2010, UN ANNO IMPORTANTE Gianni Alemanno, Sindaco di Roma
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i chiude un 2010 importante per Roma che ha vissuto dodici mesi ricchi di momenti sportivi e culturali di straordinaria rilevanza. Il decimo anno del secondo millennio ha visto lo sport tra gli assoluti protagonisti della vita quotidiana cittadina, proponendo al fianco di grandissimi eventi, come i Mondiali maschili di Pallavolo, i tradizionali appuntamenti internazionali che compongono il ricco calendario annuale romano. Assoluta priorità, inoltre, è stata data al rilancio e alla valorizzazione dell’attività sportiva di base, che per Roma rappresenta un valore aggiunto e una rete insostituibile di socialità. In estate, poi, l’Italia tutta si è stretta intorno al braciere acceso in piazza del Campidoglio, evocazione che ha dato inizio alle celebrazioni del cinquantenario delle Olimpiadi del 1960, ricordate ancora oggi come massimo esempio di efficienza di organizzazione italiana nel mondo. Cinquant’anni dopo, Roma ha rivisitato la prima meravigliosa avventura olimpica del 1960 e ha lanciato la sua sfida più importante per il futuro della città: ospitare una nuova Olimpiade e tornare a sventolare la bandiera con i cinque cerchi che ancora oggi il Campidoglio custodisce con riguardo. Abbiamo lavorato con impegno e presentato la nostra proposta al CONI, che ha scelto Roma quale città candidata a rappresentare l’Italia nella corsa all’assegnazione dei XXXII Giochi Olimpici e i XVI Giochi Paralimpici del 2020. E dopo un 2010 speciale quanto intenso, ci attende un 2011 altrettanto impegnativo, nel corso del quale Roma Capitale formalizzerà la sua proposta di candidatura al Comitato Olimpico Internazionale. Da quel momento Roma inizierà un percorso nel quale dovrà dimostrare di volere fortemente le Olimpiadi e le Paralimpiadi del 2020, dando forma e sostanza a una stimolante opera di progettazione dello sviluppo della Capitale, mettendo in campo il meglio delle intelligenze, delle competenze e delle sensibilità italiane, per concretizzare un sogno, al quale ognuno di noi è chiamato a dare il suo contributo. La sfida è dunque iniziata. E come sempre Roma e la sua splendida comunità cittadina, sapranno dimostrare con i fatti quel valore unico conferito dalla storia».
photogallery Uno scatto che ferma una storia. Un’immagine che ha il potere di regalare un momento alla leggenda e suscitare emozioni. Istanti che rimangono impressi nella pellicola e nell’anima. Senza bisogno di alcuna spiegazione.
2008 - YOKOHAMA, JAPAN HAKKEIJIMA SEA PARADISE
2009 - BREISGAU, GERMANY TIFOSI DEL FREIBURG
2011 - MIRCO BERGAMASCO DURANTE UN’ALLENAMENTO DELLA NAZIONALE
2011 - LA NUOVA FERRARI IN UNA SESSIONE DI ALLENAMENTO
2010 - DUESSELDORF, GERMANY ESPRIT ARENA
2011 - FIS WORLD CUP, INNSBRUCK ADAM MALYSZ
Tutto in uno scatto di Roberto REAN CONT Sales Manager - Sport Getty Images
2010 - STAMFORD BRIDGE, LONDRA CHELSEA - STOKE CITY FLORENT MALOUDA
È passato un anno da quando il Comune di Roma, oggi Roma Capitale, ci propose di affiancare il nostro marchio a quello di una nascente rivista denominata SPQR SPORT, una voce sulla Città Eterna. Getty Images, agenzia ufficiale del CIO, ha aderito con entusiasmo a questa proposta innovativa poiché non è cosa comune che un’Istituzione decida, spinta da fini di promozione dello sport e delle proprie attività, di andare sul mercato libero dei free press. Credo in Italia sia un esperimento unico nel suo genere. La rivista in un mix tra ricerca contenutistica, innovazione grafica e qualità della ricerca iconografica si è da subito posizionata tra i marchi più importanti e sicuramente sta già facendo invidia a tante importanti testate giornalistiche in edicola, non solo sportive. Questo, soprattutto per la qualità dei contenuti e della grafica. Mi sia permesso di citare il primo numero che in particolare per la scelta della copertina, rivolta alla corsa olimpica di Roma, potrebbe rappresentare un auspicio per il 2020. Altra nota da non sottovalutare, la continua ricerca di innovazione e miglioramento riscontrata in questi primi numeri. L’auspicio è che questo processo prosegua con lo stesso entusiasmo e la medesima professionalità. Ai “nostri lettori” vadano, i migliori auguri, per un 2011 ricco di soddisfazioni. E un augurio al Sindaco di Roma Gianni Alemanno e al suo Delegato Alessandro Cochi di continuare a fare così bene, come avvenuto fino ad oggi, per la cultura dello sport.
N O T I Z I E
UMEROUNONUMEROUNONUMEROUNO Andrea Bargnani e Federico Macheda. Due storie così diverse e insieme così simili. Due sport agli antipodi. Uno si gioca con le mani e uno con i piedi, uno al chiuso e uno all’aperto... e così via. I due sono uniti da un destino simile città d’origine, Roma, a parte; quello di essere sbarcati all’estero l’uno, Bargnani, trovando la definiva consacrazione e divenendo un top player nel dorato mondo della NBA terra dell’oro, patria del basket che conta vista come una chimera dagli europei. L’altro, Macheda, è diventato a sorpresa un giovane simbolo nell’altra patria, quella del calcio, dove i primi footballers davano vita alla leggenda delle partite tra le nebbie d’Inghilterra. Quella terra che ci mise più di qualche anno prima di dare il pallone al resto d’Europa. E della Premier League il nostro Macheda, nato nella Lazio, ha scelto la squadra più blasonata, il Manchester di Sir Alex Fergusson. Uno dei tanti? No. Esordisce e segna, poi segna ancora. Va in Nazionale e segna anche lì. Macheda perde i connotati della meteora e diventa un altro rappresentante, come recita la nostra copertina, della Roma sportiva nel Mondo, prima di andare a sostituire Cassano alla Sampdoria. Anche in questo numero SPQR Sport, racconta le storie, quelle storie di sport di cui Roma è ricca.
Fabio ARGENTINI
LA COPERTINA
SPQR SPORT Rivista ufficiale del Dipartimento Sport di Roma Capitale Mensile di informazione a distribuzione gratuita Reg. Trib. di Roma n. 21 del 27-01-10
Anno II - Numero 1 Gennaio_2011
D E L
M E S E
1 Il logo di Rio 2016
5 Remi e golf
A Rio de Janeiro, nella notte di Capodanno, viene presentato il logo dei Giochi Olimpici del 2016.
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3 Venerdì
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11 Sport per la Pace nel Mondo Iniziano oggi a Roma i Giochi Mondiali della Pace, iniziativa senza fini di lucro che si svolge per la prima volta in Italia.
6 Mondiali di pattinaggio la Desiderio è argento
La Commissione Cultura da il via libera al Decreto Legge sugli stadi. Ora l’iter prosegue alla Camera con la discussione finale. A breve il DDL diventerà ufficiale.
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Nuova Dehli non si candida alla corsa per ospitare i Giochi olimpici del 2020: l’annuncio è del membro CIO indiano Randhir Singh.
Si istaura una sinergia singolare, quella tra il Circolo Canottieri Lazio e il Marco Simone Golf Club: goflisti e canottieri uniti dalla voglia di fare sport. Un rapporto che durerà per tutto il 2011 e che potrebbe proseguire anche negli anni successivi.
2 Alla Camera, la Legge sugli Stadi
Martedì Mercoledì Giovedì
10 Nuova Dehli, no ai Giochi
Ai Mondiali di pattinaggio artistico, la romana Virginia Desiderio è argento nella prova a coppie della categoria juniores.
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Sabato Domenica Lunedì
3 Sport a scuola Firmato in Campidoglio il protocollo d’intesa triennale tra Comune, ufficio scolastico regionale, CONI e CIP Provinciali per lo sviluppo dello sport nelle scuole.
4 Premiazioni degli azzurri dell’atletica leggera A Roma la cerimonia di premiazione degli azzurri dell’atletica leggera. Tra i premiati anche Roberto Donati, il reatino argento europeo nella staffetta 4x100 a Barcellona.
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Martedì Mercoledì Giovedì
10 Venerdì
7 Derby di Coppa Italia infrasettimanale La Lega calcio ufficializza la data del derby di coppa Italia Roma-Lazio a mercoledì 19 gennaio.
8 Howe decide per la velocità Al raduno azzurro di Formia, il lunghista reatino Andrew Howe prova per la prima volta i cambi nella staffetta 4x100.
IN PRIMA, esponenti celebri di Roma nel mondo: Bargnani stella dell’NBA e Macheda, attaccante della Nazionale Under 21 dal Manchester alla Sampdoria. Dietro di loro anche Ennio Morricone che racconta nella rivista il suo rapporto con lo sport.
Editore Alfacomunicazione Srl Via del Giuba, 9 - 00199 Roma Direttore Responsabile Fabio Argentini Redazione Ufficio Sport - Via Capitan Bavastro, 94 - 00154 Roma tel. 06671070315 fax. 06671070364 e-mail: redazione@spqrsport.it grafica@spqrsport.it Art Director Alberto Brunella Stampa Stampa & Servizi Indotti Srl - Roma Concessionaria in esclusiva per la pubblicità Minimega Pubblicità S.r.l. Via A. Serra, 52 - 00191 Roma tel. 06 33219846 fax 06 3330261 info@minimega.it www.minimega.it
9 Azzurri d’Italia Consegnati in Campidoglio i premi “Atleti olimpici Azzurri d’Italia”: tra i premiati, i fratelli D’Inzeo, Benvenuti, Gionta, Pulici, Oddi, Wilson e D’Amico.
Il grande sport giorno per giorno
Dicembre
Edi to ria le
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Sabato Domenica Lunedì
14 Martedì
12 Donne di corsa alla Best Woman A Fiumicino si svolge la 21ª edizione della Best Woman, corsa su strada nata per la partecipazione delle sole donne. Al via oltre 2600 podisti.
13 Calcio, basket e cinema insieme per la solidarietà Roma, Lazio, Virtus basket e i protagonisti del serial Romanzo Criminale scendono in campo al Pala Lottomatica per il tradizionale evento di solidarietà. Come per le precedenti edizioni è un successo di pubblico.
Spqr Sport. Tutti i diritti sono riservati nessuna parte della rivista può essere in alcun modo riprodotta senza autorizzazione
DIFFUSIONE. La rivista è distribuita nel corso degli eventi sportivi dove è presente Roma Capitale e free press in tutte le piazze più importanti dei XIX municipi romani (l’elenco dei punti è sul web all’indirizzo www.spqrsport.it dove si possono consultare le pagine della pubblicazione). Per ritirare una copia è anche possibile contattare il numero 06.6710.70315 (Dipartimento Sport). In collaborazione con Ufficio Stampa Campidoglio Ufficio Sport Saverio Fagiani, Maria Iezzi Hanno collaborato Luca Aleandri, Massimiliano Cecchi, Dora Cirulli, Paolo Corbi, Valentina Di Felice, Claudio Di Renzo, Federico Farcomeni, Antonio Farinola, Giorgio Franchetti, Giovanna Ianniello, Gabriele Natalizia, Anita Madaluni, Maurizio Martuc-
ci, Bruno MascarenhasEleonora Massari, Nicola Modena, Primavera Moretti, Pierluigi Nervi, Luigi Panella, Federico Pasquali, Laura Paterno, Simone Pierini, Paolo Pizzi, Pasquale Polo, Roberto Rean Cont, Antonello Rodriguez, Paolo Serra, Giovanni Sorianello, Agenzie e fotografi Photo Partner: Getty Images (Paolo Bruno, Luis Castillo, Franco Origlia, Pietro Rolandi). Comune di Roma: Fabio Callini,
Stefano Bertozzi, Marco Catani, Claudio Papi, Claudio Valletti. Hanno collaborato: Alphaomega, Andrea Bargnani (Ufficio Stampa), Bioparco (Archivio), Giulia Carbonari, Massimiliano Cecchi, Darwin Edizioni, Fabio Di Giannantonio (Archivio privato), Dpt Sport, FISCT (Archivio), FIT (Archivio), Il Corriere Laziale, Pietro Lancialonga, Le Lettere Edizioni, Fernando Macheda (Archivio privato), Anita Madaluni, Davide Marrone (Archi-
vio privato), Maurizio Martucci, Matteo Miceli (Archivio privato), M/ Delia, Morricone (Archivio privato), Nerbini Edizioni, Tommaso Pasero, Flavia Pennetta (Archivio Privato), Pier Luigi Nervi (Archivio privato), Pasquale Polo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Preston (Archivio museale), Thomas Rocchi, Antonello Rodriguez (Archivio), Sovrintendenza Belle Arti, Roberto Tedeschi, UICOS (Archivio privato).
22 I valori dello sport
Al Salone d’Onore del CONI viene presentato “Roma 1960 – le Olimpiadi della Tv”, libro scritto da Barbara Scaramucci e Claudio Ferretti.
18 Cavalli e solidarietà A Piazza di Siena si svolge ”Cavalcando la solidarietà”, tradizionale evento benefico promosso dall’Associazione parlamentare Amici del Cavallo
15 Olimpiadi 2020: candidature
Parte la 6a edizione del progetto del CONI Roma “I Valori dello Sport”, che coinvolge i campioni romani testimonial nelle scuole di Roma e provincia.
La FIPAV Provinciale fa richiesta alla Lega Pallavolo di ospitare la finale scudetto 2011 al Pala Lottomatica.
1 Sport in lutto
29 Scherma stellare
Il Presidente del CONI Petrucci invita lo sport italiano ad osservare un minuto di silenzio per la morte in Afghanistan del caporalmaggiore Matteo Miotto.
In Campidoglio viene presentato “Stoccate Vincenti”, evento di scherma che si svolgerà in marzo in onore del grandissimo campione Edoardo Mangiarotti.
19 Flop per Federica Pellegrini
Bucarest, capitale della Romania, che aveva annunciato la candidatura per ospitare le Olimpiadi del 2020 vede, venti giorni dopo, il Consiglio Comunale della città votare contro.
28 Volley tricolore a Roma
2 Derby alla M.Roma
Flop della Pellegrini ai Mondiali in vasca corta nella sua specialità, i 200 metri. L’olimpionica finisce solo settima e licenzia il tecnico Morini.
La M.Roma Volley si aggiudica il derby contro l’Andreoli Latina. Degli otto confronti tra le due squadre in cinque anni Roma ne ha vinti sette.
23 Derby per studenti e militari L’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive decide che al derby di Coppa Italia del 19 gennaio, la Tribuna Tevere sarà riservata a studenti e militari.
3 Nuovo tecnico per Fede Federica Pellegrini annuncia il nome del nuovo tecnico: il francese Philippe Lucas, ex tecnico della rivale Manaudou.
24 Vigilia di Natale 25 Natale 16
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16 Kenya per Roma 2020 Il Sindaco Alemanno incassa l’appoggio del Kenya per Roma 2020 direttamente dal ministro del Turismo Nakib Balala.
17 Boxe al Palazzetto dello Sport
ALL’INTERNO
Al Palazzetto dello Sport grande riunione pugilistica: sul ring salgono per due titoli differenti Emanuele Della Rosa e Domenico Spada. La grande boxe è tornata al PalaTiziano.
20 Stadio Flaminio: al via i lavori L’Assemblea Capitolina, con 28 voti a favore e 4 contrari, concede il via libera al finanziamento per il restyling dello Stadio Flaminio.
21 Il Canottieri Roma per il Bambin Gesù Al Circolo Canottieri Roma duecento soci vestiti da Babbo Natale hanno partecipato alla festa dello sport per raccogliere fondi per l’Ospedale Bambino Gesù. I soci si sono cimentati in cinque discipline sportive differenti. Alla fine, tutti vincitori in nome della solidarietà.
26 Maratona di Roma: parteciperà la Van Der Vorst La maratoneta disabile olandese Monique Van Der Vorst, vincitrice della Maratona di Roma 2007 e 2008, torna miracolosamente a camminare e annuncia la presenza alla prova romana del 20 marzo. Per lei sarà la prima corsa sulle proprie gambe della carriera.
27 Olimpiadi 2020: candidature Istanbul, capitale della Turchia, annuncia l’intenzione di candidarsi ad ospitare le Olimpiadi del 2020. Mai una città turca aveva avanzato l’ipotesi di ospitare un’edizione dei Giochi olimpici.
30 L’Aniene si rinforza Il C.C. Aniene ingaggia il canottiere azzurro Daniele Zona, due volte campione italiano Under 23 e già in lizza per un posto ai Giochi di Londra 2012.
31 S. Silvestro
SPQR SPORT_GEN. 011_ N. 1_FATTI E AVVENIMENTI DEL MESE DI DICEMBRE CHIUSO IN REDAZIONE IL 17-01-2011
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Sabato Domenica Lunedì
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5
4 La tragedia di Bini Condannato a un anno e mezzo il commissario della Lega nazionale che omologò il campo dell’Almas dove morì tragicamente il giovane Alessandro Bini nel 2008.
5 Tutti a vela Il Lazio diventa la prima regione in Italia per numero di tesserati alla Federvela: 13.501.
6 Ciclocross a Capannelle All’Ippodromo delle Capannelle iniziano i Campionati Italiani di Ciclocross, intitolati quest’anno alla memoria di Romano Scotti.
12.Il punto del Delegato alle Politiche Sportive 12.May Day, May Day, storia di un naufragio 16.Andrea Bargnani, l’uomo franchigia 28.Macheda, alla corte di Sir Alex 42.Stadio Flaminio, storia e futuro 62.Intervista a Rocco Crimi 64.The Boxe, backstage 76.I musei del calcio 82.Golf per tutti 90.Le bambole nell’antica Roma 93.Sport dilettantistico: basket 94.Le Palestiniadi 100.Subbuteo tra gioco e collezione 108.Intervista a Flavia Pennetta 114.News 128.Morricone in esclusiva 138.L’arte del Parkour 144.Calcio Dilettantistico: 100 anni di storia 148.Media: Il Corriere Laziale 150.Il campo Savio a Raimondo Vianello 152.Scherma, in ricordo di Marta Russo 154.Le schede tecniche: canottaggio 158.Photogalery Old
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SPQR SPORT GENNAIO 2011 164 PAGINE
14 I Giochi di Roma 1960 visti dalla tv
POLITICHE DELLO SPORT
UNA STAGIONE OLTRE IL COMUNE Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale
N
ell’anno in cui il Comune di Roma ha “lasciato il passo” a Roma Capitale, tiriamo i bilanci anche di questo nostro giovane prodotto editoriale. Il varo del primo numero, nell’aprile 2010, è coinciso con l’inizio della corsa olimpica di Roma. In copertina, la foto del dossier consegnato al CONI, la fiaccola bronzea del 1960 e, sullo sfondo, la corsa di Giancarlo Peris, il tedoforo che ha guadagnato l’ambita “Prima” per un duplice motivo. Quello di essere stato, appunto, l’ultimo dei tedofori che ha dato il fuoco per l’accensione del braciere e quello di non essere un atleta professionista, ma il vincitore dei Campionati Studenteschi. Un ideale rappresentante di quello sport di base per la promozione del quale si impegna il Dipartimento Sport, che ho l’onore e l’onere di guidare. Il bilancio di questa prima stagione di impegno nel campo della Comunicazione è stato positivo. Numero dopo numero è cresciuta la qualità sia per le idee che per la proposta contenutistica, grafica e iconografica. Ed è cresciuto anche il coraggio di affrontare temi non certo di cassetta con l’unico obiettivo di promuovere lo sport, fare cultura dello sport e raccontare le tante pagine scritte nella nostra città che troppo spesso vive di solo calcio. Questa rivista è uno strumento di lavoro: tale l’abbiamo considerata sin dal primo giorno affidandola a qualificati professionisti del settore, tali solo i fascicoli monotematici, l’ultimo sulle strutture sportive presenti a Roma, che vanno ad occupare uno spazio di servizio, tale sarà il sito internet del Dipartimento che aiuterà il cittadino a districarsi nelle varie offerte e nella burocrazia dello sport. Mi sia permesso di ringraziare il Sindaco Gianni Alemanno che ha dato, sin dall’inizio, segnali importanti di quanto tenga allo sport inteso come stile di vita e crescita di una società sana. Ma, in questo nuovo anno, desidero ringraziare anche chi lavora dietro le quinte della rivista e quanti dividono quotidianamente con me l’impegno nel Dipartimento, a partire dal Direttore Bruno Campanile. Per fortuna il gruppo di lavoro di Via Capitan Bavastro, è di quelli che valgono davvero. A tutti quanti vada quindi l’augurio per un felice 2011 e lo sprone per continuare sulla scia del recente passato. Per il bene dello sport, per il bene di questa nostra difficile e meravigliosa città.
In due su un catamarano per tentare il record di traversata da Dakar a Guadalupe. D’improvviso, le onde alte 4 metri, il vento a 30 nodi e la barca si rovescia. Poi il rischio della vita in mare aperto su una rotta battuta da squali bianchi. La storia di Miceli e Picciolini e di un salvataggio nell’oceano
I volti dei velisti, marcati dal sale, durante il viaggio. La foto d’apertura è realizzata al momento della partenza di Massimiliano Cecchi. All’interno gli scatti sono estratti dal video dell’equipaggio polacco del cargo che ha tratto in salvo i velisti e in parte scattati da Tullio e Matteo in persona durante la traversata, la notte della scuffia e durante il salvataggio
n quel momento è stata più la rabbia che la paura, credimi, veder sfumare così il record di traversata atlantica... C’erano più di trenta nodi, con raffiche di vento fino a quaranta. Eravamo pronti a scuffiare, c’era già capitato il secondo giorno di navigazione, ed eravamo riusciti con facilità a raddrizzare la barca e a continuare verso il record. È accaduto tutto in un paio di minuti, andavamo veloci ma in sicurezza, avevamo due mani di terzaroli, c’era solo il rumore delle onde frangenti e del vento che ci accompagnava. Improvvisamente cambia tutto, il vento gira e arriva potente come un boato una raffica di vento accompagnata da onde alte 4 metri che ci hanno investito e abbiamo scuffiamo nuovamente. Con Tullio iniziamo la procedura per raddrizzare la barca e ci accorgiamo che, con il capovolgimento del catamarano, l’albero è esploso. Era spaccato a metà e, nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo più riusciti a raddrizzare la
«I
barca. Abbiamo dovuto forzatamente lanciare via radio il May Day e chiedere soccorso»: al telefono è Matteo Miceli che, con Tullio Picciolini, è scampato al naufragio avvenuto a fine gennaio durante la traversata oceanica organizzata per riportare in Italia il record in tempo da Dakar a Guadalupa su un catamarano di non più di sei metri e due sole persone di equipaggio. Poi, trovarsi al buio in mezzo all’oceano sopra una barca capovolta e danneggiata in balia delle onde non è situazione molto piacevole... «La cosa più brutta è stato scoprire che l’albero era scoppiato a metà, un grave danno che ci impediva di proseguire la traversata e di salvare la barca, Abbiamo fatto il possibile in quelle ore, prima del May Day. Pericoli concreti non ce ne sono mai stati, ad eccezione degli squali…» Già, proprio così, in mezzo all’oceano, in quel punto dove hanno naufragato, lo squalo bianco è un pericolo concreto. Questi grandi
Si alzano le onde
La tendina che protegge la testa dei velisti che, a turno, dormono sulla barca
RISCHI DEL MESTIERE | 13
di Massimiliano CECCHI
TERMINOLOGIA NAUTICA MAYDAY: è il segnale internazionale di richiesta d'aiuto che consiste nell'enunciazione della parola mayday alla radio, la cui origine è da riscontrarsi nell'espressione francese «venez m'aider!» (venite ad aiutarmi) CREW: equipaggio ALISEI: venti che soffiano nell’oceano regolari per tutto l'anno verso l'equatore. Hanno velocità mediamente costante di circa 30 kmh. MIGLIO MARINO E “NODI”: 1 nodo di velocità è l'equivalente di un 1 miglio marino/h; il miglio marino internazionale è 1852 metri. ROTTA: è in realtà l'angolo con il quale la traiettoria, sia essa rappresentata da una curva o da un tratto lineare, incrocia un meridiano terrestre. POGGIARE: significa allontanare la prua (parte anteriore della barca) dalla direzione da cui spira il vento.
ORZARE: significa avvicinare la prua alla direzione da cui spira il vento. PARTIRE ALL’ORZA O STRAORZA: Può accadere che un’improvvisa raffica di vento faccia troppa pressione sulle vele causando una perdita di controllo dell’imbarcazione, il timone non reagisce ai comandi e la barca sbanda notevolmente RANDA E FIOCCO: sono le vele principali di un’imbarcazione, la randa è la vela armata (fissata) sull’albero, il fiocco (oppure il genoa che è di dimensioni più grandi) ha forma triangolare ed è la vela di prua. MANI DI TERZAROLI: Una porzione della superficie velica che si può ammainare e raccogliere tenendola ben serrata con l'ausilio di corde dette matafioni. Prendere i terzaroli prima, seconda e a volte anche terza mano, significa, ridurre progressivamente l'area della randa esposta al vento, in tal modo diminuisce la velocità della barca ma si acquista più stabilità e sicurezza durante le tempeste e/o la navigazione con vento troppo forte. SCUFFIARE/SCUFFIA: si intende il capovolgimento dell'imbarcazione a vela. È un problema che interessa soprattutto le imbarcazioni di piccola e media lunghezza. DISALBERARE: in caso di scuffia l’albero della barca si può danneggiare, spaccarsi, in modo tale da essere inservibile per la navigazione a vela. RADIO VHF: è una radio di emergenza, dotazione di sicurezza a bordo, obbligatoria nella navigazione d’altura e costiera, per determinati natanti e imbarcazioni.
predatori vanno a caccia seguendo i tonni e di altri pesci che viaggiano nelle correnti oceaniche, sono molto voraci e affamati. Comunque, il tono ironico di Matteo, è per farci capire che non sono degli sprovveduti e in quella situazione hanno avuto la lucidità di organizzarsi al meglio, seguendo delle procedure, protocolli di sicurezza e sopravvivenza studiati nel minimo dettaglio, con gli allenamenti fatti nei mesi prima della traversata, per affrontare qualsiasi condizione estrema. «La sicurezza in mare è una realtà importante. Certe procedure dovrebbero essere insegnate obbligatoriamente a chiunque intenda fare navigazione» Dopo Miceli la parola all’Uomo Sicurezza, Valerio Brinati – noto velista romano - che ci racconta la traversata atlantica degli skipper Matteo Miceli e Tullio Picciolini nei momenti prima e dopo il naufragio ed il loro salvataggio. La traversata, è stata organizzata per riportare a Roma il record da Dakar a Guadalupe su un catamarano di non più di sei metri e due sole persone di equipaggio. Per chi non lo sapesse, un’impresa sportiva difficilissima com’è la conquista del record di traversata atlantica con un catamarano “da spiaggia”, richiede un’organizzazione perfetta, fatta di uomini e mezzi di comunicazione che assistono, da terra, giorno dopo giorno, i velisti durante la traversata. Si chiamano “Uomini della Sicurezza”, i crew di terra, ed hanno il compito fondamentale di comunicare e di stare a stretto contatto con l’equipaggio per qualsiasi esigenza tecnica; per le previsioni meteo marine, per le strategie di rotta e, in caso d’incidenti o naufragio, coordinare immediatamente i soccorsi. Quando Matteo e Tullio sono partiti da Dakar, lo staff della sicurezza era composto da Alessandro Pezzoli per quanto riguarda meteo e rotta da seguire e da Valerio Brinati, Enrico Corsetti e Daniele Pirozzi per monitorare la traccia satellitare 24 ore su 24 ed eventuali altre comunicazioni. Valerio Brinati ci racconta la brutta vicenda passo dopo passo. «Ho parlato spesso con Matteo e Tullio seguendo, com’era mio compito, il traking ora per ora, soprattutto nei
La barca ormai rovesciata fotografata dai naufraghi nella notte
momenti più difficili della traversata, com’è stato nelle ore del naufragio e subito dopo il salvataggio. Alla partenza Matteo era debilitato dagli strascichi di un’influenza intestinale, ciò nonostante, per due giorni, sono riusciti a mantenere medie elevatissime con punte di 15 nodi. Ancora la stanchezza non si faceva sentire, l’onda era regolare da nord est e avevano già 114 miglia di vantaggio, sul precedente record da battere. Quando il vento ha girato da est, il mare si è incrociato e nello stesso tempo hanno dovuto poggiare per mantenere la rotta. Questa situazione era diventata molto impegnativa e la stanchezza aveva cominciato a farsi sentire. Con troppa tela (vela) la barca partiva all’orza trovandosi traversata alla vecchia onda da nord est. Situazione molto pericolosa per un’eventuale scuffia che alla fine è arrivata. Matteo e Tullio, infatti, hanno scuffiato per la prima volta il 14 gennaio. Matteo era al timone e Tullio riposava con la testa infilata nella tendina. Mi spiego meglio; il catamarano non ha ripari e cabine, quindi, per ripararsi la testa dagli schizzi e dal vento durante il riposo, su Biondina Nera c’era una tendina semirigida di circa 50 cm di lato, facilmente apribile. Quando la barca ha scuffiato, Tullio che in quel momento riposava si è trovato sott’acqua, legato e quasi soffocato dalla tendina, per cui, per uscire, è stato costretto a strapparla. I ragazzi, nonostante il mare, sono riusciti subito a raddrizzare la barca. Il giorno successivo alla scuffia abbiamo visto scendere la loro velocità. Erano più prudenti, per cui viaggiavano con tre mani di terzaroli sulla randa e il fiocco. Visto il vantaggio accumulato, io e Pezzoli, anche sapendo che di lì a due giorni il vento sarebbe calato ed il mare si sarebbe ordinato, li esortavamo a mantenere tre mani di terzaroli ed andare conservativi specialmente di notte quando diventava molto più difficile mantenere la direzione. Durante la navigazione, sono anche iniziati parecchi temporali. Questi fenomeni meteorologici, molto frequenti nella zona degli alisei oltre il 35 ovest, si presentano come dei grandi piovaschi circolari, senza fenomeni elettrici. Camminano in direzione Est-Ovest, sospinti dagli alisei, ed al loro arrivo scaricano tanta pioggia ed incrementano l’intensità del vento di circa 10 nodi per pochi minuti. Nella zona dei Caraibi li chiamano “Squall”, subito tradotto dai velisti italiani “Squallidi”, forse per via dell’aspetto di questi groppi nuvolosi. La strategia aveva funzionato, alle ore 10,32 am del 16 gennaio, il vantaggio sul precedente record da battere dei francesi era aumentato a 131 miglia grazie anche alla splendida performance del giorno prima. Avevano percorso 260 miglia in 24 ore ad una media di 10,8 nodi. Le previsioni del vento erano molto migliorate rispetto ai giorni precedenti, tanto che le simulazioni fatte al com-
RISCHI DEL MESTIERE | 14
L’arrivo dei soccorsi: il rimorchiatore polacco Delia
I velisti tentano di risalire la parete della nave con una corda
L’equipaggio della Delia intento nelle manovre di soccorso di Biondina Nera
puter da Pezzoli prevedevano l’arrivo di Biondina Nera a Guadalupe alle 11 ora italiana di sabato 22 gennaio 2011 ben 12 ore prima del record precedente. Purtroppo l’ultima notte, del 16 gennaio, certi di poter raddrizzare la barca in caso di scuffia e spinti dalla voglia di riportare a Roma l’agognato record, Matteo e Tullio spingevano al massimo quando un’improvvisa raffica di vento unita ad un onda più cattiva delle altre li hanno travolti. E qui è successo il disastro. Alle 5.50 del mattino, del 17 gennaio, la prima telefonata di Tullio che mi comunicava la scuffia di 180 gradi e che avevano disalberato ma che era tutto sotto controllo. Subito dopo, ho chiamato Andrea Gancia, il più esperto di questo tipo di catamarano, e lui mi ha confermato quello che già pensavo; in quelle condizioni meteo marine - onde di quattro metri e vento a 30 nodi - sarebbe stato quasi impossibile raddrizzare la barca. Per cui affiancato da mio fratello Marco abbiamo allertato il Soccorso Internazionale andando contro la volontà dei ragazzi che stavano facendo il possibile, lottando con tutte le loro forze, come qualsiasi marinaio degno di questo nome farebbe, per non perdere la barca. Ma la loro vita era più importante di tutto il resto e, in quel momento, abbiamo agito di conseguenza. Circa due ore dopo, la seconda telefonata di Tullio con voce ferma e decisa più agitata: “Non riusciamo a raddrizzarla con il buio. Aspettiamo la luce alle 11 e vi facciamo sapere. Non abbiamo bisogno di aiuto”. Alle 11,50 ora italiana, ancora Tullio, con voce rotta dalla fatica dichiarava il: “Mayday da Biondina nera”. Per fortuna il servizio di soccorso francese a Martinica ha potuto dirottare la motonave Delia, bandiera ed equipaggio polacco, che era a 40 miglia da loro. La Delia, riceveva la comunicazione e partiva all’intercettamento. Prima dell’inizio della manovra la nave comunicava tramite radio VHF ai naufraghi i dettagli della procedura di abbordo». «Il salvataggio da parte del cargo polacco Delia – precisa Matteo – è stata la fase più difficile. Le grosse navi non hanno un buon abbrivio cioé non si fermano con facilità soprattutto con quel mare. Poi, nessun velista è preparato a scalare una montagna di ferro di 15 metri con una corda e questa è una lacuna che va colmata. L’equipaggio delle nave ha dimostrato molta professionalità e bravura ma per noi, salire su, è stato molto duro e faticoso. Abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa vuol dire scalare come un alpinista una montagna che però è in movimento. Con il rollio della nave, causato dalle onde, si viene allontanati dalla murata del cargo e poi ci si finisce violentemente contro e questa giostra dura parecchi minuti durante i quali prendi davvero tante botte!». Tullio Picciolini, è uno di poche parole che oltre a essere RISCHI DEL MESTIERE | 15
un grande sportivo, nella vita è un pilota Alitalia, è quindi una persona che lavora ogni giorno con perfetto autocontrollo e professionalità, va sempre al concreto delle cose e pone nuovamente l’accento sulla sicurezza precisando: «Siamo sempre stati al sicuro sia perché eravamo assolutamente preparati, sia perché a terra avevamo un grande team di uomini sicurezza e i fatti non ci smentiscono. Non abbiamo mai perso il contatto con Roma. Avevamo il localizzatore d’emergenza, il telefono satellitare che indicava il nostro punto esatto». Matteo e Tullio hanno già voltato pagina, hanno archiviato questa brutta avventura conservandone solo gli aspetti più importanti e pensano ai prossimi impegni sportivi per il 2011. Spiega Matteo: «Il prossimo obiettivo magari con Tullio con cui mi sono trovato davvero bene, pensiamo di fare un giro del mondo in doppio con il nuovo Este 40 che è stato varato a dicembre. Il 25 settembre di quest’anno parte la Global Ocean Race da Palma de Maiorca. 30.000 miglia in 5 tappe passando per Cape Town, Wellington, Punta de l’Este, Charleston prima di rientrare a Palma. Ci saranno tutti i Class 40 migliori del mondo e vorremmo esserci, come equipaggio e barca che rappresenta la nostra città di Roma, ma come ben sai per queste imprese servono budget… che ancora non abbiamo. Inshalla! Come dicono a Dakar…». Ve lo auguriamo di cuore. BUON VENTO.
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UN ORO OLIMP
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I NUMERI DELL’NBA Il campionato di basket più importante del mondo è composto da 30 squadre: metà giocano la regular season nella Western Conference, l’altra metà nella Eastern Conference. Nel 2009, la media di incassi per ogni gara di campionato complessiva è stata di 828.985 dollari. Cleveland è stata la squadra con la più alta media spettatori: 18.157 a gara.
Il “Mago” è stato il primo giocatore italiano protagonista nella NBA, la lega professionistica statunitense. Arrivato come prima scelta, dopo quattro stagioni è riuscito a diventare un giocatore inamovibile del quintetto dei Toronto Raptors del quale è l’Uomo Franchigia
di Paolo PIZZI foto Getty Images Ufficio Stampa Bargnani
Giocatori a peso d’oro
$ 20.514.000 $ 18.800.000 $ 18.700.000
Vince CARTER
Zach RANDOLPH
Yao MING
Gilbert ARENAS
no all'ordine del giorno per un giocatore simbolo di una franchigia come Andrea è per la squadra di Toronto. Ecco elencati i dieci giocatori più pagati secondo gli ultimi contratti. In questa classifica due sono europei, il russo Andrey Kirilenko, al sesto posto, e lo spagnolo Pau Gasol al settimo.
Pau GASOL
Michael REDD
DUNCAN Tim
Kevin GARNETT
$ 24.806.250
Richard LEWIS
Kobe BRYANT
Nell'estate del 2010 Andrea Bargnani ha firmato un contratto che lo legherà con i Toronto Raptors per altre cinque stagioni, con uno stipendio annuo, a salire, da 8 milioni di dollari lordi. Cifre ben distanti dal mondo dello sport europeo, ma che per il basket Usa so-
$ 18.300.000 17.822.190 17.730.700 17.686.100 17.333.300 17.300.000
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Merchandising e business INESTIMABILE IL GIRO DI AFFARI GENERATO DALLA NATIONAL BASKETBALL ASSOCIATION COME SPORT E BUSINESS RIESCONO AD ANDARE A BRACCETTO Per comprendere appieno il mondo della NBA non possiamo non analizzare il suo aspetto economico, in special modo il settore del marketing, dove la Lega Usa è diventata un modello da seguire per le altre realtà. «Dal punto di vista del marketing – commenta Michela Gilli, Direttore Operativo della Insport-, la realtà della NBA ha poco a che vedere con quelle europee. Quando analizziamo il basket americano non dobbiamo dimenticare che la loro è una lega professionistica, con una concezione ben diversa rispetto ai nostri campionati. Tutto questo è dovuto soprattutto al fatto che in una realtà come quella chi si occupa del settore marketing è una persona altamente specializzata. Esistono infatti dei corsi appositi per Manager sportivi e chi si occupa di marketing non segue direttamente la squadra. In Europa spesso chi lavora in un team sportivo ne è tifoso, negli Usa non è necessariamente così. Può capitare infatti che una persona cambi l'organizzazione per cui lavora. In Italia solo adesso si inizia a creare una professionalità legata al mar-
keting sportivo. Un caso chiave è quello di Maurizio Gherardini, che da Treviso è diventato general manager dei Toronto Raptors, unico non americano a ricoprire questa carica. Altra differenza fondamentale è nel fatto che tutto non viene gestito dalle singole società, ma collettivamente». Quella della NBA non è una realtà limitata agli Usa, ma sviluppata in tutto il pianeta. Tra i mercati di maggiore interesse per la lega statunitense c'è quello italiano, dove la NBA ha ottenuto grandi margini di sviluppo. «Per la NBA il mercato italiano è fondamentale basta pensare che in Europa è il nostro paese quello in cui viene venduto il mag-
continua ➽
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INTERVISTA AL MAGO | 19
L’INTERVISTA A BARGNANI
alla palestre romane sino alla NBA passando per Treviso. Per molti questa potrebbe essere una favola: per Andrea Bargnani è diventata una realtà. Nato a Roma il 26 ottobre 1985, Andrea si è avvicinato al mondo della pallacanestro sin da piccolo: a sei anni già era sul campo per i primi allenamenti. Ma la maturazione cestistica di Bargnani è arrivata grazie ad un personaggio storico del basket romano, Roberto Castellano, che accorgendosi delle sue doti fisiche lo ha voluto alla Basket Roma. Da li Bargnani si è prima affermato con le giovanili dello storico club capitolino della Stella Azzurra, per poi vestire la casacca biancoverde della Benetton Treviso sino a raggiungere quello che è il traguardo più ambito per ogni giocatore di basket, sbarcare da protagonista nella NBA. Ad Andrea è infatti riuscita una cosa che nessun cestista europeo è riuscito a ripetere, ottenere la prima scelta nel draft NBA, il sistema con cui la Lega Statunitense sceglie i nuovi giocatori elegibili. Quello di ottenere la prima scelta per la NBA non è un risultato che si ottiene per caso, e per Andrea è ar-
Merchandising e business ➽
gior numero del merchandising proveniente dalle franchigie americane». Un mondo che, se visto con gli occhi degli appassionati europei, sembra distante anni luce dalle realtà da noi conosciute. L'esempio lampante che può farci capire al meglio questa differenza è il salario percepito dalle stelle che giocano nella NBA. Basti pensare che Kobe Bryant, il giocatore più pagato, percepisce uno stipendio annuo di 24.806.250 dollari, cifre distanti anche da quelle guadagnate dalle nostre stelle del calcio. Per quanto riguarda i tre giocatori italiani il più pagato è Andrea Bargnani, che in estate ha rinnovato il proprio accordo con i Raptors venendo inserito come “giocatore franchigia” per un contratto quinquennale che, alla prima stagione prevede 8 milioni di dollari lordi. Per evitare che i talenti maggiori si concentrassero tutti in una squadra è stata istituita la regola del Salary Cap, mediante il quale ognuna delle trenta franchigie che compongono la NBA è costretta a rispettare un rigido tetto salariale per gli stipendi, stabilito per la stagione 2010-2011 a circa 70 milioni di dollari.
rivato soprattutto dopo quello fatto durante l'ultima stagione con la Benetton Treviso, quando contribuì alla vittoria del titolo, ultimo tricolore conquistato dal quintetto trevigiano. In quella stagione, Bargnani venne eletto miglior giocatore del campionato. In quell’ultimo anno in Italia tutti gli scout della NBA erano presenti al “Palaverde” di Treviso per rendersi conto delle grandi qualità tecniche e fisiche di Andrea, che al termine della stagione 2006 venne anche premiato come miglior giocatore Under 22 dalla Eurolega. Oltre ad uno Scudetto, con i colori della Benetton il giovane giocatore romano ha vinto due volte la Coppa Italia. Poi lo sbarco in Canada, in una città come Toronto che vanta una grandissima presenza di immigrati italiani. Bargnani si è trovato come a casa, ambientandosi sin dal primo momento con la nuova realtà. Quella canadese, del resto, è una delle città con la comunità italiana più grande del mondo. E Andrea è diventato nel giro di poco tempo un esempio per i nostri connazionali, molti dei quali hanno visto in lui il modello dell'italiano di successo “emigrato” all’estero.
L’NBA IN PILLOLE La National Basketball Association, comunemente nota come NBA, è la lega professionistica di pallacanestro degli Stati Uniti d'America e del Canada, fondata nel 1946 dai proprietari delle più grandi arene di sport degli Stati Uniti, come il Madison Square Garden di New York. In NBA i concetti di retrocessione in serie minori e di promozione in serie maggiori non sono neanche vagamente contemplate. Il sistema sportivo professionistico nord-americano è organicamente diverso da quello europeo e del resto del mondo: infatti le varie leghe professionistiche nordamericane, non solo la NBA, non appartengono ad alcuna federazione sportiva nazionale, ed i concetti di retrocessione in serie minori e di promozione in serie maggiori non sono neanche vagamente contemplate. Le squadre della NBA sono chiamate con il termine franchigie, e sono sempre le stesse ogni stagione. Le franchigie possono fallire o essere rilocate in altre città con mercati che la lega riconosce validi. Se una squadra si sposta da una città ad un'altra porta con sé tutta la sua storia: i titoli vinti, i numeri di maglia ritirati, il nome della franchigia, e quant'altro. Come avvenuto per i Los Angeles Lakers che nell’albo d’oro vedono il titolo del 1954 assegnato ai “Minneapolis Lakers”. Il campionato NBA si suddivide in tre fasi che portano all'assegnazione del titolo di campioni NBA: la regular season, i playoff, e le finali. Le finali NBA tra le 30 squadre partecipanti sono l'evento conclusivo della stagione NBA giocata. I campioni della Eastern Conference, e della Western Conference, si affrontano in una serie finale sempre al meglio delle sette partite, nelle finali NBA la squadra che ha il miglior record disputerà in casa le prime due gare, come anche le successive ed eventuali gare dispari (gara 5 e gara 7), come nei playoff. Nella classifica di tutti i tempi a vincere più scudetti sono stati i Boston Celtics (17), seguiti dai Los Angeles Lakers (16) e dai Chicago Bulls staccati a sei titoli.
Famoso con il soprannome di “mago”, coniato da Riccardo Pittis, suo compagno di squadra con la Benetton, questo nomignolo lo ha seguito oltreoceano. Grazie al successo ottenuto sin da subito con i Toronto Raptors, Andrea ha fatto conoscere negli Usa la nostra pallacanestro aprendo la strada per altri giocatori italiani entrati stabilmente nel massimo campionato della NBA. Dopo di lui infatti anche Marco Belinelli e Danilo Gallinari sono riusciti a fare il “grande salto” affermandosi nella pallacanestro professionistica che conta. Dotato di doti atletiche fuori dal comune, con una mobilità difficile da trovare in un ragazzo alto 2 metri e 13 centimetri, Andrea ha fatto proprio della sua agilità la propria forza, puntando sulle proprie qualità fisiche per superare le difese avversarie. Da quattro anni Bargnani è uno dei giocatori più importanti all'interno dei roster dei Toronto Raptors, tanto da essersi guadagnato spazio nel quintetto di partenza della squadra. In estate poi è arrivata la firma di un importantissimo rinnovo del proprio contratto, che lo legherà per altri cinque anni alla formazioINTERVISTA AL MAGO | 20
ne canadese, dove ormai si è conquistato la posizione di “franchise player”, ovvero uomo squadra. Sin dal suo anno da matricola, Bargnani ha dimostrato di sapersi ambientare alla perfezione con il mondo del basket NBA. Le sue cifre da rookie,come si usa dire da quelle parti, parlano di un minutaggio medio di 25,1 minuti per gara, e una media punti di 11, 6. Proprio in virtù di queste cifre venne anche convocato per l’All Star Game, la “Partita delle Stelle” della NBA, partecipando alla sfida tra le matricole ed i giocatori al secondo anno di attività. Per il “mago” i numeri sono andati sempre crescendo, sino ad arrivare a quelli finora da record ottenuti nel torneo 2009-2010. Numeri che parlano di un utilizzo di 35 minuti per 17,2 punti di media per gara. In questo inizio di stagione 2010-2011, non troppo fortunato per i suoi Raptors, Andrea ha una media di 32,4 minuti, e una media di 19 punti per gara. Numeri questi che dimostrano il grande spazio che il giocatore italiano si è ricavato all'interno dei Toronto Raptors. Ormai stabilmente nel quintetto iniziale, grazie alle sue qualità è di-
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Il caso Elkann La stoppata di... Lapo Elkann è diventata famosa in America. Nella partita Los Angeles Lakers-Toronto Raptors, finita 109-107. Il rampollo di casa Agnelli ha causato le ire dei fans dei Raptors quando, a meno di 2’ dalla fine e con il punteggio in bilico, ha toccato una palla che Calderon stava recuperando. Un gesto istintivo: «Con due italiani in campo, speravo che i Raptors vincessero. Ho visto la palla che veniva verso di me e l'ho toccata». Per la cronaca, il match è stato deciso a favore dei californiani da un canestro di Kobe Bryant a meno di due secondi dalla fine. Ottima prova per Andrea Bargnani, autore di 21 punti con 8 rimbalzi e 2 stoppate mentre l'altro Azzurro Marco Belinelli ha realizzato 3 punti con altrettanti rimbalzi.
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Il tifo della NBA I tifosi delle squadre NBA non sono passionali e partigiani quanto quelli italiani o europei. Per loro andare a vedere una partita vuol dire principalmente assistere a uno show. Ed essere anche protagonisti visto che gli organizzatori li coinvolgono ripetutamente prima, durante e dopo il match. Il resto è quanto diventato già leggenda con film e tv: popcorn, birra e cola, ragazze pon pon e famiglia allo stadio.
