Startup 2015

Page 1

E R E C S CONO ERE

C A S M O E N T O S I C L’ECOSSISTEM A ELLE O D C O LR’E N A MANO DELLE OM RO

P U T R ST

le attività l u s e n io z a l Re marzo 2015i risultati e sintesi de



INDICE

PREMESSA 3

CAPITOLO 1 - IL CONTESTO INTERNAZIONALE E NAZIONALE

7

1.1.1 Startup 2015: lo scenario internazionale, un anno dopo

9

1.1.2 La Silicon Valley

9

1.1.3 Santiago del Cile

12

1.1.4 Tel Aviv

15

1.2 Il contesto italiano

19

1.2.1 Il quadro generale

21

1.2.2 La definizione di startup innovativa

21

1.2.3 Le misure agevolative

23

1.2.4 Il fondo di garanzia e il ruolo delle banche

31

1.2.5 L’equity crowdfunding

32

1.2.6 Le piattaforme di crowdfunding in Italia

34

1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

35

1.3.1 L’ecosistema italiano delle startup: “esplosivo, confuso, deludente”

47

1.3.2 Un ecosistema a due facce

47

CAPITOLO 2 - L’ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP 2.1.1.Startup Roma, un anno dopo

51 53

2.1.2 Le startup sul territorio della Capitale

57

2.1.3 Incubatori e acceleratori dell’ecosistema romano

58

2.1.4 Gli spazi di coworking

61

2.2 Il ruolo delle istituzioni

71

2.2.1 Il ruolo della Regione Lazio e di Roma

73

2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

79

2.3.1 Startupper chi?

81

2.3.2 Il profilo delle startup romane

86

2.3.3 Criticità, bisogni e aspettative degli startupper romani

90

1


CAPITOLO 3 - L’OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL’ECOSISTEMA ROMANO - le interviste 105 Intervista a Luigi Capello, LUISS Enlabs e LV Venture Group

107

Intervista a Augusto Coppola, InnovAction Lab

110

Intervista a Giammarco Carnovale, Roma Startup

113

Intervista a Marco Trombetti, PiCampus

117

Intervista a Fabrizio Cialdea, Atooma

119

Intervista a Monica Archibugi, Le Cicogne

123

Intervista a Giorgio Sadolfo, Il Filo

126

Intervista a Roberto Macina, Qurami

129

Intervista a Luca Rossi, Wanderio

131

Intervista a Gianluca Ciralli, commecialista.com e jenio.com

136

Intervista a Federico De Cerchio, CEO & Co-Founder wineOwine

140

CAPITOLO 4 - CONCLUSIONI E DIRETTRICI STRATEGICHE

143

Le direttrici strategiche su cui intervenire

145

FONTI 151 Fonti situazione internazionale

153

Fonti situazione italiana

154

Il team di lavoro

156

2


PREMESSA 3


4


premessa

D

a fenomeno di grande interesse, e altrettanto grandi aspettative, le startup sembrano essere diventate oggi una realtà del sistema economico globale, in grado di rappresentare innovazione, creatività e spirito imprenditoriale.

Un fenomeno caratterizzato da una grande dinamicità in termini di sviluppo ed evoluzione che rende difficile fissarne i confini e i tratti salienti se non attraverso un monitoraggio costante non solo del percorso che vede protagoniste le startup ma di tutto quel contesto, economico, sociale, istituzionale, che abbiamo definito “ecosistema”. Perché le startup non sono realtà autonome ma rappresentano il frutto, e allo stesso tempo il motore, del contesto in cui nascono e si sviluppano. Succede così a livello globale, ma anche nel nostro Paese e, in particolare, nel contesto romano. Proprio da questa considerazione nasce questo secondo report, che rappresenta un aggiornamento del primo studio sull’ecosistema romano delle startup realizzato esattamente un anno fa e presentato nell’aprile 2014. Attraverso l’osservazione degli stessi fattori a distanza di un anno questa indagine si pone l’obiettivo di osservare non solo i cambiamenti di tale ecosistema ma di creare uno storico metodologico che renda possibile monitorare il fenomeno partendo da un punto zero. Il presente report infatti, e il lavoro di indagine che ne sono la base, risponde all’esigenza di dare seguito ad un percorso di analisi e monitoraggio che non sarà sicuramente esasustivo del fenomeno ma che ha l’ambizione di essere il più possibile aggiornato e vicino alla realtà. Un lavoro che, come la prima edizione, ha non solo una funzione conoscitiva ma ha l’obiettivo di diventare la base di partenza nella definizione di azioni e strumenti concreti a sostegno della crescita e dello sviluppo delle startup e di tutto il contesto socio-economico in cui si muovono. Conoscere per fare, scrivevamo dodici mesi fa.

5


Il primo passo del lavoro di ricerca è stato aggiornare l’analisi sullo scenario generale delle startup, partendo dal contesto internazionale, con particolare attenzione a quelle realtà in cui le startup sono ormai protagoniste nella crescita dell’economia, come Stati Uniti, Israele, Cile, per calarsi poi nello scenario italiano sia da un punto di vista quantitativo, sia dal punto di vista normativo, per individuare i cambiamenti più significativi che hanno riguardato il settore nel nostro Paese. Elemento centrale della ricerca è stata, anche stavolta, l’analisi dell’ecosistema romano. Come l’anno scorso ci siamo trovati di fronte al problema di individuare il corpus di riferimento, non essendo unanimi, su questo punto, le fonti. Per continuità metodologica si è deciso quindi di privilegiare, come per l’edizione 2014, una fonte ufficiale e istituzionale, ovvero il Registro Imprese delle Camere di Commercio. Il lavoro di indagine è stato sviluppato sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Agli startupper romani è stato somministrato un questionario al fine di aggiornare il profilo delle startup della capitale. Ai protagonisti dell’ecosistema, stakeholders, investitori e incubatori/acceleratori sono state invece somministrate delle interviste in profondità, al fine di avere un punto di vista diverso, quale quello degli altri protagonisti dell’ecosistema delle startup. Dalla sintesi dei dati raccolti nelle tre fasi di indagine (desk, quantitativa, qualitativa) sono state ipotizzate delle possibili azioni da mettere in campo partendo da quelle individuate un anno fa per fare anche il punto su cosa è stato fatto e cosa no per rendere l’ecosistema romano sempre più attrattivo e competitivo rispetto ad altri contesti italiani e internazionali.

6


CAPITOLO 1

IL CONTESTO INTERNAZIONALE E NAZIONALE

7


8


1 IL CONTESTO INTERNAZIONALE E NAZIONALE

1.1.1 Startup 2015: lo scenario internazionale L’analisi di come si è evoluto il sistema romano delle startup a un anno di distanza non può non partire da una prospettiva più ampia, la stessa utilizzata nello studio precedente. Con la consapevolezza che il mondo è sempre più interconnesso, le idee viaggiano a una velocità quasi istantanea e i confini tra i paesi sono sempre più sfocati per quanto riguarda gli investimenti e i modelli di business, è interessante capire quali sono e come si sono evoluti i principali ecosistemi di imprese innovative nel mondo. La creazione e lo sviluppo di regioni ed aree ad alta concentrazione di startup, infatti, è un prerequisito riconosciuto per attrarre persone di talento, incoraggiare i creativi a sperimentare nuove idee e migliorare le possibilità di ottenere gli investimenti per mettere in piedi un’impresa innovativa. L’attrazione di talenti e investitori associata alla presenza di infrastrutture moderne e di ambienti culturalmente favorevoli alle startup è certamente uno degli ingredienti fondamentali di quella che è universalmente considerata come la “regione madre” delle startup, ovvero la Silicon Valley. Questo però è soltanto l’esempio più noto di un movimento in continua evoluzione che coinvolge molti Paesi, un movimento centripeto che tende a concentrare menti e risorse in alcune regioni startup-friendly. Quali sono queste regioni, che caratteristiche e punti di forza presentano, e come si sono evolute di recente? Lo scopo di questa introduzione è fornire un quadro dei principali trend e business model che stanno nascendo e sviluppandosi a grande velocità nelle aree più innovative del mondo, con l’obiettivo di fornire, se non un termine di paragone, quantomeno un modello a cui ispirarsi per l’ecosistema romano delle startup. Come si crea un ambiente fertile per le startup, e soprattutto come si passa da semplice territorio attrattivo in un contesto nazionale a hub internazionale delle imprese innovative? Se nella ricerca precedente l’attenzione si era concentrata su interi paesi e le loro legislazioni, adesso proviamo a concentrarci sulle singole aree e regioni che si stanno sviluppando in contesti anche molto diversi da loro, evidenziando punti di forza peculiari e buone pratiche che potrebbero essere esportate in altre regioni.

1.1.2 Silicon Valley Cominciamo proprio con la Silicon Valley. Quali sono i vantaggi di questo ecosistema? È innanzi tutto un ecosistema estremamente evoluto, standardizzato a livello di documenti e procedure burocratiche e legali, capace di attirare una grande quantità di venture capital. La Silicon Valley offre dunque agli imprenditori tutta una serie di opzioni che permette loro

9


di accedere facilmente alle risorse richieste per sviluppare una startup il più velocemente possibile61. Intanto qualche numero: parliamo di una macroregione di 7,5 milioni di abitanti che produce un prodotto interno lordo di 535 miliardi di dollari. Nella Silicon Valley i venture capitalists e gli angel investors svolgono un ruolo decisivo: assieme costituiscono circa il 53 per cento di tutto il finanziamento che giunge alle startup locali. In particolare, i venture capitalist svolgono ruoli multipli come quello di broker, consulente aziendale, reclutatore e persino di avvocati. La forza di questa macro-regione è data anche dalla presenza di innumerevoli incubatori e acceleratori, per lo più privati, una rete di competenze multidisciplinare e trasversale alimentata dalla presenza di alcune tra le migliori università del mondo e, fattore spesso sottovalutato, una popolazione molto istruita, giovane e dinamica, con quasi il 38% del totale composto da persone di età compresa tra i 24 e 44 anni. Il diagramma successivo mostra, sinteticamente, le caratteristiche principali dell’ecosistema californiano:

Grafico 1. Punti di forza e di debolezza della Silicon Valley, Leading Global Ecosystems Report

61 Leading Global Ecosystems Report 2013, Opinno Strategy

10


1 IL CONTESTO INTERNAZIONALE E NAZIONALE

Tra i principali punti di forza della Silicon Valley ha contato l’autonomia e i finanziamenti concessi da parte del governo degli Stati Uniti, e ovviamente la capacità di attrarre risorse dal settore privato e dagli imprenditori per sviluppare con continuità l’ecosistema. Centrale anche il già menzionato tema delle università e di una popolazione dinamica e istruita.

Figura 1. Fonti di finanziamento per le startup della Silicon Valley

Figura 2. Creazione di lavoro: impiegati full time

Al contrario, la difficoltà di trovare terreni e abitazioni a prezzi abbordabili, dato che il grande richiamo della Silicon Valley ha reso il mercato delle abitazioni estremamente costoso, con affitti medi mensili che si aggirano intorno ai 1750 dollari. È questo un fattore da non sottovalutare, dato che ha portato molte imprese giovani a stabilire la propria sede al di fuori della macro-regione. Un altro potenziale punto debole a lungo termine per la Silicon Valley è la rigorosa politica di immigrazione del governo federale degli Stati Uniti, dato che il 52% di startup sono create da cittadini stranieri.

11


Ad ogni modo, i dati62 rispetto alla media globale degli altri principali ecosistemi confermano la straordinaria vitalità della regione californiana. In sintesi: • Capitale raccolto superiore al 32% in tutte le fasi di sviluppo di una startup; • 20% in più di mentori e 35% in più di imprenditori seriali • 22 % in meno di probabilità di considerare la realizzazione pratica del prodotto come una “sfida difficile” • gli imprenditori lavorano più ore al giorno e si preoccupano di aggredire nuovi mercati piuttosto che quelli già esistenti e di nicchia.

1.1.3 Santiago del Cile Restando nel continente americano, uno degli ecosistemi che più ha attirato l’attenzione di investitori e studiosi è certamente quello di Santiago e, più in generale, di tutto il Cile. La peculiarità cilena è il ruolo centrale avuto dal governo nazionale: il programma “Startup Chile” lanciato nel 2010, offre 40.000 dollari agli imprenditori che si spostano in Cile per sei mesi e decidono di avviare una nuova attività63. Il programma è stato indubbiamente una delle iniziative che hanno avuto più successo nel mondo nell’offrire un sostegno non solo finanziario agli imprenditori stranieri, ma anche in termini di spazi per uffici, accesso a internet gratuito, mentoring e networking. A differenza di altri programmi simili lanciati in altre parti del mondo, la peculiarità cilena è stata quella di non chiedere in cambio niente di “etico”, ma soltanto di trasferirsi nel Paese e interagire con gli imprenditori locali. In pratica, la scommessa cilena è stata quella di contare sul fatto che gli imprenditori stranieri avrebbero trasformare la cultura imprenditoriale locale, insegnando a correre dei rischi, ad aiutarsi a vicenda e a formare reti globali. La scommessa è stata sicuramente un successo: The Economist ha definito il Paese “Chilecon Valley”, e in particolare la capitale Santiago brulica di attività imprenditoriale: gli studenti universitari ora cercano lavoro nelle startup piuttosto che nelle grandi aziende e il marchio del Paese come giovane e aperto all’innovazione è riconosciuto in tutto il mondo64. “Startup Chile” ha incubato oltre 800 aziende, riuscendo in pochi anni a trasformare il Cile in un hub per l’imprenditorialità e l’innovazione. Significativa, a questo proposito, l’analisi che del programma offre Paolo Privitera, CEO di Pick1 e primo italiano a partecipare al programma: “La cosa interessante del Cile è il ruolo svolto dal Governo, che non avendo un tessuto imprenditoriale basato sulle industrie ha deciso di puntare sull’economia della 62 “Startup Ecosystem Report”, Startup Genome 63 www.ecosysteminsights.org/start-up-chile-heading-toward-failure-or-success/ 64 www.washingtonpost.com/blogs/innovations/wp/2014/06/11/chile-teaches-the-world-a-lesson-about-innovation/

12


1 IL CONTESTO INTERNAZIONALE E NAZIONALE

conoscenza e quindi sulle startup. In quest’ottica va inquadrata anche la recente riforma scolastica della neoeletta Bachelet. Guardando il quadro generale, questo programma è importante per l’economia cilena in quanto l’imprenditorialità è un elemento chiave se il Cile vuole essere un paese sviluppato”65. E in effetti Startup Cile ha ricevuto più di 12mila richieste di adesione da 112 paesi. Secondo il direttore esecutivo di Startup Chile, Sebastian Vidal, le prime 199 aziende che hanno visitato il Cile sono tornate a casa raccogliendo un totale di 72 milioni dollari in finanziamenti. Altre 132 aziende che hanno deciso di rimanere hanno raccolto 26 milioni di dollari. Non male, insomma, per un programma che al governo cileno è costato circa 35 milioni di dollari66. Per capire la portata dell’esperimento cileno bisogna ricordare che il Cile non è nemmeno ancora classificato come una “innovation-driven economy” dall’OCSE , eppure il Paese si colloca al 39° posto nel rapporto Global Innovation Index, mentre la città di Santiago è stata evidenziata come un esempio di ecosistema estremamente efficiente già nel 2012, a soli due anni dall’avvio del programma. Ma quali sono i punti di forza e di debolezza di questo ecosistema?

Grafico 2. Punti di forza e di debolezza dell’ecosistema di Santiago del Cile, Leading Global Ecosystems Report

65 www.chefuturo.it/2014/12/nel-mondo-nuovo-delle-start-up-guardiamo-a-germania-e-cile/ 66 www.washingtonpost.com/blogs/innovations/wp/2014/06/11/chile-teaches-the-world-a-lesson-about-innovation/

13


Le industrie e le strutture di finanziamenti privati, intanto, hanno un ruolo secondario rispetto a quello svolto dal Governo e dalle università. Sicuramente la mano pubblica ha cercato di colmare le lacune strutturali nel ciclo di finanziamento delle startup cilene, con l’assunzione di un ruolo attivo nella progettazione e nello stanziamento di capitali di rischio. I business angels tendono a sostenere i progetti in fase di crescita che non sono eccessivamente rischiosi, e resta il fatto che le startup di Santiago raccolgono il 96 per cento in meno di finanziamento rispetto all’irraggiungibile Silicon Valley. Tra i punti deboli del sistema c’è anche il basso livello di trasmissione di conoscenza tra imprese e università: se Il 40 per cento della spesa totale per R & S deriva dalle università - e principalmente da quelle di Santiago, l’Università del Cile e l’Università Cattolica - queste coinvolgono ancora troppo poco le aziende private nei loro progetti. Le banche, inoltre, sono spesso ancora riluttanti a prestare denaro a imprenditori nelle fasi iniziali della vita dell’impresa. L’ecosistema cileno ha comunque presentato una crescita a ritmo sostenuto grazie agli sforzi del governo per attrarre investitori stranieri e per rendere il Paese meno burocratico e più trasparente, con il ruolo fondamentale, come accennato sopra, delle principali università del Cile. Per concludere l’analisi dell’esperimento cileno, è possibile citare il parere di Vivek Wadhwa direttore della Ricerca al “Center for Entrepreneurship and Research Commercialization” alla Duke University e membro del Consiglio del Programma Start-Up Chile. La sua idea sul sistema cresciuto a Santiago è che la sfida iniziale fosse simile a quella della maggior parte delle regioni diverse dalla Silicon Valley, ovvero l’assenza di una cultura imprenditoriale che “tollerasse” il fallimento e incoraggiasse la condivisione delle informazioni e la sperimentazione. Per questo, spiega Wadhwa, “ho suggerito che il paese importasse ciò di cui aveva bisogno, approfittando della stupidità dell’America nel mandare via gli imprenditori più innovativi del mondo. A causa di politiche di immigrazione fallimentari, gli Stati Uniti stanno vivendo un esodo di talenti imprenditoriali altamente qualificati. Il Ministro dell’Economia del Cile, Juan Andrés Fontaine, a cui ho lanciato l’idea, era scettico riguardo alla possibilità che questi stranieri sarebbero venuti in Cile, ma ha approvato l’esperimento. Start-Up Chile è sopravvissuto a due cambi di governo e costituirà la base per per costituire nuove importanti iniziative legate all’innovazione. Secondo Eduardo Bitran, recentemente nominato a capo dell’agenzia di sviluppo economico del Cile, CORFO, il progetto è di importanza nazionale e un modello per il resto del mondo”67.

67 www.washingtonpost.com/blogs/innovations/wp/2014/06/11/chile-teaches-the-world-a-lesson-about-innovation/

14


1 IL CONTESTO INTERNAZIONALE E NAZIONALE

1.1.4 Tel Aviv Quello che gravita attorno alla città di Tel Aviv è probabilmente uno degli ecosistemi di startup più studiati al mondo. Tel Aviv, la seconda città più popolosa in Israele è una città dinamica nota internazionalmente per il suo ambiente creativo e per la sua capacità di attrarre giovani con alto livello d’istruzione e dipendenti qualificati per le numerose imprese di successo che gravitano nella regione. Grazie anche a iniziative governative mirate, Tel Aviv è la città con più startup procapite nel mondo, vanta un’altissima qualità della ricerca ad alti livelli - Israele è il Paese che investe la più alta percentuale del PIL investita in R & S - e attira venture capitalists pronti a investire sulla prossima grande idea di business. Non è un caso che Tel Aviv, tra le altre cose, abbia vinto il World Smart Cities Award 2014, premio consegnato in occasione dello Smart City Expo World Congress che si è tenuto a Barcellona, superando la concorrenza di 250 rivali68. Proprio il 2014 è stato un anno di svolta per le startup israeliano dal punto di vista della crescita delle exit. Secondo l’ultimo report “IVC Research Center e Meitar Liquornik Geva Leshem Tal” nell’ultimo anno le startup israeliane hanno fatto registrare una crescita del 5% del numero delle exit, tra acquisizioni e ingresso in borsa, per un totale di 6,94 miliardi di dollari69. Il numero di Offerte Pubbliche Iniziali (IPO in inglese) delle startup israeliane è stato il più elevato degli ultimi dieci anni. Questo, nonostante il Paese abbia fatto registrare un deciso rallentamento della sua economia, ferma al 2,6% di crescita su base annua rispetto al 3,2% del 2013. Questa stima si basa peraltro sul solo valore degli scambi, senza tenere in considerazione le valutazioni delle aziende post-IPO. Queste, riportate invece da PWC, fanno levitare il valore totale delle exit a un totale di 15 miliardi di dollari.

68 www.key4biz.it/smart-city-expo-2014-premia-tel-aviv-miglior-ecosistema-urbano-per-linnovazione/ 69 www.italianangels.net/2015/01/14/tel-aviv-startup-nation/

15


Grafico 3. Punti di forza e di debolezza dell’ecosistema di Tel Aviv, Leading Global Ecosystems Report

Tra le principali minacce per l’ulteriore sviluppo dell’ecosistema, ad ogni modo, dobbiamo segnalare l’instabilità politica della regione e, in generale, la costante minaccia del terrorismo che aleggia sulla città e che limita inevitabilmente la capacità di attrazione di imprenditori stranieri. Uno dei problemi principali dell’ecosistema, poi, è la dimensione del mercato locale, dato che Israele ha una popolazione relativamente ridotta: questa caratteristica comporta una migrazione di molte startup da Tel Aviv all’estero una volta raggiunto il successo economico, per garantirsi la possibilità di accedere a un hanno successo un mercato più ampio. Ad ogni modo, secondo il Global Venture Capital Confidence Survey di Deloitte, Israele ha mantenuto nel 2014 il secondo posto tra i Paesi consigliati dagli investitori, con un punteggio di 3.71, dietro a Stati Uniti (4,03) e davanti al Canada (3.48)70.

70 Ibidem

16


1 IL CONTESTO INTERNAZIONALE E NAZIONALE

Grafico 4. Fiducia degli investitori nei Paesi, 2014, Deloitte

Va ricordato, inoltre, un fattore spesso sottovaluto: il costo medio mensile per vivere e lavorare da remoto a Tel Aviv è stimato intorno ai 1.892 euro, mentre ad esempio per città come Milano raggiunge i 3.375. Ma di cosa si occupano le startup di Tel Avivi? Secondo le ricerche più recenti, i settori chiave sono internet, comunicazione, IT, life science, cleantech. Il 64% delle aziende hi-tech della città, inoltre, sono alla fase di startup, e il 24% di esse non supera i 4 dipendenti71. Concludiamo ricordando che, oltre al ruolo pubblico ampiamente analizzato nel report dello scorso anno, l’ecosistema israeliano beneficia di una grande attenzione da parte degli investitori internazionali e, più in generale, dei privati. Interessanti da questo punto di vista il cresce interessamento da parte della Cina72 e la continua nascita di centri di ricerca, come dimostra la recente apertura della CyberSpark a Be’er Sheva, un parco nazionale d’informatica in grado di includere leader mondiali del settore della sicurezza per sviluppare nuove strategie di cyber-difesa da consegnare in futuro a governi e a multinazionali73. 71 Idibem 72 Il valore delle esportazioni israeliane verso la Cina ha superato nel 2013 i 3 miliardi di dollari. 73 www.officineformative.it/tel-aviv-la-nuova-silicon-valley-mediorientale/

17


18


1.2

Il contesto italiano

19


20


1 .2 Il contesto italiano

1.2.1 Il quadro generale La Legge 221/2012, che ha convertito il Decreto Legge 179/2012 noto anche come “Decreto Crescita 2.0”, ha introdotto per la prima volta in Italia la definizione di startup innovativa. Al suo interno, sono contenute le misure volte a promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione, in particolare giovanile, l’aggregazione di un ecosistema animato da una nuova cultura imprenditoriale votata all’innovazione, così come a favorire una maggiore mobilità sociale, il rafforzamento dei legami tra università e imprese nonché una più massiccia attrazione di talenti e capitali esteri nel nostro Paese. Il “Decreto Crescita 2.0” ha accolto i suggerimenti formulati nel Rapporto Restart, Italia! – elaborato da una task force di 12 esperti istituita nell’aprile del 2012 dal Ministro dello Sviluppo Economico – ed emersi dalla consultazione con i principali attori dell’ecosistema imprenditoriale nazionale. In particolare, ha introdotto in favore delle startup innovative un vasto corpus normativo (artt. 25-32) che prevede nuovi strumenti e misure di vantaggio che incidono sull’intero ciclo di vita dell’azienda, dall’avvio alle fasi di crescita, sviluppo e maturazione. Per quanto riguarda lo stato di attuazione della normativa a sostegno delle startup innovative, alcune misure sono entrate immediatamente in vigore con la Legge 221/2012, altre hanno necessitato di successivi interventi attuativi.

1.2.2 La definizione di startup innovativa La normativa, come abbiamo già sottolineato, è riferita esplicitamente alle startup innovative. Non include, quindi, qualsiasi impresa di nuova costituzione, ma soltanto quelle che fanno innovazione in ambito tecnologico in riferimento a tutto il mondo produttivo, dalle tecnologie delle telecomunicazioni e dell’informazione alla manifattura, dai servizi all’artigianato, solo per citarne alcuni. Entrando nel merito della definizione di startup innovativa, alle misure agevolative possono accedere le società di capitale, costituite anche in forma cooperativa, o le Società Europee, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti: • sono nuove o comunque hanno meno di 4 anni di attività; • hanno sede principale in Italia; • presentano un fatturato annuo inferiore a 5 milioni di euro; • non distribuiscono utili; • hanno come oggetto sociale lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; • non sono costituite da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;

21


Infine, il contenuto innovativo dell’impresa è identificato con il possesso di almeno uno dei tre seguenti criteri: 1. almeno il 15% del maggiore tra fatturato e costi annui è ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo; 2. la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale; 3. l’impresa è titolare, depositaria o licenziataria di brevetto registrato (privativa industriale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato. Possono iscriversi alla sezione speciale del Registro delle imprese e accedere alle misure agevolative anche le imprese già costituite alla data di entrata in vigore della Legge (19 dicembre 2012) e in possesso dei requisiti previsti dalla stessa. Queste possono accedere ai benefici previsti per le startup innovative per un periodo di 4 anni, se la società è stata costituita entro i 2 anni precedenti, di 3 anni, se è stata costituita entro i 3 anni precedenti, e di 2 anni, se è stata costituita entro i quattro anni precedenti. Capitolo a sé riguarda le startup a vocazione sociale: possiede tutti i requisiti delle startup innovative e opera in alcuni settori specifici che la legge italiana (l. 155/2006, art. 2 comma 1) considera di particolare valore sociale. I settori individuati sono quelli: • dell’assistenza sociale; • dell’assistenza sanitaria; • dell’educazione, istruzione e formazione; • della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; • della raccolta dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi; • della valorizzazione del patrimonio culturale; • del turismo sociale; • della formazione universitaria e post-universitaria; • della ricerca ed erogazione di servizi culturali; • della formazione extra- scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo. Oltre alle startup, tra i beneficiari della legge in esame, ci sono anche gli incubatori certificati che, per essere riconosciuti come tali, devono soddisfare alcuni requisiti specifici relativi ai locali, al management, alle attrezzature e, soprattutto, devono dimostrare comprovata

22


1 .2 Il contesto italiano

esperienza nelle attività di sostegno all’avvio di imprese innovative. In questo modo la legge mira a individuare e valorizzare le strutture che offrono realmente ed efficacemente servizi di incubazione. Gli incubatori certificati possono beneficiare di alcuni strumenti previsti dalla legge: • esonero da diritti camerali e imposte di bollo; • uso di stock option; • credito d’imposta per le assunzioni di personale altamente qualificato; • accesso semplificato al Fondo Centrale di Garanzia. Le startup innovative e gli incubatori certificati devono registrarsi nella sezione speciale del Registro delle imprese creata ad hoc presso le Camere di Commercio. Questa registrazione permette di dare pubblicità, effettuare controlli e garantire il monitoraggio dell’impatto che la nuova legislazione avrà sulla crescita economica e l’occupazione. Poiché la policy vuole essere “fondata sull’evidenza”, il corpus normativo prevede la realizzazione di un sistema strutturato di monitoraggio e di valutazione dell’impatto economico delle misure, ponendo altresì l’obbligo, in capo al Ministro dello Sviluppo economico, di relazionare annualmente in Parlamento. A tal proposito, nel marzo del 2014 il Ministro dello Sviluppo economico ha presentato la prima “Relazione annuale al Parlamento sullo stato d’attuazione della policy a sostegno delle startup innovative”. La Relazione si fonda sull’analisi compiuta dal Comitato di monitoraggio e valutazione costituito con Decreto Ministeriale del 31 gennaio 2014.

