Spqr Sport n. 4 - 2012

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ROMA SU DUE RUOTE Gianni Alemanno, Sindaco di Roma Capitale

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on l’avvento della primavera Roma Capitale torna ad essere la grande protagonista dello sport internazionale. Maggio infatti è uno dei mesi più attesi dagli appassionati di tutto il mondo, che potranno prendere parte a grandi eventi tradizionali come gli Internazionali di Tennis d’Italia e il Golden Gala di atletica e che porteranno nella nostra città alcuni dei più grandi campioni di oggi. Appuntamenti importanti che si rinnovano ogni anno e che si aggiungono ad un ricco ventaglio di nuove proposte che Roma può offrire. Per il secondo anno consecutivo, ad esempio, il centro tecnico federale del Torrino ospiterà i campionati di società di bocce, mentre le nostre strade si coloreranno con la Mille Miglia. Tuttavia, al di là dei grandi eventi, questa primavera sarà ricordata per una grossa novità che ha visto protagonista Roma e il Campidoglio: l’approvazione del “piano quadro della ciclabilità”. L’assemblea capitolina infatti ha votato all’unanimità lo scorso 24 aprile, questa importante delibera che risponde finalmente alle richieste di chi vuole utilizzare con sicurezza le due ruote ecologiche. Come promesso, dunque, Roma Capitale si doterà di 1000 chilometri di piste protette per le biciclette da realizzare entro il 2020, per un investimento complessivo di 170 milioni di euro. La nostra città avrà centinaia di piste ciclabili in più, sul Lungotevere, nel centro storico, in collegamento alle fermate delle metropolitane e alla Stazione Termini. Stiamo parlando di un passo in avanti nello sviluppo e nella modernizzazione della Capitale, indispensabile per implementare la mobilità sostenibile, necessario per la salvaguardia dei ciclisti e doveroso per tutti coloro che amano Roma e la desiderano ancora più bella e vivibile.


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Uno scatto che ferma una storia. Un’immagine che ha il potere di regalare un momento alla leggenda e suscitare emozioni. Istanti che rimangono impressi nella pellicola e nell’anima. Senza bisogno di alcuna spiegazione.

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2012- LONDRA, INGHILTERRA - UNA VEDUTA AEREA DEL PARCO OLIMPICO

2012- LONDRA, INGHILTERRA - UNA VISIONE GENERALE DELLA SCENA DURANTE LA GINNASTICA ARTISTICA MASCHILE NELLA FINALE DEL GIRONE DI QUALIFICAZIONE OLIMPICA INDIVIDUALE AL NORTH GREENWICH ARENA

2012- LONDRA, INGHILTERRA - LA MEDAGLIA OLIMPICA


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VERSO L’OLIMPIADE DI LONDRA

2012- LONDRA, INGHILTERRA - IL PASSAGGIO DELLA TORCIA OLIMPICA PRESSO LA LOUGHBOROUGH UNIVERSITY IL 20 APRILE 2012

2012- LONDRA, INGHILTERRA - DI CORSA SOTTO IL BIG BEN E IL PARLAMENTO INGLESE

I Giochi sono alle porte e tutti si preparano per l’evento globale più importante a livello sportivo che si ripete ogni quattro anni. Fervono i preparativi da parte della città ospitante: migliaia di figuranti, volontari, tecnici, addetti ai lavori sotto il Comitato Organizzatore e il Comitato Locale del CIO. Si preparano gli atleti di tutte le nazioni, la stampa e anche le agenzie fotografiche a “far scendere in campo” i propri effettivi. Tra queste, Getty Images, agenzia ufficiale proprio del CIO che coprirà tutti i momenti collegati all’Olimpiade di Londra con uomini e mezzi.