Nel 2006 al Madison Square Garden di New York, Bargnani risulta prima scelta nel Draft
Durante un’intervista a Treviso in occasione del 2007 NBA Europe Live Tour
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Una partita ai videogames con i bambini dell’Ospedale di Toronto
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Gli italiani in USA Se è con l'arrivo di Andrea Bargnani a Toronto che per i giocatori italiani si sono aperte le porte per la NBA, qualche tentativo era stato fatto anche in precedenza. Forse non molti lo sanno, ma nel 1970 il primo italiano ad essere scelto è stato DINO MENEGHIN, chiamato dagli Atlanta Hawks, ma Dino non arrivò mai a giocare nella lega professionistica statunitense. Per vedere il primo italiano sbarcare nella lega Pro bisogna attendere la stagione 1995-96, quando Vincenzo Esposito e Stefano Rusconi tentarono la carriera oltre oceano, il primo a Toronto, il secondo a Phoenix. Se per Rusconi le porte furono praticamente chiuse, Esposito riuscì a ritagliarsi un suo spazio, con una media di nove minuti e 3,4 punti a partita, ma la loro avventura nel basket Usa L’arrivo di Bargnani, prima scelta assoluta dei Toronto Raptors nel draft del 2006, coincide con il primo giocatore italiano che riesce ad inserirsi stabilmente nel mondo della pallacanestro pro, aprendo la strada ad altri due connazionali, Marco
venuto quest’anno elemento indispensabile all'interno della rosa. Dopo averlo presentato a tutto raggio, ora proviamo ad analizzare tutte le sfaccettature del personaggio Bargnani. Ovviamente facendo parlare lui. Cosa prova ad essere considerato una bandiera italiana dello sport? «Certamente è una bellissima soddisfazione. Partendo da una realtà come la pallacanestro romana, arrivando fino a quella della NBA è stato qualcosa di importante. Non lo avrei mai immaginato da ragazzino, eppure è accaduto. Anche
Belinelli e Danilo Gallinari. Per Marco Belinelli l'ambientamento negli Usa non è stato dei più facili. Chiamato nel 2007 dai Golden State Warriors di Don Nelson, per lui nel primo anno lo spazio fu limitato, con sole 33 partite giocate. Le sue statistiche migliorarono nel secondo anno a San Francisco, ma a fine stagione i Warriors decisero di scambiarlo con Toronto, dove ha fatto coppia con Andrea Bargnani. Anche l'avventura in terra canadese è durata solamente una stagione per Marco, che nel settembre 2010 è stato scambiato con i New Orleans Hornets. Diversa la situazione per Danilo Gallinari, arrivato da protagonista alla corte dei New York Knicks, una delle squadre più prestigiose dell'intera Lega. Figlio d'arte, con papà Vittorio stella dell'Olimpia Milano, Danilo arriva nella NBA nel 2008, sesta scelta assoluta, e da subito diventa un punto di riferimento per il rilancio della franchigia di New York.
per questo credo mi considerino una bandiera». Se ne rende conto di essere così famoso in Italia? «Beh si, la notorietà ti fa certamente piacere. Qui a Toronto la squadra è molto seguita, e in Italia poi tra i ragazzi c'è un forte interesse per la NBA, spesso in maniera maggiore rispetto allo stesso campionato italiano». Toronto è una città con una grandissima presenza italiana: che rapporto ha con i connazionali in Canada? «Purtroppo non riesco ad avere molti contatti con loro. Per la vita che facciamo siamo
sempre in viaggio e non abbiamo tempo libero per vivere la città e frequentare la nostra comunità qui a Toronto. Comunque è bello girare per la città e vedere i tuoi connazionali che ti riconoscono, soprattutto i ragazzi che si identificano con te. Quando poi riesco a trovare del tempo libero per rilassarmi vado spesso a mangiare in qualche ristorante italiano». Qual è la qualità della vita in una metropoli come Toronto? «Per me è una città fantastica, in grandissima crescita e molto vivace. A mio giudizio è una delle città migliori dove vi-
Il “mago” alla cerimonia d’apertura del World Baseball Classic presso il Rogers Centre di Toronto Con David Stern al Madison Square Garden in occasione del NBA Draft 2006
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A Treviso in occasione del NBA Europe Live Tour del 2007
vere. Anche il clima non è poi male. Per esempio oggi (10 novembre, ndr.) è stata una giornata favolosa con sole ed una temperatura di 20 gradi». E durante l'inverno? «Certo, per tre mesi l'anno la temperatura va ampiamente sotto lo zero, io però essendo spesso in viaggio, non riesco a rendermene conto». Quanto le manca Roma? «Roma mi manca tantissimo, è la città dove sono nato, dove vive la mia famiglia e dove ho ancora gran parte dei miei amici, anche se molti di loro, essendo giocatori di pallacanestro, sono sparsi per l'Italia. Grazie al computer riesco però a sapere sempre quello che succede nella mia città». Riesce a mantenere i contatti con amici e tifosi? «Fortunatamente grazie a Internet è facile rimanere
Andrea Bargnani scende dal pullman della squadra esordienti prima dell'allenamento al “Andre Agassi College Preparatory Academy” a Las Vegas, Nevada
in contatto con le persone care. Quando ho un momento libero accendo il computer, mi collego a Skype e contatto i miei vecchi amici. Per me poi è anche un modo per dialogare con i miei tifosi. Spesso passo moltissimo tempo a chattare con loro tramite Facebook o il mio sito internet». Oltre alla pallacanestro quali sono le sue passioni? «Quando non sono impegnato con il basket mi piace girare per la città. Grazie alla sua multietnicità Toronto è un posto molto vivo, dove puoi respirare varie culture. Ci sono molti locali dove possiamo andare a divertirci. Purtroppo per nove mesi debbo concentrarmi sul basket e per il divertimento rimane poco tempo. Se dovessi scegliere un mio secondo sport preferito dico il tennis, mentre il calcio mi interessa meno. Quando sono a casa mi piace anche ascoltare musica, Vasco Rossi e Ligabue in particolare» . Quali sono le differenze maggiori tra la pallacanestro statunitense e quella italiana? «A mio giudizio sono due pianeti completamente diversi. La NBA ed il mondo della pallacanestro italiana sono talmente distanti che sono impossibili da paragonare tra di loro. Negli Stati Uniti tutto è diverso, dall'organizzazione delle squadre, al calendario, al
Un po’ di stretching prima di una partita durante l’NBA Europe Live Tour 2007 presso il complesso sportivo de “La Ghirada” a Treviso
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tifo. Per quanto riguarda il calendario basta pensare al fatto che una stagione regolare è fatta di 82 partite e sei spesso in viaggio. Anche i tifosi sono completamente diversi. In Italia c'è più calore da parte del pubblico, nella NBA è il concetto di spettacolo a farla da padrone. Chi viene a vedere una nostra partita vuole assistere ad un vero e proprio show, a uno spettacolo al quale si partecipa con tutta la famiglia. Diversi sono anche i numeri. Noi dei Raptors ad esempio arriviamo ad avere 22.000 spettatori per una partita». Lei è arrivato a giocare nella NBA appena ventenne. Come è stato ambientarsi in una realtà come quella? «Abituarmi ad una realtà come quella del basket Usa non è stato facile. Nella prima stagione pochi conoscevano Andrea Bargnani ed il mio stile di gioco, le difese spesso erano più leggere nei miei confronti ed io potevo sfruttare la mia agilità per andare a canestro. Con il passare del tempo gli avversari hanno iniziato ad abituarsi al mio stile di gioco e con Sam Mitchel non avevo troppi spazi. Insomma, li è iniziato ad essere tutto più duro. La cosa importante però è stato che ogni anno sono riuscito a crescere un gradino dopo l'altro, tanto che adesso sono diventato un giocatore franchigia».
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LE CHEERLEADERS Le cheerleader dei Toronto Raptors, una delle attrazioni piĂš importanti per lo show che viene messo in piedi in occasione di ogni partita della NBA. In genere sono studentesse universitarie appassionate di danza, che preparano gli spettacoli per le partite con molta meticolositĂ . In alto le rivali dei Lakers
Il primo europeo a venire selezionato come prima scelta nel draft della NBA, cosa questa che non è successa neanche per stelle del calibro di Drazen Petrovic. Come si è sentito il giorno in cui è stato effettuato il draft? «Quello è stato certamente un giorno strano, un giorno che cambia gran parte della tua vita. In un attimo arrivi a giocare in una realtà da sogno come quella della NBA e inizi a guadagnare milioni di dollari. Chiaramente nelle ore che hanno preceduto quello delle scelte sapevo che sarei stato uno dei primi cinque giocatori ad essere selezionato, ma quando i Toronto Raptors hanno fatto il mio nome come prima scelta l'emozione è stata grandissima». Quanto ha influito nel passaggio a Toronto una figura come Maurizio Gherardini, che proprio in quei giorni era diventato General Manager della franchigia? «Per me Maurizio è una persona speciale, è lui che mi ha portato a Treviso, prima realtà ad alto livello che ho affrontato in Italia, e poi mi ha voluto a Toronto. Più che un general manager per me è un secondo padre». Che ricordi ha dei primi passi nel mondo del basket, quando ha iniziato a giocare a Roma. «Quello del-
le giovanili è certamente il momento più bello, quando si gioca per la squadra e non individualmente è il momento in cui si pratica lo sport vero. Io ho iniziato prima a giocare con il Basket Roma, poi a 17 anni sono passato nelle Stella Azzurra prima di arrivare a Treviso. Sono ricordi bellissimi che porterò sempre nel cuore». A scoprirla nel Basket Roma è stata una vecchia conoscenza della pallacanestro capitolina come Roberto Castellano: che ricordi ha di lui? «Roberto è stata una persona fondamentale per la costruzione del mio gioco. È lui che mi ha insegnato a giocare come faccio adesso, sfruttando la mia mobilità, cosa che pochi atleti della mia altezza hanno». È legato alla realtà del basket romano ma non ha mai giocato con la Virtus Roma, squadra che rappresenta la Capitale nella massima serie. Le pesa il fatto di non esserci riuscito? «Il fatto di non aver ancora giocato con la Virtus non mi pesa, ma resta comunque un sogno nella mia carriera di giocatore. Roma è casa mia, la città dove sono nato e dove vorrei vivere in futuro. Giocare con la casacca della squadra della mia città è una esperienza che prima o poi spero di realizzare».
Da ragazzo veniva al Palaeur: qual è stato il suo idolo? «Soprattutto nel periodo della Stella Azzurra venivo spesso a vedere le partite. In quel momento c'erano giocatori importanti, su tutti Antony Parker ed Alex Righetti che hanno portato la squadra in alto, sino a giocarsi le semifinali contro la Fortitudo Bologna». A proposito di Antony Parker, siete stati compagni di squadra a Toronto. Parlavate mai della situazione della Virtus Roma? «Si, giocare con una persona del calibro di Parker è stata una delle maggiori soddisfazioni che sono riuscito a togliermi qui in NBA. Con lui parlavo spesso della sua esperienza nella Capitale. Da quello che mi raccontava aveva grande rispetto per la società della Virtus, sarebbe rimasto a giocare a Roma, ma non amava vivere a Settebagni, dove la società gli aveva trovato casa. Forse è stato questo uno dei motivi per cui ha lasciato Roma. Se magari gli avessero trovato una sistemazione in centro sarebbe rimasto più a lungo a giocare con la Virtus». Cosa è per Lei la pallacanestro? «Per quanto mi riguarda la pallacanestro rimane principalmente un gioco. Chiaramente adesso sono professionista ed il basket mi fa
Sul pullman della squadra esordienti prima dell'allenamento al “Andre Agassi College Preparatory Academy” di Las Vegas, Nevada
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spq ort campare, ma continuo a viverlo più come un divertimento». Come sa Roma è candidata per ospitare l’Olimpiade del 2020. Le piacerebbe partecipare ad un evento del genere? «Roma 2020 sarebbe per me un sogno, quindi spero che la città riesca ad ottenere l’organizzazione dei Giochi. Nel 2020 avrò 35 anni e per me rappresenterebbe il modo perfetto per chiudere la carriera di giocatore: partecipo alle Olimpiadi in casa e poi smetto».
In estate un suo compagno, Chris Bosh, è andato a Miami per provare a vincere il titolo insieme a Dwyane Wade e Lebron James. Pensa che la sua partenza abbia influito sul rendimento della squadra? «Quella di
«Roma 2020 sarebbe un sogno per me. Spero che la città riesca ad ottenere l’organizzazione dei Giochi…»
Durante l'estate ha partecipato con la Nazionale italiana alle qualificazioni per i prossimi Europei di Basket che si svolgeranno nel 2011 in Lituania. Come giudica la nuova selezione azzurra allenata da Pianigiani? «Per quanto mi riguarda l'esperienza di questa estate è stata molto positiva. La cosa più importante è che siamo riusciti a riportare un maggiore entusiasmo nel movimento del basket azzurro, ottenendo la qualificazione per i prossimi Campionati Europei». Segue la pallacanestro italiana? Pensa ancora che Siena sia la favorita per vincere lo scudetto? «Si, mi piace seguire la pallacanestro italiana e quando posso cerco di rimanere il più possibile aggiornato. Secondo il mio giudizio Siena è ancora la formazione da battere. Nel corso degli anni ha costruito un sistema di gioco ormai consolidato, grazie al lavoro fatto da Pianigiani, ed è riuscita a confermarsi al vertice della pallacanestro europea. Se analizziamo i singoli squadra per squadra Milano ha i mezzi per poter competere con la Montepaschi, ma è ancora tutto da vedere se riuscirà a batterla».
Bosh è un'assenza che si fa sentire, è un giocatore di grande qualità che manca alla rotazione della squadra. Senza di lui dobbiamo ancora trovare l'equilibrio giusto in campo. Va comunque detto che anche con lui non è che siamo riusciti ad ottenere grandissimi risultati. Manchiamo i play-off da due stagioni». In questi quattro anni in NBA qual è il giocatore più forte che ha incontrato? E il più difficile da marcare? «Dal punto di vista tecnico il più forte che ho incontrato è Kobe Bryant dei Los Angeles Lakers, ma non ho dovuto marcarlo. Il più difficile su cui difendere sinora è stato Tim Duncan, l'ala grande dei San Antonio Spurs». Qual è il suo sogno più grande? «Non ho dubbi, arrivare a giocare una finale NBA con Toronto o comunque con qualsiasi altra squadra».
E per i suoi Raptors che stagione è? «Certamente questa non è la nostra migliore annata, siamo partiti con un record negativo di una vittoria e sei sconfitte. Il nostro obiettivo adesso è quello di lavorare duro per migliorare, e a fine campionato vedremo i risultati che siamo riusciti ad ottenere». INTERVISTA AL MAGO | 27
di Federico FARCOMENI foto Getty Images
LO SPORT MILITARE | 28
E IL GIOVAN E CALCIATOR IFOSO T , O N ROMA IO, DELLA LAZ IN CURVA E DA SEMPR I NORD, È D ’ DEL A T IE R PROP TER. MANCHES NZA UN’ESPERIE . TE PER LUI IMPORTAN E DELLA AL TERMIN CON LA PARENTESI IA, CHE NE SAMPDOR GNATO HA GUADA IONI LE PRESTAZ O DOPO IN PRESTIT ZA LA PARTEN O AL DI CASSAN NERÀ ALLA MILAN, TOR FERGUSSON CORTE DI
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è un tempo per ogni cosa sotto il sole. C’è un tempo per sperare (Formello, Francesca Gianni), c’è un tempo per sognare (Manchester United), c’è un tempo per esultare (Old Trafford) e c’è un tempo per tornare a casa (Sampdoria), anche solo per un po’. Kiko Macheda ha scelto la Serie A per il suo processo di maturazione. Dopo la partita con la Lazio sembrava quasi stordito, sorpreso dall’accoglienza del pubblico che lo aveva trattato a casa come un eroe: per lui uno striscione in curva a sottolinearne l’origine. Non se l’aspettava. O forse si. Eppure c’è anche un tempo per emozionarsi. Sir Alex Ferguson e il tempo però sono tiranni e quando la sabbia nella clessidra sarà completamente esaurita, Kiko dovrà tornare a Manchester. Forse è per questo che sul polso, dopo aver battuto la Roma, aveva ancora un orologio nero con marchio rosso dello United. Le lancette dei Red Devils gli ricordano inesorabilmente che, quando l’ultimo granello di sabbia cadrà, la
sua meta finale sarà Old Trafford. Quello con la Sampdoria è solo l’intervallo a cavallo tra i due tempi di una partita. Kiko l’ha confermato: «Il calcio italiano è più tattico e forse più veloce di quello inglese. Ecco perché reputo ottima questa esperienza alla Sampdoria, dove posso imparare molto. Appena sedicenne ho avuto l’opportunità di arrivare in uno dei club più forti al mondo come il Manchester United. E, adesso, devo fare in modo di poterci tornare. Per me è bello, quindi, confrontarmi con questo mondo». Noi l’abbiamo intervistato per sapere come è andato finora il suo “primo tempo” in terra d’Albione...
“He’s got a pineapple on his head”, ha un ananas in testa. Magari qualcuno a Old Trafford gli avrebbe cantato così di primo acchitto, notando il suo nuovo taglio. Certo, non sarà l’ananas gigante di Jason Lee, il calciatore del Nottingham Forest che diede origine al motivetto delle “terraces“ inglesi canticchiato sulle note di “He’s got the whole world in His hands”, ma un po’ gli assomiglia. Di-
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spq ort
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momento negativo. Tutti indicano quel gol all’Aston Villa ciamo che è una baby ananas quella di Federico “Kiko” come il momento chiave della stagione 2008/09 dei Red Macheda. «Ce li ha tagliati a tutti così», fa notare Marco Devils. Tutti lo sottolineano come il momento che ha reD’Alessandro, suo ex compagno di squadra nelle giovanigalato il 18° titolo della storia allo United. La rivista uffili della Lazio e adesso amico inseparabile nei ritiri delciale del club lo classifica tra i magic moments dell’ultil’Under 21. «Io mi sono offerto da cavia» aggiunge il centrocampista mo decenromano ora nio, accanin forza al Bato al debutQuello del Manchester United ri, indicando to di Criè uno dei pubblici più calorosi d’Inghilterra. il suo nuovo stiano RoL’Old Trafford è sempre pieno look. Kiko se n a l d o la ride dall’al(2003), le to dei suoi 181 centimetri. «Oh sono cresciuti tutti tranne coreografie in omaggio a George Best (2005) e ai caduti di Monaco di Baviera (2008), la finale di Champions Leate, ma com’è ‘sta cosa?» canzona l’amico. Marco però vogue vinta ai rigori contro il Chelsea (2008) e il derby del la sulla fascia destra di solito, non ha bisogno di troppi 4-3 vinto al 96’ (2009). “Kiko di Lunghezza“ è parte intecentimetri. Kiko invece deve far gol e attaccare la profondità: naturale che debba avere statura e fisico in più. Ma grante della storia del Manchester United. E vuole contineanche l’abilità gli manca. Come quella necessaria per nuare ad esserlo. Sir Alex Ferguson, 67 anni, quel giorno girarsi in area e risollevare il Manchester United da un contro l’Aston Villa credette in lui in un momento di di-
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Macheda con Rio ferdinand... é in con Ciss
…e con Adebayor
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PHOTOGALLERY sperazione: lo United veniva da due sconfitte consecutive contro Fulham e Liverpool e stava per perdere la terza e il titolo. Eppure il decano delle panchine mandò in campo il ragazzino terribile che fino a tre giorni prima giocava con la squadra riserve. Quanti allenatori italiani l’avrebbero fatto? L’Inghilterra è il regno del calcio, dove non si ha paura di osare, anche e soprattutto nei momenti delicati. L’Inghilterra è il posto dove Gary Neville, 34 anni, 366 presenze in 17 stagioni con lo United, affida due volte il pallone a Macheda, 17 anni (la metà del compagno di squadra), alla prima presenza in prima squadra, per fargli fare gol. I più anziani che scommettono sui più giovani. Eppure non tutti avrebbero scommesso qualcosa su di lui ai tempi delle giovanili del Savio e della Lazio. Qualcuno pensava che non sarebbe mai arrivato in alto, che non ce l’avrebbe fatta a sfondare tra i professio-
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ALTEZZA: 183 CM PESO: 74 KG RUOLO: ATTACCANTE GIOVANILI 2006-2007 LAZIO 2007-2010 MANCHESTER UTD SQUADRE DI CLUB 2008/2010 MANCHESTER UTD 15 (4) NAZIONALE 2006-2007 2007-2008 2009 2009-
U-16-15 U-17 U-19 U-21
10 (2) 3 (0) 1 (0) 5 (2)
spq ort e Stadium land Th - Sunder ter Utd Manches of Light
nisti. “Troppo matto” si mormorava. Invece Kiko ce l’ha fatta against all the odds e anche grazie alla stima e gli incoraggiamenti di chi ha sempre creduto in lui. Dai familiari, ai ragazzi della Sua curva, fino agli amici più stretti. Tra i quali ci sono anche Andrea Cecere e Romano Papola, massaggiatore della S.S. Lazio. Comincia da qui la sua rincorsa al successo. E quando riesce a tornare a Roma, il suo primo pensiero sono proprio loro: gli amici e una birra in compagnia. Meglio se italiana. Federico Macheda: una carriera da favola. Lasci la Lazio per andare al Manchester Utd dove segni all’esordio in prima squadra. Ci pensi mai che saresti potuto essere l’idolo dei tifosi laziali? «Non lo so… alla fine è difficile dirlo. Tutto sarebbe dipeso dall’eventualità di arrivare in pri-
ma squadra. Il Manchester Utd mi dava l’opportunità di cambiare vita, di uscire da una zona dove magari avrei potuto incontrare qualche difficoltà. Così non ci ho pensato due volte: ho preso e sono partito. Volevo solo fare bene e magari cercare di arrivare in prima squadra. Poi, se le cose fossero andate male, almeno non avrei potuto dire di non averci provato. Del Manchester United conoscevo un po’ la storia e l’allenatore. In più vedevo che i giovani esordivano e restavano lì. Quindi per me non è stato difficile fare uno più uno. Nella vita bisogna anche sapersi “buttare” e rischiare al momento giusto. Non avevo paura: avevo solo tanta voglia di provare un’esperienza nuova. Per dirla alla romana: chi non risica, non rosica». Non dai l’impressione di essere il classico calciatore affermato che, una volta diventato famoso, non pensa più agli amici. È così? «Sono una persona tranquillissima che conduce una vita normale. L’ultima volta che sono venuto a Roma, un amico mi ha portato a Piazza Vescovio all’Excalibur insieme ad altri miei amici, tutti della Lazio. Con loro però c’era anche un romanista, l’attore Emanuele Propizio. In effetti, l’ambiente - il pub è un riferimento per tanti tifosi laziali da anni. Ndr - non lo metteva proprio a suo agio».
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n rvista co tiro te l’inte i nel ri a duran Farcomen mached i Federico as rocch il nostro le foto di thom a. dell’itali
Quanto contano gli amici per te? «Tanto. È giusto che tra All’inizio come è andato l’ambientamento a Manchester? noi rimanga questo rapporto. Siamo cresciuti insieme e «Mi trovavo male perché non parlavo la lingua, e il cibo anche loro mi hanno aiutato e sostenuto in questi anni. era terribile. Solo adesso ho iniziato a conoscere qualCompreso Marco - D’Alessandro. Ndr -, un altro matto», che gusto in più, e apprezzo cose come la cheesecake o eggs and bacon. All’inizio però uscivo e giravo da solo codice ridendo. «Loro hanno sempre creduto in me, venenme i matti: andavo sempre a mangiare fuori al ristorandomi a vedere sia al Savio che a Formello. Sono venuti te italiano. I primi anche a Manchester tempi poi vivevo ultimamente. Sono non si puo’ essere tanto amici presso una famiglia quasi tutti della Rodei giocatori del city. locale. Il Manchema, della Juve e del anche se sono italiani ster United opera Milan però. Ho poproprio così: c’è chissimi amici laziali. una landlady e una famiglia che si occupano dei ragazzi Io comunque ho sempre portato avanti anche da solo la delle giovanili che arrivano da fuori. Sono tutte famiglie mia fede calcistica. Da bambino andavo allo stadio sia da fidate che si prendono cura dei ragazzi. Poi quando è arraccattapalle che da tifoso. Poi in curva. E anche l’anno rivata la mia famiglia, ovviamente le cose per me sono scorso sono andato in Nord per godermi l’ultima di camcambiate: il tempo di trovare una casa e sono andato a pionato contro l’Udinese». vivere con loro. Vivo a Sale, una zona di Manchester vicinissima a Carrington, dove si trova il campo d’allenaTi ricordi qualcosa dell’atmosfera ultras che c’era qualmento dello United». che anno fa? «Si, qualche anno fa c’era più partecipazione. Poi una serie di eventi ha fatto sì che l’atmosfera si ammorbidisse negli ultimi anni. Adesso, visto che la Nel luglio dell’anno scorso hai subito una rapina in casa. squadra sta andando bene, speriamo che anche la gente Hai mai pensato di mollare tutto e tornare in Italia? «No, possa tornare a riempire l’Olimpico». in realtà mi sono fatto forza e sono andato avanti. Ho solo pensato che sono cose che succedono a tutti. Tanti giovani come me sono stati rapinati. Liverpool ad esempio è Ti ricordi qualche coro? «I cori li so tutti, a volte li canto peggio: praticamente tutti i giocatori hanno subito almeanche sotto la doccia ai miei compagni del Manchester, no una rapina in casa. Mi è successo a Manchester ma però nun te li dico! Se vuoi al massimo cita “Non mollapoteva capitarmi anche a Roma». re mai”. Lasciamo stare, sono irremovibile! Anche perché già ho fatto il parrucchiere in questi giorni di ritiro alla Borghesiana: ho tagliato i capelli a tutti. Ci manca soA Carrington i tuoi vicini di casa sono proprio i cugini del lo che mi metto pure a fare il cantante». Manchester City. «Si, incontro molto spesso sia Mancini che Balotelli. Il mister mi saluta sempre quando mi incontra al ristorante: mi sembra una brava persona, molIl fenomeno tifo in Inghilterra: com’è la Stretford End (la to gentile ed educata. Mario invece non lo conosco bene, curva del Manchester United)? «Quello del Manchester e non ho mai avuto modo di stringerci amicizia. Di fatto, United è uno dei pubblici più capur essendo italiani, sono comunque del City quindi... non lorosi d’Inghilterra. L’Old Trafè possibile fraternizzarci più di tanto. Degli italiani a Manford è sempre pieno, per cui c’è chester ovviamente ho legato di più con Davide Petrucci, sempre un’atmosfera particolaAlberto Massacci e Michele Fornasier, tutti dell’Academy re. Ovviamente il fatto che i tifodello United. In particolare mi vedo spesso con Davide, si bevano in quantità industriale romano come me. Con lui già ci conoscevamo da tempo, e che allo stesso tempo stiano visto che ogni volta giocavamo contro nei derby delle gioattaccati al campo di gioco facivanili tra Roma e Lazio». lita le cose».
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spq ort A proposito di Academy, l’anno scorso Sir Alex Ferguson impose gli scarpini neri ai giocatori delle giovanili… «Non solo l’anno scorso. A me da quando sono a Manchester me l’hanno sempre detto. Il mister sostiene che poi i ragazzi si sentono arrivati e quindi possono montarsi facilmente la testa. Ancora oggi, i componenti dello staff dell’Academy ogni tanto mi fermano e tra il serio e il faceto mi dicono che non posso mettere gli scarpini colorati. Io ovviamente rispondo che ormai sono fuori da “quel giro” e quindi mi sento libero di mettermi gli scarpini che mi pare: svario dal giallo, al verde fino al rosa…». Sir Alex Ferguson se la prende per altre cose (lo chiamano l’hairdryer, l’asciugacapelli)? «Di solito non tantissimo. O meglio, a me non è mai capitato. Mi dice soltanto da che parte devo giocare e basta. Prima della partita non mi dà altre indicazioni: forse anche perché ha fiducia nei miei confronti. Dopo la partita non se la prende mai con me. Magari “fona” chi sbaglia anche solo un appoggio o un passaggio, perché interpreta male una situazione di gioco. Mi è capitato di assistere a scenate soprattutto con
Nani, ma anche con i vecchi come Giggs e Scholes, che pure sono lì da anni». Ci racconti le tue prime impressioni quando sei entrato ad Old Trafford. «La prima volta che ci ho messo piede era pieno di gente. Non mi è stato concesso di poterlo fare prima. L’Old Trafford può contenere 76.000 spettatori, quindi è stato piuttosto emozionante. Quando l’ho visto ho subito pensato che era pazzesco: non avevo mai visto uno stadio del genere! Tutte le domeniche è pieno. Sono stato subito anche al museo: stupendo. È pieno di cimeli e coppe. I giocatori storici sono George Best, Bobby Charlton, David Beckham, Eric Cantona. Ovviamente mi ha fatto molto piacere aver fatto parte della leggenda del Manchester United. C’è un senso della storia che ti pervade quando entri in quel museo e anche per i calciato-
Il 12 agosto 2009 Macheda esordisce in Nazionale Under 21 nell’amichevole Russia-Italia (3-2) giocata a San Pietroburgo. Realizza i primi due gol il 17 novembre 2010 contro i pari età della Turchia, realizzando la prima e la seconda rete dell'era Ferrara-Peruzzi
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a Mached Il gol di United chester el sud oul - Man ole FC Se stadium. Corea d Amichev rldcup Seoul wo
ri è un orgoglio poter essere parte di tutto quello che c’è lì. Si avverte il senso di continuità con la storia». Quel famoso debutto con l’Aston Villa? «Nella settimana che precedeva l’incontro avevo segnato una tripletta a St James’ Park contro il Newcastle (gara finita 3-3, ndr) con le Reserves. Quindi Ferguson mi aveva convocato. Siccome nel secondo tempo stavamo perdendo 2-1, e sarebbe stata la terza sconfitta di fila, dentro di me ho pensato: “sono un attaccante, magari cinque minuti alla fine me li fa giocare”. Sir Alex si gira davvero e dice: “preparati che entri”. Io mi giro e guardo Danny Welbeck, pensando che si stesse riferendo a lui: in fin dei conti aveva giocato più spesso di me. Pur avendo più o meno la mia stessa età, comunque aveva già giocato altre volte in prima squadra. Non vedendo una reazione da parte di nessuno dei due, Ferguson allora mi fa: “Kiko, ce l’ho con te… are you sleeping?” Così sono entrato e poi il resto lo sapete: quel gol incredibile, l’emozione, la corsa sfrenata verso mio padre all’angolino vicino al tunnel, che di solito è dove si siedono i familiari dei calciatori. Poi Fletcher e lo stesso Welbeck mi hanno tirato giù. Mi stavano strozzando! Ecco perché nelle foto sembra che ho una smorfia di dolore».
Si è ripetuto la settimana dopo a Sunderland. Poi con l’Everton, la prima da titolare, è andata così così… «Non credo. Secondo me andò bene per essere stato un debutto davanti a 90.000 persone, a Wembley, in una semifinale di FA Cup. Poi è normale che dopo i due gol consecutivi si erano create aspettative su di me. Però nonostante la pressione sono convinto di aver fatto una buona partita. Ferguson mi fece esordire da titolare in un’altra occasione importante. E forse è naturale che molti si aspettassero il gol da parte mia anche in quella circostanza. Mi tolse al 90’ e la gara andò ai rigori, ma alla fine l’Everton andò in finale». Comunque, quando entravi spaccavi le partite: è successo con Aston Villa e Sunderland due anni fa, e in questa stagione già con Valencia e Liverpool. «Si, contro il Liverpool ci eravamo fatti rimontare da 2-0 a 2-2 e sembrava finita. Poi quando sono entrato, Berbatov ha segnato il gol della vittoria. Invece a Valencia ho servito ad Hernandez l’assist per l’1-0. Ovviamente sono contento di questo. Anche Sir Alex mi ha fatto i complimenti, dicendomi che quando sono entrato ho cambiato la partita, facendo più movimento davanti e dando alla squadra una profondità maggiore. Ha detto che per la squadra è stato più facile trovare gli spazi ed attaccarli quando sono entrato io». Le partite con il Liverpool e il City... «Si, queste due rivalità in effetti le sentivo molto pur non essendo nato a Manchester. Ma da quando ero arrivato nel settore giovanile ne ho vissute tante. Mentre giochi ti fanno sentire
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a, maglia Mached Federico poco samp, da
Cosa ti mancava di più di Roma quando eri a Manchester e cosa invece ti mancava di Manchester quando eri a Roma? «Di Manchester… che mi manca di Manchester? Giusto la squadra e lo stadio, perché per il resto…! Di Roma invece mi manca tutto: la città, il sole, gli amici… Per il caffé evito posti tipici del luogo a Manchester, anche perché a casa ho la macchinetta e il caffé viene bene: molto simile a quello italiano». Di solito con chi uscivi quando eri a Manchester? «Le prime volte con Rio Ferdinand e Cristiano Ronaldo. Anche se ho legato di più con Nani, Evra e i fratelli Da Silva. Sono tutti bravi ragazzi. Alla fine, comunque, devo dire che non uscivo così tante volte. Le foto che si vedono in giro
lazio
Il rapporto con la stampa inglese: dopo il malinteso sul “coattume” di Rooney, anche tu ei finito nel tritacarne dei tabloid… «La stampa inglese secondo me è esagerata. Gli inglesi si appigliano ad ogni cosa: fanno di tutto per metterti nei casini. Non credo che gli interessi più di tanto il fatto che spostano gli equilibri interni delle squadre di club o della nazionale. Se si comportano così è perché lo vogliono fare e perché evidentemente vendono più copie. Forse i giornalisti italiani in generale sono più “fedeli” alla squadra, anche se poi magari trovi sempre il giornalista italiano che è peggio di quello inglese. In generale direi che i tabloid sono più invadenti».
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acheda derico M oney e Fe aysia XI Wayne Ro ter United - Mal alesia m, M Manches al Stadiu l Nation Bukit Jali
uno di loro: è bella questa cosa. Peraltro United-Liverpool è quasi peggio del derby con il City».
sono di due stagioni fa, quando ormai l’annata si era chiusa e ci concedemmo qualche uscita serale in più. Di solito però era difficile che io facessi regolarmente vita notturna a Manchester. Da piccolo tutti mi dicevano che erano matto, ma se non hai la testa in un mondo così non puoi riuscire a far bene». La finale di Champions di Roma del 2009: che ricordi hai di quella serata?. «Un’atmosfera bellissima. Siamo arrivati e c’erano tifosi ovunque che ci acclamavano. Noi alloggiavamo all’Esedra e già lì tanti tifosi ci hanno accolto benissimo. Poi io, pur essendo nella lista Champions, non ho giocato, ma ero ugualmente al mio posto in tribuna con il completo della squadra, pronto a sostenere i miei compagni. Ovviamente la partita la sentivo molto anche io. Peccato che è andata male. Quell’anno Ferguson mi ha portato anche in panchina nelle due partite dei quarti di finale contro il Porto, ma poi non mi ha fatto giocare. L’anno scorso ho sfiorato il gol due volte in Champions: Rüstü contro il Besiktas ha fatto un miracolo e ho preso un palo contro il CSKA Mosca». Altre città inglesi visitate? «Mi hanno detto che Chester non è male. Viaggiando in trasferta, ovviamente non mi fermavo mai per turismo. Sono stato solo a Londra: troppo grande, ma anche troppo più bella rispetto a Manchester. Anche se per un giocatore credo sia meglio vivere a Manchester: puoi concentrarti meglio e sei lontano dalle distrazioni che offre una grande città. Se lo United fosse stato a Londra, sarebbe stato più difficile resistere a tante tentazioni!».
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ITALIANI ALLA CORTE DI SUA MAESTÀ Dal 1914 ad oggi, da Fresia a Macheda T
utto iniziò con Attilio Fresia, quando nel 1914 decise di trasferirsi dal Genoa al Reading. I pionieri li conosceva bene, visto che nel Genoa avevano giocato diversi inglesi. Pur avendo prima militato nel Torino (1907-1911) e negli storici rivali dell’Andrea Doria (1911-1913), Fresia aveva ben chiaro in mente che gli inglesi avevano contribuito di molto a spostare gli equilibri del calcio italiano degli albori. Per trovare un altro italiano in Gran Bretagna dobbiamo addirittura fast-forwardare la storia a mezzo secolo dopo, quando Giorgio Chinaglia approdò allo Swansea. Per lui che era cresciuto nel Regno Unito però il sapore della novità e dell’ambientamento erano fattori che non esistevano. Pochi anni dopo, l’Italia “dei camerieri” (perché così definì i tifosi italiani il Sun) espugnò Wembley proprio su un tiro di Long John spinto in rete da Fabio Capello. C’è da scommetterci: da quel giorno Don Fabio ha sempre desiderato andare ad allenare in Inghilterra. Come dichiarò a L’Espresso trent’anni più tardi: «Ho sempre amato l’Inghilterra, è sempre stata parte di me». Nello stes-
so periodo militava nelle fila del Manchester United Carlo Sartori. Nato a Caderzone, in Trentino, il piccolo Carlo si trasferì quasi subito a Manchester con i suoi genitori. Esattamente il percorso inverso del romanista Simone Perrotta, nato ad Ashton-underLyne (a 12 km da Manchester), dove rimase fino a cinque anni d’età con la famiglia prima di tornare in Italia. Sartori venne precettato a soli 15 anni dallo staff dello United (già allora non si lasciava sfuggire talenti italiani) ed esordì in prima squadra a 20. Di lui si ricordano i capelli rossi, 40 presenze e 6 gol. Adesso a Rochdale fa l’arrotino (non quello del carretto) su commissione per hotel e ristoranti. Passano ancora una ventina d’anni prima che un italiano decida di attraversare nuovamente la Manica: il portiere Alessandro Nista però non collezionerà neanche una presenza con il Leeds ad inizio anni ’90. Un lustro dopo, Ivano Bonetti va al Grimsby Town, mentre Andrea Silenzi passa al Nottingham Forest. Entrambi arrivano dal Torino. Mentre l’attaccante non otterrà più di 12 presenze nell’arco di due stagioni (ma è comunque rimasto nella storia come il pri-
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mo italiano a giocare nella moderna Premier League), il tosto mediano incontrerà subito i favori del pubblico, tanto che gli stessi supporters raccoglieranno 50.000 sterline per contribuire al pagamento della società americana che deteneva i diritti d’immagine del calciatore (tre anni prima vice-campione d’Europa a Wembley con la maglia della Sampdoria). Poi, come un lampo, arrivò la rivoluzione Vialli: da allora ben 66 giocatori si sono trasferiti in Inghilterra. Qualcuno non è arrivato oltre il settore giovanile. Qualcun altro ha rinunciato subito (tipo Scarlato al Chelsea); qualcun altro ancora è entrato stabilmente nel cuore dei tifosi. In quest’ultima categoria rientrano diversi giocatori. Su Vialli sono stati scritti dei libri, perciò non bastano due righe a descrivere la sua esperienza sul Tamigi. Ci basta ricordare la “pasta Vialli” (che ancora oggi è nel menù del ristorante San Lorenzo a Knightsbridge, il suo preferito), oltre ai 5 trofei vinti da player/manager (il massimo prima che arrivasse quel guastafeste di Mourinho). L’ex laziale Di Matteo, prima che lo beffasse Louis Saha nel 2009, è rimasto per 12 anni come il giocatore ad aver segnato il gol più rapido nella storia della finale di FA Cup. Adesso Rob si fa apprezzare per le qualità di tecnico. Gianfranco Zola è stato no-
minato baronetto e miglior calciatore nella storia del club nel 2003. Il testaccino Claudio Ranieri, soprannominato “Tinkerman” per la mania di cambiare formazione, è rimasto nel cuore dei tifosi dei Blues. L’ex romanista Christian Panucci non ha inciso in particolare, ma a Stamford Bridge ancora si domandano come facesse a mantenere un taglio di capelli impeccabile durante i 90 minuti. Carlo Cudicini è parte integrante della storia del Chelsea, dove ha mantenuto 100 volte la porta inviolata, è stato eletto miglior giocatore dell’anno nel 2001/02 e ha parato 6 rigori su 12 nel 2005/06. Il Chelsea è l’unica squadra inglese ad avere una versione italiana del proprio sito ufficiale. Chi ha avuto poca fortuna a Londra Sud-Ovest è stato l’ex laziale Pierluigi Casiraghi. Gigi segnò solo un gol in Premier League con la maglia del Chelsea (ad Anfield Road), ma apprezzò moltissimo il fatto di poter esultare abbracciando i tifosi. Chiuse la carriera dopo un bruttissimo infortunio ad Upton Park, casa del West Ham. Miglior sorte in questo impianto ha trovato Paolo Di Canio, nato e cresciuto al Quarticciolo, emblema di una Lazio volitiva, testarda e grintosa. Magliette con il suo nome sono state stampate a iosa, la gente ancora lo acclama quando si trova a passare per Londra Est.
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Votato “Player of the Year” nella stagione dello scudetto laziale, Mark Noble ultimamente gli ha anche riconosciuto l’ispirazione per la sua carriera da professionista. Attilio Lombardo (anima dello spogliatoio laziale dell’ultimo Scudetto) dai tifosi del Crystal Palace è considerato il miglior straniero di sempre nella storia del club. Oltre a Casiraghi, anche Marco Materazzi è stato sfortunato durante l’avventura inglese, e dalle parti di Goodison Park non lo ricordano certo per la durezza: pianse come un bambino quando venne espulso durante l’ultima partita giocata con la maglia dell’Everton. Per il suo carattere ancora acerbo perse almeno 13 gare per squalifica: un’enormità. Massimo Taibi è passato alla storia come uno dei peggiori portieri del Manchester United: nella mente dei sostenitori dell’Old Trafford c’è ancora il 50 subito a Londra contro il Chelsea. Carbone, Eranio, Festa, Pistone e Ravanelli sono stati gli unici a brillare o a giocare con continuità lontano da Londra. E tra gli altri spunta anche un certo Michele Di Piedi, 4 gol con la maglia dello Sheffield Wednesday alla sua stagione d’esordio, poi nulla più.
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Dalla A alla Z Gabriele Ambrosetti Chelsea Chelsea Marco Ambrosio Liverpool Alberto Aquilani Southampton Francesco Atzeni Blackburn Rovers Dino Baggio nty Francesco Baiano Derby Cou City ster che Man Mario Balotelli Tottenham Hotspur Nicola Berti
1999-2003 2003-04 2009-10 1998-99 2003-04 1997-2000 2010-11 1998-1999
2006-07 Barnsley 2007-2010 Arsenal 1998-2000 on Albi ich mw Bro t Wes Enzo Maresca 1998-99 Everton Marco Materazzi 1999-2001 st Fore am ingh Salvatore Matrecano Nott Gen.’07 Vincenzo Montella Fulham 2000-2002 on Bolt Emanuele Morini Gen.’90 Leeds United Alessandro Nista 1999-00 City y entr Cov Raffaele Nuzzo Mar.’01 Wigan Athletic Feb.’10 am Fulh Stefano C. Okaka Nov.’97-1999 ce Michele Padovano Crystal Pala 2000-01 lsea Che Christian Panucci 1998-99 Southampton Simone Pelanti 1998-2000 lsea Che Luca Percassi 1999-00 st Nottingham Fore Gianluca Petrachi s) erve (res ed Unit ster che Man Davide Petrucci 1997-2000 ed Unit Alessandro Pistone Newcastle 2000-2006 Everton 1996-1998 Middlesbrough Fabrizio Ravanelli 2001-2003 Derby County 2005-06 ed Manchester Unit Giuseppe Rossi 2006-07 Newcastle United
Vito Mannone
2007-08 Manchester City 1997-98 Crystal Palace 1995-96 n Tow sby Grim 1996-97 Tranmere Rovers 1997 ce Pala tal Crys 2009-2010 Chelsea Fabio Borini 1998-99 on Albi ich mw Bro t Wes Mario Bortolazzi 1998-99 Middlesbrough Marco Branca 2000-01 etic Athl rlton Raffaele Buondonno Cha 2000-01 Charlton Athletic Andrea Canallini 1996-2000 day nes Wed d ffiel She Benito Carbone Ott. ‘99 Aston Villa 2000-2002 City d dfor Bra Ott.’01 Derby County Feb.’02 gh brou dles Mid 1998-2000 Pierluigi Casiraghi Chelsea 1965-66 City a nse Swa Giorgio Chinaglia 2006-07 Manchester City Bernardo Corradi 1999-2009 lsea Che Carlo Cudicini Gen.’09-2010 Tottenham 1999-2002 lsea Samuele Dalla Bona Che 2009-10 Alessandro Diamanti West Ham 1997-1999 day nes Wed d ffiel She Paolo Di Canio Gen.’99-2003 West Ham United 2003-04 rlton Cha 2001-2003 Chelsea Valerio Di Cesare 1996-2002 lsea Che Roberto Di Matteo 2000-2003 Sheff. Wednesday Michele Di Piedi Mar.’03 ers Rov tol Bris 2006-07 Doncaster Rovers 2008-2010 l rpoo Live Andrea Dossena 1997-2001 Derby County Stefano Eranio 2000-01 nty Cou by Der Simone Farina 1998-99 Aston Villa Fabio Ferraresi Gen.’97 -2002 gh brou dles Mid Gianluca Festa 2002-03 Portsmouth 1914 ding Rea Attilio Fresia 1999-00 Arsenal Nicolò Galli Nov.’98 City y entr Cov Stefano Gioacchini 1999-00 on Albi mwich Massimiliano Iezzi West Bro 1997-1999 ce Pala tal Crys Attilio Lombardo 2004-2006 Arsenal Arturo Lupoli 2006-07 Derby County 2008-09 Norwich City Feb.’09 Sheffield United 2008-2010 ed Unit Federico Macheda Manchester Gen.-Feb.’01 City r este Leic Roberto Mancini 2009 y) dem (Aca Alberto Massacci Man United 1999-00 st Fore am ingh Nott Moreno Mannini
Rolando Bianchi Patrizio Billio Ivano Bonetti
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Jacopo Sala Francesco Sanetti Stefano Santini Cosimo Sarli Carlo Sartori Gennaro Scarlato Andrea Silenzi Massimo Taibi Paolo Tramezzani Paolo Vernazza Gianluca Vialli Gianfranco Zola
Chelsea (reserves) Sheffield Wednesday Sunderland Southampton Manchester United Chelsea Nottingham Forest Manchester United Tottenham Hotspur Arsenal Chelsea Chelsea
1998-99 1997-98 1997-1999 1968-1971 1997-98 1995-1997 1999-00 1998-2000 1997-1999 1996-2000 Nov ’96-2003
Continua il nostro viaggio nelle strutture sportive di Roma. In questo numero lo Stadio Flaminio
Nasce nel 1911, modello ellenico. Oggi, dopo oltre un secolo, si avvicina una nuova trasformazione per lo stadio di Viale Tiziano. Scopriamo cosa accadrà...
foto Dpt. Sport Roma Capitale
Verso il Nuovo Stadio Flaminio ANTEPRIMA stato il primo polo sportivo della Capitale, prima della nascita del Foro Italico. Inizialmente, in quella zona, c’era il Circolo Parioli, poi spostato nel cuore di Villa Ada, un grande ippodromo e lo stadio con le tribune bianche e celesti della Lazio, “La Rondinella”, che venne trasformato in orto di guerra, atto che valse alla Lazio il titolo di “Ente Morale”. E nel 1911 venne progettato uno Stadio, dove correvano anche i cani. Ha avuto tanti nomi. Oggi è “Stadio Flaminio” ma è stato lo “Stadio Nazionale”, “Stadio Nazionale del PNF”, il Partito Nazionale Fascista e “Stadio Torino” dopo la strage di Superga. Ma, sempre, quello stadio ha rappresentato tanto per Roma: è stato l’impianto che ha visto le grandi gesta di Silvio Piola, che ha visto lo Scudetto della Roma e la vittoria del Campionato del Mondo del 1934. Quello stadio ha visto generazioni di romani appassionarsi al calcio, prima della guerra: poi fu quasi solo Stadio Olimpico con l’unica eccezione di quando fu (purtroppo) ristrutturato e le squadre romane tornarono al Flaminio in un catino di tifo, lo stesso che, oggi, è generato dai fans del rugby. Il Flaminio ha vissuto tre diverse epoche. Nelle prime due era un impianto stile ellenico, a ferro di cavallo, senza una curva che ospitava invece colonne e statue. Queste, nella seconda versione dello stadio, vennero sostituite da una piscina dove, più o meno tutta la Roma Nord d’allora ha imparato a nuotare. Per l’Olimpiade del 1960, ci mise le mani Nervi e regalò a Roma un altro capolavoro. Ed ora, la quarta fase. L’idea è quella di portare l’impianto a 42.000 posti. Noi seguiremo l’evoluzione del progetto.
di Giovanni SORIANELLO*
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*Ingegnere Dirigente Dpt Sport Roma Capitale
a quando lo Stadio Flaminio ospita le partite del “Sei Nazioni”, sono sorte alcune problematiche, sia in termini di spazi, ritenuti non adeguati alle esigenze della Federazione Italiana Rugby sia in termini di capienza (24.000 posti) ritenuta troppo esigua se confrontata con le altre cinque strutture delle altre Nazioni ospitanti il “Sei Nazioni”. In vista del torneo del 2008, il Coni, concessionario dell’impianto, propose all’Amministrazione Comunale un progetto di riqualificazione dell’impianto per renderlo adeguato alle esigenze della FIR. Trattasi di un intervento di ristrutturazione completamente interno all’attuale struttura dello Stadio, sotto le tribune, nel rispetto dell’architettura originaria dello stadio, con le uniche eccezioni di 2 scale esterne in sostituzione di quelle interne sotto la tribuna coperta, sul lato ovest della struttura. In particolare, l’intervento prevede: • la riconfigurazione dell’area adibita a spogliatoi per gli atleti e una nuova uscita sul campo da gioco; • la realizzazione di un salone d’onore per la tribuna centrale coperta di circa 480 mq; • la realizzazione di un’area Hospitality adeguata agli eventi di circa 450 mq; • un’area per giornalisti con sala stampa e sala conferenze polivalente di cica 150 mq;
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• la sostituzione dei seggiolini per la tribuna d’onore; • la sistemazione dell’area del parterre per gli spettatori della Tribuna Ovest; • la realizzazione di nuovi servizi igieni e di ristoro per il pubblico; • il rifacimento della cabina cronisti nella tribuna Ovest; • la realizzazione di circa 1.000 mq su due livelli, per uffici e servizi della FIR; • la manutenzione straordinaria di tutte le attività sportive presenti attualmente sotto le gradinate dello stadio, con rifacimento delle aree destinate a spogliatoi e servizi, nonché l’adeguamento normativo della piscina e delle palestre di ginnastica, pugilato, pesi ed atletica pesante e di scherma, nonché la manutenzione straordinaria delle aree esterne allo Stadio. Al fine di una migliore razionalizzazione e successiva cantierizzazione, gli interventi sono stati suddivisi in 9 Lotti Funzionali, da realizzare in 3 fasi temporali consecutive con l’obiettivo di consentire il regolare svolgimento dell’edizione 2008. Con deliberazione G.C. n. 292 del 27/06/2007 è stato approvato il progetto preliminare, redatto dal CONI, di tutti gli interventi previsti per una spesa complessiva di Euro 9.970.000,00, di cui Euro 8.283.000,00 per lavori.
NECROPOLI
1911/1934
1960
2013
La mappa rappresenta una sovrapposizione di tre progetti. Quello con il tratto rosso è riferito al primo Stadio (quello del 1911 poi parzialmente ritoccato nel 1934). In nero c’è l’impianto di nervi del 1960. Di color arancio, vi sono i punti prescelti per le colonne di sostegno per la sovraelevazione delle tribune. Visibili, in zona “Monte Mario”, i ritrovamenti romani, evidenziati dal colore blu.
IL FLAMINIO NEGLI ANNI
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Una vista panoramica dello stadio. Dietro la curva si vede la tribuna mobile realizzata per le partite del Sei Nazioni
La Tribuna d’Onore con i nuovi seggiolini realizzati grazie ai lavori promossi da Roma Capitale
I lavori realizzati Considerato che, gli interventi previsti dalla Fase 1 (Lotti F. n. 1, 2 e 3), ed in particolare quelli relativi ai Lotti 1 e 3, erano da eseguire il più celermente possibile, onde consentire la normale disputa del Sei Nazioni 2008, con delibera G.C. n. 331 del 18.07.2007 è stato approvato il relativo progetto esecutivo redatto dal CONI, per l’importo complessivo di Euro 3.532.961,44 i cui lavori sono stati appaltati ed eseguiti.
