Events Magazine - N.01 - 2014

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N.1 - 2014 ,Anno II, 9 febbraio 2014 - Registrato presso il tribunale di Roma in attesa di autorizzazione


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rubrica

di Xxx xxx

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c at e n a c c i o

una passione che dura da 100 anni

Diciassette ettari di parco, 1.200 animali appartenenti a 200 specie tra mammiferi, rettili, uccelli e anfibi, in un contesto botanico tra i più suggestivi di Roma, con più di 1.000 alberi, alcuni dei quali rari e centenari: è il Bioparco di Roma, visitato ogni anno da 600 mila persone. Inaugurato il 5 gennaio del 1911 all'interno dello storico parco di Villa Borghese, il Bioparco è uno dei giardini zoologici più antichi d'Europa e nel 2011 ha festeggiato 100 anni di storia! È IMPORTANTE SAPERE CHE Il Bioparco coopera a livello nazionale ed internazionale per la conservazione delle specie a rischio di estinzione ed è una struttura attiva nell’educazione ambientale attraverso mostre, convegni, attività di sensibilizzazione per il pubblico, eventi mediatici e progetti per le scuole.

Foto: Massimiliano Di Giovanni – Archivio Bioparco di Roma

CRESCERE CON GLI ANIMALI

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Attività interattive, laboratori e percorsi mirati per scuole e gruppi. Feste di compleanno e centri estivi dove, fra leoni, elefanti e giraffe i bambini, giocano, socializzano e imparano divertendosi! Week-end: i pasti degli animali - A tu x tu con la fattoria dei bambini.

SERVIZI E RELAX Al Bioparco sono presenti 3 bar e un ristorante - Area pic-nic e area giochi bimbi - Il Caffè del Parco, con un bar, un self-service e roof garden - La Libreria al Bioparco, ricca di articoli da regalo e libri. SCONTO € 4,00 ADULTI E BAMBINI Percorso sensoriale per non vedenti.

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Fondazione Bioparco di Roma | P.le del Giardino Zoologico,1 – 00197 Roma | Tel.: 06/3608211 - www.bioparco.it


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sommario MAGAZINE

la sida dei mister MAGAZINE

pierino prati

giancarlo oddi

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dino da costa

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antonio candreva

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gervinho

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addii alla lazio

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campo testaccio

corsa del ricordo MAGAZINE

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curiositĂ

humberto tozzi

Numero 1 ANNo ii, 9 febbraio 2014 Registrato presso il Tribunale di Roma (in attesa di autorizzazione) Edito da: Alfacomunicazione s.r.l. Direttore responsabile: Fabio Argentini Art Director: Alberto Brunella Progetto grafico: Andrea Crescenzi Hanno collaborato: Michele Vania Martinetti, Carlo Franciosa, Giorgio Maria Franceschi, Emanuela Valente, Luca Aleandri, Claudia Furlani Finito di stampare a febbraio 2014 presso: Stab. Tipolit. U. Quintily Spa ROMA

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fuori dagli

schemi di Andrea crescenzi

Gar c ia e R e j a h a n n o ri p o r tat o n o r m a l i t à a l l’ i n t e r n o d e l l o s p o g l iat o i o e i ri s u l at i s i v e d o n o . o ra s i g i o c a n o i l d e r b y

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na sfida inedita non c’è che dire, d’altronde lo dicono i numeri. Le strade di Reja e Garcia finora non si sono mai incrociate. Un aspetto in più per vedere come va a finire, una prima volta dal sapore alquanto particolare. Ma una cosa di sicuro li accomuna: entrambi sono stati chiamati al capezzale di due squadre malate nei momenti peggiori che stavano vivendo. La Lazio, tormentata dalle polemiche fra la società e Petkovic, ha cercato di frenare la caduta libera affidando il manico ad una guida esperta, la Roma ha voluto imprimere una svolta decisiva dopo le amare esperienze con Luis Enrique, Zeman e Andreazzoli. E a conti fatti sembra proprio che la scelta per entrambe è stata azzeccata: Reja ha rimesso in piedi la barca turandole le falle, Garcia addirittura ha cancellato il biennio infausto dando un volto nuovo alla squadra e valorizzando aspetti importanti come la formazione di un gruppo unito e la voglia di vincere. È un derby particolare stavolta. Non c’è sapore di rivincita, c’è soltanto la voglia portare a casa i tre punti e basta. La Lazio con un successo darebbe un volto nuovo alla sua stagione che la potrebbe proiettare verso le posizioni che contano in Europa League, mentre la Roma acquisirebbe nuova linfa per mantenersi sulla scia della Juventus. Come prepareranno la sfida? A lume di naso le tattiche che adotteranno i due mister sembrano alquanto segnate. Reja cercherà di fare addensamento a centrocampo, blindando la difesa per poi sfruttare il contropiede; Garcia invece farà come sempre la partita, tenendo il possesso palla e cercando le imbucate. Insomma sarà una sorta di partita a scacchi dove a prevalere saranno soprattutto la concentrazione e i nervi. Pur dichiarando che il derby è una partita delle 38 in cartellone, state certi che entrambi bluffano. In cuor loro ci tengono eccome a questa partita. Uno spicchio dei loro cuori è tinto di biancoceleste (Reja) e di giallorosso (Garcia) e non lo hanno nascosto. La tifoseria resta in attesa, l’urlo in gola è pronto per uscire. Speriamo che non resti strozzato in gola per via di una partita dalle poche emozioni. Ma questo, conoscendo il soldato Reja e il sergente Garcia, è un pericolo che sarà scongiurato.