1.2.3 Le misure agevolative Le misure di agevolazione previste dalla Legge 221/2012 sono: • Esonero da diritti camerali e imposte di bollo: startup innovative e incubatori certificati non dovranno pagare il diritto annuale dovuto in favore delle Camere di Commercio, nonché, come chiarito dalla circolare 16/E emessa l’11 giugno 2014 dall’Agenzia delle Entrate, i diritti di segreteria e l’imposta di bollo per qualsiasi adempimento da effettuare presso il Registro delle imprese. • Gestione societaria flessibile: l’atto costitutivo delle startup innovative create in forma di società a responsabilità limitata può prevedere categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o che ne attribuiscono in misura non proporzionale alla partecipazione. • Facilitazioni nel ripianamento delle perdite: in caso di perdite sistematiche le startup godono di un regime speciale sulla riduzione del capitale sociale, tra cui una moratoria di

23


un anno per il ripianamento delle perdite superiori ad un terzo (il termine è posticipato al secondo esercizio successivo). • Disciplina del lavoro tagliata su misura: la startup innovativa potrà assumere personale con contratti a tempo determinato della durata minima di 6 mesi e massima di 36 mesi. All’interno di questo arco temporale, i contratti potranno essere anche di breve durata e rinnovati più volte. Dopo 36 mesi, il contratto potrà essere ulteriormente rinnovato una sola volta, per un massimo di altri 12 mesi, e quindi fino ad arrivare complessivamente a 48 mesi. Dopo questo periodo, il collaboratore potrà continuare a lavorare in startup solo con un contratto a tempo indeterminato. La norma è scritta anche in modo da contrastare il rischio di finte Partite IVA passati i 48 mesi. • Facoltà di remunerazione flessibile: fatto salvo un minimo tabellare, è lasciato alle parti stabilire quale parte della remunerazione sia fissa e quale variabile. • Remunerazione attraverso strumenti di partecipazione al capitale: la startup può remunerare i propri collaboratori con strumenti di partecipazione al capitale sociale (come le stock option), e i fornitori di servizi esterni attraverso schemi work for equity. Il regime fiscale e contributivo che si applica a questi strumenti è vantaggioso e concepito su misura rispetto alle esigenze tipiche di una startup. Anche gli incubatori certificati possono utilizzare questa modalità di remunerazione. • Credito d’imposta per l’assunzione di personale altamente qualificato (decreto attuativo; guida): è stato definito un accesso prioritario alle agevolazioni per le assunzioni di personale altamente qualificato nelle startup innovative e negli incubatori certificati. Tali agevolazioni consistono in un credito d’imposta pari al 35% del costo aziendale totale sostenuto per le assunzioni a tempo indeterminato, anche con contratto di apprendistato, nel primo anno del nuovo rapporto di lavoro. • Introduzione di incentivi fiscali per investimenti in startup provenienti da persone fisiche (detrazioni Irpef del 19%) e giuridiche (deduzioni dell’imponibile Ires del 20%) per gli anni 2013, 2014, 2015 e 2016 (decreto attuativo): gli incentivi valgono sia in caso di investimenti diretti in startup, sia in caso di investimenti indiretti per il tramite di altre società che investono prevalentemente in startup. Il beneficio fiscale è maggiore se l’investimento riguarda le startup a vocazione sociale e quelle che sviluppano e commercializzano prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico (detrazioni Irpef al 25%; deduzioni dall’imponibile Ires al 27%). • Introduzione dell’equity crowdfunding, la cui regolamentazione di dettaglio è stata predisposta dalla Consob: con la pubblicazione del testo definitivo del “Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di startup innovative tramite portali on-line” l’Italia è il primo Paese al mondo ad aver regolamentato il fenomeno con uno strumento normativo dedicato. Le startup innovative possono avviare campagne di raccolta di capitale diffuso attraverso portali online autorizzati.

24


1 .2 Il contesto italiano

• Accesso semplificato, gratuito e diretto per le startup al Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese, un fondo governativo che facilita l’accesso al credito attraverso la concessione di garanzie sui prestiti bancari (decreto attuativo; guida). La garanzia copre fino allo 80% del credito erogato dalla banca alla startup, fino a un massimo di 2,5 milioni di euro, ed è concessa sulla base di criteri di accesso estremamente semplificati, con un’istruttoria che beneficia di un canale prioritario. Gli incubatori certificati possono beneficiare dello stesso regime speciale riservato alle startup. • Sostegno ad hoc nel processo di internazionalizzazione delle startup da parte dell’Agenzia ICE: include l’assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia, l’ospitalità a titolo gratuito alle principali fiere e manifestazioni internazionali, e l’attività volta a favorire l’incontro delle startup innovative con investitori potenziali per le fasi di early stage capital e di capitale di espansione. In particolare, è stata autorizzata l’emissione della “Carta Servizi Startup” che dà diritto a uno sconto del 30% sulle tariffe dei servizi di assistenza erogati dall’Agenzia. • Fail-fast: introduzione di procedure volte a rendere più rapido e meno gravoso il processo che si mette in moto nel caso in cui la startup non decolli. Sottraendo le startup innovative dalla disciplina del fallimento, si permette all’imprenditore di ripartire con un nuovo progetto imprenditoriale in modo più semplice e veloce, affrontando più agevolmente il procedimento liquidatorio. Sul piano culturale, si mira ad aggredire il paradigma, molto radicato, della stigmatizzazione del fallimento. In aggiunta a quanto disposto dalla normativa, il Ministero dello Sviluppo economico è impegnato a: • Promuovere, con la collaborazione del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’Interno e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, una politica dei visti dedicata agli imprenditori innovativi extra-UE, quale leva strategica per attrarre e trattenere nel nostro Paese capitale umano altamente qualificato e innovazione. Lanciato dal Ministro dello Sviluppo economico il 24 giugno 2014, il programma Italia Startup Visa ha introdotto un meccanismo rapido, centralizzato e leggero sul piano burocratico per la concessione dei visti di ingresso per lavoro autonomo a richiedenti che intendono avviare una startup innovativa nel nostro Paese (sito ufficiale e linee guida del programma Italia Startup Visa); • Sviluppare, insieme al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, un progetto pilota per la costituzione di Contamination Lab – luoghi di contaminazione che promuovono la cultura dell’imprenditorialità, dell’innovazione e nuovi modelli di apprendimento – in alcune università italiane delle Regioni Convergenza (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia). Alcune delle università delle quattro regioni citate hanno fatto pervenire candidature per la costituzione di Contamination Lab presso le proprie strutture. Il budget totale della quarta linea del bando era di un milione di euro, e il valore dei progetti presentati non poteva eccedere i duecentomila euro.

25


Un panel di esperti nominati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero dello Sviluppo economico ha selezionato le università di: • Reggio Calabria (Università Mediterranea); • Cosenza (Università della Calabria); • Catania (Università degli Studi di Catania); • Napoli (Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Sociali). I progetti sono attualmente in fase di avvio. Italia Startup Visa Italia Startup Visa si fonda sulla considerazione che i visti sono una leva strategica per attrarre e trattenere talenti e innovazione e devono essere utilizzati come incentivo all’ingresso per alcune categorie strategiche, in particolare gli imprenditori innovativi. Tra i requisiti richiesti per ottenere l’Italia Startup Visa c’è, oltre a quello basilare di voler costituire una startup innovativa (che per essere tale deve soddisfare diversi requisiti, tra i quali quello di avere come business principale l’innovazione tecnologica) l’obbligo di dimostrare la disponibilità di risorse finanziarie non inferiori a 50 mila euro (attraverso finanziamenti concessi da fondi di venture capital o altri investitori, oppure ottenuti tramite crowdfunding, o ancora rilasciati da enti governativi o non governativi italiani o stranieri). Facilitazioni particolari sono previste per gli stranieri che abbiano ricevuto la disponibilità di un incubatore certificato ad accoglierli presso le proprie strutture per la costituzione di una startup innovativa. I primi numeri di Startup Visa74 parlano di: 18 candidature ricevute (da 10 Paesi diversi) 10 visti rilasciati La procedura per ottenere l’Italia Startup Visa si compone di cinque fasi: Fase 1. È necessario scaricare dal sito italiastartupvisa.gov.it (che al momento è ancora offline) il modulo di richiesta del Nulla Osta e compilarlo; quindi bisogna acquisire dagli enti finanziatori la documentazione attestante la disponibilità di risorse finanziarie, non inferiori a 50mila euro e infine inviare tutta la documentazione per via telematica al Comitato.

74 www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Monitoraggio_misure_sostegno_investimenti_23dicembre2014.pdf

26


1 .2 Il contesto italiano

Fase 2. Il Comitato tecnico “Italia Startup Visa” valuta il modulo di richiesta del nulla osta e verifica la veridicità della documentazione attestante la disponibilità delle risorse finanziarie e, se la valutazione è positiva, richiede a nome dell’imprenditore il Nulla Osta provvisorio emesso dalla Questura territorialmente competente per il luogo in cui sorgerà la startup. Infine, il Comitato invia il documento all’imprenditore, informando i referenti del programma “Italia Startup Visa” e la rappresentanza diplomatico-consolare competente. Fase 3. L’imprenditore, dopo aver ricevuto il Nulla Osta, deve dimostrare di disporre “di idonea sistemazione alloggiativa” e di aver avuto nell’ultimo anno, nel Paese di residenza, un reddito superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (al momento significa che bisogna avere un reddito familiare lordo superiore a 36.151,98 euro). Questa documentazione va consegnata alla rappresentanza diplomatico-consolare. Fase 4. La rappresentanza diplomatico-consolare, dopo aver ricevuto la richiesta, effettua i controlli di competenza del ministero degli Esteri e degli uffici consolari all’estero e rilascia il visto di lavoro autonomo startup. Fase 5. Entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, l’imprenditore deve fare richiesta di permesso di soggiorno alla Questura competente territorialmente.

27


Figura 1. Le fasi per ottenere l’Italia Startup Visa

Se invece vi è la disponibilità di un incubatore certificato ad accogliere la startup, le fasi per ottenere l’Italia Startup Visa diventano sei: Fase 1. Dopo aver ottenuto la disponibilità di un incubatore certificato ad accogliere la startup presso le proprie strutture, bisogna scaricare dal sito italiastartupvisa.gov.it il modello di “dichiarazione d’impegno ad ospitare” e inoltrarlo all’incubatore affinché lo compili; quindi bisogna acquisire dagli enti finanziatori la documentazione attestante la disponibilità di risorse finanziarie, non inferiori a 50mila euro e infine inviare tutta la documentazione per via telematica al Comitato.

28


1 .2 Il contesto italiano

Fase 2. L’incubatore compila la dichiarazione d’impegno, che deve essere firmata dal legale rappresentante, e la trasmette per via telematica all’imprenditore e al Comitato. Fase 3. Il Comitato tecnico “Italia Startup Visa”, una volta ricevuta la dichiarazione dell’incubatore, verifica la veridicità della documentazione attestante la disponibilità delle risorse finanziarie e, se la valutazione è positiva, richiede a nome dell’imprenditore il Nulla Osta provvisorio emesso dalla Questura territorialmente competente per il luogo in cui sorgerà la startup. Infine, il Comitato invia il documento all’imprenditore, informando i referenti del programma “Italia Startup Visa” e la rappresentanza diplomatico-consolare competente. Fase 4. L’imprenditore, dopo aver ricevuto il Nulla Osta, deve dimostrare di disporre “di idonea sistemazione alloggiativa” e di aver avuto nell’ultimo anno, nel Paese di residenza, un reddito superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (al momento significa che bisogna avere un reddito familiare lordo superiore a 36.151,98 euro). Questa documentazione va consegnata alla rappresentanza diplomatico-consolare. Fase 5. La rappresentanza diplomatico-consolare, dopo aver ricevuto la richiesta, effettua i controlli di competenza del ministero degli Esteri e degli uffici consolari all’estero e rilascia il visto di lavoro autonomo startup. Fase 6. Entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, l’imprenditore deve fare richiesta di permesso di soggiorno alla Questura competente territorialmente.

29


Figura 2. Le fasi per ottenere l’Italia Startup Visa in caso di disponibilità di un incubatore ad accogliere la startup

30


1 .2 Il contesto italiano

1.2.4 Il fondo di Garanzia e il ruolo delle banche Da settembre 2014 a gennaio 2015 le startup hanno ricevuto 128 milioni di euro da parte delle banche75, superando di gran lunga i 110 milioni di euro di investimenti ricevuti da business Angel e investitori istituzionali (tra cui i fondi di venture capital, anche di banche) in cambio di quote di capitale. A facilitare questa opzione è stato il Fondo di Garanzia del Ministero dello Sviluppo Economico, esteso dal 2014 alle startup innovative, che anche in caso di insolvenza degli startupper garantisce agli istituiti di credito una copertura dell’80% del finanziamento. Entrando nel dettaglio del Fondo di Garanzia, al 23 dicembre 201476 sono state presentate 305 domande a favore di 247 startup innovative, tutte accolte o in via di accoglimento. Da settembre 2013 a novembre 2014 il Fondo di Garanzia ha concesso 97,6 milioni di euro di garanzie che hanno attivato circa 124 milioni di credito. La quota di finanziamento medio concesso è stato di 407 mila euro, un valore molto superiore a quello registrato per il complesso delle PMI che ammonta a 133 mila euro. A prevalere sono le operazione di finanziamento a medio-lungo termine, oltre 18 mesi. Prendendo in considerazione i settori di competenza77 delle startup innovative che hanno presentato la loro domanda, si può affermare che quello dei servizi ha rappresentato il settore con la quota più elevata di domande ammesse (pari al 50% del totale). Seguono l’industria (pari al 45% del totale), il commercio e le costruzioni (pari al 2,5% del totale).

Figura 3. Il numero di richieste di finanziamento accolte dal sistema creditizio per settore di attività

75 www.repubblica.it/economia/rapporti/impresa-italia/mercati/2015/02/18/news/startup_grazie_al_mise_tornano_in_gioco_le_banche-107628104/ 76 www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Monitoraggio_misure_sostegno_investimenti_23dicembre2014.pdf 77 www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Relazione_Ministro_policy_startup-ver_10_marzo.PDF

31


Per quanto riguarda la loro distribuzione territoriale, invece, la maggior parte delle domande accolte ha riguardato startup localizzate nel Nord (pari all’82,5% del totale) e nel Centro (12,5% del totale). Il 5% riguardano l’area del Mezzogiorno. Per quanto riguarda le tipologie di intervento del Fondo, la garanzia diretta è stata sperimentata nel 62,5% dei casi, e gli interventi di controgaranzia nel restante 37,5%. Altro dato interessante, nel periodo di riferimento il Fondo di Garanzia è intervenuto a sostegno anche di due incubatori certificati con cinque operazioni di garanzia diretta di lungo periodo. L’ammontare complessivo di queste operazioni è stato di quasi 5 milioni di euro, che a sua volta ha attivato 6,5 milioni di credito bancario. 8

La Lombardia si aggiudica oltre 46 milioni di euro

7 Importo massimo garantito (milino di euro) 6

Numero delle domande

5 4 3 2

Piemonte 17 Puglia 6 Sicilia 4 Toscana 19 Trentino Alto Adige 21 Umbria 2 Valle d’Aosta 2 Veneto 30

Abruzzo 7 Calabria 4 Campania 12 Emilia romagna 37 Friuli Venezia Giulia 20 Lazio 18 Liguria 3 Lombardia 82 Marche 14 Molise 2

1

1.2.5 L’equity crowdfunding L’Italia, il 26 giugno 2013, con delibera 18592, è divenuto il primo Paese nel mondo a dotarsi di una regolamentazione di dettaglio dedicata all’equity crowdfunding, dimostrandosi apripista. La Consob, nell’ambito del perimetro del mandato del legislatore, ha introdotto l’obbligo di registrazione per i gestori “puri” di portali, mentre i gestori autorizzati come banche e SIM possono gestire portali online senza obbligo di registrazione, ma mantengono l’obbligo di comunicazione alla Consob e sono inclusi in una sezione dedicata del registro, ai fini della trasparenza.

32


1 .2 Il contesto italiano

Dopo poco più di un anno, gli ultimi dati disponibili relativi al settembre 2014, ci dicono che è stato raccolto poco più di un milione di euro grazie a 134 investitori78. In media 34 per round – che hanno investito ciascuno mediamente 9.750 euro. Nel Regno Unito, per avere un termine di paragone, la sola Crowdcube in 4 anni ha contribuito a finanziare 194 imprese per un totale di 61 milioni di sterline79. Altri numeri80 riguardano gli undici portali web iscritti nel registro Consob, di cui 10 autorizzati in qualità di gestore puro e uno operante di diritto. Tre portali (Unica seed, Stars Up, Assiteca crowd) hanno debuttato fra fine dicembre 2013 e inizio 2014 con le prime campagne di crowdfunding. I progetti pubblicati sono stati 13, di cui 3 chiusi con successo, 2 senza successo, 8 in fase di raccolta. Tra i casi più significativi, il caso Paulownia che ha raggiunto 520 mila euro in 56 giorni, chiudendo il finanziamento con 50 giorni di anticipo rispetto al termine (che era fissato al 30 settembre). Caso negativo, invece, quello di Face4Job, startup attiva nel reclutamento del personale, che ha raggiunto solo il 4% dei 250 mila euro prefissati. Ad aver raggiunto il deal sono stati tre progetti: Cantiere Savona che progetta e costruisce imbarcazioni di lusso a propulsione solare, Diaman Tech attiva nella creazione di software finanziario e, come descritto sopra, Paulownia Social Project attiva nelle piantagioni. Entrando nel dettaglio dei tre progetti, Diaman Tech ha raccolto 160mila euro da 75 investitori, con un impegno medio di 2mila euro ciascuno, provenienti per lo più dalle regioni settentrionali, ovvero da regioni affini a quella di provenienza dell’azienda ubicata nel Veneto. Gli yacht della Cantiere Savona hanno raccolto 380mila euro; il 30% dei 44 investitori sono sardi proprio come l’azienda. Paulownia, con base in Sicilia, ha ottenuto un terzo dei 520mila euro dal meridione; hanno partecipato 12 investitori con una media di circa 43mila euro ognuno. I numeri, se da un lato parlano di un modello che può funzionare, dall’altro ci dicono che non ci sono ancora abbastanza dati per individuare gli elementi vincenti. Sicuramente, un primo dato che è emerso è quello dell’importanza del fattore territoriale. In tutti e tre i casi le aziende hanno ottenuto finanziamenti dal loro territorio di origine. Altro elemento che emerge dall’analisi dei dati a disposizione, è l’apprezzamento dell’equity da parte degli investitori professionali. Facendo ancora riferimento ai tre casi sopraindicati, Paulownia ha ottenuto 140 mila euro, pari al 27% del totale, da un unico investitore, e anche Cantiere Savona ha ricevuto in un unico versamento da 100mila euro il 27% del totale.

78 nova.ilsole24ore.com/esperienze/un-anno-di-equity-crowdfunding 79 www.affaritaliani.it/mediatech/regolamento-equity-crowdfunding.html 80 www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Monitoraggio_misure_sostegno_investimenti_23dicembre2014.pdf

33


1.2.6 Le piattaforme di crowdfunding in Italia Per allargare il tema crowdfunding, Daniela Castrataro, co-fondatrice dell’Italian Crowdfunding Network, ha presentato una mappatura del fenomeno in occasione della quinta edizione della Borsa della Ricerca, che si è tenuto il 13 e 14 maggio 2014 a Bologna81. Secondo la mappatura realizzata da Castrataro, “in Italia si contano 54 piattaforme di crowdfunding, 41 attive e 13 in fase di lancio, con un incremento del 30% in 7 mesi”. Secondo la ricerca, “il valore complessivo dei progetti finanziati attraverso le piattaforme supera i 30 milioni di euro”, di cui 7 milioni solo da ottobre 2013 a maggio 2014 e 11 milioni nei 12 mesi precedenti (ottobre 2012-ottobre 2013). Tra le varie tipologie di crowdfunding, il modello che si è maggiormente affermato è il reward-based, scelto da quasi la metà delle piattaforme. Secondo questo modello è possibile partecipare al finanziamento di un progetto ricevendo in cambio un premio o una specifica ricompensa non in denaro. Al secondo posto, invece, il modello donation-based, che copre un 30% abbondante del mercato: in questo caso si fanno donazioni a fondo perduto. Due piattaforme sono poi dedicate al lending based crowdfunding, cioè prestiti tra privati, ricompensati con il pagamento di interessi, e altre due all’equity based, quello più interessante, che permette alle aziende di emettere “azioni” della società finanziandosi così online. La maggior parte delle piattaforme ha sede nel Nord Italia. Anagraficamente fondatori e soci hanno tra i 30 e i 50 anni. Il 70 per cento ha un titolo di studio equivalente o superiore alla laurea. La presenza di donne è in crescita e iniziano a registrarsi piattaforme tutte al femminile.

81 larancia.org/crowdfunding-arriva-il-censimento-piu-30-in-sette-mesi/

34


1.3

I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

35


36


1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

Nel rispetto del dettato legislativo, le Camere di Commercio hanno istituito un’apposita sezione speciale del Registro delle imprese dedicata alle startup innovative, le quali hanno obbligo di iscrizione e di aggiornamento periodico delle informazioni: scopo di questa infrastruttura è garantire una maggiore trasparenza e accessibilità alle informazioni inerenti la vita e l’attività della nuova tipologia di impresa. A febbraio 2015 nella sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di Commercio sono registrate 3.267 startup innovative. Solo un anno prima (febbraio 2014) erano 1.719. Ciò significa che in termini assoluti, negli ultimi dodici mesi si sono registrate ben 1.548 startup per un aumento percentuale pare al 90,05%. A partire dal febbraio 2014, quindi, in media 129 startup innovative si sono iscritte ogni mese alla sezione speciale del Registro delle imprese (4 al giorno). Le imprese giovanili sono il 27%, la quota corrispondente per il totale delle imprese è invece pari al 12%. Relativamente alla natura giuridica, prevalgono nettamente le società a responsabilità limitata (80,1%); seguono le società a responsabilità limitata semplificate (11,9%) e le società a responsabilità limitata con un unico socio (3,6%). Si segnala la presenza anche di 67 società per azioni (2%), 51 società cooperative (1,5%), 15 società a responsabilità limitata a capitale ridotto (0,4%), 5 società consortili a responsabilità limitata e una cooperativa sociale (cfr Tavola ). Rispetto a un anno prima (febbraio 2014), le posizioni di questa classifica sono rimaste di fatto invariate. Dato interessante è, seppur minima, la perdita di 2 punti percentuali delle società a responsabilità limitata (82,3% nel 2014), mentre crescono di oltre 4 punti percentuali le società a responsabilità limitata semplificate (7,2% nel 2014) che in un anno sono più che triplicate, passando da 124 a 392. In termini assoluti, da un anno all’altro, a raddoppiare sono state le società per azioni e le società cooperative, così come sono quasi il doppio rispetto al 2014 anche le società a responsabilità limitata (+84,95%).

Forma giuridica

Totale 2015

Totale 2014

Differenza in termini assoluti

% febbraio 2015

% febbraio 2014

Differenza punti %

Società a responsabilità limitata

2.617

1.415

+1.202

80,1

82,3

-2,2

Società a responsabilità limitata semplificata

392

124

+268

11,99

7,2

+4,79

Società a responsabilità limitata con unico socio

119

103

+6

3,64

6

-2,36

Società per azioni

67

32

+35

2,05

1,9

+0,15

Società cooperativa

51

26

+25

1,56

1,5

0

Società a responsabilità limitata a capitale ridotto

15

17

-2

0,45

1

-0,55

Società consortile a responsabilità limitata

5

2

+3

0,15

0,1

0

Cooperativa sociale

1

0

+1

0,03

-

+0,03

Tabella 1. Distribuzione delle startup innovative per forma giuridica (16 febbraio 2015)

37


Quanto alla distribuzione sul territorio, il 56,74% delle startup italiane è concentrato geograficamente al Nord (1.854 startup), il 21,79% nel Mezzogiorno (712) e il 21,45% al Centro (701). In termini percentuali, rispetto al 2014, si registra il sorpasso del Mezzogiorno rispetto alle regioni dell’Italia centrale, con il Centro che perde più di un punto percentuale (era al 23% nel febbraio 2014) e il Sud che guadagna quasi 3 punti percentuali (era al 19% nel febbraio 2014). Perde un punto percentuale anche il Nord (era al 58% nel 2014), ma resta saldamente l’area geografica con il maggior numero di startup innovative, più del doppio rispetto sia al Sud che al Centro. In termini assoluti, rispetto al 2014, da registrare la grande crescita numerica delle startup nel Mezzogiorno. Erano 332 nel febbraio 2014. Un anno dopo sono più del doppio, raggiungendo il numero di 712 (+380). Il Nord si conferma l’area geografica dove numericamente nascono più startup. In un anno sono quasi raddoppiate, grazie alla nascita di 870 nuove startup (erano 984 nel 2014). Più lenta la crescita al Centro (erano 403, hanno registrato un +298). A livello regionale in testa c’è la Lombardia con 725 startup, seguono a notevole distanza l’Emilia-Romagna (377) e il Lazio (316); la Campania è la prima regione del Mezzogiorno con 192 imprese (7° posto) (cfr Tavola ). In termini percentuali, va registrato l’exploit della Calabria (+295%) che, nell’ultimo anno, è passata ad avere sul proprio territorio da 20 a 79 startup. Un trend positivo che conferma quanto abbiamo sottolineato per l’intero sud d’Italia, tanto è vero che Sicilia, Campania e Basilicata hanno registrato nell’ultimo anno un aumento del numero di startup superiore al 100%, più precisamente del 135% nel caso della Sicilia, del 131% della Campania e del 122% della Basilicata. In totale, sono 5 le regioni italiane ad aver registrato un aumento del numero di startup superiore al 100%. Quattro appartengono al Mezzogiorno (Calabria, Sicilia, Campania e Basilicata). La quinta appartiene al Nord (Liguria +103%). Al contrario, le regioni ad aver registrato una crescita più lenta sono nell’ordine Molise (+40%), Trentino Alto Adige (+40%) e Friuli Venezia Giulia (+49%). Un dato confermato dal fatto che tutte queste regioni hanno perso posizioni nella classifica della distribuzione regionale del numero di startup innovative. Più precisamente, il Molise è penultima (meno una posizione), il Friuli Venezia Giulia ha perso 2 posizioni passando dall’undicesima alla tredicesima posizione, mentre il Trentino Alto Adige ne ha perse 3, scendendo dall’ottava all’undicesima posizione. Calabria e Sicilia, invece, hanno rispettivamente conquistato tre posizioni, passando rispettivamente dalla diciassettesima posizione alla quattordicesima e dalla tredicesima alla decima.

38


1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

Regione

Numero startup innovative febbraio 2015

Numero startup innovative febbraio 2014

Differenza in termini assoluti

Aumento percentuale

1

Lombardia

725

341

384

+112,61%

2

Emilia Romagna

377

192

185

+96,35%

3

Lazio

316

177

139

+78,53%

4

Veneto

246

144

102

+70,83%

5

Piemonte

236

133

103

+77,44%

6

Toscana

211

123

88

+71,54%

7

Campania

192

83

109

+131,33%

8

Marche

140

82

58

+70,73%

9

Puglia

130

72

58

+80,56%

10

Sicilia

127

54

73

+135,19%

11

Trentino Alto Adige

117

83

34

+40,96%

12

Sardegna

98

54

44

+81,48%

13

Friuli Venezia Giulia

88

59

29

+49,15%

14

Calabria

79

20

59

+295%

15

Liguria

55

27

28

+103,7%

16

Abruzzo

52

30

22

+73,33%

17

Umbria

34

21

13

+61,90%

18

Basilicata

20

9

11

+122,22%

19

Molise

14

10

4

+40%

20

Valle D’Aosta

10

5

5

+100%

Totale

Italia

3267

1719

1548

+90,05%

Tabella 2. Riepilogo sulle società iscritte alla sezione startup innovative del Registro Imprese (febbraio 2015)

A livello provinciale, Milano (486 startup), Roma (274) e Torino (180) sono le province dove il fenomeno delle startup innovative è più rilevante in termini assoluti; Napoli con 99 startup innovative è la prima provincia del Sud, nonché la quarta a livello nazionale insieme a Bologna (cfr Figura ). Su questo punto, poco è cambiato rispetto al febbraio 2014. Un anno fa, erano sempre Milano (228), Roma (158) e Torino (113) le province in cima a questa classifica. Da sottolineare il balzo in avanti della provincia di Napoli, un anno fa sesta, ora quarta.

39


Provincia

Numero startup innovative

Provincia

Numero startup innovative

Provincia

Numero startup innovative

AG

10

FO

26

PT

5

AL

6

FR

14

PV

22

AN

63

GE

46

PZ

18

AO

10

GO

8

RA

25

AP

24

GR

1

RC

19

AQ

14

IS

3

RE

43

AR

16

KR

1

RI

4

AT

4

LC

12

RM

274

AV

11

LE

41

RN

17

BA

62

LI

12

RO

6

BG

63

LO

12

SA

50

BI

4

LT

16

SI

18

BL

3

LU

15

SO

2

BN

15

MB

23

SP

4

BO

99

MC

29

SR

5

BR

5

ME

17

SS

21

BS

48

MI

486

SV

5

BZ

21

MN

12

TA

11

CA

71

MO

87

TE

9

CB

11

MT

2

TN

96

CE

17

NA

99

TO

180

CH

10

NO

21

TP

7

CL

4

NU

4

TR

12

CN

18

OR

2

TS

36

CO

23

PA

49

TV

54

CR

8

PC

22

UD

20

CS

36

PD

67

VA

15

CT

33

PE

19

VB

1

CZ

20

PG

22

VC

2

EN

2

PI

50

VE

43

FE

24

PN

24

VI

25

FG

11

PO

11

VR

48

FI

83

PR

34

VT

8

FM

8

PS

16

VV

3

Tabella 3. Distribuzione delle startup innovative per provincia (febbraio 2015).

40


1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

Figura 1. Distribuzione delle startup innovative per regione (febbraio 2015).

In rapporto al totale delle imprese registrate dalle Camere di Commercio61, le regioni con più elevata densità di startup innovative sono il Trentino Alto-Adige in cui le startup rappresentano lo 0,1% del totale delle imprese, la Valle D’Aosta, la Lombardia, l’Emilia Romagna, le Marche (0,07%).

61 Dati 2012

41


Regione

Percentuale

1

Trentino Alto Adige

0,1%

2

Valle D’Aosta

0,07%

3

Lombardia

0,07%

4

Emilia Romagna

0,07%

5

Marche

0,07%

6

Piemonte

0,05%

7

Toscana

0,05%

8

Lazio

0,05%

9

Sardegna

0,05%

10

Veneto

0,04%

11

Friuli Venezia Giulia

0,04%

12

Calabria

0,04%

13

Liguria

0,03%

14

Umbria

0,03%

15

Abruzzo

0,03%

16

Molise

0,03%

17

Campania

0,03%

18

Puglia

0,03%

19

Basilicata

0,03%

20

Sicilia

0,02%

Percentuale Media

0,0465%

Tabella 4. Numero di startup innovative sul totale delle imprese registrate alle Camere di Commercio.