Essi hanno riguardato essenzialmente il settore ovest dello Stadio e precisamente: • ristrutturazione degli spogliatoi atleti, arbitri e locali depositi (circa 800 mq); • nuova uscita in campo degli atleti; • nuova area media ed interviste;
• nuova area d’ingresso sotto la tribuna coperta; • demolizione e ricostruzione dei bagni a servizio della tribuna ovest; • sostituzione dei seggiolini della tribuna d’onore; • demolizione delle scale interne e realizzazione di nuove scale ester-
L’ingresso della tribuna che mostra il nome dello stadio, e la natura comunale dell’impianto. Si può notare anche la targa posta in memoria del “Grande Torino” nella strage di Superga. Sulla destra dello scatto, i pannelli nascondono i ritrovamenti della necropoli antico romana
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spq ort La Conference room
ne per l’accesso alla tribuna Ovest coperta. Nel corso dei lavori sono emersi numerosi problemi ed imprevisti, sia di natura tecnica legati alla struttura di cemento armato dello Stadio, sia di natura archeologica del sito, sia di esigenze proprie della FIR per meglio adeguare lo Stadio ad accogliere lo svolgimento delle partite del Torneo Internazionale “Sei Nazioni” di rugby. Si è reso necessario infatti approvare alcune varianti in corso d’opera, prevalentemente di tipo tecnico distributivo senza tuttavia mutare le destinazioni e le funzioni degli ambienti oggetto dell’intervento, nonché in una nuova progettazione delle scale esterne in ferro provvisorie, secondo quanto concordato con la Soprintendenza archeologica, che hanno comunque ritardato la conclusione dei lavori. Alcuni scatti dell’ingresso della tribuna coperta che ospita anche le autorità in un designe rinnovato e accattivante
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I lavori da realizzare a F.I.R. (Federazione Italiana Rugby) anche in relazione alla futura gestione dell’impianto, ha avanzato delle richieste di modifica al progetto di ristrutturazione delle aree sottostanti le tribune, per meglio adeguare la struttura agli standard internazionali necessari ad accogliere lo svolgimento delle partite del Torneo “Sei Nazioni”. Ciò ha comportato oltre alle varianti succitate per le opere realizzate (fase 1), una nuova impostazione progettuale delle opere ancora da realizzare: fase 2 e fase 3.
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1) Fase 2 - ( ex Lotti F. 2 e 4) – Locali ad uso esclusivo della FIR : - Sale , Uffici, Servizi Al fine di soddisfare le esigenze della FIR, legate agli standard internazionali del “Sei Nazioni”, l’intero spazio dell’attuale palestra di scherma viene destinato a nuova area Hospitality e l’attuale palestra di ginnastica viene destinato a nuova area Uffici e Servizi. Al momento, è stato redatto il progetto definitivo affidato, tramite una gara di progettazione ad evidenza pubblica, alla Società di progettazione SHESA S.r.l. Il progetto, esaminato in conferenza di servizi, dove sono stati acquisiti tutti i pareri favorevoli degli Uffici ed Enti interessati, è stato approvato dal Consiglio Comunale il 20/12/2010. I lavori, che consistono in una serie di interventi sul lato ovest dell’impianto ed in parte sugli angoli nord-ovest e sudovest, comprendono: a) lavori di ristrutturazione degli spazi sottotribuna lato nord-ovest, finalizzati all’allestimento di Uffici per la FIR. I nuovi uffici necessari all’attività federale sono ricavati sfruttando sia gli spazi sotto la tribuna coperta, dove attualmente si trova la palestra di ginnastica, che, in parte, sotto la curva Nord. Per la realizzazione di questi ambienti, sui tre livelli, non si prevede alcun intervento sugli elementi strutturali esistenti. È prevista invece, in corrispondenza dell’attuale palestra di ginnastica una nuova struttura in acciaio sviluppata su tre livelli, indipendente dalla struttura in cemento armato originaria
b) lavori di ristrutturazione degli spazi sottotribuna lato sud-ovest, finalizzati all’allestimento di nuove aree ospitalità ed accoglienza. Anche per questi interventi è prevista, in corrispondenza dell’attuale palestra di scherma, una nuova struttura in acciaio che si sviluppa su due livelli ed è indipendente dalla struttura in cemento armato originaria c) lavori di ristrutturazione degli spazi sottotribuna finalizzati all’incremento del numero dei bagni riservato agli spettatori. Tale intervento è localizzato al livello 3 lato nord-ovest ed al livello 3 lato sud-ovest d) per poter dare adeguata illuminazione ed aerazione naturale agli spazi seminterrati, è previsto l’approfondimento e l’allargamento del cavedio perimetrale esistente, in parte dando affaccio verso gli scavi archeologici in corso di approfondimento e) relativamente alle facciate esterne dell’impianto, è previsto di mantenere inalterato l’aspetto complessivo dello stadio secondo il progetto di Pier Luigi Nervi e nel rispetto delle indicazioni della Sovrintendenza Comunale. Per la realizzazione dei nuovi solai, per gli Uffici e le sale Hospitality, il progetto prevede un aumento della Superficie Utile Lorda ( S.U.L.) di circa 880 mq si è resa necessaria l’approvazione da parte del Consiglio Comunale. Approvato il progetto definitivo, è stata indetta la gara d’appalto per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori. L’ultimazione dei lavori, almeno per la parte afferente l’Area Hospitality, è prevista entro Dicembre 2011 e comunque prima dello svolgimento del Torneo “Sei Nazioni” 2012. L’importo complessivo previsto è di Euro 2.380.350,00. 2) Fase 3 -(ex Lotti F.: 5,6,7,8,e 9) - Locali per altre attività: scherma, ginnastica, pugilato, nuoto, pesi e sistemazioni esterne. Nella Fase 3 rientrano tutte le opere previste negli altri lotti del precedente progetto preliminare approvato con delibera G.C. n. 292/97, ed in particolare:
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– l’ex lotto 5 (ristrutturazione piscina) - l’ex lotto 6 (ristrutturazione palestra di ginnastica) - l’ex lotto 7 (ristrutturazione palestra di atletica pesante) - l’ex lotto 8 (ristrutturazione palestra pugilato) - l’ex lotto 9 (sistemazioni esterne ed opere accessorie all’impianto) parte dell’ex lotto 2, riguardante la ristrutturazione della palestra di scherma. Inoltre rispetto al progetto preliminare originario (Delibera G.C.n.292/07) sono previste le seguenti modifiche: – la palestra di scherma viene spostata sotto la Curva Nord – la palestra di ginnastica viene spostata in corrispondenza dell’attuale palestra di pugilato, tra la Curva Nord e la tribuna scoperta – vengono realizzati nuovi uffici nella zona pugilato in corrispondenza dei locali sotto la Curva Sud e vengono rivisti gli interventi relativi alla zona piscina e palestra pesi. Tutti questi interventi confluiscono in un unico Lotto anche in relazione alle mutate dislocazioni delle varie attività all’interno dell’impianto resesi necessarie in conseguenza delle aumentate necessità degli spazi interessati dagli interventi della Fase 2 per effetto delle mutate esigenze della FIR. In particolare verranno ristrutturate le aree esistenti sotto le curve Nord e Sud e della tribuna scoperta, per riposizionare le attività della Federazione Scherma (curva Nord) e gli spazi necessari al Comitato Regionale della Federazione Pugilato (Curva Sud). La palestra di ginnastica verrà invece collocata sul lato Nord-Est. Relativamente ai lavori di questa Fase 3, è stato affidato alla Società Risorse R.p.R., (società in House del Comune di Roma), l’incarico di una eventuale variante al progetto preliminare in argomento, e del progetto definitivo. Al momento, tuttavia, la progettazione dei lavori di questa Fase, è sospesa perchè potrebbe interferire con il progetto di ampliamento di cui si dirà in seguito.
spq ort Ampliamento dello Stadio a 42.000 posti o Stadio Flaminio ospita dal 2000 lo svolgimento delle partite del torneo internazionale “Sei Nazioni”. La capienza attuale dello Stadio è limitata a 24.000 spettatori. La Federazione Italiana Rugby, in previsione di dover prendere in concessione lo Stadio, ha segnalato al Comune di Roma, proprietario dell’impianto, che l’attuale capienza dello stadio non risponde agli “standard internazionali” per la disputa di competizioni di alto livello come il “Sei Nazioni”, per cui qualora l’impianto dovesse essere utilizzato per tali competizioni necessita adeguarlo. Allo scopo il Dipartimento Sport di Roma Capitale, ha in corso lo studio di un esame di fattibilità che prevede l’ampliamento a circa 42.000 posti mediante nuove tribune esterne che non nascondano l’attuale profilo dello stadio. Queste sarebbero sostenute da pilastri. Allo stato attuale, sono in corso le indagini archeologiche dell’area interessata dall’intervento. Le indagini sono state affidate alla Società Risorse R.P.R., da effettuare secondo le indicazioni della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, la quale ha prescritto la realizzazione di10 carotaggi in corrispondenza delle curve e 18 in corrispondenza della tribuna scoperta, nonché la tomografia elettrica lungo tutto il percorso ove dono previsti i pilastri che dovranno sostenere la nuova tribuna. Sono stati effettuati tutti i carotaggi e la tomografia elettrica lungo il per-
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corso succitato dai quali emerge che, praticamente, tutta l’area sondata, è interessata da reperti archeologici ad una profondità compresa tra -4.80 e -7 metri. Questi risultati sono stati consegnati alla Soprintendenza Archeologica la quale, dopo averli esaminati, ha prescritto ulteriori approfondimenti di indagine attraverso nuovi carotaggi mirati e trincee. In ogni caso, è auspicabile la fattibilità del progetto e che in tempi brevi si possa procedere alla progettazione vera e propria, al fine di poter concludere i lavori per dicembre 2012 e comunque per il “Sei Nazioni” 2013, come peraltro richiesto dalla Federazione Italiana Rugby.
Un punto dell’area analizzata nel profilo della tomografia. I toni più caldi indicano presenza di manufatti
Da sinistra, le apparecchiature per i carotaggi e le tomografie elettriche realizzate allo scopo di verificare la presenza di reperti romani (e a quali profondità). Il fine ultimo è la messa in opera di eventuali pali di sostegno per un secondo piano di tribune che dovrebbero portare la capienza a 42.000 posti
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Roma antica, sotto il Flaminio urante gli scavi per la realizzazione delle scale esterne in corrispondenza del piazzale antistante la tribuna coperta dello Stadio, sono emersi reperti di notevole rilevanza archeologica (insieme di mausolei di Età Imperiale), per i quali la Soprintendenza Archeologica ha richiesto la consegna dell’area interessata per i necessari approfondimenti. Da quanto si evince dalla relazione degli scavi della Soprintendenza, coordinati dalla Dott.ssa Piranomonte, trattasi di un ritrovamento archeologico trai più importanti avvenuti a Roma negli ultimi anni. “ …è stato riportato alla luce (ad una quota di -3,80 m circa dall’attuale piano di campagna), una serie di ambienti, facenti parte di una possibile necropoli adiacente l’antica Via Flaminia, distante circa 123 metri. L’ipotesi che si tratti di una necropoli è avvalorata sia dalla tipologia degli ambienti venuti alla luce sia dal consistente corredo epigrafico rinvenuto negli strati di reinterro dell’area di scavo. Si tratterebbe quindi di un lacerto risparmiato ed oggi documentato delle necropoli che si dovevano affacciare lungo questo tratto della Via Flaminia e delle quali sono rimaste scarse evidenze Archeologiche. La Via Flaminia, importante asse viario romano che collega Roma con l’Adriatico settentrionale e la Gallia Cisalpina, venne costruita alla fine del III a.C. e prende il nome dal console Gaio Flaminio. Usciva
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dalle Mura Seviane ai piedi del Campidoglio con un andamento rettilineo fino a raggiungere il Tevere a Ponte Milvio. Il tratto urbano, all’interno delle Mura Aureliane, detto Via Lata con Augusto ebbe una sistemazione monumentale determinando la scomparsa dei monumenti funerari che vi si affacciavano lungo il suo percorso. Invece il carattere esclusivamente funerario si mantenne nel tratto successivo fino a Ponte Milvio ma i soli resti superstiti dell’interrotta successione di sepolcri fino al Tevere sono parti di un grande mausoleo circolare tardo repubblicano e le sepolture adiacenti scoperte nel 1965 presso la Casina Vagnuzzi posta al civico 122 di Via Flaminia. La necropo-
li individuata si trova a 123 metri di distanza dall’antica Via Flaminia ed è posta ad una quota conforme al piano di calpestio in età romana. Attualmente è possibile solo ipotizzare un’estensione fino al limite della strada, se così fosse si tratterebbe di una estesa necropoli pianificata ed organizzata con ambienti funerari, mausolei, aree scoperte e diverticoli come oggi vediamo nella necropoli dell’Isola Sacra o in quella Vaticana“. E continua: “L’allargamento e lo scavo del saggio nel quale sono state trovate le prime evidenze archeologiche ha individuato almeno 3 fasi edi-
Con il profilo azzurro è evidenziata l’area, fuori delle tribuna coperta dove sono stati portati alla luce reperti dell’antica Roma. Ma in tutta la zona dello stadio gli ecosistemi hanno scoperto insediamenti del periodo.
lizie. La prima fase sembra essere costituita da un muro in opera con andamento nord-sud, costituito da tre filari di blocchi quadrangolari di tufo, conservato per un’altezza di circa 2.4 metri... Una seconda fase è rappresentata dalla creazione di un complesso del quale sono stai individuati quattro ambienti, presumibilmente mausolei…. Una terza fase edilizia è costituita da una scala in laterizio, della quale sono visibili solo tre gradini, addossata al muro in opera quadrata. A questa fase sembrano appartenere due piccoli vani di incerta funzione… Da segnalare che durante le indagini di scavo sono state trovate, negli interri superiori che all’interno dei riempimenti dei mausolei, numeroso materiale epigrafico tra cui un’urna cineraria e frammenti di epigrafi anche di grandi dimensioni”. L’area di scavo al dicembre 2008 ancora non è stata indagata ma ci si è limi-
tati nello scoprire la parte superiore delle strutture murarie conservate, la successiva campagna di scavo, condotta dalla S.A.R., sotto la direzione scientifica della Dott.ssa M. Piranomonte, si concentrerà sul raggiungimento di eventuali quote pavimentali dell’ambiente C e dell’ambiente D al fine di chiarire la funzione, per il momento ipotizzata come complesso funerario.
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SPQR SPORT, il nuovo mensile voluto dall’Ufficio Sport del Comune di Roma è sfogliabile anche online sul sito www.spqrsport.it SPQR SPORT sarà presto presente anche nei principali social network ed inviato tramite newsletter. Un modo per raggiungere una fetta quanto più ampia della popolazione capitolina. Internet garantisce un’importante diffusione parallela rispetto al prodotto cartaceo che rispetta i canali classici della diffusione freepress: la rivista è distribuita in occasione dei grandi eventi sportivi della capitale e anche sul territorio grazie alla scelta di un esercizio commerciale (edicole, bar, etc) nelle piazze più importanti dei 19 municipi romani. L’elenco è consultabile sul web.
IL PRIMO S TADIO
La foto del “primo” impianto realizzato nel 1911. Lo stadio, di foggia ellenica, aveva colonne al posto di una curva. Dietro, si vede il grande ippodromo di Villa Glori.
o Stadio Flaminio è situato nella zona Nord di Roma all’interno del Villaggio Olimpico, sul sito dove fin dall’inizio del XX secolo era presente un impianto sportivo che risale infatti al 1911 e venne inaugurato in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia. Nel 1927, in sostituzione dello stadio esistente (caratterizzato da un disegno grecizzante con, in luogo della Curva Sud, colonne e statue) viene realizzato lo “Stadio Nazionale Fascista”, il quale, nel 1943, a seguito della caduta del Fascismo, venne denominato “Stadio Nazionale”. Manca sempre della curva a sud che viene però sostituita da una piscina. Quando il 4 maggio 1949 sulla collina di Superga a Torino precipita l’aereo provocando la morte dei calciatori del “Grande Torino” l’impianto viene intitolato alla squadra di
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calcio granata, la cui memoria è ancora oggi testimoniata con una targa sul fronte ovest dello Stadio, che ricorda i nomi delle 31 vittime dell’incidente aereo. Nel 1953 lo “Stadio Torino” viene abbattuto, per costruire al suo posto l’attuale impianto, in vista delle Olimpiadi del 1960. Il progetto fu curato dall’architetto Pierluigi Nervi e lo Stadio costruito tra il 1957 ed il 1959: il 12 marzo del ‘59 venne inaugurato con la denominazione attuale “Stadio Flaminio”. Dal 2000, lo Stadio Flaminio, in concessione al CONI, ospita le partite casalinghe della Nazionale Italiana di rugby impegnata nel “Sei Nazioni”. Lo Stadio ha una capienza di 24.000 posti a sedere, di cui 8.000 coperti, ed ospita al suo interno, in ambienti ricavati sotto le gradinate, numerose attività sportive: piscina coperta e palestre di ginnastica, pugilato, pesi e scherma.
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NEI MONDIALI DEL ‘34 Lo Stadio Nazionale del PNF è gremito durante la finale dei Mondiali del 1934, edizione che vide trionfare i colori azzurri. Anche la piscina, lato Curva Sud, è coperta per permettere a tanti spettatori in più di seguire l’incontro
DEDICATO AL TORINO
LO S TADIO NAZIONALE
Seconda versione dell’impianto dopo quello del 1911. In luogo del complesso di colonne e statue, c’è ora la piscina e la sua tribuna. Questo è lo stadio che ha ospitato i Mondiali del 1934. Lo Stadio Nazionale del PNF. La foto vede l’impianto poco prima della sua ristrutturazione per l’Olimpiade del 1960.
La targa posizionata sul fronte ovest dello Stadio Flaminio in memoria delle vittime della tragedia di Superga. È il 1949 e lo stadio prenderà il nome di “Torino”
LA DEMOLIZIONE DELLO S TADIO NAZIONALE
La foto, scattata da Monte Mario, vede l’ippodromo di Villa Glori in primo piano e sullo sfondo lo Stadio Nazionale, poi “Torino”.
Tre immagini che descrivono la fase di demolizione dello Stadio Nazionale, poi Torino. Roma si appresta ad ospitare i Giochi olimpici del 1960, e per adeguare l’impiantistica necessaria ad ospitare il grande evento si decide di ricostruire un nuovo stadio sulle ceneri del vecchio impianto. Così, nel 1953, la vecchia struttura viene abbattuta e dal 1957 al ‘59 si svolgono i lavori per dare vita al nuovo Stadio Flaminio, su progetto dell’architetto Pierluigi Nervi. Lo stadio viene inaugurato ufficialmente nel 1959 e nel 1960 ospita allenamenti e gare olimpiche.
L’abbattimento della tribuna coperta.
L’area ormai quasi del tutto smantellata. Il Palazzetto dello Sport, a destra della foto, è ormai pronto.
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LA RICOS TRUZIONE. VERS O IL FLAMINIO
I lavori di ricostruzione. Un particolare del campo da gioco.
L’area dall’alto. Il campo in zona Nord è il vecchio impianto della Rondinella, di proprietà della Lazio,
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LO S TADIO FLAMINIO Il nuovo Stadio Flaminio con i progetti originali dell’ingegner Nervi in evidenza. Sorge il nuovo impianto per l’Olimpiade del 1960.
L’OPERA DI NERVI
A sinistra l’urbanista Le Corbusier in visita al Flaminio, durante l’ultimazione dei lavori. Al centro Pier Luigi Nervi e a destra George Marc Presenté
Non mi soffermerò sugli aspetti tecnici e l 3 giugno 1960, data in cui venne di Pierluigi NERVI* sulle soluzioni strutturali delle opere che completato il Palazzo dello Sport pure costituiscono motivo di elevato inte(oggi Palalottomatica), rappreresse, ma che sono già ampiamente descritti nelle nusenta per la mia famiglia (mio nonno ed i suoi figli per merose pubblicazioni sull’opera di mio nonno ed in primi) la conclusione di un percorso formidabile per particolare vengono diffusamente illustrati attraverso ingegno, creatività, impegno ed organizzazione che i disegni originali, fotografie, plastici, filmati e ricoconsentì la realizzazione per i Giochi olimpici a Roma struzioni di particolari strutturali nella mostra su Pier di opere quali il Palazzetto dello Sport, in collaboraLuigi Nervi, curata da mio fratello Marco, che è stata zione con Annibale Vitellozzi iniziato il 26 luglio 1956 recentemente inaugurata a Bruxelles e che, dopo una ed ultimato il 15 settembre 1957, lo Stadio Flaminio, in tappa estiva a Venezia, sarà ospitata al Maxxi di Roma collaborazione con il figlio Antonio ed ultimato il 18 a dicembre di questo anno. marzo 1959, il viadotto di Corso Francia ed appunto il Preferisco piuttosto ricordare alcuni frammenti partiPalazzo dello Sport, in collaborazione con Marcello colari che hanno colpito la mia fantasia ed immaginaPiacentini. In totale circa quattro anni di incessante lazione di ragazzino aggregato ai “grandi”, quando mio voro il cui risultato viene ancor oggi celebrato nella storia delle Olimpiadi come uno dei più alti esempi di padre cedeva alle mie insistenze e mi portava con lui collaborazione, fiducia, razionalità, caparbietà tra tutin studio o meglio in quel mondo che mi appariva mati coloro, istituzioni, organizzatori, dirigenti, tecnici che gico che è il cantiere. Ricordo in particolare una curiohanno contribuito al raggiungimento dell’obiettivo nei sità riguardo lo Stadio Flaminio. L’impianto è particotempi prefissati e, fatto ancora più importante, nei lilarmente apprezzato per la sua semplicità strutturamiti di spesa imposti. le, l’ottima visibilità da ogni ordine di posti, la dinamiAll’epoca avevo otto anni e, come ho già ricordato sulca e slanciata pensilina ed il suo caratteristico ed agle colonne di questa interessante neonata rivista (n. 3 graziato profilo; ebbene questo è frutto di un errore. Il luglio - agosto 2010) i miei ricordi non possono esseprogetto prevedeva uno stadio che ospitasse 14.000 re molti, ma sicuramente quel periodo lo considero spettatori seduti e circa 28.000 in piedi. A tal fine si defondamentale per la mia formazione professionale di cise di adottare una soluzione che prevedesse i settoarchitetto; infatti ha costituito il seme che mi ha conri di posti in piedi in curva e quelli seduti nelle tribune. sentito di sviluppare la curiosità e l’interesse nati osQuesta soluzione generò e condizionò lo sviluppo arservando mio nonno che in studio, sul suo tavolo, rachitettonico dell’impianto, peraltro assai riuscito ed gionava con mio zio, mio padre e gli altri collaboratori armonioso. degli schemi e delle strutture che aveva disegnato. L’appalto fu aggiudicato alla Nervi e Bartoli e, nel
IL GENIO DI NERVI
Archivio P. L. Nervi
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spq ort corso della prima delle numerose riunioni di lavoro, tuttavia ci si accorse che chi aveva trascritto il bando di gara aveva invertito il numero dei posti da in piedi a seduti. Purtroppo si sarebbe dovuto interrompere il lavoro, abbandonare il progetto, iniziare da capo la procedura ed una nuova gara di appalto; non si sarebbero rispettati i tempi. Venne deciso di lasciare le cose come erano e qualcuno ritiene, me compreso, che forse sia stato meglio. Da piccolo, ma curioso ed interessato da tutto ciò che vedevo ed ascoltavo in studio ed in cantiere, non perdevo occasione per chiedere qualche volta a mio nonno più spesso a mio padre notizie, chiarimenti e quanto altro mi veniva in mente che mi aiutasse a capire le ragioni ed i principi che regolavano un mondo che mi affascinava e mi attraeva. È così che per tenermi buono e considerato che l’interesse che manifestavo era reale mi davano da leggere saggi, articoli, trattati, resoconti di conferenze di mio nonno, riviste che appunto potevano soddisfare le mie richieste e fornire le risposte che desideravo. Ad essere onesto non era proprio ciò che chiedevo; avrei preferito essere portato in cantiere, magari lasciato lì da solo e vedere crescere e realizzare quelli che per me erano dei giganti di cemento armato e che erano al centro di un universo tutto da esplorare. Ad ogni buon conto ho fatto tesoro di quei momenti; conservo infatti tutto il materiale che mi è stato dato allora da leggere per tenermi occupato. L’ho letto e riletto negli anni, durante il periodo all’università e dopo; in quegli scritti ho trovato ed evidenziato tutte le ri-
sposte alle domande che anche ingenuamente ho fatto da bambino, scoprendo ogni volta un’attualità, integrità ed onestà di pensiero che nel tempo sono diventate le mie radici anzi le fondamenta su cui ho basato tutte le mie esperienze professionali, ovviamente su piani diversi (dal Genio). Ritengo interessante riportare qui un paio di quegli ingenui quesiti; le risposte esprimono al meglio la personalità di mio nonno ed il modo di affrontare i temi da risolvere attra«QUELLA S TRANA verso la sua espressiONDULAZIONE DELLO vità strutturale. Ad esempio alla mia S TADIO, CON LE domanda “l’ingegnere TRIBUNE PIÙ ALTE è uno scienziato?” RiDELLE CURVE, NACQUE sponde così (da “L’Ingegnere” vol. V n. 7 – PER ERRORE...» 1931): “l’Ingegneria ha lo scopo molto pratico di costruire secondo stabilità, minima spesa ed armonia estetica e potrebbe anche non preoccuparsi troppo della esattezza, direi filosofica, dei suoi principi, purché i risultati fossero buoni. I carichi di sicurezza che si son via via scelti controllandoli con opere risultate stabili, garantiscono quasi sempre la stabilità, ma applicati con la stessa misura ed espressione vengono ad essere antieconomici nella maggior parte dei casi. Infatti adottare lo stesso procedimento di calcolo e lo stesso carico unitario di sicurezza per una costruzione di grandi masse con assoluto predominio del peso proprio e perfettamente protetta dalle variazioni di temperatura, come per un’altra leggera, esposta agli
L’area del Flaminio nel 1960. Lo stadio è stato da poco ristudiato da Nervi ed è appena sorto anche il Palazzetto dello Sport. Si intravede nella foto aerea anche l’ippodromo di Villa Glori, che insiste nell’area dove oggi è stato edificato l’Auditorium ed il neonato Villaggio Olimpico. Dall’altra parte del Tevere, c’è il Foro in tutta la sua maestosità.
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1960 - LO S TADIO DI NERVI
La tribuna coperta vista dall’esterno
riali, ossia il carico di sicurezza. Nella misura di tale variabilità nella scelta di questi coefficienti, nella valutazione dei fattori non misurabili, consiste la vera essenza dell’Ingegneria, ma sotto questa luce non è più scienza, ma arte”. “Nonno, da grande voglio fare l’architetto, che ne pensi?” La risposta (da “Arte e Cultura Contemporanea” a cura di Pietro Nardi): “qualunque considerazione di carattere critico relativa al campo architettonico ci riporta, qualora spinta un po’ in profondità, alla preparazione specifica dei primi responsabili dell’architettura, ossia degli architetti e dell’ambiente in cui essi si formano: le facoltà di Architettura. L’argomento è a mio modo di vedere di una estrema importanza ed è abbastanza strano che a tale imporsbalzi termici e forti sovraccarichi, porta a una dispatanza non corrisponda un pari interesse negli ambienti rità di condizione effettive di equilibrio che se stabili colti anche se non specializzati. per il secondo caso debbono essere antieconomiche Non è evidentemente possibile trattarlo in via brevisper il primo. Analogo cattivo risultato si ha, dal lato sima, ma vorrei solo porre quella che mi sembra la estetico, se si proporzionano le varie parti di un’opera questione-chiave di tutta la preparazione dell’Archiesclusivamente con i risultati che i calcoli, anche ben tetto, di quel professionista che condotti, ci indicano per ognuna dovrà correttamente risolvere il di essi. problema funzionale tecnico e Tuttavia a mio modo di vedere, il «NON È S CIENZA, costruttivo che gli verrà posto, e danno più grave della illusione raggiungere una dignità formascientifica dell’Ingegneria sta nel È ARTE» le che, in relazione alle finalità conseguente inaridimento della cui l’edificio è destinato e alle fantasia, libertà nella preparazioreali capacità del suo progettine, sviluppo e valorizzazione delsta, potrà passare dalla più semplice soddisfazione l’intuito costruttivo, che unici, possono creare l’opera estetica alla superiore commozione della vera arte arbella, economica e stabile. chitettonica. Ma mai scendere alla volgarità. L’allievo Ingegnere si abitua a calcolare la struttura, Questione che mi sembra si possa sintetizzare così: non a pensarla e sentirla, e si illude che sia possibile come dare al giovane privo di qualsiasi esperienza i costruire con formule, appunto perché crede che tali concetti statici, tecnici ed esecutivi del costruire, formule concentrino la verità e siano in perfetta corriquelli distributivi della funzionalità, quelli economici spondenza con la realtà fisica. Mi sembra che ben mie sociali dell’urbanistica ed infine l’affinamento delgliori risultati si potrebbero avere riportando, fino dalla sensibilità estetica, per renderlo capace a dare bell’inizio degli studi, i calcoli di stabilità al loro vero valolezza a forme in continua evoluzione e che sempre re di guida di straordinario valore e di meraviglioso più si staccheranno da tutta l’eredità architettonica aiuto del senso e dell’intuito costruttivo. L’ingegnere del passato; ma direi, al di sopra di tutto, come abidovrebbe essere abituato a sentire le dimensioni e l’intuarlo all’immediato collegamento tra l’infelice ed intima essenza dell’opera che progetta e a stabilirne incompleto linguaggio disegnativo e la realtà vivente, fine le sezioni resistenti riunendo in un’unica sintesi i dell’opera costruita; e come seminare e coltivare, nel risultati dei calcoli matematici e quelli non numerici più profondo del suo spirito, la incrollabile certezza comprendenti le circostanze di ambiente di qualità di che qualunque ideazione, se anche obbligata a pasmateriali, di rapporti fra carichi permanenti e sovracsare attraverso la fase disegnativa, non ha valore arcarichi, di variabilità termica, che caratterizzano la chitettonico se non il giorno in cui ne è possibile, o struttura in esame. meglio, è avvenuta la sua traduzione in solida, stabiSi giunge alla conclusione, apparentemente assurda, le, duratura verità costruttiva”. che per avvicinarsi alla uniforme resistenza, occorre tenere variabile e in misura notevole, appunto quell’elemento che sembrava caratterizzare con la sua co* Architetto, nipote del progettista stanza, il raggiunto uniforme sfruttamento dei matedello Stadio Flaminio STRUTTURE DI ROMA | 60
spq ort
In attesa della ristrutturazione dello Stadio Flaminio, per disputare il “Sei Nazioni” di Rugby, si è trovata la soluzione di tribune smontabili in grado di aumentare la capienza dell’impianto. Contemporaneamente una parte del parterre delle curve è stato sacrificato per aumentare la porzione di campo dietro la linea di meta.
PER IL S EI NAZIONI
Nella foto d’epoca, relativa ad una curva del Flaminio appena edificato, viene evidenziato il parterre che, dopo un recente intervento, è stato arretrato (come si vede nella foto a colori) per le esigenze del campo da rugby.
Le tribune posticce realizzate per il Sei Nazioni di Rugby
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Continua il viaggio alla scoperta di chi guida lo sport a Roma e in Italia
La promozione e la valorizzazione delle attività sportive sono solo alcuni degli obiettivi del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con Delega allo Sport, On. Rocco Crimi
IL GOVERNO DELLO SPORT
L’IMPEGNO DEL SOTTOSEGRETARIO ROCCO CRIMI
On. Crimi, dalla sua posizione privilegiadi Saverio ta, come vede lo stato dello sport in Italia? «Si può certamente affermare che lo sport italiano va bene e i risultati degli ultimi mesi lo dimostrano. Ci sono stati, infatti, i brillanti risultati del tennis con la vittoria in Fed Cup, quelli del canottaggio e della scherma. Insomma, questo dimostra che siamo nell’elite mondiale dello sport e che c’è una straordinaria sensibilità del Governo verso lo sport». Come certamente saprà, il maggior apprendimento motorio avviene tra i 6 e gli 11 anni. Pensa che il progetto sull’alfabetizzazione motoria possa essere sufficiente per creare solide basi motorie per i nostri giovani? «Costituisce comunque un buon inizio. Nella conferenza stampa tenutasi l’11 novembre 2010 a Palazzo Chigi con il Ministro Gelmini ed il Presidente del CONI, abbiamo analizzato i risultati di questo straordinario progetto di alfabetizzazione motoria nella scuola primaria che ha avuto inizio l’anno scorso. Dai dati a nostra disposizione è emerso che il progetto ha riscosso un notevole successo, per cui è stato manifestato il comune impegno delle istituzioni coinvolte a proseguire questo importante progetto.» A che punto si trova la Legge sugli Stadi? «Il disegno di legge, approvato il 7 ottobre 2009 dalla 7ª Commissione Istruzione del Senato, è attualmente all’esame della VII^ Commissione permanente della Camera dei
FAGIANI
Deputati, in sede referente, a seguito dell’esame da parte del Comitato ristretto».
Quali sono i punti più rilevanti di questa Legge? «Si tratta di un provvedimento che ha lo scopo sostanziale di agevolare la costruzione di nuovi stadi e di rendere più efficienti quelli già esistenti. La novità di rilevo è che il disegno di legge prevede tempi certi e rapidi per la costruzione degli stadi; inoltre i Comuni, al fine di favorire l’attività di ristrutturazione degli stadi esistenti ovvero la loro trasformazione in complessi multifunzionali, possono cedere con affidamento diretto i diritti reali di proprietà o di superficie relativi agli stadi, alle società sportive che ne abbiano l’uso prevalente. In questo modo si avrà una riqualificazione ambientale del territorio, ovviamente nel rispetto della normativa in materia di impatto ambientale, oltre ad un notevole incremento occupazionale nel territorio in cui saranno costruiti gli impianti». Come si sta muovendo il Governo per creare le giuste condizioni per riportare l’Olimpiade a Roma? «È noto che la città di Roma è candidata ad ospitare i XXXII Giochi Olimpici e i XVI Giochi Paralimpici del 2020. Il Governo sosterrà con grande impegno questa candidatura nella consapevolezza che attraverso la diffusione della pratica sportiva si possono educare le future generazioni, si può adottare uno stile di vita sano e sicuro, e favorire l’integrazione sociale. Inoltre, per questo
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spq ort evento sono previsti circa 3 milioni di spettatori che contribuiranno ad incrementare il turismo nella capitale, con un notevole impatto economico sui servizi e sulle attività commerciali». Perché sempre più spesso lo sport vincente italiano si tinge di rosa? «Dal 1982 ad oggi il numero delle donne praticanti a partire dai 6 anni di età si è raddoppiato da circa 2,5 milioni a circa 5 milioni, mentre quello degli uomini è avanzato di un solo milione da circa 5,5 milioni a 6,5 milioni. I motivi di questa crescita e delle sempre maggiori vittorie vanno ricercati in diversi fattori. Primo fra tutti, quello della maggiore propensione al sacrificio. Le donne, inoltre, sono dotate di una capacità di attenzione più selettiva e di una migliore concentrazione.». Qual è la politica che il Governo intende perseguire a favore dello sport Paralimpico? «Fin dal momento dell’insediamento, il Governo ha sviluppato una politica volta ad ottenere concreti risultati al fine di migliorare l’integrazione economica e sociale delle persone colpite da disabilità. È stato concretamente sostenuto il nostro Comitato Italiano Paralimpico che, nelle recenti Paralimpiadi 2010 svoltesi a Vancouver, ha dimostrato il valore e le capacità atletiche di questi straordinari sportivi». Pensa che l’alto numero di atleti extracomunitari che calcano ogni domenica i nostri campi possano precludere la carriera sportiva di molti italiani? «In merito bisogna dire che ciò su cui siamo chiamati a riflettere è, innanzitutto, il problema delle qualifiche professionali e della libera circolazione dei professionisti. Tutto questo è inevitabilmente collegato ad un altro aspetto molto importante che è quello relativo alla tutela dei vivai calcistici nazionali. Comunque, la nostra FIGC ha avviato un approfondito esame della questione e, attualmente, sono allo studio anche due possibili soluzioni al problema: l’innalzamento da 16 a 18 anni dell’età in cui è possibile firmare il primo contratto professionistico e l’obbligo per i giovani calciatori di firmare il primo contratto professionistico con il club formatore». La sua formazione professionale la porta ad essere un esperto nella lotta al doping. Cosa bisogna fare, ancora, per debellarlo? «Molto è stato già fatto nel nostro Paese che, anzi, è all’avanguardia in ambito europeo nella lotta al doping. Ma ciò non significa che non possiamo fare altro: è necessaria una sempre maggiore verifica delle condizioni sanitarie dei nostri atleti, attraverso gli organismi preposti in ambito nazionale, ma soprattutto è opportuno rafforzare anche nel contesto internazionale la cooperazione fra tutti gli stati dell’Unione europea per giungere ad un comune obiettivo, quello della tutela della salute individuale e collettiva». Cosa necessita di urgente lo sport italiano? «Nel nostro paese esistono 42.000 edifici scolastici, e di questi 4 su 10 non sono dotati di spazi per la pratica dello sport. Occorre necessariamente intervenire per risolvere questo problema, in modo da consentire a tutti i giovani, fin dall’età scolare, di praticare lo sport e di evitare, di conseguenza, fenomeni patologici quali l’obesità, il diabete e così via». La crisi economica ha imposto notevoli tagli in molti settori sociali, qual è la situazione nello sport? «Come ho detto poco fa,
il Governo si è dimostrato particolarmente sensibile verso lo sport, in virtù anche dei notevoli successi ottenuti in numerose discipline sportive. Il Governo ha garantito i fondi necessari per lo sport, in considerazione del ruolo dell’Italia sportiva nella compagine mondiale, un posto di primo piano che abbiamo il dovere di conservare e di non disperdere». Perché secondo Lei lo sport mondiale continua ad affidarsi all’organizzazione italiana e romana in particolare? «Non dobbiamo dimenticare che nel 1960 furono celebrate a Roma le Olimpiadi estive, nel 1934 e nel 1990 ci furono i Campionati mondiali di calcio, nel 1995 i campionati mondiali di ginnastica, nel 1987 i mondiali di atletica. Tuttora si svolgono, con cadenza annuale, a Roma importanti eventi sportivi internazionali: la Maratona di Roma, gli internazionali d’Italia di tennis, il torneo sei nazioni di rugby. Questo significa che Roma può vantare un’ineguagliabile esperienza e, soprattutto, una grandissima capacità organizzativa per la realizzazione di eventi sportivi eccezionali». Spesso i nostri stadi vedono presente il fenomeno della violenza, come si sta muovendo il Governo? Pensa che il DASPO e la Tessere del Tifoso possano essere misure sufficienti per arginare il fenomeno? «Purtroppo il fenomeno della violenza negli stadi è un problema che scuote le coscienze di tutti i cittadini abituati a vedere nello sport i valori della pacifica convivenza, della solidarietà e della fratellanza. Il Governo è costantemente intervenuto per contrastare questo fenomeno, attraverso misure energiche cercando di valorizzare in ogni modo la parte sana dei tifosi». Il movimento sportivo di base italiano è caratterizzato da molteplici associazioni sportive dilettantistiche: sono incentivate adeguatamente? «Esistono già diverse norme per l’attività sportiva dilettantistica. Una fra queste è la legge 289 del 2002 che ha previsto disposizioni tributarie in favore delle associazioni sportive dilettantistiche. Inoltre, il Governo sta sostenendo con grande impegno un disegno di legge per favorire l’impiantistica sportiva e le associazioni sportive dilettantistiche mediante la previsione di agevolazioni fiscali e tributarie. Attualmente, la disposizione è all’esame della 7^ Commissione Cultura del Senato, in sede referente». Pensa che lo sport italiano abbia bisogno di nuove leggi? «Credo che il quadro normativo vigente sia senz’altro sufficiente per assicurare allo sport un’adeguata valorizzazione. Come ho detto prima, il Governo sta sostenendo due ulteriori disegni di legge, quello sugli stadi e quello sulle associazioni sportive dilettantistiche, proprio per garantire ulteriore omogeneità all’attuale assetto normativo per renderlo sempre più rispondente alle reali esigenze dello sport sul territorio nazionale» . Quanta importanza dà allo sport di base e quanta allo sport professionistico? «Credo che ambedue siano meritevoli di pari considerazione, per le ragioni che ho finora espresso». Chi è Rocco Crimi come uomo e come sportivo. «Come uomo e come sportivo ho sempre avuto presenti i valori del rispetto, della solidarietà, della lealtà e dell’altruismo. Ritengo che questi principi devono essere trasmessi ai nostri ragazzi anche attraverso lo sport per creare una generazione sana e una società più vivibile».
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SPQR Sport racconta un match internazionale svoltosi al Palazzetto dello Sport di Roma, da una posizione privilegiata. L’occhio indiscreto della macchina fotografica, dall’interno degli spogliatoi al ring, minuto per minuto. Mentre nella Capitale scende la neve...
di grande boxe e atleti di apire in anticipo codi Luigi PANELLA prestigio tra cui spicca Dome sarà un match. Lo si può fare stu- foto BRUNO-Getty Images menico Spada: Franco Cherchi, l’uomo che più di diando le caratteristiche ogni altro può contendere ai tedeschi dei pugili, analizzandone i video, scorl’organizzazione di un Mondiale di quarendone i curriculum: tanti ko, allora e lità, insieme al co-organizzatore Fortipotente, tante vittorie ai punti, magari tudo Boxing Club Roma di Giorgio Macsarà un pugile tecnico. Tante soluzioni, caroni, ci apre le porte degli spogliatoi. che però possono non bastare. La cerNon è una esagerazione, ma ci è bastatezza di ciò a cui vai incontro te la dà soto per fotografare alla perfezione le tilo lo studio dell’atteggiamento dei conpologie di match che ci attendevano. È tendenti, la maniera nella quale prepauna serata prenatalizia, in cui la neve e rano la sfida. Noi di SPQR Sport abbiapochi gradi rendono il Palatiziano ancomo avuto questa possibilità nella riura più accogliente del solito. nione imperniata sul match internazioFacciamo il nostro ingresso negli sponale dei pesi superwelter tra Della Rogliatoi, incrociamo subito un pugile che sa e Ayoub al termine di un pomeriggio ha combattuto in un sotto clou. Non abdi incontri tra dilettanti e di una serata
C
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Mentre Moretti combatte sul ring contro il magiaro Makula, si prepara al proprio match Sonija Mirabelli. Una fase preparatoria del bendaggio per la pugilessa. In fondo allo spogliatoio c’è Domenico Spada
Dallo spogliatoio al ring. La concentrazione è alta
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E M A NU E L E BL A N D A MUR A
S ONIJA MI R A BE L L I
JU DGM EN T D A Y - B ACKST AGE
biamo visto il match, neanche gli chiediamo il nome (in realtà è il magiaro Makula, battuto da Moretti). Il suo volto è segnato, il classico taglio all’arcata sopraccigliare appena ricucito: ha vinto, ha perso, con quei segni glissiamo sull’argomento, ma piace l’orgoglio con cui accetta di farsi fotografare, mostrando fiero i segni della battaglia. C’è la stanza in cui Della Rosa sta iniziando la fase di concentrazione, proviamo a salutarlo, risponde senza attenzione, praticamente non lo fa: il viso d’angelo, gli occhi chiari, sono da un’altra parte, è evidente. È in tuta rossa con le righe bianche laterali, un po’ anni settanta: non guasta il riferimento a quel periodo, quando parliamo di boxe. Ci sfugge ed inizia a fare un po’ di corsa per sciogliersi. Torna, ma la musica è la stessa: non una parola, inizia il vero riscaldamento. Il maestro gli indica le combinazioni, roba provata e riprovata migliaia di volte. Fa però un certo effetto vedere come esegue con velocità impressionante gli ordini: ‘’destro, sinistro, ancora destro, passa sotto e rientra col gancio’’. Detto, fatto, in una frazione di secondo. C’è anche Giancarlo Marinelli, un altro della nouvelle vague boxistica romana che però un incidente ha allontanato dal ring. Non è più protagonista tra le corde, lo è fuori e si dedica all’attività di allenatore. Si prosegue con un rito ben preciso: il bendaggio delle mani, i guantoni, la macchina del ghiaccio. Uno dei
Un momento del riscaldamento nello spogliatoio, con l’allenatore che veste un Hook & Jab Pads (guantone per ricevere i colpi)
secondi vi attinge a piene mani per riempire quella borsa tanto utile tra una ripresa e l’altra. Inoltre c’è il contorno: combatte solo uno, ma anche gli altri sono in tensione da match. Entra l’arbitro, Adrio Zannoni, uno che la sa lunga a livello internazionale. Quasi sentisse la tensione, tende a smorzarla preventivamente: «Se ci sono dei tagli, non vi agitate – avverte i secondi – c’è un punto di penalità che chi la infligge, e poi ci sono io a gestire la situazione...». L’appuntamento è di quelli importanti: il titolo in palio permetterebbe a Della Rosa di entrare in classifica di categoria, avendo così chance mondiali. Lui è un duro, tra i medi è andato a combattere a casa di Sebastian Zbik (nel vero senso del termine, il tedesco abita a pochi metri dal palazzo dello posto di Schwerin) e, pur perdendo ai punti, se l’è giocata alla grande, nonostante venisse da un infortunio. Eroico! Emanuele non dice una parola, ma sono silenzi rumorosi. Nel frattempo, scorto uno spiraglio, decidiamo ai andare da Ayoub. Il giorno prima in conferenza stampa il belga ha destato qualche perplessità: scontroso al limite dell’isterico. A pochi minuti dal match però le cose cambiano. Entriamo nello spogliatoio, e vicino alla bandiera belga c’è quella della Tunisia – più grande – il suo paese di origine. Con il nostro francese appena accettabile, gli ricordiamo di averlo visto vincere contro Pasqua, ed il fatto di essere riconosciu-
Indossato l’accappatoio si cerca ancora la concentrazione necessaria per affrontare l’incontro
Sulla porta dello spogliatoio è riportato l’angolo di appartenenza sul ring
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D O M E N I CO SPA D A
Concentrazione e riscaldamento vicino al pubblico per aumentare l’adrenalina
to lo rende abbastanza loquace. In fondo allo sguardo però c’è determinazione mista ad inquietudine, abbiamo capito che match sarà. È battaglia: poca tecnica, due galli in un pollaio che misurano le proprie qualità caratteriali più che tecniche. Si incrociano i colpi, si incrociano soprattutto le teste: Della Rosa di spacca due volte, prima all’arcata, poi allo zigomo. Aveva visto giusto Adrio Zannoni, sentiva l’odore delle ferite. All’ottavo round l’incontro viene interrotto, si va alla lettura dei cartellini e Della Rosa viene giustamente proclamato
Prima si indossa la conchiglia, una delle protezioni necessarie insieme al paradenti, poi il pantaloncino
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vincitore. Il match lo avevamo già visto negli spogliatoi, e la stessa cosa si verifica per Domenico Spada. “Vulcano”, se non proprio più disteso, è sicuramente più loquace di Della Rosa. Saluta chi scrive, saluta anche il Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale Alessandro Cochi, mentre si scalda parla di tutto, anche con toni polemici. Ce l’ha con la federazione: «Le World Series? - manifestazione mista tra dilettantismo e professionismo, ndr -. La Federazione continua a tutelare i dilettanti, ma la vera boxe sta qua. Invece io andrò in tv solo se Della Rosa chiude prima del limite». Lui peraltro la tv la vive anche da dentro, commentando per La7 il Super Six dei Supermedi: «Ma anche loro il match tra Abraham e Froch lo hanno dato con eccessiva differita. Bisogna fare qualcosa, a tutti i livelli, per rilanciare la diffusione della boxe». Il tutto mentre continua serrato il riscaldamento, ed i riti sono quelli di Della Rosa: sguardo concentrato, la voce che accompagna i colpi. Prima di uscire nell’arena, ci dà un colpo di guantone ben augurante ed esclama: «Non vedevo l’ora di tornare a combattere a Roma, questa è casa mia, ci tengo proprio a fare un gran match». Premesse che non danno scampo al malcapitato Ruslans Pojonisevs. Il lettone è uno di mestiere, di quelli che spesso perdono, ma lo fanno ai punti. Stavolta però è diverso. Vulcano tiene fede all’alias, investe di colpi il suo avversario: varietà di colpi, combinazioni veloci miste a potenza, il match dura due round
ed è il preludio a quella che sarà una probabile futura sfida europea nella Capitale. La annuncia lo stesso Spada, caricatissimo dalla vittoria, quando si impossesso del microfono. Lo attendiamo al ritorno dagli spogliatoi («Visto che l’aria di casa mi fa bene?»). Tra coloro che si complimentano c’è anche Sonia Mirabelli. Sonia è una biondina dalla pelle pallida che ama legare i capelli con i codini laterali. Una di quelle che se incontri per strada te le figuri dirette ad una riunione parrocchiale. Ora, non è detto Sonia che non vada in parrocchia (finiamola con questo binomio, sbagliato e che ha altamente stufato, boxe-situazioni malfamate), solo che non te la aspetti così sul ring. La malcapitata Ines Celik prende parecchi cazzotti, soggiogata dalla grinta della Mirabelli: brava ragazza, si vede a occhio, ma sul quadrato meglio non incrociarla. A proposito di bravi ragazzi, neanche la fisionomia di Emanuele Blandamura inganna. Lineamenti dolci, grande educazione, quando ci saluta usa il “Lei” e cominciamo, preoccupati, a scrutarci allo specchio. Sul
Il magiaro Makula, dopo il match con il nostro Moretti, nello spogliatoio viene fermato dal nostro fotografo Paolo Bruno per uno scatto che testimonia i segni dell’incontro
match di Blandamura poco da dire: Lotahs, un altro lettone, oppone una dignitosa resistenza ma niente di più. Ci appassiona il fatto di seguirlo nel tragitto dagli spogliatoi al ring, con la luce che si abbassa, il canto indiano (l’alias di Blandamura è “Sioux”) che accompagna l’ingresso sul quadrato. Insomma, uno di quei momenti che ti fanno capire – messaggio ai giovani – che fare il pugile è sacrificio, ma anche soddisfazione.