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Pierino Prati di Carlo franciosa

ROMA DEVI FARCELA

G I A LLO R OSS I L A NC I A T I M A A TTENZ I ONE A LL A L A Z I O

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ierino Prati, debutta in serie A con la maglia del Milan nel ‘65. Un anno in prestito a Savona poi il ritorno in rossonero. Al primo vero anno nella massima serie Prati segna 15 gol aggiudicandosi il titolo di capocannoniere e spingendo il Milan alla vittoria del campionato. Vince, fra il ’68 e il ’69, lo scudetto, la coppa dei Campioni, memorabile la prestazione di Prati nella finale con tre gol segnati e un palo, la Coppa delle Coppe e la Coppa intercontinentale. Pierino ne è uno dei trascinatori. I tifosi milanisti lo ribattezzano ‘la Peste’ per la sua prolificità. Nel ‘73 passa alla Roma segnando complessivamente 41 reti. Gioca bene

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per due stagioni prima di imboccare lentamente il viale del tramonto e trasferirsi nel’ 77 a Firenze, dove resterà per un anno. Chiude la carriera a Savona. Allora Pierino, questa Roma può contendere lo scudetto alla Juventus? «Ha le potenzialità per farlo. I bianconeri hanno qualcosina in più ma la Roma ha lo scontro diretto in casa e il vantaggio di non dover giocare in Europa». Che ne pensa di Garcia? «E’ bravo. All’inizio ha avuto qualche disguido con la tifoseria ma ha capito l’ambiente e convinto i giocatori a seguire il suo metodo. La società poi gli ha dato i calciatori giusti per sviluppare il suo gioco». Come giudica il mercato invernale? «Ha lavorato bene prendendo qualche giovane di prospettiva. La squadra gioca senza una punta ma il sistema

di gioco consente a molti giocatori di arrivare alla conclusione». I ricordi con la Roma? «Ci ho giocato cinque anni, ma era un’epoca diversa, la società non aveva ambizioni tricolore. Il nostro massimo obiettivo era arrivare sopra la Lazio e batterli nel derby. Un anno arrivammo terzi, potevamo fare il colpaccio; quella fu una bella Roma». La Lazio? «Reja ha ridato stabilità, ma hanno perso un giocatore importante come Hernanes. Se la squadra non porterà risultati i tifosi potrebbero risentirne anche perché la Roma, di contro, sta facendo bene». Un pronostico? «Il derby è una partita strana. La Roma ha tante motivazioni ma la Lazio potrebbe fare il colpaccio. Personalmente mi auguro di no, il mio cuore è diviso fra Milano e Roma».

Agostino un meraviglioso capitano

Agostino Di Bartolomei era nato a Roma l’8 aprile del 1955 ed è morto a Castellabate il 30 maggio 1994. Parte dalle giovanili giallorosse. In prima squadra debutta nel 1972. L’anno successivo va a farsi le ossa a Vicenza e subito dopo rientra alla base. Centra lo Scudetto nell’82-83, sfiora la Coppa Campioni sfumata nella triste finale con il Liverpool, vince tre coppe Italia. È il regista perfetto di Nils Liedholm. Madi il rapporto con la Roma bartolomei si interruppe nel 1984 prendere da spqr bruscamente per l’arrivo sport sulla panchina giallorossa di Eriksson che considerò Ago troppo lento per il suo gioco. Liedholm colse la palla al balzo e se lo portò al Milan. Chiuse la carriera a Salerno dove conobbe anche la morte.