Per quanto riguarda il numero di dipendenti, prevalgono nettamente le micro imprese: le startup innovative impiegano da 0 a 4 addetti (85%). Nel 9,7% dei casi impiegano da 5 a 9 addetti; nel 3,9% dei casi da 10 a 19 addetti e nello 0,5% impiegano da 20 a 49 addetti. Una situazione rimasta pressoché invariata rispetto al febbraio 2014, quando prevalevano le micro imprese: le startup innovative italiane mediamente impiegavano 2,6 addetti; soltanto nel 3,5% dei casi le startup italiane impiegavano almeno 10 addetti. Analizzando il valore della produzione dell’ultimo anno, il 68% delle startup fattura fino a 100 mila euro, il 26% da 100 fino a 500 mila euro e meno del 6% da 500 mila a 5 milioni di euro. Più precisamente riguardo a quest’ultimo dato, il 3,3% delle startup ha fatturato da 500 mila euro a un milione di euro; l’1,3% delle startup da un milione a 2 milioni di euro e lo 0,8% delle startup ha fatturato tra i 2 e i 5 milioni di euro.

42


1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

Figura 2. Distribuzione delle startup innovative per classe di valore di produzione (febbraio 2015, valori percentuali).

Anche qui, poche variazioni rispetto al 2014 quando quasi il 60% delle startup fatturava fino a 100 mila euro, un terzo da 100 fino a 500 mila euro e soltanto il 6,4% da 500 mila a 5 milioni di euro. A livello di macro-settore, quasi il 78% delle startup opera nei servizi, il 18% nell’industria/ artigianato, il 4% nel commercio. Ma si rilevano anche startup innovative che operano nei settori dell’agricoltura e del turismo (rispettivamente 11 e 12 unità).

Figura 3. Distribuzione delle startup innovative per settore economico (febbraio 2015).

43


A prevalere, sia fra i servizi che nella trasformazione industriale, sono le startup connesse con il mondo del digitale. In particolare, esaminando le 4 cifre della classificazione ATECO 2007, sono in netta prevalenza le startup di produzione di software e di consulenza informatica (1.001 startup) e le attività di ricerca e sviluppo sperimentale (540). Si tratta di due trend che confermano quelli rilevati nel febbraio 2014, quando a livello di macro-settore, quasi l’78% delle startup operava nei servizi, il 18% nell’industria/artigianato, il 4% nel commercio. E si rilevavano anche startup innovative che operavano nei settori dell’agricoltura e del turismo (rispettivamente 3 e 7 unità). Stesso discorso per le attività. Anche nel febbraio 2014 a prevalere erano le attività connesse con il mondo del digitale.

Ambito attività

Numero startup innovative

1

PRODUZIONE DI SOFTWARE, CONSULENZA INFORMATICA E

1001

2

RICERCA SCIENTIFICA E SVILUPPO

540

3

ATTIVITA’ DEI SERVIZI D’INFORMAZIONE E ALTRI SERVIZI

274

4

ATTIVITA’ DEGLI STUDI DI ARCHITETTURA E D’INGEGNERIA;

130

5

FABBRICAZIONE DI COMPUTER E PRODOTTI DI ELETTRONICA E

126

6

74 ALTRE ATTIVITA’ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE

125

7

28 FABBRICAZIONE DI MACCHINARI ED APPARECCHIATURE NCA

108

8

70 ATTIVITA’ DI DIREZIONE AZIENDALE E DI CONSULENZA

101

9

27 FABBRICAZIONE DI APPARECCHIATURE ELETTRICHE ED

76

10

47 COMMERCIO AL DETTAGLIO (ESCLUSO QUELLO DI

74

11

82 ATTIVITA’ DI SUPPORTO PER LE FUNZIONI D’UFFICIO E ALTRI

65

12

58 ATTIVITA’ EDITORIALI

60

13

COMMERCIO ALL’INGROSSO (ESCLUSO QUELLO DI

54

14

PUBBLICITA’ E RICERCHE DI MERCATO

50

15

ALTRE INDUSTRIE MANIFATTURIERE

42

16

FABBRICAZIONE DI ALTRI MEZZI DI TRASPORTO

31

17

LAVORI DI COSTRUZIONE SPECIALIZZATI

27

18

FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA

27

19

FABBRICAZIONE DI PRODOTTI CHIMICI

26

20

ISTRUZIONE

20

21

ATTIVITA’ DI RACCOLTA, TRATTAMENTO E SMALTIMENTO DEI

16

22

TELECOMUNICAZIONI

15

23

ATTIVITA’ DI PRODUZIONE, POST-PRODUZIONE E

15

24

INDUSTRIE ALIMENTARI

15

25

RIPARAZIONE, MANUTENZIONE ED INSTALLAZIONE DI

14

26

FABBRICAZIONE DI PRODOTTI IN METALLO (ESCLUSI

14

44


1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

Ambito attività

Numero startup innovative

27

ATTIVITA’ DI NOLEGGIO E LEASING OPERATIVO

13

28

COSTRUZIONE DI EDIFICI

13

29

FABBRICAZIONE DI ARTICOLI IN GOMMA E MATERIE

13

30

ATTIVITA DEI SERVIZI DELLE AGENZIE DI VIAGGIO, DEI TOUR

12

31

FABBRICAZIONE DI MOBILI

11

32

FABBRICAZIONE DI AUTOVEICOLI, RIMORCHI E SEMIRIMORCHI

9

33

FABBRICAZIONE DI ALTRI PRODOTTI DELLA LAVORAZIONE DI

8

34

FABBRICAZIONE DI PRODOTTI FARMACEUTICI DI BASE E DI

8

35

INDUSTRIA DEL LEGNO E DEI PRODOTTI IN LEGNO E SUGHERO

8

36

FABBRICAZIONE DI ARTICOLI IN PELLE E SIMILI

8

37

ATTIVITÀ CREATIVE, ARTISTICHE E DI INTRATTENIMENTO

7

38

ASSISTENZA SANITARIA

7

39

ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI RISTORAZIONE

7

40

INDUSTRIE TESSILI

7

41

ALTRE ATTIVITÀ DI SERVIZI PER LA PERSONA

6

42

ATTIVITA’ SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DI

6

43

MAGAZZINAGGIO E ATTIVITA’ DI SUPPORTO AI TRASPORTI

6

44

COLTIVAZIONI AGRICOLE E PRODUZIONE DI PRODOTTI

6

45

FABBRICAZIONE DI CARTA E DI PRODOTTI DI CARTA

5

46

RIPARAZIONE DI COMPUTER E DI BENI PER USO PERSONALE E

4

47

STAMPA E RIPRODUZIONE DI SUPPORTI REGISTRATI

4

48

SILVICOLTURA ED UTILIZZO DI AREE FORESTALI

4

49

ASSISTENZA SOCIALE NON RESIDENZIALE

3

50

ATTIVITA’ DI SERVIZI PER EDIFICI E PAESAGGIO

3

51

ATTIVITA’ DI SERVIZI FINANZIARI (ESCLUSE LE ASSICURAZIONI E

3

52

ATTIVITA’ DI PROGRAMMAZIONE E TRASMISSIONE

3

53

CONFEZIONE DI ARTICOLI DI ABBIGLIAMENTO; CONFEZIONE DI

3

54

ATTIVITA’ DI BIBLIOTECHE, ARCHIVI, MUSEI ED ALTRE

2

55

ATTIVITA’ DI RICERCA, SELEZIONE, FORNITURA DI PERSONALE

2

56

ATTIVITA’ LEGALI E CONTABILITA’

2

57

ATTIVITA’ IMMOBILIARI

2

58

ATTIVITA’ AUSILIARIE DEI SERVIZI FINANZIARI E DELLE

2

59

SERVIZI POSTALI E ATTIVITA’ DI CORRIERE

2

60

INGEGNERIA CIVILE

2

61

SERVIZI VETERINARI

1

62

ATTIVITA DI RISANAMENTO E ALTRI SERVIZI DI GESTIONE DEI

1

RACCOLTA, TRATTAMENTO E FORNITURA DI ACQUA

1

METALLURGIA

1

INDUSTRIA DELLE BEVANDE

1

PESCA E ACQUACOLTURA

1

Tabella 5. Distribuzione delle startup per attività.

45


Per quanto riguarda gli incubatori certificati in Italia, al mese di febbraio 2015 a essere registrati sono 29. Dodici mesi prima erano 19, quindi si è registrato un aumento percentuale del 52,63%. Regione

Numero incubatori

1

Lombardia

7

2

Piemonte

4

3

Veneto

3

4

Marche

3

5

Friuli Venezia Giulia

3

6

Toscana

2

7

Emilia Romagna

2

8

Lazio

2

9

Sicilia

1

10

Sardegna

1

11

Trentino Alto Adige

1

Tabella 5. Distribuzione degli incubatori certificati per regione.

Dei 29 incubatori certificati, i 2/3 sono localizzati al Nord, 2 soltanto nell’area del Mezzogiorno e 7 in quella del Centro. Impiegano nel 41,3% dei casi meno di 4 addetti, nel 24,1% dei casi tra 5 e 9 addetti, nel 17,2% dei casi tra 10 e 19 addetti e nel 10,3% dei casi almeno 50 addetti. Analizzando il valore della produzione, gli incubatori certificati italiani hanno fatturato nel 10,3% dei casi meno di 100 mila euro, nel 34,4% dei casi tra 100 mila e 500 mila euro. Quelli che hanno fatturato tra 500 mila euro e un milione di euro sono il 10,3%, mentre il 34% ha fatturato piÚ di un milione di euro.

Figura 4. Classi di fatturato degli incubatori italiani

46


1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

A parte il numero degli incubatori certificati, aumentati di 10 unità rispetto al febbraio del 2014, per il resto non si registrano grandi variazioni. Anche nel 2014 i 2/3 degli incubatori erano localizzati al Nord, due soltanto nell’area del Mezzogiorno. Allora impiegavano complessivamente 257 addetti, che corrispondevano in media a circa 14 addetti per impresa, con un massimo che toccava le 74 unità. Per quanto riguarda la produzione a febbraio 2014, gli incubatori certificati italiani avevano fatturato 2,3 milioni di euro in media, con un picco massimo che sfiorava i 9 milioni di euro.

1.3.1 L ’ecosistema italiano delle startup: “esplosivo, confuso, deludente” Dopo aver analizzato i dati dell’ecosistema italiano, è opportuno riproporre i tre aggettivi con cui il Digital Champion Riccardo Luna ha descritto il 2014 del mondo startup tricolore: “esplosivo, confuso, deludente”62. “Esplosivo perché il tema startup è ormai diventato main stream: sempre più spesso in tv e nei giornali cercano il giovane startupper carino per compensare la quantità di notizie negative che ci riversano addosso. Poco male. Anzi, serve anche questo. Confuso perché c’è stata una proliferazione esagerata di eventi, premi, incubatori, acceleratori nella quale è stato difficile distinguere la qualità dall’opportunismo. Per esempio ho scoperto che solo a Roma ci sono una dozzina di acceleratori: davvero ne servono così tanti? E non sarebbe meglio che almeno uno fosse di livello internazionale attraendo talenti non dico da tutto il mondo, ma almeno da tutta l’Europa? Deludente è il terzo aggettivo, quello più difficile da spiegare. Me lo ha riferito un venture capitalist, cioè una persona che guarda ai fenomeni con un solo parametro: il ritorno sugli investimenti. Nel mondo delle startup parliamo soprattutto di exit: in pratica quel momento in cui una startup di successo viene acquisita da un grande gruppo e gli azionisti si portano a casa un bel po’ di soldi. Quelle del 2014, che pure ha visto il numero di startup iscritte nel registro delle startup innovative del ministero dello Sviluppo Economico raggiungere quota tremila, si contano sulle dita di una mano sola. Perché? Dobbiamo chiedercelo, senza timore di apparire dei guastafeste”.

1.3.2 Un ecosistema a due facce Oltre alla visione di Riccardo Luna, la cronaca parla di un ecosistema italiano a due facce. Da un lato iniziano a esserci startup in grado di raggiungere in Italia fatturati superiori al milione di euro. Dall’altro, tante idee che trovano difficoltà a svilupparsi in Italia e costruiscono la loro fortuna all’estero.

62 blog.startupitalia.eu/la-top-100-del-2015-secondo-startupitalia-al-primo-posto-empatica-ebook/

47


Tra le startup milionarie, c’è MusiXMatch di Massimo Ciociola, che “ha creato il più grande database di testi di canzoni. E c’è Linnea Passaler che con Pazienti.org sta reinventando la salute online. C’è Francesco Tassone che in Calabria ha realizzato il cemento a chilometro zero di Personal Factory. E c’è Claudio Somazzi che con Applix ebbe addirittura l’onore di una citazione di Steve Jobs nel corso del keynote di presentazione dell’iPad 2, dallo Yerba Buena di San Francisco. Ci sono anche Luciano Belviso e Angelo Petrosillo la cui storia è già diventata leggenda: cervelli in fuga, sono tornati in Puglia per realizzare aerei monoposto in fibra di carbonio, i Blackshape”63. Oltre al fatturato, altra caratteristica che inizia sempre più a caratterizzare le startup italiane è il loro potenziale successo su scala globale. A tal proposito, ue-startups.com ha stilato un ranking di cinque startup per ogni Paese. L’elenco è stato organizzato con l’aiuto di European Startup Initiative (ESI). Per quanto riguarda l’Italia, le cinque startup indicate sono Jusp, Vivocha, Atooma, Bliu Bliu e Stamplay64. Jusp, consente agli utenti di compiere pagamenti mobili e transazioni in modo facile e veloce. Vivocha, è una piattaforma che consente alle aziende di comunicare con i clienti di piccole o grandi imprese, utilizzando qualsiasi combinazione di VoIP (audio o video). Bliu Bliu offre un metodo simpatico e divertente per imparate le lingue, mettendo a disposizione film, contenuti audio e testi adatti al proprio livello. Atooma è una piattaforma nata nel 2012 che permette di sincronizzare più applicazioni e strumenti del proprio dispositivo mobile a seconda delle esigenze degli utenti. Stamplay aiuta i professionisti creativi a sviluppare le loro idee e renderle adatte per le applicazioni web o campagne di comunicazione online. Se da un lato ci sono startup che sono riuscite ad avere successo in Italia, dall’altro però ce ne sono altrettante che per crescere sono dovute emigrare. È il caso ad esempio della startup C3Dna, un sistema ad alto contenuto ingeneristico per il cloud computing, di Giovanni Morana (37 anni, di Pozzallo) e Daniele Zito (34 anni, di Siracusa), che dopo aver chiesto senza successo aiuto a Invitalia, partecipando al bando “Smart&Start” per finanziare la loro idea, hanno ottenuto l’attenzione dell’imprenditore statunitense Paul Camacho che li ha portati in California65. Lì, C3Dna ha ottenuto un finanziamento di due milioni di dollari e una sede definitiva a

63 blog.startupitalia.eu/ecco-le-21-startup-italiane-con-almeno-1-milione-di-fatturato/ 64 www.smartweek.it/le-migliori-startup-italiane/ 65 www.lasicilia.it/articolo/la-start-siciliana-bocciata-italia-e-ora-milionaria-negli-stati-uniti

48


1.3 I numeri dell’ecosistema delle startup in Italia

Santa Clara. Questo grazie a Kumar Malavalli, cofondatore di “Brocade Communication”, gigantesco gruppo di Itc con 2,3 miliardi di dollari di fatturato e 4mila dipendenti. Altra storia quella di Gianluigi Perrotto e della sua mini turbina che ha una distanza fra albero e vele che le permette di partire anche con pochissimo vento e arrivare a un picco di potenza di 6 kilowatt con appena 130 rotazioni al minuto. A fine gennaio 2015, grazie al finanziamento di cinque milioni e mezzo di un misterioso finanziatore americano ha fondato la Air Group Italy, che ha inglobato la precedente Gp Renewable, della quale il giovane, classe 1994, sarà presidente66.

66 www.huffingtonpost.it/2015/01/07/la-startup-milionaria-del-giovane-pugliese_n_6427796.html

49


50


CAPITOLO 2

L’ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

51


52


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

2.1.1 Startup Roma, un anno dopo Prima di entrare nel dettaglio dell’analisi quali-quantitativa, è utile delineare il contesto generale dell’ecosistema romano partendo dai dati disponibili dal Registro Imprese e dai dati emersi dalla ricerca desk. Da un’analisi comparativa tra i dati di febbraio 2014 oggetto della prima edizione della ricerca “Conoscere l’ecosistema romano delle startup” e i dati di febbraio 2015, emerge come Roma si confermi un terreno fertile soprattutto per la nascita e la crescita iniziale delle startup innovative.

Grafico 1. Dinamica cumulata delle registrazioni delle startup romane innovative

A un anno di distanza, infatti, un dato su tutti conferma questo quadro di insieme: il numero delle startup innovative a Roma è aumentato del 110%, crescendo da 128 a 270, come si può vedere dal grafico sottostante. In media, quindi, possiamo affermare che a Roma si sono iscritte al Registro Imprese poco meno di 12 startup al mese, con una crescita particolarmente evidente negli ultimi mesi a cavallo tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 che prova l’accelerazione che sta conoscendo l’ecosistema romano anche in termini di investimenti, come dichiarato dagli stessi investitori intervistati nel successivo capitolo.

53


Come possiamo vedere dal grafico sottostante, la stragrande maggioranza delle startup romane, per la precisione 232, è attiva nel settore dei servizi mentre la parte restante si divide, in modo pressoché uguale, tra il settore dell’artigianato e quello del commercio. Solo una è attiva nel settore del turismo e sempre una in quello dell’agricoltura. Da questo punto di vista, rispetto a febbraio 2014, le startup nel settore dei servizi sono di fatto raddoppiate (erano 115). In percentuale, le startup del settore commercio sono cresciute maggiormente rispetto a quelle nel settore industria/artigianato (le percentuali dello scorso anno erano rispettivamente del 4,6% e del 3,1%), raggiungendole in questa particolare classifica.

Figura 1. Le startup romane per settore di attività

Per quanto riguarda la natura giuridica delle startup registrate, 228 (ovvero una quota pari all’84%) hanno scelto di costituirsi come Srl. In aumento, ma in percentuale inferiore rispetto alle previsioni, la forma giuridica della Società a responsabilità semplificata.

54


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

Grafico 2. Numero mensile di registrazioni di nuove startup innovative

Sono 27 le startup registrate che hanno scelto questa forma giuridica, una percentuale pari al 10% (a febbraio 2014 erano il 7,8%). In merito alle altre forme giuridiche, 6 startup si sono costituite come Società per azioni (lo scorso anno erano 2) e altre 6 come Società a responsabilità limitata con un unico socio (anche a febbraio 2014 erano 6). Marginali le altre forme giuridiche.

55


Figura 2. Forma giuridica delle startup romane

Altro dato da prendere in considerazione è quello relativo alla classe di produzione. Molto probabilmente anche a causa della natura stessa delle startup come imprese in fase di lancio, per più della metà delle startup tale dato non è disponibile sul Registro Imprese. Per il restante 50% l’attuale situazione vede in gran parte le startup appartenere alla classe di produzione A (compresa fra 0 e 10 milioni di euro). Parliamo di 89 startup, pari al 33%. A seguire, con l’11%, ci sono le 30 startup che appartengono alla classe B (da 11 a 50 milioni), le 2 startup che appartengono alla classe C (da 50 a 100 milioni) e le 2 che rientrano nella classe D (da 100 a 200 milioni di euro). Una sola startup rientra nella classe di produzione E che è superiore ai 200 milioni di euro. Rispetto a febbraio 2014, si registra una diminuzione del numero di startup che rientrano nella prima classe di produzione a favore delle altre classi, in particolare della classe B (erano solo 15 le startup in questa classe nel febbraio 2014).

Figura 3. Classi di fatturato delle startup romane

56


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

2.1.2 Le startup sul territorio della Capitale La dislocazione sul territorio comunale delle startup romane, così come un anno fa, segue una diffusione radiale che parte dal centro città (massima concentrazione) e si espande fuori dal Grande Raccordo Anulare (minima concentrazione).

Mappa 1. La concentrazione delle startup nel territorio della Capitale

Come vedremo meglio in seguito, quando parleremo nel dettaglio degli incubatori d’impresa, risulta particolarmente evidente come la maggiore concentrazione di startup sul territorio romano si abbia in corrispondenza dei maggiori incubatori, uno su tutti Luiss EnLabs posizionato al centro di Roma presso la stazione Termini. Concentrazioni importanti si hanno anche presso il Tecnopolo Tiburtino e l’acceleratore PiCampus all’Eur, che rappresentano in periferia dei veri e propri centri di aggregazione in controtendenza rispetto allo sbilanciamento verso il centro relativo alla dislocazione territoriale delle startup. Per concludere questa analisi geo-referenziata, soffermandoci sul territorio all’interno del GRA, possiamo affermare che a far registrare la maggiore concentrazione di startup sono i quartieri che appartengono ai Municipi I, II, V, XII, XIII, XIV.

57


Mappa 2. I Municipi con la maggiore concentrazione di startup

2.1.3 I ncubatori e acceleratori, coworking e misure di sostegno: l’ecosistema romano Prima di vedere nel dettaglio quanti e quali sono gli incubatori d’impresa che operano nell’ecosistema romano, è bene effettuare una precisazione. Secondo i dati del Registro Imprese, infatti, gli incubatori certificati a Roma sono solamente due: Bic Lazio (società per azioni) e Luiss EnLabs (Srl). Ma gli incubatori che operano effettivamente sul territorio romano (o che incidono sul territorio romano) sono molti di più, per la precisione se ne contano almeno nove, come vedremo più avanti nel dettaglio. In questo caso, così come nel censimento stesso delle startup, si evidenzia uno scollamento tra il dato reale e il dato certificato. Se da un lato, molto probabilmente, ciò è dovuto a una ristrettezza delle maglie di ingresso a salvaguardia di requisiti di alta qualità del servizio offerto, dall’altro può rappresentare un freno all’interazione e alla collaborazione tra i diversi soggetti che operano nell’ecosi-

58


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

stema romano, oltre a un deficit di informazione per coloro i quali intendono dar vita a una startup innovativa. Detto ciò, a Roma sono presenti incubatori sia privati che pubblici, con una certa differenziazione per specifico settore d’interesse e per dislocazione territoriale. Qui sotto ne elenchiamo le singole caratteristiche, tratte dal sito “Incontra Giovani” dell’Assessorato Scuola, Sport, Politiche Giovanili e Partecipazione di Roma. BIC Lazio | Colleferro (RM) Presso l’Incubatore BIC Lazio di Colleferro è stato costituito un Polo per le Biomasse e l’Efficienza Energetica con la nascita del primo impianto a microturbina multi-fuel alimentato da biomasse esistente in Italia. Il Polo costituisce il laboratorio attraverso cui BIC Lazio promuove e sostiene la nascita e lo sviluppo d’impresa verso il mercato della green industry. Le startup possono essere ospitate nell’incubatore per un periodo non superiore a 3 anni. I servizi di incubazione sono a pagamento. Hub Roma Business Unit | San Lorenzo Incubatore specializzato nell’innovazione sociale e territoriale. La prima ora di consulenza è gratuita, ma occorre prenotarsi sul sito e poi scegliere le date in cui seguire il programma di accelerazione personalizzato (a pagamento). iAgri | Bracciano (RM) Incubatore d’imprese della Regione Lazio e di BIC Lazio che si rivolge alla filiera agroalimentare (produzione agricola primaria – lavorazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione di prodotti agricoli). Il suo obiettivo è sostenere la nascita di attività imprenditoriali fortemente innovative legate a produzioni agricole e alimentare di qualità, (biologico e ai saperi produttivi tradizionali del territorio laziale). Le startup possono essere ospitate nell’incubatore per un periodo non superiore a 3 anni. I servizi di incubazione sono a pagamento. ITech | Tecnopolo Tiburtino Fa parte degli incubatori d’impresa offerti da Bic Lazio, centro di promozione dell’imprenditorialità della Regione Lazio. Promuove progetti d’impresa innovativi, anche in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea ESA e offre anche un servizio di Seed&Start Up Capital per aiutare nell’accesso a fondi di investimento. Le startup possono essere ospitate nell’incubatore per un periodo non superiore a 3 anni. I servizi di incubazione sono a pagamento.

59


Luiss EnLabs | Termini Incubatore specializzato nel digitale e nell’innovazione. Oltre al mentoring offre anche finanziamenti. Ci sono due programmi di accelerazione all’anno, le cui call vengono pubblicate sul sito. I programmi, semestrali, culminano con un investor day, durante il quale si incontrano potenziali investitori. Pro Art Lab | EUR Incubatore di idee e di imprese artistiche. Ospita sala prove con set fotografico e video; un impianto luci e audio, camerini spogliatoi con doccia, magazzino per scenografie e una sala riunioni. Spin Over | Università degli Studi di Roma Tor Vergata Offre un supporto alla nascita e alla crescita di imprese che provengono dal mondo della ricerca per sviluppare prodotti innovativi. Si rivolge a ricercatori, giovani laureati, tecnici e piccole imprese technology based in fase di avvio. Si accede attraverso bando pubblico. Le domande possono essere presentate da piccole o medie imprese costituende o costituite da non oltre 36 mesi, che abbiano un progetto “innovativo” o da promotori di spin-off universitari. Working Capital | Trastevere (oltre a Roma, sedi anche a Milano, Bologna e Catania) Incubatore specializzato in startup innovative e digital. Per accedere al programma di accelerazione si deve caricare (entro i tempi previsti dai bandi annuali) il proprio progetto di business nella sezione dedicata del sito. Pi Campus | Eur Incubatore che opera secondo il modello della Silicon Valley. Quattro ville-incubatrici, in cui crescono 13 startup e lavorano circa 100 dipendenti.

60


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

Mappa 3. La dislocazione di incubatori e acceleratori sul territorio romano

2.1.4 Gli spazi di coworking61 Se per quanto riguarda gli incubatori non si è registrato alcun cambiamento particolarmente significativo, per quanto riguarda gli spazi di coworking da febbraio 2014 a febbraio 2015 c’è stato un aumento del 10%. Erano, infatti, 28 un anno fa. Attualmente il loro numero è salito a 31. L’offerta è molto varia, si può usufruire di una postazione singola o di un’intera stanza, per periodi di tempo che vanno da poche ore a mesi interi. Alcuni spazi sono “tematici” (quindi dedicati a diversi tipi di coworkers) e in ogni caso ogni ufficio di coworking dedica una sezione del proprio sito alla presentazione dei lavoratori ospiti, in modo da consentire all’aspirante

61 Contenuti tratti da: http://www.incontragiovani.it/lavoro-e-impresa/approfondimenti/start-up-di-impresa/gli-spazi-dicoworking-a-roma

61


coworker di scegliere lo spazio anche in base ai propri interessi e condividerlo con chi meglio si adatta alla sua idea di business (scambio di know how, networking). Nel testo di seguito sono riportate ubicazione e caratteristiche, sempre tratte dal sito “Incontra Giovani”. BC103 | Centro storico Postazioni di lavoro in open space o in stanze indipendenti, che includono l’uso della sala riunioni attrezzata per videoconferenze, adsl, telefono e stampante, con possibilità di utilizzo di una sala polivalente da 40 posti con proiettore per conferenze stampa ed eventi, sia in orario serale che nel week end, inoltre c’è la possibilità di farsi attivare un numero telefonico fisso temporaneamente. Uno studio di rappresentanza condiviso, arredato con opre d’arte contemporanee e mobili di design, in cui lavorano stabilmente alcuni giovani professionisti che si occupano di sviluppo d’impresa. BeeWeeb | Tecnopolo Tiburtino Spazio di coworking ospitato all’interno della sede della società di progettazione e sviluppo piattaforme software BeeWeeb. Gli ambienti di BeeWeeb si estendono per oltre 1.250 metri quadrati, mentre l’estensione degli spazi dedicati a coworker e nomad worker sono di 250 metri quadrati. Il nuovo Cowo è quindi in grado di ospitare una coworking community di una trentina di persone, in un doppio open space, delimitato da vetrate. Integrano i servizi offerti dal Cowo: stampante condivisa e telefono a pagamento. Bar e mensa sono localizzati al piano terra dell’immobile. L’orario di apertura è dalle 9.00 alle 19.00. Fa parte del network Cowo. Blu pubblicità | Flaminio Gli uffici dell’agenzia offrono ai coworker romani e ai nomad worker di passaggio diverse postazioni: la sede è di oltre 130 metri quadrati e dispone di desk sia in ambiente comune, sia all’interno di un ufficio chiuso. A richiesta, disponibilità di sala riunioni. Orario di apertura: dalle 10.00 alle 18.00. Fa parte del network Cowo. CinemAvvenire | San Lorenzo Uno spazio di coworking di cui è possibile usufruire in maniera modulabile e adattabile alle diverese esigenze, grazie a tre modalità: CoEntrance (attraverso il tesseramento Arci annuale si può usufruire degli spazi per un massimo di 3 ore consecutive, con accesso illimitato al Wi-fi, ma senza corrente elettrica); CoworkingBasic (prevede la possibilità di utilizzare una postazione con tavolino per un arco temporale che va da un giorno a un anno); CoworkingPro (a disposizione alcune postazioni personalizzabili dai coworkers a seconda delle proprie esigenze).