Il riscaldamento preincontro, mentre sul ring combatte Blandamura, è una fase preparatoria molto importante sia fisica, per evitare strappi, che mentale, per il raggiungimento della concentrazione necessaria
Un altra fase molto importante, dopo aver bendato le mani vengono indossati i guantoni, legati con una cordicella e assicurati con del nastro adesivo intorno al polso
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Si susseguono i round. L’incontro vede Spada trionfare mentre Emanuele Della Rosa si prepara a combattere trovando la giusta concentrazione nello spogliatoio
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E M A N UE L E D E L L A R O SA
Mentre sul ring c’è l’amico Spada, Della Rosa prova sferrando dei colpi sulla mano opposta la qualità del bendaggio
B A U S YO O R A S V A LL
DE
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Dei rapidi massaggi per riscaldare i muscoli
Il momento di fissare i guantoni con il nastro adesivo
Il volto viene spalmato con della crema di vasellina necessaria per far scivolare via i colpi dell’avversario
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Il Palazzetto in attesa del match di Della Rosa Il Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale, Alessandro Cochi
Il momento dell’Inno. Da sinistra il “ring announcer” Valerio La Manna, l’ex pugile Nino La Rocca, l’On. Alessandro Cochi e Giorgio Maccaroni, uno degli organizzatori
spq ort Un match durissimo tra Della Rosa e Ayoub vinto ai punti dal campione italiano
L’intervista a Della Rosa che mette in bella mostra la cintura. Viene intervistato da Mario Mattioli e Nino Benvenuti per RAI Sport
Musei del
Calcio Se nel mondo si contano appena quaranta musei del calcio, legati a un club o alla propria Nazionale, in Italia siamo ancora ad uno stato embrionale MAURIZIO MARTUCCI
FOOTBALL STORY stre o i e mo MuseIO nel mond
LC del C A
Il libro sui musei del calcio (Edizioni Nerbini), firmato da Martucci, autore del presente servizio Nerbini
COS’E’ UN MUSEO DEL CALCIO? Una fondazione, un’associazione culturale, oppure l’emanazione diretta della società o semplicemente un ente no profit: giuridicamente si inquadrano così, animati da uno statuto che funge da atto costitutivo e soprattutto dalla passione di incalliti collezionisti o volontà politico-istituzionali. In Inghilterra gli stadi sono di proprietà dei club, per cui all’estero è naturale che i musei del calcio siano a ridosso dei campi di gioco.
Sono veri e propri luoghi della memoria, stanze che custodiscono secoli di passioni e tracce di risultati agonistici conseguiti da diverse generazioni di calciatori. Solitamente i musei del calcio sono divisi in padiglioni monotematici, distribuiti secondo le varie epoche storiche del club. Contengono un po’ di tutto: magliette, gagliardetti, palloni, match programm, trofei, giornali, gadgets, attrezzature tecniche ma anche parti
di vecchi stadi (vedi Werder, Chlesea e Arsenal) demoliti, Di solito i materiali da collezione vengono posizionati all’interno di teche ed exibit, accompagnati da pannelli didattico-informativi che ne illustrano origini e provenienza. Lentamente le nuove frontiere dell’ultra moderna tecnologia stanno riconvertendo i musei del calcio su percorsi audio-video interattivi e multimediali, dove può bastare pigiare un semplice tasto per
sentire suoni live e vedere immagini di gol e partite memorabili. Chi sono i visitatori? In primis tifosi, i fedeli della sacralizzazione del calcio. Ma non solo quelli della propria squadra: oltre Manica capita di vedere un bambino con la maglia del Liverpool in visita al museo del Chelsea. La cultura del calcio non ha barriere, per questo sono molti anche i turisti stranieri o gli avventori procacciati dai pacchetti dei tour operator.
UCCI io MART iz r u a M di
FOOTBALL HISTORY E A ROMA? LAVORI IN CORSO
Percorsi museali
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s Image Getty
e ne sente parlare da anni, ma a Roma nessuno li ha ancora mai visti. Né su sponda Lazio (società che ha praticato calcio per prima nella Capitale e che è una polisportiva che di storia ne avrebbe da mostrare in quantità industriale), né su quella Roma (con il patrimonio storico degli eroi di Testaccio, società che affonda le sue radici nella cultura romana più popolare) nonostante anche la spinta dell’Amministrazione in tale direzione. Sono i musei del calcio. O meglio, la rappresentazione museale della storia del football con tanto di esposizione permanente, catalogo tascabile e visita audioguidata. Fatta eccezione per qualche riuscitissima ma episodica mostra temporanea (vedi Palazzo Valentini per il Centenario biancoceleste e Testaccio per gli 80 anni giallorossi), se nella Capitale i musei del calcio sono ancora un’idea allo stato embrionale, in altre città italiane e soprattutto all’estero la cultura calciofila annovera invece una fiorente casistica, frutto di un percorso strategico oculato che fa invidia anche ai più quotati Louvre e British Museum. E non solo per l’indotto e il nume-
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The National Soccer Hall of Fame and Museum di Oneonta, New York, aperto dal 1979
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Il ricordo del Grande Torino per i torinesi è sempre vivo nella memoria.
ro di biglietti staccati. Nel 1984 il primo ad aver aperto i battenti fu quello di Barcellona, l’FCBMuseum dei blaugrana, che vanta numeri da record, arrivato a superare l’invidiabile quota di oltre un milione e 300 mila visitatori l’anno. Nel mondo se ne possono contare circa una quarantina, disseminati in tutti i continenti, considerando quelli gestiti da federazione internazionale (FIFA), nazionali (Canada, Paraguay, Brasile, Inghilterra, Irlanda e Scozia) e da club più o meno blasonati. Ecco perché chi pensa che i football museum siano un fenomeno tipicamente anglosassone sbaglia di grosso. È vero che sono apprezzatissimi i centri di Londra (Chelsea, Arsenal), Liverpool, Manchester (United e City) e Glasgow (Rangers, Celtic). Ma è altrettanto vero che sono uniche anche le sedi in Germania (Werder Brema), Giappone (Tokyo) e Spagna (oltre al Barca anche Real a Atletico Madrid, Athletic Bilbao e Real Saragozza ne hanno uno a preservare la loro storia). A fronte di 130 squadre professionistiche (dalla Serie A alla Seconda Divisione della Lega Pro) in Italia, la mappa dei musei del calcio è un cantiere aperto statico e timidamente in evoluzione. Colpa la man-
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«Sono cresciuta sentendo parlare del Grande Torino da mio padre, ma non avevo mai avuto la sensazione che fosse sempre vivo nel ricordo della gente, tifosi e non, fino a quando non mi capitò di partecipare all’organizzazione della ricorrenza dei 50 anni dalla scomparsa. Fu un evento che coinvolse non solo la Città di Torino ma tantissimi ex calciatori e dirigenti del mondo del calcio. Particolarmente emozionante fu la messa in suffragio che si celebrò alla Basilica di Superga: il sentimento e l’emozione dei tanti tifosi, e non tifosi, che nonostante la giornata piovosa erano accorsi in una sorta di processione fino alla Chiesa è un ricordo che non si può dimenticare».
Elena Turra
Resp. Comunicazione A.S. Roma
MUSEI DI FEDERAZIONI NAZIONALI INGHILTERRA (Preston) Il top, il meglio che si possa immaginare. Dentro questo museo c’è davvero tutto quello che ogni vero tifoso può sperare di trovare. Nasce come museo locale ma oggi è un po’ la Coverciano d’Oltremanica. Da visitare per i veri amanti del calcio. BRASILE (San Paolo) Le maglie di Pelè, Garrincha, Kakà e Ronaldinho. È il museo dell’anima nazionale, perché in Brasile il calcio è da sempre molto più di un semplice sport. THE F.A. TROPHY ROOM (Londra) Nella centralissima Soho. Oltre trofei e maglie appese al muro, anche una ricchissima bi-
blioteca con saggi di assoluta rarità che ripercorrono la storia del calcio.
ria denominata “1903-1945” è un vero e proprio reliquario per appassionati.
ITALIA (Coverciano) Dove sono finite le Coppe Rimet degli anni ’30? E le due Coppe del Mondo del 1982 e del 2006? Sono a Coverciano, il centro di cultura calcistica nazionale.
IRLANDA (Dublino) Calcio gaelico, la tradizione pura se paragonato all’ibrido regolamentato in Inghilterra. Il museo di Crocke Park conserva il vero spirito irlandese, ribelle e indipendente anche nel calcio.
GIAPPONE (Tokyo) A Roma, nell’anno del secondo titolo giallorosso, abbiamo conosciuto Nakatà. Ma a Tokyo ci sono i cimeli di tanti altri illustri giocatori nipponici.
NORVEGIA (Oslo) Molto spazio al calcio femminile: 15.000 visitatori l’anno.
SCOZIA (Glasgow) Nella pancia dell’Hampdea Park Stadium, lo stadio della nazionale scozzese. La galle-
Il tocco finale alla statua di Jimmy Greaves nel museo delle cere di Madame Tussaud's in Inghilterra (1966) L’interno di una mostra intitolata "Herz: Rasen" (cuore: beat) sulla storia e la cultura del calcio nel museo "Kuenstlerhaus" di Vienna
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spq ort MUSEI DEI CLUB TORINO (Grugliasco) Nato dalla passione del popolo granata. I resti del terribile schianto di Superga (1949) in cui morì tutto il Grande Torino. La maglietta di Mazzola, i resti dell’aereo, la borsa del medico granata. GENOA Nel cuore dei vicoli di Zena, nel centro storico cantato da Fabrizio De Andrè. Il museo dei rossoblù (1893, prima squadra di calcio italiana). REAL SARAGOZZA Un museo casalingo, nel senso che sta dentro l’abitazione privata di un noto collezionista. REAL MADRID Un consiglio per quanti vorrebbero varcare il Santiago Bernabeu: andateci con gli occhiali da sole. Rischiereste di restare accecati dal brillante luccichio delle decine di trofei esposti dal Club più titolato del mondo. MANCHESTER CITY Dentro il nuovo complesso dei biancocelesti ci sono le maglie rossonere: pochi lo sanno, ma questi erano gli originari colori del club.
WERDER BREMA I “verdi” di Germania danno spazio anche ai tifosi: nel museo c’è la macchina con cui gli ultras seguivano il Werder. PRO VERCELLI Piola, Silvio Piola, semplicemente l’orgoglio della Pro e anche della Lazio. Coppe, medaglie e trofei conquistati ai tempi del calcio delle origini. BRADFORD CITY Spazio anche alla memoria storica. Il rogo del 1984 in cui perirono 56 tifosi del Bradford è ricordato a perenne monito nel museo. ARSENAL Il tempio dei Gunners: dalla fondazione ad oggi, con padiglioni tematici per ogni epoca. SPORTING CLUB LISBONA Anche in Portogallo c’è cultura del calcio: Josè Alvalade, fondatore del club nel 1906, è ricordato come il padre putativo di ogni supporter dello Sporting. INTER e MILAN Le coppe di Nereo Rocco con i trionfi di Moratti. Le coppe di Mariolino Corso vicino a quel-
le di Franco Baresi. Dentro lo Stadio San Siro il rossonero confina col nerazzurro. CELTIC GLASGOW Su tutti i trionfi in bacheca, la Coppa UEFA vinta nel 1967: per la prima volta un club anglosassone e scozzese entrò nel palmares d’Europa. ATLETHIC CLUB BILBAO L’orgoglio del popolo basco, da sempre radicato nelle radici popolari della propria terra. Anche nel calcio. MANCHESTER UNITED L’esposizione più avveniristica, la combinazione perfetta tra passato e futuro. Il ManUtd degli invincibili con quello dei martiri dello schianto aereo di Monaco di Baviera del 1958. FEYENOORD ROTTERDAM Le glorie del football della città di Rotterdam con tanto di Coppa dei Campioni (196970) e Intercontinentale (1970) WEST HAM Il museo oggi è chiuso. Però fuori lo stadio c’è ancora la statua del mitico Bobby Moore, capitano del trionfo mondiale inglese del 1966.
LIVERPOOL Molto successi, ma anche il ricordo dei caduti: pannelli commemorativi per le stragi dell’Heysel (39 morti nel 1985) e Hillsborough (96 morti nel 1989). Per non dimenticare. CLUB ATLETICO DE MADRID 1903, la storia prestigiosa di Madrid. Così chiamano i successi dei biancorossi della capitale spagnola. BARCELLONA Qualcosa come un milione e mezzo di visitatori all’anno. Incassi da capogiro, una mostra impressionante. CHELSEA Vialli, Zola e Di Matteo. Le loro maglie sono custodite nel museo del Chelsea, dentro lo stadio dei blues. AJAX I lanceri d’Olanda: nella mostra il degno ricordo di Johan Cruijff che con la maglia bianca e rossa insegnò calcio negli anni ’70. RANGERS GLASGOW Dentro l’Iborx Stadium, coppe e maglie dei blue di Scozia.
Norvegia: 1 museo Inghilterra: 9 scozia: 3 germania: 1 Irlanda: 1 Olanda: 2 Portogallo: 1 Italia: 5 SpAgna: 5
brasile: 1
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Giappone: 1
reperti storici. ecco gli immancabili
canza di una cultura pallonara olistica, piuttosto che l’assenza di una progettualità manageriale performante in grado di cogliere lo stato storico di transizione del football: se da mera pratica ludico-sportiva dell’800 il calcio business s’è ormai trasformato in tema d’intrattenimento orientato al marketing, l’unico trait d’union epocale è la sua storicizzazione, ovvero la custodia della sua memoria storica dentro le mura di un museo. In Italia il più attivo e attrezzato è all’interno dello Stadio San Siro di Milano, l’unico a sorgere nella sua sede più naturale, cioè uno stadio, cosa che nelle altre nazioni è pratica diffusa e da noi invece un’eccezione.L’Inter&Milan Museum è nato per la passione del direttore Onorato Arisi, storico collezionista di cimeli nerazzurri e rossoneri, ora custoditi nella pancia della Scala del Calcio, a disposizione di curiosi cultori milanesi ma anche di turisti americani, olandesi e giapponesi che lo abbinano volentieri ad una visita al Duomo. La caratteristica distintiva della tradizione torinista riesce a confermarsi tale anche in questa materia, se è vero che il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata di Grugliasco è l’unico ad esistere ed essere gestito unicamente dalla passione dei suoi tifosi, senza l’ausilio della proprietà del club. «È significativo ma logico, perché le dirigenze dei veri sodalizi sportivi cambiano periodicamente, ma i tifosi restano», ripete il curatore granata Domenico Beccaria. La FIGC ha invece il suo museo a Coverciano, vicino Firenze, all’interno del quartier generale degli Azzurri. A dirigerlo c’è il dottor Fino Fini, già medico della nazionale, ora cuore e anima della conservazione di maglie, scarpini, coppe e trofei vinti dalla Nazionale sin dai tempi di mister Vittorio Pozzo e del bomber Silvio Piola. In Italia l’ultimo ad aver aperto i battenti è il museo del Genoa Cricket and Football Club, inaugurato l’anno scorso dal presidente rossoblù Enrico Preziosi che, tramite la Fondazione Genoa, ha istituzionalizzato in una sede stabile quella che in un primo momento era soltanto un’esibizione occasionale di cimeli e memorabilia sulla squadra che nel 1893 portò il calcio al di qua delle Alpi.
L’esposizione più riuscita al mondo è senz’altro quella di Preston. Nata come mostra a carattere locale è oggi, di fatto, il museo nazionale inglese. Qui si può stilare la lista degli oggetti più importanti della storia del football. Eccoli uno per uno. Rigorosamente in ordine.
❶ In prima posizione l’antica Football As-
sociation Cup del 1896, quella che tutti conoscono come FA Cup, la più ambita competizione inglese, più importante della stessa Premier League. È la coppa più antica sopravvissuta nel tempo.
❶
❷ I due palloni della Coppe del Mondo di
calcio del 1930, quelli della partita Uruguay-Argentina. Sono due palloni diversi. La FIFA decise che tra primo e secondo tempo bisognava cambiarli. Nel primo l’Argentina conduceva 2 a 1, nel secondo l’Uruguay trionfò 4 a 2.
❷
❸ La maglia di Stanley Matthews della finale di FA Cup del 1953 tra Blackpool e Bolton Wanderers. È una maglia rossa con collo bianco e ha una storia particolarissima. A pochi minuti dalla fine del match si era sul 3 a 2 per il Bolton. Stanley Matthews servì la palla gol a Stan Mortensen per il pareggio e poco dopo fece lo stesso con Bill Perry durante il recupero. Finì 4 a 3 per il Blackpool.
❸
❹
❺ ❻
❼
❹ Il busto di sostegno per il collo usato da
Bert Trautmann, portiere del Manchester City, nella finale di FA Cup del 1956. Trautmann aveva avuto due duri scontri di gioco consecutivi a venti minuti dalla fine della partita. Rimase stoicamente in campo, nonostante il dolore, salvando anche un gol, e aiutando il City a vincere la partita per 3 a 1.
❺ La Coppa Rimet, o se preferite la Cop-
pa del Mondo, datata 1966. Sono i Mondiali vinti dall’Inghilterra nella finale giocata a Londra nello stadio di Wembley.
❻ Il
pallone rosso della finale vinta dall’Inghilterra contro la Germania per 4 a 2.
❼ La maglia bianca con il numero 6 rosso ❽
di Bobby Moore, utilizzata nel 1970 nei Campionati del Mondo durante Inghilterra-Brasile.
❽ La maglia di Diego Armando Maradona
indossata nei Mondiali del 1986 in Messico contro l’Inghilterra. È una maglia blu scura, quella del controverso goal di mano dell’argentino, il cosiddetto “Goal fatto con la mano di Dio” dal Pibe de Oro.
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Il capitano e la sua copia in cera
Presso il Museo delle Cere di Roma, a Piazza Santi Apostoli, c’è la statua di Francesco Totti. Ma cosa pensa il Capitano della Roma del suo sosia inanimato? Glielo abbiamo chiesto... Allora Francesco, come è nata l’idea della statua di cera? «Penso volesse essere un omaggio non tanto a me quanto ai tanti tifosi della Roma. Trovo che sia una idea divertente, anche per i turisti per fare una foto ricordo. Credo sia questo che ha ispirato l’idea».
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Tot o c s e c n a Fr 5 domande a
Quali emozioni hai provato all’idea di avere un riconoscimento come questo? «Indubbiamente mi ha fatto piacere. So che anche Beckham in Inghilterra ha avuto questo onore. È una novità divertente per me».
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Essere un simbolo della Roma da tanti anni che sensazione regala? «Grande orgoglio. Per un romano e romanista come me essere il Capitano della squadra che ho sempre amato e tifato è importantissimo». Cosa ricordi del giorno dell’inaugurazione del museo? La statua è rassomigliante? «Non lo so, io non mi rivedo tanto ma tutti mi dicono che è perfetta. Devo crederci». Anche Nesta ha avuto questo onore. Che ricordi hai dell’ex Capitano della Lazio e dei derby giocati contro? «Alessandro è un grande calciatore e una grande persona. Un professionista esemplare e uno dei più forti difensori in circolazione. Ci siamo scontrati tante volte, ma sempre con grande rispetto reciproco».
A Roma sorgerÀ un campo alla Magliana, il primo pubblico
Golfper
tutti di Federico PASQUALI foto Getty Images l primo golf club d’Italia è nato a Roma. Negli oltre 100 anni trascorsi dalla nascita del Roma Golf Acquasanta, la Capitale ha visto un proliferare di percorsi, tutti di straordinaria bellezza. Attualmente, tra i diversi impianti sparsi per lo più alle porte della città, ce ne sono sette che hanno ospitato tornei di livello internazionale. Ciò significa che questi percorsi possono competere alla pari con i più famosi britannici e statunitensi. La candidatura di Roma Capitale ai Giochi del 2020, quando il golf sarà nuovamente disciplina ammessa (rientrerà nel programma olimpico già dal 2016), ha rimesso in moto la macchina della realizzazione di campi da golf. Per l’occasione, però, non sono solo i privati ad aver iniziato a realizzare o migliorare percorsi. L’amministrazione comunale, forte di una concreta propensione verso l’impiantistica sportiva, da sempre un neo della Capitale, ha sciolto le riserve.
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Il primo campo pubblico (e centro federale) d’Italia, progettato alla Magliana, diventerà presto realtà. Così come il primo campo pratica universitario, progettato al campus universitario di Tor Vergata. Due campi che contribuiranno notevolmente alla diffusione della pratica del golf per tutti. «Un campo pubblico – spiega l’On. Paolo Giuntarelli, Presidente della Fondazione Bioparco e Direttore del Parco Regionale di Bracciano e Martignano, da sempre vicino al pianeta golf – significa avvicinare al golf praticamente tutte le persone, di qualsiasi estrazione sociale o fascia di reddito. Una struttura di questo genere consentirebbe di far pagare un green fee a tariffa comunale, quindi accessibile a tutti. Dare questa opportunità vorrebbe dire far avvicinare sempre più persone allo spirito vero del golf, alla sua essenza di sport popolare praticato nella natura e nel pieno rispetto IL MONDO DEL GOLF | 82
dell’ambiente. Il golf è uno sport educativo perché basato sulla lealtà, che è un valore assoluto. Non ci sono arbitri, ultras, forze dell’ordine che devono intervenire durante una gara. Chi gioca rispetta le regole, in assoluto le più ricche di valori nello sport, perché così è da secoli e così sarà in futuro. Quindi non è vero che questo non è uno sport d’èlite. Lo è eccome, ma nel senso positivo del termine. Chi gioca a golf fa parte di quel mondo di sportivi, quell’èlite di persone che condividono valori straordinari. Ecco, un campo pubblico può far entrare in questa èlite migliaia di cittadini. C’è da considerare anche un altro dato positivo. L’altra struttura che sarà realizzata, quella universitaria di Tor Vergata, consentirà agli studenti della Facoltà di scienze motorie di potersi formare come operatori del mondo del golf sia dal punto di vista tecnico-sportivo che manageriale» ».
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Entro il 2013 la Capitale avrà un percorso a 18 buche pubblico che potrà essere utilizzato anche per la candidatura di Roma 2020. A Tor Vergata, poi, si formeranno i manager del golf
A che punto siamo con la realizzazione di questi due campi unici nel loro genere in tutta Italia? «Per ciò che concerne quello pratica di Tor Vergata – chiarisce l’on. Giuntarelli - manca solo il parere della Sovrintendenza archeologica. Per quello pubblico della Magliana, invece, mancano solo i pareri della Commissione della Riserva del litorale romano. Avuti questi pareri favorevoli si potranno attivare tutte le procedure per la progettazione definitiva e l’inzio dei lavori». Per la Federgolf Lazio, che da anni sta
cercando di realizzare impianti pubblici nella Capitale, sono notizie da farci salti di gioia. «Questa idea del campo pubblico - dice carlo Scatena, Presidente FIG Lazio - nasce da un accordo tra la Federgolf del Lazio e il Comune di Roma stipulato alcuni anni fa. A causa di problemi legati a vincoli ambientali e archeologici, il progetto si arenò. Mesi fa, invece, grazie all’interessamento della nuova amministrazione comunale la pratica si è riaperta favorevolmente. Siamo arrivati a buon punto con le autorizzazioni, e gli ambientalisti, che avevano perplessità sul campo da golf della Magliana, si sono ricreduti. Siamo fiduciosi che nel marzo del 2011 inizi la cantierizzazione e nel 2013 finiscano i lavori per dare ai romani il primo campo pubblico della città. Inoltre sarà una pedina importante da giocarsi per la candidatura di Roma all’Olimpiade del 2020». Sullo sviluppo del golf a Roma, interviene anche l’On. Antonio Gazzellone, Delegato del Sindaco alla Comunicazione Istituzionale. «L'auspicio é che il golf diventi realmente una nuova opportunità di implementazione dell'offerta turistica di Roma.
Nel mondo milioni di golfisti scelgono e si muovono per le vacanze, anche e soprattutto in funzione dell'offerta golfistica delle diverse mete turistiche, Roma fino ad oggi per i golfisti era una meta sconosciuta, la nostra possibile capacità di coniugare golf ed arte e cultura, vivibilità della Città e buon gusto, saranno certamente le chiavi giuste per incentivare un flusso turistico di "nicchia" ma certamente interessante che oggi pur-
troppo é solo marginalmente attratto dalla nostra Città». Presto sorgeranno i campi pubblici alla Magliana e a Tor Vergata, grazie all'impegno di questa Giunta: «Credo che questa Amministrazione si sia posta l'obiettivo di sfatare una circostanza solo italiana, il golf come sport di elite. Questa Amministrazione insieme alla Federazione Italiana Golf nel caso del campo pubblico dell'area "Fiera di Roma" per intenderci, e con l'Università di Tor Vergata nel caso del campo pratica più nove buche che sorgerà nel campus universitario, hanno deciso di scommettere sulla formula massima di apertura, quella del pay and play a quota popolare, senza quindi abbonamento annuale, al fine di rendere questa disciplina il più accessibile possibile». Roma potrebbe ospitare presto un grande evento golfistico: «La nostra città, grazie agli splendidi percorsi privati di cui dispone, ospita già campionati di livello regionale e nazionale, per professionisti ed amatori. In campo internazionale é ormai sede fissa di una tappa del Challenge Tour (circuito per giovani professionisti propedeutico all'accesso al Tour Europeo) che lo scorso anno ha definitivamente lanciato il giovane Edoardo Molinari poi grande protagonista del Tour Europeo e della Ryder Cup 2010. Certamente da golfista innamorato di questo sport e da amministratore di questa Città, l'auspicio é quello di veder competere a Roma i grandi campioni mondiali in un Open di Roma Capitale o in una prossima sfida di Ryder Cup con gli americani, senza far tramontare il sogno di una finale Olimpica magari nel 2020 disputata sul campo pubblico o in uno dei magnifici campi della Città».
Tutti i campi del Lazio IL MONDO DEL GOLF | 83
I golf club a Roma e nel Lazio
Percorso: 9 buche
COUNTRY CLUB CASTELGANDOLFO Indirizzo: Via di Santo Spirito, 13 (Castel Gandolfo) Telefono: 06 9312301 Sito web: www.countryclubcastelgandolfo.it Presidente: Marco Zanetti
Percorso: 18 buche
ROMA
ROMA
ROMA
Percorso: 9 buche
GOLF ROMA ACQUASANTA Indirizzo: Via Appia Nuova, 716/a Telefono: 06 7803407 Sito web: www.golfroma.it Presidente: Gen. Carlo Alfiero
Percorso: 18 buche
FIORANELLO GOLF CLUB Indirizzo: Via Falcognana, 61 Telefono: 06 7138080-213 Sito web: www.fioranellogolf.it Presidente: Massimo Nati
Percorso: 18 buche
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UPUPA
Indirizzo: Via Enna, 30 - (Marina di Ardea) Telefono: 06 9133250 Sito web: www.golfmarediroma.it Presidente: Fabio Cristofani
ROMA
DONNOLA
Indirizzo: Via Gamiana, 45 Telefono: 06 7187550 Sito web: www.archidiclaudiogolf.it Presidente: Gianfranco Battaglia
MAREDIROMA GOLF CLUB
ROMA
RONDINE
ARCHI DI CLAUDIO GOLF CLUB
ALLOCCO
Percorso: 9 buche
ROMA
FAGIANO
Indirizzo: Via G. Molteni, 42 - (Macchia Palocco) Telefono: 06 5215238 Sito web: www.maggiolinogolfclub.it Presidente: Alessandro Menna
GABBIANO R.
MAGGIOLINO GOLF CLUB
spq ort Vi raccontiamo attraverso dati e immagini i campi da golf sparsi a Roma e nel Lazio, dove ogni giorno centinaia di praticanti si cimentano in questa disciplina divenuta sempre pi첫 popolare nella nostra Regione. Tra i tanti campi di ottimo livello che ci sono a Roma, sette hanno ospitato nel corso del tempo tornei internazionali. Presto a questa lunga lista si aggiungeranno altri campi, tra i quali quello pubblico e quello universitario.
Percorso: 27 buche
REAL GOLF CLUB Indirizzo: Via Licio Giorgieri, 50 Telefono: 06 66411585 Sito web: www.villagereal.it Presidente: Andrea Frassoldati
Percorso: 6 buche
ROMA
ROMA
Percorso: 27 buche
ROMA PICCHIO VERDE
Indirizzo: Largo Olgiata, 15 Telefono: 06 30889141 Presidente: Andrea Pischiutta
PARCO DI ROMA GOLF & COUNTRY CLUB ROMA Indirizzo: via dei Due Ponti, 110 Tel: 06 33653396 Sito web: www.golfparcodiroma.it Presidente: Renato Antonio Veronesi
Percorso: 18 buche
GOLF MARCO SIMONE Indirizzo: Via di Marco Simone 84/88 (Guidonia) Telefono: 0774 366469 Sito web: www.golfmarcosimone.it Presidente: Laura Biagiotti
Percorso: 18 buche
IL MONDO DEL GOLF | 85
GERMANO R.
Indirizzo: Aut. Roma-Fiumicino, km 4,5 Telefono: 06 65287345 Sito web: www.golfparcodemedici.com Presidente: Gaetano Rebecchini
OLGIATA GOLF CLUB
ROMA
VOLPE
PARCO DE' MEDICI GOLF CLUB
SCOIATTOLO
Percorso: 18 buche
ROMA
USIGNOLO
Indirizzo: via Flaminia, km 15.800 Telefono: 06-33624440 Sito web: www.golfarco.it Presidente: Anna Maria Teofili
BARBAGIANNI
GOLF CLUB ARCO DI COSTANTINO
I golf club a Ro Indirizzo: Via Olimpia snc (Marina Velca - Tarquinia) Telefono: 0766 812109 Sito web: www.tarquiniacountryclub.com Presidente: Alessandro Fasol
Percorso: 9 buche
ACQUAPENDENTE GOLF CLUB Indirizzo: Strada provinciale Campo Morino snc - Acquapendente Telefono: 3665025421 Sito web: www.acquapendentegolfclub.it Presidente: Alessio Odoradi
Percorso: 9 buche
VITERBO
Percorso: 18 buche
GOLF CLUB LE QUERCE
LATINA AIRONE C.
FAINA VITERBO CAV. D’ITALIA
TARQUINIA COUNTRY CLUB
Indirizzo: via della Cogna, 5 (Aprilia) Telefono: 06 92746252 Sito web: www.oasigolf.it Presidente: Marina Tugnoli Lanza
VITERBO
Indirizzo: SS N. 2 Cassia km 44.500 (Sutri) Telefono: 0761 600789 Sito web: www.golfclublequerce.it Presidente: Luigi Fasani
Percorso: 18 buche
GOLF CLUB VITERBO Indirizzo: Strada Valore snc Telefono: 329 0811346 Sito web: www.golfviterbo.it Presidente: Francesco Maria Andreoli
TASSO
Percorso: 9 buche
OASI GOLF CLUB
Percorso: 9 buche
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ROSPO
ROMA
Indirizzo: via del Baiardo, 390 Telefono: 0633225274 Sito web: www.teveregolf.it Presidente: Silvia Liberatore
VITERBO
GHEPPIO
TEVERE GOLF
oma e nel Lazio spq ort
Indirizzo: Via Termini d'Alatri, 43 Telefono: 0775 871170 Sito web: www.golfclubfrosinone.it Presidente: Leonardo Padovano
Percorso: 9 buche
FROSINONE
Percorso: 9 buche
GOLF FIUGGI TERME & COUNTRY CLUB Indirizzo: Superstrada Anticolana, 1 Telefono: 0775 515250 Presidente: Alfonso De Santis
Percorso: 18 buche
RIETI CINGHIALE
Indirizzo: Via Tavola d'Argento snc Telefono: 0746 229035 Sito web: www.golfclubcentroditalia.it Presidente: Temistocle Colapietro
FROSINONE PETTIROSSO
GOLF CLUB FROSINONE
GOLF CLUB CENTRO D'ITALIA
Spazio alla storia
Percorso: 9 buche
RIETI CHIOCCIOLA
Indirizzo: Località Zoccani – Belmonte in Sabina Telefono: 0765 77377 Sito web: www.golfbelmonte.com Presidente: Pasquale Appierto
CAPRIOLO
GOLF CLUB BELMONTE
La storia di uno degli sport più antichi
La nascita
del
golf Il golf è nato in Scozia nel XV secolo, ma le sue origini non sono così certe. Giochi simili si praticavano secoli prima in Egitto, Grecia, Cina e Giappone. E anche nell’antica Roma!
l golf è nato in Scozia nel XV secolo. Questo è quello che tutti gli appassionati di golf e di sport in generale sanno. In realtà non è così semplice risalire a data e luogo di nascita di questo sport che ormai ha fatto impazzire il mondo. Ci sono studi su parentele con altri giochi dell’antichità e tesi che fanno risalire l’origine del golf in altre nazioni. Tracce di qualcosa di simile alla pratica del gioco del golf sono state ritrovate persino nell’epoca dei faraoni egizi. Nella tomba dell’imperatore Kheti In Beni Hasan (11^ dinastia, 2600 a.c. circa), sono raffigurate scene ludiche di vita quotidiana nell’impero con musicanti, danzatrici e giocatori. Una delle scene dipinte, riguardante il gioco, raf-
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figura due persone con un bastone che si contendono un oggetto tondo. Non si comprende a fondo se sia una palla o altro oggetto sferico e quale sia lo scopo del gioco, ma il gesto e gli attrezzi sono molto familiari a chi conosce il golf. I primi a cimentarsi nel gioco potrebbero essere stati i greci. Anche loro praticavano un gioco con bastone e palla simile all’hockey prato e al golf, come mostrano alcuni reperti datati intorno al 1300 a.c. e conservati all’Athens National Museum. Testimonianze storiche se ne trovano anche in Cina. Secondo la ricostruzione storica di un professore cinese, Ling Hongling, un gioco simile al golf veniva praticato, in questo caso co-
IL MONDO DEL GOLF Il libro curato da Federico Pasquali (ed. Le Lettere) illustra le origini e la storia del golf nel mondo e in Italia, il golf ai Giochi olimpici, la storia dei più importanti e famosi tornei, quella dei campioni di tutti i tempi, incluse le loro biografie, i più bei golf club disseminati nei cinque continenti, costume, aneddoti, cinematografia e curiosità sul mondo del golf, e una sezione dedicata all’evoluzione dei materiali tecnici. Sono descritti, oltre la storia, dalle origini ai giorni nostri, circa 30 tornei di importanza mondiale, la loro storia e i campioni che li hanno resi celebri; oltre 100 campioni di tutti i tempi, con le loro biografie complete; i migliori 100 percorsi del mondo, con caratteristiche e peculiarità; e centinaia di aneddoti e curiosità legati al mondo del golf. Il tutto corredato da immagini originali d'epoca e d'attualità, inclusi documenti storici. Formato cm 24x28, 220 pagine con circa 250 fotografie a colori.
IL MONDO DEL GOLF Federico Pasquali
Le Lettere
me fosse uno sport, durante il regno della dinastia Song (960-1273 d.c.). Prima dell’ascesa al potere in Cina, esattamente nel 943, un membro della dinastia Song, Wei Tai, descrisse in un testo la pratica diffusa del chuiwan, un gioco con bastone (chui vuol dire colpire) e palla (wan vuol dire piccola palla) molto simile al golf. Scopo del gioco, infatti, era quello di spingere una palla in una buca colpendola con un bastone. Da questa scoperta, il professor Hongling ne deduce che l’origine del golf come oggi lo si conosce, almeno nell’essenza, sia da attribuire ai cinesi, che lo diffusero nel XII e XII secolo nell’attuale Europa grazie ai frequenti viaggi dei mongoli. Tesi rafforzata dai tanti diIL MONDO DEL GOLF | 89
pinti e murales, di epoca precedente il XV secolo, raffiguranti il gioco del chuiwan, e dal manoscritto pubblicato nel 1282 da Wan Jing nel quale venivano descritte le regole del popolare gioco cinese, molto simili appunto a quelle di base del golf moderno. Pubblicazione che fissa le regole e ne racconta le origini ancor più lontane nel tempo. Durante la dinastia Tang (618-917 d.c.) in Cina si giocava a buda, antesignano del chiuwan, il cui nome nacque durante la dinastia Liao (907-1125 d.c.), quando il gioco divenne un passatempo per molti cinesi. Lo sviluppo del gioco come pratica sportiva, come accennato precedentemente, risale alla dinastia Song. Durante la dinastia Ming (13681644) il gioco divenne molto popolare soprattutto tra i più giovani e tra le donne, mentre la popolarità cessò durante la dinastia Qing (1644-1911). Un gioco simile al chuiwan, il khi, era praticato, nello stesso periodo, in Laos. In Giappone, invece, nell’VIII secolo a.c., l’aristocrazia praticava un gioco a cavallo chiamato dakyu (da-kyu vuol dire colpire una palla), simile solo per il gesto di lanciare una palla con un bastone. Buda e chiuwan, dunque, furono giochi praticati in Cina per secoli e, a differenza del gioco egiziano, greco, romano o giapponese, di cui non si conoscono le regole e comunque molto più simili all’hockey prato o al polo piuttosto che al golf, quelli cinesi avevano regole certe, scritte, molto simili a quelle del golf moderno, codificato ufficialmente in Scozia nel XV secolo. In Italia, invece, il golf arriva agli inizi del XX secolo. Sbarca prima a Firenze, poi a Roma e ancora in Piemonte e Lombardia. A “importarlo”, sono soprattutto ufficiali militari e uomini d'affari britannici di stanza in Italia. A Roma, in particolare, è sorto il primo golf club d'Italia: si tratta del Roma Golf Acquasanta, fondato il 9 gennaio 1903.
Nell'antica Roma Un altro legame scoperto da alcuni storici è quello con la paganica, antico gioco romano praticato soprattutto nelle campagne agli albori dell’Impero romano. Non esistono molte testimonianze scritte o iconografiche sulla paganica, nonostante ciò si sa che veniva praticata con un bastone ricurvo e una palla composta da pelle conciata e imbottita di piume. L’attrezzo utilizzato nel golf, in effetti, è ricurvo, così come le prime palline da golf vennero realizzate con piume compresse inserite in involucri di cuoio tondeggianti. Lo sviluppo a macchia d’olio dell’Impero romano, presumono gli storici, avrebbe consentito alla paganica di farsi conoscere in quasi tutta quella che oggi è l’Europa.
Il capitano britannico Hay Wemyss (a destra), “Old” Tom Morris (a sinistra) e Allan Robertson con il suo “club” sotto il braccio (al centro), a St Andrews in Scozia (1854)
i ludi romani
di Giorgio Franchetti Presidente Ass. Culturale “S.P.Q.R.” di Roma Foto: Piero Lancialonga, Elaborazione grafica di Giulia Flamini Location: Parco della Cellulosa
«La ricca Crepereia e la schiava Lelia: Roma le divise in classi, loro si riunirono nel gioco»
giochi nell’antichità APPROFONDIMENTI E FONTI STORICHE
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l 10 maggio 1889 durante i lavori di scavo per il Palazzo di Giustizia, nell’odierna Piazza Cavour, nel fango e nell’acqua del Tevere venne alla luce il sarcofago di Crepereia Tryphaena, giovinetta nobile romana sepolta insieme al suo corredo, che includeva una bambola d’avorio di mirabile fattura. Il sarcofago e lo scheletro sono databili tra il 150 e il 170 d.C. Anche la bambola aveva il suo corredo, costituito da uno specchio e da un pettine, entrambi in osso. La pettinatura della bambola fa supporre che si trattasse di un regalo per un prossimo matrimonio. La bambola infatti presenta un’acconciatura nuziale come si usava a Roma, con sei trecce che partivano dalla fronte e si annodavano sulla nuca. Inoltre durante il rito della “confaerratio”, il matrimonio romano, il cerimoniale prevedeva che la sposa bruciasse la propria bambola sacrificandola a Venere. Questo gesto simboleggiava il passaggio dall’età dei giochi all’età adulta. Il corredo di Crepereia comprendeva anche dei monili e su un anello era inciso il nome “Filetus”, probabilmente il suo promesso sposo. Esistevano all’epoca anche bambole in terracotta, in legno, e naturalmente, per i meno abbienti, in stoffa. Per gli amanti della superstizione c’è da annotare che il ritrovamento di Crepereia avvenne il 10 maggio, periodo durante il quale, nell’antica Roma, si celebravano le “Lemuralia”, festività dedicate ai morti, i “lemuri”, che si riteneva, in quei giorni, tornassero in vita. Questa celebrazione si può dire antica quanto Roma, visto che, secondo la tradizione romana, la istituì lo stesso Romolo per placare l’anima del fratello defunto. Il rituale prevedeva che il pater familias gettasse alle sue spalle alcune fave nere per il numero simbolico di nove, recitando formule propiziatorie.
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icorderò sempre il sorriso e lo sguardo pieno di luce di Crepereia, la mia domina. A quell’epoca ero ancora una schiava che serviva nella casa di Crepereius Decimus Thriphaenus e di sua moglie Domitia Longina. Vivevamo in una villa dove il dominus si dedicava all’allevamento dei cavalli. Io ero nata in questa villa, due anni dopo Crepereia e i miei genitori Posca e e Phidia erano rispettivamente impiegati nella custodia dei cavalli e nelle stanze della domina. Il dominus spesso commerciava con l’esercito fornendo i cavalli e in quell’anno, il 921 dalla fondazione di Roma (168 d.C., n.d.a.), aveva concluso un ottimo affare visto che l’anno precedente i barbari (Longobardi, Osii e altri, n.d.a.) avevano invaso il confine dal Danubio e i due imperatori congiunti, Marcus Aurelius e il figlio adottivo Lucius Verus, si erano affrettati a recarsi a Carnuntum per contrastare l’invasione. Servivano cavalli per la cavalleria e il dominus tornò alla fine dell’inverno che Roma era già calda dei primi tepori primaverili, portando un regalo alla mia giovane domina, che alla fine dell’estate si sarebbe dovuta sposare. Si trattava di una bambola, una meravigliosa bambola di avorio che il dominus acquistò nell’accampamento dei soldati di Carnuntum da un mercante egizio di Alessandria. La bambola doveva essere il regalo per Crepereia in vista del suo matrimonio, e infatti aveva la chioma acconciata come in uso a Roma per le spose: sei trecce partivano dalla fronte e correndo lungo la testa si annodavano sulla nuca. Venne da me correndo, gioiosa come sempre, quella mattina di primavera… «Lelia! Lelia! Dove sei?» «Sono qui domina…» «Umpf… E smettila di chiamarmi “domina”, i miei genitori sono in giro per le campagne e non possono vederci!» «Si ma ho paura che possano arrabbiar-
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si vedendo che siamo troppo amiche!» «Non ti preoccupare, Lelia. Non possono vederci né sentirci! Non si vedono da mesi, non penseranno certo a noi!». Mi sorrise con uno sguardo complice e ironico, tipico di Crepereia. Capii a cosa alludeva, e sorrisi. «Bè, presto anche tu aspetterai sulla porta della tua nuova casa tuo marito Filetus, Crepereia…» «Umpf… Lelia! Mi stuzzichi sempre con questa storia! Magari scappo e non me lo sposo! E tu scapperesti con me?» «Si, certo, ti immagini io e te in giro per il mondo! Ahahahahah» Rideva sempre Crepereia, ridevamo molto insieme. Io avevo 10 anni all’epoca, lei ne aveva 12, forse 13. L’età per sposarsi e mettere su famiglia. La prendevo sempre in giro con questa cosa del matrimonio… Filetus il suo futuro sposo era un giovane di 15 anni che bramava solo e soltanto di indossare la toga virilis, tra un paio d’anni. Però le aveva regalato un anello con il suo nome sopra, a suggello del suo impegno. «Guarda cosa mi ha portato mio padre dal suo viaggio!» Mi mostrò un oggetto avvolto in un astuccio di cuoio scuro che mi lasciò senza parole. Era una piccola scultura, con gli arti che si potevano muovere, bianchissima, bellissima. Non avevo mai visto niente di simile in vita mia. Ero ancora estasiata da quella visione che entrarono i genitori e io tornai di colpo a farmi seria e scura in volto. Crepereia da parte sua ritrasse la mano e mise via quell’oggetto. La società era divisa rigidamente in classi e i ricchi patrizi non potevano certo mischiarsi con gli schiavi, anche se la nostra famiglia era alle dipendenze del nostro dominus e delle sua famiglia da generazioni. «Vieni Crepereia… Non ti vedo da mesi e voglio che mi racconti che cosa hai fatto e cosa hai imparato dal tuo precettore in
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Un racconto ambientato nella nostra ricostruzione di una Domus romana
la bambola della concordia mia assenza. Inoltre voglio raccontarti dei preparativi per il tuo matrimonio con Filetus, e del banchetto che daremo per l’occasione… » «Si padre…» Ciò detto i genitori si voltarono e fecero per andarsene e Crepereia li seguì. D’un tratto rallentò e li lasciò proseguire di qualche passo per voltarsi verso di me e sorridermi con la sua bambola in mano, lanciandomi un’occhiata molto complice e carica di significati. Era chiaro il suo messaggio: «…ti aspetto stanotte nel mio cubiculum, come sempre vieni verso le ore di centro e non farti vedere da nessuno, mi raccomando!». Quella era un’abitudine che ormai avevamo da un
paio d’anni e nessuno si era mai accorto di nulla. Durante la notte, approfittando del pesante sonno dei miei genitori, sgattaiolavo fuori dagli alloggiamenti della servitù, posti fuori del perimetro della villa, vicino alle scuderie, e mi intrufolavo nella villa salendo da un albero di pere che coi suoi rami oltrepassava il muro esterno. Sfruttando la luce della Luna camminavo per alcuni metri sul bordo del muro e poi, sfruttando un albero di fichi, salivo sul tetto della cella vinaria, e poi piano sulle tegole per qualche metro e avevo imparato anche che una delle tegole era staccata perciò stavo ben attenta ad evitarla. Poi da una piccola apertura nel sottotetto, usata per
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areare il locale, mi calavo tra le botti e uscivo nel corridoio, a quell’ora deserto. All’interno regnava il buio quasi totale, solo qualche chiarore giungeva da poche lucerne accese lungo il corridoio o filtrava dai tendaggi che chiudevano alcune stanze. Ma durante la giornata spesso mi divertivo ad allenare la memoria percorrendo la casa a occhi chiusi e quindi il buio non mi dava alcun problema. Per evitare di fare rumore mi toglievo le scarpe e a piedi scalzi raggiungevo il cubiculum dove dormiva Crepereia. Di solito lei dormiva e io stavo ben attenta a svegliarla piano senza spaventarla. «Lelia … Sei tu vero? Ti ha vista qualcuno?»