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Giancarlo Oddi reja facci sognare

m i s t e r e d y h a ri p o r t a t o s e r e n i t à n e l l o s p o g l ia t o i o

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iancarlo Oddi muove i primi passi da calciatore nel Santos Roma, la squadra del Tufello, il suo quartiere. Nel ’67 lo notano gli osservatori della Lazio ed il giovane Oddi entra a far parte della primavera laziale. Quell’anno fa anche una presenza in serie B. La sua vita calcistica in biancoceleste è divisa in tre parentesi; Oddi viene mandato in prestito una volta al Sora per poi tornare a Roma un anno, un’altra alla Massese con nuovo ritorno nella Capitale. È il ‘71 quando Oddi inizia la sua terza vita alla Lazio. Questa volta rimarrà fino al ‘75 e si toglierà anche la soddisfazione di vincere, da romano, il primo scudetto del-

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la storia del club. Con Wilson, Petrelli e Martini forma una diga insormontabile. La malattia dell’allenatore Maestrelli accompagna le mosse errate della società che nel ‘75 inizia una sorta di smantellamento della grande Lazio tricolore. Anche Oddi viene sacrificato e venduto al Cesena, dove resta per molti anni. Chiude la carriera nella Lodigiani. Da allenatore è stato più volte il vice alla Lazio, come nella Lazio del “-9“. Il suo cuore è colorato di biancoceleste. Dove può arrivare questa Lazio? «A giudicare da quanto visto nelle ultime partite ad un sesto posto, il quinto mi sembra più difficile». Cosa è cambiato all’interno della Lazio con l’arrivo di mister Reja? «Tutto, i giocatori sono messi meglio in campo ed hanno maggior sicurezza nelle giocate. Ora esiste una formazione base, la Lazio gioca da squadra ed i calciatori sono più tranquilli».

Un giudizio sul mercato invernale: «La società si è mossa male. C’era bisogno di un difensore e non è arrivato e come se non bastasse è stato venduto Hernanes, che era un giocatore molto importante». Che ricordi ha della sua esperienza alla Lazio? «Bellissimi. Io però ho vissuto un epoca diversa; a quei tempi non potevi scegliere nulla, decideva la società. Fui mandato via quando invece il mio desiderio era restare a Roma. Non mi sono trovato male nelle altre società dove sono stato però, faceva parte della vita del calciatore». Come giudica il momento della Roma? «Roseo, sono una grande squadra che ha ottime qualità. Quest’anno la società si è mossa bene a differenza delle passate stagioni». Un pronostico? «Il derby è una partita imprevedibile, mi auguro solo che la Lazio faccia bene».

Selmosson lo svedese che fece scandalo

Arne Selmosson (1931-2002) arrivò in Italia dalla Svezia nel 1952, acquistato dall’Udinese. 34 presenze e 14 reti con la maglia bianconera. Nel 1953 passa alla Lazio, dove collezionò 101 presenze e 31 reti in campionato. Dopo tre stagioni in maglia biancoceleste, passò sull’altra sponda del Tevere, alla Roma, per 135 milioni di lire. Con la maglia giallorossa giocò per altre tre stagioni, collezionando 87 presenze e segnando 30 reti. È l’unico giocatore ad aver segnato nel derby di Roma sia per la Lazio che per la Roma. Successivamente tornò all’Udinese, dove giocò ancora tre campionati, prima di chiudere la sua carriera con i friulani in Serie B, nel 1964.


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L A P A SSIO N E d e l d e r b y a t t r av e r s o l e c o r e o g r a f i e

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La grande storia del calcio

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ncora una fatica di una firma storica del nostro giornalismo, Mario Pennacchia. Quella del cronista sportivo è una professione che fa girare il mondo, respirare con l’umanità, scoprire l’incredibile, raccontare l’epico e il tragico, il comico e l’assurdo, annotare la cronaca e spesso proporla alla storia. Le emozioni raccolte in sessant’anni compongono un firmamento e, come le stelle, non si confondono, ma ognuna ha un nome, ferma un momento, richiama un evento, illumina un protagonista. Mario Pennacchia racconta i maggiori eventi e gli incontri vissuti in più di mezzo secolo di professione giornalistica, evoluta nel passaggio dalla linotype al computer: le notizie sensazionali, gli scandali, i grandi avvenimenti agonistici, i servizi straordinari, le interviste ai campioni dello sport italiano e internazionale come Coppi, Mohamed Alì, Pelé, Maradona e Baggio. Lo sguardo ironico e la penna arguta di uno dei protagonisti del giornalismo italiano che ha raccontato con leggerezza ed efficacia la storia di un intero Paese attraverso le sue glorie sportive.Sessant’anni fra campioni e miti, intrighi e follie, il nuovo libro di Mario Pennacchia con i ricordi nitidi di Bernardini, il professore del calcio italiano e Schiaffino, bandiera della Roma, la Lazio del 1974 e Silvio Piola, tra aneddoti e dietro le quinte. Alla conferenza stampa, con Italo Cucci e Paolo Bonolis come relatori, erano presenti, tra gli altri, Gianni Rivera, Sergio Cragnotti, Dino Zoff, Nello Governato, Antonio Matarrese.