62


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

Cloudfactory | Trastevere Offre l’opportunità di affittare postazioni su base mensile o hot-desking (postazione a consumo). L’affitto mensile, al canone di 250 euro, comprende postazione fissa, spese, internet, 4 ore di sala riunioni, stampante. L’hot-desk è venduto a pacchetti di 10, 20 o 30 mezze giornate. È possibile inoltre usufruire di servizi integrativi: telefono e linea VOIP personale, numero di fax personale, backup documenti in cloud. C.o.h.o | Monti Tiburtini Più di 1000 mq di cemento e finestroni che hanno rivisto la luce prendendo la forma di un enorme loft all’americana grazie alla collaborazione di giovani designers, artisti, scenografi, fotografi. C.o.h.o. nasce con l’intento di essere uno spazio polivalente destinato a diverse attività creative: loft per eventi/party/presentazioni, spazio espositivo mostre ed esposizioni, area per video e photo shooting e infine coworking. All’interno del C.o.h.o. è infatti possibile affittare mini loft per esercitare la propria attività con costi sostenibili: studi creativi, media agency, laboratori artigianali e molto altro. Corte | Esquilino Per far parte del coworking basta scegliere il livello di partecipazione che si desidera: ramingo (consente l’accesso gratuito, l’utilizzo della rete wireless per un tempo limitato e la possibilità di avere contatti professionali con gli altri membri presenti in sede); avventore (una card contenente un monte ore di servizi consumabile in vari modi: dall’utilizzo della sala riunioni a quello della postazione lavoro. Concordando tempi e modalità, è possibile ricevere i propri clienti); alleato (dà diritto a una postazione sempre garantita che può essere spostata per esigenze interne. L’uso della sala riunioni e degli strumenti è limitato a un pacchetto di ore complessivo); consigliere (postazione fissa, disponibilità illimitata di sala riunioni e strumenti, partecipazione alle riunioni del consiglio di Corte, parti dedicate di server, libreria e portfolio web comune. Richiesto impegno a cooperazione attiva). Cowo360 | Stazione Tiburtina A pochi passi dalla Stazione Tiburtina, Cowo|360 è uno spazio di coworking disposto su due livelli; al piano terra si trovano gli spazi comuni: l’ampia sala riunioni, la zona relax, la cucina e alcune postazioni per gli occasionali che utilizzano lo spazio solo per qualche ora. Al piano inferiore invece si trovano le postazioni “fix” per chi vuole usufruire di una postazione esclusiva dove poter lasciare i propri strumenti di lavoro. Cowo|360 organizza numerosi eventi: workshop, open day per provare gratuitamente le postazioni di lavoro e l’esperienza di condivisione degli spazi, colazioni per fare networking, aperitivi e drink di presentazioni etc. Possibilità di usufruire di diverse tipologie di abbonamento a seconda delle esigenze lavorative.

63


DigiDoc | Mentana Nasce da BR.AD. systems che decide di creare all’interno della propria sede uno spazio dedicato ad accogliere altri imprenditori, per rinnovarsi ed offrire anche nuovi spunti e momenti di confronto. In uno spazio open vengono accolte startup, associazioni culturali, freelancer ed imprenditori: 160mq di location senza barriere architettoniche suddivisi in un open space con servizio di 12 postazioni lavoro a noleggio, ufficio privato con due postazioni, sala riunioni 8/10 posti, area coffè break, segreteria, ampio parcheggio. Inoltre il primo mercoledì del mese dalle 9.00 alle 9.30 tempo per Start up caffè, momento di colazione/networking. Da dicembre 2014 il coworking è anche un fablab per le pink maker con spazi e servizi dedicati anche alle mamme. IF - idea factory Roma | Montesacro/Talenti Spazio di coworking per creativi, freelance, startup ma anche per compagnie di danza, attori, musicisti, produttori cinematografici. Un grande ambiente di 700 mq con 16 postazioni di lavoro in affitto, sala riunioni, area relax, studio foto/video, studio di registrazione, sala danza, teatro/cinema con 50 posti. È arredato con poltrone e scrivanie di design e prevede l’accesso 24/7 tramite badge elettronico e videosorveglianza remota. Il costo mensile di una postazione di lavoro all inclusive è di 200 euro al mese. i-lab LUISS | Villa Ada i-lab è un luogo di sperimentazione imprenditoriale e uno spazio di coworking interamente allestito dove si organizzano workshop, seminari, incontri di networking e altre attività. Il progetto ha l’obiettivo di aiutare i ragazzi a sviluppare le competenze e i comportamenti imprenditoriali adeguati ai loro obiettivi e alle loro aspirazioni. All’i-lab infatti si trovano postazioni di lavoro con gli strumenti necessari quali lavagne e computer e gli spazi privati e comuni per ricevere collaboratori, potenziali partner, clienti e fare riunioni con i propri colleghi. I servizi di i-lab LUISS sono rivolti a tutti gli studenti LUISS, agli studenti di ingegneria informatica e scienze informatiche di tutte le università, a graphic designer, fotografi, filmmaker e blogger. Il Kino | Pigneto Il Kino, cineclub indipendente e centro culturale del Pigneto, diventa un’area di lavoro condivisa: mette a disposizione i propri spazi, i tavoli e le sedie (30 postazioni lavoro comode), la connessione internet wifi, la stampante e lo scanner. Per chi non ama lavorare da solo, per i freelance che hanno voglia di condividere uno

64


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

spazio con altre persone, per chi vuole creare dei gruppi di lavoro, per chi ha voglia di conoscere altre persone di talento, per persone disponibili alla condivisione, aperte a contatti professionali nuovi e stimolanti, per chi ha voglia di condividere quello che sa e fa con altre persone, mantenendo la propria autonomia e flessibilità. Il costo per il coworking è 100 euro al mese, compresa la tessera Arci (è disponibile anche l’opzione affitto ufficio+utilizzo sala cinema). Impact hub | San Lorenzo Network globale di persone e spazi per l’innovazione, oltre che un progetto di coworking esteso in diverse città (da Melbourne a Roma) e dedicato a fare rete. Dunque non un semplice coworking, ma uno spazio per supportare progetti di innovazione sociale. Lo spazio romano, come gli altri del resto, si presta anche ad ospitare eventi di interesse per la comunità dei coworker. Per quanto riguarda gli spazi/tempi concessi, si va dall’HubNet, che consente l’accesso all’area pubblica del nostro spazio e al social network Hub Net che mette in connessione tutti gli hubber nel mondo - oltre 7000 innovatori sociali, sino agli Anchor Desk che garantiscono una scrivania fissa senza limiti di tempo e numerosi altri benefit connessi (cassetta postale, armadietto privato, sala riunioni in affitto inclusa). Per occupare uno spazio è necessario compilare un form online e incontrare i responsabili di Impct hub per vagliare la presenza di obiettivi comuni. L’alveare | Centocelle Il coworking con spazio baby è un progetto dell’associazione Città delle mamme che ha sede nei locali concessi in convenzione dal Dipartimento promozione, sviluppo e riqualificazione delle periferie di Roma. Lo spazio è di 200 mq, con due giardini, 30 postazioni, 2 uffici, una sala riunioni, cucina, parcheggio e spazio baby. Le tariffe prevedono, al costo di 3 euro/ora, l’opportunità di usufruire di spazi e servizi: corsi di formazione, orientamento, progettazione europea, lingue; community per condividere attività lavorative; servizi salva tempo (spesa a domicilio, GAS gruppi d’acquisto solidale, disbrigo pratiche, tintoria, etc.). Lab22 | Monterotondo Spazio nel centro di Monterotondo. Lab22 è un progetto dell’agenzia di pubblicità Marconi Art Lab, che si è recentemente aperta al coworking con svariate postazioni. Circa la metà dell’intera estensione degli uffici è dedicata alla condivisione, i cui spazi comprendono una decina di desk all’interno di un open space, una sala riunioni, la cuci-

65


na e la zona relax (con annesso terrazzo/smoking area) in stanze separate. Fa parte del network Cowo. La Calzoleria | Porta Maggiore La Calzoleria, ex locale e associazione culturale tra Pigneto e San Lorenzo, affitta i suoi spazi a freelance e creativi. Uno spazio di 120 metri quadri diviso in due ambienti, curato nei minimi dettagli, intimo e familiare, accoglierà 6 comode postazioni private, per creare un ambiente di lavoro condiviso. Dotato di wi-fi, stampante, scanner, telefono, videosorveglianza, doppia area relax, cucinotto, spazio bar, un piccolo parco luci e un’area per allestire set fotografici. Grazie al possesso delle chiavi, l’accesso è garantito 24 ore su 24, 7 giorni su 7, permettendo di lavorare con la necessaria riservatezza, ma al tempo stesso in compagnia. Il costo totale è di 250 euro al mese, ma è possibile trattare tariffe differenti per diverse necessità di utilizzo dello spazio. Let’s make | Cinecittà Let’s make è un’associazione senza scopo di lucro che si propone di favorire la condivisione di un ambiente di coworking in cui i soci possano collaborare, confrontarsi e aiutarsi nella realizzazione di progetti comuni o individuali. Oltre all’opportunità di condividere il luogo di lavoro, Let’s make offre anche altri servizi: corsi e workshop su programmazione, organizzazione di eventi ed iniziative di networking, sostegno a startup mediante le conoscenze messi a disposizione dagli associati. LUISS EnLabs | Termini LUISS EnLabs, incubatore e acceleratore di start up romano, ospita all’interno dei suoi spazi anche un’area dedicata ai coworkers, che qui possono star certi di trovare un ambiente estremamente funzionale allo scambio di saperi e alla condivisione di know how. Benvenuti sono tutti gli startupper impegnati nel campo del digital. L’offerta di Enlabs si caratterizza per il fatto che comprende nel pacchetto anche la partecipazione ad eventi di networking e ad incontri con investitori. Sono a disposizione due modalità contrattuali: la Full-time membership con accesso 24/7 e, la Part-time membership con accesso 9-18 per 2 giorni la settimana. Magda film | Colli Albani Casa di produzione cinematografica a due passi da Cinecittà si vota al coworking. Nell’open space di circa 250 mq situato al piano terra, i coworker avranno a disposizione, su richiesta – oltre alla postazione di lavoro – anche stampanti, fax, fotocopiatrice, angolo relax. Fa parte del network Cowo.

66


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

Maple | Trionfale Maple è un’agenzia che fa consulenze per design e innovazione, anche rivolte a startupper in qualità di business angel, con servizi di mentorship e anche finanziamento. Inoltre nei suoi spazi offre fino a sei postazioni per coworking, oltre ad una grande sala riunioni con diciotto sedute, sistema di videoconferenza e videoproiezione. Nella bella stagione il giardino viene attrezzato per lavorare all’aperto. Tra i servizi offerti l’hosting/housing ai server di sviluppo, stampa colore e plotter da taglio, postazioni per montaggio audio/video (oltre a sala ed apparecchiature per registrazione audio e video), laboratorio per realizzare prototipi e lavorazioni in piccola serie di oggetti e manufatti in legno, metalli e materiali plastici. Furgone per piccoli trasporti e consegne e due biciclette a disposizione per gli spostamenti in zona. Millepiani | Garbatella A partire dall’autunno 2014, Millepiani diventa il coworking del Municipio VIII. Saranno a disposizione della community servizi di comunicazione, promozione, pubbliche relazioni creando nuove sinergie e una rete di scambi per i coworkers. Il coworking mira a diventare l’ecosistema di una comunità di coworker nel Municipio VIII. Sono previste agevolazioni per i residenti del Municipio VIII, oltre che per studenti fra i 18 e i 25 anni. È attiva inoltre una piattaforma online per dare visibilità ai coworker, ai loro progetti e alle startup: ogni professionista con un contratto di almeno 1 mese avrà il proprio profilo personale sul sito e la possibilità di inserire nel portfolio comune i lavori fatti con i coworkers del network. MyCowo | Ostiense Coworking che ospita startup e freelance principalmente in ambito digital. Uffici attrezzati e indipendenti fra loro, tranquillità e riservatezza garantite grazie alla disposizione delle scrivanie e al numero di postazioni per singolo ambiente, sale riunioni disponibili per piccoli business meeting (da 16/20 persone), attività formative ed eventi. Per garantire efficienza, organizzazione e autonomia, tutti gli ambienti sono predisposti per ospitare da 1 a fino ad un massimo di 3 persone. Nel dettaglio: postazioni con scrivanie, sedute di design, connessione Internet ADSL Wi-Fi e via cavo, stampante multifunzione, snack e coffee corner, servizi di pulizia, impianto di climatizzazione autonomo, bagno condiviso o privato, tutto incluso nel prezzo. La postazione singola parte da 20 euro al giorno, l’ufficio privato da 60 euro, la sala riunioni costa 80 euro per mezza giornata. News in coworking | Centocelle Il coworking offre dieci postazioni a disposizione di creativi, aspiranti giornalisti e professionisti della comunicazione ad ogni livello. In alcune postazioni è prevista la possibilità di

67


effettuare delle video registrazioni ed è disponibile una stanza riunioni, completa di monitor 42’ per la proiezione di presentazioni e documenti. C’è inoltre una stanza biblioteca. Per tutti i coworkers sono a disposizione: wifi fibra ottica, telefono, fax, scaffali, servizio di reception, parcheggio auto e bici convenzionato, angolo ristoro. Fa parte del network Cowo. Pro Art Lab | Eur Una struttura dove poter muovere i primi passi del proprio business grazie ad attrezzature e all’esperienza ed il supporto di professionisti del mondo delle new technology, di esperti di strategie aziendali, diguru della comunicazione, di consulenti societari, di esperti della finanza anche agevolata (fondi europei, nazionali e regionali). All’interno del P.A.L. c’è anche una sala prove con set fotografico e video, un impianto luci e audio, camerini spogliatoi con doccia, magazzino per scenografie e una sala riunioni. Il tutto dotato di rete wifi/lan e attrezzature tecnologiche per test/prove oltre a collegamento live web radio e web tv per poter realizzare workshop, barcamp, show acustici/teatrali e conferenze stampa. smART LAB | Villa Ada smART è un polo per l’arte recentemente nato a Roma. Per rendere l’esperienza artistica più partecipata, smART mette a disposizione uno spazio di lavoro personale e condivisibile in cui sviluppare la propria ricerca artistica. Gli associati sono accolti all’interno di spazi-laboratorio in cui ideare e realizzare i propri progetti, con la possibilità di chiedere il supporto di professionisti. Per i soci più esperti sono previste iniziative specifiche, volte a migliorare l’uso di particolari tecniche e a sviluppare momenti di confronto e riflessione attraverso workshop, masterclass e incontri con gli artisti. Le formule di abbonamento per gli active worker sono mensili, e il loro prezzo varia a seconda di quanti giorni a settimana (una, due o tre volte) si vuole usufruire degli spazi. Spazio 110 | Monti Tiburtini È un open space soppalcato di 110 mq, alto oltre 5 mt, diviso in due distinte zone, l’area fotografica e l’area design. Si propone come base logistica, organizzativa e tecnica per la realizzazioni di set fotografici, workshop, grafica pubblicitaria, coworking tra professionisti della comunicazione, meeting con i clienti, presentazioni prodotti, mostre, casting, ufficio di produzione, ufficio stampa. Lo spazio adibito al coworking dà la possibilità di affittare la propria scrivania con soluzioni mensili, trimestrali o semestrali.

68


, 2 L ECOSISTEMA ROMANO DELLE STARTUP

SPQwoRk | Portonaccio - Stazione Tiburtina Nasce come un contenitore di talenti destinato alla produzione, promozione e valorizzazione della creatività in genere, con particolare attenzione per la creatività giovanile. L’offerta consiste in postazioni da lavoro, uffici (con affitto giornaliero, settimanale, mensile) e di una sala riunioni (affittabile per 2 ore, mezza giornata o giornata intera). Ci sono inoltre servizi di segreteria, un ftp dedicato, proiettore per presentazioni e hostess a disposizione. Studio Macchinette | Ostiense Un grande openspace su due livelli e con vari ambienti, perfetti sia per lavorare che per organizzare riunioni o piccoli eventi. A disposizione dei coworker scrivanie semplici (150 euro al mese) o scrivanie attrezzate (200 euro al mese). Nello Studio attualmente lavorano un interaction designer, un grafico e un esperto di comunicazione che si contaminano a vicenda ognuno con le proprie competenze specifiche, attraverso il potenziale creativo della filosofia dei maker, mescolando digitale e analogico. Visiva | Tuscolana Spazio polifunzionale dedicato alla fotografia e alle arti visive per fotografi, artisti, registi, scrittori, ecc. Attivo dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00, ed in altri giorni e orari solo su appuntamento previa disponibilità degli spazi. Servizi compresi: utilizzo delle scrivanie, divanetti o salottini, telefonate verso tutti i numeri fissi, collegamento internet wi-fi a banda larga (14mb/s), corrente elettrica. Prezzi: 250 euro al mese per una postazione mobile (si arriva, si trova uno spazio libero e ci si mette a creare/lavorare), 350 euro al mese per la postazione fissa. Inoltre sono compresi sconti e promozioni sull’affitto della sala posa e delle altre sale per mostre ed eventi. Work[in]Co | Valle Aurelia Questo spazio offre ai professionisti la possibilità di avere postazioni di lavoro individuale o nel tavolo comune, una sala riunioni, una zona relax, area stampa (stampante colori A4A3 – scanner – fotocopiatrice). Fa parte del network Cowo. Il bar - coworking: Anticafè | San Giovanni Anticafè è un format francese d’ispirazione russa con una composita identità, a metà fra il bar e un coworking. Luogo di incontro per riunioni di lavoro, studio, chiacchiere tra amici e progetti creativi, offre servizio internet, open buffet, bevande e caffetteria in un ambiente accogliente. Ma

69


invece di pagare per la consumazione e i servizi offerti il costo è quantificato sulla base della permanenza nel locale. Lo spazio offre servizio di caffetteria, cibo e bevande, ma anche connessione internet e servizi annessi (videoproiettore, scanner, stampante e connessione wireless), tutto compreso nel prezzo della tariffa oraria (4 euro/ora per la prima, dalla seconda ora in poi 3 euro/ora). Inoltre ogni cliente può scegliere di portare con sé dall’esterno cibo e bevande per consumarle nel locale. Disponibili tariffe orarie, giornaliere, mensili, e una promozione per studenti.

70


2.2

Il ruolo delle istituzioni

71


72


2.2 Il ruolo delle istituzioni

2.2.1 Il ruolo di Regione Lazio e di Roma Prima di entrare nel dettaglio delle misure attuate da Regione e Comune per sostenere lo sviluppo dell’ecosistema delle startup innovative, è opportuno soffermarsi su un dato significativo. Si può affermare, infatti, che l’ecosistema romano, tranne piccole eccezioni, ingloba quasi totalmente l’intero ecosistema laziale delle startup. Basti pensare che nel Lazio sono presenti 316 startup, di cui 274 operano a Roma (una quota pari all’86,7% del totale). Le startup presenti sulle altre quattro province, complessivamente, rappresentano il 13,3% del totale regionale. Nel dettaglio risultano iscritte nel Registro Imprese 274 startup innovative nella provincia di Roma, 16 nella provincia di Latina, 14 in quella di Frosinone, 8 in quella di Viterbo e 4 nella provincia di Rieti.

Figura 1. Percentuale della presenza di startup nelle cinque province romane

Come dicevamo, però, la situazione delle startup regionali non è così nera. Ci sono delle eccezioni che controbilanciano la concentrazione numerica romana. È il caso, ad esempio, di Decisyon, startup con sede a Latina che nell’aprile del 2014 ha ottenuto 22 milioni di dollari dal fondo americano Cataliyst. “È il più grosso investimento dell’anno fatto in startup innovative in Italia. Non solo. È il più grosso finanziamento statunitense concesso ad un’azienda italiana negli ultimi 15 anni. Non una novità per la società nata da Franco Petrucci, che un anno prima si era aggiudicata un primo round di finanziamento da 15 milioni dal fondo americano Axel Johnson”61. Altro dato interessante è la presenza di incubatori sul territorio regionale. È il caso di Bic Lazio a Ferentino in provincia di Frosinone specializzato nella sostenibilità ambientale, di

61 La top 100 del 2015, StartupItalia!, pp. 25-26

73


Bic Lazio a Rieti specializzato nell’innovazione tecnologica e di ICult a Viterbo legato alla promozione e alla valorizzazione del patrimonio culturale locale. Chiusa questa breve parentesi, passiamo alle misure di sostegno. Il 5 novembre 2014, la Regione Lazio ha approvato l’Avviso pubblico relativo al Fondo per la nascita e lo sviluppo di Startup innovative. L’obiettivo dell’iniziativa è stato quello di sostenere la diffusione delle startup innovative sul territorio del Lazio, attraverso la concessione di contributi a fondo perduto, per incentivare lo sviluppo di un ecosistema locale favorevole alla nascita di nuove imprese innovative. L’avviso pubblico era rivolto alle startup innovative, classificabili come Pmi, in possesso dei seguenti requisiti: • costituite da non oltre 24 mesi alla data di presentazione del formulario; • che non siano un’impresa in difficoltà, così come definita dagli “Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato”; • iscritte, se già formalmente costituite, nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese; • accordo/i sottoscritto/i con investitori indipendenti, per un apporto di capitale almeno pari al contributo richiesto (gli Investitori Indipendenti devono risultare iscritti nell’Elenco Coinvestitori e Partner Accreditati istituito da Sviluppo Lazio S.p.A.); • almeno una sede operativa nel Lazio, regolarmente iscritta, nella quale dovrà essere realizzato il progetto; • in regola con gli obblighi previsti dai regolamenti comunitari e dalle leggi nazionali e regionali; • abbiano restituito agevolazioni pubbliche godute per le quali è stata disposta la restituzione; • in regola, ove applicabile, con la disciplina antiriciclaggio e con la normativa antimafia. Solo nel caso in cui si trattasse di una Startup innovativa in via di costituzione, oltre a tali requisiti la startup doveva risultare iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese e possedere i requisiti di startup innovativa ai sensi del D.L. 18/10/2012 n. 179, art. 25/2 e successive modificazioni. I progetti imprenditoriali dovevano essere in linea con la Smart Specialisation Strategy (S3) regionale che ricadano nelle seguenti aree di specializzazione: • Aereospazio, • Scienze della vita, • Patrimonio culturale e tecnologie della cultura, • Industrie creative digitali, • Agrifood, • Green Economy • Sicurezza (Homeland security).

74


2.2 Il ruolo delle istituzioni

Il Business plan che supportava il progetto imprenditoriale, oltre a riguardare modelli di business scalabili e prevedere un ruolo centrale dell’attività d’impresa localizzata nella Regione Lazio, doveva coprire almeno un orizzonte temporale di due anni. L’avviso pubblico è stato l’unico atto messo in campo dalla Commissione Startup costituita dalla Regione Lazio a inizio 2014. La Commissione - composta da 16 esperti ritenuti tra i più rappresentativi del Lazio nel mondo delle aziende, della finanza, della consulenza e delle università, e presieduta da Carlo Alberto Pratesi, docente all’Università RomaTre e cofondatore di InnovAction Lab - era stata istituita con una lettera d’incarico dal presidente della Regione Zingaretti e dell’assessore allo Sviluppo economico Guido Fabiani. Oltre a Pratesi i componenti sono Giovanni Aliverti (Esperto ICT, Luiss), Gianmarco Carnovale (presidente associazione Roma Startup), Paolo Cellini (Innogest), Michele Costabile (Luiss–Principia), Livio Cricelli, (Università di Cassino), Luca De Biase (Nova 24), Matteo Fago (Venture Capitalist), Renato Giallombardo (studio G.O.& Partners), Andrea Granelli (Kanso), Riccardo Luna (Repubblica), Gian Paolo Manzella (Consiglio Regionale del Lazio), Salvo Mizzi (Telecom Italia), Alberto Piglia (Ars et inventio), Chiara Tonelli (Roma Tre - Solar Decathlon e Andrea Vannini, (Università degli Studi della Tuscia). Nomi scelti per le loro competenze in ambito startup, ma anche in settori contigui come la finanza, la comunicazione e la ricerca. Nonostante l’avviso pubblico sia stato l’unico atto concreto della commissione, questo ha comunque rappresentato una piccola rivoluzione copernicana nell’erogazione dei finanziamenti da parte della Regione Lazio: non più soldi attribuiti a pioggia a startup selezionate in base a criteri di selezione interni, ma denaro concesso a chi ha già un investitore alle spalle. La Regione Lazio ha, inoltre, prodotto una panoramica sull’ecosistema delle startup nel Lazio dal titolo “Startup Grande Bellezza”62 dal quale è emerso un quadro che riassumiamo di seguito, estrapolando direttamente alcuni passaggi del documento. Il primo elemento riguarda gli acceleratori. Secondo il documento regionale, “al tradizionale sistema di incubatori e tecnopoli regionali, se ne va affiancando un secondo, promosso da imprenditori privati. È il caso di acceleratori come Luiss Enlabs, sorto dalla collaborazione tra un ateneo e investitori, o Startalia, o l’esperienza, focalizzata sull’innovazione sociale di The Hub Roma, tutte realtà attorno alle quali si sta costruendo un ecosistema ad oggi embrionale ma che sono destinate ad essere presto affiancate da altre esperienze”. Altro aspetto evidenziato, l’attivismo che sta caratterizzando l’ecosistema “sul piano degli strumenti finanziari: sia perché i soggetti amministrativi competenti a livello regionale - Filas 62 Gian Paolo Manzella, Vice Presidente Commissione Affari comunitari e internazionali - http://www.nicolazingaretti. it/wp-content/uploads/2014/03/Start-up-Grande-bellezza-G.P.-Manzella.pdf

75


e BIC - conducono da anni programmi a sostegno delle startup, sia per un crescente interesse dei business angels e dei fondi di private equity. Non va trascurato, in questa panoramica, il lavoro condotto da alcune tra le grandi imprese del territorio - da Telecom Italia, con il suo Working Capital, a Wind con l’iniziativa Wind Business Factor, all’Enel con EnelLab, alla Ericcsonn, con il suo programma Ego - che hanno individuato le startup come settore sul quale investire: sia in un’ottica di business, sia di corporate social responsability14. Né, in questa tendenza, ci sono solamente le grandi imprese. Può ricordarsi, ad esempio, l’esperienza del gruppo Innova, società localizzata nel Tecnopolo Tiburtino, il cui fondo di seed capital, i-Invent, interviene nel capitale di piccole imprese innovative del territorio”. Particolare attenzione viene data anche al settore universitario che secondo il documento “vede un cambiamento. Gli anni più recenti hanno assistito a iniziative come InnovactionLab - competizione sul piano delle nuove idee di business tra studenti universitari provenienti da Atenei, facoltà e dipartimenti diversi - e l’avvio di specifici programmi nel settore delle startup come Sapienza Innovazione (Università di Roma “La Sapienza”), SpinOver (Università di Roma “Tor Vergata”), I.Luiss (Università Luiss G. Carli), dirette a sostenere le idee di innovazione sorte in ambito accademico. Va segnalata, su un piano parzialmente diverso, l’esperienza di Codemotion, che, sorta all’interno dell’Università di Roma Tre, è divenuta in pochi anni il maggior organizzatore di convention per sviluppatori a livello europeo”. Altra nota positiva l’attenzione sia “della stampa quotidiana, sia il fatto che manifestazioni di rilievo internazionale dedicate alle startup abbiano scelto Roma come luogo di destinazione: da TechCrunch al Maker Faire”. Ad ogni modo, se gli aspetti positivi non mancano, il documento regionale sottolinea come l’ecosistema sia “frammentato e non ancora sufficiente. Bastano pochi dati a dimostrarlo. Il primo è una limitata capacità di attrarre finanziamenti. Se la Lombardia è la destinazione finale di oltre il 30% delle scarse risorse dedicate al venture capital nel nostro Paese (l’1,7% sul dato europeo) il Lazio si colloca al 3-5%. Il secondo elemento è la scarsa presenza di operatori privati specializzati: non esistono, ad esempio, fondi di venture capital dedicati alla economia regionale, né, come detto, una rete capillare di incubatori/ acceleratori privati parallela a quella promossa dalle società regionali di sviluppo. Ed anche sul versante dell’azione del soggetto pubblico competente siamo in presenza di programmi non comparabili a quelli di altre realtà territoriali quali la Lombardia, attraverso FinLombarda, il Trentino, con Trentino Sviluppo, e alcune tra le regioni del Mezzogiorno - quali la Sardegna e in parte Sicilia e Campania - che hanno potuto contare su risorse europee specificamente dedicate e sul fondo High-Tech”. Altro elemento critico l’assenza di “casi di successo”, tanto è vero che “non c’è ancora, nella realtà laziale, un’esperienza di successo che abbia avuto una exit significativa (con

76


2.2 Il ruolo delle istituzioni

l’eccezione di Venere.com) e sia stata capace di configurarsi come effettivo catalizzatore per questo settore. Manca, insomma, un ‘ambasciatore’ a livello globale della scena laziale delle startup”. Il documento conclude affermando: “Gli ingredienti per costruire nel Lazio un ecosistema delle startup, dunque, ci sono. A partire dal mondo della ricerca sino a quello della pubblica amministrazione, passando per grandi studi legali, istituti di credito e una rete di grandi imprese tecnologicamente avanzate - sia nazionali, sia internazionali - che potrebbero essere i naturali ‘compratori’ e partners delle idee imprenditoriali sviluppate dalle startup locali”. Si tratta di una linea di indirizzo che pare essere la strada principale che, invece, sta seguendo il Comune di Roma. Un caso significativo è l’adozione nei Municipi di Roma dell’App Qurami. Un’app che taglia le code negli uffici anagrafici di . Partito in cinque Municipi (I, II, XII, XIII e XV) il sistema per la prenotazione del turno agli sportelli direttamente dal proprio smartphone è stato esteso al resto degli uffici anagrafici della città e ha permesso di digitalizzare tutti gli sportelli anagrafici dei Municipi. Al servizio si accede tramite un’app, Qurami, scaricabile gratuitamente sul proprio telefono, che permette di scegliere il servizio anagrafico e prendere il numero per il servizio. Il sistema indica anche numero delle persone in fila e tempi di attesa, può suggerire uffici limitrofi con tempi di attesa inferiori e inviare notifiche personalizzate sull’avanzamento del proprio turno. A quel punto l’utente può presentarsi allo sportello all’ora stabilita e ottenere i certificati, senza attese negli uffici.

