzo di cucchiai chirurgici retti o, più facilmente, con l’impiego di curette ortopediche curve (Figg. 8.1228.124).

Trattamento della cavità residua Di norma non c’è alcuna necessità di riempire con qualsivoglia sostanza la cavità diafisaria che il prelievo ha determinato. Tuttavia, in presenza di un tessuto midollare con una componente ematica più marcata, per evitare la formazione di ematomi che possono arrivare fino al malleolo esterno della caviglia, può essere utile riempire la cavità residua con materiale riassorbibile, come collagene o spugne di fibrina. Non viene mai posto alcun drenaggio. (Figg. 8.125-8.127). 318


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a Figura 8.122 Il prelievo di osso midollare dalla metafisi tibiale si effettua con l’utilizzo di cucchiai chirurgici retti o angolati. Nello svuotamento della metafisi tibiale, il cucchiaio chirurgico è introdotto e spinto verso la diafisi fin dove è consentito dall’anatomia della tibia e dalla forma dello strumento.

Figura 8.123 (a) L’osso spongioso è prelevato con ripetuti passaggi del cucchiaio chirurgico nella metafisi tibiale, con i lembi cutaneo-connettivali che vengono mantenuti divaricati da due Farabeuf. (b) L’immagine mostra la grande quantità di osso midollare, oltre 40 mL, che può essere prelevata dalla metafisi tibiale.

b

Figura 8.124 Non è possibile determinare, prima dell’intervento, la compattezza dell’osso spongioso. A volte, come mostra l’immagine, la midollare è poco compatta, con una componente ematica rilevante. In tali casi, il prelievo si presenta più difficoltoso.

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Figura 8.126 La cavità non viene riempita. Solo in presenza di un sanguinamento rilevante che, filtrando tra i piani di clivaggio muscolari della tibia può provocare ematomi declivi nell’arto interessato nel decorso postoperatorio, è necessario riempire, a scopo emostatico, la cavità residua con spugne di fibrina e/o cellulosa ossidata.

Figura 8.125 Dopo aver effettuato il prelievo, la cavità residua che è venuta a determinarsi, allorché si siano prelevati almeno 40 mL di tessuto osseo midollare, può essere relativamente ampia.

Figura 8.127 Dopo avere eseguito il riempimento della cavità residua con spugne di fibrina e cellulosa ossidata, ci si deve accertare che il sanguinamento dalla cavità sia cessato. Non viene mai posizionato alcun drenaggio.

Chiusura del periostio, della fascia lata e del sottocute Il periostio e la porzione tibiale della fascia lata, che appaiono come un’unica entità, in un unico strato, sono suturati a punti staccati con un filo a lento riassorbimento (un plurifilamento sintetico 4/0), mentre il tessuto sottocutaneo viene suturato con un filo a riassorbimento rapido. La sutura deve assicurare un perfetto riavvicinamento della fascia lata, del periostio e del sottocute, per impedire il formarsi di stravasi ematici o raccolte sierose a livello della ferita (Figg. 8.128 e 8.129). 320


Prelievi extraorali

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Figura 8.129 La chiusura dello strato sottocutaneo deve essere accurata e viene effettuata con un filo a riassorbimento rapido.

Figura 8.128 Il primo tempo della chiusura è la sutura in un unico strato del periostio e della fascia lata. Il perfetto accostamento di questo strato è fondamentale per non avere ematomi nel decorso postoperatorio. La sutura è eseguita a punti staccati, con un filo a lento riassorbimento.

Sutura cutanea I lembi cutanei possono essere riavvicinati con una sutura intradermica, con delle strisce adesive (steristrip), oppure con una sutura a punti staccati: i risultati estetici a distanza sono buoni e sovrapponibili (Figg. 8.130-8.133).

Figura 8.130 La scarsa componente sottocutanea e le piccole dimensioni della ferita rendono agevole questo tempo chirurgico. Può essere utilizzata una sutura intradermica, continua o a punti staccati, con il passaggio del filo sul primo lembo dall’interno all’esterno e, sul lembo contrapposto, avviene dall’esterno all’interno. Il filo può essere a lento o a rapido riassorbimento.

Figura 8.131 L’immagine mostra il corretto accostamento dei lembi cutanei con la tecnica di sutura intradermica a punti staccati, precedentemente illustrata.