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, L altro evento NEL GIORNO DEL DERBY

Una corsa… per non dimenticare

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n periodo della storia italiana tragico e per troppo tempo dimenticato. Gli eccidi avvenuti in Istria e l’esodo di massa giuliano-dalmata alla fine della Seconda Guerra, rappresentano una pagina buia che, per troppi anni, non ha avuto riscontro sui libri di storia. L’ASI Roma, fedele al compiti che si è preposta, quelli di diffondere attraverso lo sport cultura e valori, ha organizzato la “Corsa del ricordo”, gara podistica in cui quest’anno il 9 febbraio si celebra la prima edizione, proprio nel giorno del derby. La gara, inserita nel calendario Fidal e presentata nel corso di una conferenza stampa moderata dal giornalista Luca Montebelli, ha rappresentato una festa sportiva alla quale hanno dato adesione numerose associazioni di esuli cui verranno devolute parte delle quote di iscrizione ed ottenuto il patrocinio della Regione Lazio, l’Assessorato alla qualità della vita, Sport e Benessere di Roma Capitale, il Municipio IX, il Forum Nazionale Giovani, Azione Universitaria, il Comitato Regionale CONI Lazio e FIDAL Lazio. «Questa iniziativa», spiega Roberto Cipolletti Presidente dell’ASI Roma, «è stata fortemente voluta dal nostro ente per porre l’accento su un evento storico. Mi auguro, nel ringraziare partecipanti e volontari, associazioni e Istituzioni, che questa edizione sia solo l’inizio. Per un appuntamento annuale con la nostra storia...».

SALA PER BANCHETTI TUTTI I GIIORNI PESCE ALTRE SPECIALITà Via dell’Orso, 33 00186 Roma Tel. 066864804 - 066861710 www.orso80.it RIPOSO SETTIMANALE: LUNEDì

Il Presidente dell’ASI Roma, Roberto Cipolletti, con accanto il Presidente nazionale dell’ente di promozione, Claudio Barbaro

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CANDREVA di Michele Vania martinetti

corri antonio corri H

a messo le ali alla Lazio. E pensare che fu accolto con malumore dalla piazza a causa della sua presunta fede giallorossa, ma Antonio non battè ciglio, ha lavorato a testa bassa, deciso a far ricredere tutti. È un romano tenace, i problemi se li lascia alle spalle, li affronta e li supera in dribbling, come fa con gli avversari che cercano invano di fermarlo: «I primi tempi a Roma non furono facili, il gol contro il Napoli cambiò tutto». Quella sera Candreva segnò una bellissima rete, si tolse la maglia e corse sotto la pioggia a braccia aperte verso la Nord, cercando l’abbraccio del popolo laziale. Quella sera i tifosi lo accolsero definitivamente nel mondo biancoceleste. Antonio si sente laziale e ne sarebbe volentieri il capitano: «Indossare la fascia mi renderebbe molto fiero, ma ci sono giocatori con più anni di servizio prima di me, mi basta essere un punto di riferimento nello spogliatoio». La gioia più grande è arrivata con la vittoria della Coppa Italia. Dai suoi piedi è partito il cross che ha permesso a Lulic di entrare nella leggenda. Quella sera Antonia era pazzo di gioia, ballava e cantava, abbracciando tutti. Le belle prestazioni con la Lazio gli hanno aperto anche le porte della nazionale, facendolo entrare nel giro azzurro. Prandelli lo tiene in grande considerazione e conta su di

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lui per i prossimi mondiali in Brasile. Ora proverà a mettere le ali anche all’Italia, ma nel frattempo gioca e da tutto per la sua Lazio. Antonio romanista? Per i tifosi laziali non lo è mai stato, era solo una grottesca favola da raccontare la sera, un brutto scherzo.