77


78


2.3

Come cambia il profilo dello startupper romano

79


80


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

2.3.1 Startupper chi? Uno degli obiettivi della ricerca del 2014 era delineare un primo profilo degli startupper romani e individuarne le caratteristiche principali, per poi capire l’evoluzione e i cambiamenti di chi crea e gestisce un’impresa innovativa. A un anno di distanza, dunque, abbiamo sottoposto le stesse domande agli startupper che agiscono nell’ecosistema romano: di seguito, proponiamo un’analisi comparata delle risposte che abbiamo ricevuto. Nel 2014, tra gli startupper romani era presente un’alta percentuale di over 35, che rappresentavano circa il 50% degli startupper romani. La seconda fascia di età maggiormente rappresentata, con il 22,5%, è quella che va dai 26-30 anni.

Figura 1. Gli startupper romani per fasce di età. Confronto 2014-2015

Il dato del 2015 mostra invece un cambiamento significativo: per quanto la percentuale di over 35 resti praticamente invariata (49%), si registra un incremento della fasce d’età intermedia. Gli startupper tra i 31-35 anni rappresentano, infatti, più del 25% del totale, un aumento notevole che si produce a scapito delle fasce più giovani. I dati forniscono dunque un quadro di “maturazione” delle persone che decidono di fondare una startup, probabilmente dovuto anche alla necessità di maturare un percorso di studi significativo. Per quanto riguarda la prevalenza di genere, i dati del 2014 confermavano in parte il trend già emerso a livello nazionale. Quasi il 78% degli startupper della capitale era di sesso maschile: oggi questa percentuale supera l’80%, segno tangibile della difficoltà che ancora continuano a incontrare le donne nel mercato del lavoro e in particolare nell’imprenditorialità.

81


Andiamo avanti e analizziamo il percorso di studi degli startupper. Anche in questo caso, nel 2014 il dato romano era complessivamente in scia con quello nazionale, con oltre l’80% degli startupper che possedevano un’istruzione elevata (laurea e post laurea).

Figura 2. Gli startupper romani per titolo di studio. Confronto 2014-2015

Se però un anno fa colpiva il livello modesto di lauree triennali (12,5%), nel 2015 notiamo il forte aumento di questa categoria di studi (17,6%) e, parallelamente, la crescita startupper che non hanno una laurea ma un diploma di scuola superiore (17,6%). Scende invece la percentuale di chi ha un’istruzione di alto livello, con un calo che riguarda sia la laurea specialistica che il master post laurea o il Phd. Il trend sembra essere quello di una maggiore partecipazione al mondo delle imprese innovative da parte di chi non ha una formazione di alto livello: da un lato, questo può significare una positiva diffusione nel tessuto sociale romano di uno spirito di imprenditorialità che privilegia l’intraprendere allo studio fine a se stesso. Dall’altro, marca ulteriormente il gap che l’Italia nel suo complesso fa registrare nel settore degli investimenti destinati alla ricerca scientifica e alla formazione, nonché la storica mancanza di sinergia tra le università e il settore privato. Focalizzando l’attenzione sulle tipologie di lauree conseguite dagli startupper, nel 2014 la maggior parte di essi (42,8%) risultava laureata nell’ambito dell’economia e del management. Molti anche quelli provenienti dagli ambiti legati all’ingegneria e alla computer science (31,4%), e significativa anche la percentuale di laureati in ambito umanistico (14,2%).

82


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 3. Gli startupper romani per ambito di formazione. Confronto 2014-2015

I dati di quest’anno mostrano un quadro molto simile per quanto riguarda economia/management e ingegneria computer science, mentre salta agli occhi la pur moderata crescita del settore scientifico, ora pari al 14,6% del totale, e il crollo dell’ambito umanistico (4,8%), segno di una crescente specializzazione in ambiti più tecnici. Da segnalare infine la presenza di laureati in art&design, settore in crescita soprattutto per quanto riguarda il web. L’analisi sul percorso formativo degli startupper romani si concludeva con la rilevazione del dato relativo alla propensione ad affrontare periodi prolungati di studio all’estero. Da questo punto di vista gli startupper romani erano un esempio di eccellenza all’interno del panorama nazionale. In base a quanto rilevato attraverso il questionario dello scorso anno, infatti, ben il 70% degli startupper aveva compiuto un’esperienza all’estero per più di 3 mesi, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra, senza però tralasciare altre realtà europee come la Germania, la Francia e la Spagna, o altri contesti come Singapore e Israele.

83


Figura 4. 2015. L’incidenza della formazione in contesti stranieri. Confronto 2014-2015

Il dato del 2015 invece marca un forte incremento di chi non ha avuto esperienze all’estero: il trend sembra essere quello di una maggiore partecipazione all’imprenditoria innovativa di chi magari ha studiato e viaggiato meno, ma ha comunque idee valide e si mette in gioco per realizzarle. Ma quanti tra gli startupper hanno un’esperienza pregressa nel mondo lavorativo e quanti invece sono al primo impiego? Il dato del 2014 rivelava una equa distribuzione tra coloro che dichiaravano di aver già lavorato e coloro che affermavano di essere alla loro prima esperienza lavorativa. La maggioranza assoluta, pari al 51,3%, dichiarava di essere alla prima esperienza, mentre il 48,7% dichiarava di aver già lavorato o essersi cimentato in un’attività imprenditoriale.

84


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 5. Startupper al primo impiego. Confronto 2014-2015

Nel 2015 la percentuale di chi è alla prima esperienza sale al 57%, segno della crescente propensione al rischio da parte degli startupper romani, che sempre piĂš spesso si mettono in gioco in un settore complesso e iniziano da zero lanciando una startup. Questo trend è confermato dal dato su coloro che dichiarano di essere alla prima esperienza in una startup: si passa dal 73% del 2014 all’80% del 2015.

Figura 6. Percentuale di startupper alla prima esperienza in una startup. Confronto 2014-2015

85


2.3.2 Il profilo delle startup romane Dopo aver delineato gli elementi peculiari dello startupper romano, il questionario si è soffermato sulle principali caratteristiche delle startup romane. Cosa c’è alla base della business idea da cui è successivamente nata la startup? Roma presentava un quadro variegato in quanto non vi era un fattore nettamente preponderante rispetto agli altri: nella maggior parte dei casi (26,3%) la business idea era nata con il tentativo di applicare in modo innovativo una tecnologia già esistente. Nel 24% dei casi, invece, tutto aveva avuto inizio attraverso un confronto con amici o colleghi di lavoro, mentre nel 19,3% dei casi la startup era nata attraverso un spin-off da attività di ricerca.

Figura 7. Origine delle startup romane. Confronto 2014-2015

I dati del 2015, pur confermando i trend principali evidenziati lo scorso anno, mostrano alcune caratteristiche interessanti: da segnalare, infatti, la crescita degli spin-off, oggi pari al 24,6% del totale, e quella di chi ha realizzato una scoperta o creato una nuova tecnologia, dato che passa da meno del 9% del 2014 al 13,8% attuale. La maggioranza relativa delle startup romane, inoltre, nasce da discussioni e brainstorming con conoscenti (27,7%), mentre un anno fa prevalevano le nuove applicazioni di tecnologie esistenti. Cresce dunque la creatività e la propensione al rischio, e questo è un elemento che non può che far bene all’ecosistema romano.

86


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Una volta determinato cosa ci sia dietro alla business idea che ha dato vita alla nuova attività imprenditoriale, il questionario indaga sui settori in cui sono attive le startup romane. La maggior parte delle startup nel 2014 strutturava la sua attività imprenditoriale nell’ambito del web, dell’information technology e dell’ambiente/energia.

Figura 8. Le startup romane per ambito di attività. Confronto 2014-2015

La situazione attuale è complessivamente simile, con un leggero calo dei settori preponderanti a beneficio degli altri. Colpisce il calo del settore cleantech/energia/ambiente (ora sotto al 4%) mentre crescono il mobile e il settore life science. Ricordiamo, da questo punto di vista, la considerazione che la quota di investimenti necessaria per avviare un’attività nell’ambito del web o dell’ICT è decisamente inferiore rispetto a quella richiesta per sviluppare prodotti in altri settori, per cui inevitabilmente, data l’elevata quota di rischio che caratterizza le startup, è più facile ottenere del denaro dagli investitori o sostenere personalmente i progetti in settori con minori costi iniziali. Analizziamo ora il dato relativo alle persone impiegate. Come si può vedere dal grafico, la maggioranza assoluta delle startup, pari al 55,6%, impiegava nel 2014 tra 1 e 5 lavo-

87


ratori, mentre il 26,3% non aveva la possibilità di servirsi di forza lavoro a parte quella dello startupper o dei soci.

Figura 9. Le startup romane per numero di lavoratori. Confronto 2014-2015

Nel 2015 notiamo una riduzione di questo dato, che scende al 22,4%. Aumentano significativamente, sino al 65,3% del totale, le startup che possono permettersi di assumere del personale, per quanto si resti tra una e cinque unità. Il dato dimostra che, al maturare dell’attività imprenditoriale, il numero di occupati tende ad aumentare, segno di un andamento positivo e di una crescita che induce all’ottimismo per il futuro. Ma come cambia in questo contesto il fatturato delle startup romane? La ricerca dello scorso anno sottolineava un livello di fatturato decisamente basso, coerente con il dato italiano e in grande discrepanza con quanto avviene negli ecosistemi più evoluti. Complessivamente quasi l’80% delle startup romane non superava i 50 mila euro di fatturato, con il 42% che dichiarava di fatturare massimo 10 mila euro. Il 23% si trovava in una fascia di fatturazione che oscilla tra i 10 mila e i 30 mila euro e il 13% dichiarava un fatturato compreso tra i 30 mila e i 50 mila euro. Poche le startup di eccellenza che riuscivano a fatturare cifre che oscillano tra i 500 mila e oltre un milione di euro.

88


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 10. Le startup romane per fascia di fatturato. Confronto 2014-2015

È interessante a questo proposito evidenziare alcuni cambiamenti molto significativi. Nel 2015, infatti, le startup che fatturano sotto i 50mila euro sono poco meno del 50%, mentre quelle tra i 50mila e i 100mila rappresentano il 51% del totale. Se molte startup si trovavano soltanto all’inizio del loro percorso, in cui è fisiologico avere un basso livello di fatturato, i dati del 2015 mostrano una notevole maturazione dell’ecosistema, caratterizzato oggi da startup più solide a livello economico. Certo, mancano ancora i grandi fatturati, ma certamente sembra che l’ecosistema romano si stia lasciando la fase di gestazione per incamminarsi sulla strada della maturità: le startup cominciano a crescere e a strutturarsi, a tutto beneficio dell’economia del territorio, dell’occupazione, della capacità di “fare sistema” e attrarre capitali. I pionieri dell’ecosistema romano cominciano a vedere dei risultati, e questi risultati possono stimolare in un circolo virtuoso chi vuole rischiare e investire in un’idea innovativa.

89


2.3.3 Criticità, bisogni e aspettative degli startupper romani Andiamo ora ad analizzare le eventuali differenze sulle difficoltà che gli startupper romani hanno incontrato nell’avviare la propria attività imprenditoriale.

Figura 11A. L e principali difficoltà incontrate dagli startupper romani - 2014

Figura 11B. Le principali difficoltà incontrate dagli startupper romani - 2015

Nel 2014 la difficoltà riscontrata maggiormente era senza dubbio quella di reperire i finanziamenti necessari ad avviare l’attività. seguita dalla complessità delle pratiche burocratiche. Quest’anno la difficoltà principale resta il reperimento di fondi, mentre per quanto riguarda la burocrazia il calo dal 22 al 16% è probabilmente dovuta al fatto che, in un’ecosistema più maturo, la maggior parte dei problemi burocratici iniziali è già stata affrontata. Coerentemente, cresce invece il numero di rispondenti che fa fatica a trovare risorse umane di qualità: le imprese crescono e hanno bisogno di trovare personale adeguato. Il resto del quadro che emerge non mostra scossoni significativi, anche se vale la pena segnalare il calo della difficoltà nell’interlocuzione con istituzioni ed enti operanti sul territorio. Questo potrebbe essere un primo segno tangibile di un maggiore impegno e consapevolezza da parte degli attori istituzionali nei confronti delle esigenze del mondo delle startup. Andiamo a questo punto ad analizzare i rapporti con enti e istituzioni. Lo scorso anno, oltre l’86% dei rispondenti aveva avuto a che fare nel corso della sua esperienza imprenditoriale con enti, istituzioni, associazioni di categoria e altri soggetti operanti sul territorio come banche, università, INAIL, ufficio brevetti, ente del turismo.

90


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 12. I rapporti con le istituzioni locali. Confronto 2014-2015

L’ente con cui gli startupper hanno avuto più a che fare nel 2014 è stata la Regione (29,3%), seguita dalle associazioni di categoria (20,7%) e poi dal Comune (15,5%). Il dato attuale mostra una discreta diminuzione di chi ha avuto a che fare con la Regione (21%) a beneficio del Comune (21%), mentre restano più o meno stabili le associazioni di categoria. Da un lato, dunque, aumentano i contatti con l’ente locale “più vicino”, dall’altra aumenta anche la percentuale di chi invece afferma di non aver avuto contatti con queste istituzioni. Quest’ultimo dato può indicare una maggiore autonomia e coscienza di chi fa startup, ma anche una certa disillusione nei confronti di interazioni che non si sono rivelate soddisfacenti. L’interazione con gli enti locali e le associazioni è comunque molto frequente, e ancora una volta evidenzia il ruolo chiave che questi soggetti possono e devono svolgere per creare un ambiente favorevole all’imprenditoria innovativa. Andiamo ora a rilevare la qualità dell’interazione tra le startup e i soggetti di cui sopra, quantificando la soddisfazione degli startupper riguardo all’interlocuzione con i principali enti operanti sul territorio. I grafici seguenti riportano soltanto le risposte di coloro che dichiarano di aver avuto a che fare con uno degli enti indicati nel questionario.

91


Figura 13A. Livello di soddisfazione nel rapporto con le istituzioni locali - 2014

Figura 13B. Livello di soddisfazione nel rapporto con le istituzioni locali - 2015

Il quadro emerso nel 2014 indicava un’insoddisfazione generalizzata nei confronti dell’interazione, con un’elevata quantità di startupper che si dichiarava poco o per niente soddisfatta del rapporto con il Comune e gli altri enti (es. ufficio brevetti, registro imprese, banche). Tuttavia, il discreto numero di risposte positive riguardo all’interazione soprattutto con la Regione, dava l’idea dei risultati ottenuti da un ente che forse più di altri si era speso per facilitare le imprese innovative. Il dato attuale sorprende in positivo: si rileva un aumento generalizzato della soddisfazione riguardo all’interazione con la Regione, con le associazioni di categoria e, più in generale, con gli altri enti.

92


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Sono le associazioni di categoria a far registrare un risultato molto positivo, dato che la maggior parte degli startupper si dichiara “abbastanza” o “molto” soddisfatta dell’interazione, mentre il risultato peggiore lo ottiene invece il Comune: sono pochissimi a valutare positivamente l’interazione. Ma perché ci si dichiara insoddisfatti? L’anno scorso, la principale causa di insoddisfazione era provocata dalla lentezza nello svolgimento delle pratiche burocratiche, indicata dal 37,8% degli intervistati, seguita dalla scarsa comprensione delle dinamiche di una startup (29,7%). Due facce della stessa medaglia: una pubblica amministrazione che viaggia a una velocità diversa dalle moderne imprese innovative e in continua evoluzione. A ciò si sommava l’insoddisfazione per l’assenza o insufficienza di sostegni all’avvio dell’impresa (22,9%)

Figura 14. Le principali difficoltà riscontrate dagli startupper romani nel rapporto con le istituzioni. Confronto 2014-2015

La situazione attuale appare molto simile a un anno fa, facendo segnare soltanto una leggera diminuzione dell’insoddisfazione per la burocrazia e un aumento del fattore “scarsa comprensione delle dinamiche di una startup”. In leggero aumento, inoltre, chi si lamenta dell’assenza di spazi di coworking. Il quadro, dunque, non è cambiato: la percentuale di problemi che devono affrontare gli startupper nel rapporto con le istituzioni sono sempre gli stessi, segno che gli sforzi fatti sinora sono soltanto un punto di partenza e molto ancora deve essere fatto per rendere Roma una città davvero startup friendly.

93


Andiamo avanti. È migliorata la forza di attrazione di Roma per le startup in questo anno? Perché gli startupper decidono di investire e aprire la propria attività nella Capitale?

Figura 15. La scelta di creare una startup a Roma. Confronto 2014-2015

Il dato più significativo non cambia: se il 66% degli startupper sceglievano Roma come sede della propria attività perché vivevano già nella Capitale, oggi il dato scende solo leggermente al 62%. Da segnalare però l’aumento di coloro che hanno scelto consapevolmente la città per l’ambiente favorevole alla nascita delle startup, opzione scelta dal 13% dei rispondenti. La nascita di un ecosistema delle startup a Roma dunque deve certamente molto alla capacità di attrazione culturale della città e ai suoi istituti di eccellenza in ambito universitario, ma anche dalla reputazione crescente che gode come hub nazionale per le imprese innovative. L’analisi di questa parte del questionario dedicato alle informazioni sull’attività imprenditoriale si conclude con una domanda sulla partecipazione a competizioni nazionali o internazionali per la promozione delle startup.

94


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 16. Gli startupper romani e i contest. Confronto 2014-2015

Se nel 2014 oltre il 70% delle startup aveva partecipato a un qualche tipo di competizione nazionale o internazionale, il dato riferito al 2015 scende a poco meno del 62%. Da segnalare, tuttavia, la presenza di chi ha partecipato soltanto a competizioni internazionali (6,1%), ignorando quelle nazionali, a riprova del fatto che il mercato delle startup innovative è un mercato globale, in cui la competizione è sempre più europea e mondiale più che nazionale. Andiamo ora ad analizzare l’ultima parte del questionario, quella dedicata a studiare e definire i fattori che caratterizzano l’ecosistema, come il ruolo svolto dagli incubatori e da soggetti che si occupano del finanziamento come business angel e venture capitalist. Inoltre, abbiamo chiesto quale tipo di supporto avrebbero desiderato ottenere gli startupper romani e quali sono, secondo loro, le aree sulle quali intervenire per sostenere in maniera più efficace chi fa startup a Roma. Cominciamo evidenziando come cambiano i canali per ottenere i fondi necessari all’avvio dell’attività. Il dato più rilevante del 2014 è che oltre il 53% degli startupper aveva finanziato la propria idea con fondi propri (39,4%) o con l’aiuto di familiari e amici (14%). Soltanto il 16,9% era riuscito ad ottenere risorse mediante competizioni pubbliche e privati, mentre ancora meno ha ottenuto il sostegno di venture capitalists (9,8%) e business angels (7%), per non parlare delle banche.

95


Figura 17. Le modalità di finanziamento delle startup romane. Confronto 2014-2015

I dati del 2015 mostrano qualche senso tipico di un’ecosistema più maturo, in cui l’accesso al credito è meno “fai da te” e più evoluto. In calo infatti il ricorso a fondi personali e di conoscenti (rispettivamente al 34 e al 10%), mentre resta stabile la partecipazione a competizioni pubbliche o private. La vera differenza con l’anno passato sembra essere la crescita dei business angels (12%) e del riscorso alle banche (11%, contro il 5,6% dell’anno passato), segno che i privati cominciano a considerare le startup come una risorsa e un potenziale affare in cui investire. Ma quante difficoltà hanno avuto gli startupper a reperire fonti di finanziamenti “esterne”?

96


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 18A. Le principali difficoltĂ nella ricerca di finanziamenti - 2014

Figura 18B. Le principali difficoltĂ nella ricerca di finanziamenti - 2015

97


Figura 19A. Tipologie di supporto richieste dagli startupper romani - 2014

Le difficoltà maggiori nel 2014 erano quelle relative all’accesso al credito bancario e alla ricerca di potenziali investitori esterni. Oggi, il dato che salta agli occhi è la notevole crescita delle difficoltà di accesso al credito bancario, probabilmente anche per la maggiore domanda emersa già dalle risposte precedenti sul finanziamento. Migliora invece la situazione per quanto riguarda la possibilità di trovare partner industriali e, seppur di poco, la ricerca di potenziali investitori. Peggiora anche la percezione delle difficoltà quando si tratta di dover accedere a finanziamenti pubblici, con tutto quello che concerne la capacità di destreggiarsi tra bandi, concorsi e gare. In generale comunque, il quadro rimane piuttosto negativo: chi ha un’idea innovativa e non ha gli strumenti finanziari per svilupparla con successo è troppo spesso lasciato da solo. Andiamo invece ora analizzare il tipo di supporto richiesto dalle startup, per capire se i bisogni sono gli stessi o se sono emerse delle novità. L’anno passato la richiesta maggiore riguardava un supporto strategico temporaneo come un general manager esterno e un sostegno legale/fiscale, a conferma che il maggiore avversario degli startupper è spesso la burocrazia.

98


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 19B. Tipologie di supporto richieste dagli startupper romani - 2015

Allo stato attuale, invece, viene considerata più utile una valutazione del potenziale di mercato della propria idea o, più concretamente, del prodotto dell’azienda. Sempre utile anche il sostegno legale/fiscale, mentre perde appeal l’ipotesi di affidarsi anche temporaneamente a un consulente esterno. Proseguendo nell’analisi dei questionari, un altro aspetto interessante è capire se e come sia cambiato il riscorso agli incubatori.

Figura 20. Startup che si rivolgono agli incubatori. Confronto 2014-2015

99


Il dato riferito al 2014 indicava che oltre la metà delle startup avesse fatto ricorso a un qualche tipo di incubatore, con una leggera preferenza per quelli pubblici/no profit (27%) rispetto a quelli privati (24,3%). Quest’anno, invece, soltanto il 38% dichiara di aver utilizzato il supporto di un incubatore: evidentemente questi strumenti vengono ritenuti poco utili o si preferisce la libertà di portare avanti la startup in proprio. Logicamente, in questo senso può avere peso anche il fattore numerico, ovvero un aumento delle startup che insistono sul territorio non compensato da un incremento degli incubatori. Il passo successivo dell’analisi è stato misurare l’utilità percepita dei servizi forniti dagli incubatori e dagli acceleratori, cercando di capire in quali ambiti sono stati d’aiuto per le startup.

Figura 21A. Importanza dei servizi forniti dagli incubatori e dagli acceleratori per tipologia - 2014

Figura 21B. Importanza dei servizi forniti dagli incubatori e dagli acceleratori per tipologia - 2015

100


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

I giudizi di coloro che si sono serviti di un incubatore variano a seconda del servizio utilizzato. In generale, l’anno passato gli startupper si sono dichiarati molto soddisfatti della fornitura degli spazi fisici, apprezzando anche il sostegno nel reperimento di risorse umane qualificate e, in misura meno netta, il supporto fornito dagli incubatori nella ricerca di canali commerciali attraverso i quali inserirsi sul mercato. Quest’anno rimane alto l’apprezzamento per quanto riguarda gli spazi fisici, ma scende parecchio la soddisfazione per quanto riguarda il reperimento di risorse umane e di nuovi canali commerciali. Migliora leggermente invece il giudizio per quanto riguarda il sostegno degli incubatori/ acceleratori nel reperimento di fondi, mentre peggiora il già basso giudizio sulla consulenza legale/burocratica ricevuta e sulla stesura del business plan. In generale, comunque, il quadro piuttosto positivo dello scorso anno non si ripete ed emergono più ombre che luci, dalle quali si intuisce probabilmente anche il motivo per cui il ricorso a questo tipo di servizi è calato negli ultimi 12 mesi. Le ultime due domande del questionario hanno infine avuto come obiettivo quello di capire in che modo, secondo gli startupper, gli enti e le istituzioni del territorio potrebbero intervenire per semplificare loro la vita. Le risposte dello scorso anno davano un’idea generale delle lacune dell’ecosistema romano delle startup e dei settori sui quali intervenire. La priorità era una: la ricerca di finanziamenti. Le richieste di sostegno nella ricerca di fondi in generale (21,8%) e più nello specifico nell’accesso a finanziamenti pubblici (bandi, concorsi o gare, 21,8%) dominavano un quadro comunque piuttosto variegato, seguite dallanecessità di trovare partner industriali e portare a termine le pratiche burocratiche.

101


Figura 22. Di cosa hanno bisogno gli startupper romani. Confronto 2014-2015

Nel 2015 la situazione non sembra essere cambiata molto, e i problemi principali restano gli stessi. In particolare tuttavia, aumenta ancora la percentuale di chi avrebbe bisogno di un maggiore sostegno nella ricerca di finanziamenti (23,3%) e nell’accedere a finanziamenti pubblici (23,3%), due voci che da sole si avvicinano al 50% del totale delle risposte. Cala invece la necessità di aiuti per quanto riguarda le pratiche burocratiche, mentre è in crescita la domanda di risorse umane di qualità: siamo di fronte a un altro sintomo dell’evoluzione delle startup, che a un anno di distanza non sono più nella fase iniziale in cui è necessario sbrigare le pratiche burocratiche per una nuova attività, ma sono più mature e maggiormente impegnate a cercare personale per crescere e strutturarsi. Infine, concludiamo l’analisi dell’evoluzione dell’ecosistema romano delle startup a distanza di un anno con l’ultima domanda del questionario, che chiede agli startupper in quale settore investirebbero delle risorse, qualora si trovassero nei panni del responsabile di un ente o istituzione locale.

102


2.3 Come cambia il profilo dello startupper romano

Figura 23. In quali settori investirebbero gli startupper romani. Confronto 2014-2015

Le risposte del 2014 indicavano come priorità la promozione di bandi, concorsi o gare per assegnare risorse pubbliche a chi vuole avviare una startup (25,7%), a pari merito con l’assegnazione di risorse per l’assunzione di risorse umane (25,7%). Gli startupper avrebbero inoltre investito nella promozione di occasioni d’incontro con i finanziatori privati (22,7%), segno della difficoltà nel riuscire a reperire finanziamenti privati che era emersa chiaramente anche dalle precedenti risposte. Lo scenario attuale presenta alcune novità interessanti: i bandi pubblici e le risorse per l’assunzione di personale qualificato restano tra le priorità, anche se calano (entrambe si fermano al 22,7%) rispetto all’organizzazione di incontri tra startupper e investitori privati, risposta prevalente per il 26,5%. In crescita anche chi chiede più sostegno e formazione nelle fasi iniziali della vita dell’impresa, un incremento che con ogni probabilità è dovuto alla consapevolezza delle difficoltà affrontate in passato e, parallelamente, alla presenza nel territorio romano di molte aziende appena nate e dunque alle prese con questo tipo di problema.

103


104


3

L’ OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL’ECOSISTEMA ROMANO Le interviste

105


106


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Intervista a Luigi Capello, founder LUISS Enlabs e LVenture Group Luigi Capello è tra i fondatori di LUISS ENLABS – la fabbrica delle startup e di LVenture Group, leader nel seed e micro seed financing. Venture Group è tra i primi operatori di Seed Venture Capital quotati al mondo, il primo e unico al MTA di Borsa Italiana. I numeri di LVenture Group parlano di 1.000 proposte di investimento, 25 startup partecipate con un investimento medio di 120mila euro, 3,3 milioni di euro investiti in startup dal gruppo, 7,8 milioni di euro investiti assieme ad altri co-investitori, più di 250 posti di lavoro creati dalle startup finanziate. Riccardo Luna ha descritto l’ultimo anno delle startup italiane con tre aggettivi: esplosivo, confuso, deludente. Si trova d’accordo? Sull’esplosivo e sul confuso sono d’accordo, non sul deludente. In questo momento c’è un grande movimento, stanno partendo tante nuove startup. Certo, c’è confusione, ma è una necessità. Quando c’è tutto questo movimento dal basso verso l’alto è chiaro che le cose sono confuse ed è anche bene che sia così. Non mi preoccuperei più di tanto, direi che in generale le cose stanno andando piuttosto bene, tanto da non essere affatto deluso. Dal mio punto di vista di investitore posso dire che per fare startup occorre tempo. Noi stimiamo nei nostri piani almeno cinque o sei anni per realizzare startup che possano posizionarsi seriamente sul mercato. Bisogna avere tempo, non bisogna credere che si possa fare tutto a breve termine. Un anno fa, lei proponeva di lavorare a un fondo dei fondi per le startup e a sostegni concreti agli acceleratori. È stato fatto qualcosa su questi fronti? So che si stanno mettendo in cantiere delle misure. Purtroppo è un cantiere abbastanza lungo come nella tradizione italiana, ma ci auguriamo che si sforni qualcosa di concreto. Anche perché il vero nodo cruciale è l’execution, se non c’è execution sono solo chiacchiere che non aiutano nessuno, né le startup né gli investitori. A Roma, il numero delle startup è raddoppiato da fine 2013 a fine 2014. L’ecosistema sta crescendo? Sono in atto dei cambiamenti molto positivi. Roma è la città italiana maggiore in termini di acceleratori e, di conseguenza, anche le startup stanno vivendo una grossa fase di crescita. Ogni acceleratore si sta muovendo, sta creando startup, da questo punto di vista con un lavoro molto interessante. Quello che ancora manca a Roma è la filiera del venture capital. Su Roma non ci sono venture capitalist. Questa è la priorità, dobbiamo rafforzare la filiera del capitale di rischio se vogliamo pas-

107


sare alla fase successiva, ovvero trasformare le tante startup che stano nascendo in grandi aziende. Cosa bisognerebbe fare per attrarre investitori su Roma? Attrarre imprenditori e imprese è, in realtà, più semplice di quello che si credi. Si può attrarre proponendo aiuti e sostegni. Il nodo è semplificare i rapporti come accade a New York, dove c’è un delegato del sindaco con il compito di attrarre investitori e creare contatti con i soggetti dell’ecosistema della città. Senza dimenticare che il pubblico stesso può giocare un ruolo fondamentale da investitore. All’estero il 40% delle risorse di venture capital viene dal pubblico. In Italia siamo a livelli molto più bassi. Parliamo di 30-40 milioni di euro da mettere a disposizione del venture capital romano per farlo decollare. Come è il bilancio dell’ultimo anno di LVenture Group S.p.a.? Le proiezioni di bilancio dell’ultimo anno sono molto interessanti. Abbiamo chiuso un aumento di capitale nel mese di agosto, abbiamo raccolto altri 5 milioni di euro. Si trattava di un aumento di capitale rivolto al mercato. Stiamo continuando a investire in maniera massiccia. Basti pensare che sta partendo il nostro sesto programma di accelerazione. Abbiamo in costituzione sei nuove società, quelle che appartengono al nuovo piano di accelerazione. Abbiamo sette fundraising su startup in portafoglio. In questo momento non possiamo pretendere di più, stiamo andando sulla strada disegnata in maniera più accelerata rispetto alle aspettative. Quali sono i nuovi progetti che riguardano Luiss EnLabs? A Luiss EnLabs vorremmo creare un grande hub internazionale per poter ospitare centinaia di startup. Attualmente abbiamo 2.000 metri quadri alla stazione Termini, dobbiamo almeno raddoppiare i nostri spazi. Qui ormai non abbiamo più possibilità di ospitare startup perché gli spazi sono tutti occupati. Abbiamo una lunga lista di attesa, sempre più startup vogliono venire da noi, perché si iniziano a comprendere tutti i vantaggi che una startup può avere vivendo e crescendo in un’ecosistema come il nostro. A risultare determinanti sono, soprattutto, le relazioni con gli investitori e con le corporate che le startup trovano tutti i giorni a Luiss EnLabs. Per concludere, l’ecosistema romano ha bisogno di due elementi per crescere: più tempo e più venture capital? Sì. Oggi siamo on track, siamo in grandissima fase di accelerazione. Però quello che serve, oltre al tempo, è attrarre due figure di cui l’ecosistema romano ha grande bisogno: le corporate e gli investitori.