«No Crepereia, non ti preoccupare, non mi ha vista nessuno. Come sempre… Ho fatto la solita strada… Ti prego mostrami di nuovo quell’oggetto incredibile…» «Ce l’ho qui con me… Guarda, l’ha portato mio padre da Carnuntum, Lelia…» E così mi mostrò la bambola, una piccola scultura in avorio completamente snodabile. Avevo sentito che ce ne erano di bellissime ma solo i più ricchi potevano permettersele. Alcune erano in terracotta, altre in legno. Questa era in avorio, bianchissimo, e Crepereia mi disse che il padre l’aveva avuta da un mercante alessandrino. Era davvero un capolavoro, e aveva indosso un abitino di stoffa riccamente decorato pure quello. In più aveva in dotazione un piccolo specchio e un pettinino, anch’essi in osso. «Prendila, senti come è leggera…». Mi ricordo che ebbi timore a maneggiarla, per paura che potesse cadermi e potessi romperla. «Ho paura Crepereia, usala tu…». «Ma dai Lelia, non essere sciocca… Dai giochiamoci…» «Non qui però Crepereia, ho paura… Facciamo come al solito, dai...». «Umpf… Va bene, allora come al solito… Vieni…». “Come al solito” era un nostro modo consueto per indicare un posto particolare, uno studiolo che veniva usato dal precettore di Crepereia e che era attiguo al suo cubiculum. C’era uno scaffale con molti rotoli di pergamena, tavolette di cera, stilo e un grande tavolo in legno, pesante. Noi ci nascondevamo sotto quel tavolo coperte da un telo scuro e giocavamo allegramente. Era il nostro piccolo mondo, un mondo lontano dalla cultura Romana e dalle sue ferree regole di classe. Lì queste regole per qualche ora non esistevano, in quel posto chiuso, coperto, nascosto, ci sentivamo in un mondo tutto nostro dove eravamo noi a dettare le regole e dove tenevamo tutto il resto fuori. Un posto dove eravamo libere di essere bambine della nostra età che giocavano e ridevano, spesso sbeffeggiando quel mondo esterno che invece ci avrebbe volute divise e lontanissime, quasi irraggiungibili per le nostre estrazioni sociali. Quella notte giocammo a lungo, con quella bambola; pettinandole per gioco i capelli intagliati nell’avorio con il suo pettinino d’osso e facendola poi specchiare. E così andò avanti per mesi fino alla fi-
ne dell’estate. La notte quando c’era la Luna andavo a svegliare Crepereia e giocavamo, quasi sempre con la sua bambola; Crepereia adorava quella bambola, era il suo giocattolo preferito. Poi una pestilenza si scatenò, forse portata dai legionari che tornavano saltuariamente dal confine danubiano e Crepereia si ammalò gravemente, alla vigilia delle nozze. La madre si ammalò e morì in fretta e il padre cadde in una tremenda depressione. Crepereia alla fine dell’estate morì e il padre ne ebbe un dolore grandissimo. In un gesto di rabbia getto via quella bambola che ormai era diventata inutile perché Crepereia era morta e non avrebbe mai potuta consacrarla a Venere nel giorno delle sue nozze con Filetus (secondo l’antico rito della “confaerratio”, il matrimonio romano. Nda), che non sarebbero state mai più celebrate. Il padre decise che non sarebbe stata cremata ma inumata in un sarcofago in marmo, visto che la villa era posta fuori città. Non se la sentiva di dare alle fiamme quel corpo che conservava la sua dolcezza e il suo sorriso spensierato anche ora che era solo un corpo inanimato. La notte prima che il sarcofago venisse tumulato era una notte di luna piena e io, ripetendo il rituale che per anni avevo fatto, mi ricordo che mi introdussi nella villa, nell’ampia sala che conteneva il sarcofago con il corpo di Crepereia, circondato da petali di fiori e lucerne tutto intorno in terra. Mi avvicinai e posi la bambola d’avorio accanto al corpo di Crepereia, affinchè
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potesse continuare a giocarci nell’aldilà. Stetti con lei quella notte, a vegliarla, come in un ultimo gioco tra di noi, come tante notti prima; poi, alle prime luci dell’alba, dalla via sul tetto, tornai nei miei alloggi. Il giorno seguente il padre diede ordine di chiudere il sarcofago e gli schiavi eseguirono, lui non volle esserci e gli schiavi non fecero parola della presenza della bambola; chiusero il coperchio e cominciò la cerimonia di sepoltura. Il sarcofago venne interrato in un punto del terreno fuori dalla villa, un punto anonimo, non lontano dal corso del fiume, affinchè nessuno disturbasse l’eterno sonno di Crepereia. Il padre posò solo una piccola lapide vicino al sarcofago con scritto “Terra sis illi levis fuit illa tibi” (terra sii leggera su di lei, lo fu lei si di te, n.d.a.). Il dominus decise di partire, per evitare di vivere in quella casa piena di ricordi di Crepereia e della moglie Domitia, manomise tutti noi servitori rendendoci liberti e partì per il nord. Non lo vidi mai più e non ne seppi mai più nulla. Ora che sono vicina alla fine dei miei giorni, penso spesso a Crepereia, non ho mai dimenticato nell’arco della mia vita le sue risa e i giochi che facevamo insieme nascoste sotto quella scrivania. Non ho mai dimenticato come lei avesse sempre diviso con me i suoi giocattoli, in barba a tutte le regole romane. Quei giocattoli che io non avrei mai potuto avere. Non ho mai dimenticato le serata spensierate a giocare con quella bambola d’avorio, quella bambola che ora e per sempre sarà con lei…
Poco a sud di Tyr, grazie all’impegno del Dipartimento Sport, è stata realizzata una struttura polivalente nei campi profughi di Ein El Hilweh. LIBANO Popolazione: 3.925.502 (2007) Lingua: arabo, francese Religione: musulmana 37%, cristiana 63% Capitale: Beirut Forma di governo: Repubblica parlamentare Moneta: Lira libanese (100 piastre)
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PALEST IN I ADI
L’Ufficio Relazioni Internazionali e il Dipartimento Sport si sono attivati congiuntamente nella realizzazione delle “Palestiniadi”, un progetto teso a migliorare le condizioni di vita dei ragazzi palestinesi che vivono nella “Terra dei cedri”.
di Gabriele NATALIZIA foto Getty Images iportare Roma nel cuore del Mediterraneo”. Non si tratta di un semplice slogan, ma di un progetto da realizzare quotidianamente attraverso i diversi strumenti che l’Amministrazione di Roma Capitale si trova a disposizione. Il Mare Nostrum è lo spazio vitale all’interno di cui Roma può muoversi meglio, non solo per la sua posizione geografica, ma soprattutto per il fascino esercitato dalla sua cultura e l’attenzione che ha sempre dimostrato verso le istanze di tutti i popoli rivieraschi. Dalle arti figurative alla letteratura, passando per la solidarietà, è necessario ripristinare la tradizionale immagine della Città quale cuore pulsante di un’area nevralgica per gli equilibri mondiali. È in virtù di questa sensibilità che l’Ufficio Relazioni Internazionali e il Dipartimento Sport si sono attivati congiuntamente nella realizzazione delle “Palestiniadi”, un progetto - promosso dall’UTL, Unità Tecnica Locale della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) a Beirut e dall’UNRWA, l’Agenzia ONU per i profughi palestinesi - destinato a rompere l’isolamento in cui versano i
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campi profughi palestinesi in Libano e offrire un piccolo, ma importante, contributo alla stabilizzazione del Paese. Il progetto “Palestiniadi” va inquadrato nel tentativo di migliorare le condizioni di vita dei ragazzi palestinesi che vivono nella “Terra dei cedri”, rivolgendo l’attenzione alle esigenze di integrazione e di assistenza dei giovanissimi rifugiati attraverso il più universale degli strumenti di dialogo e confronto: lo Sport. L’iniziativa, d’altronde, si inserisce in un più ampio disegno di facilitare il percorso di crescita di bambini ed adolescenti che, a causa di una serie di conflitti e tensioni senza soluzione di continuità che hanno stravolto il Libano e le aree circostanti, hanno perso la spensieratezza tipica della gioventù e di quelle attività ricreative indispensabili per l’espressione delle proprie potenzialità. L’intervento, che è stato seguito da Roma Capitale insieme all’Ambasciatore Gabriele Checchia e al Direttore dell’Ufficio della Cooperazione Italiana Fabio Melloni, è stato diviso in due fasi. La prima, di carattere ludico-ricreazionale, si è sviluppata nel corso di tre giornate dedicate alla competi-
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PA L E STINIA DI lestiniadi e verificare l’effettività degli interventi. A testimoniare l’attenzione della Città di Roma nei confronti dei problemi di tutti i popoli del Vicino Oriente è stato inviato l’On. Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche Sportive e coordinatore dell’iniziativa, che è stato accompagnato da Paolo Giuntarelli, già Direttore dell’Assessorato all’Ambiente, Marco Cochi, Serena Forni e Maria Cristina Fortunato, dell’Ufficio Relazioni Internazionali di Roma Capitale, Massimo Tossini, coordinatore della UISP, Daniele Masala, campione olimpico di Pentathlon, e infine dal Dott. Patrick Paulin della Segreteria del Delegato allo Sport e Gabriele Natalizia, della “Sapienza”, Università di Roma. La delegazione, il cui lavoro ha ricevuto una significativa copertura mediatica è intervenuta a Siblin alla cerimonia inaugurale delle “Palestiniadi” e alla consegna delle medaglie nella L’On. Alessandro Cochi giornata conclusiva, portando il saluto del insieme ai responsabili Sindaco e dell’Amministrazione capitolina del centro sportivo davanti ad un pubblico di oltre 1.000 rapolivalente dell’Unrwa a gazzi ed ai rappresentanti del corpo diploSiblin, nei pressi di matico italiano e dell’Agenzia internazioSidone. nale dei rifugiati (Unrwa). E, soprattutto, ha visitato le strutture-target dell’intervento di cooperazione decentrata del campo profughi di Ein El Hilweh, che ha permesso al gruppo di tastare il polso di una situazione quanto mai drammatica, ma non per questo senza speranza. Secondo Massimo Tossini, coordinatore della UISP «Entrare nei campi palestinesi del Libano è un'esperienza di quelle che ti toccano. Sono dodici, non molto differenti tra loro. Si vive in condizioni che di umano hanno molto poco. Si può e si deve fare di più per creare delle condizioni di vita migliori. Crediamo che lo sport VIVICITTÀ, NEI CAMPI PROFUGHI debba farsi carico di ciò e auspichiamo che a interventi come quello di Roma Capitale e come il nostro se ne aggiunSi è svolta la prima edizione di “Vivicittà” nei campi palestinesi del Libano. gano altri di altre istituzioni locali. Non servono moltissime C’è stata attività in 5 campi, dove hanno partecipato anche i ragazzi degli altri 7 campi. Mediamente sono stati 500 i partecipanti per ogni sede. Tanto risorse per regalare, specie ai bambini, spazi ed esperienze entusiasmo per una giornata diversa da tutte le altre. che li aiutino a vivere la loro infanzia come i loro coetanei più fortunati». Per Daniele Masala, tuttavia, le Palestiniadi conseguiranno il loro vero obiettivo «solo se, nel corso degli anzione sportiva (calcio, corsa, pallavolo, basket e ping-pong) che si sono svolte presso il Centro sportivo polivalente delni, riusciranno ad attestarsi quale strumento di inclusione l’Unrwa a Siblin, nei pressi di Sidone all’interno della zona degli abitanti dei campi profughi nella società libanese, ospisotto il controllo dei caschi blu delle Nazioni Unite. La setando anche rappresentative delle altre comunità etno-conconda, che ha ricevuto il finanziamento diretto di Roma Cafessionali e quelle composte da ragazzi europei». pitale, ha riguardato la riabilitazione di due campi sportivi Per le stesse ragioni, ha fatto sapere l’On. Cochi, il Dipartinel campo profughi di Ein El Hilweh, considerato tra i più difmento Sport di Roma Capitale sta attualmente pensando di ficili da gestire per via della forte polarizzazione politica preripetere l’iniziativa allargandola anche ad altre istituzioni, sente al suo interno e della prossimità alle zone a più alto nella speranza che sensibilizzando un numero sempre rischio del Paese. In questa cornice Roma Capitale nell’aumaggiore di enti locali nasca un circuito virtuoso di solidatunno passato ha inviato una delegazione ufficiale per prenrietà in grado di contribuire alla creazione delle premesse dere direttamente parte alle tre giornate dedicate alle Panecessarie per una pace duratura.
LA VISITA NEI CAMPI PROFUGHI DI UNA DELEGAZIONE DI ROMA CAPITALE
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UN CAMPO POLIVALENTE CON I FONDI DELL’UFFICIO SPORT DI
Grazie all’impegno del Dipartimento Sport è stata recentemente realizzata una struttura polivalente nei campi profughi di Ein El Hilweh, poco distante da Tyr nel sud del Libano. In questo luogo tanti ragazzi potranno praticare calcio a cinque, basket, volley, tennis tavolo e corsa. Nelle foto le varie fasi di costruzione dei campi.
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Il campo di tennis e calcio a cinque è stato realizzato in cemento per consentire ai ragazzi di praticare anche altri sport
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4 Il centro del campo dove è posizionata la rete per il volley
Alcune fasi della costruzione
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Le panchine per giocatori e staff tecnico
Il playground per il basket
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Il dramma dei profughi e il contesto di Ein El Hilweh l dramma dei profughi ha preso inizio con lo scoppio della prima guerra arabo-israeliana (1948-1949), quando quasi un milione di palestinesi si è riversato oltre i confini degli Stati arabi. Attualmente il numero dei rifugiati supera i 4 milioni: in Libano ne risiedono 391.679, secondo i dati dell’United Nations Relief and Work Agency, distribuiti in 12 campi profughi ufficiali e 45 spontanei. Le condizioni di vita nei campi libanesi appaiono peggiori rispetto a quelli in Siria e in Giordania. Nella Terra dei Cedri i palestinesi risultano privi sia dei diritti civili che di quelli politici. Sono considerati stranieri dalle autorità di Beirut e, paradossalmente, questo status risulta per loro irrinunciabile se desiderano continuare a rivendicare il diritto di ritorno alle terre di origine. Non sono cittadini di alcuno Stato, né possono associarsi liberamente e gli vengono precluse 72 professioni diverse e la titolarità di beni immobili. La situazione sanitaria risulta emergenziale a causa dell’alto tasso di mortalità infantile e maternale (239 su 1.000 casi), che si combina con la diffusione di malattie infantili croniche, la malnutrizione dei bambini con meno di 5 anni e il moltiplicarsi delle invalidità e dei disturbi da stress psicologico tra gli adulti. Altrettanto grave è la situazione nel settore dell’educazione, dove i servizi appaiono insufficienti, le classi sovraffollate e le scuole prive di laboratori, computer, biblioteche e strutture destinate alle attività ricreative. Solo l’UNRWA tenta di provvedere alle disfunzioni causate dalla totale assenza di un sistema minimo di welfare, ma la carenza di fondi rende improbo il compito prefisso. In questo contesto Ein El Hilweh appare uno dei campi con la situazione più critica. È, infatti, con i suoi 70.000 abitanti il più popolato, almeno da quanto risulta dai registri dell’UNRWA, gli unici in grado di certificare l’esistenza di quella “moltitudine di fantasmi” che da quasi sessant’anni contribuisce in maniera determinante a scrivere la storia della Terra dei Cedri. Qui non è permesso all’Esercito libanese di mettere piede e, appena entrati, nel campo si viene scortati dalle milizie che controllano le zone in cui è diviso. All’interno di palazzi che, di mese in mese, guadagnano metri in altezza aggiungendo un barcollante piano sull’altro per far posto a nuovi nuclei familiari, i gruppi vicini a Fatah ed Hamas hanno piena giurisdizione. Ma in molti sostengono che stia acquistando consistenza anche Fatah al Islam, un’organizzazione terroristica salita alla ribalta delle cronache tra la conclusione della primavera e la fine dell’estate 2007 per aver tenuto testa all’Armée Libanaise in una temibile battaglia urbana, in cui la conoscenza dell’intricato groviglio di vicoli ha praticamente reso nullo il già lieve vantaggio tecnico delle truppe regolari. Questa organizzazione sta facendo proseliti proprio tra quei giovanissimi che non riescono a intravedere la possibilità di un futuro in cui la pace sia collegata ad una vita dignitosa. Contro la possibilità che questa convinzione si radichi progressivamente i progetti di cooperazione decentrata devono concentrare i loro sforzi.
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PATTUGLIA DI SOLDATI LIBANESI
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BAMBINI ALLA RICERCA DELLA NORMALITÀ. DIETRO IL RICORDO DEI LUOGHI DEL GIOCO, DELLO SPORT, DI UNA VITA PIÙ A MISURA DI BAMBINO
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LA RELATIVA CALMA DI ALCUNI UOMINI SEDUTI ALL'INGRESSO DEL PROPRIO NEGOZIO
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Il calcio non è solo quello giocato ma ha tante declinazioni. In sei puntate andremo a ricordare quello da tavola e quello Balilla, il Subbuteo e i videogiochi, le scommesse e il fantacalcio, passando per le figurine. In questa puntata, la seconda, parliamo del Subbuteo
SUBBUTEO TRA GIOCO E COLLEZIONE di Antonello RODRIGUEZ sfoto Getty Images
Subbuteo, dal nome di un falco Il lodolaio eurasiatico (Falco Subbuteo), chiamato anche semplicemente Lodolaio, è un falco di piccole dimensioni. Di piccola mole e forme slanciate, è dotato di ali piuttosto lunghe, che raggiungono e sopravanzano l'estremità della coda. Lungo circa trenta centimetri, ha la coda di quindici, le singole ali di ventitré e l'apertura alare che supera i settanta.
Era il Newfooty, in origine. Ha appassionato generazioni di giocatori grazie a un panno verde, ventidue giocatori e una palla di 2 cm. E il gioco è fatto...
Prima di parlare della storia di questo gioco/sport, si rende necessaria citare la leggenda che vuole che una prima forma di “calcio da tavolo” nasce grazie alla grande passione che i marinai inglesi del primo ‘900 avevano per il fratello maggiore: il calcio. Come campo una coperta, le linee tracciate col gessetto, per simulare i giocatori andavano bene anche dei tappi di bottiglia e come pallina era sufficiente quella del ping pong. Così, si dice, nacque, in W.L. Keelings, anch’egli inglese, l’idea di creare un gioco che, con poche sterline, potesse simulare le emozioni del calcio vero. Il nome che viene dato al gioco è “Newfooty”. Sagome di cartoncino rigido per i giocatori innestate in basi di gomma, porte in metallo realizzate e il pallone di sughero. Malgrado la distribuzione avvenisse esclusivamente via posta, il gioco ebbe un grande successo, tale che costrinse Keelings ad adeguare la produzione alle crescenti richieste. Dopo le difficoltà affrontate nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, la produzione riprende con l’utilizzo di nuovi materiali, come la plastica abbandonando la gomma.
sta variante del calcio da tavolo ebbe successo, e le due versioni, per quasi un ventennio, convissero in una appassionante coabitazione. Nel 1965, il signor Keelings, decise di ampliare la propria produzione acquistando uno stabilimento industriale che gli consentisse di allargare ulteriormente il suo mercato. Dopo poco tempo però, Keelings decise di abbandonare gli affari e cedette la compagnia “Newfooty” alla società creata da Peter Adolph.
Anni ‘60: la passione supera i confini
Nel 1966 il Subbuteo conosce un momento di gloria assai importante, grazie soprattutto ai Campionati Mondiali che si svolgevano proprio in Inghilterra. Confezioni corredate di tutte le squadre del torneo spopolarono e resero il Subbuteo un evento di caratura mondiale. Nel 1972, grazie alla famiglia Parodi, distributori genovesi di giocattoli, il gioco arriva in Italia. Basta poco affinché anche nel nostro paese il successo sia immediato. Migliaia di adolescenti crescono giocando a Subbuteo nel salotto di casa o sulle tavole di cucina. Si arriva alla metà degli anni novanta con cambiamenti decisivi per la sopravvivenza del gioco. La Hasbro, grande produttore statunitense di giocattoli, acquisisce il marchio Subbuteo. Il grande magnate americano non crede però nel prodotto, e dopo pochissimo tempo ne interrompe la produzione. Solo dopo numerose veementi proteste, arrivate soprattutto dall’europa, la produzione riprende in forma ridotta e parziale. I Parodi iniziano una produzioLa nascita del Subbuteo. Il suo nome si deve a un falco. Tra il 1945 e il 1947 un ornitologo di stato, Peter Adolph, con- ne, verso l’inizio del nuovo millennio, di una serie di prodotti nazionale di Keelings, appassionato giocatore di “Newfooty”, simili al prodotto originale Subbuteo con il nome di “Zeugo” decide di apportare migliorie al prodotto aumentandone il (gioco in dialetto genovese). La Hasbro interrompe definitivarealismo. Ecco quindi arrivare la figura tridimensionale del- mente la produzione sostituendola con un prodotto molto pol’omino posto su una base semisferica interamente in plasti- co artigianale e che risulterà praticamente invenduto. Caca. La realizzazione tecnica fu subito vincente e Mr. Adolph de- renza di materiale, nessuna organizzazione sportiva ed altri cide di brevettare il suo gioco col nome di “Hobby”, termine problemi di carattere meramente economico rischiarono secol quale in inglese si chiamava il falco lodolaio. Data però riamente di vedere morire un’attività ludica di rilevante iml’usanza comune del termine “hobby”, tale nome non venne portanza. Nel frattempo però nascono molti piccoli produttoaccettato. Fu così che l’esperto ornitologo decise di cambiar- ri, appassionati del gioco che vollero affrancarsi dalla stretta lo utilizzando parte del termine scientifico con il quale il ra- alla quale i grandi produttori costringevano i giocatori. pace veniva nominato: “Falco Subbuteo” appunto. Anche que- Ma questa è un’altra storia… Il genio italico si manifesta spesso e volentieri nelle situazioni estreme, o più specificatamente quando sembra che non ci siano più possibilità nel risolvere una siGIOCATORI tuazione. Altezza (compresa la base): 29,5 mm
MISURE
Diametro base 20mm STECCA PORTIERE: 13 cm PALLA Diametro 22mm PORTA alt 6 cm, largh 12,5 cm, prof. 7,5 cm CAMPO 120 cm x 80 cm (27cm area di tiro)
Nasce la Federazione Anche in questo caso è stato così. Marco De Angelis, ricercatore italiano di filosofia, residente in Germania, inventò delle basi, sulle quali potevano essere applicate le miniature del vecchio Subbuteo, dando così nuova linfa ad un mondo agonistico che cominciava a
C’è chi utilizza le miniature del Subbuteo per ricordare i grandi di sempre. Ecco una bacheca che ben fa capire anche come il Subbuteo sia diventato un cult per collezionisti.
perdere colpi. La realizzazione di queste basi per il “subbuteo agonistico” cambiarono radicalmente la prospettiva di un gioco che ambiva così a diventare un vero e proprio sport; il calcio da tavolo, appunto. De Angelis realizzava, in un colpo solo, l’affrancamento dal materiale fornito da un unico produttore, aprendo la strada a nuovi soggetti che, nell’ambito di misure certe, stabilite dalla neonata Federazione Internazionale, potevano sopperire dalla carenza fisiologica di materiale, consentendo altresì una personalizzazione “dell’attrezzo di gioco”, un po’ come succede per i tennisti con la propria racchetta. Il primo tentativo di dare una regolamentazione vagamente sportiva del fenomeno Subbuteo nacque sin dai primissimi anni ’70 con la disputa del Campionato mondiale in contemporanea allo svolgimento di quello di calcio, gestito da una sorta di Federazione totalmente sotto controllo del produttore originario. Quando il Subbuteo si evolve, di pari passo nasce nella prima parte degli anni ’90 la necessità di adeguare organigrammi e persone alla nuova realtà di gioco. Nasce così la “F.I.S.T.F., Federation of International Sports Table Football”, che intende dare dignità di sport ad una realtà che ormai prescinde dai capricci delle multinazionali del giocattolo. Lo svolgimento dei mondiali avverrà, da quel momento in poi, ogni anno. Allo stesso tempo in Italia, nazione trainante del movimento, nasce la “F.I.S.C.T. Federazione Italiana Sport Calcio da Tavolo”, la quale aderendo ai dettami
Wembley in una stanza Come il maestro Ettore Scola nel suo capolavoro ”La Famiglia”, “Wembley in una stanza” dipinge l’affresco di una normale famiglia borghese romana sullo sfondo dei cupi Anni Settanta, visti con gli occhi di un bambino, e anche con gli occhi di plastica degli omini del Subbuteo. I dribbling si alternano ai telegiornali, i campionati di calcio si replicano su un panno, l’Europa delle coppe rivive sui quaderni dove le partite diventano di inchiostro e fantasia. Il Guerin Sportivo sul comodino, l’universo delle figurine, i baffi degli Anni Settanta comuni ai terzini come ai picchetti davanti alle fabbriche. Fabrizio Ghilardi ci racconta la scuola e il tiro al “sette”, ma anche i grandi e piccoli drammi familiari. Quelli che ti fanno ripiegare il panno verde, che non è il momento di giocare.
della nuova realtà, propugna la diffusione del calcio da tavolo. Tornei regionali, nazionali ed internazionali, organizzati nell’arco dei 52 week end disponibili, caratterizzano un’attività che negli anni ’90 riprende in maniera veemente rispetto ad un periodo di calo di interesse. Grazie a questa attività capillare, il movimento italiano si afferma come quello più competitivo in assoluto rispetto ad altre nazioni cardine del gioco, come il Belgio, la Francia, l’Austria, la Germania e la stessa Gran Bretagna. Il movimento in Italia conta, oltre ad un migliaio di iscritti, una galassia di appassionati e amatori che fanno salire a circa 7-8.000 i giocatori assidui. Con la sola eccezione del mondiale del 2000, l’Italia vince puntualmente la competizione a squadre iridata e spesso piazza un giocatore al vertice della competizione individuale. Nel 1977 si tennero a Roma i primi campionati a squadre di Subbuteo, organizzati dalla omologa Federazione Italiana legata al marchio originale. Vinse, in un torneo composto da sole tre squadre partecipanti, la “O.S.L. Organizzazione Subbuteo Lazio di Roma”. Questi i componenti di quella squadra: Giovannella Carlo, Scaletti Alessandro, Gambara Guido, Di Silvio Giuseppe, Amadei Giovanni. Questa è l’unica affermazione di una squadra del Lazio nella massima competizione nazionale a squadre. A memoria di appassionati e scorrendo i cataloghi Subbuteo, si ha menzione per la prima volta di squadre con i colori della Roma e della Lazio nell’annata 1974/’75. Queste sono le immagini di quelle squadre originali.
Oltre il Subbuteo Ci furono vari tentativi nel corso degli anni di riproporre la bellezza del calcio in un luogo ristretto e prettamente “casalingo”. Oltre al conosciuto “Calcio Balilla”, che poco si addiceva alle esigenze di spazio e soprattutto alle tasche della stragrande maggioranza delle famiglie italiane, si assiste, soprattutto grazie alla ditta “Arcofalc” alla nascita del “Calcio a molla” seguito dopo qualche anno dal “Dribbling” . Ma il tentativo più suggestivo ed efficace di copiare il più noto Subbuteo fu messo in opera dalla “Atlantic”, nota ditta produttrice
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di soldatini in plastica. Il gioco si chiamava “Giocagol” e così come nel Subbuteo, si giocava con delle miniature che dovevano scorrere su un campo composto da due metà di cartone lucido. Molto economico e di facile montaggio, non ebbe però sufficiente successo per far decidere alla ditta produttrice di proseguire nell’esperimento.
Le regole del gioco Le miniature possono essere colpite solo ed esclusivamente in punta di dito con un colpo diretto senza fare leva tramite il pollice. Ogni miniatura ha a disposizione tre colpi sulla palla per avanzare, terminati detti colpi il giocatore attaccante deve colpire la palla con un’altra miniatura per poter proseguire. Il giocatore in difesa può contrastare il giocatore in attacco tramite un numero di colpi pari ad ogni colpo effettuato dal giocatore attaccante. Il giocatore attaccante può effettuare un tiro in porta solo ed esclusivamente quando la palla ha completamente varcato la linea di tiro nell’area avversaria. Il tiro può essere effettuato con qualsiasi miniatura del giocatore attaccante posta in qualsiasi punto del campo. L’attaccante perde il possesso di palla se manda la stessa a colpire una miniatura ferma del giocatore in difesa, se non arriva ad effettuare il colpo sulla palla oppure se manda la palla fuori dal campo. Se si verifica uno di questi tre casi, il difensore di-
Attività in Italia: dalla F.I.C.M.S. alla F.I.S.C.T. In Italia i tornei e le manifestazioni agonistiche furono organizzate prima dalla FICMS (Federazione Italiana Calcio in Miniatura Subbuteo) e successivamente dall’AICIMS (Associazione Italiana Calcio in Miniatura Subbuteo). Negli anni d’oro i tornei di Subbuteo in Italia erano frequentissimi, ma il sogno dei subbuteisti italiani era indubbiamente partecipare e conquistare il Guerin Subbuteo. Il Guerin Subbuteo, organizzato per la prima volta nel 1978, è stato per quasi vent’anni la maggiore manifestazione di Subbuteo a carattere nazionale. Organizzato in collaborazione tra Parodi e il settimanale calcistico Guerin Sportivo, era aperto a tutti poiché si svolgeva attraverso una prima fase di selezione regionale e una fase finale di carattere nazionale, suddivisa nelle due categorie juniores e seniores. Di pari prestigio era anche il Campionato italiano, organizzato per la prima volta nel 1974; tutti i più grandi giocatori di Subbuteo italiani hanno almeno una volta iscritto il loro nome nell’albo d’oro di uno di questi tornei, o nell’albo d’oro del Torneo Primavera, storico torneo organizzato annualmente a Genova in occasione della Fiera campionaria. Tra i più forti giocatori bisogna certamente ricordare Stefano Beverini, Andrea Piccaluga, Edoardo Bellotto, Davide Massino, Mario Baglietto (campione del mondo categoria juniores nel 1982), ma soprattutto Renzo Frignani, il quale fu per ben sei volte vincitore del Guerin Subbuteo, ma fu soprattutto Campione del Mondo nel 1982 a Barcellona e Campione d’Europa due anni più tardi a Parigi. Ai club era invece destinata la Coppa Italia, organizzata dal 1977 al 1983, e poi so-
venta attaccante e viceversa, l’attaccante diventa difensore. Il campo deve avere le seguenti misure: dai 90 cm. fino a un massimo di 140 cm di lunghezza. e dai 60 cm fino a un massimo di 100 cm. di larghezza. La superficie di gioco deve essere circondata da una ulteriore porzione di panno, compreso entro un massimo di 30 cm. Ogni metà campo dovrà essere suddivisa a sua volta a metà da una linea che delimita l’area di tiro. Le miniature dovranno rappresentare una figura umana e non essere più alte di 3,9 cm con un’altezza minima di 2,7 cm. Il pallone è una sfera vuota del diametro di 2,2 cm, in materiale plastico, del peso esatto di 1,5 grammi.
Tornei internazionali La F.I.S.T.F. ha recentemente assegnato alla città di Roma l’organizzazione dei 18esimi “Campionati del Mondo di Calcio da Tavolo” da svolgersi in un week-end da destinarsi nel mese di settembre 2011 (www.fistf.info). Il 30 e 31 ottobre 2010, si è svolta a Roma la prima edizione della Europa League di Calcio da Tavolo.Il torneo internazionale era riservato a tutti quei club europei che, nei rispettivi tornei nazionali, si sono qualificati tra il terzo e quinto posto in graduatoria. Il C.C.T. Roma, al quale è stata assegnata l’organizzazione dell’evento, ha partecipato in funzione del 5° posto conquistato agli ultimi campionati italiani.
stituita dal 1984 con il Campionato Italiano Subbuteo per squadre di club, suddiviso in una serie A di carattere nazionale e una serie B di carattere regionale. Dopo i mondiali del 1990, svoltisi a Roma, e gli Europei tedeschi di Amburgo nel 1992, l’organizzazione agonistica del Subbuteo gestita dalla Waddington andò in crisi, generando un lento passaggio dei migliori giocatori verso la ETF European Table Football, nonostante l’ultimo tentativo di organizzare negli Stati Uniti, per la prima volta oltre oceano, il 7° Mondiale di Subbuteo, in concomitanza con i mondiali di calcio di USA’94. Negli stessi anni infatti oltre ai tornei di Subbuteo, si era sviluppata una serie di manifestazioni di grande importanza organizzate dalla ETF, nella quale non era imposto l’uso esclusivo di materiale marchiato Subbuteo. Da questo movimento, che si era ormai consolidato con una lunga tradizione agonistica, e dalla scissione della struttura agonistica del Subbuteo nacque l’attuale calcio da tavolo, che deriva ovviamente dal Subbuteo ma ne ha modificato i materiali (basi e portieri) e il regolamento, con l’intento di trasformare il gioco in una attività sportiva codificata e riconosciuta, che fa oggi riferimento alla FISCT in Italia (Federazione Italiana Sport Calcio da Tavolo) e internazionalmente alla FISTF (Federation International Sports Table Soccer). Per tutto quanto concerne l'attività della FISCT basta fare riferimento al sito ufficiale www.fisct.it. Mentre per ciò che riguarda l'attività internazionale il sito della FISTF è www.fistf.info. Il Club Calcio da Tavolo Roma, che gestisce in nome e per conto della F.I.S.C.T. lo stand promozionale di calcio da tavolo all’International Fifa Fan Fest, è uno dei più antichi club di Subbuteo – Calcio da Tavolo d’Italia. Nato nel 1978, dall’iniziativa dell’attuale presidente Fabrizio Sonnino e di Andrea Nicotra, il club si distingue negli anni seguenti per una fitta attività regionale che mai però sfocia in risultati degni di rilievo. Nella massima serie ci si può fregiare di un 4° posto ottenuto nel 2000, oltre a una serie di vittorie in vari tornei nazionali raccolti negli anni, oltre ad una vittoria in Francia nel GP di Montecarlo e una recente affermazione al GP di Malta. (Sito web: cctroma.jimdo.com).
I nuovi giocatori con la base più schiacciata
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Arbitri e guardalinee Tra le tante figure del Subbuteo ci sono anche arbitri e guardalinee. E con il quarto uomo, arriva anche la lavagna luminosa!
La coppa Tra gli accessori, anche la coppa preziosa da conquistare.
Il giocatore
Una base tonda e il giocatore sopra pronto a scivolare sul campo.
Polizia Il tabellone
La torre Tv
Il tabellone in miniatura per segnare i risultati della partita.
Una perfetta ricostruzione modellistica per l’operatore Tv.
La scatola
La pubblicità
La storica confezione del Subbuteo, emozione per ogni bambino... e adulto.
Come nel calcio vero, chi costruisce il proprio stadio, non dimentica i cartelloni pubblicitari.
I numeri sulle maglie Pennellino, colla, numeri e loghi adesivi. C’è tutto per personalizzare la propria squadra.
Le bandierine Tanti gli accessori in anni di storia. Ecco le bandierine del calcio d’angolo.
La mascotte
Ci sono i tifosi. Compare quindi anche la polizia...
Qualcuno, tra i fans che hanno trasformato il Subbuteo in un’arte per collezionisti, pensa alla mascotte.
Le panchine
La porta
Panchine e linea di delimitazione. C’è tutto, come in una partita vera.
La porta da gioco fa bella mostra nel salotto di casa.
Il tifo Non c’è stadio senza la passione della gente, anche in formato miniatura.
Lo stadio Tanti i pezzi in commercio . Quanti bastano per costruire uno stadio.
Largo ai collezionisti
Il faro Tra i primi accessori del Subbuteo, c’era anche il faro.
Squadre schierate Ecco le squadre pronte a giocare.
La palla La palla più famosa dopo quella vera...
Anche il rugby ha il suo Subbuteo Chi pensa che sia solo il calcio protagonista del gioco da tavola più importante del mondo si sbaglia. Anche il Rugby la fa da protagonista.
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«Nelle tante sfaccettature del mondo del Subbuteo detiene un posto importante quella del collezionismo», racconta Morgan Croce giocatore sia di Calcio da Tavolo (subbuteo professionale) sia di Old Subbuteo (subbuteo amatoriale) e, soprattutto, collezionista. «Il collezionismo inizia per tanti motivi, principalmente per la grande passione che si ha per questo gioco e spesso per compensare quella frustrazione che si aveva da bambini quando non ci si poteva permettere troppe cose, visto che il Subbuteo era un gioco particolarmente caro. Squadre hw squadre lw squadre zombie, palloni, accessori vari per costruire uno stadio vero, dalla polizia a cavallo ai riflettori, dal cameraman ai raccattapalle per arrivare ai tifosi e finire alla Regina d'Inghilterra che consegna la coppa... Privati, ebay, mercatini ai vari tornei... importante avere fondi illimitati per "comprare" il sogno e continuare a restare bambini ad oltranza!»
Tommaso Rocchi, racconta una sua passione «Quella è una foto che è stata scattata qualche tempo fa a Formello. Da bambino giocavo spesso con il Subbuteo e davo vita di frequente a prolungate sfide con i miei fratelli», così spiega Tommaso Rocchi, attaccante della Lazio che prosegue: «Poi sono cresciuto e l’ho messo da parte, ma so che ultimamente è tornato in voga. Ora la gente preferisce di gran lunga la playstation o la Xbox, le persone vanno di pari passo con i tempi, in questo caso con le consolle. È chiaro che in parecchi giochino al fantacalcio o partecipino ad altri passatempi virtuali, ma non bisogna abusarne, perché se uno entra troppo nel meccanismo, poi è difficile distaccarsene».
GIOCANDO DI FANTASIA
Il tifo Uno stadio ricostruito come fosse un plastico, quello che vediamo nella foto. Ma anche il Subbuteo che entra negli stadi. Spesso, le tifoserie di Roma e Lazio, hanno attinto al celebre gioco per ricordare, sulle proprie bandiere o stendardi, passioni antiche e un modo di vivere il football Anni ‘70 che calcio moderno ha quasi ormai cancellato.
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Quel calcio in punta di dito
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ra il calcio a punta di dito. Ma è uno di quei casi in cui lo slogan non rende giustizia. Perché il Subbuteo era molto di più. Aprire il campo verde, spiegarlo, la tavola sottostante a tenerlo teso, era spalancare il sipario dell’immaginazione, volare da San Siro al Bernabeu, oppure al Cibali piuttosto che al vecchio Grezar. Questione di gusti. Certo è che importavano poco quelle due linee (a segnalare la zona soggetta a fuorigioco) che all’Olimpico, a ben ricordare, non c’erano proprio. O che il pallone fosse grande come i giocatori, basetta compresa. Le pitture delle maglie erano approssimative come l’originale, prima che la tecnica industriale si affinasse arrivando perfino a riprodurre dettagli minimi. Ma l’impressione era fortissima, anche senza ricorrere agli accessori che servivano a ricostruire l’intero stadio. Come nella vita, i figurini nascevano uguali, per poi diversificare il proprio destino con l’applicazione del numero. Perché allora, il numero 2 diventava per sempre il terzino destro, e lo relegavi a una vita da mediano in quella zona laterale della difesa, pronto a sfruttare la possibilità di intervenire per chiudere l’avversario e buttare la palla in fallo laterale. Per lui, non ci sarebbero stati gol, indovinando traiettorie spettacolari, con il portiere che ti aspetta a mezz’aria, la stecca dietro e la mano pronta a scattare. Poi parte un po’ tutto: il pallone, il giocatore che ha tirato, un paio di difensori che erano sulla traiettoria e allora il portiere scatta di un movimento casuale, facendo suo il vecchio adagio che un allenatore dei bei tempi del catenaccio all’italiana distribuiva ai suoi mastini: “Prendete tutto quello che si muove”, aggiungendo poi, sardonico: “Se fosse il pallone, pazienza”. Al gol gli omini rimanevano impassibili. Perfino, lui, il numero 9, che al contrario dei suoi rozzi colleghi della difesa era invece destinato a una fulgida carriera davanti alla porta avversaria, correndo poco, forse sgomitando, segnando, di tanto in tanto e se possibile. Comunque fosse andata, non avrebbe trovato folle di giornalisti all’uscita degli spogliatoi. Ma intorno al campo, nella stanza, le esultanze c’erano, eccome. Smodate corse sul balcone, verso il televisore, lungo il corridoio, verso l’armadio, mentre l’avversario, nero in volto, disponeva i suoi per la rimonta, guardando l’orologio. Quanto manca? Un minuto. Troppo poco, e allora tutti avanti, schierati sulla riga di centrocampo, a buttarla nell’area di rigore, decenni prima del tormentone insopportabile di Caressa (“la preghierina”), e allora i destini di tutti possono nuovamente invertirsi, perché stavolta non stai a guardare i numeretti quando butti tutti alla rinfusa per cercare il pareggio e, se riesci, solo dopo vai a vedere chi ha segnato e magari scopri che chi ha fatto gol è il tuo terzinaccio, o perfino lo stopper, che dovrebbe solo saltare di testa,
Sociologo
Aprire il campo verde, spiegarlo, la tavola sottostante a tenerlo teso, era spalancare il sipario dell’immaginazione…
sul cross che è anche il terzo tocco del tornante avversario, ma non può alzarsi perché la basetta lo zavorra e lo tiene inchiodato, e non gli resta che guardare, sperare nel portiere che è già lì, ad aspettare a mezz’aria. E magari, ricostruendo mentalmente il gol, ripensi sorridendo che solo qui Longobucco (che nella realtà ha i baffi, tanti, ma qui no perché sono tutti uguali), prima di fare gol si è bevuto Vogts e poi addirittura Beckenbauer, e anche Maier non ha potuto nulla, “vanamente proteso verso il palo alla propria destra”, ripetiamo come abbiamo sentito dire in tele a cronisti che oggi sembrerebbero dinosauri del Parco Jurassico, alternando parole a muggiti, grugniti e quanto possa aiutare a ricostruire l’effetto sonoro del pubblico. Ovviamente impazzito: quando gli capiterà più di rivedere Longobucco che buca la difesa della Germania mondiale? E arriva, immancabile, l’ora di cena, la tavola e il campo escono di scena, il più delle volte dietro la porta della camera, che poi bisogna stare attenti ad aprirla di scatto per evitare che i pali delle porte, sporgenti, non finiscano in frantumi. Come le carriere degli omini, a rischio tacchetti, non dell’avversario bensì dell’amico distratto che li acciaccava per sbaglio quando finivano sul pavimento. Come per un menisco degli anni Trenta, difficilmente, dopo, si tornava in campo. Per loro, eroi sfortunati, c’era un cassetto destinato. Un sistema pensionistico molto più efficace di qualsiasi stato sociale, dove si poteva rimanere nell’ombra anche per anni, in attesa, chissà, di un miracolo, o che inventassero una nuova colla in grado di rimetterli in piedi senza assumere un aspetto orribilmente deformato. O, più semplicemente, anni consumati nella mai troppo realizzata speranza di crescere, e allora il problema si sarebbe risolto da solo, perché immaginavamo (ingenui!!!) che il Subbuteo fosse un gioco e quindi prima o poi l’avremmo accantonato come le marionette o le costruzioni (ammesso che qualcuno che legge un articolo come questo vi abbia mai giocato. Io personalmente no). E nell’attesa di crescere, ci allenavamo disegnando striscioni da appendere alla recinzione, che poi, ovviamente, non avevano la gente dietro, creando un effetto visivo tipo ritiro estivo, solo che stavolta in campo non s’erano i boscaioli del Trentino, ma magari una finale di coppa Italia, per arrivare alla quale ti eri sciroppato tutte le qualificazioni, e per risparmiare tempo avevi copiato dai gironi di quella vera… Bacchetta magica, formula di rito, la macchina del tempo che avanza ed eccoci ai giorni nostri. Volenti o nolenti siamo cresciuti, se bene o male ognuno risponda per sé. Il calcio è cambiato, molto. Anzi è qualcosa che trent’anni fa non avresti mai nemmeno immaginato. Per fare un esempio, così, il primo che viene: Tutto il calcio minuto per minuto versione televisiva. Impensabile. Quando i bambini di otto anni hanno il cellulare e tutto si muove per via informatica è ovvio che la manualità del Subbuteo, per modesta che fosse, risulta comunque eccessiva. Infatti Subbuteo chiude. Era stato inventato poco dopo la Guerra. Doveva il suo nome a un falco, perché il suo inventore era, tra l’altro, appassionato di ornitologia, e il movimento delle dita gli ricordava, con una fantasia che non poteva fargli difetto, la picchiata del rapace. Quando entri in un negozio di giocattoli è inutile cercare la parete verde, sebbene i commessi, sorridenti quanto ignari, ti indichino un surrogato che sta all’originale come il karkadé di bellica memoria sta al caffè. Ti ritorna in mente il vecchio catalogo, pagine e pagine di maglie, la Quarta divisione inglese, la nostra serie C, mentre l’emulo moderno si limita a qualche big da Champions’. Ma hanno ragione: sanno che la Pro Patria non la venderebbero nemmeno a Busto Arsizio Il nuovo calcio è la Playstation, un CD che ti basta un solo cassetto, anzi un angolo, perché nel resto ci sono ancora piccoli mostri deformati per sempre. Perché quella colla speciale non l’hanno ancora inventata. Luca ALEANDRI
La storia di un torneo che l’Italia ha colorato d’azzurro L’Italia ha vinto tre volte la Federation Cup. Il racconto della storica vittoria della scorsa stagione e il livello del movimento femminile, alla vigilia del primo turno, in Australia, della Fed Cup 2011 a Fed Cup è ancora azzurra, o meglio rosa-azzurra. L’Italia vince contro gli States a San Diego, con una vittoria firmata da Flavia Pennetta e costruita insieme a Francesca Schiavone, divenuta nel frattempo n. 4 del Mondo grazie agli eccezionali successi negli Australian Open. Si tratta di un risultato storico per il tennis femminile italiano: la squadra composta da Flavia, Francesca, Sara Errani e Roberta Vinci porta a casa il terzo titolo di sempre, disputando la quarta finale in cinque anni. La sensazione di forza è tanta che l’euforia per la vittoria è, se possibile, composta. Del resto, dopo la vittoria cappotto per 5 a 0 contro la Repubblica Ceca, giocata al Foro Italico a Roma durante gli Internazionali BNL d’Italia, lo squadrone italiano della Federation Cup partiva per San Diego da favorito, con un titolo da difendere conquistato lo scorso anno a Reggio Calabria proprio in una finale contro la rappresentativa a stelle e strisce. Con l’assenza delle Williams, poco ha potuto il team capitano dall’ex tennista di vertice Marie Joe Fernandez che nella prima giornata ha tenuto fuori la giovane ma esperta Melane Oudin, già a Reggio Calabria l’anno scorso, per mandare in campo una sconosciuta al grande pubblico, Coco Wandeweghe. Tennista che però fallisce il
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di Laura PATERNO foto Getty Images
CONOSCIAMO
Flavia Pennetta
primo giorno contro la Schiavone e il secondo giorno contro la Pennetta. Quando però, il secondo giorno, sul due a zero, contro la nostra prima singolarista, Francesca, entra in campo a sorpresa la Oudin, la biondina americana si prende una bella rivincita, riuscendo a incrinare certezze e colpi di Schiavone e vincendo, unico punto per gli Usa, per 6-3, 6-1. L’Italia pare vacillare di fronte alla sicurezza ormai acquisita, ma ci pensa Flavia a rimettere tutto a posto. «Siamo stati bravi e fortunati a mettere in campo sempre le migliori. La nostra grande forza è stata il gruppo», è stato il commento a caldo di Nicola Pietrangeli. Un gruppo che così compatto non è stato mai nella storia tricolore di questo sport. Spesso, infatti, i successi della squadra femminile sono stati accostati all’altro grande team che ha fatto sognare gli appassionati italiani: la squadra di Adriano Panatta e Corrado Barazzutti che vinse la Davis nel 1976 (unica volta per gli uomini) e disputò 4 finali in 5 anni. Ad a v v i c i n a re ancora di più le nostre atlete ai tempi d’oro dell’Italia tennistica è arrivata a giugno la grandissima vittoria di Francesca Schiavone al Roland Garros, tempio del tennis su terra rossa, proprio come fece Adriano Panatta nel 1976. Le migliori donne di sempre, insomma, che fanno parlare di sé su giornali e televisioni, e che mettono decisamente in ombra la navigazione a vista dei maschietti azzurri. La stessa Flavia, a caldo, dichiara: «Se al nostro posto ci fossero i maschi ci sarebbe stata sicuramente più attenzione. Se avessi vinto la Davis, oggi sarei un Padreterno». Una vittoria tutta rosa, quindi, che brinda al carattere tosto e guerriero di queste ragazze, mentre i nostri uomini sembrano soffrire di vari complessi tra cui una cronica mancanza di mordente agonistico o spaesamento esistenziale. In squadra qualcuno si è fatto indietro dicendo di non essere
all’altezza e singolarmente, nei grandi tornei, non riescono ad andare oltre i primi turni. Così, si vivacchia guardando alle donne, vero traino del movimento tennistico del nostro Paese, e mirando a rubacchiare segreti ai vicini di casa. Vicini come quelli della ormai famosissima scuola spagnola che ha allevato nell’ultimo lustro l’invincibile armata, ovvero tanti campioni forti fisicamente, tecnicamente e mentalmente. Mistero Italia: da noi, così come quei muscoli e quei campioni, lievitano solo i panettoni sotto le feste di Natale. Ma per fortuna ci sono le donne. E Francesco Ricci Bitti, Presidente dell’International Tennis Federation, chiosa: «Stiamo arrivando fra le nazioni che hanno lasciato il segno nel tennis». Si, ma solo in rosa.
Lea Pericoli
DAL 1963 AI GIORNI NOSTRI a “prima volta” della Fed Cup, il più importante torneo di tennis per nazioni al femminile, è stata a Londra nel 1963. Inizialmente senza premi in denaro e con la squadre obbligate a pagarsi le spese di viaggio. Oggi il torneo riscuote sempre più adesioni grazie all’avvento massiccio degli sponsor. L’Italia si è aggiudicata il primo posto nel ranking della competizione, grazie al maggior numero di punti accumulati: guida la classifica davanti a Russia e Stati Uniti. Queste ultime, sempre presenti, sono in testa invece alla classifica per numero di vittorie, 17, seguite a distanza dall’Australia (7) e dalla Spagna (5), a pari merito con la Cecoslovacchia. L’Italia vanta tre vittorie, nel 2006, 2009 e 2010, mentre ha perso la finale nel 2007 contro la Russia. Nell’edizione 2010, la 48esima, sono scese in campo 80 nazionali, cinque in più rispetto all’edizione precedente, suddivise, a seconda del punteggio, in tre categorie. Il tabellone della massima serie, chiamato World Group, ha visto le migliori 8 nazionali scontrarsi: Italia, Ucraina, Repubblica Ceca, Germania, Serbia, Russia, Francia e Stati Uniti. Le ragazze guidate da Barazzutti hanno vinto nei quarti contro l’Ucraina, a Kharkiv, per 4 a 1, e in semifinale hanno regolato la Repubblica Ceca per 5 a 0. L’altra squadra finalista, gli Usa, ha invece vinto per 4-1 contro la Francia e 3-2 contro la Russia. Ogni “round”, che dura due giorni, si decide in quattro singolari e un doppio, che assegna la vittoria in caso di parità.
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TUTTE LE ITALIANE IN FED CUP L'Italia fa parte delle 16 squadre iscritte all’edizione inaugurale del 1963 con due grandi giocatrici: Lea Pericoli - fino al 1975 e Silvana Lazzarino. Dopo un periodo intermedio negli anni ‘70, quando in nazionale giocano Daniela Porzio, Manuela Zoni e Rosalba Vido, negli anni ‘80 si affacciano alla ribalta Raffaella Reggi e Sandra Cecchini (tuttora record di 25 incontri disputati): riescono a far rientrare l’Italia nella top 8 di Fed Cup nel 1984, 1985, 1986 e 1991. Nel 1999 l’Italia entra nel World Group, il tabellone delle più forti nazioni del mondo, e conquista la prima semifinale della sua storia grazie a Silvia Farina e Rita Grande. La seconda semifinale, nel 2002, coincide con l'esordio in Fed Cup di Francesca Schiavone. Dal 2003, a fare da rinforzo alle più esperte Farina e Grande, arrivano Maria Elena Camerin, Antonella Serra Zanetti, Tathiana Garbin. Nel 2004 a Rimini, l'Italia sfiora la terza semifinale. Silvia Farina passa definitivamente il testimone a Francesca Schiavone e, al suo fianco, l'inserimento di Flavia Pennetta. Nel 2006 è successo assoluto: a Charleroi contro il Belgio, Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Mara Santangelo, Roberta Vinci, Romina Oprandi e Tathiana Garbin vincono la Fed Cup per la prima volta nella storia. Nessuna squadra aveva vinto la Fed Cup conquistando tre successi sul terreno delle avversarie. Un capolavoro.