Garlaschelli il laterale dello Scudetto

Per il suo modo di saltare gli avversari, di imprimere velocità alla sua azione e di contribuire a creare spazi agli attaccanti, per molti versi Antonio Candreva ricorda Renzo Garlaschelli. Voluto fortemente da Tommaso Maestrelli, arrivò alla Lazio nel 1972. Con la maglia biancoceleste è rimasto dieci anni totalizzando 228 presenze arricchite da 51 gol. Fu uno dei grandi artefici dello scudetto del 73-74, stagione in cui realizzò 10 reti. A lui è legato un episodio storico. Era il 12 maggio del 1974, Garlaschelli in LazioFoggia si procurò il rigore poi trasformato da Giorgio Chinaglia. Fu l’epilogo tricolore di quella fantastica formazione.


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gervinho di Michele Vania martinetti

Ghiggia sulle ali del vento

A molti tifosi giallorossi, le prodezze di Gervinho hanno scatenato la fantasia. Scavando nel passato, hanno cercato una grande ala che abbia vestito la maglia giallorossa e che abbia lasciato il segno. Dopo attenta analisi, ai più il giusto paragone è stato affidato ad Alcide Ghiggia. Veloce ed imprevedibile, l’acquisto dell’uruguaiano fu annunciato Il 31 maggio del 1953, durante un’assemblea dei soci al Teatro Sistina, dal Presidente della Roma di allora Renato Sacerdoti. Ghiggia esordì il 4 giugno successivo, in una vittoriosa amichevole con il Charlton. Coi giallorossi, giocò per ben otto stagioni, collezionando 201 presenze e realizzando 19 reti. Nel 1957-58 gli fu attribuita la fascia di capitano, che mantenne fino all’inizio del 1959.

il ruggito della pantera

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ervinho ha messo il turbo alla Roma. L’impressionante cavalcata in campionato della formazione allenata da Rudi Garcia è anche merito suo. L’ivoriano quando prende palla è imprendibile e imprevedibile. L allenatore francese lo ha fortemente voluto, lo conosceva dai tempi del Lille, quando l’ivoriano diede un contributo fondamentale allo storico double della società transalpina. Quell’anno, era la stagione 2010-11, Gervinho fu anche inserito nella top 11 della Ligue 1. Passato all’Arsenal di Wenger nel luglio 2011, la pantera nera si è smarrita. «A Londra giocavo poco, non ero felice». Le insistenze di Garcia hanno convinto Sabatini a portarlo a Roma; il Ds giallorosso lo ha prelevato dai Gunners per 8 milioni di euro. L’ala ivoriana nella capitale è rinata. Nuovamente sotto la guida dell’allenatore francese Gervinho è tornato ad essere un giocatore imprescindibile, diventando da subito una pedina fondamentale nello scacchiere giallorosso. Gervinho sa che Garcia si aspetta molto da lui. «Sapevo che venendo qui avrei avuto grandi responsabilità. Il mister giudica sempre il mio

lavoro e per me la cosa importante è sentire la sua fiducia. Io mi alleno sempre duramente». La pantera nera sogna di artigliare lo scudetto, si augura che la fenomenale cavalcata dei giallorossi in campionato possa far centrare l’impresa tricolore. «Non dobbiamo fare calcoli, ma soltanto ragionare partita dopo partita. Il campionato è ancora aperto». Anche il capitano Francesco Totti lo ha promosso a pieni voti: «Gervinho è impressionante. È sempre sul pezzo e quando prende palla può creare situazioni pericolose in ogni momento». Gervinho e Totti sono fra gli attori protagonisti di questa stagione romanista.

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Polvere di Stelle

HUMBERTO TOZZI

quel primo gol alla roma F

u l’artefice di un rocambolesco derby vinto dalla Lazio per 2-3. Era il 21 giugno del 1958, gara valida per l’andata di Coppa Italia. Con una doppietta stese i giallorossi e fu un trionfo in casa laziale. Si ripetè anche nella gara di ritorno segnando il gol dell’1-1. Era il 12 luglio del 1958. Il suo nome è Humberto Barbosa Tozzi, brasiliano, nato a São João de Meriti il 4 febbraio del 1934 (ma spentosi a Rio de Janeiro il 17 aprile del 1980). Attaccante di spiccate qualità, a soli diciotto anni è convocato nella nazionale olimpica carioca per le Olimpiadi di Helsinki. Tra i suoi compagni di squadra, i futuri campioni del mondo Zózimo e Vavà. Humberto gioca tutte e tre le partite, segnando due reti. In Brasile-Olanda 5-1, segna la prima rete del Brasile nella storia delle Olimpiadi. Dal São Cristóvão passa al Palmeiras nel 1953 e vince la classifica dei cannonieri del Campionato Paulista con 22 gol. In nazionale esordisce a Santiago contro il Cile, il 28 febbraio 1954. Dopo aver disputato, senza segnare, il torneo di qualificazione, è convocato per la Coppa del Mondo del 1954, in Svizzera. Al mondiale, Humberto è schierato soltanto nella partita ad eliminazione diretta, nei quarti di fina-