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Niente è più duro a morire dei sogni Ciò che abbiamo perso quando l’Italia ha detto no a Roma 2020 George Hirthler “Senior Campaign Strategist” di Helios l Primo Ministro Italiano, Mario Monti, ha fatto ciò che qualsiasi governo tecnocrate e ragionevole avrebbe fatto di fronte ad una crisi finanziaria nazionale. Ha staccato la spina, in merito all’offerta Olimpica di Roma 2020 , risparmiando al suo paese la necessità di impegnarsi a sostenere le future spese di circa € 12,5 miliardi, per prepararsi ad ospitare la più grande cele-

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brazione di umanità al mondo. Per un leader nazionale inghiottito nelle realtà politiche di riduzione del debito e di recupero finanziario, e per un professore di economia concentrato su euro e centesimi, è stata una decisione razionale e pragmatica.Ma per un piccolo gruppo di appassionati sognatori italiani che lavorano in un edificio di marmo bianco appena poco distante dal Foro Italico, magnifico centro di stadi e statue nato nel 1920 come cittadella della Città Eterna per lo sport, la decisione di Monti è stata devastante. Come hanno varcato la soglia del loro OLIMPIADE | 6

ufficio e hanno guardato dall’altra parte verso il complesso storico, che aveva servito la propria nazione con orgoglio, quando aveva ospitato le Olimpiadi del 1960, la coppa del mondo FIFA 1990 e, più recentemente, i campionati mondiali di nuoto FINA 2009, il team dell’offerta olimpica ha dovuto fronteggiare il fatto che dopo due anni di dura lotta in una gara che ne dura quattro, non avrebbero mai potuto vedere il traguardo. Anche se si sono fatti avanti a rappresentare la grande tradizione olimpica italiana, non era scritto nel loro destino di riunire ancora una volta il


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Roma 2020

mondo e la loro nazione in un’atmosfera rarefatta al Foro Italico. Le rive del fiume Tevere a fianco al Foro Italico non si sarebbero trasformate, come avevano sperato, in un parco olimpico di 12 km diventando cosi la gioia dei romani per le generazioni future, e tantomeno non avrebbero visto nascere 4 km a monte un nuovo quartiere di 100 ettari dove, come previsto, sarebbe sorto il Villaggio Olimpico. Nulla è più duro che vedere morire dei sogni, e vedere svanire dei sogni olimpici - nuovi parchi, nuovi quartieri, e un nuovo futuro per la città, -causano un brusco e ancor più doloroso risveglio aprendo gli occhi verso le realtà politiche, specialmente quando quei sogni sono stati costruiti seguendo una logica di crescita e di prudenti investimen-

ti, almeno secondo il punto di vista del team che propose l’offerta, che doveva servire come piattaforma fondamentale nella ripresa economica di Roma e dell’Italia. Come la storia ci ha spesso insegnato, quando la politica si scontra con lo sport, lo sport ne esce sempre perdente. A volte è manipolato per fini politici, a volte schiacciato, e a volte semplicemente messo da parte, come è accaduto a Roma. Però, i sognatori italiani non sono gli unici perdenti in questo gioco. Il Movimento Olimpico ha perso l’opportunità di valutare un nuovo modello per ospitare i Giochi in una capitale urbana matura, con infrastrutture pienamente sviluppate, un modello che avrebbe potuto dimostrarsi di immenso valore per un Movimento che sembra bloccato in un ciclo ripetitivo di attribuzione dei Giochi a città ospitanti con piani sempre più costosi basati su progetti di costruzione di massa che lasciano eredità insostenibili e oneri finanziari sulle generazioni future. La decisione del Presidente Monti dovrebbe essere un campanello d’allarme per il Movimento Olimpico. Lui aveva guardato ad Atene e ha visto i suoi elefanti bianchi arrugginire nei loro campi polverosi, che ancora spremono denaro da una città in seria difficoltà, e ha guardato a Londra e ha visto i rischi di una esplosione dei costi molto superiore a quello che era stato dettagliato nelle pagine del manuale dell’offerta. Roma 2020 offriva un piano per contribuire a invertire quel corso. Il team per l’offerta olimpica aveva progettato un piano intelligente, pienamente in linea con le esigenze della comunità basato sui principi della sostenibilità, con l’utilizzo per l’85% di luoghi esistenti o temporanei. I 12,5 miliardi di euro sarebbero stati spesi per miOLIMPIADE | 7