L’intervista a Flavia Pennetta
Flavia Pennetta porta il tennis nella cornice magica del Colosseo. Alla vigilia degli Internazionali 2008, la campionessa italiana ha sfidato la stella francese Amélie Mauresmo su un campetto allestito ad hoc all’ombra dell’anfiteatro. Un’esperienza che Flavia non ha mai dimenticato: «Sono felice di avere avuto la possibilità di giocare in un’atmosfera assolutamente magica. Non è stato facile concentrarmi sulla palla in quel meraviglioso scenario che mi circondava! È stato come vivere in un film».
Una delle protagoniste assolute del tennis italiano, numero Uno nella classifica mondiale di doppio, ha deciso di raccontarsi a SPQR Sport, svelando retroscena e segreti lavia è estroversa, simpatica e schietta. Giramondo come tutti gli sportivi, nel 2010 ha stabilito il record di partite giocate del circuito femminile e ha viaggiato per più di 130mila km, pari a tre volte il giro della terra. Quando parla si avverte una lieve sonorità pugliese: è infatti nata a Brindisi ma ormai è romana di adozione e ha anche giocato per il Tc Parioli in A1. E in questo mix c’è anche un po’ di iberico per via degli anni passati in Spagna. Anni importanti della sua vita, quando scherzava con Nadal ed era la fidanzata ufficiale del bellissimo Carlos Moya. La storia finisce, ma lei ne esce a testa alta affinando le unghie da agonista qual è, e sfoderando una qualità tennistica molto migliorata. Entra ad agosto del 2009 fra le migliori dieci al mondo, prima italiana della storia. Le mancano ancora i picchi raggiunti dalla collega milanese Francesca Schiavone, certificati dal bottino di uno Slam, ma se lo merita certamente per impegno e dedizione e perché al tennis italiano lei ci ha sempre creduto. In più, dopo la vittoria agli Open d’Australia in coppia con l’argentina Gisela Dulko e il Master di Doha, ha anche il record assoluto azzurro nel doppio ed è numero Uno della classifica mondiale.
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Iniiziam mo dallla viittorria di Saan Dieego deella scorsa stagione. «Sono contenta che la squadra si sia ripetuta e personalmente di chiudere l’anno così bene. Ero giù fisicamente e molto preoccupata di non farcela». Coosa rapprresen ntaa peer te gioocare neella Fed Cu up? «Far parte della squadra azzurra per tutte noi è sempre motivo di grande orgoglio. In questi ultimi quattro anni ci siamo unite molto, di conseguenza giochiamo bene quando si tratta di difendere i colori azzurri. Magari non siamo le più forti giocatrici del mondo, ma insieme siamo una squadra forte. Siamo scese in campo per fare del nostro meglio, come sempre. La nostra fortuna è che oltre ad essere com-
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pagne di squadra siamo anche molto amiche, e questo ci da una forza in più». Se ci fossero state le sorelle Williams pensa che l’avreste spuntata ugualmente? «Forse le nostre chance sarebbe diminuite. Ma abbiamo combattuto tanto, e abbiamo eliminato due squadre molto forti. Credo che nessuno ci possa togliere qualcosa». Una battuta sulla vittoria di Francesca Schiavone al Roland Garros? «La ricordo come fosse oggi. Bellissima partita! Grande vittoria. Sono stata molto contenta per lei». Sei una delle atlete di punta del tennis italiano. Come vivi questa condizione? «Sicuramente mi piace avere una posizione privilegiata nel tennis italiano femminile. Inoltre, penso che al termine della carriera potrei aiutare i più giovani a diventare dei bravi professionisti. E comunque, alla vigilia di una gara importante, quando magari si parla di me, non mi importa molto di quello che si aspettano gli altri. Più che altro penso a quello che io aspetto da me stessa e a quello che devo fare: migliorare e lavorare su
un determinato aspetto del gioco. Gli altri si possono aspettare tantissimo ma per me sono molto più importanti il feeling con me stessa e le mie aspettative».
sempre piacere tornare e Roma, ho tanti amici, è una città bellissima e mi trovo veramente bene quando ci torno. Purtroppo ci torno poco però».
Ma ora sei il volto del tennis italiano, ti invitano alle trasmissioni, vieni riconosciuta per strada... «Dal 2006, grazie alla Fed Cup, tutte abbiamo fatto un salto di popolarità considerevole: molta gente si è avvicinata al tennis e ci riconosce per strada. Chissà, magari quando le cose non andranno più così bene, spariremo».
Ti è piaciuto il nuovo stadio centrale del Foro Italico? «Si, veramente bello».
Da tempo vivi e ti alleni all’estero. Una scelta professionale o personale? «Attualmente mi alleno a Verbier, in Svizzera. Lasciare l’Italia è stata una scelta dovuta per diversi motivi, e comunque in Italia non c’era nessuno che mi potesse seguire nella maniera che volevo, o meglio, gli allenatori migliori per me erano tutti impegnati. All’estero invece ho trovato Gabriel Urpico, con il quale lavoro da sei anni, all’inizio in Spagna, mentre ora ci dividiamo tra la Svizzera, dove io vivo, e la Spagna, dove vive lui. Cerchiamo di alternarci un pochino tutte e due per stare un po’ di più a casa». Ogni tanto però vieni anche a Roma…. «Ho vissuto a Roma per tre anni. Girando così tanto il mondo ci si rende conto che come l’Italia non c’è nessun Paese. A me fa
Rafa Nadal in un’intervista che ci ha rilasciato agli Internazionali ha detto che siete amici… «Si, lo siamo. Io e lui ci conosciamo da tanti anni. Ci siamo allenati anche un paio d’anni insieme, nel senso che il suo preparatore fisico lavorava anche con il mio preparatore fisico, e in più è molto amico del mio ex ragazzo. Lo ricordo molto piccolo, Rafa, avrà avuto 19 e 20 anni, quando ci siamo conosciuti. E comunque siamo rimasti molto legati». Come è cambiato il tennis femminile negli ultimi anni? «È cambiato tanto perché prima c’era il dominio assoluto delle prime dieci del mondo, che non perdevano quasi mai o arrivavano quasi sempre alla fine dei tornei. Adesso il livello delle giocatrici di dietro, quelle che vanno dal ventesimo posto in giù, si è molto alzato e di conseguenza il gap è inferiore nei grandi tornei. Vedi giocatrici numero due, tre o quattro del mondo che possono perdere anche dalla numero 30 e 40 del mondo. Questo penso che sia positivo perché c’è un pò più interesse: non c’è più la routine, non è sempre la stessa cosa e questo è una cosa che al pubblico può piacere».
UNA COPPIA DA RECORD Flavia Pennetta e Francesca Schiavone (nella foto a destra ospiti in uno dei salotti televisivi più seguiti dal paese, quello del “Chiambretti Night”, tra tennis e battute piccanti come nello stile del presentatore) rappresentano il tennis italiano che vince. La Schiavone ha anche conquistato l’ultima edizione del Roland Garros, prima italiana di sempre capace dell’impresa. Francesca gareggia per il Tennis Viterbo. Nella foto in basso la Pennetta festeggia con un “gavettone” insieme con la Schiavone.
Quali sono, fra le tenniste, le italiane più grandi? «Sicuramente, senza andare troppo indietro nel tempo, Raffaella Reggi, Sandra Cecchini e Silvia Farina: tre atlete che hanno marcato gli Anni ‘90. Per gioco e per stile, comunque, Lea Pericoli non verrà mai superata da nessuna. Poi ci siamo Francesca ed io!». E i giocatori e le giocatrici più simpatiche del circuito? «A parte le italiane, sicuramente le spagnole e le argentine, molto più simpatiche delle altre». La squadra italiana maschile ha fallito ilplay off in Davis. Tante erano le aspettative e le speranze. Per l’occasione, la Coppa Davis era tornata sulle reti televi-
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sive in chiaro. «Sono stati sfortunati. Meritavano di vincere. Seguo tutte le loro partite, agitatissima ma anche felice per le loro vittorie e anche per il Capitano (Barazzutti, lo stesso della Fed Cup, ndr) perché se lo merita. È una squadra che si è attirata sempre molte critiche, non avendo fatto quel passo in avanti che tutti si aspettano e vorrebbero che facessero. Invece hanno dimostrato più volte che ci tengono alla maglia azzurra. Si sono impegnati e se non sono arrivati alla serie A in questi anni è perché hanno avuto anche un po’ di sfortuna nei sorteggi». Le cose più importanti per Flavia oggi? «Sicuramente il tennis rimane la priori-
tà, ma nel mio cuore c’è sempre la mia famiglia e le mie amicizie. Le prime soprattutto, che sono quelle che poi rimangono di più, e che ci sono sempre in tutti i momenti. Io sono molto legata alla mia terra a quelle che sono le mie origini, di conseguenza per me loro sono una cosa importantissima». Flavia persona. Tu e l’amore… «Per il momento non sono fidanzata e va bene così. Avere una relazione quando sei sempre in giro per il mondo senza rimanere per più di 7-8 giorni in un posto non è semplice. Però l’amore sarà al primo posto quando smetterò di giocare, vorrei avere dei bambini e una bella famiglia».
sport’s history
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CESARE PRANDELLI CT NAZIONALE
Sulle bandiere nel calcio. «Sono contento che Del Piero, Totti e Gattuso continuino a sperare in una chiamata, mi auguro però di non averne bisogno».
Il nuotatore della Larus Roma torna a pensare in grande. «L’obiettivo principale, per me, sono i Mondiali di Shangai del 2011, dove cercherò di rispolverare la corona utilizzata in occasione delle mie vittorie agli Europei e Mondiali».
ANDREA LO CICERO
hanno detto
RUGBISTA AZZURRO
Il futuro sarà in barca. «Con il rugby chiuderò nel 2012. Da lì in poi avrò in testa solo la qualificazione ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro da ottenere in barca sulla classe Star».
SCHERMA A ROMA APPUNTAMENTO AL 21 MARZO
FILIPPO MAGNINI BI-CAMPIONE DEL MONDO DEI 100 SL
n palcoscenico nobile per una nobile arte. È questo il contesto che dipinge al meglio la storia ed il mito di un personaggio illustre della scherma mondiale: l’olimpionico Edoardo Mangiarotti. Ed è proprio in questo contesto che è nato “Stoccate Vincenti”, la manifestazione che il prossimo 21 marzo in Piazza del Campidoglio renderà onore alle gesta al leggendario schermidore capace di conquistare, dal 1936 al 1960, sei ori, cinque argenti e sei bronzi olimpici: un primato mai superato da atleti italiani. Su una delle due steli posizionate ai piedi del Campidoglio, recentemente riportate al loro antico splendore grazie all'interessamento del Delegato alle Politiche dello Sport Alessandro Cochi, è inciso il suo nome vicino a quelli dei compagni che portarono i colori azzurri sul tetto del mondo all’Olimpiade di Berlino del 1936. «Ringrazio le istituzioni della giunta capitolina per rendere onore ad uno dei simboli dello sport italiano», le parole di Giorgio Scarso, Presidente della Federscherma, seguite da quelle del consigliere Vincenzo De Bartolomeo: «questa manifestazione rimarrà nella storia della scherma e di questa città perché per la prima volta la nostra disciplina avrà come palcoscenico uno dei luoghi simbolo della Città Eterna».
U
FISO LAZIO - ATTIVITA’ DEL 2011 Le attività dell’Orienteering a Roma sono iniziate il 30 gennaio, con la prima prova del Trofeo delle Ville nella parte ovest di Villa Pamphili... gara regionale con il coinvolgimento delle scuole. È il primo di una serie di appuntamenti romani che culmineranno ad aprile con una due giorni nazionale tra parchi e centro storico.
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Con 1.455 incontri di singolare vinti, Martina Navratilova è la tennista più vincente di sempre. Non ha però vinto gli Internazionali del Foro Italico, con 4 sconfitte in finale: due negli anni ’70 da Chris Evert, quindi negli anni ’90 da Monica Seles e Conchita Martinez
Storie da Raccontare
“MATUSALESTO” a “solo” 91 anni ed è il “nonno” più veloce del mondo. Romano, figlio di un ammiraglio, padre di 10 figli, nonno di 25 nipoti e bisnonno di 5, laureato in giurisprudenza, pioniere e ufficiale di cavalleria, Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica, direttore d’azienda in Costa Rica negli anni ‘50, promotore dello sviluppo dell’industria dei surgelati in Europa negli anni ‘60. Parliamo di “Matusalesto”, ovvero Ugo Sansonetti, la “Freccia Rossa” dell’atletica mondiale, ovviamente tra gli over. Quarantadue medaglie d’oro in competizioni internazionali master, delle quali 13 agli Europei, primato mai superato. Primatista mondiale dei 200 metri che ha corso a 90 anni in 41.22, degli 800 che ha corso a 90 anni in 4:28.07, e dei 60 metri che ha corso a 91 anni in 11.28. Chissà se Usain Bolt sarà capace di tanto quando avrà 90 anni! (f.p.)
H
LA PISTOLA LASER Ha fatto il suo esordio in via sperimentale questa estate alle Olimpiadi giovanili di Singapore, dal 2012 sarà utilizzata anche per i Giochi di Londra. La Pistola laser non è più un semplice gioco per bambini, ma ben presto sostituirà completamente quella ad aria compressa utilizzata nelle manisfestazioni sportive del Tiro a segno. Lo scopo? Quello di ridurre di due terzi i costi di questo sport e rendere la disciplina più sicura in modo da poterla svolgere in qualsiasi impianto.
Il peso della pistola laser è identico a quello di una pistola ad aria compressa. La struttura la medesima, il funzionamento pure. La differenza sta nel fatto che il percussore (ancora meccanico) anziché sbattere sul proiettile, colpisce un bottone che fa partire il raggio laser.
VANTAGGI Per gli atleti i vantaggi della pistola laser sono fondamentalmente due: 1) Non c’è rinculo anche se c’è sempre un minimo movimento dell’arma; 2) Non si perde tempo e concentrazione nel rimettere il colpo in canna, basta solo ricaricare l’aria compressa.
Impugnatura ergonomica Bilanciere per la regolazione dell’assetto
L’ultimo Mondiale di boxe disputatosi a Roma risale al novembre 2005, quando Vincenzo Cantatore non è riuscito, sul ring del Palazzetto dello Sport, a strappare la corona dei massimi leggeri al britannico Johnny Nelson. Verdetto ai punti, decisione non unanime.
A CURA DELL’UFFICIO FOTOGRAFICO DI ROMA CAPITALE
Cerimonia per il lancio ufficiale di “Every One”, la campagna mondiale di Save the Children. In piazza del Campidoglio, decine di bambini accompagnati dai calciatori della Fiorentina al completo e da rappresentanti istituzionali e personaggi del mondo dello spettacolo hanno trattenuto e abbracciato una moltitudine di palloncini rossi proprio per dire basta alla mortalità infantile e focalizzare l’attenzione sul dramma della malnutrizione.
CAMPIDOGLIO
NON SOLO SPORT
Visita del regista David Lynch al Tabularium, antico monumento che si trova sul Campidoglio. L’edificio era destinato a ospitare gli archivi pubblici dell’antica Roma. I documenti erano incisi su “tabulae bronzee”, da cui il nome dell’edificio. Attualmente il Tabularium è il basamento sul quale si erige il palazzo Senatorio, sede di rappresentanza di Roma Capitale.
Spettacolare panoramica interna del Colosseo dalla terrazza del 3° anello con i suoi 33 metri di altezza dal livello della piazza. Proprio la possibilità di accedere all'ultimo anello è importante per comprendere i rapporti tra lo stesso Colosseo e la vasta area del Foro Romano e allo stesso tempo recuperare la percezione dei volumi originari del monumento. Inoltre, l’apertura degli ipogei e della Porta Libitinaria hanno creato nuovi percorsi che permettono ai visitatori di osservare per la prima volta quelle parti del Colosseo che non erano mai state accessibili.
MICHEL FABRIZIO
La gara conclusiva del Mondiale del 1950, quella della tragedia del Brasile, sconfitto al Maracanà di Rio de Janeiro dall’Uruguay, fu arbitrata dall’inglese Reader. Il fischietto, con i suoi quasi 54 anni, è il più vecchio ad aver mai diretto una gara di simile importanza.
Professione “Stato civile”
PILOTA DI SUPERBIKE SPOSATO CON DEBORAH, PADRE DI NICOLAS E MICOL Nato FRASCATI Il 17.09.1984 Soprannome URAGANO Abita ROMA Numero di gara 84 Prima gara in Superbike 2006, QATAR Primo giro più veloce 2008, BRNO Primo podio 2006, BRNO Segni particolari NON SI VEDONO, VA TROPPO VELOCE Fede calcistica ROMA. PERÒ SI CHIAMA MICHEL IN OMAGGIO A PLATINI, DI CUI IL PADRE ERA TIFOSO SFEGATATO Hobby GIOCARE A CALCETTO, ANDARE AL CINEMA
LA POLVERIERA VOLETE RACCONTARCI UNA STORIA PARTICOLARE LEGATA AD UNO SPORTIVO? O UN LUOGO DELLA CITTÀ DOVE LO SPORT È PROTAGONISTA? INVIATE LA VOSTRA SEGNALAZIONE A: redazione@spqrsport.it NEWS | 117
diSPORT
aracanà, Bombonera, M Santiago Bernabéu, Wembley Stadium, Allianz Arena, Stadio Olimpico. Tutti templi del calcio, ma tutti i più grandi campioni del calcio mondiale che hanno riempito le tribune di folle in delirio non potranno mai dire di aver giocato di fronte al monumento più conosciuto del mondo: il Colosseo. I “pallonari” romani e i cittadini del mondo che vivono a Roma, invece, possono dirlo. Di fronte al Colosseo, soprattutto nei giorni festivi, i passanti strabuzzano gli occhi davanti alla scena che offre la “Polveriera”, il campetto di calcetto in terra battuta situato al Colle Oppio. Si gioca per divertimento e per socializzare, lo fanno soprattutto centroamericani e sudamericani. Se qualcuno tira un po’ più forte rischia di mandare il pallone nell’Anfiteatro Flavio. Non c’è l’erba di quarta generazione, le porte sono arrugginite e senza reti, gli spalti non esistono, non c’è il tunnel per l’uscita dei giocatori e le panchine: ma se fai un gol e vai a esultare, ti trovi di fronte al Colosseo. «La Commissione Sport sta lavorando ad un bando pubblico per assegnare ad un’associazione sportivo-dilettantistica del territorio la riqualificazione di un campo storico, com’è appunto “la Polveriera”, che rimane nei ricordi di intere generazioni di romani che abitano il Rione Esquilino e il quadrante di Colle Oppio. Il bando sarà ovviamente aperto anche alle associazioni di sudamericani che ora occasionalmente usano la struttura, nel rispetto della normativa vigente», ha spiegato l’Onorevole Federico Mollicone, Presidente della Commissione Sport e Cultura di Roma Capitale. (f.p.)
La sfida di canottaggio tra le università di Oxford e Cambridge si è disputata per la prima volta nel 1829, dal 1856 con cadenza annuale. Al momento è in vantaggio Cambridge con 80 vittorie a 75. Curiosità: nel 1877 la gara si è conclusa in parità.
LA PELLE DI LEONE Uno degli attributi tipici nelle rappresentazioni di Ercole è la pelle del leone Nemeo, una terribile fiera che, secondo il mito, terrorizzava l’antica area tra Micene e Nemea prima che Ercole la strangolasse con le proprie mani, essendo l’animale immune alle armi degli uomini. Con la pelle del leone ucciso, Ercole si fece un mantello in grado di proteggerlo dalle armi umane
RIPARAZIONI I due giunti, uno posizionato sul bicipite, l’altro all’altezza del ginocchio del lato destro, testimoniano non solo le riparazioni a cui fu soggetta la scultura, ma evidenziano anche i punti più soggetti a stress dell’opera.
ARTE&SPORT
Quando la capacità dell’uomo racconta le imprese sportive
L’Ercole romano La statua offerta dalla Provincia di Roma e che apre la lunga teoria di opere d’arte che coronano lo Stadio dei Marmi, per il forte contenuto simbolico che la permea, merita un’attenzione particolare. Il soggetto della statua di Silvio Canevari offerta dalla provincia di Roma è Ercole, l’Eracle della mitologia greca, figlio di Zeus e della bella Alcmena, famoso per la propria forza, fautore delle 12 fatiche e considerato nel mondo romano divinità che presiedeva alle palestre e a tutti i luoghi in cui si faceva dell’esercizio fisico, nonché divinità propizia a cui si potevano rivolgere delle invocazioni. La statua di Roma, una delle 60 presenti allo Stadio dei Marmi, è alta 4 metri ed è poggiata su un plinto cilindrico del diametro di 2 metri e dell’altezza di 1,20 metri.
LA FOGLIA PUBICA
LA CLAVA Anche la clava è uno dei simboli distintivi dell’eroe, il quale la realizzò di sua mano da giovane, sradicando un enorme albero di ulivo, proprio nel tentativo di uccidere il leone Nemeo.
La nudità virile è mitigata dall’apposizione di una foglia pubica in bronzo, la quale si palesa indubbiamente come un’aggiunta successiva, proprio per la diversità di materiale rispetto al bianco marmo con cui è realizzata la statua.
IL CEPPO A differenza delle statue bronzee, le quali vengono ancorate al proprio basamento e hanno una maggiore resistenza alle sollecitazioni, le statue marmoree necessitano dell’utilizzo di un ceppo o di un pilastrino per dare maggiore stabilità alla figura ed evitare un possibile crollo della composizione.
I CALZARI L’eroe porta ai piedi dei calzari aperti, alla moda greca, che salgono nell’intreccio sino al di sopra delle caviglie.
IL BASAMENTO Sul basamento della statua, in lettere capitali, è apposta la provincia che ha offerto la statua per coronare lo Stadio dei Marmi, ossia “Roma”.
Charles ‘Chuck’ Jura, è stato il miglior marcatore del campionato italiano di basket per tre stagioni consecutive tra il 1975 e il 1978. Statunitense di Columbus, salvo una parentesi elvetica, giocò in Italia dal 1972 al 1985 chiudendo con il Master V Roma, storico club di Montesacro.
GLI ENTI DI PROMOZIONE SPORTIVA
ALLEANZA SPORTIVA ITALIANA ASI, Alleanza Sportiva Italiana, nasce nell'aprile del 1994 da un'idea di un gruppo di dirigenti del “Centro Nazionale Sportivo Fiamma”. Nel luglio dello stesso anno riceve il riconoscimento di Ente di Promozione Sportiva da parte del CONI. E da quel momento in poi l'ASI percorre molta strada. Nel 2009 si svolge l'ultima Assemblea Nazionale dell'Ente che vede riconfermato a pieno titolo l’On. Claudio Barbaro alla guida dell'ASI Nazionale. E diffondendo lo sport su scala nazionale con interesse e dinamismo nelle varie discipline, l'ASI oggi svolge un'intensa attività nel campo della promozione sportiva. Ben radicata sul territorio nazionale grazie alle varie iniziative sportive organizzate dai vari comitati periferici ASI e dai settori tecnici. Una diffusione capillare che permette lo svolgimento di campionati nazionali in diverse discipline sportive. Grande rilevanza assumono da sempre i campionati nazionali di calcio, nuoto, danza
L’
sportiva ed arti marziali, con fasi provinciali, regionali e nazionali, ma intensa è anche l’attività di settori quali il tennis il basket e la pallavolo. Tradizionalmente molto presente nell'Atletica Leggera, il movimento delle società ASI rappresenta uno dei fiori all'occhiello dell'Ente, con importanti presenze anche in campo agonistico. Ma è nel campo della Promozione Sociale e in quello della Formazione Professionale che l'ASI sta allargando la propria sfera di attività. Ogni giorno i Comitati Regionali e Provinciali, affiancati dai vari settori tecnici, continuano a portare avanti lo scopo istituzionale dell'Ente, cioè quello dello sviluppo della pratica sportiva attraverso le numerose società sportive affiliate. L'ASI Roma conta circa 60.000 soci. Dopo aver ricoperto il ruolo di responsabile Provinciale per le attività culturali, dal 6 ottobre 2008 è Presidente del Comitato Provinciale di Roma Roberto Cipolletti, che ci parla
del "Trofeo Tre Ville", gara di corsa campestre rivolta alle scuole secondarie di primo e secondo grado. «Questa manifestazione storica è importante perché punta sui giovani, avvicinandoli allo sport, perché credo che crescere nello sport sia una buona alternativa all'apatia che caratterizza queste nuove generazioni. Il nostro obiettivo attuale e prossimo sarà quello, oltre che di promuovere gli sport che da sempre caratterizzano le attività dell’ASI, di esaltare le discipline meno diffuse facendole conoscere ad un pubblico più ampio». Eleonora MASSARI
IL BIOPARCO COMPIE 100 ANNI!
DIPARTIMENTO SPORT L’Ufficio Sport Scuola svolge una fondamentale attività di coordinamento tra le attività del Dipartimento Sport e i Centri Sportivi Municipali, situati dentro i plessi scolastici dei singoli Municipi; inoltre si coordina con il Dipartimento per i servizi Educativi e Scolastici per eventuali progetti da sviluppare in collaborazione. L'ufficio svolge attività di promozione e diffusione dello sport e dell'attività motoria per tutti i cittadini. In particolare collabora con i Municipi e coordina le attività sportive in essi organizzate; applica il Regolamento dei centri sportivi, per quanto di propria competenza, dando un supporto ai Municipi per le attività decentrate. Collabora con le Direzioni Provinciale e Regionale del Ministero della Pubblica Istruzione ed il CONI per le finalità comuni, sempre in tema di educazione sportiva, partecipando, tra l'altro, all'organizzazione dei Giochi Sportivi Studenteschi, promuovendo e finanziando progetti da realizzarsi nelle scuole, favorendo l'utilizzo degli impianti sportivi di proprietà comunale in orario scolastico e dando seguito a quanto contenuto nel Protocollo d'intesa sottoscritto con le Istituzioni suddette. Si occupa, inoltre, di gestire il servizio di assistenza sanitaria durante le manifestazioni sportive alle quali partecipano gli studenti. Da ultimo, in questo periodo, coordina la rielaborazione del Regolamento dei Centri Sportivi Municipali, che prevede, nella sua stesura, la partecipazione dell’Amministrazione centrale, dei Municipi e della cittadinanza al fine di rispondere al meglio le esigenze di ogni soggetto. Responsabile del Servizio è Cinzia Cenciarelli, gli orari di apertura al pubblico presso la sede di Via Capitan Bavastro, 94 – V piano il martedì dalle 9.00 alle 12.00 e il giovedì dalle 9.00 alle 17.00. Maria IEZZI
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Il 5 gennaio 2011 il Bioparco ha compiuto 100 anni! Il Sindaco di Roma Nathan lo inauguro infatti il 5 gennaio 1911. Per l’occasione il Bioparco si è vestito a festa offrendo a tutti i visitatori varie attività (sia a Largo Gassman, nei pressi della biglietteria che all’interno del parco) che hanno previsto il coinvolgimento sia dei bambini che degli adulti: incontri con i guardiani per tutta la giornata in concomitanza dei pasti, incontri ravvicinati con i rettili, attività di animazione, postazioni di face painting e laboratori per costruire orecchie, nasi e code di animali. Spiega Paolo Giuntarelli, Presidente della Fondazione Bioparco di Roma Centenario: «Nel 2011 il Giardino Zoologico della Capitale compie 100 anni. Oltre a rappresentare un pezzo importante della memoria sociale e culturale di Roma, il nostro obiettivo è quello di contribuire a costruire il sogno di un rapporto uomo-ambiente più equo e responsabile».
il triatleta statunitense Dave Scott, detiene ancora oggi il record di successi nell’ironman triathlon delle hawaii, la più dura competizione di tiriathlon al mondo. dal 1980 al 1987, è riuscito a vincerla 6 volte, impresa mai battuta ed eguagliata soltanto da un altro statuintense, Mark Allen.
LA MARATONA DI ROMA DIVENTA “IAAF GOLD LABEL” Arrivata alla 17/a edizione, la Maratona di Roma da quest’anno potrà fregiarsi del titolo di “Iaaf Gold Label”, riconoscimento internazionale che finora solo 14 corse al mondo, sulle oltre mille maratone che si disputano in un anno, avevano ottenuto. La corsa capitolina ha raggiunto l’ambito traguardo sulla base di 21 criteri tra i quali la presenza di atleti di èlite, uomini e donne, provenienti da almeno 5 nazioni; la prestazione degli stessi al di sotto di 2:10.30 per la prova maschile e di 2:28.00 per quella femminile; la promozione-comunicazione a livello internazionale; la copertura televisiva in almeno cinque Paesi esteri; l’accuratezza nell’organizzazione tale da garantire la regolarità di svolgimento della gara.
GIOCHI
DI STRADA La rubrica che numero dopo numero racconterà i classici giochi di una volta. Sono ricordi e patrimonio di un tempo passato, soffocato dai videogiochi e dalla strada che non è più un luogo dove divertirsi… Dora Cirulli
IL GIOCO DEI TAPPI Cos'è Semplicemente usare i tappi della birra come fossero biglie: mettendo dentro un disegno (magari la faccia di un ciclista o calciatore).
REGOLAMENTO Si traccia una pista con dei gessetti (o un pezzetto di mattone) larga circa 10 cm. e lunga almeno 10 mt., e nelle curve esterne si mettono dei sassetti a mo' di paracarro. A sorteggio si decide chi parte per primo e questo fa tre tiri badando di non uscire dalle righe (in tal caso deve tornare da dove aveva tirato). Quando tutti hanno fatto i tre tiri (sempre per opposizione delle dita: polliceindice, pollice-medio o indice-pollice, il tappo non va mai lanciato o spinto) si riparte dal primo ma solo con un colpo, e così via. Il giocatore successivo può chiedere lo spostamento dei tappi avanti a lui ai bordi della pista. NEWS | 120
Nella Maratona che chiuse i Mondiali di atletica del 1987, disputatisi a Roma, Gelindo Bordin conquistò la medaglia di bronzo, chiudendo dietro al keniano Douglas Wakiihuri ed all’atleta di Gibuti Ahmed Salah. Fu il preludio al trionfo dell’azzurro l’anno dopo alle Olimpiadi di Seoul.
NEI LOTTI DELLA GARBATELLA
CICLOCROSS: CAMPIONATI ITALIANI
Il circuito di orienteering dei Centri Storici del Centro Italia (TICCS) ha fatto tappa a Roma, nell’intricato dedalo di stradine e piccoli cortili dello storico quartiere di Garbatella. L’organizzazione era affidata alla società Orsa Maggiore, con Daniele Guardini alla direzione di gara ed Enrico Sbaraglia quale delegato tecnico FISO. Il tracciatore di questa edizione è stato Leonardo Mariani, controllato da Luca Elisei, che ha saputo cogliere molte delle peculiarità del “terreno” offrendo percorsi divertenti e tecnici al tempo stesso. Le quasi 200 persone che si sono presentate sulla linea dello start, agonisti e non, hanno vissuto una giornata unica scoprendo uno dei quartieri più belli e noti della Capitale.
SPORT IN FRANCOBOLLI
Dal 6 al 9 gennaio si sono svolti all’Ippodromo delle Capannelle i “Campionati Italiani di Ciclocross - Memorial Romano Scotti”. Rodolfo Roberti, Capo Segreteria del Delegato allo Sport dice: «Felici che dopo 34 anni i campionati sono tornati a Roma, la giusta cornice per un evento di questa importanza. Speriamo che in futuro il ciclocross torni a Roma, magari con un evento internazionale. La città è pronta, come è stato dimostrato proprio ai Campionati Italiani».
U N I O N E I TA L I A N A C O L L E Z I O N I S T I O L I M P I C I E S P O R T I V I
di Pasquale Polo
La rubrica per sportivi e collezionisti
Six Nations Championship Gli inglesi, è risaputo, sono sicuramente i più conservatori tra i cittadini del mondo e per costringerli a cambiare qualcosa bisogna davvero fare salti mortali. Loro hanno inventato “The Championships” il torneo di rugby aperto inizialmente alle quattro federazioni britanniche e solo in un secondo tempo anche alla Francia dando vita al Cinque Nazioni, ovvero la più classica delle competizioni rugbistiche, quel torneo per identificare il quale bastava, secondo la tradizione anglosassone, la parola “The Championships” e che solo nella vecchia Europa ci si ostinava a chiamare Cinque Nazioni (le Poste del Principato di Monaco nel 2010 hanno emesso un francobollo per ricordare il centenario del “Torneo delle 5 Nazioni”). Il nuovo millennio ha visto una nuova apertura ed il torneo è diventato delle Sei Nazioni con l’ammissione della Nazionale Italiana. Un evento memorabile, e per merito delle Poste Italiane il 5 febbraio 2000 è stato emesso il primo francobollo commemorativo del torneo delle Sei Nazioni. Questa avventura, per noi assolutamente inedita è cominciata con il match inaugurale Italia-Scozia, vinto inaspettatamente 34-20 sui disorientati campioni uscenti, lasciando di stucco i tifosi scozzesi che erano venuti a Roma sicuri di battere l’inesperta squadra italiana. Da quella prima esperienza sono passati 10 anni e tra vittorie (poche) e sconfitte (molte, ma onorevoli), siamo giunti alla vigilia della 12ª edizione del Sei Nazioni che inizierà il prossimo 5 febbraio 2011 con la partita Italia-Irlanda e sicuramente le Poste Italiane saranno ancora presenti con il loro Ufficio Postale mobile posizionato all’interno del “Rugby Village”, che tutti gli anni utilizza degli annulli speciali.
L’annullo commemorativo, nel primo giorno di emissione, utilizzato dall’Ufficio postale di Roma-Filatelico: è il primo della storia italiana sul Sei nazioni
Annullo postali speciali utilizzati nel 2009, 10° anniversario dell’entrata dell’Italia nel Sei nazioni
L’immagine scelta riguarda la mischia, simbolo del rugby I loghi delle sei Federazioni rugbistiche che partecipano con la loro Nazionale al Torneo
Il valore del francobollo
Annullo speciale utilizzato nel 2010 per la partita del Torneo delle Sei Nazioni, Italia-Scozia
Roma – 5 Febbraio 2000
Il primo e sinora unico francobollo italiano sul Torneo Sei Nazioni NEWS | 121
Stadio Flaminio, Prima edizione del “Torneo delle Sei Nazioni”. Il primo e finora unico francobollo dedicato al Torneo delle Sei Nazioni, con raffigurato, un mediano di mischia mentre passa la palla.
PRIMA ANCORA DELLA RUOTA Secondo gli studiosi le origini dello sci risalgono al 3000 a.C. È di quell’epoca l’incisione dell’Isola di Rodoy (Norvegia) raffigurante alcuni uomini con gli sci ai piedi. Del 2500 a.C., invece, un paio di sci ritrovati in una torbiera di Hoting, in Svezia. Furono i lapponi però i veri specialisti dello sci. Ne utilizzavano due tipi: sul piede destro uno molto simile allo sci moderno, sul piede sinistro uno più corto con sotto la pelle di foca utile per darsi la spinta.
Inizialmente gli sci in legno non avevano agganci veri e propri. Come si vede dalla foto i primi "agganci" erano una semplice cinghia in pelle che evitava allo scarpone di scivolare. Gli agganci moderni, invece, sono cosiddetti "intelligenti". Questi, infatti, sono composti da un meccanismo interno che garantiscono maggiore sicurezza allo sciatore sganciandosi da soli nel caso di caduta. È fondamentale, quindi, trovare la giusta impostazione per permettere lo sganciamento solo in caso di caduta e non in caso di colpi ricevuti per dossi in pista. La curiosità: capita a volte di vedere qualche professionista perdere gli sci in gara. Questo accade quando gli agganci sono impostati male e anziché sganciarsi per la caduta, si sganciano per un colpo ricevuto dalla neve disconnessa.
DAL LEGNO AL CARBONIO Il materiale dei primi sci era il legno. Avevano una lunghezza di circa 3 metri e sin dalle origini avevano la punta curva. Oggi gli sci vengono costruiti con un mix di materiali tra cui titanio, fibra di vetro, kvlar e elementi composti. Gli sci utilizzati nelle discipline alpine, ad esempio, hanno punte meno pronunciate e una larghezza superiore rispetto a quelli di fondo. Sono più pesanti e montano sui bordi delle solette delle lamine di acciaio utili per tenere l’equilibrio in curva.
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La rubrica che racconta l’evoluzione dei materiali utilizzati per la realizzazione delle attrezzature di tutte le discipline sportive
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Gli scarponi da sci alle origini non erano nient'altro che stivali invernali normali che il singolo individuo utilizzava tutti i giorni, non solo per sciare. Oggi, invece, gli scarponi più moderni sono imbottiti all'interno e in plastica dura all'esterno con quattro attacchi (anche qui c'è stata un'evoluzione, visto che si è passato da uno a due attacchi, infine a quattro) che permettono una maggiore aderenza sul corpo. La curiosità: I professionisti per tutto il tempo della gara stringono gli attacchi degli scarponi talmente forte da non permettere la normale circolazione del sangue. In questo modo hanno, paradossalmente, maggiore "sensibilità" con gli sci. È per questo motivo che la prima cosa che fanno dopo aver tagliato il traguardo è sempre quella di sganciare gli scarponi.
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L’evoluzione STRUMENTI DEL MESTIERE
OSTIA E LA SCHERMA Roma è un groviglio di piccole società sportive che camminando con le proprie gambe, leggasi grazie alla passione di dirigenti e tecnici che non sbarcano il lunario con la loro opera volontaristica ma infondono valori straordinari ai giovani. L’ASD Scherma Ostia ne è esempio. Il Presidente Enzo Zuanella, un appassionato vero, è tutti i giorni in sede per gestire la società che non ha sponsor, quindi si sobbarca anche le spese per le trasferte dei tanti atleti che difendono i colori della società. La sala scherma è gestita da maestri che provengono dal gruppo sportivo dell’Aeronautica: il più anziano di loro, il maestro Giovanni Augugliaro, è un Azzurro d'Italia con un passato glorioso, visto che per oltre un decennio è stato l’allenatore della Nazionale italiana di pentatlhon moderno. Quattro Olimpiadi da tecnico e una sfilza di successi, visto che allenava atleti del calibro di Daniele Masala, olimpionico a Los Angeles nel 1984. Recentemente l’ASD Ostia ha fatto risuonare l’inno italiano a Copenaghen, dove la loro atleta di punta, Carlotta Crocetti, ha vinto il Torneo Satellite del circuito internazionale di spada. Altri successi sono stati centrati dal giovane spadista Valerio Speranza, uno dei più forti atleti della specialità a livello nazionale.
La storia
l’8 agosto del 2007, a san francisco, barry bonds è entrato nella storia del baseball, realizzando il fuoricampo numero 756. La stella dei San Franscisco Giants, 43 anni, ha battuto il record di Hank Aaron (755) che resisteva da 33 anni,
Scarponi
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FABIO, 12 ANNI, È IL NUOVO RE DELLE DUE RUOTE DELLA CAPITALE di Roma il nuovo asso delle due ruote. Fabio Di Giannantonio ha solo dodici anni e ha già passato metà della sua vita in pista. Ha già vinto titoli italiani ed europei, e soprattutto è un pilota ufficiale Honda. Fabio è cresciuto a pane e motori grazie alla passione del papà Ivan, motociclista di livello amatoriale che ha trasmesso l’amore per la manopola dell’acceleratore a Fabio. Ai cartoni animati preferiva le gare di motociclismo, e al Luna Park le tribune delle piste dove girava il padre la domenica. Ogni giorno va a scuola come tutti gli altri ragazzini della sua età. Poi, però, gioca a calcio, pratica canottaggio, mountain bike e motocross. Questo solo come preparazione atletica finalizzata alle corse sulle due ruote in pista! Un piccolo Superman? Niente affatto. Si tratta solo di un ragazzino con una passione vera. A sei anni è salito in sella alla prima due ruote della vita, una minimoto. In pista non lo fermava già nessuno e i gas di scarico se li aspiravano gli altri visto che era sempre in testa. A sette anni ha partecipato per la prima volta al Campionato italiano di categoria. Due anni più tardi, approdato alla corte di un team bresciano (che ci aveva visto lungo), ha iniziato a mietere successi. Un titolo italiano, uno costruttori e due titoli europei: il tutto nell’arco di due stagioni. Nel 2010 il grande salto. Dopo una lunga e dura selezione nazionale, Fabio è stato selezionato all’Hirp, la scuola ufficiale della Honda nella quale entrano solo diciotto
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giovani piloti. La scuola della Honda è un programma di tre anni dove uno staff di piloti, psicologici e preparatori atletici, seguiti dalla Federazione e direttamente dagli esperti della Honda, cerca di far crescere i giovani piloti per trasformarli in campioni. I bambini vengono fatti crescere a livello tecnico ma anche psicologico. E Fabio ne è stato un esempio fin da subito, perché dopo pochi mesi di scuola era già migliorato in gara. Così la Honda, visti i progressi, lo ha convocato per una gara internazionale in Spagna. E lui non ha deluso, lottando testa a testa, rispondendo centesimo su centesimo di secondo fino all’ultimo giro. Alla fine ha chiuso al terzo posto, a pochi centesimi dai due piloti saliti sui gradini più alti del podio. Ma Fabio, che vive all’Eur e frequenta la seconda media, non si è limitato a questo. Con il Team Guadagno ha anche partecipato al campionato italiano risultan-
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do l’unico pilota romano nella categoria Junior Mini Gp. Purtroppo un infortunio gli ha fatto saltare alcune tappe importanti della stagione, così non ha potuto lottare per i primi posti in classifica. Ma di tempo ne ha davanti per riportare il tricolore nella Capitale. Già a partire da quest’anno, quello della vera svolta della sua giovane quanto vincente carriera. Nel 2011 la Honda lo ha confermato tra i piloti ufficiali e proseguirà la scuola della casa nipponica nel Trofeo Extreme. Inoltre sarà anche in gara nel campionato italiano senior sempre con il team romano Guadagno. Insomma, tra qualche anno Michel Fabrizio e chissà, anche l’evergreen Max Biaggi, potrebbero essere suoi avversari o compagni di squadra. Federico PASQUALI
LA NAZIONALE STATUNITENSE DI BASKET HA VINTO 13 VOLTE L’ORO AI GIOCHI OLIMPICI SU 17 EDIZIONI IN CUI IL BASKET E’ STATO PRESENTE
ROMA SCENDE IN CAMPO
Foto Giulia Carbonari
l Palalottomatica, Roma è scesa in campo per il secondo anno consecutivo. Per dare il proprio contributo al “World Food Programme” e mostrare come la rivalità sportiva possa facilmente essere messa in disparte per una iniziativa importante. La serata, patrocinata dal Dipartimento Sport di Roma Capitale con l’organizzazione a cura della società Alphaomega, ha visto un palazzetto vestito dei colori della città, e dei suoi rappresentanti sportivi, che per una notte hanno invertito i propri ruoli. Calcio e basket a ranghi misti, italiani contro stranieri. Con Roma, Lazio e Virtus Roma insieme per il sociale e per il divertimento del pubblico, ricco di bambini entusiasti. Philippe Mexes, difensore francese della Roma ormai adottato dalla famiglia capitolina, protagonista sotto canestro. Christian Ledesma e Daniele De Rossi, simboli del centrocampo di Lazio e Roma, in porta nella sfida a calcetto pronti ad innescare le folate offensive di Fernando Muslera e Gigi Datome, “lungo” della Virtus, nell’occasione nelle vesti di centravanti alla Roberto Pruzzo. Divertimento nel rettangolo di gioco e sorrisi sugli spalti grazie anche a personaggi come Andrea Perroni, comico e imitatore, Gianni Ippoliti e molti altri. Arricchiti dalla presenza di Carlo Verdone e Paolo Bonolis. Per una serata da ricordare.
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In piedi da sinistra Alessandro Tonolli (Virtus), Fernando Muslera (Lazio), Leandro Greco (Roma), Luca Vitali (Virtus), Angelo Gigli (Virtus), Tommaso Berni (Lazio), Andrea Iannilli (Virtus), Andrea Crosariol (Virtus), Charles Smith (Virtus), Luigi Datome (Virtus), Joshua Heytvelt (Virtus), Ali Traore (Virtus), Nihad Djedovic (Virtus), Aleandro Rosi (Roma), Stefano Okaka (Roma), Vladimir Dasic (Virtus), Daniele De Rossi (Roma), Cristian Ledesma (Lazio), Mobido Diakitè (Lazio), Libor Kozak (Lazio), Julio Baptista (Roma), Albano Benjamin Bizzarri. Accosciati da sinistra: 1) Riccardo Perpetuini, Sergio Floccari (Lazio), Hernanes (Lazio), Alex Daniel Pena (Roma), Philippe Mexes (Roma), Darius Washington (Virtus), Alvaro Gonzalez (Lazio), Tommaso Rocchi (Lazio), 9) Luis Pedro Cavanda, Rodrigo Taddei (Roma)
Simone PIERINI
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o ero che l'impegn con i laziali? Sp ti ia o ch a is rt m po re in ca meglio SSI: «Gio ttadina. Se sono ci DANIELE DE RO ità al riv la re ». po a stempera in mezzo al cam di stasera serva mo, gioco meglio ia rz he sc on N ? avo solo a futsal come cestista e. In Brasile gioc m r pe tà vi no basket? Una HERNANES: «Il Il basket? (calcio a 5)». ciale importante. so re lo va l da ne EI: «Manifestazio RODRIGO TADD . avo a pallavolo!» a in porta!». Forse sono più br tacco che Ledesm at in io lio eg «M SLERA: ano va oltre FERNANDO MU e Rossi? Il lato um ante». D di o nc fia al rt HI: «Giocare opo sociale impo TOMMASO ROCC vertiti per uno sc di o am si Ci a. la rivalità sportiv NEWS | 124
La prima squadra dell’Africa Nera a partecipare ad una fase del Mondiale di calcio fu lo Zaire nel 1974. L’esito fu sconfortante, con le sconfitte contro Jugoslavia (un pesantissimo 9-0), Brasile (2-0) e Scozia (2-0).
S.S. LAZIO: IL 111° ANNIVERSARIO AL MILITE IGNOTO Nella ricorrenza della costituzione della Lazio una delegazione ha depositato una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto presso l’Altare della Patria a Piazza Venezia. Per festeggiare il suo compleanno, la Società Sportiva Lazio non poteva prescindere dalla celebrazione più solenne dei 150 anni dell’Unificazione d’Italia, nel ricordo incancellabile dei propri numerosi dirigenti, tecnici e atleti che immolarono la loro giovane esistenza nel nome dell’Italia nel corso dei conflitti mondiali del XX Secolo. La delegazione, guidata dal Presidente Generale Onorario, Prof. Emmanuele Emanuele, dal Presidente Generale Antonio Buccioni e dal Presidente della sezione Calcio Claudio Lotito, era composta dai membri del Comitato di Presidenza del sodalizio, dai presidenti delle 41 sezioni sportive e delle 7 attività associate facenti capo alla S.S. Lazio e da alcuni familiari dei caduti. Non è mancata nemmeno la presenza di Autorità, tra cui quella del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno con il suo Delegato allo Sport Alessandro Cochi, il Presidente della Regione Lazio Renata Polverini e il Presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti.
Da questo numero della rivista andremo a scoprire, grazie anche al contributo dell’associazione culturale Roma Idea, i luoghi storici della città sportiva con lo scopo di illustrare l’evoluzione del sentimento e della pratica agonistica nella città eterna. La rubrica esordisce con un omaggio al leggendario Abebe Bikila, maratoneta scalzo che a Roma ha trionfato, vincendo l’oro, durante le Olimpiadi del 1960. L’Etiope partì senza scarpe per una precisa scelta tecnica concordata con l’allenatore. Stupisce tutti correndo a piedi nudi dallo start sito a Via dei Fori Imperiali, luogo delle antiche riunioni culturali e religiose di Roma classica, all’Arco di Costantino, nato dopo il trionfo dell’imperatore su Massenzio nella battaglia di ponte Milvio nel 312. Dopo alcuni chilometri nessuno è più in grado di reggere il suo ritmo e così Bikila se ne va volando senza scarpe attraversando il Vittoriano, simbolo della patria, il Circo Massimo edificato da Cesare nel I secolo a.C. accarezzando, attraverso la sua corsa, tutti i simboli monumentali di Roma. Nei 42km 195m del percorso l’atleta africano segna la migliore prestazione mondiale attraversando idealmente anche la storia della città. Sotto San Sebastiano, porta delle difensive Mura Aureliane del III secolo d.C., Bikila ha ormai distaccato i suoi compagni e affronta la dura prova di correre sui selci della Via Appia costellata di ville Romane e mausolei. Bikila, con la sua maratona, viaggia anche nella cultura toccando le maggiori piazze della città; dalla barocca Piazza Navona alla rinascimentale San Pietro, corre fino ad arrivare all’Arco di trionfo di Costantino segnando così la sua vittoria. Di quella Olimpiadeci resta ora la possibilità di ripercorre il tracciato della suggestiva maratona di Roma, camminando o correndo preferibilmente con le scarpe! Primavera MORETTI Storica
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Il percorso della Maratona di Roma
IL PERCORSO DI BIKILA
È un record a livello italiano. per la prima volta nella storia ad un atleta vivente viene intitolato uno stadio. È accaduto a nicola pietrangeli, nel 2006, con il centralino del tennis al foro italico.
Il 20 dicembre 2010 si è tenuta la seconda edizione del Premio Atleta dell’anno di Roma Capitale. Ogni numero, in attesa della prossima edizione, proporremo un’intervista ad uno degli atleti premiati. Prima puntata con...
Stefano Ambrosi Classe 1974 è figlio d’arte. Il calcio in famiglia è sempre stato il denominatore comune e al fratello attaccante lui ha scelto come il papà e il nonno paterno, il difficile ruolo del portiere. Nella passata stagione ha disputato 38 gare ufficiali risultando il “fedelissimo” della terza squadra della Capitale, trascinata dopo dieci anni in Prima Divisione. È considerato uno specialista nei calci di rigore, un autentico incubo per gli attaccanti; l’anno scorso ne ha parati 10 su 11 di cui ben 4 in una stessa gara.