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le, contro l’Ungheria di Ferenc Puskas. Il Brasile è eliminato per 4-2 e Humberto viene espulso al 79’, sul 3-2. Nel 1954, vince ancora la classifica dei cannonieri del Campionato Paulista con 36 gol. La Lazio lo nota e lo acquista nel 1956-1957 riuscendo a tesserarlo come oriundo (era di origini romane) dopo una feroce contrapposizione con la federazione. In campo si dimostra attaccante dai grandi mezzi e dall’innato fiuto del gol, ma si rivela però un giocatore ingestibile, sia in campo che fuori, poco incline alla disciplina. Riesce comunque ad essere protagonista per quattro stagioni, con il vertice toccato nel 1958 con la conquista della Coppa Italia dove realizza la bellezza di 10 reti nelle 9 partite disputate che gli permettono di divenire capocannoniere del torneo. Torna in Brasile alla fine della stagione 1959-60. Il suo bilancio con la Lazio, tra campionato e Coppa Italia, è di 103 partite e di 44 reti. Nel 1994-95 la Lazio, impegnata in una tournée in Sudamerica, disputa una partita commemorativa contro il Guarani dove viene messo in palio un trofeo denominato “Humberto Tozzi”. L’incontro si conclude con la vittoria dei biancocelesti per 3-2 con doppietta di Gigi Casiraghi e gol di Fuser.


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Polvere di Stelle DINO DA COSTA

IO L'INCUBO DEI LAZIALI O

ggi è un signore di 82 anni, brasiliano di nascita ma italiano e soprattutto romano nell’anima, con un glorioso passato sportivo alle spalle. Il suo nome accende la fantasia e i ricordi dei tifosi romanisti. Un mito, anche perché per parecchi anni ha detenuto un record in solitaria che per i supporter giallorossi vale una sorta di incoronazione: è tuttora (insieme a Totti e Delvecchio) il maggior realizzatore di gol nei derby con 9 centri. E’ facile adesso scoprire chi è, naturalmente Dino Da Costa. Ha giocato nella Roma dal 1955 al 1960. I gol nei derby per la verità sono dodici, nove in campionato, uno in coppa Zenobi, due in Coppa Italia. Se poi aggiungiamo quello del 6 marzo 1960, Lazio-Roma, una stangata da venti metri, che sfiora la spalla del laziale Janich e supera il portiere Lovati, il numero salirebbe a tredici. All’epoca quello passò per autogol mentre con le regole di oggi il gol sarebbe suo: ma allora— senza la moviola — tutto restava nell’incertezza. Da Costa non ha dubbi: era suo. Janich, invece, porta dentro di sé la colpa. E quell’episodio ha dato vita a «Quel tredicesimo gol…» il libro scritto dall’ex giocatore giallorosso con Carlo Matteo Mossa. Il sottotitolo è emblematico e fa tanto piacere ai tifosi romanisti:«Come divenni l’incubo dei laziali».

Il giallo di quella rete serve a raccontare una storia giallorossa, l’atmosfera del calcio di cinquant’anni fa. «Non ho visto mai nessuna regola, c’era la spinta a fare quello che volevi — racconta Da Costa —. Nessuno mai si è permesso di dire qualcosa ai giocatori di allora». Da Costa muove i primi passi di calciatore a Olaria, un quartiere di Rio de Janeiro. Fa il primo provino senza le scarpe (che non aveva). Ma si vede lontano un miglio che è forte. Il passaggio al Botafogo è immediato. Col club brasiliano fa una tournée in Europa e lo adocchia la Roma. Da lì a breve si concretizza il matrimonio. Ma cos’era la Roma, in quegli anni? «Giocava bene in casa, una goduria per il suo pubblico, ma quando si andava in trasferta c’era una sorta di involuzione, che sapeva di rassegnazione. Lo spirito che regnava nell’ambiente era quello che “tanto domenica prossima vinciamo in casa”… I miei compagni di squadra il loro tempo libero lo trascorrevano sempre con le carte in mano, così come nel ritiro. Mancava la mentalità da professionista». Fiorentina, Atalanta, Juve, Verona e Ascoli furono le altre squadre italiane con le quali giocò. Vanta anche una presenza con la maglia azzurra. Era l’epoca degli oriundi. Così come oggi.