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Prelievi extraorali

Figura 8.133 Sutura della cute a punti staccati con filo di seta. Anche utilizzando diverse metodiche, i risultati estetici a distanza sono sovrapponibili.

Figura 8.132 Una volta riavvicinati i lembi cutanei, si utilizzano delle strisce adesive di contenimento, per esempio, gli steristrip.

Medicazione compressiva Ăˆ importante porre una medicazione compressiva sopra la ferita chirurgica per evitare che si formino raccolte ematiche o sierose, in particolare nei casi di midollare con ricca componente ematica. La medicazione compressiva va rimossa in prima giornata postoperatoria (Figg. 8.134 e 8.135). Al proprio domicilio il paziente terrĂ l’arto in posizione non declive.

Figura 8.134 La ferita chirurgica viene protetta con garze sterili adesive, prima di apporre una medicazione compressiva.

Figura 8.135 La medicazione compressiva effettuata con bendaggio elastico evita la formazione di raccolte ematiche o sierose nel decorso postoperatorio, in particolar modo nei casi di midollare con una componente ematica ricca. La medicazione compressiva va rimossa dopo 24 ore dall’intervento.

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Prelievo dalla diafisi tibiale Anatomia chirurgica L’area interessata al prelievo inizia subito al di sotto della tuberosità tibiale e si estende caudalmente in relazione all’entità del prelievo. I limiti laterale e mediale sono rappresentati dai margini anteriore e mediale della faccia mediale della diafisi tibiale, che è ben palpabile al di sotto della cute. L’incisione cutanea viene condotta al centro della diafisi e l’eventuale presenza di piccoli rami arteriosi non pone alcun problema chirurgico. Il piano sottocutaneo è molto scarso e la sua divaricazione permette di apprezzare istantaneamente il piano costituito dalla fascia lata e dal periostio, la cui incisione avviene seguendo quella cutanea. Il piano osseo per il prelievo è delimitato superiormente dalla tuberosità tibiale; lateralmente e medialmente rispettivamente dal margine anteriore e dal margine mediale dell’osso tibiale. Inferiormente, per prelievi della lunghezza di qualche centimentro, non ci sono strutture degne di nota a delimitare il campo chirurgico (Fig. 8.136).

Tecnica chirurgica Preparazione del campo operatorio Il paziente è posizionato supino sul letto operatorio, con l’arto non sollevato. Il campo operatorio è delimitato con telini in TNT posti superiormente appena al di sotto del ginocchio e inferiormente ben al di sopra della caviglia.

Figura 8.136 Le immagini mostrano l’area di prelievo corticale dalla faccia antero-mediale della diafisi tibiale. Il prelievo è prevalentemente corticale.

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Figura 8.138 L’incisone verticale è lunga circa 3 cm. In questa sede, il tessuto sottocutaneo è scarsamente rappresentato. L’emostasi di piccoli vasi sanguinanti viene effettuata con elettrobisturi bipolare. L’incisione di fascia e periostio segue la stessa linea di quella cutanea.

Figura 8.137 Nel prelievo dalla diafisi tibiale, il paziente è posizionato sul lettino senza la necessità di sollevare l’arto. Il campo operatorio è disinfettato con iodopovidone e delimitato con telini sterili in TNT. È posizionato uno steridrap sull’area chirurgica così delimitata. Dopo infiltrazione con bupivacaina, si effettua l’incisione verticale sulla faccia antero-mediale della diafisi tibiale.

Lateralmente devono permettere un facile repere dell’angolo diafisario anterolaterale, dove è tesa la membrana interossea tra tibia e perone e dove decorrono i grossi vasi e, medialmente, l’angolo antero-mediale, dove sono palpabili i muscoli tibiali. Allo scopo di facilitare il reperimento della sede di prelievo, è possibile contrassegnare con una matita demografica i reperi cutanei marginali alla sede (margine mediale e laterale, legamento rotuleo, malleolo interno), che è situata al passaggio fra il terzo medio e il terzo superiore della faccia antero-mediale della diafisi tibiale. Tecnica di incisione Previa infiltrazione loco-regionale di bupivacaina allo 0,5% fino alla fascia lata e al periostio, con un bisturi n. 10 si esegue un’incisione verticale, condotta in senso cranio-caudale, di 2-3 cm, direttamente sulla diafisi mediale. L’incisione è equidistante dal margine osseo mediale e laterale della diafisi stessa. Seguendo la stessa direzione, si incide il tessuto sottocutaneo, scarsamente rappresentato da fascia e periostio, per la stessa lunghezza (Figg. 8.137 e 8.138). Delimitazione del prelievo Dopo aver inciso il periostio, lo si scolla dalla corticale ossea. Messa in evidenza la diafisi tibiale, si delimita la dimensione del prelievo con due osteotomie parallele, craniale e caudale, collegate da altre due osteotomie condotte rispettivamente sul margine mediale e laterale della dialisi. Possono essere utilizzati a tal fine degli scalpelli sottili, più facilmente controllabili, o delle frese oscillanti o un’apparecchiatura a ultrasuoni (Figg. 8.139-8.142). 324