gliorare l’aeroporto, la ferrovia e le infrastrutture lavori che Roma, per la maggior parte, era già intenzionata ad intraprendere. Ma anche nella sua modestia, il piano era troppo da sostenere per l’Italia. L’offerta di Roma naturalmente, non era solo un nuovo modello di responsabilità sociale, economico e ambientale era la magica cornice di Roma antica, il ricordo più bello al mondo di come una città sia in grado di sostenere la presenza del suo glorioso passato per migliaia di anni, mentre evolve e allo stesso tempo rimane capace di adattarsi per affrontare le sfide di ogni nuovo secolo. Non vi è nessun altro luogo sulla terra dove il tessuto della vita antico e moderno si intersecano in modo così vivido da produrre un’ispirazione senza tempo ma allo stesso tempo contemporanea come quella che si trova a Roma. Non è solo un altro centro urbano, è un tesoro per tutta l’umanità. Ecco perché 10 milioni di persone la visitano ogni anno e perché Roma è sempre al top delle destinazioni più desiderabili al mondo. Nelle sue affascinanti e tortuose stradine, nella piazze gremite di risate, nella sua serie infinità di luoghi di interesse, musei e capolavori della creatività umana, Roma è unica. Nel gratificante e entusiasmante stile di vita italiano, nell’abbraccio del popolo di Roma verso tutti i suoi diversi residenti e ospiti, c’è qualcosa di ancora più raro, qualcosa che gli atleti del 2020 non hanno più la possibilità di vivere, quelle gioie sociali e culturali conosciute a livello mondiale come La dolce vita, lo stile di vita inimitabile italiano. Sì, i sogni olimpici sono duri a morire, soprattutto per i membri dei team che presentano le offerte olimpiche che credono che le loro città possano offrire qualcosa di veramente unico, e che Roma ha fatto di certo.


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NUMEROQUATTROONUMEROUNO NUMEROQUATTRO

La prima fu nel 1900 a Parigi. La prima donna, intendiamo, a partecipare a una edizione dei Giochi Olimpici e anche la prima medaglia oro e rosa. Facciamo riferimento alla dama inglese, non proprio un physique du rôle da modella, Charlotte Cooper che trionfò nel tennis. Era già un personaggio con la sua lunga gonna bianca e la racchetta di legno stagionato, suonato come fosse uno Stradivari. Aveva, infatti, conquistato l’erba di Wimbledon già tre volte ma il Barone De Coubertin, per la prima edizione dei Giochi Moderni di Atene, non volle che uomini. Donne solo da Parigi in poi, ma solo all’aperto e in numero limitato… Sono passati più di cento anni ed oggi già si fanno calcoli di quando le donne supereranno gli uomini nell’apporto di vittorie per i colori azzurri. Forse sin da Londra, altra data da segnare sul calendario. Noi abbiamo pensato di ripercorrere questa lunga cavalcata tra discipline e conquiste sociali con un piccolo dossier realizzato studiando dati e storie. Ecco le donne nel mondo dello sport, le new entry tra le discipline praticate dal gentil sesso anno dopo anno. Il tutto sotto la lente d’ingrandimento dell’evento più grande di sempre a livello sportivo: l’Olimpiade che stiamo per rivivere tra pochi mesi.

SPQR SPORT SOMMARIO

Edi to ria le

LA COPERTINA di SPQR SPORT Rivista ufficiale Roma Capitale, Dipartimento Sport

Mensile di informazione a distribuzione gratuita Reg. Trib. di Roma n. 21 del 27-01-10 IN PRIMA, le donne protagoniste nel-

Anno III lo sport Numero 4

9. Il saluto del Delegato alle Politiche Sportive 10. Alessandro Bini: per non dimenticare 12. Donne e Sport 26. Intervista a Nino La Rocca 32. Mestieri: l’ippiatra 35. Pio Innarelli, il veterinario di Varenne 40. Paola Croce, il volley femminile a Londra 45. Il wrestling a Roma 56. Il Cogisco e le nuove tecnologie 63. Testaccio: l’oratorio una palestra di campioni 64. L’addio a Giorgio Chinaglia 72. Giorgio Rossi, il massaggiatore della Roma 76. Come nasce un team di motociclismo 79. L’Audacia sul tetto d’Europa 80. Istituzioni: intervista ad Alessandro Palazzotti 82. Storia dello Sport Romano 89. Coreografie 94. Municipio: il sesto 98. Venditti: il cantore di Roma 104. Purosangue: il film 106. Il Carnevale di Roma 110. Sport ai Raggi X: hochey su prato 115. News

Editore Alfacomunicazione Srl Via del Giuba, 9 - 00199 Roma Direttore Responsabile Fabio Argentini Redazione Via C. Bavastro, 94 - 00154 Roma Tel. 06 671070333 Fax. 06 671070332 redazione@spqrsport.it grafica@spqrsport.it commerciale@spqrsport.it Art Director Alberto Brunella Stampa Stab. Tipolitografico Ugo Quintily SPA - Roma DIFFUSIONE. La rivista è distribuita nel corso degli eventi sportivi a Roma, per via postale e free press in tutte le piazze più importanti dei 19 municipi romani (l’elenco su www.spqrsport.it ). Per ritirare una copia è anche possibile contattare il numero 06.6710.70315 (Dipartimento Sport).