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emozioni e ricordi

ADDIO MIA CARA LAZIO

Corre l’anno 1995: i tifosi laziali si mobilitano e danno vita ad una possente manifestazione per dire no alla cessione di Beppe Signori. Di fronte alla categorica volontà del popolo biancoceleste, la società respingerà l’offerta del Parma confermando il capitano

R i p e r c o rria m o l a S t o ria d e i c l a m o r o s i d iv o r z i b ia n c o c e l e s t i

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ifosi in piazza per Hernanes. Anzi, per la precisione, schierati in modo compatto tra il marciapiede e il selciato millenario dell’Appia Antica, a pochi metri dalla pietra miliare della via consolare, oggi tristemente annerita dallo smog. La voci sulla cessione di Hernanes viaggiano nell’etere scatenando l’inferno, ma in questo caso l’ambiente era già caldo verso la dirigenza. Ma gli addii dei campioni sono sempre un capitolo doloroso. Nell’immaginario biancoceleste forse il più doloroso resterà sempre quello di Chinaglia. Una pagina de Il Messaggero per salutare i tifosi, l’aereo privato, la fuga nella notte per Genova, Parigi, New York. Poi i tanti ritorni, l’avventura da presidente, il fallimento, quindi gli ultimi tentativi di tornare, ancora una volta, Long John. Prima del rientro definitivo, per la se-

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poltura accanto a Maestrelli, il vecchio maestro. Anche per il suo erede, Giordano, e il gemello Manfredonia, un tempo gioiellini della Lazio, arrivò il momento dell’addio. Anche questo amaro, come spesso accade. Due carriere ricche di talento purissimo, ma anche tante disavventure non tutte capitate per caso. Lo scandalo sommesse del 1980 li vide purtroppo tra i protagonisti, con due anni di stop. Nel 1982 furono graziati, dopo la vittoria azzurra al Mundial, accolti come eroi dal popolo biancoceleste che aveva perdonato gli idoli cresciuti in giardino. Ma nel 1985 vennero venduti rispettivamente al Napoli e alla Juve. Vinsero ambedue coppe e scudetti, ma l’addio inglorioso rimase a lungo nell’immaginario della tifoseria, in un rapporto d’amore autentico compromesso per sempre. Oppure

Paolo Di Canio, venduto da Calleri, che tentò poi di rovesciare la tesi, attribuendo la responsabilità alle ambizioni del giocatore, secondo un copione spesso in uso. “Firmavo il contratto con la Juve e piangevo”, racconterà poi il Golden boy del Quarticciolo, che comunque sarebbe poi tornato trionfalmente in maglia laziale, prima di esserne allontanato definitivamente da Lotito. Oppure Crespo e Nesta, venduti all’ultimo tuffo di un mercato di qualche anno fa, perché, ci dissero, alla Lazio servivano perfino i soldi per l’iscrizione al campionato. Li misero su un aereo per Milano, con Nesta in lacrime, improvvisamente, al termine dell’allenamento. Era la fine della più grande Lazio della storia.


MAGAZINE di Paolo VALENTE

Una veduta aerea dello Stadio Flaminio

Ecco come si presentava Campo Testaccio fino a qualche anno fa

Adesso Campo Testaccio ha questo volto come dimostra la foto scattata durante il sopralluogo eseguito da Alessandro Cochi, quando ricopriva la carica di Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale

Campo Testaccio riavrai tanta gloria

roma, a trionfare È LA STORIA L A LEGGEND A G I A LLO R OSS A ST A PE R R I V I V E R E . M A Q UESTO NON A CC A D R à , CON LO ST A D I O FL A M I N I O , I N C A S A B I A NCOCELESTE

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ampo Testaccio e Stadio Flaminio, due impianti storici di Roma che per certi versi hanno qualcosa in comune. Il primo, che fu l’arena che vide le fortune della Roma di Amadei, è in attesa di tornare alla luce dalle sue ceneri e di colorarsi nuovamente di giallorosso. Lo stesso non accadrà per lo Stadio Flamino, storica casa biancoceleste dei tempi di Piola che sta per essere destinata alla Ficg per creare una Coverciano romana. Campo Testaccio, come riporta la storia, ospitò la Roma dal 3 novembre del 1929 ma al termine della stagione 1939-40 l’impianto venne abbandonato poiché dava segni di cedimento ed aveva subito ristrutturazioni che ne avevano sensibilmente ridotto i posti. Lo stadio venne abbattuto il 21 ottobre 1940. Negli ultimi tempi è sorta spontanea la volontà da parte dei cittadini di riportare alla luce il vecchio impianto.