L’INTERVISTA
Foto Tommaso Pasero remiazione in Campidoglio? Le emozioni... «Fortissime. Per me è stato un onore ed un immenso piacere ricevere il premio in Campidoglio, dalle mani del Sindaco Alemanno, nella Capitale d’Italia. Essere insignito di un riconoscimento cosi prestigioso è motivo di grande soddisfazione per quello che ho fatto ed è la testimonianza della parte migliore dello sport che noi atleti interpretiamo. Credo che sia l’esempio più importante da trasmettere ai giovani per la loro crescita. Ricevere il premio insieme ad altri grandi atleti come Hernanes, o come il tecnico Ranieri, o come i campioni di ieri Favalli e Candela sono istantaneee che ti restano scolpite nel cuore per tutta la vita».
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L’anno 2010 è l’anno che ti ha permesso di arrivare al premio: il racconto, quindi, di una stagione importante e piena di successi. «Una stagione indimenticabile. Siamo partiti in questa nuova avventura a Roma, per inseguire un progetto ambizioso ed importante messo in campo dai fratelli Mario e Davide Ciaccia e alla fine abbiamo alzato le braccia al cielo in segno di vittoria. La più bella soddisfazione della mia carriera di calciatore». Qual è il tuo rapporto con il calcio e più in generale con il mondo dello sport? «Diciamo un rapporto di amore e odio. Amore perché comunque mi sostiene la passione, la voglia di misurarmi sempre . Non ho avvertito il passaggio tra passione e professione che può in certi casi toglierti l’entusiasmo. Ho sempre sinora coltivato certi principi che restano alla base della mia filosofia ovvero, la grande passione che ho per questo sport. Odio perché ti chiedi sempre quando fai un bilancio seppur parziale della tua carriera che avresti potuto dare di più e avresti potuto anche ricevere di più rispetto all’impegno profuso. Ma non bisogna mai recriminare. Bisogna al contrario essere riconoscenti per cio che si è ottenuto e che questo sport ha concesso». Parlaci della tua carriera dagli esordi fino al premio. «È difficile sintetizzare vent’anni di carriera nel professionismo in poche righe. Ricordo i campionati vinti, 3 finali dei play-off tante soddisfazioni e premi ricevuti, e la voglia che ho di misurarmi e superarmi sempre. Sino a che questa mi sorreggerà continuerò a giocare determinati livelli. Quando non avvertirò più questi stimoli allora vorrà dire che è arrivato il momento di appendere i guanti al chiodo. Si dice cosi no?»
Quanto influisce nella tua vita quotidiana il rigore che impone l’essere un campione? «Certo parecchio. Mi rendo conto che se avessi avuto a 20 la maturità di oggi avrei sicuramente scritto una carriera diversa. Non mi pesa poi tanto perché sono proiettato alla ricerca di un costante miglioramento della restazione, del mio rendimento, e credo che in questi anni ci sia riuscito. Diventa una filosofia di vita e quando sei padre capisci anche che questo puoi e devi trasmetterlo ai tuoi figli. Lo sport è sempre un grande insegnamento di vita». Come stai, come è stato il tuo rientro in campo? «Benissimo. Normale, avevo tanta voglia di riprendermi le chiavi della porta e dare il mio contributo ai compagni. Soffrire in tribuna e non poter essere utile alla causa comune è una condizione non facile da sopportare. Come giudichi questo campionato e quali sono le squadre che, secondo te, possono vincerlo?«Difficilissimo. Un campionato molto equilibrato e di livello che devi affrontare sempre con la massima concentrazione. Noi per esempio abbiam perso una gara apparentemente semplice con l’Andria. Poi siamo andati a vincere a Gela e a Cava con la Cavese due realtà decisamente più competitive. Ci sono calciatori di livello che hanno deciso di giocare in questa categoria e rende il livello particolarmente qualificato. Se mi avessero detto appena vinto il campionato scorso, che mi sarei ritrovato a giocare insieme a Baronio, Esposito e Franceschini forse ci avrei riso su. Ed invece. Sicuramente noi, la Nocerina ed il Benevento abbiamo qualcosa in più degli altri. Ma ci sono anche Cosenza, Taranto, lo stesso Lanciano che seppur attardati in questo momento hanno la possibilità di rientrare in gioco. Credo che sino all’ultima giornata sarà una competizione entusiasmante». Qual è il tuo rapporto con Roma? «Direi stupendo. La sto vivendo piano ppiano, la conoscevo ma la sto scoprendo giorno dopo giorno. Spesso vengo a Roma – io abito a Civitavecchia- con mia moglie e ci divertiamo a passeggiare per i vicoli della Roma antica, quelli più veri, dove vivi ancora le situazioni genuine di una romanità che è sempre presente nei personaggi che da tre generazioni vivono in questa città. La storia e i monumenti di questa meravigliosa città mi affascinano. Valentina DI FELICE
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la velocista milanese marisa masullo, è ancora oggi la primatista italiana in quanto a presenze in maglia azzurra (sia femminile che maschile). in totale vanta 79 presenze, registrate dal 1977 al 1993. in carriera ha vinto 42 titoli nazionali (30 a livello individuale e 12 con le staffette societarie) tra 100 m, 200 m, staffette 4x100 m e 4x400, 60 e 200 indoor
GLI “ORANGE” COLORANO IL TIBURTINO
UNA NOVITÀ NEL MOVIMENTO FEMMINILE ROMANO
Oltre 2000 atleti hanno preso parte all’undicesima edizione del “Corriamo al Tiburtino”, il più veloce dei diecimila metri su strada del podismo laziale. Quest’anno oltre ai classici premi gli organizzatori hanno deciso di dar vita a una sorta di prova a squadre, il Trofeo Runner’s World Fast Team, che premia la formazione più veloce, quella che con la somma dei tempi dei suoi atleti è risultata la più rapida. Alla fine a portare a casa il riconoscimento sono stati gli “orange” della Podistica solidarietà: Dario Salerni, Roberto Naranzi, Francesco De Luca, Silvestro Costantini, Daniele Pegorer, Stefano Capoccia, Alfredo Donatucci, Gianluca Astore, Giorgio Meschini e Alessandro Salvatori.
NASCE LA SIS ROMA PALLANUOTO
La S.I.S. – Sistemi Integrati per lo Sport, società da tempo impegnata nel settore della gestione di impianti sportivi e nell’organizzazione di eventi e manifestazioni sportive di livello, ha deciso di scendere direttamente in "vasca" e, attraverso l’assorbimento del settore sportivo dell’A.Ge.P.I., ha dato vita ad una nuova compagine che ha preso il nome di SIS Roma Pallanuoto. La SIS Roma Pallanuoto parteciperà al prossimo campionato di serie B, guidata in panchina da Paolo Ragosa, già campione del mondo con la nazionale di pallanuoto nel 1978 ed atleta olimpionico a Mosca ’80, coadiuvato da Franco Stovali come Direttore Sportivo. Gli aspetti manageriali saranno seguiti da Flavio Giustolisi, Direttore Generale della neonata società, il quale dichiara «Non nascondo una certa soddisfazione nell’aver raggiunto già un primo risultato importante, abbiamo un gruppo di ragazze fantastico, unito, solidale e coeso che si pone come una delle principali realtà della pallanuoto femminile italiana. Inoltre credo che possiamo puntare molto in alto grazie al valore tecnico che riusciremo a mettere in campo sia a livello di prima squadra che a livello giovanile, ed in barba a tutte le scaramanzie, sono convinto che stiamo andando incontro ad un anno ricco di soddisfazioni». Soddisfatto ed entusiasta di questa nuova avventura anche il presidente della SIS - Sistemi Integrati per lo Sport, Fabrizio Daffini. «Sono orgoglioso e al tempo stesso emozionato di aver dato vita a questa nuova realtà nel Lazio, della pallanuoto». Dichiara ancora Daffini: «La SIS ambisce a diventare un punto di riferimento in questo sport, soprattutto trasmettendo alle proprie atlete i valori fondativi dello sport, quali lealtà, onestà e l’importanza di sapersi confrontare con se stesse e con gli altri e, principalmente l’idea di sport come strumento di crescita individuale e di gruppo». Tra i principali obiettivi della SIS c’è la crescita del vivaio, inteso come vero e proprio serbatoio della prima squadra. La società prenderà parte, infatti, a tutti i campionati giovanili della FIN, nelle categorie Under 15, Under 17 ed Under 19, nonché ai principali tornei amatoriali regionali che consentiranno anche alle numerose piccole atlete Under 13 già presenti nelle sue file di sviluppare al meglio le proprie qualità.
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È iscritto al Circolo Canottieri Aniene. È un grande tifoso della Roma ma ha giocato a scacchi, il suo “sport” prediletto, nel Circolo Canottieri Lazio. È uno dei più grandi compositori contemporaneo ed un’icona dell’Italia nel Mondo. Ci racconta la sua storia, le sue note, i suoi film, l’amore verso lo sport. «La foto mi ritrae mentre sto giocando a scacchi. Dieci anni fa mi incontrai, in una simultanea, addirittura con Boris Passkij. Adesso, oramai, sono arrugginito. Come in qualunque disciplina, occorre tenersi allenati, studiare le aperture. È l’anticamera per diventare campioni del mondo. Ai miei tempi era senza dubbio più complicato. Oggi, con internet, difficoltà e distanze sono ridotte».
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CIAK si suona! di Anita MADALUNI
foto Getty Images
Nato a Roma, è un compositore italiano. Ha prodotto numerose colonne sonore cinematografiche e molte composizioni originali che rientrano nel genere della musica contemporanea: opere teatrali, lavori sinfonici e per strumento solista e orchestra, composizioni corali, musica da camera... Ha venduto piÚ di 50 milioni di dischi ed ha trionfato in USA nella notte degli Oscar 2007
e n o c i r r o M EnI nio n rari casi, nel cinema, la musica ha “recitato” più delle parole e quasi meglio delle immagini. O, forse, ha dato alle immagini la parola. Ne ha catturato gli impercettibili attimi fuggenti racchiusi a volte più in uno sguardo che in un gesto, più in una luce che in una inquadratura, più in un movimento di macchina che in un paesaggio. Rari come rara l’occasione di incontro con il nostro protagonista. E... se tutto accade quando deve accadere, la magia del caso universale si compie ancora una volta. Un assunto dal sapore ine-
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Ogni mattina esco alle sette per una passeggiata. E mi godo Roma in tutto il suo splendore
zionale, la scoperta del malinteso (nostro) del giorno prima, un incastro di preoccupazioni, e il solerte invito a richiamare e immediatamente Ennio Morricone che, forse, ci verrà incontro per salvare in extremis la situazione. Detto fatto. Al telefono ci scusiamo ancora una volta dell’increscioso equivoco; tentiamo l’offerta di giornate alternative, tutte bocciate per impegni precedentemente assunti; non abbiamo il coraggio di proporre alcunché se non la nostra totale, incondizionata disponibilità a rimediare. Anche ora… Mi dice: «signora, potrebbe oggi alle 15?». «Sì, certo!». (Come, ancora, non lo so. Ma so che sarà ora o mai per ancora troppo tempo. Un tempo non consentito dal desiderio dei nostri lettori di accogliere tra queste pagine il canto della storia del cinema attraverso le più straordinarie colonne sonore; ma anche il canto, assoluto, di questa figura artistica e nel mondo. Beh, ma certo che so come e quando. Subito, mi preparo e vado). Morricone: «Però, vede, poiché oggi è il mio compleanno e alle 16.30 la dovrò lasciare». «Tantissimi auguri Maestro, che piacevole coincidenza. Alle tre sarò da Lei», dico. Le tre: mi apre la porta di casa in un palazzo del Seicento dove l’ascensore è a giorno, ovviamente posticcio, un parallelepipedo trasparente che lascia godere, facendolo penetrare dalle pareti vetrate, un panorama architettonico mozzafiato. Lo stesso su cui affaccia lo splendido appartamento). «Come mai ci ha messo tanto a salire», mi chiede il Maestro. «Perché dovevo scrivere il biglietto di auguri e ho stazionato qualche minuto dal portiere». (Sono subito perdonata. Gli auguri e un abbraccio. L’arancione di un radioso bouquet di dalie sapientemente confezionate da un chiosco di Campo de’ Fiori, si accende di una luce particolare in quell’ingresso). «Maria - chiama la moglie che è al telefono - non potrò rispondere per un po’. Sono con la signora». (L’atmosfera, in quel salone che ospiterà la nostra chiacchierata, è eterna, proprio come la città che la avvolge. Antica ma attuale, dai connotati tipicamente capitolini. Anche chiudendo finestre e tende, e senza conoscere il luogo, arrivassimo bendati come a mosca cieca, aprendo gli occhi all’improvviso capiremmo di non poter essere altri che a Roma.) «Guardi che meraviglia… questa luce è straordinaria. Vede? - mi indica fuori della vetrata - All’alba così come al tramonto. Contorna di un’aura particolare edifici e monumenti. Unica. Ogni mattina, alle 7, esco per una passeggiata. E mi godo Roma in tutto il suo splendore».
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luttabile, una saggezza che rimanda a fiduciosa rassegnazione. Della serie: doveva andare così. Se per due volte, infatti, i nostri destini (intervistatore e intervistato) si sono sfiorati senza incrociarsi, la terza non solo doveva essere poco programmata ma anche, a questo punto, straordinaria. Memorabile. La storia ha inizio con un primo imprevisto ferroviario e una seconda imperdonabile distrazione della scrivente. Un refuso visivo, una svista tremenda, un granchio grande quanto una granseola. La trascrizione di una data per un’altra, un lunedì che diventa martedì, un 8 che si trasforma in 9. Alchimie di una mente sovraffollata! Non v’era, per dirla tutta e con franchezza, nulla che alimentasse le probabilità di recuperare questo incontro, non avvenuto per due volte. Ed è il nostro direttore (nel sollecitare con garbata fretta il recupero di questa intervista) che aiuta il fato a compiersi come, evidentemente, era nel progetto globale. Una telefonata mattutina al Maestro per una comunicazione istitu-
È da immortalare! «La prego, non scatti foto. Il paesaggio ritratto lascerebbe intuire dove siamo. E lei capisce, addio pace».
spq ort Già, Maestro. Ormai ai suoi concerti non c’è il consueto pubblico, avvezzo al récital classico, forse un po’ ingessato, per certi versi; ma, piuttosto, un tifo da stadio. I suoi fans vanno dal quattordicenne all’ottantenne. E il rischio di ritrovarsi qualche fanatico sotto casa diventa prevedibile.. «Sì, è così». Lei come se lo spiega? «Guardi, proprio non lo so. Non è colpa mia, non lo faccio mica apposta». Cosa è accaduto negli ultimi anni? Lei era conosciuto e amato in tutto il Mondo ma forse incarnava una figura legata esclusivamente alla sua musica nell’immaginario collettivo. La gente associava il suo nome ad emozioni indimenticabili e probabilmente meno al suo volto. Poi, ad un certo punto, è avvenuto qualcosa… «Sì, l’incontro con Gigi Caiola. E la mia carriera ha senz’altro subìto una svolta. Soprattutto dal punto di vista del rapporto con le platee, che è diventato come dire personale, molto più diretto, meno clandestino». Passaggio che ha influito sulla Sua creatività? «Beh, no, questo no. Ho seguitato a comporre ispirandomi come sempre. La rotta della musica non è cambiata dentro di me; continua ad essere piena di stimoli».
Come ricorda il rapporto con suo padre? «Con affetto ma anche un po’ di tristezza. Era un uomo molto severo e spesso restavo dispiaciuto di questo». Continuiamo sul piano dei sentimenti (anche se di diversa natura). Scendiamo in campo. Fischio di inizio partita: una nuova opera. Quando, con il regista affrontate la “pagina bianca” con due linguaggi differenti, l’uno visivo e l’altro sonoro. «Così come per il pittore la tela bianca, per lo scrittore il foglio nudo, per me l’inizio è una tragedia evolutiva. Si inizia a cercare e si deve trovare. Il mestiere vuole che si trovi, a qualunque costo. Il livello di tensione che si innesca è altissimo perché, vede, io arrivo a film finito e spesso la data delle prove con l’ orchestra viene stabilita ancor prima che sia scritta una sola nota. Quindi è un vero dramma. Divento nervoso, irritabile. Anche se, negli ultimi tempi, cerco di sfuggire a questa trappola e mi prendo più tempo». Trappole… Quali e quante altre ne incontra o considera tali nella vita? «Quella dello stabilire la data di una prova senza idee, è senz’altro la peggiore di tutte. Per il resto non potrei rispondere. Sono tante che lasciano il segno, soprattutto in uno come me che pensa soprattutto alla musica e alla famiglia».
La musica che, da una parte arricchisce, dall’altra indebolisce. Perché aumenta la sensibilità, affievolendo filtri e protezioni, lasciando più esposti alle intemperie esterne, psicologiche, affettive, relazionali… «Vero. L’artista è meno immune a sofferenze dovute a Mio padre un giorno mi disse: tradimenti, cattiverie, trappole Mentre il tem“Sei della Lazio? Non ti vergogni?” appunto. E ha più po, intanto, E allora diventai romanista. Ma oggi... difficoltà a difenpassa. Come gioco a scacchi al Canottieri Lazio dersi. Anche se vive il rapporto personalmente, maturando, mi sono abituato. Anzi, no: diciacon esso? «Il tempo è utile. È determinante nella misura in mo che ho imparato a riconoscere queste situazioni. Ma gli cui nessuno ha mai inventato nulla in assoluto. Si attinge imprevisti restano molti». al passato, cercando di programmare il pensiero in una propria personale direzione. Con la tecnica e con quella capacità che è, poi, il mestiere. È importante continuare a indignarsi? «Mi arrabbio ma non lo Per il futuro, invece, è utile tutto quello che abbiamo a difaccio vedere. Semplicemente mi allontano». sposizione e che ci può offrire soluzioni diverse che, sempre secondo le nostre capacità, cerchiamo di rendere ricoE dallo sport ha preso le distanze? «Da giovane ho giocato noscibili». molto a tennis. Ma ho potuto farlo fino a che ho trovato avversari che potessero sfidarmi solo alle 7 del mattino, perché poi dovevo scrivere e perdermi tra gli spazi di un pentaTempo che non sembra trascorso per Lei. Anche per qualgramma». che saldo punto di riferimento. Quello del Suo tifo sportivo ultradecennale, ad esempio. Lei segue la Roma da semCome conciliava la pratica ginnica con gli impegni quotidiani? pre, anche se… ci sono tracce laziali nella sua passione a «Il mio medico mi consigliò, per la vita sedentaria e mentalcausa di qualche partita di scacchi. Ci spieghi l’apparente mente impegnata che conducevo, di praticare il movimento. Di disarmonia… «È semplice: io sono Socio Onorario al circoqualunque tipo. Quindi il mio rapporto con lo sport è legato eslo Canottieri Aniene. Ma poiché al circolo della Lazio orsenzialmente alla salute e alla qualità dell’attività mentale, viganizzano spesso alcuni tornei di scacchi, partecipo assai sto che il primo pensiero della giornata è la musica». volentieri. Oltre che per qualche cena con amici». Con occhio/orecchio vigile alla ricerca… «La ricerca è fondamentale, sempre. La creatività è un continuo divenire, un inarrestabile lavoro. Anche se, oltre che a cercare, bisogna trovare».
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Anche perché - mi dirà- non c’è storia: è risaputo che Lei sia un fervente romanista. «Dall’età di 10 anni. Mio padre un giorno mi disse: sei della Lazio? Non ti vergogni? Allora diventai romanista. E fu per sempre».
Musica nella quale ha qualche idolo? «Non amo la parola idolo. Comunque lo sono la famiglia, mia moglie, donna straordinaria, figura importantissima per me. Siamo sposati da più di cinquant’anni».
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Siamo d’accordo. Diciamo, allora, se prova una particolare ammirazione per…? «Ecco, allora posso fare i nomi di Igor Stravinskij o Luigi Nono, di cui amo molte opere». E tra gli scrittori? Le piace leggere? «Mi piace leggere, ma compro i libri e poi non riesco a leggere. L’ultimo di Umberto Eco, ad esempio, ho dovuto abbandonarlo dopo sole dieci pagine . E non perché non mi abbia preso, semplicemente perché non ho tempo. Manca il tempo».
na, sono sempre vissuto qui. Questa città è unica, non ha nulla a che fare con la Nazione di cui è Capitale. L’Italia è un Paese pieno di contraddizioni, linguaggi, dialetti, forme diverse di civiltà, oserei dire. In Emilia Romagna si trova gente deliziosa, educata, civile. Poi magari va altrove e non è la stessa cosa. Altezzosità, maleducazione, ignoranza…».
E se dovesse disegnare la personalità di Roma? Cosa è che non le perdona? «Non mi piacciono quei romani, non tutti però, eccessivamente orgogliosi delle loro radici che disprezzaUna unità di misura che Da giovane ho giocato la rende un po’ schiavo, no tutto ciò che varca i confini molto a tennis. Maestro, anche perché, del Raccordo Anulare, se non Poi il tempo... oltre alla composizione addirittura del centro storico, ci sono i viaggi, moltische si sentono superiori solsimi, anche all’estero. A proposito, segue la politica intertanto perché nati e residenti nella Caput Mundi. Sono dei ponazionale? «La seguo esclusivamente attraverso i giornaverini ai quali non resta che Roma per vantarsi. Roma non è solo un museo. Poi, però, se penso alla morte di Cristo…». li. Poi, devo essere sincero, mi interessa di più cosa accade in Italia». A proposito di Cristo: è frequente, nei titoli delle Sue opere, l’utilizzo di termini legati alla fede. Qual è il suo rapporto con Cosa pensa del fatto che molte eccellenze le stiamo lascianla spiritualità? «Dicono che la mia creatività abbia un valore do? «Mi chiesero di trasferirmi negli Usa anni fa, offrendomi villa gratuita e, può immaginare, ogni sorta di agi e comfort. mistico, sacrale. Questioni da cui mi accorgo, in effetti di esScelsi di restare a Roma». sere attratto».
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E cosa la lega così indissolubilmente al nostro Paese? «Attenzione: Roma è una cosa, l’Italia è un’altra. Sono nato a Trastevere e, se si escludono sette anni trascorsi a Menta-
Ma il Suo rapporto con la fede è di ricerca o di incondizionata dedizione? «Quando finisco di recitare il Credo, mi chiedo come si possa pensare alla Resurrezione della Carne in mo-
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spq ort do da poter comprendere profondamente il significato di questa immagine…». E se lo chiede con la testa o con il cuore? «Ah indubbiamente con la testa. Allora, le racconto un aneddoto: qualche anno fa durante un convegno medico, ad un professore mio caro amico chiesi come fosse possibile, parlare di Resurrezione dopo espianti di organi come cuore o fegato. Non seppe darmi risposte soddisfacenti. Chissà... Probabilmente torneremo ad una fase pre-natale. Quindi alla Non Esistenza».
sue capacità? «È vero. Luciano non ha avuto i meritati riconoscimenti. E invece era straordinario. Anche se, un bel giorno, le nostre strade si divisero. E sa perché? Mi disse: “Ennio, dopo Leone e Pontecorvo mi sono accorto che tu hai un’anima mistica, sacrale. Io faccio film comici. E tu sei troppo per me”. Fu lui, dunque, ad attribuire alla mia musica questa caratteristica, di cui parlavamo prima».
Grande gesto di umiltà. E di sensibilità nel cogliere, tra l’altro, un aspetto sottile della Sua arte collocandola su un gradino superiore. Non crede? «Gli sono molto grato. Fu un grande reDiscorso suffiFu Luciano Salce gista nel “Federale” e ne “La voglia cientemente miad accorgersi matta” e un talent scout anche nei stico, mi semper primo del mio talento confronti di Paolo Villaggio, ideanbra. Apparentedo Fantozzi. Un po’ di maniera, formente lontano dal suo iniziale approccio all’arte musicale applicata, duranse, ma senza dubbio una firma che ha lasciato un solco nel te gli anni della giovinezza. Quelli nei quali, per intenderci, cinema italiano. Peccato se ne sia andato troppo giovane». collaborava con Salce… «Sa che mi rende felice chiedendomi di lui? In fondo mi ha scoperto. Vede, mi commissionò le Molto diverso da Sergio Leone? «Decisamente! Il cognome prime due musiche per il teatro. Poi mi invitò a partecipare lo rappresentava in parte: intuitivo e al contempo pieno di inal programma tv che conduceva “Gente che va, gente che viesicurezze e forse debolezze, che però sapeva dominare. ne” insieme con Ettore Scola. Fu lui ad accorgersi del mio taAscoltava e aveva attenzione per tutti». lento. Non ero ancora trentenne». Differenza fra registi (Lei ha lavorato con i più grandi), differenze nella musica. Può essere davvero intesa in più modi? Non crede che l’Italia non abbia valorizzato pienamente le
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La cantante canadese Celine Dion accanto a Clint Eastwood premiano il compositore italiano Ennio Morricone al 79 째 Academy Awards a Hollywood, California, 25 febbraio 2007
spq ort Morricone e l’orchestra per la colonna sonora di “C’era una volta il West”
Morricone ha compo sto anche per “La le gge sull'ocean nda del pianista o”, di Giusepp regia e Tornatore del 1998
Clint Eastw “Per un pu ood nel film diretto da gno di dollari” S nel 1964 c ergio Leone straordina on le musiche che dice: rie di Morricone « a Roma pe Quando venne Sergio Leo r girare con Eastwood ne, Clint trovare. U mi venne a n ma cordia incontro breve le andai a Lo . Poi, quando serata di g s Angeles per la agli Oscar, ala dedicata statuetta p ricevetti la mani. Voll roprio dalle sue e personalm premiarmi ente».
Non crede che sia unica, sempre e comunque? «Esiste, a mio avviso,, una differenza tra musica applicata e assoluta. La prima è aggiunta ad un’arte principale: una commedia o una tragedia in teatro, un film nel cinema. Insomma, è sussidiaria, anche se creativa. Nasce per essere applicata su un’ altra arte con lo scopo di renderla completa, in quel suo particolare manifestarsi. Quella assoluta non ha nessun condizionamento. È arte completa lei stessa. Ma si può fare buona musica assoluta
per un film, anche se, pur in questo caso, resta comunque arte applicata». Sarà… Però, adesso, come lo spieghiamo al Maestro che… molti dei film rimasti memorabili nella storia della cinematografia sarebbero state pellicole con una personalità completamente diversa senza le Sue colonne sonore? Una Settima Arte non solo incompleta. Forse, addirittura, altra. Che sarebbero stati altri film e, quasi, altre storie? Altri senti-
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1984, Rob «Non ho m ert De Nir ai av ha inizio il uto grandi rapporti o sul set del film “C ’era una v con gli att mio interv olt ori e già stato g irato. Non nto artistico e com , tranne qualche ec a in America”. incio a me partecipo cezione. Q fatto comp alle ttere uan iuto protagonis . E, in ogni caso, i riprese. Vengo mes mano all’opera, il do film è so –come contatti so ti. C’è un ra no dir pporto piu ttosto esc limitatissimi se no e- di fronte al n lusivo con il regista» inesistenti con i , spiega M orricone
menti, altre emozioni? E che il tema di Mission o di C’era una volta in America o di Nuovo Cinema Paradiso, immagini o no, scene o buchi neri sul grande schermo, silenzio di una stanza o atmosfera in sala da concerto, restano quanto di più musicalmente ispirato che mai orecchio umano abbia ascoltato?
Henry Fonda e Claudia Cardinale nel celebre western di Sergio Leone “C'era una volta il West“ del 1968
E che, per qualche eletto, l’ascolto può arrivare ad essere percepito anche oltre i cinque sensi umanamente disponibili? Chi glielo dice, a Morricone, che… Salce aveva proprio visto giusto? Anzi: che aveva “udito lontano” con l’orecchio del cuore?
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1961 - Il federale (Luciano Salce) 1963 - I basilischi (Lina Wertmüller) 1963 - Il successo (Dino Risi) 1964 - El Greco (Luciano Salce) 1964 - Per un pugno di dollari / A fistful of dollars (Sergio Leone) 1964 - Prima della rivoluzione (Bernardo Bertolucci) 1964 - The Bible (John Houston) 1965 - Il ritorno di Ringo (Duccio Tessari) 1965 - La battaglia di Algeri / Battle of Algiers (Gillo Pontecorvo) 1965 - Per qualche dollaro in più (Sergio Leone) 1965 - Uccellacci e uccellini (Pier Paolo Pasolini) 1966 - I crudeli (Sergio Corbucci) 1966 - Il Buono , il brutto e il cattivo (Sergio Leone) 1967 - Diabolik (Mario Bava) 1967 - La Cina è vicina (Marco Bellocchio) 1968 - C'era una volta il West / Once Upon a Time in the West (Sergio Leone) 1968 - L'alibi (Adolfo Celi, Vittorio Gassmann, Luciano Lucignani) 1968 - La monaca di Monza (Eriprando Visconti) 1968 - Metti, una sera a cena (Giuseppe Patroni Griffi) 1969 - Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Elio Petri) 1969 - L'uccello dalle piume di cristallo (Dario Argento) 1969 - Le clan dei siciliani (Henri Verneuil) 1969 - Queimada (Gillo Pontecorvo) 1970 - Vamos a matar, companeros (Sergio Corbucci) 1971 - Correva l'anno di grazia 1870 (Alfredo Giannetti) 1971 - Giù la Testa / A fistful of dymite (Sergio Leone) 1971 - Il gatto a nove code (Dario Argento) 1971 - La classe operaia va in Paradiso (Elio Petri) 1973 - Giordano Bruno (Giuliano Montaldo) 1973 - My name is nobody (Tonino Valeri) 1974 - Spazio 1999 - tv - (Lee H. Katzin) 1976 - Il deserto dei Tartari (Valerio Zurlini) 1976 - Novecento (Bernardo Bertolucci) 1977 - Exorcist II: The Heretic (John Boorman) 1979 - La Luna (Bernardo Bertolucci)
1980 - Un sacco bello (Carlo Verdone) 1981 - Bianco, rosso e Verdone (Carlo Verdone) 1981 - Occhio alla penna (Michele Lupo) 1982 - La cosa / The Thing (John Carpenter) 1983 - La chiave (Tinto Brass) 1984 - C'era una volta in America / Once upon a time in America (Sergio Leone) 1985 - La piovra 2 - tv series - (Florestano Vancini) 1986 - The Mission (Roland Joffè) 1987 - Frantic (Roman Polanski) 1987 - Gli intoccabili / The untouchables (Brian De Palma) 1988 - Cinema Paradiso (Giuseppe Tornatore) 1989 - Atame! (Pedro Almodovar) 1989 - Vittime di Guerra / Casualties of War (Brian De Palma) 1990 - Hamlet (Franco Zeffirelli) 1990 - Stanno tutti bene (Giuseppe Tornatore) 1991 - Bugsy (Barry Levinson) 1993 - La scorta (Ricky Tognazzi) 1994 - Una pura formalità / A pure formality (Giuseppe Tornatore) 1994 - Wolf (Mike Nichols) 1996 - La sindrome di Stendhal (Dario Argento) 1996 - Lolita (Adrian Lyne) 1997 - U-turn (Oliver Stone) 1998 - La leggenda del pianista sull'Oceano (Giuseppe Tornatore) 1999 - Il fantasma dell'opera (Dario Argento) 2000 - Canone inverso (Ricky Tognazzi) 2000 - Mission to Mars (Brian De Palma) 2000 - Malèna (Giuseppe Tornatore) 2002 - Perlasca, un eroe italiano - tv - (Alberto Negrin) 2002 - Senso 45 (Tinto Brass) 2002 - Musashi - tv - (Mitsunobi Ozaki) 2006 - La sconosciuta . (Giuseppe Tornatore) 2007 - I demoni di San Pietroburgo (Giuliano Mondtaldo) 2007 - L'ultimo dei Corleonesi - TV (Alberto Negrin) 2007 - Tutte le donne della mia vita (Simona Izzo) 2008 - Bàaria - La porta del vento (Giuseppe Tornatore)
Davide Marrone, ballerino e coreografo romano, è il più noto traceur della Capitale. Il parkour ormai è la sua religione... tutta da scoprire
SPORT E ASFALTO l gusto del gioco in strada, per mancanza di possibilità e per l’invasione del gioco digitale, si è perso da anni nella Capitale. Negli anni ‘90 skateboard e pattini in linea avevano riacceso la fiammella, ma il fuoco si è spento in poco tempo. Ora, anche se ancora non si tratta di un vero fenomeno di massa, c’è una altro “street sport” che sta catturando soprattutto i giovanissimi. Si tratta del parkour, una disciplina metropolitana nata in Francia agli inizi degli anni ‘80. Cos’è? Semplice. Consiste nel superare qualsiasi genere di ostacolo naturale si incontri per la strada adattando il movimento del proprio corpo all’ambiente circostante. L’art du déplacement, l’arte dello spostamento, e le parcours, ossia il percorso, furono i primi termini utilizzati per descrivere questa forma di allenamento che ha invaso la Francia nel giro di pochi anni. Poi venne coniato il termine parkour, derivato da “parcours du combattant”, percorso del combattente, ovvero il percorso di guerra utilizzato nell’addestramento militare. Ma di aggressivo, come nel caso delle esercitazioni dei militari, non ha davvero nulla il parkour, che al contrario favorisce il coordinamento armonico dei movimenti del corpo. Roma è la città con il più alto numero di praticanti. La “tribù”, nata circa sei anni
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Gli street sport sono sempre più diffusi nel mondo. Dal tre contro tre, il basket di strada nato negli Stati Uniti e diffusosi soprattutto nei sobborghi delle grandi città, allo skateboard, fenomeno di massa negli Anni ‘70 e ‘80, per arrivare al soccer freestyle, il calcio da strada praticato principalmente in Sudamerica e al parkour, ultimo fenomeno giovanile nato in Francia e ormai praticato in tutta Europa e non solo.
di Federico PASQUALI foto Getty Images fa, oggi conta circa 500 traceur, termine che indica chi pratica il parkour (non chiamateli parkouristi o parkourer, termini inesistenti). Giovani, giovanissimi, ragazzi e ragazze, ma anche over 40 e 50. E da qualche mese nella Capitale c’è anche un corso per imparare l’arte del parkour. A condurlo è il “guru” italiano di questo street sport, il 34enne romano Davide Marrone. Come, quando e perché si è avvicinato al parkour? «Provengo dal mondo della danza, sono un ballerino, acrobata e coreografo, e dopo aver lavorato per anni nei teatri ho sentito anche l’esigenza di muovere il corpo all’aria aperta. La danza mi ha dato molta fluidità nei movimenti, quindi mi è venuto naturale avvicinarmi al parkour, disciplina se così vogliamo
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chiamarla che consente la massima espressione corporea in totale libertà. Così già agli albori del parkour in Italia mi sono avvicinato alla pratica. Poi mi sono appassionato e per entrare meglio dentro questo mondo sono andato a studiare dai maestri». Ovvero? «Ho trascorso un periodo di tempo in Francia ad allenarmi con il gruppo Yamakasi, coloro che nel 1997 hanno inventato il parkour come oggi conosciuto. Un’esperienza straordinaria, perché il parkour non si basa sugli stessi principi della competizione sportiva, ma sulla condivisione della gioia di muoversi, esprimersi, trovare nuove soluzioni per superare gli ostacoli e portarle a conoscenza del resto della tribù». Perché si parla di tribù? «Perché di questo si tratta. Chi pratica il parkour adotta la filosofia del gruppo: nessuno si sente più forte dell’altro, ma condivide la propria esperienza con gli altri. È una disciplina creativa dove chi riesce a individuare un ostacolo o trova un modo diverso per superarlo lo condivide subito con gli altri e questi lo adottano. Questo crea una sorta di comunità reale e virtuale, perchè i nuovi strumenti di comunicazione di massa sono una parte importante per noi per condividere a distanza le diverse esperienze».
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l’Arte del Parkour
Esperienze tra traceur: cosa vuol dire questo termine? «Letteralmente è colui che traccia, riferito al percorso. Si perché in realtà l’essenza del parkour non è quella di aggirare ostacoli con acrobazie in maniera casuale. Si pratica tracciando un percorso delimitato da un lato “a” e un lato “b”, e lo scopo è quello di arrivare da un punto all’altro più agevolmente possibile. L’obiettivo, insomma, è quello di superare gli ostacoli con movimenti armonici ed efficaci, cercando ovviamente di non farsi male». Da quanto e dove si pratica il parkour a Roma? «Da 6-7 anni, anche se all’inizio eravamo veramente in pochi. Ora saremo circa cinquecento, una nicchia ma consistente. Principalmente si pratica fuori lo Stadio dei Marmi, in assoluto lo spot ideale per il parkour visti gli ostacoli naturali. E poi la vista è mozzafiato. Gli altri due luoghi più gettonati dai traceur sono vicino l’anfiteatro di Tor Bella Monaca e nei dintorni e fuori l’Università di Tor Vergata. In generale poi in tutti i luoghi periferici, perché è nelle periferie francesi che è nato il parkour e in quelle di tutto il mondo che si è diffuso. Credo stia diventando un fenomeno sociale perché ricorda a molti le esperienze di gioco da ragazzini, quando ci si arrampicava ovunque». Chi si avvicina al parkour? «Principalmente gli uomini, ma ora iniziano anche le donne. Il target è giovanile, ma ci sono anche alcuni over. Io ad esempio ho un allievo che ha 58 anni: è la mascotte di tutti i raduni italiani». Esistono dei raduni di parkour? «Si, se ne svolgono alcuni in diverse città italiane. A Roma quando se ne organizza uno partecipano sempre decine di traceur». Perché ci si avvicina al parkour? «È un allenamento naturale, spontaneo, svolto in un contesto metropolitano e non in una palestra, quindi economico e praticabile da tutti. La sensazione che si prova è quella di allenarti in un vero e proprio parco giochi ma for-
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mato dagli ostacoli che incontri lungo la città. Insomma, è un mezzo per superare non solo gli ostacoli, ma soprattutto se stessi e i propri limiti. Quando acquisisci la mentalità del superare gli ostacoli, ti scatta una molla mentale che ti consente di scavalcare qualsiasi muro incontri davanti nella vita di tutti i giorni». Ma davvero è così coinvolgente? «Assolutamente. Quando inizi a dedicarti al parkour non smetti un solo istante di pensare a come superare un ostacolo. Ovunque sei, al lavoro, su un treno, in giro per una città che non conosci, il pensiero va subito a scovare un ostacolo e la mente elabora in fretta come superarlo. Quando puoi permetterti di farlo, racconti subito agli altri come hai fatto per condividere l’esperienza». In quanto tempo si possono imparare le tecniche base? «Anche in pochi giorni, tutto dipende da quanto ci si applica. Poi ci sono le evoluzioni, i cosiddetti trick, che sono infiniti. Per quelli ci vuole allenamento e tanta fantasia. Comunque è talmente coinvolgente che in poco tempo si imparano molti trucchi del mestiere». Lei è un insegnante: dove svolge i corsi? «Ho fondato un gruppo tutto romano chiamato Monkey Move con il quale ci alleniamo, non solo a Roma, con cui presto organizzeremo spettacoli di parkour con coreografie molto elaborate. Da quest’anno poi ho inaugurato i primi cicli di lezioni indoor nella palestra dell’A.I.G. Roma di Lungotevere Maresciallo Cadorna. Li mettiamo a frutto le tecniche applicate all’esterno ma con l’ausilio dei materassi, che
consentono di imparare più in fretta visto che non c’è il rischio di farsi male. Poi, una volta raggiunta una certa maturità tecnica, ci trasferiamo all’esterno per mettere in pratica i trick». Come si veste un traceur? «Rigorosamente con pantalone della tuta lungo, t-shirt, felpa e scarpe da running». E che musica ascolta? «Ritmata». E la dieta? «Può mangiare tutto ciò che vuole. Ci alleniamo in strada, non siamo fichetti».
PARKOURMANIA Nell’ultima edizione di Mondofitness, il parkour l’ha fatta da padrone. «Il Parkour Village istallato per l’occasione - dice Andrea De Angelis, organizzatore di Mondofitness - è stato letteralmente preso d’assalto durante tutta l’estate. Questo grazie anche ai migliori specialisti della disciplina che ogni giorno impartivano lezioni ai neofiti per farli diventare in breve tempo dei tracer di buon livello. Un’esperienza che verrà replicata il prossimo anno potenziando anche la struttura per la pratica di questo street sport che sta sempre più prendendo piede nella Capitale».
LA GIORNATA DELLO SPORT A ROMA l Parkour è stato anche protagonista nel corso della "Giornata dello Sport a Roma" che si è tenuta ai Fori Imperiali grazie all’associazione Streetarts affiliata all’AICS Comitato Provinciale di Roma. La visita del Sindaco Alemanno, che ha provato dal vivo la disciplina, è stata particolarmente gradita. «Il Parkour – spiega Massimo Zibellini, Presidente Onorario AICS Roma e Vicepresidente del CONI Lazio – è una disciplina metropolitana emergente, nata in Francia agli inizi degli anni ’80. È l’arte dello spostamento, durante un percorso urbano di cui si ha bisogno di muoversi. I praticanti del parkour sono chiamati “traceurs”. Il parkour oltre a una disciplina sportiva, è uno stile di vita, come un modo di pensare; infatti dopo l’inizio della pratica di questo sport, si inizia ad analizzare tutto in un altro modo. Qualsiasi appiglio o ostacolo viene osservato come un punto di appoggio da superare in maniera fluida ed efficiente. Questo insegna nella vita di tutti i giorni a non arrendersi mai davanti ad un problema ma, al contrario, ci si abitua a sfruttarlo per proseguire in modo ancora migliore la marcia verso il proprio obiettivo finale».
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Il Sindaco Alemanno, sul palco, parla agli sportivi intervistato dalla giornalista RAI Simona Rolandi. Dietro l'On. Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura e Sport di Roma Capitale.
Il Sindaco alla prova del Parkour...
PIÙ BLU CONSULTING & SOLUTIONS è una società di consulenza strategica e marketing fondata a Roma nel 2001. Il nostro carattere distintivo è di effettuare un’attività di consulenza e di servizio a carattere continuativo dall’analisi di mercato al posizionamento e sviluppo del prodotto, dal consolidamento del brand alla progettazione e realizzazione degli eventi, intervenendo in prima linea lungo tutta la catena del progetto e supportando il cliente in tutte le fasi del suo processo di sviluppo. Affianchiamo il cliente nelle attività necessarie alla promozione, fornendo servizi professionali di: consulenza marketing, pianificazione di strategie, project management, web marketing, direct mailing, campagne per la visibilità sul web, advertising. più blu srl via della luce 37/ f 00153 Roma tel. 06 58300106 fax 06 58300071
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Nel Lazio
ha compiuto da poco i 100 anni di attività. Un secolo di storia ricco di soddisfazioni per molti club
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di Paolo CORBI
ATTIVITA’ DILETTANTISTICA CAMPIONATO NAZIONALE Serie D (9 gironi, le romane sono nel girone G)
CAMPIONATI REGIONALI - Comitato Reg. Lazio Eccellenza (2 gironi da 18 squadre) Promozione (4 gironi da 18 squadre) 1ª Categoria (8 gironi da 18 squadre) 2ª Categoria (14 gironi da 16 squadre) Campionato Provinciale – Deleg. Prov. Roma 3ª Categoria (6 gironi da 14 squadre)
ATTIVITA’ GIOVANILE CAMPIONATI NAZIONALI Juniores Nazionale (squadre juniores di club iscritte alla Serie D. Le romane sono nel girone H) Allievi Nazionali (squadre allievi di club professionisti. Le romane sono nel girone F) Giovanissimi Nazionali (squadre giovanissimi di club professionisti. Le romane sono nel girone E)
CAMPIONATI REGIONALI Juniores Elite (nati dopo il 1992, 2 gironi) Juniores Regionale B (nati dopo il 1992, 4 gironi) Juniores Primavera (nati dopo il 1993, 3 gironi) Allievi Elite (nati dopo il 1994, 2 gironi) Allievi Regionali B (nati dopo il 1994, 4 gironi) Allievi Fascia B Elite (nati dopo il 1995, 1 girone) Allievi fascia B Regionali (nati dopo il 1995, 4 gironi) Giovanissimi Elite (nati dopo il 1996, 2 gironi) Giovanissimi Regionali B (nati dopo il 1996, 4 gironi) Giovanissimi Fascia B Elite (nati dopo il 1997, 1 girone) Giovanissimi fascia B Regionali (nati dopo il 1997, 4 gironi)
CAMPIONATI PROVINCIALI Juniores Provinciale (nati dopo il 1992) Allievi Provinciali (nati dopo il 1994) Allievi Fascia B Provinciali (nati dopo il 1995) Giovanissimi Provinciali (nati dopo il 1996) Giovanissimi Fascia B Provinciali (nati dopo il 1997) Esordienti (nati dopo il 1998) Pulcini (nati dopo il 2000)
uasi cinquantamila giovani calciatori impegnati sui campi della Capitale, che praticamente ogni giorno rappresentano il secondo centro educativo dopo la scuola e molto spesso per più tempo della famiglia. Ma oltre ai tesserati citati, Roma potrebbe essere dipinta oggi come una grande città in pantaloncini, maglietta e scarpini che, tutte le sere si mette in gioco sugli innumerevoli impianti sparsi sul territorio. Calcio a 5 (il vecchio calcetto nato in Italia proprio nei circoli sul Lungotevere e poi diventato disciplina ufficiale della FIGC), ma anche Calcio a 8 (che in slang romanesco diventa più semplicemente “calciotto”), e lo jorkyball (calcio a 2 con sponde), non proprio esploso quest’ultimo: la sera è ormai difficile trovare posto negli impianti sportivi che, tra tornei e partite tra amici, sono sempre vicini al “sold out”. Attività ufficiale e attività amatoriale, dunque, camminano di pari passo: perché lo sviluppo dei centri sportivi e dei club calcistici contemporanei è caratterizzato da investimenti che permettono di rendere fruibile l’impianto, che sia pubblico in concessione o privato, quasi 24 ore su 24. Lo sviluppo attuale. Nel Lazio, e la maggioranza è naturalmente concentrata su Roma, esistono quasi 1000 club che svolgono attività giovanile e dilettantistica (941 secondo i
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dati della Lega Nazionale Dilettanti), con un numero di tesserati vicino ai 100.000 (36.261 quelli dilettanti, 58.219 quelli di settore giovanile). Se si prova solo a immaginare il coinvolgimento di dirigenti, tecnici e familiari di questo “mini esercito sportivo” si può comprendere quale ruolo abbia il calcio capitolino sul piano sociale, e anche economico della città. In questi ultimi 20 anni le società calcistiche di base hanno consolidato la propria presenza nel tessuto urbano cittadino, puntando, molto spesso grazie allo stimolo o al contributo dell’amministrazione locale, sul rinnovamento degli impianti sportivi in grado di dare un’offerta sportiva per le famiglie (la palestra o la piscina per i genitori dei giovani calciatori ad esempio), sui campi in erba artificiale (che permette di far giocare tante squadre senza soluzione di continuità e senza sporcare gli indumenti sportivi con sollievo delle mamme), e su servizi (ristoranti e bar) accoglienti.
I campi sono il vero tesoro Un caso rappresentativo in tal senso è quello della Nuova Tor Tre Teste di Via Candiani, capace di vincere due scudetti giovanili negli ultimi due anni grazie alla spinta di una struttura che oggi ha numeri impressionanti. Anche due delle società più radicate sul territorio, Savio e Romulea, hanno puntato sullo stesso rinnovamento. Il Savio ha appena intitolato il suo campo a Raimondo Vianello. La Romulea ha invece ristrutturato, con l’aiuto di Roma Capitale, lo storico impianto “Roma” di Via Farsalo, salvato proprio dall’amministrazione Alemanno dopo il rischio chiusura per i lavori della Metro C. Se a livello giovanile sono questi i punti di riferimento, insieme ad un club emergente come la Vigor Perconti che ha dato vita ad un centro sportivo di primo livello lungo la A-24, al Tor di Quinto che ha attrezzato un’ampia area con numerosi campi lungo il Tevere, e all’Urbetevere che ha un moderno centro in Via della Pisana, a livello dilettantistico la realtà è più complessa. In città, infatti, le realtà più importanti (lasciando fuori il fenomeno Atletico Roma, neopromosso in Prima Divisione ma ancora senza un proprio impianto sportivo) sono l’Astrea, società sportiva del Minisitero di Grazia e Giustizia, e il Fidene, club collegato anch’esso ad
un altro centro sportivo di elite, il Salaria Sport Center. I due club militano oggi in Serie D, insieme a tante realtà sparse nell’hinterland romano o nelle altre province laziali. È infatti nei grandi centri urbani sparsi intorno alla Capitale che si rafforzano società sportive della prima fascia dilettantistica: il Pomezia neopromosso in Seconda Divisione, e poi Zagarolo, Cynthia Genzano, Anziolavinio, Flaminia Civitacastellana, Aprilia, Guidonia e Monterotondo, tutti impegnati in D.