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Figura 8.140 Messa ben in evidenza la faccia antero-mediale della tibia, si possono utilizzare, per la delimitazione del prelievo, degli scalpelli manuali più facilmente controllabili.

Figura 8.139 Il periostio viene successivamente scollato dalla corticale ossea, usando delicatamente uno scollatore periostale, senza oltrepassare il margine mediale e laterale della diafisi.

Figura 8.141 Allorché lo spessore della corticale ossea diafisaria sia molto marcato, può essere indicato l’utilizzo di lame oscillanti. La compattezza e lo spessore della corticale ossea, in questa sede, rendono indaginoso l’impiego della chirurgia a ultrasuoni.

Figura 8.142 Il prelievo viene delimitato da due sezioni parallele, cranio-caudali, condotte a distanza dal margine mediale e laterale della faccia tibiale, collegate tra di loro da due osteotomie orizzontali.

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Prelievo osseo Il rettangolo di osso corticale così delimitato viene rimosso, utilizzando come leva uno scalpello. Dopo la rimozione del prelievo corticale, si ha accesso allo spazio midollare. In questa sede, la forma triangolare dell’osso diafisario tibiale è tale da contenere quantità di midollare minore rispetto alla metafisi. Per queste considerazioni, la quantità prelevabile di osso midollare è inferiore rispetto a quella prelevabile dalla metafisi e dipende dallo spessore della corticale (Figg. 8.143-8.145).

Figura 8.143 Il prelievo così delimitato è staccato dalla midollare sottostante con un’azione di leva di un osteotomo.

a

b

Figura 8.144 (a) Il prelievo osseo è staccato dal sito donatore. (b) Il prelievo è quasi interamente costituito da osso corticale, il cui spessore è in funzione della morfologia dell’osso, con una scarsa componente midollare.

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Prelievi extraorali

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Figura 8.145 Immagini in sezione del prelievo osseo dalla faccia antero-mediale della diafisi della tibia, che deve essere condotto senza interessare i margini mediale e laterale dell’osso, in modo da non indebolire i pilastri di resistenza della tibia.

Trattamento della cavità residua e tecnica di sutura Non è necessario riempire la cavità residua, ma è utile l’impiego di spugne di fibrina o cellulosa ossidata, soprattutto nei casi in cui si manifesti un sanguinamento difficilmente controllabile. Può anche essere utile, per sostituire la corticale ossea prelevata, utilizzare una lamina di tessuto osseo corticale integrale deantigenato a riassorbimento totale. Questo tessuto, prima di essere modellato sulla forma della cavità residua, viene reidratato, in modo tale da divenire flessibile e, quindi, facilmente adattabile a qualsiasi profilo osseo. Dopo aver posizionato il tessuto corticale integrale nella cavità residua, si pone al di sopra cellulosa ossidata a scopo emostatico e stabilizzatore. La sutura dei piani chirurgici è agevole. Si utilizza un filo a lento riassorbimento per fascia e periostio, che vengono suturati a punti staccati. Per il tessuto sottocutaneo viene impiegato, invece, un filo a rapido assorbimento. La cute è suturata con un filo a punti staccati o con sutura riassorbibile intradermica. Al termine dell’intervento, viene posizionata una medicazione compressiva (Figg. 8.146-8.149). Si veda il box clinico 1 illustrato nella Figura 8.150, in cui è presentato il prelievo simultaneo dalla metafisi prossimale e dalle diafisi. 327


Capitolo 8

Prelievi extraorali

a

b

Figura 8.146 (a) Non si esegue un prelievo midollare da questo sito donatore. Dopo il distacco del prelievo, la cavità può non essere riempita. Per motivi estetici, può essere utilizzata una lamina di tessuto osseo di origine equina, deantigenata, reidratata. (b) La lamina, a riassorbimento totale, viene sagomata e adattata alla cavità formatasi.