108


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Per quanto riguarda le corporate dobbiamo portare l’innovazione delle startup all’interno dei processi delle corporate e, viceversa, portare le corporate qui da noi a investire in termini di acquisizioni. Per quanto riguarda gli investimenti, dobbiamo continuare ad attrarre. Il decreto fiscale operativo da marzo 2014 ha fatto registrare un grande aumento di business angel, di persone desiderose di investire. A tal proposito, ricordo che c’è un credito di imposta per chi investe nelle startup del 19%. Ciò sta facendo da catalizzatore di molti capitali che, per fortuna, stanno uscendo dai titoli di Stato e stanno andando sulle attività produttive.

109


Intervista a Augusto Coppola, presidente InnovAction Lab Direttore del programma di accelerazione di LVenture/EnLabs. Ha fatto parte del team dei fondatori di due startup internazionali, chiudendo accordi con clienti, partner ed investitori in tre continenti. Fa parte del board di InnovAction Lab, associazione no profit nata nel 2011. InnovAction Lab è considerato uno dei 5 casi di maggior successo mondiale nel campo della formazione imprenditoriale. Nel corso dei suoi 3 anni di attività, dal 2011 ad oggi, ha dato vita ad oltre 30 startup finanziate da investitori privati e fondi di investimento di venture capital. Come è stato l’ultimo anno per le startup in Italia? Il movimento delle startup sta crescendo in tutti i sensi, sta attraversando le fasi naturali che deve attraversare. Nell’ultimo anno è continuata l’evoluzione del mondo delle startup. In particolare, ciò che mi rende ottimista è il fatto che non continua a crescere solo il numero delle startup, ma a crescere principalmente è il numero di startup di buon livello. Di pari passo, sta aumentando l’interesse degli investitori. Tutto ciò mi porta ad affermare che è stato un anno nella traiettoria che ci aspettavamo. Partendo dalla sua esperienza quotidiana, qual è la situazione delle startup romane in termini di fatturato? Partendo dalla mia esperienza, posso dire che tutte le startup che prendono parte al nostro percorso di accelerazione di cinque mesi, al termine fatturano più di 50 mila euro. Quindi sono al di sopra della media che si registra nel resto di Roma. Più in generale, però, credo sia importante fare le dovute distinzioni. Per startup digitali. ad esempio, è fondamentale riuscire a fatturare in tempi rapidi, naturalmente in proporzione alla complessità del progetto. Più il progetto è complicato e più richiede tempo. Come sta cambiando l’ecosistema romano? Parlo di un dato che più di qualsiasi altro dà l’idea di come sta cambiando l’ecosistema romano: il livello delle startup che arrivano a Luiss EnLabs sta crescendo moltissimo. E, al contempo, sta crescendo moltissimo l’interesse. L’anno scorso registravo un maggiore interesse a chiacchiere, che è stato comunque importante affinché si iniziasse a parlare di startup. Oggi c’è un interesse concreto sia da parte di aziende sia di singoli investitori. In particolare, sta aumentando il numero di persone interessate a fare angel investing con cifre significative.

110


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Di quali cifre parliamo? Per capirci, chi vuole fare angel investing con 10 mila euro ormai è una mosca bianca. Le startup, anche qui a Roma, iniziano a lavorare con le grandi aziende. Ciò dipende dalla qualità delle startup, certo, e significa anche che le grandi aziende stanno rivedendo i processi di qualificazione dei loro fornitori. In particolare, da questo punto di vista negli ultimi sei mesi le cose sono accelerate tantissimo. Ci può parlare dell’ultimo anno di InnovAction Lab? Lo scorso anno tutte le startup che sono arrivate alla finale di InnovActionLab hanno ricevuto una proposta di finanziamento da parte di investitori privati. Due di quelle startup sono in Luiss EnLabs, due sono in Digital Magics61, due al PoliHub62, altre al TechPeaks63. L’anno che si è appena chiuso, insomma, è stato il migliore in assoluto da quando abbiamo iniziato, tanto che personalmente ho perso il conto delle startup nate da InnovactioLab. E del futuro che ci dice?La prossima finale di InnovAction Lab si terrà il 20 maggio a Firenze, durante l’International World Wide Web Conference (n.d.r. 18-22 maggio 2015), la più importante conferenza al mondo relativa al web. Durante questa conferenza mondiale è prevista una track sull’imprenditorialità riservata a InnovAction Lab. Ci saranno ospiti importanti, dal Chief Innovation di Google a David S. Rose, uno degli angel investor più importanti della costa orientale degli Stati Uniti d’America. Noi continueremo a dare il nostro contributo alla crescita dell’ecosistema e a fornire il flaw per tutti coloro che intendono fare investimenti in Italia. Qual è la situazione di Luiss EnLabs? Luiss EnLabs ha aggiunto al suo programma di accelerazione sei nuove startup. Il loro livello è altissimo in relazione alla situazione italiana e non solo. Siamo convinti riusciranno e a chiudere un round di finanziamento al termine del programma di accelerazione.

61 D igital Magics: Investment company fondata nel 2004 da Enrico Gasperini – tra i primi imprenditori della rete in Italia – affiancato da Alberto Fioravanti, Gabriele Ronchini e Gabriele Gresta, tutti professionisti con una grande esperienza nel mercato internet. Dal 2008 Digital Magics opera come incubatore di startup innovative digitali, che propongono contenuti e prodotti ad alto contenuto tecnologico. Nel 2013 Digital Magics si quota all’AIM Italia – Mercato Alternativo del Capitale dedicato alle piccole e medie imprese gestito Borsa Italiana. 62 PoliHub è l’incubatore del Politecnico di Milano gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano, con il contributo del Comune di Milano, mediante la società strumentale PoliHub Servizi Srl. La missione di PoliHub è di supportare le startup altamente innovative con modelli di business scalabili e di spingere i processi di cross-fertilizzazione tra le diverse startup. Per fare questo PoliHub opera attraverso lo scambio di esperienze, la condivisione di conoscenze, la contaminazione reciproca e il confronto tra gli imprenditori, ben sapendo che da questo apprendimento collettivo aumenterà la probabilità di successo di ogni singola startup. 63 TechPeaks è un programma di Trento RISE - l’organizzazione che tiene insieme i maggiori attori della ricerca ICT di Trento in collaborazione con Trentino Sviluppo.

111


Ce lo dicono i numeri dell’ultimo anno. Basti pensare che le ultime startup che hanno chiuso il programma di accelerazione Luiss EnLabs, nello stesso giorno dell’investor day in sede di manifestazione di interesse, hanno raccolto ben il doppio di quanto chiedevano. Questo prova quanto stia crescendo la qualità delle startup qui a Roma.

112


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Intervista a Gianmarco Carnovale, presidente Roma Startup Roma Startup è un’associazione senza scopo di lucro, un luogo di confronto e coordinamento tra i membri dell’ecosistema dello startupping di Roma. Roma Startup ha l’obiettivo che la città di Roma, meglio se una zona specifica e centrale di Roma, diventi l’Hub Italiano e Mediterraneo per startup innovative, dove trovare le migliori condizioni per far nascere e sviluppare la propria impresa. Inoltre, comunica e amplifica ciò che avviene nell’ecosistema, fa network con altri Hub, seleziona membri competenti dell’industry, organizza eventi, diffonde cultura d’impresa, dialoga con le istituzioni. Nel Registro Imprese, sono registrate 270 startup innovative romane. Il Lazio è la terza regione dopo Lombardia ed Emilia Romagna. Sono numeri che rispecchiano la realtà? Questi numeri fotografano un trend, ma non sono un dato scientifico per una serie di motivi. Innanzitutto per la struttura con cui vengono raccolte e registrate le domande di iscrizione alla sezione speciale del Registro Imprese. Purtroppo dipende dalle differenti Camere di Commercio dislocate sul territorio nazionale. Negli ultimi due anni ho avuto più di un’esperienza empirica nel verificare che le politiche di interpretazione dei requisiti per entrare nel registro speciale sono estremamente disomogenee, con una grandissima flessibilità interpretativa nel nord e nell’area di Milano e con una corretta rigidità da parte della Camera di Commercio di Roma. Ciò, però, comporta che il dato sia falsato. Quindi, se reputo veritiero il numero di 270 startup innovative su Roma, il dato che pone la Lombardia in cima all’Italia, invece, lo reputo falso e di molto. Sono andato a controllare l’attività reale delle startup presenti in quei registri e, seppur a braccio, posso affermare che più della metà non dovrebbero essere considerate startup innovative. Un dato che rende Roma ancora più rilevante a livello nazionale, perché qui si sta interpretando in modo corretto cos’è una startup innovativa. Qual è la situazione dell’ecosistema romano? Per quanto riguarda Roma la situazione è positiva, non per tutto il Lazio purtroppo, perché oltre il 90 per cento delle startup è concentrato a Roma che è la città universitaria più grande d’Europa. Dopo aver seminato negli ultimi anni cultura di impresa e cultura di innovazione tra i giovani, l’effetto è stato un’importante massificazione nella nascita di startup e di nuove imprese intorno a un prodotto tecnologico. È diventato ormai un fenomeno tanto rilevante da attirare capitali di rischio in misura maggiore e tanto da iniziare a pesare dal punto di vista dell’occupazione.

113


Qual è la situazione per quanto riguarda i finanziamenti? Le startup a Roma ottengono microseed, ma anche seed. Ma, oggi quelle che hanno la capacità di crescere sono costrette a emigrare e cercare investimenti rilevanti in venture capital oltre il milione di euro nel nord Italia o a Berlino, Londra e Stati Uniti. In Italia, non solo a Roma, soffriamo la scarsità di operatori del venture capital, ovvero investitori che abbiano la possibilità di investire 20-30 milioni di euro complessivi. In Italia sono circa una dozzina, realmente operativi sei o sette, tutti concentrati dove è concentrata la finanza e il mondo bancario, ovvero a Milano e Torino. Da questo punto di vista c’è un elemento da considerare, il venture capital investe in prossimità, perché oltre a investire ha anche l’interesse a inserire persone nel consiglio di amministrazione e accompagnare la crescita delle startup. Questo è uno dei motivi per cui gli operatori arrivano molto difficilmente a investire nel centro e nel sud. Come si può ovviare a questa criticità dell’ecosistema romano? Bisogna mettere a valore quella che è una grande potenzialità del sistema romano. Roma è la terza città d’Europa, dopo Londra e Parigi, per quanto riguarda le famiglie con un patrimonio superiore al milione di euro tolta la prima casa. Si parla di circa 125 mila famiglie. A ciò vanno aggiunte le fondazioni, le aziende pubbliche, para-pubbliche e private. Bisogna catalizzare questi patrimoni e portarli verso il venture capital. È necessaria una spinta culturale e a operarla deve essere il pubblico, parlando più facilmente delle opportunità degli investimenti in capitale di rischio e agendo sulla leva fiscale. In che senso? In Italia ci troviamo in una contraddizione oggi. È vero che c’è un credito di imposta del 19% o del 26% per chi investe in una startup innovativa o a valore sociale o energetico. Però, dall’altra parte il governo Renzi ha aumentato la tassazione sul capital gain dal 12,5% al 26%. Sono convinto che sia stato un errore tecnico, è stata alzata la tassazione senza fare i dovuti distinguo che, invece, è opportuno fare se si parla di startup. Altri suggerimenti? Il pubblico territoriale deve provare a farsi collettore per la costituzione di un Fondo dei Fondi territoriale, che aumenti la dotazione di capitale dei venture capital privati per stimolarli a nascere e a investire sul territorio. Cosa ci dice degli investitori stranieri? Oggi il terreno è fertile. Oggi gli investitori stranieri sanno di poter contare su un flusso costante di startup che nascono e che sono aiutate e convalidate nella loro idea e nel loro modello di business da un gran numero di incubatori e acceleratori privati. L’investitore straniero, infatti, non investe su idea astratta,

114


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

ma su un’idea che ha già superato diversi gradi di validazione. Detto questo, il sistema romano è nel radar degli investitori internazionali. Siamo solo in attesa che un investitore privato apra un temporal office a Roma e provi a vedere cosa succede. C’è un momento che descrive bene gli ultimi 12 mesi dell’ecosistema romano? Il Venture Forum che si è svolto nel dicembre 2014 per mettere sotto la lente di ingrandimento l’ecosistema romano per gli investitori stranieri. È stato un momento importante perché ha decretato che l’ecosistema è arrivato a un punto di maturazione tale da poter lavorare con il resto del mondo. Sono ottimista per come si sta sviluppando il settore. C’è una grande volontà da parte di tutti gli attori del pubblico per mettersi a sistema, perché in questo settore il valore si può costituire solo collaborando. Il mood di voler mettere un cappello autonomo purtroppo continua a resistere solo in alcune associazioni di categoria tradizionali. Ma qual è una criticità dell’ecosistema romano che continua a essere presente? Per parlarne parto da un elemento positivo. Trovo positivo che anche le startup più antiche e che annaspavano stanno trovando una formula per decollare. Mi riferisco alle startup che sono state protagoniste dei primi programmi di accelerazione del 2010, 2011, 2012. Startup che stanno registrando proprio negli ultimi mesi impennate della curva di crescita. Finalmente trovano una chiave per il loro business model. Questo, però, cosa significa? Nasconde una criticità. Vuol dire che la cultura delle metodologie di costruzione di una startup non è ancora ampiamente diffusa. Infatti, la velocità di crescita di una startup in un sistema maturo come quello anglosassone, statunitense o israeliano, è di gran lunga maggiore. Nel primo anno si capisce se le startup hanno successo o se vanno chiuse. Da noi ci mettiamo tre anni per capirlo. Speriamo che andando avanti si tenda ad accorciare questo periodo di pre-lancio. Secondo lei dov’è il problema? In Silicon Valley, quando un ragazzo esce con una laurea da Stanford ha già studiato in maniera approfondita tutto ciò che riguarda le startup, cose che qui invece si apprendono quando si entra in un incubatore. In Silicon Valley si svolgono Startup Simulation e Startup Competition all’interno dell’università. Questo significa che quando esci dall’università stai già correndo la tua corsa, qui invece ti devono ancora insegnare i fondamenti del tuo sport.

115


Ci parli di Roma Startup, come è stato l’ultimo anno? Roma Startup sta diventando il punto di riferimento degli operatori intermedi. Rappresenta una filiera che va dagli incubatori agli acceleratori, dai dipartimenti di innovazione delle corporate, fino alle divisioni o agli innovation office delle università, agli advisor, agli investitori, insomma tutti quei soggetti che hanno un’anima di creatori di startup. Ciò ha fatto sì che divenissimo il cluster territoriale più importante d’Italia. Il nostro goal è stato quello di raggrupparli tutti, tanto è vero che anche i soggetti che cominciano oggi a interessarsi a questo comparto si rivolgono a Roma Startup per essere aiutati a diventare degli operatori intermedi. Negli ultimi dodici mesi abbiamo aiutato la Regione Lazio a creare la commissione startup, abbiamo accompagnato la contaminazione culturale del territorio e oggi stiamo cercando di collegarlo con il resto del mondo. Inoltre, anche il Governo ci ha preso come riferimento nel policy making.

116


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Intervista a Marco Trombetti, founder acceleratore PiCampus Amministratore delegato e cofondatore di Translated, un’agenzia di traduzioni online che fattura dieci milioni di dollari l’anno e che tra i suoi clienti ha Google e l’Unione europea. A Roma, nel verde del quartiere Eur, ha creato secondo il modello della Silicon Valley l’acceleratore PiCampus: quattro ville-incubatrici e 100 dipendenti. Tra le startup accelerate, Wanderio. I numeri delle startup in Italia parlano di un fenomeno in crescita, è così? Non so se il numero di startup innovative sia il miglior indicatore, ma il fatto che questo mercato sia in forte crescita si percepisce. Anche il numero di deal di venture capital è cresciuto del +208%. Riccardo Luna ha fatto ricorso a 3 aggettivi per descrivere l’ultimo anno delle startup italiane: esplosivo, confuso, deludente. Se dovesse ricorrere ad altrettanti aggettivi per descrivere l’ecosistema italiano, quali userebbe?Bravo Riccardo. Sul deludente, concordo che non si intravede ancora il prossimo Google o Facebook, però bisogna aspettare 3-5 anni l’ecosistema e il capitale umano va coltivato almeno un po prima di creare qualcosa di grande. I miei sono: piccolo, esplosivo, confuso. Veniamo all’ecosistema romano, quali sono stati i maggiori cambiamenti? Prima non c’era niente ora c’è ed è in forte crescita. Le startup romane denunciano ancora un’eccessiva difficoltà nella fase di follow on, mentre trovano facilmente il micro seed iniziale. Attrarre investitori stranieri può essere la soluzione? Verissimo. Raccogliere investimenti seed a Roma è veramente facile. I fondi di venture capital italiani sono pochi ed è normale che impieghino tempo ad adattarsi al mercato. Anche il nostro capitale umano deve adattarsi. Penso che le cose saranno diverse tra 3 anni. Nel mezzo, credo che stimolare il co-investimento con fondi UK sia la scelta più sensata. Altre criticità emersa, il rapporto con le corporate. Da cosa dipende? Premettendo che , per come la vedo io, le grandi aziende rappresentano principalmente un opportunità di exit e non un opportunità di business, il rapporto con loro è purtroppo nullo. L’acquisizione di startup innovative rappresenta la forma di ricerca e sviluppo più rapida e economicamente efficiente. Non credo che le grandi aziende l’abbiano capito o, semplicemente, non hanno ancora capacità di cambiare. Per questo e per la domanda precedente penso che vedremo un discreto numero di startup acquisite nella fase early da corporate estere.

117


Come è stato l’ultimo anno di PiCampus? Meglio del previsto. Un anno e mezzo fa avevamo una villa con 35 persone, ora 4 ville e 100 persone. Tutti le startup che lavorano a Pi Campus hanno raccolto capitale in maniera rapida e efficiente e quasi tutte hanno tassi di crescita percentuali annui a due o tre cifre. Cosa si aspetta dai prossimi 12 mesi? Non lo so, mi piacciono le sorprese.

118


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Intervista a Fabrizio Cialdea, founder Atooma Atooma nasce in Italia nel Marzo del 2012 e successivamente si espande in USA a Gennaio 2013. Atooma è una piattaforma software operante nel campo dell’internet of things che nasce con l’idea di mettere in comunicazione e in connessione diversi dispositivi mobili, quali automobili, sensori, smartphones, smart-watches, con l’obbiettivo ultimo di analizzare i comportamenti dell’utente attraverso i diversi dispositivi e applicazioni da lui utilizzate e quindi suggerire degli automatismi che possano semplificare la sua vita. Immaginate ad esempio di avere una riunione domani rispettivamente dall’altra parte della città e di non avere abbastanza benzina per raggiungere il luogo del meeting senza prima fermarvi per fare carburante. Bene, Atooma, monitorando il vostro calendario e il livello di benzina dell’auto può “imparare” e accorgersi in anticipo di questa problematica e quindi suggerirvi o automaticamente operare una modifica sulla sveglia impostata nello smartphone andandola a spostare mezz’ora in anticipo in modo da permettervi di arrivare alla riunione in tempo. Atooma ad oggi conta circa mezzo milione di utenti ed è alla ricerca di partner operanti nel campo dell’automotive, smart home e wearable devices. Qual è lo stato dell’ecosistema romano? A Roma, in tema di startup, c’è ancora un gap molto grande per quanto riguarda le università. Lo noto soprattutto quando ricerchiamo collaboratori. Gli studenti non sono informati. L’università è sconnessa dal mondo startup, ad esempio non incentiva chi ha studiato in facoltà come economia e ingegneria a investire sulla propria idea innovativa e a far nascere una startup. Si è ancora troppo incentrati sull’inquadramento classico: finisco gli studi e poi cerco lavoro. Ovunque è così? No. Noi ci siamo interfaccia molto con il Politecnico di Milano o con quello di Torino, ma anche con il Trentino dove esistono realtà come il TechPeaks e il Trento RISE. In questi ecosistemi c’è una connessione più forte con le università. Si tratta di un punto molto importate, perché potrebbe aumentare di peso il numero delle startup innovative. Su Roma, però, c’è qualcosa di buono su questo aspetto. Si tratta del programma InnovAction Lab, che è di fatto l’unico a portare i propri seminari all’interno delle università. E i numeri gli danno ragione, perché il suo potere di attrazione cresce di anno in anno. Qual è la soluzione per colmare questo gap? La soluzione è rendere obbligatori seminari sulla falsa riga di quelli di InnovAction Lab, magari partendo da facoltà come ingegneria per poi estendere i seminari alle altre facoltà, dal momento che le startup pos-

119


sono spaziare dal biotech al medical, allo sviluppo software. È molto importante riuscire a dare agli studenti anche una panoramica sulla parte legislativa: sapere cos’è una startup innovativa, quali requisiti deve avere, quali benefici comporta. A livello universitario, infatti, ho visto tanti ragazzi con buone idee e ottime capacità a cui, però, non hanno dato seguito perché non disponevano degli strumenti e delle conoscenze necessarie. A Roma le startup faticano a trovare investimenti per il follow on, come mai? Il discorso va esteso all’Italia. A Roma e in Italia esiste una serie di profili di angel investor in grado di investire i propri soldi, da 10 mila euro fino a 50 mila euro. Ma investono su società che hanno un business plan italiano, senza una visione globale, si fatica a pensare in grande. Gli investitori non si espongono troppo. Questo significa che una startup ha la necessità di mettere insieme più angel. A mancare sono, invece, investitori che mettono sul tavolo cifre importanti. La situazione sta migliorando negli ultimi mesi, grazie ai Fondi Europei e perché si stanno muovendo le banche. Le banche in Italia stanno superando gli angel investor, cosa ne pensi? Noi stessi abbiamo ottenuto un prestito ponte con il fondo di garanzia. Questa soluzione, ovvero l’intervento delle banche con la garanzia del pubblico, era l’unica cosa che ti potevi aspettare dall’Italia. È una buona soluzione, ma siamo ben lontani dal modello statunitense e israeliano. Quello italiano è un modello para-pubblico. Magari è conveniente perché i soldi pubblici non sono in equity, quindi le startup non devono dar via percentuali della loro società. Ma quello che manca sono gli investitori dall’estero. Le banche hanno superato i ventur capital perché i ventur capital che possono investire sopra un milione di euro in Italia sono pochissimi. A livello di decreti, il discorso deve evolvere per far sì che gli investitori stranieri arrivino in Italia. Questo è un limite? Faccio l’esempio del nostro caso. Noi abbiamo una società in Italia e una negli Stati Uniti. Abbiamo aperta quest’ultima perché con solo con questa riusciamo ad attrarre investimenti esteri. Ad esempio, un investitore tedesco preferisce rivolgersi alla inc. statunitense e non prende per nulla in considerazione la srl italiana. Personalmente ho avuto molte esperienze all’estero e posso affermare che ciò che frena gli investitori stranieri non sono gli italiani, anzi, sanno che siamo bravi e costiamo poco, ma sono spaventati dalla legislazione.

120


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Abbiamo parlato delle criticità, ma esiste è un punto di forza dell’ecosistema romano? Il punto di forza assoluto è rappresentato dalle risorse umane. Qui da noi abbiamo un’ampia offerta di persone preparate a costi molto bassi. Rispetto all’Italia, il costo di uno sviluppatore e designer in Germania, ad esempio, è il doppio. Negli Stati Uniti è dieci volte tanto. Questo è un ottimo vantaggio, è il motivo per cui noi manteniamo la nostra parte di sviluppo in Italia. Cosa manca all’ecosistema romano per fare il salto di qualità? L’urgenza è l’ecosistema. Manca un pezzo, ovvero mancano le grandi società che possono essere nostri clienti o acquisitori. Nell’ultimo anno si è colmato il gap di mettere in comunicazione le startup con gli investitori. Quello che manca è mettere in comunicazione le startup con le corporate. Ci sono tante aziende importanti, ma in Italia non è facile fare network. Basterebbero anche dei semplici eventi che diano alle startup la possibilità di conoscere le corporate e far nascere occasioni di collaborazione. Questo è un punto più importante della ricerca di soldi. Come si può migliorare questo aspetto? Faccio un esempio. Luiss EnLabs guadagna sulla startup, per semplificare: investe sulla startup e poi si prende l’equity. Nella Silicon Valley, invece, gli acceleratori non investono direttamente sulla startup, né chiedono equity. Il modello è diverso: gli acceleratori accolgono le startup e costruiscono rapporti diretti con le corporate, tanto che all’interno degli acceleratori ci sono figure pagate direttamente dalle corporate per fare scouting. Gli acceleratori, quindi, vengono finanziati dalle corporate stesse per essere messe in contatto con startup in linea con il loro business. Come è stato il vostro ultimo anno? Nell’ultimo anno ci siamo sforzati di uscire dalla “fase startup” per passare a un livello superiore. Siamo partiti, infatti, da un’idea interessante che ha avuto un discreto successo, ma poi ci siamo scontrati con il problema classico: come facciamo i soldi? Come facciamo a essere interessanti sul mercato? Quindi, abbiamo cambiamento il nostro business model, dal B2C siamo passati al B2B. Per questo, ad esempio, è molto importante il legame con le aziende. Inoltre, abbiamo aperto un aumento di capitale, ottenendo investimenti da business angel, da un bando di Trentino Sviluppo e da Unicredit attraverso il Fondo di Garanzia. Come è stato il vostro rapporto con le istituzioni? Purtroppo non positivo. Proprio a causa della Camera di Commercio abbiamo spesso rischiato di non prendere i soldi dei

121


nostri investitori e in alcuni casi li abbiamo persi. Per tornare agli Stati Uniti, lì non esiste la Camera di Commercio e non esiste il notaio. Una startup stringe direttamente l’accordo con l’investitore e finisce lì. Qui devi passare attraverso il notaio e poi la Camera di Commercio. Questo cosa comporta? Nel nostro caso, abbiamo fatto un aumento di capitale di otto mesi. Significa che raccogliamo le sottoscrizioni on going. Ogni volta che conquistiamo un nuovo investitore, però, dobbiamo comunicarlo alla Camera di Commercio. Siccome questa catena di raccolta fondi è concatenata, se le carte burocratiche non ti seguono passa troppo tempo e l’investitore può ripensarci, magari perché nel frattempo ha avuto un problema personale e ha bisogno dei suoi soldi o perché ha cambiato idea e vuole investire su un’altra startup. Quindi la velocità è tutto. Perdere tre o quattro settimane per una pratica può decretare la nostra fine. Inoltre, c’è un problema legato ai costi di questi passaggi burocratici. Ogni comunicazione alla Camera di Commercio ha un costo. Il decreto, in realtà, ha previsto delle agevolazioni per le startup innovative. Ma spesso i commercialisti non sono aggiornati e fanno pagare queste spese anche se le startup non sarebbero tenute a farlo. C’è un problema di comunicazione molto serio. Per concludere, cos’è per te una startup? Startup è una fase ben precisa, che deve durare il più breve tempo possibile. Si tratta di un periodo in cui chi è coinvolto nella startup lavora a livelli molto alti senza guadagno e gli investitori corrono rischi molto alti. Proprio per queste ragioni, questo periodo dovrebbe durare tra i sei e i dodici mesi. Invece, in Italia dura troppo, tra i due e i tre anni perché è tutto diluito. Ciò spesso è un male, perché anche dopo due anni ci presentiamo agli occhi dei grandi investitori come piccole startup e rischiamo di non farci prendere sul serio.