Calcio Dilettantistico: cento anni di attività Tanto fermento nel Lazio, insomma, proprio nell’anno in cui il calcio romano ha superato i 100 anni di attività. La storia del calcio dilettantistico regionale, infatti, ha da poco festeggiato un secolo di attività: era l’ottobre 1909 quando la FIGC istituiva il CR Lazio, chiamato a regolamentare l’attività di tre club (Fortitudo, Podistica Lazio e Juventus Roma, dopo si sarebbe aggiunta la Roman), più tanti altri che, per l’insostenibilità di costi, disputavano solo gare amichevoli (Cassino, Sora, Viterbo e tante altre), come raccontato nel volume “I cento anni del Cr Lazio, tante storie, un’unica grande storia“ scritto da Roberto Avantaggiato e Rolando Mignini proprio in occasione del centenario celebrato lo scorso anno. Dagli albori del calcio di base, allora nemmeno LO SPORT DILETTANTISTICO | 146
troppo lontano dalle squadre di prima fascia, ad oggi, la storia del football capitolino è ricca di leggende ormai tramandate dal ricordo dei protagonisti di allora. Oltre al libro edito dal CR Lazio, per ripercorrere questa storia è utile consultare l’archivio de “Il Corriere Laziale”, il giornale che dal 1973 racconta ogni giorno i fatti legati a questo calcio, ed anche l’interessantissimo sito dell’associazione “Il calcio di una volta” (www.ilcalciodiunavolta.it), che tenta di preservare il ricordo di tante società ormai scomparse. Tanti anni prima dei circoli sportivi multifunzionali di oggi, il calcio romano, nato dalle società podistiche o di ginnastica all’inizio del secolo, cresceva e si sviluppava nel secondo dopoguerra soprattutto grazie alle iniziative dei dopolavori. Erano le aziende di un’Italia in pieno boom economico a promuovere l’attività calcistica dei propri dipendenti in tornei amatoriali accesissimi o in campionati ufficiali e quella dei loro figli attraverso la creazione dei primi settori giovanili. Siamo negli anni ‘40 e ‘50 e ’60 e all’apice ci sono la Romana Gas (società sportiva che qualche anno fa ha chiuso per problemi economici), considerata la terza squadra della Capitale e sparring partner in amichevoli di Roma e Lazio durante la settimana; la STEFER (nonna dell’odierno COTRAL), che poi nel 1967/68 conquistò la Coppa Italia Dilettanti; l’OMI, altro club aziendale che divenne famoso al campo “Nistri”
Chinotto, AGIP e ACEA: quelle squadre con i nomi delle grandi aziende Ma tante altre erano le società nate dalle iniziative di aziende: dalla mitica Chinotto Neri alle più recenti AGIP Petroli Club (giocava al “Massimo”), dalla BNL all’ISVEUR Torre Maura, dall’ACEA al Radiotaxi 3570. Anche l’attuale presidente federale, Giancarlo Abete, prese parte a questa storia: l’azienda di famiglia, infatti, la A.Be.T.E. (Azienda Beneventana Tipografica Editoriale), per alcuni anni è stata impegnata nei ca mpionati regionali. A livello giovanile, in quegli anni una delle protagoniste assolute era il Bettini Quadraro (che consacrò campioni come Graziani e Superchi) presieduto da Lillo Imbergamo, altro club che viveva grazie al contributo del famoso pastificio
e che si farà conoscere in numerose partecipazioni a tornei internazionali. A livello giovanile, l’epoca che va dal dopoguerra agli anni ’80 è caratterizzata da tre società sportive: la Romulea al campo “Roma” a San Giovanni, la Pro Calcio Italia che gioca al “Gerini” sulla Tiburtina e l’Almas Roma impegnata al “S. Anna” sull’Appia. I trionfi più importanti di queste società sono legati a figure di grandi dirigenti sportivi: Vito Vilella, Ugo Accica, Giovanni Guarracino e Aldo Tarascio. Le vittorie dei campionati (insieme vinsero numerosi titoli nazionali giovanili) e la valorizzazione dei migliori talenti del calcio laziale passava per loro. Con i giovani, però, esemplare fu il lavoro di altre società. Come il “XII giallorosso“, fondato nel 1963, che per 24 anni svolse attività di puro settore giovanile, e da dove iniziò anche il tecnico romanista Claudio Ranieri; l’Autoricambi Cara, più semplicemente Autocara di Vittorio Mariotti, o la Jacobini
Sport, fondata dal mitico Paolo “Uccio” Jacobini ex calciatore della Roma del primo scudetto (da lì iniziò anche la carriera di dirigente di Giorgio Perinetti). Dagli anni ’80, la FIGC cominciò anche ad assegnare uno scudetto vero e proprio per le categorie Allievi e Giovanissimi Dilettanti: dal 1982/83, le squadre romane sono state protagoniste assolute con 10 scudetti: tre la Romulea nei giovanissimi (83-84, 01-02, 02-03), due l’Almas (la doppietta del 1984/85) e la Nuova Tor Tre Teste (giovanissimi 0809 e allievi 09-10), uno l’Acilia (Allievi 92/93), il Casalotti (giovanissimi 93-94) e il Savio (Allievi 04-05) che è la società con più titoli regionali in questo settore, tutti centrati sotto la regia del Presidente Paolo Fiorentini. Menzione a parte merita infine il Tor di Quinto, altro club pluridecorato (3 scudetti juniores) fondato nel 1946 da Vittorio Testa, ed oggi gestita dal figlio Massimo e dal nipote Paolo.
Il primo storico numero de “Il Corriere Laziale” che, lo scorso mese, ha cambiato anche la sua sede
Il giornale che parla di loro
avuto in gestione dal CONI, dove veniva organizzato il famoso “Torneo Industria e Sport” che per 16 anni mise in vetrina i giovani campioni di allora, per poi sparire dopo aver vinto due scudetti allievi; la Lecablock, protagonista al “San Tarcisio” di Via della Vasca Navale, dove si allenavano anche le giovanili della Roma; il Banco di Roma, altro gruppo sportivo nato nel dopoguerra che negli anni ’70 arrivò in Serie C (77/78), dopo aver vinto anche una Coppa Italia Dilettanti (74/75) allo Stadio Olimpico prima della finale dei professionisti Fiorentina-Milan, per poi ritirarsi nel 1983 e impegnarsi solo nel basket.
LO SPORT DILETTANTISTICO | 147
NEL MONDO DEI MEDIA ANNO XXXVIII - N. 140
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QUOTIDIANO D’INFORMAZIONE DAL 1973
LUNEDÌ 19 LUGLIO 2010
Direzione, Redazione, Amministazione: Via Acqua Bullicante, 248 - 00177 Roma Tel.: 06/24.56.56.1 - Fax.: 06/24.56.56.56 - 51 Mail to: info@ilcorrierelaziale.it
il corriere laziale
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SERVIZI AL CITTADINO
“Pronto Nonno”, chiamate in aumento Nell’ultima settimana si sono avute fino a 650 telefonate al giorno In concomitanza con l’innalzamento delle temperature, le chiamate ricevute al centralino di Pronto Nonno sono triplicate. Belviso: “Il 40% delle richieste pervenute agli operatori hanno riguardato la consegna di generi alimentari e di medicinali”.
Da Palazzo Valentini arriva un appello a deputati e sindaci contro un “balzello ingiusto”, “che colpisce le fasce sociali più deboli”. In campo anche il sindaco Alemanno: “Incontrerò il ministro Matteoli per cercare una soluzione” SERVIZIO a pagina 2
CALCIO
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CRONACA La Provincia di Roma deposita il ricorso contro gli aumenti
Pedaggi autostradali, Zingaretti ricorre al Tar
SERVIZIO a pagina 2
Sarà la prima realtà calcistica italiana a dare il via all’azionariato popolare
LA FORTITUDODI TUTTI
Il giornale che parla di loro
Lo storico club di via Lusitania si lega di più al suo territorio: i soci potranno sostenere l’associazione e partecipare alla vita societaria. Uno spot contro il calcio moderno e per uno sport accessibile a chiunque MONDO ARBITRALE
Cra Lazio Tutte le novità
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Le altre news all’interno
n giornale che ha raccontato l’attualità romana impegnandosi con grande impegno nella promozione dello sport di base. Una voce libera che ha spinto gli amministratori a non dimenticare gli investimenti sugli impianti sportivi o a tutelare quelli esistenti, come nel caso, l’ultimo, del campo “Roma” a San Giovanni. Un palcoscenico che racconta da quasi 40 anni le gesta di migliaia di giovani calciatori, accompagnandoli nel loro percorso di vita. Una palestra dove sono cresciuti centinaia di giornalisti. Il Corriere Laziale è tutto questo e molto di più. Fondato nell’ottobre 1973 da una geniale intuizione del direttore Eraclito Corbi, che ancora oggi firma il giornale, l’allora settimanale (oggi quotidiano, in edicola dal lunedì al venerdì nel centro Italia), andò ad occupare una fetta di mercato rimasta libera dopo la chiusura di “Record” della famiglia Anzalone. «Il primo numero – ricorda commosso il Direttore - fu stampato alla tipografia de Il Globo, quoti-
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Squadra che vince, non si cambia. Il Comitato Nazionale presieduto da Marcello Nicchi ha comunicato gli organigrammi dei 19 Comitati Regionali Arbitrali. Pochissime novità per il Cra Lazio che ha visto l’ingresso di soli quattro volti nuovi: due tra le Componenti e due tra i Referenti Arbitrali e i Collaboratori. Confermatissimo il presidente Nazzareno Ceccarelli.
SERVIZIO a pagina 8
Da sinistra Giulio Lucarelli, ds della Fortitudo, Francesco Totti ed il giocatore Mario Quaranta
Nazionali EUROPEO UNDER 19
Dilettanti NUOVE PANCHINE
Italia di Piscedda ko col Portogallo al debutto
Fabrizio Ferazzoli Almas, parla Di Litta: dice sì al Monterotondo “Puntiamo sui giovani”
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Giovanili
PROGETTI
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Eraclito Corbi, fondatore e direttore de “Il Corriere Laziale”
diano economico, con sede a Via del Corso, e la prima redazione era al Quartiere Prenestino: da quella sera iniziò un vero e proprio miracolo editoriale e imprenditoriale che ancora oggi continua». In effetti, dopo quasi 40 anni, Il Corriere Laziale è stato (ed è) un amico che ha accompagnato tantissime generazioni di calciatori, considerato che il calcio di base, quello giovanile e dilettantistico, rappresentano da sempre il punto di riferimento della testata. «Fummo proprio noi – racconta Corbi - a documentare la prima sfida Totti–Nesta, in occasione del torneo Umberto Lenzini, categoria Esordienti, uno con la maglia della Lodigiani e l’altro già con quella della Lazio. Anche se la scoperta la fece il collega de La Gazzetta dello Sport Stefano Boldrini che
ANNO XXXVIII - N. 63
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QUOTIDIANO D’INFORMAZIONE DAL 1973
MERCOLEDÌ 31 MARZO 2010
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ELEZIONI REGIONALI 1.012.512 VOTI
51,79% 75.437 VOTI
La storia in copertina
VOTANTI 180.575 (70,36%)
VITERBO
ROMA
51,14%
48,32%
1.409.028 voti
1.331.335 voti
VOTANTI 2.025.442 (59,19%) 931.250 VOTI
92.159 VOTI
54,6%
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Dove e perché ha vinto la Polverini
DECISIVE LE PROVINCE, SOLO ROMA ALLA BONINO
44,7%
Renata Polverini
Emma Bonino
47,63% 35.681VOTI VOTANTI 86.138 (65,58%) 45.840 VOTI
43,6%
RIETI
56,1%
108.176 VOTI
VOTANTI 292.642 (64,9%)
165.501 VOTI
39,4% FROSINONE 60,4%
99.529 VOTI
36,1%
VOTANTI 290.672 (62,98%)
LATINA
174.278 VOTI
63,3%
RENATA,ORA TOCCA A TE IL
LAZIO SCEGLIE IL CENTRODESTRA. LA NEO PRESIDENTE: UN MIRACOLO
Nonostante l’esclusione della lista Pdl di Roma e Provincia, l’ex sindacalista riesce comunque a conquistare la poltrona di governatore del Lazio. Lunedì sera grande festa a Piazza del Popolo, ora però subito a lavoro Giovanna Sfragasso
Nel Lazio si volta pagina. Protagonista di questa inversione di tendenza, che metterà definitivamente al bando l’eredità lasciata dal caso Marrazzo, sarà Renata Polverini, la candidata del centrodestra eletta presidente, la prima donna a sedersi sulla poltrona di governatore della Regione. L’ex sindacalista, vincitrice dalla competizione elettorale che l’ha vista sfidarsi contro Emma Bonino, del centrosinistra, ha ottenuto un risultato importante senza il sostegno della lista del Pdl di Roma e Provincia e in un clima di tensione dettato da ricorsi, polemiche, maratone oratorie, fino alla grande manifestazione di piazza San Giovanni, a cui ha partecipato anche il premier Berlusconi. Le urne, però, hanno ribadito, in maniera inequivocabile, che gli elettori delle province laziali hanno voglia di cambiamento. Ora il futuro della Regione è nelle mani di Renata Polverini, che ha subito messo in chiaro: “Il Lazio sarà migliore di come è adesso”.
PROMOZIONE
Un pass per l’Eccellenza
Girone B: 30a giornata
San Cesareo - Ladispoli e Roccasecca - Marino
La Sabina e Roma VIII non vogliono sbagliare
nella foto Tajarol (San Cesareo)
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90421 Pubblicità: e 52,00 a modulo (cm. 4x4) - prima pagina +20%; manchette e 310 Avvisi legali: e 210 a modulo Abbonamento: annuale e 207,90. Sped. in A. P. - 49% comma 20 lett. B art. 2 L. 23/12/96 n.662 Filiale di Roma
NOI SIAMO CON LA ROMULEA
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Al fianco del club amaranto/oro nella difficile battaglia per non sparire “causa lavori Metro”
L’emergenza “Campo Roma” L’impianto sarà chiuso per costruire una stazione della linea C: dove andrà il club che rappresenta un pezzo della storia sportiva romana?
UNA METRO NON PUO’ CANCELLARE LA STORIA
a pag. 8
nella foto Pagliarini (Roma VIII)
T.D.R - FUTSAL ROSA
Oggi la finale c’è l’Umbria Le ragazze della Benvenuti cercano il bis del 2008 a pag. 11
nella foto una giocatrice
ALLIEVI REG. B
Tutti in campo Gioca un girone Alle 16 turno infrasettimanale La 26a giornata del gruppo D a pag. 12
Protagonista il campionato
NOI SIAMO CON LA ROMULEA. Sì, dopo aver documentato nell’ultimo mese tutti i dettagli relativi al futuro del campo “Roma”, oggi lanciamo un’iniziativa per dimostrare quanto sia importante lo storico club di San Giovanni per il calcio romano. E dunque apriamo uno spazio quotidiano su queste colonne per documentare gli sviluppi di una situazione che rischia di far scomparire una storia, quella della Romulea, che è una storia lunga 90 anni. Una società alla quale dedichiamo da oggi anche la
LA VOCE DEL TERRITORIO | 148
CALCIO L’intervista
Pochesci: “Io come Mourinho? Quasi...”
Il brusco finale dell’avventura al Flaminia, la squalifica sopraggiunta per aver allenato a Guidonia, il rientro a Torbellamonaca. Sandro Pochesci (sotto, nella Foto Pioli) ne ha per tutti nell’intervista al nostro giornale, tanto da paragonarsi all’allenatore più chiacchierato d’Italia.
a pag. 10 e 11
Personaggi
LE NOSTRE GRADUATORIE
EX GIALLOROSSI TORNANO
LE SOCIETA’ SPORTIVE CONTINUANO A DONARE
LA TOP 20 DEL TORNEO VINCE CECCARELLI
GIAMPIERO MAINI: “SOGNO DI ALLENARE”
A sei giorni dal lancio dell’iniziativa voluta dal presidente Zarelli hanno già aderito oltre venti società. Sono stati raccolti circa 10.000 euro. L’iniziativa va avanti.
A un turno dalla fine del campionato under 18 di C, ecco una speciale classifica sui talenti più interessanti. Spiccano gli assi di Cisco e Cesena: vince l’attaccante romano.
Sbarcato alla Boreale da un mese, l’ex calciatore di Roma, Parma, Milan, con numerose presenze nell’Under 21 e un’apparizione nella Nazionale A, ci racconta la sua storia.
SFRAGASSO a pag. 9
La politica locale
nostra testata: una sciarpa con i colori della Romulea sarà ogni giorno appesa al nostro logo, finchè, tutti insieme, non riusciremo a dare un nuovo impianto al club amaranto oro. Martedì prossimo, la Romulea ha chiamato a raccolta presso il campo “Roma” tutti i suoi tesserati, dirigenti, tecnici e calciatori, per dimostrare quanto sia grande il cuore della società. Per l’occasione, interverrà presso l’impianto il delegato allo sport del Comune di Roma Alessandro Cochi, che si sta battendo per trovare una soluzione appropriata.
Emergenza Abruzzo Berretti LA RACCOLTA DEL CR LAZIO
Il calcio dilettantistico
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MARTEDÌ 21 APRILE 2009
Paolo Corbi
Servizi a pag. 4 e 5
a pag. 8
QUOTIDIANO D’INFORMAZIONE DAL 1973 ANNO XXXVII - N. 76
Direzione, Redazione, Amministazione: Via Acqua Bullicante, 248 - 00177 Roma Tel.: 06/24.56.56.1 - Fax.: 06/24.56.56.56 - 51 Mail to: info@ilcorrierelaziale.it
Al posto dell’impianto che ha vissuto i 90 anni di attività di uno dei club sportivi più antichi della capitale sorgerà la nuova Stazione Amba Aradam. Per la Romulea serve un’area limitrofa dove costruire subito un nuovo impianto: c’è una possibilità a Via Macedonia. Bisogna sbloccare il parere del Parco dell’Appia Antica.
CALCIO I PRINCIPALI AVVENIMENTI DELLA GIORNATA COPPA ITALIA
andò a cercare negli archivi del giornale, prima del derby dell’ottobre 2001». Di qualche anno prima, un aneddoto legato ad un altro grande protagonista del calcio romano, Giuseppe Giannini: il centrocampista, allora uno dei giocatori più seguiti dell’Almas (sarebbe passato a fine anno alla Roma) rispose male ad un arbitro e fu severamente criticato per quella condotta su Il Corriere Laziale. «Pochi giorni dopo scrisse una lettera per scusarsi pubblicamente del comportamento tenuto. È sempre stato un esempio di sportività e educazione e si ricordò di me anche quando pochi anno dopo si sposò». Come Totti, Nesta o Giannini, tutti i calciatori romani sono cresciuti con una copia de Il Corriere Laziale a casa, come quella della finale del Tor-
BELLI a pag. 14
DI TOMMASO a pag. 26
Le battaglie per gli impianti sportivi
CURRERI a pagina 18 e 19
Per il Corriere una nuova sede
Da sinistra Eleonora Daniele, presentatrice che iniziò attività giornalistica a Il Corriere Laziale, gli amministratori regionali Pietro Di Paolo e Luciano Ciocchetti, Monsignor Giovanni D’Ercole, Eraclito e Mirco Corbi.
ra sorrisi, strette di mano, abbracci, sguardi sorpresi, in un’atmosfera di festa, “Il Corriere Laziale” ha inaugurato la sua nuova sede, in viale Giorgio Morandi, nel quartiere Tor Sapienza, dove ha festeggiato in compagnia di lettori, amici e colleghi. L’inaugurazione è stata anzitutto un’occasione per celebrare la storia di un giornale che si avvicina ormai ai suoi quarant’anni di vita raccontando, sempre con la stessa passione e con lo stesso impegno, con dedizione e spirito di innovazione, le storie di un tessuto sociale di cui si sente parte integrante e, soprattutto, espressione. Al taglio del nastro sono intervenuti, in rappresentanza delle Istituzioni, il Vicepresidente della Regione Lazio Luciano Ciocchetti e l’Assessore Regionale alle Attività Produttive e alle Politiche dei Rifiuti Pietro Di Paolo. Ma non sono mancate personalità come Gino Falleri, Segretario Generale aggiunto della FNSI, e Antonello Valentini, Direttore Generale, nonché capo dell’Ufficio Stampa e Relazioni Esterne della FIGC, che si sono raccolte attorno a Monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliare de L’Aquila, per la benedizione della nuova sede. A fare gli onori di casa, insieme al direttore Eraclito Corbi, una madrina d’eccezione, Eleonora Daniele, cresciuta professionalmente sulle colonne di questo quotidiano ed ora approdata in Rai, dove conduce Uno Mattina. La troupe della trasmissione ha colto l’occasione per celebrare la piccola “scuola di giornalismo” rappresentata da “Il Corriere Laziale”, dove hanno esordito firme come quella di Sergio Rizzo, Guido D’Ubaldo, Giuseppe Toti e Jacopo Volpi, intervenuti alla cerimonia. «Festeggiamo un traguardo importante – ha dichiarato il direttore Eraclito Corbi – un risultato raggiunto dopo aver superato non poche difficoltà, soprattutto di natura economica. Dopo tante peripezie, continuiamo ad essere qui. Non è stato facile, ma siamo riusciti a resistere alla crisi».
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il savio ricorda vianello
neo “Bastianelli”, categoria giovanissimi, del settembre ’90, in cui Totti diventò capocannoniere ma perse il derby in finale contro Di Vaio che si laureò miglior giocatore. E anche tanti dirigenti oggi famosi sono legati alle pagine del giornale: Rinaldo Sagramola, che troviamo calciatore della Lodigiani Allievi contro la Roma di Orsi, Ugolotti e Amenta in una pagina degli anni ’70 che troneggia nel corridoio della nuova sede della storica testata romana appena inaugurata. E come loro, anche tanti giornalisti che oggi sono tra le prime firme del giornalismo sportivo italiano sono passati sulle colonne di questo monumento dell’informazione sportiva: basti citare Stefano Ziantoni, Jacopo Volpi, Fabrizio Maffei, Carlo Paris, Lorena Bianchetti, Eleonora Daniele, Marco Fiocchetti, Daniela Cannizzaro (Rai), Sergio Rizzo, Guido D’Ubaldo (Corriere dello Sport), Giuseppe Toti e Fabrizio Caccia (Corriere della Sera), Daniele Galli e Gianluca Piacentini (Il Romanista), Stefano Miele, Marco Castoro (Il Tempo), Giuseppe Rossi (Il Messaggero ed ora Leggo), Andrea Pugliese (Gazzetta dello Sport). Tanti giovani cresciuti sotto la regia del direttore Corbi e di tante altre firme del giornale oggi scomparse, come Fabrizio Acali, Roberto Capasso, Dante Minichini, Enrico De Dominicis. Una storia particolare, nata da un settimanale fatto in famiglia, con l’aiuto degli stessi lettori. Racconta ancora Corbi: «Nei primi anni ’70 i servizi delle gare, oltre ad una piccola squadra di giovani cronisti, erano scritte dai dirigenti e dai genitori; gli scritti, a penna su fogli presi spesso dai quaderni dei figli, erano raccolti da un autista che girava la domenica sera nei bar principali di Roma, da Via Ostiense allo Zio d’America, dove la gente lasciava i propri contributi di racconti sportivi». Oggi la testata è un quotidiano (dall’aprile 2006) e la redazione è composta da tanti giornalisti esperti del settore, che continuano a raccontare le gesta dei Totti di domani e continuano a far crescere penne acerbe in cerca di esperienza. A quasi 40 anni di età, Il Corriere Laziale è ancora un punto di riferimento dell’informazione romana.
Il Savio ha appena inaugurato il nuovo impianto di Via Norma (su quello precedente in Via Teano nascerà la stazione della Metro C) in cui si è trasferito da due stagioni: la struttura porta il nome di Raimondo Vianello, che sui campi della capitale ha sudato e lottato con la società Sa.Mo. (le iniziali della moglie Sandra Mondaini, «così mi lasciava andare a giocare» scherzava il comico romano), club che per anni è stato iscritto in 3° Categoria.
LA VOCE DEL TERRITORIO | 149
di Paolo SERRA foto Claudio Papi Roma Capitale
Lo sport a CASA VIANELLO l centro sportivo comunale Savio, in zona Prenestina-Pigneto, ha cambiato nome. Si chiama “Raimondo Vianello”, in memoria dell’attore romano scomparso. La cerimonia d’inaugurazione è avvenuta alla presenza del Sindaco Gianni Alemanno. Per l'occasione si è disputato anche un incontro di calcio tra la nazionale attori e una squadra mista composta da ex calciatori, sportivi e rappresentanti di Roma Capitale. «Siamo molto contenti - ha detto Alemanno - di essere la prima città ad intitolare qualcosa a Vianello. È giusto che fosse un impianto sportivo perchè Raimondo oltre che essere stato un grande attore era un grande sportivo». All’evento erano presenti, tra gli altri, Virginia, Andrea ed Edoardo Vianello, parenti di Raimondo, Alessandro Cochi, Delegato allo Sport, l’allora Assessore all'Ambiente Fabio De Lillo, Umberto Broccoli, Sovrintendente comunale, Gian Marco Palmieri, Presidente del VI Municipio, Pippo Baudo, Massimo Giuliani, Giorgio Pasotti, Lina e Massimo Wertumuller, Gianni Petrucci, Presidente del Coni, Paolo Fiorentini, Presi-
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dente del Savio e gli ex calciatori Bruno Conti, Vincent Candela, Gigi Di Biagio, Giuseppe Favalli, Roberto Baronio, Felice Pulici, Giuliano Giannichedda, Dino Zoff, Angelo Peruzzi e Bruno Giordano. Oltre ai rappresentanti di Roma e Lazio. Andrea Vianello, conduttore di Agorà e nipote di Raimondo, è rimasto piacevolmente colpito dall’iniziativa. «Beh, da romano vedere che nella città natale di Raimondo e della nostra famiglia è stato intitolato un impianto sportivo alla sua memoria è stato molto piacevole. L’iniziativa della nipote Virginia, subito accolta dall’amministrazione comunale, è stata davvero azzeccata». Raiomondo sarebbe stato felice di questa titolazione? «Insieme alla televisione e alla comicità, il calcio e lo sport in generale sono stati la grande passione di Raimondo. Di sicuro sarà più felice di questo che se gli avessero intitolato una via o una piazza. Da lassù guarderà sicuramente le centinaia di ragazzi che si alleneranno su quel campo tirando calci al pallone».
IN MEMORIA DI RAIMONDO | 150
Ma anche lei è un appassionato di calcio? «Si, ma da tifoso (del Milan, ndr). Amo il calcio e quando ci gioco mi diverto come un bambino, ma sono davvero scarso. Raimondo, al contrario, era un giocatore vero: metteva sempre una grande carica agonistica quando scendeva in campo, e lo ha fatto fino a tarda età come tutti sanno, sempre con la stessa grinta». Ha un aneddoto che ricorda con piacere legato a Raimondo? «Si ne ho uno legato allo sport indelebile nella mia mente. Anni fa ero all’inizio della mia carriera giornalistica e lavoravo per il Gr Rai. Contattati Raimondo a casa per averlo ospite in radio. Rimanemmo un’ora al telefono a parlare di sport e della famiglia. A un certo punto lui mi chiese un consiglio. Gli avevano proposto di seguire il Giro d’Italia per Mediaset, per vivacizzare il processo alla tappa. Mi chiese se accettare o meno, perché non era più giovincello ed era una fatica. Io gli dissi che avrebbe fatto una grande cosa, come lui solo sapeva fare quando c’era da ironizzare sullo sport. Alla fine accettò e andò alla grande».
Umberto Broccoli, Sovrintendente e conduttore della manifestazione, intervista il comico Antonio Giuliani
Pippo Baudo racconta l’amico Vianello. Dietro, la regista Lina Wertmüller
Due ex giocatori della Lazio: Giuliano Giannichedda e Giuseppe Favalli
L’On. Cochi, Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale. Dietro a lui il Presidente del VI Municipio Gian Marco Palmieri.
Da sinistra il conduttore Rai Andrea Vianello con lo zio Edoardo e Virginia Vianello
Il Sindaco Alemanno tra il Presidente del Savio e Antonio Lucarelli a capo della Segreteria
Il Presidente del Savio, Paolo Fiorentini, saluta i giovani atleti della società
Due campioni del Mondo si ritrovano: Bruno Conti e Dino Zoff. Al momento dell’incontro, un abbraccio profondo
Pippo Baudo dialoga con il Sovrintendente ai Beni Culturali Umberto Broccoli. Baudo ha la maglia della vecchia squadra SA.MO., acronimo di Sandra Mondaini
Gianni Alemanno al momento di dare il calcio d’inizio
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La storica banda della Polizia Municipale
MARTA RUSSO: IL DREAM TEAM L’HA RICORDATA IN PEDANA
Margherita Granbassi Tre titoli mondiali, 2 europei e 2 bronzi olimpici
Valentina Vezzali
Ilaria Salvatori
Giovanna Trillini
Cinque Ori olimpici, 12 titoli mondiali, 9 europei, 11 Coppe del Mondo
Un titolo mondiale, 3 titoli europei e 1 bronzo olimpico
Quattro ori olimpici, 9 titoli mondiali, 2 europei e 4 Coppe del Mondo
a undici anni la grande scherma fa tappa a Roma per ricordare Marta Russo, la studentessa universitaria romana uccisa tragicamente alla Sapienza nel 1997. “Una Stella per Marta” è ormai divenuto un appuntamento classico e quest’anno, il 27 novembre, al salone d’onore della caserma della Guardia di Finanza Generale Sante Laria, sono salite in pedana decine di medaglie azzurre del fioretto e della sciabola. La sfida, emozionante come sempre, ha visto le protagoniste del fioretto mondiale degli
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di Federico Pasquali foto Roberto Tedeschi
Nel Salone d’Onore della caserma della Guardia di Finanza Generale Sante Laria, sono salite in pedana decine di medaglie azzurre del fioretto e della sciabola
ultimi anni, Valentina Vezzali. Giovanna Trillini. Margherita Granbassi e Ilaria Salvatori, quest’ultima fresca campionessa del mondo, affrontare le forze emergenti Alice Volpi, campionessa europea giovanile, Stefania Straniero, argento europeo, e Beatrice Monaco, bronzo europeo. Uno spettacolo assicurato anche grazie agli assalti tra i fiorettisti Valerio Aspromonte, argento mondiale, e l’azzurro Luca Simoncelli, e tra gli sciabolatori Fabrizio Verrone e Luigi Samele, anche lui argento mondiale. Un concentramento di stelle del-
spq ort
IN RICORDO DI MARTA
LA TRAGEDIA DI MARTA RUSSO Marta Russo, studentessa di giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma, è la vittima di un omicidio compiuto all’interno della città universitaria. Il 9 maggio 1997, appena ventiduenne, viene colpita da un colpo di pistola.
la scherma che si sono riunite nel nome di Marta così come accaduto nelle precedenti dieci edizioni. Questo anche perché Marta era una schermitrice di buon livello, ed era figlia di Donato Russo, maestro di scherma fra i più apprezzati a livello nazionale. Per questo motivo i più grandi nomi delle lame mondiali hanno sempre aderito con grande partecipazione ad un evento che ha due scopi: ricordare Marta e sensibilizzare la società sul tema della donazione degli organi, obiettivo principale dell’associazione dedicata a Marta (donatrice), l’Associazione Marta Russo Onlus. La scherma ha così prestato all’evento i più grandi nomi di sempre, trasformando il trofeo in un appuntamento dall’enorme impatto mediatico. Al punto che dal 2003 a Marta Russo è intitolato il torneo itinerante che assegna il tricolore ogni anno. Così, da quando il trofeo Marta Russo ha perso il suo legame diretto
con la Capitale, Roma ha voluto continuare a tirare di scherma con un torneo ad esibizione: dal 2004 c’è “Una stella per Marta”. Quest’anno, grazie anche al fattivo contributo di Aams e della Guardia di Finanza, e al patrocinio della Regione Lazio, della Provincia di Roma e di Roma Capitale, si è svolta un’edizione che rimarrà nella storia. Mai sette campionesse di quel calibro si sono sfidate in pedana, e lo spettacolo sportivo è stato una naturale conseguenza. Assalti tirati come fosse una finale iridata, con le quattro schermitrici dallo straordinario palmares che sono riuscite a vincere sulle giovani campionesse 45-37. «Ogni anno proviamo una grande emozione dice Aureliana Russo, mamma di Marta - quando i campioni della scherma si sfidano nel ricordo di Marta e per sostenere la nostra associazione. Il loro contributo è importante per non dimenticare».
LE SEDI DELLE EDIZIONI DI “UNA STELLA PER MARTA” 2000 Sala Borromini; 2001 Piazza Navona, 2002 Piazza del Popolo, 2003 Auditorium, 2004 Ippodromo Tordivalle, 2005 Fiera di Roma, 2006 Fiera di Roma, 2007 Auditorium, 2008 Villa Miani, 2009 Giochi del Mare, Gaeta, 2010 Caserma Sante Laria della Guardia di Finanza.
LO SPORT SOLIDALE | 153
LA VEZZALI SCRIVE Valentina Vezzali, tre volte medaglia d’oro olimpica individuale nel fioretto femminile, alla fine della passata edizione ha voluto lasciare un messaggio: «Ci sarò. Anche quest’anno. Con piacere. Il piacere di fare qualcosa di utile per una causa concreta che ci tiene in pedana e fuori tutti e tutte uniti, attraverso lo sport. Un assalto, per dirla nel nostro gergo, che aiuta a tenere vivo il ricordo di Marta, che per quanto mi riguarda è un ricordo di bimba che assume un significato ancora più importante oggi che sono adulta e mamma. Con Marta ho incrociato le lame che avevamo dieci anni o giù di lì, il mio ricordo di bambina finisce qui ed è un sorriso. Quello di madre, di donna, invece, continua per il significato che ha questo evento che è concreto, che fa qualcosa. Che ottiene qualcosa. Per noi, della scherma, una famiglia diciamolo, è la testimonianza attiva - a suon di incontri e stoccate - che si ripresenta di anno in anno e fa segnare qualche punto. A favore di chi ha bisogno. Anche quest’anno, dunque, volentieri indosserò la maschera e via. Guardando dritta negli occhi l’opportunità di fare sport divertendomi ma nello stesso tempo di fare qualcosa di utile. Un bel successo. Ci vediamo in pedana».
I GRANDI CAMPIONI SCRIVONO PER NOI
LA SCHEDA
Il canottiere portoghese di Roma I
l canottaggio non è uno sport per tutti. O meglio, tutti possono fare canottaggio (e dovrebbero, aggiungo spassionatamente), ma se si vuole diventare un atleta, un canottiere vero, di quelli da “competizione”, non si può prenderla alla leggera. La parola sacrificio ti viene insegnata prima di prendere un remo in mano. E ti viene ripetuta in ogni momento della giornata. Il resto è contorno. Solo il sacrificio ti consente di entrare a far parte di un equipaggio vero. Questo io l’ho capito fin da subito e non a caso ho scelto il canottaggio. Da ragazzino, dopo essermi trasferito dal Portogallo, dove sono nato, a Roma, la mia città adottiva, non facevo altro che mangiare panini e guardare la televisione. Ero sovrappeso e la mia irrefrenabile voglia di muovermi la sfogavo standomene seduto a mangiare. Qualcosa non quadrava. Allora mi sono convinto a fare sport. Ma quale? Mi piacevano tutti, ma mi ero impuntato: volevo farne uno di sacrificio. Così ho scelto il canottaggio, ed eccomi accontentato. Sveglia all’alba per andare a remare sul Tevere (non alle Hawaii!). Poi la scuola, i compiti e di nuovo sul fiume a remare. Il tutto condito da una buona dose di esercizi di potenziamento in palestra e un’altra ricca dose di corsa per fare il fiato. Dura la vita del canottiere. Non ti puoi fermare più di qualche giorno perché perdi subito fiato e ritmo. Quando ti alleni non vedi mai la luce, perché la fatica è tale che fin dal primo minuto ti si annebbia la vista! Scherzi a parte, il canottaggio è davvero uno sport di sacrificio ma in fondo in fondo è tra i belli che esistano. Pensate solo che è uno sport individuale e nello stesso tempo di gruppo. Poi gli avversari non ce li hai di fronte, ma di lato (e purtroppo anche davanti!), questione singolare nello sport. Il goliardismo è spiccato in questo sport, basta pensare alla mitica regata Oxford-Cambridge, o al derby di canottaggio Roma-Lazio (e Lazio-Roma) che si svolge ogni anno sul Tevere in occasione del derby calcistico. Così come i tuoi compagni di barca diventano tuoi fratelli. Insomma, non è solo uno sport che fa bene al fisico (e quanto ne fa non potete immaginare). Direi uno sport completo: una parola di cui tanti sport si appropriano, ma nel caso del canottaggio è davvero azzeccata. Come si fa a diventare un campione? Questa è una domanda che ci viene posta spesso a noi canottieri. E siccome siamo gente di fiume (a Roma ci chiamano i fiumaroli) rispondiamo: a forza di dare palate in acqua. Ecco, datene tante, ogni giorno, e prima o poi anche voi potrete salire su un podio. Allora si che capirete a cosa sono serviti gli anni di sacrifici!
Bruno Mascarenhas
emare a bordo di un’imbarcazione è una pratica in uso da secoli, e lo sport del canottaggio non è da meno in quanto a tradizione. Già nel XIV secolo a Venezia erano molto popolari le sfide di canottaggio tra San Marco e Lido. Ancora oggi nella città lagunare si celebra quella regata storica disputata per la prima volta nel 1315. Ma è alla fine del XIX secolo che il canottaggio si organizza a livello internazionale. Il 25 giugno 1892, a Torino, nasce la FISA (Fédération Internationale des Sociétés d’Aviron), e nel 1900 si disputano le gare ai Giochi olimpici di Parigi. Nel 1962, invece, si svolge a Lucerna, in Svizzera, la prima edizione dei Campionati del Mondo.
LA STORIA
R
IL CANOTTAGGIO A ROMA Roma e il Tevere sono grandi protagonisti del canottaggio italiano e mondiale. Gli storici circoli canottieri capitolini, RCC Tevere Remo, CC Aniene, CC Lazio, CC Roma e CC Tirrenia Todaro, sono tra i più accreditati in assoluto in quanto a numero di campioni che hanno espresso nel corso del tempo. Il più antico di loro è il RCC Tevere Remo, fondato l’1 gennaio 1872, anche se già nel 1867 gli stessi fondatori del circolo, Guglielmo Grant e Guglielmo Serny, avevano costituito la Società Ginnastica Serny dedita al canottaggio. Tra i tanti campioni del canottaggio romano, il più celebre è sicuramente Giampiero Galeazzi, giornalista Rai con un passato da canottiere di alto livello, tanto da aver partecipato all’Olimpiade di Città del Messico del 1968.
LE REGOLE l canottaggio è uno sport di velocità e resistenza praticato con delle barche dalla forma affusolata nelle quali gli atleti siedono su seggiolini mobili, scorrevoli o fissi orientati verso poppa, e usano i remi per far muovere l’imbarcazione. È uno sport che si pratica principalmente in bacini artificiali creati appositamente per le gare, o negli specchi d’acqua naturali come i laghi o mari. Le principali differenze nelle imbarcazioni usate per il canottaggio sono date dal numero di componenti dell’equipaggio, dal numero di remi azionati da ogni vogatore, che possono essere uno (di punta) o due (di coppia) e dalla presenza o meno di un timoniere (si parla quindi di con, quando c’è il timoniere, e senza nell’altro caso). La partenza di una gara, che si sviluppa sulla distanza di 2000 metri per ciò che concerne le competizioni riservate agli assoluti, è da fermo. Vince la regata chi taglia per primo il traguardo.
I
Il campo di regata è costituito da uno specchio d’acqua lungo 2000 metri e largo tanto da consentire l’allineamento di almeno tre imbarcazioni distanti 15 metri l’una dall’altra; la linea di partenza, le corsie e il traguardo devono essere segnalati da boe. Quando lo specchio d’acqua non consente la delimitazione del campo di regata prescritto, è possibile il giro di boa che, in tal caso, deve essere effettuato circa a metà percorso. Per la categoria allievi B (10-12 anni) la distanza di gara è di 1000 metri; per gli allievi C (12-13 anni) e per i cadetti (13-14 anni) la distanza di gara è di 1500 m.
ALLIEVI B 1000M ALLIEVI C 1500M
-15 M
PROFESSIONISTI 2000M
CAMPO DI REGATA
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LA TENUTA
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PILLOLE DI STORIA OXFORD-CAMBRIDGE La Boat Race, meglio conosciuta in Italia come la sfida Oxford-Cambridge, è una delle più celebri gare di canottaggio del mondo. Si disputa annualmente sul Tamigi tra un equipaggio dell’Università di Oxford e uno dell’Università di Cambridge. La prima edizione si è svolta nel 1829, ma solo dal 1856 la gara si disputa con cadenza annuale. Delle 156 edizioni ufficiali disputate sino al 2010, Cambridge ne ha vinte 81, Oxford 75. SARTORI Alessio Sartori, canottiere di Terracina, è uno dei più forti atleti azzurri di sempre. Il trentaquattrenne atleta delle Fiamme Gialle, è anche uno dei più grossi canottieri in assoluto, visti i suoi 200 centimetri di altezza. In carriera ha già vinto l’oro all’Olimpiade di Sydney 2000 nel 4 di coppia, il bronzo ai Giochi di Atene del 2004 nel 2 di coppia, e nelle due specialità 3 ori, 3 argenti e 1 bronzo ai campionati del mondo.
ABBIGLIAMENTO
REDGRAVE Steven “Steve” Redgrave, è il canottiere più vincente di tutti i tempi. Il britannico è stato capace di vincere cinque ori olimpici in altrettante edizioni consecutive (dal 1984 al 2000), risultando così l’unico canottiere di sempre capace dell’impresa e l‘unico atleta britannico in assoluto ad aver centrato il traguardo dei cinque ori consecutivi. Il suo palmares è arricchito da un bronzo olimpico conquistato nel 1988 e 9 titoli mondiali. Gli esperti lo considerano il più forte vogatore di sempre, grazie alla sua tecnica e alla sua forza strabiliante. Auvergne (Francia); 1 Campionato Europeo per Nazioni con l’Italia.
ABECEDARIO EQUILIBRIO
COMPOSITO ADAPTIVE COASTAL
GONFALON
GRAN FONDO
INPUGNATURA
Il canottiere indossa una tutina intera composta da pantaloncini corti e canottiera, sotto la quale può anche indossare una t-shirt. Il materiale utilizato è il neoprene, elastico per consentire all’atleta la massima libertà di movimento e impermeabile per non farlo bagnare più di troppo
Nella coppia le due mani impugnano il remo alla stessa maniera, con una presa salda delle dita e la sensazione della fine del remo sotto I'indice, il pollice chiude a pugno e spinge il remo nella scalmiera
PEDANA
SCALMO L'appoggio del remo su un'imbarcazione per consentire la remata.
Dove l’alteta poggia i piedi sull’imbarcazione
LA REMATA
a remata inizia nella cosiddetta posizione di “finale” con la pala inserita nell’acqua e posta perpendicolarmente rispetto ad essa. Il rematore ha le gambe distese, il corpo leggermente piegato indietro oltre i 90° e le braccia raccolte al petto con i gomiti ben aperti e alti. La pala viene ruotata di 90° in modo da rimanere piatta sull’acqua. Il vogatore porta prima in avanti le braccia e, una volta distese completamente, porta in avanti il tronco mediante una contrazione della fascia lombare; le gambe rimangono stese. Il vogatore piega le gambe, facendo scorrere in avanti il seggiolino avendo cura di giungere con le tibie perpendicolari all’acqua. La pala del remo viene ruotata di 90° quando il rematore raggiunge la metà del carrello mentre si porta in avanti, in modo che sia perpendicolare all’acqua raggiunta la massima estensione (posizione di “attacco”. La pala viene inserita rapidamente in acqua. Il vogatore spinge la barca facendo leva sulla pala del remo, tramite la distensione delle gambe, mentre il corpo resta inclinato in avanti e le braccia stese. Il vogatore continua a spingere con le gambe, distese le gambe il corpo si raddrizza e raggiunge la posizione di 90°, a quel punto la schiena torna nella posizione iniziale (angolo maggiore di 90°) e le braccia raccolte sul petto con i gomiti ben aperti. Il vogatore spinge rapidamente il manico del remo verso il basso in modo che la pala esca dall’acqua. Da questo punto si ricomincia con il primo passaggio, la remata è un’ azione ripetitiva e deve rispettare sempre i passaggi descritti.
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Uno scatto che ferma una storia. Un’immagine che ha il potere di regalare un momento alla leggenda e suscitare emozioni. Istanti che rimangono impressi nella pellicola e nell’anima.
foto Getty Images
1987. Il flop di Thompson Ai Mondiali di atletica leggera di Roma 1987, il britannico Daley Thompson, decatleta imbattuto in competizioni internazionali dal 1979, si appresta a gareggiare sui 400 metri sotto un acquazzone. Per lui non ci sarà gloria in questi campionati.
1987. I Mondiali di Roma La semplice quanto apprezzata cerimonia di apertura dei Campionati del Mondo di atletica leggera svoltisi allo Stadio Olimpico di Roma nell’agosto del 1987.
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1964. L’atletismo dei Vigili del Fuoco La foto è del 2 novembre del 1964. I cadetti dei Vigili del Fuoco radunati alla Scuola Centrale di Capannelle, si esibiscono in esercizi ginnici.
Anni '30. La leggenda di Testaccio
1979. L’Olimpiade fallita È il 23 dicembre 1979. Sono altri tempi rispetto a quelli attuali, quando al termine dell’ultima tornata di campionato prenatalizia c’è un fuggi fuggi collettivo verso mete di tutti i tipi. Natale è in arrivo, ma c’è comunque spazio per le nazionali. Tocca a quella Olimpica, che allo Stadio Flaminio di Roma affronta la Yugoslavia nel match clou del girone di qualificazione ai Giochi di Mosca. Tra i più attesi azzurri, c’è il centravanti della Lazio Bruno Giordano, che su un campo reso pesantissimo dalla pioggia, segna con un tiro non proprio dei suoi, uno dei gol meno belli ma più importanti della carriera. Per lui anche gli onori della televisione: lo storico conduttore Felice Borsato, la sera dell’incontro, lo ospita negli studi nel neonato Tg3 regionale a commentare l’incontro. Una vittoria celebrata ma inutile: nella gara di ritorno, giocata a fine marzo a Mostar, gli azzurri vengono travolti 5-2 e dicono addio al sogno olimpico. Ancora non si sa che Mosca ‘80 sarà boicottata.
Più che una foto è un quadro. Vai alla mostra, lo guardi, di primo acchitto e non ci pensi dici: «Affascinante, sento profumo di FA Cup, è il Goodison Park di Liverpool?». Quelle quattro tribune di legno, quell'ingresso che sembra la facciata di un palazzo che sa tanto di stadio inglese. Quindi stai più attento, non vedi il famoso negozio di cioccolatini situato in un lato di Stanley Park, e poi ci quei palazzi vicini, così romani. In effetti non siamo in Inghilterra, ma nel "core de Roma", è il campo Testaccio, quello dove la Roma ha fondato la sua leggenda. In fondo gli scudetti la Roma li ha vinti tra Flaminio (quello del '42) e Olimpico ('83 e 2001), ma nell'immaginario collettivo la squadra invincibile è quella di Testaccio. Dal 1929 al 1940, quante straordinarie battaglie, quanti derby. La gara più famosa però, relativa agli anni trenta, è un Roma-Juventus 5-0, e la Juve non era così male (5 scudetti in fila, gente come Combi e Orsi). Spalti gremiti, ma le sciarpe sono ancora lontane. Cinque gol, un trionfo, gli spettatori che agitano i cappelli che andavano nell'epoca. Campo Testaccio: scene di un'altra Roma. E di quella partita ci fecero anche un film.
1970: Lorenzo e Monzon L’allenatore della Lazio Juan Carlos Lorenzo con Carlos Monzon, entrambi argentini, prima dell’incontro contro Nino Benvenuti detentore del titolo Mondiale. LO SPORT MILITARE | 159
in viaggio nel tempo Sull'arena gareggiavano gli aurighi, che guidavano i cavalli in piedi sul carro e con la parte terminale delle redini avvolta intorno al corpo. Erano costretti a manovre spericolate per cui, in caso di caduta, potevano finire investiti dagli altri carri, oppure i carri si ribaltavano o le bighe si scontravano.
600 metri di lunghezza per 140 metri di larghezza, con una capienza totale di circa 250.000 persone. Questo era il Circo Massimo.
Residui di un carro sul campo di gara
L'Imperatore era scortato dai Pretoriani
L’arco di trionfo dove i vincitori potevano passare guadagnando gli onori e il tripudio della folla
Il tifo per i concorrenti era molto caloroso. Sugli spalti erano frequenti i tumulti, per sedare i quali interveniva la militia cittadina
Le corse al Circo Massimo
Nelle quadrighe solo i due cavalli al centro venivano aggiogati, mentre i due esterni erano uniti agli altri solo da una correggia, che li lasciava più liberi. La bravura del cavallo di sinistra era determinante poiché doveva guidare gli altri nella curva intorno alla meta.
Il giudice “di campo”.
Si tratta del più grande edificio per spettacoli mai costruito, misurava 600 metri di lunghezza per 140 metri di larghezza, con una capienza totale di circa 250.000 persone. Secondo la tradizione venne fondato dal re Tarquinio Prisco, dopo la bonifica delle paludi della Valle Murcia; e il luogo scelto, tra il Palatino e l'Aventino, sarebbe lo stesso dove è avvenuto il ratto delle Sabine e dove si venerava, con un altare sotterraneo, il Dio Consus (che proteggeva i raccolti). L'assetto definitivo del circo lo si ebbe nel 46 a.C. con Giulio Cesare. Al centro c'era la cosiddetta “spina”, un rialzo adornato di statue e obelischi e intorno al quale le quadrighe dovevano compiere 7 giri, segnati dal passaggio davanti a delle uova di pietra, alle quali, dal 33 a.C. si aggiunsero 7 delfini di bronzo per volere di Agrippa. Al centro della spina era l'obelisco di Ramsete II portato per volere di Augusto e oggi posizionato a Piazza del Popolo. Più tardi, nel 357 l'imperatore Costanzo II fece trasportare l'obelisco di Tutmosis III, il più alto di tutti, oggi posizionato a Piazza S. Giovanni in Laterano. Il circo funzionò fin dopo la caduta di Roma, fino al 549 quando si svolsero le ultime corse sotto Totila, re dei Goti. La corsa delle bighe rappresentava anche il ciclo delle stagioni: le porte dei carceres, le postazioni alla partenza, erano dodici come i segni zodiacali; le fazioni erano quattro come le stagioni: bianca per l'inverno, rossa per l'estate, verde per la primavera e azzurra per l'autunno, e i giri da compiere erano sette come i pianeti intorno al sole. Il che conferma la sua origine sacra. Nerone si esibì su un tiro a dieci cavalli e Poppea correva a velocità folle su una quadriga. Giorgio FRANCHETTI
2010. Frecce tricolori
Le frecce tricolori sfilano sopra lo Stadio Olimpico prima del derby romano. Nella pagina ci sono anche i ciclisti impegnati nel Giro d’Italia e sopra la Capitale: i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia sono già iniziati. Le Frecce Tricolori, esse stesse parte integrante degli sport d’aviazione, sono sempre al fianco di tutti i grandi eventi sportivi.
dossier
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