In collaborazione con Ufficio Stampa Campidoglio Dipartimento Sport Cristina Contini, Saverio Fagiani, Maria Iezzi, Rodolfo Roberti

Hanno collaborato Luca Aleandri, Fabio Ardente, Nicoletta Bettarelli, Serena Cerracchio, Paolo Severo Ciabatti, Gianluca Cirilli, Dora Cirulli, Roberto Coramusi, Andrea Crescenzi, Clau-

dio Di Renzo, Roberto Fabbricini, Giovanna Ianniello, Massimo Izzi, Maurizio Martucci, Luca Montebelli, Massimilliano Monteforte, Francesca Monzone, Luigi Panella, Alessio Punzi, Federico Pasquali, Pasquale Polo, Paolo Quadrozzi, Silio Rossi, Alessandro Vecchi Photo Partner Getty Images

Agenzie e Fotografi Getty Images: Paolo Bruno, Luis Castillo, Franco Origlia, Pietro Rolandi Roma Capitale: Fabio Callini, Stefano Bertozzi, Marco Catani, Francesca Di Majo, Claudio Papi, Claudio Valletti Hanno collaborato per le immagini di questo numero: Archivio Il Tempo, Paola Croce Archivio Privato, Massimiliano Monteforte, Barbara Roppo, Robbi Huner, Federica Agamennoni, L’Evento

SPQR SPORT ANNO III N. 4, 138 PAGINE


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VERSO UNA NUOVA ROMA Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale

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ome ha scritto il nostro Sindaco, nel suo libro relativo all’attività quadriennale dell’attuale amministrazione, «Roma si è guadagnata il titolo di “capitale dello sport” grazie all’impeccabile organizzazione di eventi come il “Sei Nazioni” di rugby, gli Internazionali di Tennis, il Golden Gala di atletica, la finale di Champions League, i Mondiali di Nuoto e di Volley, la Maratona di Roma, giunta alla sua 18esima edizione. Ognuno di questi eventi ha ricevuto ampi riconoscimenti dalla stampa internazionale e una notevole partecipazione di pubblico e di sponsor. Tutti gli atleti del mondo sognano di gareggiare a Roma e, grazie anche alle Olimpiadi del 1960, la nostra città può vantare impianti sportivi di eccellenza». Unitamente, lo sport di base è sotto lo sguardo attento del nostro lavoro. L’obiettivo, dichiarato nel libro e testimoniato dalla nostra attività di governo, è quello di concedere a tutti i cittadini in ogni quartiere il diritto alla pratica sportiva, come fattore di crescita sociale e di benessere fisico. E come abbiamo già avuto modo di scrivere, proprio nello sport di base si sta costruendo un modello epocale di sviluppo, per la nostra città. Mi riferisco al Piano Regolatore dell’Impiantistica Sportiva. Una banca dati in continua evoluzione con la mappatura di tutti gli impianti sportivi della nostra città. È ben comprensibile la valenza di uno sforzo di raccolta di questo tipo durato quattro anni: da una parte dare ad ogni cittadino la possibilità di conoscere gli impianti esistenti, dall’altro la possibilità di capire in quali zone del territorio capitolino esistano delle lacune in termini di impiantistica. Questa che è già più di una banca dati, infatti, mappa strutture, ma anche società e discipline. Per una Roma del futuro in cui interventi strutturali non siano casuali ma mirati. Ciò che abbiamo realizzato oggi darà i suoi risultati a medio e lungo termine. Ma questi dati saranno prezioni anche nell’immediato.