Figura 8.148 La sutura dei piani chirurgici è agevolata dalla quasi totale assenza di tessuto sottocutaneo. Vengono dapprima suturati, in un solo strato e a punti staccati, fascia e periostio. Se presente, viene suturato anche il tessuto sottocutaneo e, successivamente, anche la cute, a punti staccati.

Figura 8.147 Il sanguinamento da questa sede di prelievo è raro. Tuttavia, è utile, a scopo emostatico e a protezione della lamina innestata, posizionare della cellulosa ossidata.

Figura 8.149 Sutura a punti staccati della cute. La ferita sarà successivamente medicata e sarà posta una medicazione compressiva per le prime 24 ore postintervento.

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Capitolo 8

BOX CLINICO 1

a

c

b

d

Figura 8.150 (a) Il paziente viene posto sul lettino operatorio con un rotolo di tela sotto il cavo popliteo in modo da dare stabilità all’arto quando si esegue il prelievo sia metafisario sia diafisario (veduta laterale). (b) Posizionata la tibia, si mettono in evidenza quelle che saranno le sedi anatomiche del prelievo simultaneo, con i reperi necessari a una corretta condotta chirurgica in entrambe le sedi di prelievo (veduta frontale). (c) L’area interessata dal duplice prelievo si estende dal ginocchio fino a 10-12 cm dal malleolo interno della caviglia; tutta l’area è disinfettata con iodopovidone. (d) L’area viene quindi delimitata con telini sterili in TNT, posizionati superiormente, sopra il ginocchio; inferiormente, a livello del terzo inferiore della tibia; lateralmente, poco oltre il capitello peroneale e medialmente, a lato dell’angolo diafisario antero-mediale. (e) Il primo prelievo è a livello metafisario, dopo aver parzializzato il campo operatorio; coprendo con un telino sterile la diafisi tibiale. La tecnica di prelievo della midollare metafisaria non si discosta da quella precedentemente descritta. Al termine del prelievo midollare, la ferita viene medicata e coperta da un telino sterile. (f) Coperta la sede del prelievo midollare, la faccia antero-mediale della tibia viene nuovamente disinfettata e delimitata superiormente da un nuovo telino sterile. La tecnica chirurgica del prelievo corticale è già stata precedentemente descritta. Per non indebolire eccessivamente la struttura ossea, il prelievo è di qualche millimetro più stretto, estendendosi eventualmente più caudalmente in caso si necessiti di una maggiore quantità di osso corticale. (segue)

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Capitolo 8

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BOX CLINICO 1 (seguito)

e

f

g

h

l

i

Figura 8.150 (g) Visione frontale e (h) laterale delle due sedi di prelievo, dopo la sutura dei piani chirurgici. (i) Le due ferite chirurgiche sono medicate separatamente con garze sterili adesive. (l) Viene effettuata una medicazione compressiva che comprende entrambe le sedi di prelievo. Sarà rimossa dopo 24 ore dall’intervento.

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Decorso postoperatorio e gestione del paziente Il prelievo osseo dalla tibia è il prelievo extraorale caratterizzato dal miglior decorso postoperatorio. I pazienti sottoposti a questi interventi camminano subito dopo l’intervento, senza bisogno di alcun sostegno. Le normali sequele postoperatorie sono caratterizzate da un modesto edema loco-regionale, dolore modico, in sede di prelievo, facilmente dominabile con farmaci antinfiammatori, e da una leggera claudicatio per 3-4 giorni postintervento (Figg. 8. 151 e 8.152). Complicanze postoperatorie del prelievo dalla metafisi prossimale e dalla diafisi tibiale Le complicanze postoperatorie (1-2%) che si possono verificare con maggiore frequenza sono: • Edema locale. • Ematoma locale. • Dolore modico al carico e alla deambulazione. • Infezione superficiale della ferita. • Deiscenza della ferita chirurgica.

Figura 8.151 A sette anni dal prelievo midollare della metafisi prossimale, l’indagine radiologica mostra la completa restitutio ad integrum dell’osso metafisario.

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Figura 8.152 A sette anni dal prelievo di osso corticale dalla faccia antero-mediale della diafisi tibiale, l’indagine radiografica mostra la completa restitutio ad integrum della diafisi tibiale.