Ma a frenare le aspettative della gente c’è in piedi una querelle tra l’Amministrazione Comunale e il concessionario per la costruzione nell’area di un parcheggio interrato, inserito nel Piano urbano, ma poi revocato. E dopo anni di divergenze la palla è passata ai giudici del Tar la cui sentenza è fissata per il prossimo 12 febbraio. Alessandro Cochi, quando ricopriva la carica di Delegato alle politiche sportive di Roma Capitale, si spese tantissimo per il rilancio dei due impianti. «Da Delegato alle Politiche Sportive portai avanti una battaglia giocata su due fronti: “restituire” Campo Testaccio alla Roma e lo Stadio Flaminio alla Lazio, le storiche case delle due società romane. Per quanto attiene Testaccio ne parlai con l’attuale dg, Mauro Baldissoni, che si disse molto interessato. Oggi il progetto potrebbe andare avanti con protagonista una costola del settore giovanile e un

museo della prima Roma, di fatto un punto di aggregazione dal forte valore culturale e sociale. Lo stesso passaggio feci con il Presidente Lotito per la Lazio: gli proposi l’acquisizione o la gestione dello Stadio Flaminio con lo scopo di farne un centro polisportivo e non solo calcistico. In questo caso Lotito dichiarò non funzionale il progetto. Peccato perché quell’impianto è stato la casa della Lazio da sempre». Non tutte le battaglie si vincono, dunque. A vincere o perdere, a volte, è proprio la storia. La causa del Flaminio potrebbe essere sposata oggi dalla Figc per creare una Coverciano romana proprio nel campo che vide protagonisti gli azzurri vincitori a Roma dei Mondiali del 1934. Tutto questo mentre l’annosa “legge sugli stadi” tarda ad arrivare….

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c u r i o s i t à qui lazio qui roma I MARCATORI Per la Lazio i migliori marcatori sono Silvio Piola, recordman italiano, con 7 reti (di cui 6 in campionato ed una in coppa), seguito da Alejandro Demaría e Rocchi con 5 marcature, tutte in campionato.

I MARCATORI Dino Da Costa è il miglior marcatore dei derby con 11 reti, di cui 9 in campionato (primato condiviso con Delvecchio e Totti) e 2 in Coppa Italia. Il brasiliano andò a segno in 8 derby consecutivi

AUTORETI Hanno realizzato un’autorete nel derby, i seguenti giocatori: Faotto (primo tra i laziali), Gualtieri, Janich, Acerbi (primo tra i romanisti), Clerici, Rocca, Negro e Pulici.

AUTORETI Santarini è il giocatore ad aver segnato più autoreti nella storia del derby romano, insaccando il pallone nella propria porta, nei rispettivi incontri del 14 marzo 1971 e dell’11 marzo 1973.

PLURIPRESENTI Per la Lazio i giocatori più presenti nei derby sono Giuseppe Wilson con 22 gettoni (17 in campionato e 5 in coppa) e Silvio Piola (19 presenze in campionato e 2 in coppa).

PLURIPRESENTI Totti detiene il primato dei derby disputati: 38 (33 di campionato e 5 di Coppa Italia). In questa graduatoria è seguito da Santarini che vanta 19 presenze in campionato e 6 in coppa.

MISTER VINCENTI Eriksson, alla guida della Lazio, nel 1997-1998 è stato il primo e unico allenatore a vincere 4 derby in una sola stagione (2 di campionato e 2 di coppa). Il record di vittorie consecutive in campionato (4) è di Maestrelli (1972-1973 e 1973-1974).

MISTER VINCENTI Claudio Ranieri, alla guida della Roma, ha ottenuto quattro vittorie consecutive vincendo entrambi i confronti, nella stagione 2009-2010, e il match di andata della stagione 2010-2011, finanche l’incontro di Coppa Italia del 19 gennaio 2011.

PROTAGONISTI Nella stagione 1988-1989 grazie al primo gol nella massima divisione del giovane Paolo Di Canio, la Lazio sconfisse la Roma dopo dieci anni.

PROTAGONISTI Vincenzo Montella è il giocatore che ha segnato più gol in un unico derby: quattro reti, con il risultato finale di 5-1 a favore dei giallorossi, nella stagione 2001-2002.

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