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La prematura scomparsa di Alessandro il 2 febbraio del 2008 ha spinto la madre del giovane che ha perso la vita su un campo di calcio ad intraprendere una lunga battaglia: quella per la messa in sicurezza di tutti gli impianti sportivi Foto per gentile concessione della famiglia Bini. Ogni riproduzione è vietata

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er non dimenticare, per impedire che ciò accada di nuovo. Questo il messaggio che ispira l’operato dell’Associazione Alessandro Bini, nata all’indomani della prematura scomparsa di un bambino di 14 anni durante una partita di calcio. È questa la forza che spinge Delia Santalucia Bini, mamma di Alessandro, che in quel 2 febbraio 2008 si è vista crollare il mondo addosso, provando un dolore che solo una madre può conoscere, e che nonostante il dramma ha trovato la forza per ricominciare, per trasformare la sofferenza in ostinazione. «Vogliamo evitare ad altre famiglie il nostro triste destino», questa la frase più pronunciata dai famigliari di Alessandro. Ma per fare in modo che la morte sia tenuta lontana dai campi sportivi, dove i bambini giocano e si divertono, il lavoro è duro e complesso. Tanto che l’Associazione, nel corso degli anni, oltre alla tenacia della famiglia Bini si è andata strutturando con un comitato composto da diverse figure professionali tra i quali avvocati, periti,

responsabili della sicurezza sui luoghi di lavoro, architetti e psicologi, che indicano la strada da seguire ed intervengono laddove ce ne è bisogno. A coordinare il tutto c’è lei, Delia, che ogni giorno onora la memoria di suo figlio dedicandosi al futuro di tanti altri ragazzi. Delia Bini, in un settore di vitale importanza come quello dell’impiantistica sportiva l’Associazione Alessandro Bini ha assunto un ruolo cruciale nell’opera di sensibilizzazione verso il pubblico ed il privato in merito alla salute degli atleti: come è iniziato il vostro lavoro? «Tutto è iniziato con un forte dolore: la prematura scomparsa di Alessandro durante una partita della categoria Giovanissimi su un campo di calcio romano. Era il 2 febbraio 2008 e dopo aver esultato per un gol della sua squadra, il Cinecittà Bettini, ha terminato la sua giovane vita sulla leva di un irrigatore posta a pochi centimetri dal fallo laterale. Abbiamo cercato disperatamente un motivo per accettaDRAMMI NELLO SPORT | 10

di Roberto CORAMUSI

re questa assurda morte, ma nessuna tra Fondazioni e Associazioni presenti sul territorio nazionale aveva tra i loro scopi la tutela di atleti dilettanti per quel che concerne l’impiantistica sportiva, a differenza dei professionisti che di tutele ne hanno in quantità. Da qui l’idea di fondare noi un’associazione». Insieme a quelle di segnalazione e denuncia, l’Associazione porta avanti iniziative importanti di prevenzione legate all’organizzazione di convegni e di tornei di calcio. Come strutturate la vostra attività? Quali sono i progetti che avete in cantiere? «In questi anni abbiamo cercato con diverse manifestazioni ed eventi di sollecitare sia i gestori di impianti sia i genitori e ragazzi nel rispettare tutte quelle norme legate all’impiantistica sportiva, e abbiamo riscontrato poca cultura nell’ambito della salute e della sicurezza. Noi cerchiamo di informare per quello che ci è possibile tutti i protagonisti di questo grande movimento trainato anche da


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Caro Ale, mercoledì 2 febbraio saranno trascorsi 36 mesi da quando, come un fulmine che non da scampo, sei partito senza neanche salutarci per un viaggio senza ritorno. 36 mesi senza la tua presenza, senza neanche la tua voce, senza viverti e condividere con te le gioie, i successi, i dolori, le delusioni di amori adolescenziali che non sei riuscito ad esprimerci perché il tuo andare via prematuramente non ti ha permesso di viverli. Ogni volta che mi trovo davanti a ragazzi della tua stessa età, cerco di immaginare come saresti oggi: e ti vedo con quel tuo fare scanzonato, sicuramente sbarbato e curato con i capelli con la cresta come un galletto, con quei jeans calati, che tanto odiavo, che fanno intravedere l’elastico griffato dei boxer. Ti vedo mentre ti svesti di quella crisalide per diventare una farfalla, per iniziare il cammino verso il ciclo della vita che ti avrebbe portato verso la maturità e ti avrebbe reso uomo. Percepisco il tuo timbro di voce non più stridente, ma fermo e con tono più cupo… Ma tutto questo è un sogno ad occhi aperti…sarai per sempre una crisalide alla quale non hanno dato la possibilità di diventare farfalla… tu non potrai, se non nel mio immaginario, diventare un uomo, tu non potrai gioire nel diventare prima marito e poi padre, che darà la continuità all’essere umano. Il non poterti più vivere fisicamente e pensare che non potrai mai più vedere il colore del cielo e sentire il calore del sole, è una condanna a vita sia per me che per papà…perché dopo tutto siamo solo noi i veri condannati. Figlio mio, sono fermamente convinta che la vera felicità la troviamo in quella dimensione dove adesso sei tu, ma mi rimane altrettanto difficile trattenere le lacrime solo nel pensare di non poterti donare una carezza e non vederti sorridere. Mi rimane solo la consolazione di sentirti vicino e di ricevere da te quella forza per continuare a combattere così come eri solito fare tu….e con tutto l’amore di una mamma!!!! Ti mando il mio bacio più grande… Ciao Alessandro!!!