Capitolo 8

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Più raramente si possono riscontrare: • Infezione sottofasciale. • Ematomi declivi. • Osteite. • Tromboflebite profonda. • Lesioni capsulari dell’articolazione del ginocchio. • Lesioni nervose o vascolari. • Lesioni del piatto tibiale. • Fratture tibiali diafisarie. Va però ricordato che queste rare complicanze (1-8%) non si riscontrano negli interventi di ricostruzione preimplantare, bensì in quelli, sicuramente molto più invasivi, necessari in chirurgia ortopedica. Prevenzione e trattamento delle complicanze del prelievo dalla metafisi prossimale e dalla diafisi tibiale La prevenzione delle complicanze, percentualmente trascurabili ma possibili, si attua soprattutto con: • Tecnica chirurgica che rispetti le strutture anatomiche della sede di prelievo. • Perfetta emostasi dei piccoli vasi che si incontrano nella dissezione chirurgica dei vari piani anatomici. • Rispettosa manipolazione dei vari tessuti incontrati. • Dominio del sanguinamento dalla midollare. • Attenzione a non surriscaldare l’osso corticale in caso di utilizzo di strumenti rotanti. • Accurata suturazione della fascia lata e del periostio, senza lasciare soluzioni di continuo. • Attenzione a non lasciare spazi vuoti nel tessuto sottocutaneo, in modo particolare nei soggetti con cellulite. • Posizionamento di un’adeguata medicazione compressiva esterna sopra la medicazione della ferita chirurgica. La comparsa di gravi complicanze postoperatorie è praticamente inesistente se la tecnica chirurgica viene svolta con gli accorgimenti precedentemente descritti. Nonostante ciò, possono verificarsi nel decorso postoperatorio alcune complicanze: • Infezione. • Emorragia. • Deiescenza. 332


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La più importante e temibile è l’infezione sottofasciale che, se non tempestivamente diagnosticata e trattata con drenaggio della raccolta purulenta e terapia antibiotica mirata su antibiogramma, può portare alla temibile osteomielite. La prevenzione di questa complicanza si basa ovviamente su una chirurgia condotta con sterilità assoluta. Infezione.

Il sanguinamento dalla cavità metafisaria o diafisaria è possibile per l’impossibilità all’emostasi della midollare residua. Generalmente, il sanguinamento viene subito delimitato e arrestato con una fascia lata e periostio ben suturati. Nei casi in cui si riscontra, soprattutto a livello metafisario, una midollare poco densa e liquida, è opportuno riempire la cavità residua con collagene e fibrina a scopo emostatico. Se l’ematoma che si è venuto a determinare è rilevante, causa dolore e tende a portarsi, attraverso piani di clivaggio, verso il malleolo; è opportuno, in questo caso, reincidere la cute e la fascia per drenarlo e mettere in pratica quegli accorgimenti appena citati. Emorragia.

Deiscenza. La deiscenza della ferita chirurgica impone di praticare una nuova sutura,

effettuata in campo sterile, avendo cura di riavvicinare adeguatamente anche il sottocute e di somministrare una terapia antibiotica per prevenire possibili complicanze infettive.

Gestione del paziente Il paziente, rientrato al proprio domicilio, deve essere in grado di osservare in maniera rigorosa le prescrizioni farmacologiche e comportamentali prescritte e deve essere affiancato da una persona capace e responsabile che lo assista nelle prime 24 ore postoperatorie. Il paziente non ha necessità alcuna di utilizzare una stampella, a eccezione di coloro che hanno subito un prelievo simultaneo dalla metafisi e dalla diafisi tibiale. A riposo, deve mantenere l’arto in posizione orizzontale. Nell’immediato decorso postoperatorio, per dominare l’edema e prevenire la comparsa di un ematoma, deve tenere ghiaccio sopra la medicazione compressiva, in maniera alterna. La medicazione compressiva viene rimossa dopo 24 ore e quella della ferita chirurgica viene rinnovata in seconda giornata postoperatoria, per poter controllare l’insorgere di complicanze. La rimozione dei punti, agraphe o steristrip cutanei, avviene in 8-10a giornata postoperatoria. Il decorso postoperatorio è sostanzialmente identico sia nei soggetti sottoposti a prelievo di midollare metafisaria sia in quelli sottoposti a prelievo corticale diafisario. 333


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