122


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Intervista a Monica Archibugi, founder Le Cicogne Monica, insieme a Giulia e Valentina, è founder della startup Le Cicogne che ha partecipato a InnovAction Lab 2012, un percorso che insegna a trasformare un’idea in impresa, classificandosi al 3° posto. Successivamente le tre founder hanno fatto domanda presso LUISS ENLABS, un acceleratore di impresa, dove lavorano a tempo pieno da gennaio 2013. Oggi hanno sviluppato la prima app in Italia per far incontrare genitori e babysitter. Come è stato l’ultimo anno delle startup in Italia? Nell’ultimo anno sono nate tante nuove startup. È una cosa positiva che conferma una direzione giusta. Il fatto che possa essere stato un po’ deludente secondo me, parlando anche con altre startup, è dipeso dal fatto che è facile trovare il micro seed di 30-50 mila euro, ma poi si fa fatica a raggiungere il follow on successivo dai 300 ai 600 mila euro. C’è l’energia per il lancio di una nuova startup, ma poi è quasi impossibile il follow on in Italia. Le poche startup che lo hanno ottenuto, lo hanno conquistato molto di recente. Abbiamo registrato un salto di qualità soprattutto all’inizio del 2015. Questa situazione nel 2014 ha creato una certa confusione. In molti si sono chiesti se l’assenza di follow on dipendesse dal fatto che le startup italiane non erano all’altezza o per la sola assenza di fondi o perché c’era qualcosa che non funzionava nell’intero meccanismo. A mio parere è dipeso esclusivamente dal ritardo che l’ecosistema italiano sconta rispetto ad altri ecosistemi. Come è stato l’ultimo anno per voi? L’ultimo anno è stato molto faticoso. Ci siamo scontrati con una realtà brutta. A un certo punto ci siamo resi conto che tutto quello che avevamo creato, sia il nostro network che il nostro business, era arrivato a un bivio nel quale una delle due strade era morire lì. L’altra strada non era da meno, era difficilissima, ancora più ripida di quella che avevamo affrontato in precedenza. Si trattava di un vero e proprio muro. Un muro rappresentato dal nostro business model, che non avrebbe mai fatto diventare la nostra startup un’azienda. Nonostante il numero elevato di utenti, parliamo di 1.500 baby sitter e 2 mila genitori, Le Cicogne non avrebbero mai preso il volo perché non avrebbero mai fatturato abbastanza. Ci siamo trovati a un punto in cui dovevamo sradicare tutto quello che avevamo fatto fino a quel momento a livello finanziario. Ci siamo seduti intorno a un tavolino e non ci siamo più alzati finché non abbiamo trovato una soluzione. Qual è stata la soluzione? La nostra soluzione è rappresentata dall’app. Prima il nostro business model era basato su un sito in cui domanda e offerta si incontravano.

123


Con l’app, invece, non saremo presenti solo nella fase di incontro tra baby sitter e genitori, ma anche in tutto il percorso lavorativo. Il genitore avrà un’assicurazione che coprirà l’intero nostro servizio dal check-in al checkout. Ciò significa una sicurezza maggiore per il genitore, per il bambino e per la stessa baby sitter. Inoltre, i genitori potranno pagare direttamente con l’app. Cosa vi ha aiutato a trovare la soluzione? Il tutto è partito durante il nostro programma di accelerazione a Luiss EnLabs. Siamo arrivati qui nel gennaio del 2013, abbiamo partecipato al programma di accelerazione che è durato cinque mesi. Da subito era stato messo in evidenza che sarebbe stato più opportuno entrare nella transizione economica tra genitore e baby sitter. Ma per ostacoli burocratici e legali era impossibile procedere in questa direzione. Il programma di accelerazione non ci ha trovato la soluzione, ma ci ha insegnato ad affrontare i problemi. Ci ha aiutato ad affrontare il bivio che ci siamo trovate di fronte all’inizio del 2014. In particolare, tutti i mentor e gli imprenditori con cui l’acceleratore ci ha messo in contatto ci hanno aiutato a reagire. Poi, tutte le soluzioni che ci sono venute in mente le abbiamo applicate in velocità. L’insegnamento è stato: crea qualcosa di semplice, basico, lo applichi, se funziona allora fai qualcosa di più complesso. Se non funziona, lo butti e ricominci daccapo. In questo modo siamo arrivate alla soluzione dell’app. Dell’ultimo anno c’è stato un momento che per voi ha rappresentato una svolta? Sì, riguarda il lancio del nostro servizio a Milano. Nonostante avessimo fatto tutto come a Roma, il nostro servizio stentava a partire. Allora ho deciso di andare a vivere a Milano. Una soluzione drastica, ma volevo replicare quello che ho fatto a Roma. Fare il porta a porta, andare all’università, parlare con le baby sitter, conoscere i genitori, partecipare agli aperitivi con le mamme. Essere lì fisicamente, conoscere la città e conoscere le persone. Avere un contatto diretto. Quindi per tre mesi ho vissuto a Milano. È servito tantissimo. Anche perché per noi è stata una prova. Ha fatto capire a noi e a chi ci circonda quanto crediamo nella nostra startup. Come è cambiato l’ecosistema romano? È cambiato tantissimo. Sono migliorati i servizi per le startup, intendo sia gli acceleratori che le informazioni che si possono trovare. Una startup che vuole iniziare oggi ha molte più informazioni e possibilità di ricevere un aiuto. Non solo da parte degli acceleratori, ma anche da figure professionali che prima erano

124


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

quasi all’oscuro della materia, penso ai commercialisti e agli avvocati ad esempio. L’ecosistema sta migliorando anche perché se ne parla continuamente. Sta crescendo, sono arrivati molti più fondi e lo stesso Luiss EnLabs è migliorato tantissimo. Siamo qui da due anni e i nuovi programmi di accelerazione sono molto più efficaci rispetto a quello a cui abbiamo partecipato noi. Per aiutare le nuove startup si rivolgono alle vecchie. Hanno creato un metodo, prima non esisteva. In cosa consiste questo metodo? Il metodo consiste principalmente nel fare una scrematura più forte all’ingresso. Inizia tutto da un metro di giudizio con cui far capire se l’idea iniziale è realmente una startup o un’azienda di altro tipo. Per essere una startup, l’idea che c’è alla base deve essere il giorno uno locale, il giorno due globale. Questa regola di definizione di startup era poco conosciuta, quindi chiunque apriva una nuova impresa diceva di essere una startup, che in parte è vero perché lo startup è la fase iniziale di un’azienda. Ma una startup, come la intendiamo noi, con i fondi di investimento e i programmi di accelerazione, non può essere solo la fase iniziale di un’azienda. Una startup è una società che il primo giorno è locale e il giorno dopo è globale. Questa idea ormai è la prassi. A questa, si è affiancato un percorso. Una startup deve trovare subito dei fondi o rivolgendosi a un acceleratore o a un fondo privato o a un fondo pubblico o a una banca per un prestito. Dopodiché deve ottenere dei risultati nei primi mesi, in termini di metriche, ovvero di utenti che usano il servizio. E deve definire un business model efficace. Come step conclusivo deve ottenere il follow on. L’ecosistema romano, quindi, appare più consapevole. Ma cosa manca ancora per tenere assieme i pezzi? Serve sicuramente qualcosa che unifichi le informazioni. Ho sempre sognato un sito dove le startup possano trovare tutte le informazioni necessarie: da quelle sugli acceleratori sul territorio ai fondi disponibili in quel momento e da chi, dai bandi pubblici aperti alle pratiche burocratiche e legali che deve affrontare una startup. Solo questo? No. Insisto sulla necessità di unire pubblico e privato. Il privato deve occuparsi della selezione delle startup attraverso gli acceleratori. Su quelle startup il pubblico deve poi intervenire investendo i propri fondi. In questo modo si supererebbero i troppi cavilli dei bandi pubblici che non sempre premiano le startup che hanno realmente le potenzialità per affrontare il mercato. Il pubblico dovrebbe fidarsi di più del privato nella fase di scouting.

125


Intervista a Giorgio Sadolfo, CEO e Co-founder Filo Accelerata all’interno di Luiss Enlabs, come viene presentata sul sito web, “Filo è un piccolo dispositivo bluetooth che si attacca alle cose che per te sono importanti. Tramite l’app, ritrovare le tue chiavi o il tuo portafoglio smarrito, sarà questione di un attimo”. Filo. Startup nata a InnovAction Lab nel 2014 ha dimostrato quello che sembrava impossibile: è possibile costruire una startup hardware in 5 mesi. Visto dall’interno, com’è stato l’ultimo anno per le startup in Italia? L’ultimo anno era stato annunciato come l’anno in cui sarebbe riesplosa l’economia italiana, in cui le startup italiane avrebbero fatto exit milionarie, in cui sarebbero stati raggiunti round milionari. Tutti, insomma, lo stavano aspettando come l’anno del secolo. Invece, di fatto, non è stato così. Se dovessi usare degli aggettivi direi che è stato un anno ritardatario perché siamo ancora molto indietro rispetto ad altri ecosistemi mondiali. Ma è stato anche un anno variegato. L’ecosistema italiano, infatti, inizia a differenziarsi. Per esempio Filo è una startup hardware e in Italia rappresentiamo una rara eccezione. Infine, l’ecosistema è in espansione, anche da un punto di vista anagrafico. Ci sono sempre più persone anche over 30 disposte a mettersi in gioco e investire le proprie competenze in una startup. A Roma, le startup registrano un problema di fatturato: vi risulta? Posso parlare a partire dalla nostra esperienza. Uno dei dati che ha stupito di Filo è che siamo stati in grado di realizzare un fatturato di 20 mila euro in fase di prevendita del nostro prodotto. È un dato che inseriamo sempre nelle nostre pitch e impressiona gli investitori. Abbiamo lavorato sodo, siamo andati oltre le mere idee. In numeri, come sono stati i vostri ultimi mesi? Siamo una startup nata formalmente a settembre 2014 come srl e siamo entrati nel programma di accelerazione di Luiss EnLabs il 17 luglio 2014. Abbiamo ottenuto un microseed di 30 mila euro da LVenture Group per sviluppare la nostra idea e lanciarla sul mercato. In questi mesi abbiamo partecipato a tanti eventi, in particolare abbiamo preso parte a sei pitch con audience di oltre 100 persone. Per quanto riguarda il nostro team, oltre ai quattro founder, si sono aggiunte altre due persone: una che si occupa del marketing e un’altra che si occupa del design del prodotto. Un altro dato che mi piace sottolineare è il fatto che abbiamo rilasciato il nostro hardware

126


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

in soli cinque mesi. È quasi un record visto che di solito occorre circa un anno per rilanciare il prototipo. Ultimo dato, abbiamo prodotto 2 mila pezzi di Filo e ne abbiamo venduti 1.600 in fase di pre-ordine. Quanto è importante avere i numeri dalla vostra parte? Gli investitori sono molto colpiti. Ci dicono di essere una delle poche startup che non parlano solo dell’idea ma la supportano con dei numeri. Gli investitori ci chiedono di dimostrare questi numeri, di aprire Google Analytics, di visualizzare il back end del commercio elettronico. Per attrarre gli investitori, le startup devono avere le metriche dalla loro parte. Non si tratta del like di Facebook, ma di quante persone sono disposte a darti dei soldi per la tua idea. Avete incontrato dei problemi dalla nascita di Filo ad oggi? Stiamo facendo i conti con problemi di duplice natura. Problemi burocratici: ad esempio abbiamo dovuto sospendere le vendite perché da un mese e mezzo siamo in attesa di un codice Ateco. Ma i problemi veri li abbiamo incontrati nella ricerca di fornitori qui a Roma, non perché non ci siano, ma perché le aziende romane non sono disposte a mettersi in gioco e scommettere sul prodotto di una startup. In cosa sta cambiando l’ecosistema romano? Devo dire che stanno arrivando sempre più investitori, anche stranieri. Da questo punto di vista le cose si stanno muovendo. Esistono punti di forza? Sarò di parte, ma certamente un punto di forza è proprio Luiss EnLabs. Tre dei nostri 4 founder sono over 30. Avevamo un lavoro, se abbiamo deciso di metterci in gioco è perché c’era un’eccellenza come Luiss EnLabs che ci dava sicurezza. Criticità? Non esistono supporti efficaci come in altri Paesi. Mi riferisco sia ai supporti statali, sia al supporto delle grandi aziende. Solitamente, quando una startup italiana inizia a crescere pensa ad andare all’estero nella speranza di raggiungere l’exit. Quali sono i vostri progetti futuri? Cerchiamo 500 mila euro. Vogliamo aumentare la vendita B2C e iniziare la distribuzione in score del nostro prodotto. Stiamo puntando ad ampliare anche gli accordi B2B, rivolgendoci a tutti quei brand che vogliono avere il loro

127


logo sul nostro Filo. Per dicembre 2015 dovremmo evadere sul mercato circa 50 mila unità e nel futuro vorremo aprire una sede all’estero. Se potessi introdurre un elemento di innovazione nell’ecosistema romano, quale sceglieresti? Creare economia tra le startup, ovvero uno scambio di servizi e di capitali tra di esse, e avere a disposizione una lista di aziende in target con gli obiettivi delle startup.

128


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Intervista a Roberto Macina, CEO e Co-founder Qurami “L’app gratuita che fa la fila al posto tuo”. Qurami ha ricevuto 150 mila euro da Unicredit, diventando la prima startup partecipata da una banca. Qurami è nata nel 2011, come è cambiato l’ecosistema romano da allora? Abbiamo visto nascere e crescere l’ecosistema romano. Oggi quello che vediamo è una nuova attenzione alle aziende e una grande voglia di innovazione. Abbiamo registrato un grande boom dell’ecosistema romano. Nascono incubatori, le aziende e le pubbliche amministrazioni locali utilizzano servizi forniti dalle startup, c’è una maggiore attenzione al tema. Come è stato il vostro ultimo anno? È stato l’anno più importante, abbiamo quadruplicato le aziende che che utilizzano Qurami e abbiamo triplicato gli utenti. Abbiamo fatto dieci volte il fatturato del 2013. C’è stato un momento più importante degli altri negli ultimi dodici mesi? Lo spartiacque è stato l’avvio di Qurami presso tutti i Municipi del Comune di Roma. Cosa dovrebbe fare il pubblico per sostenere le startup? Vado controcorrente, tutti chiedono al pubblico i soldi, ma non deve essere così. Il pubblico non sa riconoscere una startup tecnologica se è innovativa o meno, non ha una serie di competenze che ha il venture capital. Il pubblico dovrebbe rendere facile l’erogazione dei servizi che forniscono le startup. Noi siamo un esempio positivo perché il Comune di Roma ci ha adottato. Il pubblico dovrebbe diventare il primo cliente delle startup. Cosa servirebbe? Basterebbe trovare il contatto giusto all’interno delle aziende, private o pubbliche che siano. E trovarlo con velocità. C’è ancora qualcuno che ci scambia per un venditore del Folletto. Queste difficoltà portano le startup ad affidarsi o alla fortuna o all’endorsement. Qual è il punto di forza dell’ecosistema romano? La comunità degli studenti. Negli Stati Uniti tutte le università formano startup, non startup intese come spin off ma startup private. A Roma gli incubatori ci sono, i soldi ci sono, le idee ci sono, manca un po’ di supporto da parte delle università.

129


Com’è il rapporto con le corporate? Le corporate sono i nostri clienti. A volte è ostico trovare una persona che abbia le competenze per ascoltarti. Ci sono casi positivi, ad esempio il nostro con BNL, ma siamo un ago in un pagliaio. Cosa importeresti nell’ecosistema romano dall’estero? Importerei un maggiore colloquio con le istituzioni. Basteremmo degli eventi con cadenza regolare nei quali startup selezionate abbiano la possibilità di esporre al pubblico e al privato i servizi che potrebbero offrire. I vostri piani per il futuro? Noi stiamo puntando a espanderci a livello internazionale. Siamo una startup digitale quindi dobbiamo affermare la nostra visione globale. Quindi guardate all’estero? Trovare investimenti oltre il mezzo milione di euro in Italia è molto difficile. I capitali stranieri potrebbero essere un grande aiuto. Il problema è che non siamo appetibili a round stranieri, perché l’investitore straniero non sa come funziona una srl. Questo oggi è un freno. Per questo motivo, laddove avremo bisogno di un round di finanziamento superiore ai due milioni di euro è molto probabile che apriremo una sede a Londra. Qual è la differenza tra gli investitori stranieri e quelli italiani? L’investitore italiano, vuole investire sul digitale e avere i numeri della Fiat. Gli investitori stranieri, invece, guardano il potenziale, l’investitore italiano guarda il fatturato a fine anno.

130


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Intervista a Luca Rossi, Co-founder Wanderio Accelerata all’interno di PiCampus, Wanderio permette alle persone di organizzare il proprio viaggio online dal luogo esatto di partenza a quello di destinazione, fornendo tutte le informazioni con un’unica ricerca. Organizza il viaggio in modo semplice e intuitivo. Prenota il viaggio al prezzo più conveniente. Riccardo Luna ha descritto l’ultimo anno delle startup italiane con tre aggettivi: esplosivo, confuso, deludente. Si trova d’accordo? Sono abbastanza d’accordo con questa definizione. Anche secondo me ci sono stati tanti passi in avanti e, quindi, l’aggettivo esplosivo da questo punto di vista ha senso. Però è stato anche confuso, perché come in tutti i settori in forte espansione c’è chi si improvvisa, anche in buona fede, e non c’è molta chiarezza su tante cose. Sul deludente, ci si aspettava la grande startup che facesse una exit o una quotazione, però siamo ai primi anni di nascita delle startup e ci può stare, serve più tempo. Più che deludente direi ancora incompleto, non si è ancora chiuso il cerchio: abbiamo visto le startup che sono partite, alcune sono cresciute, manca ancora quella che ce l’ha fatta e fa da esempio. Come è stato l’ultimo anno dell’ecosistema romano? È cambiato e cresciuto. Nella prima fascia di accoglienza delle startup (incubatori, acceleratori...) ci sono molti più interlocutori e possibilità. Chiaramente questa è anche la parte dove ci sono più possibilità, perché le grandi aziende possono avere degli spazi da allocare e i capitali richiesti non sono tanto grandi. Quello che è più difficile è proseguire con gli step successivi per finanziamenti più grandi, con tagli da 500mila a un milione di euro, lì ancora siamo un po’ carenti, con pochi interlocutori. Venendo a qualche esempio concreto di questo aspetto positivo e di crescita, come lo sintetizzeresti? Io ho visto più eventi, anche a livello universitario. Al di là del fatto che i ragazzi creino più startup, c’è l’aspetto culturale dell’imprenditorialità personale che è comunque positivo. Da questo punto di vista ho percepito un miglioramento netto. Perché le startup romane non riescono a fare questo salto di qualità? Il fatturato come metrica è molto importante, però dipende anche dal tipo di startup. Ci sono startup che per loro natura fatturano da subito, mentre altre danno più valore alla crescita,

131


all’attrazione degli utenti sul sito e hanno fatturati più bassi. Quindi in valore assoluto non è facile giudicare. Per le startup per le quali il fatturato è molto importante una leva chiave è l’internazionalizzazione, e quindi uscire più in fretta sugli altri mercati. Non bisogna però trascurare il mercato domestico: meglio partire bene dove stai e poi piano piano crescere, piuttosto che fare una cosa male in tutto il mondo. Venendo a voi, come è stato il vostro anno? Nell’ultimo anno siamo cresciuti. Circa un anno fa abbiamo preso un finanziamento da 200mila euro che ci ha permesso di crescere come team. Un anno fa eravamo quattro persone full time, adesso siamo sei full time e tre part time. Siamo cresciuti a livello di prodotto, perché dopo sei mesi abbiamo lanciato un portale dove si può acquistare l’intero itinerario di viaggio e da lì abbiamo iniziato a crescere come agenzia di viaggio online. Siamo cresciuti mese su mese e questo è stato molto positivo per noi. Riesci a darci qualche dato numerico? Da giugno 2014, che è stato il rilascio più importante da parte nostra, è cambiato il modello e sono cambiati anche gli indicatori di crescita. Prima erano molto importanti le visite sul sito web, ora sono molto importanti le transazioni. Siamo cresciuti mese su mese in media del 30-40% e abbiamo processato in un anno più di 1.200 transazioni, il che significa viaggi e pacchetti venduti. Il vostro mercato è in Italia o all’estero? Il prodotto e quindi il sito è assolutamente internazionale, il sito è in inglese e in italiano. Il mercato che stiamo aggredendo al momento è quello domestico a livello di marketing e comunicazione, perché è un mercato che conosciamo ed è già grande, per cui per noi ha senso far bene in Italia anche perché abbiamo meno competizione. A seguire l’obiettivo è uscire sugli altri mercati più grandi che ci sono in Europa. Dal punto di vista del marketing e comunicazione, come avete aggredito il mercato? Abbiamo testato diverse strategie, guardando cosa fanno i nostri competitor anche indiretti, come i siti di viaggi e agenzie online tipo Expedia. Diciamo che per forza di cose alcuni canali tradizionali ci sono preclusi, perché ci sono dei grandi brand che hanno un potere d’acquisto incomparabile. Quindi abbiamo cercato di posizionarci sulle cose che sappiamo far meglio, come gli itinerari composti da diversi mezzi di trasporto, su media un po’ diversi come Facebook e anche promozioni di altro tipo. Ad esempio meccanismi di get member con cui gli utenti possono invitare altre persone e guadagnare crediti.

132


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

Quali traguardi avete conquistato e quali difficoltà avete avuto? I problemi di regolamentazione ci sono ancora, la questione legata alle agenzie di viaggi è ancora contorta e ci ha causato molte perdite di tempo. Abbiamo combattuto diversi mesi per stare in regola. Altre difficoltà legate al servizio che offriamo: nel passaggio da motore intermediario a agenzia di viaggi online ti prendi in carico tutta la gestione del rapporto col cliente e il customer support e la gestione post acquisto che è molto importante ma anche molto faticosa. È una cosa che ha cambiato molto la nostra attività e ci ha formato. Ora il rapporto dei clienti quant’è in percentuale del vostro lavoro? È difficile dirlo, ma rispetto a prima è dieci volta tanto, perché le persone ci chiamano per cambiare prenotazioni, avere delucidazioni o anche lasciare commenti. È un’attività anche utile perché ci consente di avere feedback continui. Individui un momento negli ultimi dodici mesi che per voi ha avuto un significato particolare. Negli ultimi dodici mesi quando, dopo mesi che ci lavoravamo, abbiamo lanciato la versione con la prenotazione integrata e abbiamo venuto il nostro primo biglietto. È stato un momento bellissimo: una persona ha fatto tutto il percorso con Wanderio e ha acquistato il primo biglietto. Avevate dei problemi a ottenere credibilità da parte delle compagnie aeree. Ora è cambiato qualcosa? Si, da questo punto di vista sì: troviamo partnership e accordi molto più facilmente, con tutto che siamo molto piccoli. Probabilmente il fatto che non ci sono molte aziende in Europa che fanno quello che facciamo noi ci dà una visibilità maggiore. Alcuni fornitori ci contattano direttamente per integrare i loro servizi. Questa maggiore credibilità è dovuta a più fattori. Quali sono i più importanti? Secondo me il branding e la comunicazione sono molto importanti, i portali che si presentano bene a livello comunicativo aumentano la propria credibilità. Poi c’è il tipo di servizio che facciamo, e quindi la vendita di diversi mezzi di trasporto: un servizio che fanno pochi in Europa e allo stesso tempo è percepito come il futuro dei viaggi online. La strada è semplificare e aggregare, quindi credo che aver azzeccato il trend sia un aspetto che ci aiuta anche nei rapporti con le altre aziende. Vi siete mai pentiti di essere rimasti a Roma? Non so, perché la controprova non ce l’hai mai. Sono problemi e rimpianti che non ti devi porre, per me c’è tanta fortuna con le persone che incontri e le opportunità che ti si creano. È sempre difficile misurare la tua situazione rispetto a un’altra ipotetica. Sicuramente stare all’estero ti dà vantaggi e svantaggi, ma si rischia sempre di fare un’analisi parziale.

133


Per una startup è importante il rapporto con una città o se l’idea è vincente l’ecosistema non è determinante? Dipende dal tipo di idea. L’ecosistema è molto importante: dove stai, dove lavori, il fatto per esempio di stare in una città con alta qualità della vita, ecc. Poi ci sono fattori che interessano il business: nel nostro caso in realtà il mercato italiano è molto buono per quello che facciamo, ci sono i treni ad alta velocità low cost, c’è competizione tra aerei e treni, le persone deve confrontarli, mentre ci sono altri paesi dove quello che facciamo è meno utile. In questo caso quindi stare in Italia ci ha sicuramente dato qualche vantaggio. La ricerca dell’anno scorso si concludeva con alcune proposte emerse dalle varie interviste. Secondo te potrebbero essere utili? Secondo me i punti più importanti sono: agevolare il rapporto tra startup e imprese tradizionali, che possa essere sotto forma di accordi di fornitura di partnership, di finanziamenti, qui c’è una grossa opportunità da sfruttare. Quello che serve alle startup sono clienti e contatti con le altre aziende: la mia sensazione è che a volte queste connessioni non partono per una questione culturale, perché le Pmi non capiscono queste opportunità e le startup non riescono a comunicare con loro. Anche sul discorso dell’ambito universitario, tutto ciò che favorisce la cultura imprenditoriale secondo me va sviluppato, e dovrebbe partire dalle università. Spesso si finisce il percorso di studi e non si sa di avere questa opportunità, che una delle strade possibili è quella di avere un’impresa. Cosa succederà nei vostri prossimi mesi? Cercheremo un altro finanziamento, per consolidare la posizione in Italia e uscire su altri mercati. Per noi è molto importante l’espansione a livello di volumi, crescere, uscire sul mobile e proseguire come stiamo facendo. Stiamo cercando un finanziamento di fascia superiore, si parla di un milione o più. Quello che faremo è partire dai fondi e dagli interlocutori che abbiamo in Italia, quello che è il nostro network, poi si vedrà. Per quanto riguarda PiCampus, sono cambiate le cose? Si, è cresciuto anche più velocemente di Wanderio. C’è tanta commistione positiva tra le startup, il posto è di alta qualità e siamo molto contenti. Siamo intorno alle dodici-tredici startup, con quattro ville e il network in generale è cresciuto tanto che ha portato molte opportunità su tutti i fronti. È un ecosistema in forte crescita, molto diverso da Luiss Enlabs che prende più startup in una fase iniziale e le fa crescere. Il PiCampus è più adatto a startup che hanno terminato la fase iniziale e puntano sulla crescita: sono strutture diverse ed è importante che ci siano entrambe.

134


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

È importante creare un dialogo tra questi enti diversi? Sicuramente sì, è inutile che tutti facciano la stessa cosa. Questo dialogo già c’è, e secondo me bisogna essere intelligenti nel promuovere strutture e iniziative che vanno a colmare spazi che mancano ancora, invece di aprire l’ennesimo piccolo incubatore ad esempio. Cosa manca nell’ecosistema romano e italiano? A livello di spazi e strutture stiamo abbastanza bene, se ne trovano. Secondo me mancano gli ultimi anelli della catena: la possibilità di trovare finanziamenti più grandi e un sistema di exit più ricco di quello che c’è ora, come ad esempio imprese italiane disposte ad acquisire startup.

135


Intervista a Gianluca Ciralli, co-founder commercialista.com e jenio.com Jenio è una piattaforma web di matching tra utenti e professionisti. Questa consente agli utenti di trovare facilmente un professionista (anche su base geografica) per soddisfare le proprie esigenze private e professionali. Per i professionisti è uno strumento di marketing attivo, che crea nuove opportunità di business portando la domanda direttamente nello studio professionale. Oltre a fornire un servizio di directory evoluto basato sulla geo-localizzazione Jenio introduce uno strumento di raccolta e distribuzione delle richieste di consulenza unico nel suo genere e basato su un algoritmo che prende in considerazione più variabili come il servizio richiesto, la posizione geografica, e la rilevanza del professionista per la specifica richiesta (calcolata su diversi fattori). Il servizio è fruibile completamente online e l’utilizzo della piattaforma da parte degli utenti finali è gratuito. Lo strumento tenta di superare i limiti del passaparola tradizionale a forte carattere locale e spesso limitato alla rete di conoscenze dei professionisti, introducendo un modello di acquisizione clienti basato sulla distribuzione intelligente della domanda rispetto all’offerta professionale. Riccardo Luna ha descritto l’ultimo anno delle startup italiane con tre aggettivi: esplosivo, confuso, deludente. Si trova d’accordo? Sono d’accordo sull’esplosivo quantomeno in termini di numeri di startup nuove che vengono fondate. Sul deludente non sono molto d’accordo, direi piuttosto concreto. Adesso, infatti, vengono fuori quelle startup che hanno più senso di stare sul mercato e vengono meno quelli che magari erano soltanto degli esperimenti. Sul confuso, probabilmente sì: in termini normativi non c’è ancora molta chiarezza sul cosa fare con startup e soprattutto cosa fare per le startup. L’ecosistema romano: cosa è cambiato da un anno a questa parte? Nell’ambiente romano non si è mosso molto. Ho visto molto più movimento invece nel Nord Italia, dove ci sono invece molti programmi per affiancare le imprese come ad esempio il programma del Sole 24 Ore “Back to work”, che mette a contatto le startup con imprenditori e manager che fanno già impresa da tempo. Su Roma non mi viene in mente niente di simile per ora. Cosa salvi dell’ultimo anno a Roma? Nulla. Parliamo di Commercialista.com. Un anno fa non avevate una sede fisica e non era nei progetti, invece oggi siamo qui nella vostra sede. Come è stato

136


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

l’ultimo anno? Il nostro anno è stato esplosivo. Abbiamo quasi quadruplicato il fatturato dell’anno precedente, siamo cresciuti tantissimo con le metriche. E adesso siamo arrivati a un punto in cui abbiamo bisogno di allargare il team, di ampliare l’offerta in termini di prodotto e poi di puntare al mercato internazionale. Per questo, e non lo pensavamo prima, abbiamo dovuto prendere una sede fisica che ci servirà per prendere nuove risorse, specialmente junior che hanno bisogno di un costante supporto, dunque il rapporto di presenza è più vantaggioso rispetto a quello remoto a cui eravamo abituati. Puoi dirci in cosa e come siete cambiati? Quali problemi avete dovuto superare? Eravamo in tre fondatori, oggi abbiamo già due persone in più da remoto e stiamo assumendo almeno altre tre persone. Inoltre abbiamo un consulente esterno che ci aiuterà nella fase di fundraising, quindi nella raccolta di capitali per fare il salto sul mercato internazionale. Per quanto riguarda i problemi, diciamo gli stessi dell’anno scorso, le criticità sono fondamentalmente le stesse. Essere una startup vuol dire non avere ancora un livello di entrate sufficienti per allargare il team da un giorno all’altro, e quindi andare più spediti sulla creazione del prodotto e degli aggiornamenti. Adesso però, dopo un anno, siamo finalmente arrivati a quel punto, a poter assumere nuove persone e far crescere di conseguenza il prodotto. C’è stato un momento particolarmente significativo in questi ultimi 12 mesi, un punto di svolta? Ce ne sono stati almeno un paio. Abbiamo avuto nell’arco dell’anno un’offerta da una grossa azienda internazionale che voleva comprarci, poi in concomitanza abbiamo avuto la possibilità di scegliere la strada del fundraising, quindi raccogliere capitali per crescere di più e poi magari arrivare a un livello diverso. Questi sono stati i due momenti più importanti dell’anno. I numeri del fundraising? Abbiamo un round quasi chiuso ormai di mezzo milione di euro. Prima parlavi di progetti futuri e anche di espansione nel mercato. Dove vi state rivolgendo? Sono due le direttrici di espansione, in particolare le categorie professionali, che come dicevamo anche l’anno scorso sono il nostro core. In pratica vogliamo trasformare la piattamofoma in una piattaforma multiverticale che accoglie più categorie professionali.