ignari volontari che fanno dello sport un obiettivo della loro vita. Già dallo scorso anno, il Settore Giovanile e Scolastico della FIGC ci ha inserito nei loro corsi per gli aspiranti istruttori di scuola calcio dove abbiamo informato circa 500 persone dei rischi che si corrono nel far praticare sport in luoghi dove la sicurezza è l’ultimo dei pensieri. Tali istruttori hanno interagito positivamente ed attraverso un questionario siamo stati messi in condizione di identificare percentuali altissime di inosservanza delle più basilari norme. Ciò ovviamente ci ha convinti ancor di più nell’insistere nella nostra missione». Quali sono i progetti di cui andate maggiormente orgogliosi? «I progetti più importanti sono sicuramente quelli legati agli eventi, in primo luogo il Memorial intitolato ad Alessandro che si svolge nel periodo maggio-giugno e che dall’anno

scorso viene disputato in maniera itinerante con la partecipazione di 20 squadre. Due settimane di gare che hanno nella loro essenza il divertimento di questi ragazzi nel rincorrere un pallone, e devo sottolineare

spq ort che sinora non ci sono stati problemi, soprattutto a livello etico, sia da parte dei protagonisti che da parte del pubblico che, come sappiamo, spesso trascende. L’altra manifestazione che ci inorgoglisce è il conferimento della Borsa di Studio Alessandro Bini: un assegno di 1.000 euro che viene consegnato da una commissione interna alla associazione ad un ragazzo o ad una ragazza del II anno di scuola superiore attraverso una valutazione, del profitto scolastico, meriti sportivi/sociali e precarietà economica della famiglia». Qual è il vostro rapporto con le Istituzioni, in particolare con quella di Roma Capitale? «È abbastanza buono, sono tutti molto disponibili nell’accogliere eventuali nostre segnalazioni e richieste. Con Roma Capitale, attraverso il Dipartimento alle Politiche Sportive, si è instaurato subito un ottimo rapporto di alto rispetto reciproco, in particolare grazie al Delegato Alessandro Cochi che ha voluto sempre essere informato di qualsiasi segnalazione inerente agli impianti comunali. Altro aspetto per noi importantissimo è la vicinanza dello stesso Cochi e del Sindaco Alemanno al lavoro della nostra Associazione, testimoniata fattivamente con la loro presenza, lo scorso 2 febbraio, in occasione della quarta ricorrenza della scomparsa di Alessandro».

SICUREZZA NEGLI IMPIANTI Negli impianti romani, e non solo, si riscontrano alcune criticità ricorrenti, dovute in primis ai mancati investimenti ed alla scarsa sensibilità avuta nel passato verso l’argomento della sicurezza nei luoghi dedicati all’attività sportiva. Grazie al lavoro svolto dalle istituzioni, con il supporto dell’associazionismo privato, si sta facendo un grande sforzo per porre rimedio a queste carenze. Ecco alcuni esempi: • Ammodernamento strutture: la carenza di fondi da parte pubblica e privata rende ancora più pericolosi alcuni impianti progettati epoche passate, nei quali mancano i necessari aggiornamenti per la loro messa in sicurezza. Laddove è possibile bene è stato fatto rivestendo tutte le installazioni sporgenti con appositi cuscini imbottiti al fine di evitare traumi agli atleti; • Disponibilità punti salva-vita: con una forte campagna di sensibilizzazione molto è stato fatto negli ultimi anni con lo scopo di dotare gli impianti di defibrillatori, bisogna fare di più rendendoli funzionanti e a portata di utilizzo; • Aggiornamento personale pronto intervento: allenatori e dirigenti delle squadre e dei gruppi sportivi, in particolare quelli che hanno maggior contatto con i bambini, devono sottoporsi più spesso ai corsi per imparare le basi del pronto intervento.