137


Tra l’altro su questo abbiamo già creato un nuovo brand, per cui commercialista.com resterà soltanto uno dei prodotti racchiusi nel nuovo brand, jenio.com, che sarà il nuovo sito dove vengono racchiusi tutti i professionisti. L’altra direttrice di espansione è l’espansione internazionale, e quindi replicare lo stesso tipo di business all’estero, in Europa e poi eventualmente negli Stati Uniti. Jenio.com per ora è in fase di sviluppo prartità dalla stessa piattaforma di commercialista. com ma rinnovata e rinfrescata con le nuove tecnologie disponibili e in particolare con la migrazione al mobile. Avrà sin da subito un carattere internazionale e disponibile in più paesi. Pensiamo di fare un lancio in maniera organica, un mercato alla volta. Lo scorso anno abbiamo parlato del momento in cui “reinvestire tutto”, e quel discorso un po’ personale sul “perché Roma”? A distanza di 12 mesi rimpiangi la scelta di lavorare a Roma? Quel “reinvestire tutto” ha portato i suoi frutti? Sulla scelta di Roma non ho nessun rimpianto, assolutamente. Il nostro prodotto tra l’altro è slegato da territorio, abbiamo mire nazionali e internazionali, per cui il fatto di essere a Roma a Milano o da altre parti ci cambia poco. Per quanto riguarda il reinvestimento completo delle risorse nel business, è chiaramente un modo di operare che non abbiamo abbandonato, per noi ci sono solo dei rimborsi spese. Ma quello che conta è poter investire sempre di più nella crescita, perché chiaramente aumentando i numeri aumentano anche i ricavi e il quantum che può essere investito. Se potessi introdurre un elemento di novità nel sistema romano per fargli fare un salto di qualità, anche mutuandolo da altri contesti, quale sarebbe? Ti parlo di un problema concreto. Cercando questa sede, all’inizio pensavamo di prendere un ufficio già pronto, di quelli che ti danno il servizio completo ed entri dall’oggi al domani. Di questo abbiamo notato una grossa carenza, soprattutto per le startup che non hanno le capacità ma nemmeno la volontà all’inizio di mettere in piedi già una struttura fissa con dei costi iniziali non da poco. In questo senso, sarebbe bello poter avere più scelte in termini di uffici già disponibili e operativi dal primo minuto e più distribuiti sul territorio. Molti di questi infatti si trovano concentrati in centro, sono pochi e di dimensioni ridotte rispetto magari a come potrebbero essere nella parte più periferica della città. Un intervento di questo tipo potrebbe aiutare molto il tessuto delle startup romane. La ricerca dell’anno scorso si concludeva con alcune proposte emerse dalle varie interviste. Secondo te potrebbero essere utili? Sicuramente utile è la destinazione di spazi pubblici alle startup. Più grandi sono e più si può fare. Tra l’altro, con

138


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

l’intervento di natura pubblica i costi si abbasserebbero notevolmente e potrebbero esserci delle agevolazioni proprio per le startup, per poter cominciare a lavorare insieme e utilizzare delle sedi anche in maniera occasionale. Per quanto riguarda uno sportello unico o un esperto a cui rivolgersi per quanto riguarda la parte amministrativa sarebbe sicuramente utile. Persino più utile sarebbe creare una struttura che le startup possono utilizzare in outsourcing per l’amministrazione, per la gestione della contabilità di imprese che non hanno quell’esperienza e magari nemmeno il tempo di potersi concentrare sugli aspetti amministrativi e burocratici. Sarebbe utile un servizio chiavi in mano che fornisca tutte queste attività collaterali ma pur sempre necessarie al business. Lo scorso anno è emerso un dato interessante: il 42% dichiarava di aver fatturato al massimo 10000 euro. Erano quasi inesistenti chi dichiara da 500mila in su. Questo forse era il problema più grosso: perché le startup romane non riescono a fare questo salto di qualità? Non penso sia un problema specifico delle startup romane, sicuramente arrivare a un livello di ricavi significativo è un problema che accomuna tutte le startup. C’è tanto lavoro da fare e non ci si può aspettare di arrivare a grossi fatturati in poco tempo. Di solito infatti parliamo di prodotti molto innovativi per mercati che non sempre sono maturi e pronti ad accoglierli. C’è bisogno di stare sul mercato per un po’ prima di fare la crescita che serve per sopravvivere e per essere profittevoli.

139


Intervista a Federico De Cerchio, CEO & Co-Founder wineOwine wineOwine offre la possibilità di comprare online e ricevere a casa vini di alta qualità selezionati da un team di enologi, che ogni due settimane propongono nuove etichette. Uno strumento che aiuta il made in Italy e i piccoli produttori. Solo in Italia wineOwine targettizza un potenziale mercato di 4.5 Milioni di clienti. Persone che acquistano regolarmente bottiglie di vino pregiate dai negozi tradizionali. wineOwine utilizza un modello di business basato sulle vendite a tempo (flash sales). Ogni settimana propone sei etichette selezionate. I vini sono ordinati e acquistati dal produttore solo alla fine della campagna di vendita in modo da non avere rischio di magazzino. Riccardo Luna ha fatto ricorso a 3 aggettivi per descrivere l’ultimo anno delle startup italiane: esplosivo, confuso, deludente. Se dovesse ricorrere ad altrettanti aggettivi per descrivere l’ecosistema italiano, quali userebbe? Afflitto da una cronica mancanza di fondi. Qui si vogliono fare le cose in grande ma senza investimenti non si va da nessuna parte. In numeri, com’è stato l’ultimo anno della sua startup? 300.000 euro di investimenti ricevuti e 5 persone assunte (più due soci fondatori). Penso che queste siano le metriche più importanti. Ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato? A livello di investimenti ricercati sicuramente. Quali sono stati i maggiori problemi che ha dovuto superare? Burocrazia e diffidenza degli investitori. In Italia essendoci pochi soldi il processo di fundraising è quasi sempre lunghissimo. C’è un momento degli ultimi 12 mesi che per la sua startup ha un significato particolare? Certamente, il 24 Marzo del 2014 quando abbiamo lanciato la piattaforma sul mercato e il 3 Dicembre del 2014 quando abbiamo chiuso il nuovo aumento di capitale per 300.000 euro. Rapporto con le istituzioni e rapporto con le aziende: come è andata? Sotto questo punto di vista fortunatamente non abbiamo avuto grossi intoppi. Guardando indietro, è convinto della sua scelta? In particolare quella di far

140


, , 3 L OPINIONE DEGLI STAKEHOLDERS DELL ECOSISTEMA ROMANO

crescere la sua startup qui a Roma? Sicuramente. Non ci siamo mai pentiti di quello che abbiamo fatto e ne siamo orgogliosi. Roma però non è il miglior posto al mondo per fare crescere una startup. È cambiato l’ecosistema romano negli ultimi 12 mesi? se sì, come? se no, perché? È cambiato ma non troppo. I fondi sono sempre pochi e gli investitori sono tutti a Milano. Esistono punti di forza dell’ecosistema romano? Quali sono le criticità? Di punti di forza non ne vediamo. La criticità maggiore è, come anticipato, quella che tutti gli investitori e opinion leader sono a Milano. Perché le startup romane faticano a raggiungere exit o investimenti milionari? Questo è un problema di tutta Italia, non solo di Roma. Se avesse la possibilità di introdurre da domani un elemento di innovazione nell’ecosistema romano: quale sceglierebbe? Non sapremmo dire cosa potrebbe apportare un vantaggio immediato. Ribadiamo però che accanto alle buone idee ci servono i capitali giusti per supportarle. I fondi pubblici non sono certo la soluzione. Ci servono i privati.

141


142


4

CONCLUSIONI E DIRETTRICI STRATEGICHE

143


144


4 CONCLUSIONI E DIRETTRICI STRATEGICHE

Le direttrici strategiche su cui intervenire La seconda analisi sull’ecosistema romano delle startup, a un anno di distanza dalla prima, mostra che c’è ancora molto da fare per valorizzare queste giovani realtà imprenditoriali che, se messe in grado di sviluppare le proprie potenzialità, potrebbero rendere Roma un importante hub delle startup a livello europeo e mondiale. Nelle conclusioni dello scorso anno, abbiamo scritto che Roma sembrava avere pronte tutte le pedine da disporre sulla scacchiera, ma in un campo da gioco non ancora definito. Nonostante alcuni punti di forza come la presenza di capitale umano, di business angel in grado di finanziare le fasi di micro-seed e di un ecosistema in fermento, Roma soffriva - e continua a soffrire - di un’insufficienza di capitali che sostengano la fase di seed, di una cronica carenza di investimenti e, in generale, della poca sinergia tra il settore pubblico e quello privato. È certamente aumentata l’attenzione degli enti e dei soggetti pubblici, è aumentata la consapevolezza degli startupper e sono cresciute le imprese innovative che vogliono strutturarsi, assumere personale e continuare a investire nella propria idea, ma l’ecosistema romano ha ancora molta strada da fare per competere con le macroregioni leader a livello europeo e mondiale. Sulla base dell’analisi dei questionari, delle interviste in profondità e della ricerca desk, lo scorso anno avevamo definito sei grandi direttrici strategico-operative su cui intervenire per creare un ecosistema romano in grado di diventare attrattivo nei confronti degli investitori. In sintesi: 1. Informazione: il mondo delle startup romane appare come una giungla informativa, in cui le fonti si sovrappongono e quasi mai coincidono. Per questo, va creata una fonte informativa che emerga rispetto alle altre, per via di caratteristiche dirimenti:

I. istituzionalità: certificata da un soggetto istituzionale, sia esso un ente locale che un’associazione di categoria, come nel caso di registroimprese.it;

II. precisione: le informazioni devono essere precise e puntuali;

III. aggiornamento: data la velocità con cui si evolve il mondo delle startup è fondamentale un lavoro di aggiornamento costante, per non dire quotidiano;

IV. completezza: deve contenere dati utili a chiunque sia interessato, a fini di ricerca ma soprattutto di investimento e opportunità di business, a conoscere l’ecosistema romano sia attraverso dati sulle realtà considerate (es. settore specifico di attività, esperienza, team ecc.) sia dati di contatto utili a creare con facilità un link con tali realtà (telefono, mail, sito, account social ecc., sempre nel rispetto della normativa sulla privacy).

145


2. Spazi: da questo punto di vista Roma può già contare su quella che può a ben diritto essere considerata una best practice, ovvero Luiss Enlabs che rappresenta la più grande concentrazione di startup della Capitale. Prevedere la presenza di nuovi e maggiori spazi dedicati alle startup, magari per favorire la costituzione di un campus diffuso altamente specializzato faciliterebbe la crescita delle startup e parallelamente la loro mappatura e la raccolta di informazioni. 3. Università/Formazione: a Roma il mondo dell’università e quello dell’impresa viaggiano ancora su binari separati. A tal proposito risulta fondamentale intervenire su due aspetti. Il primo è creare un hub istituzionale per l’innovazione, per favorire ed incentivare le partnership tra atenei e privati, avvicinando il mondo universitario a quello imprenditoriale. Il secondo rigurda l’introduzione in tutti i corsi di laurea lo studio di materie economiche e in particolare moduli focalizzati sulle imprese e sulle startup affrontati da diversi punti di vista. 4. Mentoring: altro aspetto che contribuisce a strutturare un ecosistema di startup è una rete di mentor estremamente professionalizzata capace di creare una vera e propria comunità di pratica di imprenditori. L’ipotesi potrebbe essere la creazione di una shortlist istituzionale, nata dalla sinergia fra enti locali e associazioni di categoria. 5. Burocrazia: la dinamicità delle startup soffre particolarmente, la farraginosità della burocrazia locale. In questa direzione, potrebbe essere determinante la creazione di uno sportello unico per le startup. Un unico luogo fisico o virtuale, nato dall’interazione fra tutti i soggetti che fanno parte della filiera istituzionale, a cui lo startupper possa fare riferimento per avere tutte le informazioni necessarie alla propria attività, disbrigare pratiche, ecc. 6. Matching: il ruolo delle imprese “tradizionali” può diventare determinante nella crescita e sviluppo dell’ecosistema romano delle startup. Creare sinergie tra queste imprese e gli startupper della Capitale non rappresenterebbe solo una semplificazione nella ricerca di investimenti da parte di questi ultimi ma permetterebbe uno scambio vitale di competenze e know how tra chi può mettere a disposizione esperienza e conoscenza del territorio e del settore (imprese) e chi può fornire un supporto nella modernizzazione e innovazione di prodotti, servizi, strategie di commercializzazione ecc. (startupper). Un match di conoscenze, luoghi di lavoro e innovazione che potrebbe essere svolto sotto la guida e il coordinamento delle associazioni di categoria. Si tratta di proposte ancora valide, perché in quest’ultimo anno non si è certamente fatto abbastanza per sostenere le startup con misure mirate, pensate con il contributo degli startupper per essere efficaci e dare risposte concrete alle esigenze di chi fa impresa innovativa. Oltre all’ossatura di proposte nata lo scorso anno, le nuove interviste in profondità hanno fatto emergere priorità piuttosto chiare e alcune proposte interessanti, che riportiamo di

146


4 CONCLUSIONI E DIRETTRICI STRATEGICHE

seguito con la speranza di aprire un dibattito e stimolare le istituzioni competenti. La partita che si sta giocando ha un valore potenzialmente enorme, per Roma e per tutto il Paese: per vincerla c’è bisogno del contributo di tutti i giocatori in campo. Di seguito le idee più interessanti emerse dalla nostra indagine: 1. Uffici già pronti per l’uso: Commercialista.com, parlando della propria esperienza, segnala la carenza di uffici già pronti per lavorare, di quelli in cui si può entrare e cominciare a lavorare dall’oggi al domani. Un aumento dell’offerta di questo tipo di uffici sarebbe un aiuto decisivo per molte startup che non hanno le capacità - e inizialmente, nemmeno la volontà - di mettere in piedi una struttura fissa, con costi iniziali che spesso non sono in grado di affrontare. In questo senso, sarebbe utile potenziare l’offerta di uffici immediatamente operativi, e distribuirla sul territorio. Un’altra lamentala, infatti, riguarda la concentrazione di strutture nel centro della città, che spesso sono piuttosto datate e hanno dimensioni ridotte rispetto a come potrebbero essere in zone più periferiche della città. 2. Eventi di matching promossi dalla Camera di Commercio: il tema è ricorrente, e riguarda la creazione di sinergie tra istituzioni, imprenditori tradizionali e gli startupper. In questo senso, Qurami suggerisce un maggiore dialogo e scambio di informazioni, tramite la creazione di eventi ad hoc, con cadenza regolare, nei quali alcune startup selezionate abbiano la possibilità di esporre al pubblico e al privato i servizi che potrebbero offrire. 3. Un ruolo del pubblico diverso: sempre Qurami sottolinea un aspetto interessante, spesso sottovalutato. Se in molti chiedono al settore pubblico investimenti e risorse, il ruolo delle istituzioni non deve essere necessariamente questo. Spesso il settore pubblico, infatti, non sa riconoscere se una startup tecnologica è innovativa o meno, perché, come è naturale, non ha tutta una serie di competenze che invece hanno ad esempio i venture capitalist. Il pubblico può però favorire la diffusione dei servizi delle startup, ad esempio promuovendoli o adottandoli dove possibile: il Comune di Roma, ad esempio, ha adottato l’applicazione Qurami. 4. Rapporto tra piccole e medie imprese del territorio e startup: un tema ricorrente, evidenziato da Il Filo. Le PMI dovrebbero essere messe nelle condizioni di investire nelle startup, fornendo il loro know how e i loro servizi a basso costo. L’idea è quella di “creare economia” con le startup, incentivando lo scambio di servizi e di capitali tra esse e le PMI e creando una rete di imprese che possono beneficiare della tecnologia e del know how delle startup. 5. Portale unico informativo: un punto chiave un anno fa, un punto chiave oggi. Le Cicogne, tra gli altri, evidenziano la necessità di creare un portale unico con tutte le informazioni su e per le startup. L’idea è quella di un sito che raccolga tutte le informa-

147


zioni, in cui le startup possano trovare tutte le informazioni necessarie, da quelle sugli acceleratori presenti sul territorio ai fondi disponibili in quel momento, dai bandi pubblici aperti alle pratiche burocratiche e legali da sbrigare. 6. Corsi sulle startup nelle università: il collegamento tra istruzione e impresa è un tema sempre all’ordine del giorno, a Roma come in tutto il Paese. Atooma suggerisce l’inserimento di seminari sulla falsa riga di quelli promossi da InnovAction Lab, magari partendo da una facoltà come ingegneria per poi estendere ad altri corsi di studi, dal momento che le startup possono spaziare dal biotech al medical e allo sviluppo software, solo per citare qualche esempio. È importante, in questo senso, riuscire a dare agli studenti anche una panoramica sulla parte legislativa: sapere cos’è una startup innovativa, quali requisiti deve avere, quali benefici comporta è fondamentale per superare i primi e più difficili passi nell’avvio di un’impresa. A livello universitario - sottolinea Atooma - ci sono tanti ragazzi con ottime capacità e buone idee alle quali, però, non hanno dato seguito, perché non disponevano degli strumenti e delle conoscenze necessarie. Sulla stessa linea Gianfranco Carnovale, che sottolinea come in Silicon Valley un ragazzo che si laurea a Stanford ha già studiato in maniera approfondita tutto ciò che riguarda le startup, cose che qui invece si apprendono soltanto in seguito, quando si entra in un incubatore. Sempre dalla Silicon Valley si potrebbero importare programmi come “Startup Simulation” e “Startup Competition” che si svolgono già all’interno del periodo universitario. Questo significa che, una volta terminato il corso di studi, “esci già correndo la tua corsa, mentre qui invece ti devono ancora insegnare i fondamenti del tuo sport”.

148


4 CONCLUSIONI E DIRETTRICI STRATEGICHE

Le linee direttrici, in sintesi

direttrice strategica

azione

1. Uffici pronti all’uso

predisposizione di uffici già pronti per lavorare, con connessione web e senza dover fare lavori. Distribuzione su tutto il territorio comunale

funzione un aiuto decisivo per molte startup che non hanno la possibilità e la volontà di affrontare costi strutturali. Rivalutazione delle periferie, diminuire i costi d’affitto e aumento degli spazi

2. Eventi di matching

creazione di eventi ad hoc nei quali alcune startup preselezionate abbiano la possibilità di esporre i propri servizi

creazione di sinergie tra istituzioni, imprenditori tradizionali e gli startupper. favorendo il dialogo e lo scambio di informazioni

3. Interventi pubblici

stanziare risorse per promuovere i servizi innovativi offerti dalle startup e, dove possibile, diventarne cliente

sostenere le startup che hanno realizzato prodotti innovativi, rendere “smart” le pubbliche amministrazioni adottando tecnologie che migliorano l’efficacia del servizio ai cittadini

4. PMI

creare un network (fisico o virtuale) tra PMI e startup che operano negli stessi settori

incentivare lo scambio di servizi e di capitali tra startup e PMI, rendere immediatamente utilizzabile sul mercato la tecnologia e il know how delle startup.

creazione di un portale unico con tutte le informazioni su e per le startup

creare un unico luogo virtuale dedicato alla specificità delle startup, per semplificare la raccolta di informazioni e i processi burocratici e sostenere gli startupper nella creazione della propria impresa

inserimento di corsi e seminari sulle startup nelle università

fornire una panoramica legislativa (cos’è una startup innovativa, quali requisiti deve avere, ecc) e dare ai ragazzi che voglia di rischiare il know how di base per poter realizzare i propri progetti.

5. Portale unico informativo

6. Università

149


150


Fonti 151


152


Bibliografia (libri, documenti, analisi e siti web) Fonti situazione mondiale startup.registroimprese.it/report/startup.pdf www.innovacion.gob.cl/wp-content/uploads/2014/01/Innovative-Ecosystems.pdf nova.ilsole24ore.com/frontiere/toronto-vuole-diventare-lhub-dellinnovazione www.windbusinessfactor.it/news-eventi/startup-e-finanza/startup-bandi-incentivi-e-altre-opportunita-per-il-2015/25885 startupeuropepartnership.eu/wp-content/uploads/2014/05/SEP-Monitor-May-20142.pdf startupeuropepartnership.eu/ www.forbes.com/sites/jasonhesse/2014/09/12/why-you-need-to-start-up-in-europe-but-scale-in-the-us/ www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2014-05-22/startup-parte-programma-partnership-europeo-mille-imprese-finanziamenti-oltre-milione-dollari-162651.shtml?uuid=AB4quMKB www.glistatigenerali.com/app-software_capitali_imprese_sharing-economy_startup_venture-capital/il-futuro-delle-startup-sempre-piu-in-europa/ www.lastampa.it/2015/01/12/tecnologia/la-francia-la-nuova-capitale-europea-delle-startup-Dg6egMRK8DMiqIaYVyPHqJ/pagina.html?refresh_ce blog.startupitalia.eu/tel-aviv-bootcamp-le-migliori-20-startup-da-20-paesi-del-mondo/ www.ecosysteminsights.org/start-up-chile-heading-toward-failure-or-success/ www.washingtonpost.com/blogs/innovations/wp/2014/06/11/chile-teaches-the-world-a-lesson-about-innovation/ www.corrierecomunicazioni.it/tlc/31787_xiaomi-e-la-startup-piu-ricca-al-mondo-vale-46-miliardi-di-dollari.htm www.wired.it/economia/start-up/2014/03/07/incubatori-startup/ www.hubspa.it/italia-mammona-anche-nel-mondo-delle-start-up-troppi-incubatori-pochi-acceleratori/ techcrunch.com/2015/01/15/china-venture-fund/ www.chefuturo.it/2014/12/nel-mondo-nuovo-delle-start-up-guardiamo-a-germania-e-cile/ pollenizer.com/10-facts-irelands-startup-community/ www.crunch.co.uk/news/2015/01/05/figures-reveal-startups-ever-2014/ blog.startupitalia.eu/come-funziona-lo-startup-visa-nel-resto-nel-mondo-dal-regno-unito-al-cile/ www.entrepreneur.com/article/239348 www.forbes.com/sites/tompost/2014/03/13/the-best-places-to-launch-a-startup-in-2014/ elitedaily.com/money/venture-capitalists-still-overwhelmingly-fund-white-male-entrepreneurs-minorities-women/ www.europeanstartupinitiative.eu startupeuropepartnership.eu

153


Fonti situazione italiana www.pionero.it/2014/04/20/litalia-e-un-paese-per-startup-innovative-numeri-del-mise/ www.italiastartup.it/wp-content/themes/italiastartup/files/ItaliaStartup_Report_WhoIsWho blog.startupitalia.eu/ecco-le-21-startup-italiane-con-almeno-1-milione-di-fatturato/ www.wired.it/economia/start-up/2014/10/24/start-up-italiane-mappa/ startupeuropepartnership.eu/wp-content/uploads/2014/10/SEP-Monitor-September-2014.pdf blog.startupitalia.eu/la-top-100-del-2015-secondo-startupitalia-al-primo-posto-empatica-ebook/ www.panorama.it/economia/tech-social/startup-italia-vicina-stati-uniti/ www.europaquotidiano.it/2014/12/12/litalia-non-e-paese-per-startup-una-su-tre-chiude-subito/ www.pmi.it/impresa/contabilita-e-fisco/articolo/74256/start-up-innovative-le-agevolazioni-2014.html www.pmi.it/impresa/normativa/articolo/67436/crowdfunding-per-start-up-innovative-online-regolamento-consob.html larancia.org/crowdfunding-arriva-il-censimento-piu-30-in-sette-mesi/ www.pionero.it/2014/04/20/litalia-e-un-paese-per-startup-innovative-numeri-del-mise/ italiastartupvisa.mise.gov.it/#landing-section smartmoney.startupitalia.eu/47423/startup/i-numeri-del-fintech-italiano-uninfografica/ www.windbusinessfactor.it/news-eventi/startup-e-finanza/startup-bandi-incentivi-e-altre-opportunita-per-il-2015/25885 www.lasicilia.it/articolo/la-start-siciliana-bocciata-italia-e-ora-milionaria-negli-stati-uniti www.economyup.it/startup/1966_sondaggio-economyup-musixmatch-e-la-startup-dell-anno.htm www.huffingtonpost.it/2015/01/07/la-startup-milionaria-del-giovane-pugliese_n_6427796.html www.unilink.it/riviviamo-startupbootcamp-smart-city-and-living/ blog.startupitalia.eu/la-top-100-del-2015-secondo-startupitalia-al-primo-posto-empatica-ebook/ www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/normativa/Scheda_sintesi_disciplina_startup_agosto_2014.pdf https://daterramarginaleaterraoriginale.wordpress.com/2015/01/12/dal-ministero-750-mila-euro-per-start-up-agroalimentari/ www.smartweek.it/il-vino-italiano-sbarca-in-rete-grazie-a-wineowine/ www.economyup.it/startup/1941_qurami-riceve-150-mila-euro-da-unicredit-e-la-prima-startup-partecipata-da-una-banca.htm www.adnkronos.com/soldi/economia/2014/12/08/innovazione-decine-start-romane-aprono-investitori-stranieri_aNGWJro8EXLLd0gs5cpakN.html?refresh_ce www.economyup.it/startup/1997_il-2015-porta-in-italia-il-congresso-mondiale-dell-imprenditoria.htm www.incontragiovani.it/lavoro-e-impresa/approfondimenti/start-up-di-impresa/incubatori-e-acceleratori-d-impresa www.mondostartup.it/risorse/lista-degli-acceleratori-di-startup-privati-presenti-a-roma-245/ corriereinnovazione.corriere.it/sistemi/2014/10-novembre-2014/roma-startup-rete-incubatori-230511221349.shtml www.wired.it/economia/business/2014/12/30/salvera-imprese-italiane/ www.insidemarketing.it/qual-salute-delle-startup-italiane_4554/ blog.startupitalia.eu/tutte-le-exit-milionarie-di-startup-italiane-dal-2012-ad-oggi/

154


www.windbusinessfactor.it/news-eventi/startup-e-finanza/exit-italiane-zomato-acquista-la-startup-cibando/25921 siliconvalley.corriere.it/2014/12/23/zomatocibando/ www.windbusinessfactor.it/news-eventi/startup-e-finanza/la-normativa-che-fa-bene-alle-startup-vantaggi-agevolazioni-e-benefici/23334 www.smartweek.it/le-migliori-startup-italiane/ www.economyup.it/startup/1444_startup-italiane-milionarie-ecco-le-magnifiche-26.htm www.uaumag.it/index.php/2014/10/a-roma-il-sep-monitor-con-i-risultati-di-unanalisi-preliminare-dellecosistema-startup-ict-italiano/ www.puntocellulare.it/notizie/42923/Tim-Venture-investe-nella-startup-Pedius.html www.economyup.it/startup/2005_startup-al-ces-c-e-anche-l-internet-delle-cose-made-in-italy.htm www.biclazio.it/it/home/regione-lazio-startup-innovative-bando.bic newsbic.biclazio.it/it/canali/storie-di-imprese www.economyup.it/startup/1341_tutto-quello-che-c-e-da-sapere-per-fare-startup.htm www.mise.gov.it/index.php/it/?option=com_content&view=article&viewType=0&id=2025079&idarea1=1871&idarea2=0&idarea3=0&idarea4=0&andor=AND&sectionid=0&andorcat=AND&partebassaType=0&idareaCalendario1=0&MvediT=1&showMenu=1&showCat=1&showArchiveNewsBotton=0&idmenu=3377 www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Relazione_Ministro_policy_startup-ver_10_marzo.PDF blog.startupitalia.eu/italia-startup-hub/ www.economyup.it/startup/2026_luiss-enlabs-ecco-le-8-startup-selezionate-per-il-vi-programma-di-accelerazione.htm www.repubblica.it/rubriche/startup-stories/2015/01/23/news/sei_milioni_di_euro_per_genenta_startup_italiana_anti_cancro-105618783/ www.economyup.it/startup/2105_startup-3-obiettivi-per-passare-dall-ecosistema-al-sistema-paese.htm www.repubblica.it/economia/rapporti/impresa-italia/mercati/2015/02/18/news/startup_grazie_al_mise_tornano_in_gioco_le_banche-107628104/ www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/MiSE_attivitĂ %202014.pdf

155


IL TEAM DI LAVORO GAETANO GRASSO - coordinamento scientifico MAURO DE CLEMENTE - somministrazione ed elaborazione dati analisi qualitativa, scrittura MARCO FULIOTTO - somministrazione ed elaborazione dati analisi quantitativa, scrittura

156




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.