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Nello sport, come nella vita, spesso per affermarsi sono costrette a lottare il doppio. Ma non a caso, forse, parole come tenacia, abnegazione, voglia, grinta, fierezza e passione hanno tutte un apostrofo al femminile... di Roberto FABBRICINI Foto Getty Images a donna e lo sport: un tema che ha logicamente ricalcato tutti i passi storici che il gentil sesso ha dovuto percorrere nella ricerca e nell'ottenimento, peraltro non compiutamente raggiunto, della parità nei confronti dell'uomo o quantomeno di una propria peculiare identità. Nello sport, come nella vita, la donna ha lottato per decenni e solo nel XX secolo è riuscita ad ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Basti pensare che solo nel 1948 l'ONU con la "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo" stabilì che in ogni Paese le elezioni politiche si dovessero svolgere con suffragio universale ma che solamente nel 1979 la stessa ONU adottò la "Convenzione sull'Eliminazione di ogni forma di Discriminazione contro le Donne" in cui esplicitamente il suffragio femminile viene considerato un diritto.

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SPORT IN ROSA | 13

Nello sport il più valido indice di questo continuo incedere femminile non può essere dato che dai Giochi olimpici, il massimo evento universale e polisportivo cui prendono parte tutti i Paesi del mondo: le bandiere che sventolano nelle città sedi dei Giochi sono più numerose degli scranni del Palazzo di vetro dell'ONU. Nel riandare ai Giochi olimpici dell'antichità si può notare che da essi erano bandite le donne non solo come partecipanti alle competizioni ma anche come semplici spettatrici e ve ne è traccia di presenza solo come proprietarie di cavalli nelle gare ippiche. Quando poi sul finire del XIX secolo si tenne alla Sorbona di Parigi il primo Congresso volto al ripristino dei Giochi olimpici sulla spinta del barone francese Pierre De Coubertin, di sport femminile


Donne&sport

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non si trova traccia tanto che, nel fissare la celebrazione dei 1^ Giochi dell'era moderna (Atene 1896), il programma delle gare non prevedeva in alcuna delle 10 discipline la partecipazione di donne. Su questo ostracismo il barone De Coubertin, secondo la cultura e la mentalità dell'alta borghesia del tempo, fu sempre irremovibile e quando poi non gli fu possibile resistere alle crescenti pressioni popolari autorizzò la partecipazione femminile solo in competizioni all'aperto (?) e in numero molto limitato.

La prime donne nel 1900: golf, tennis e vela, e il primo oro della tennista inglese Cooper Fu così che nella seconda edizione dei Giochi (Parigi 1900) troviamo le prime vittorie femminili con la tennista inglese Charlotte Cooper (singolare e doppio misto) già personaggio di spicco con le sue tre affermazioni nel torneo di Wimbledon che furono poi replicate altre due volte dopo i Giochi parigini. Solo nel 1972 (Giochi di Monaco) le discipline con partecipazione femminile hanno superato le 10 unità con un susseguente continuo incremento che ha portato la presenza di donne agli ultimi Giochi di Pechino 2008 in 24 discipline. Il CIO ha dato negli ultimi tempi un'importanza sempre più rilevante al movimento sportivo femminile, certamente a seguito delle forti pressioni delle Federazioni Internazionali ma anche per il rispetto dell'atteggiamento assunto in materia ormai dalla maggioranza dei Paesi. Oltre al principio, ormai assunto dal Cio, che qualunque disciplina sportiva che aspiri ad essere inserita nel programma tecnico dei Giochi deve prevedere la partecipazione femminile, v'è anche la raccomandazione per tutti i Comitati Olimpici di incrementare il numero di donne all'interno dei propri organismo direttivi. Non siamo alle "quote rosa" ma il principio è molto chiaro e, generalmente osservato. Un aspetto molto interessante dell'attività sportiva femminile è dato proprio dall'evolvere del programma delle gare olimpiche se si tiene conto che solo negli ultimi cinquanta anni è stata data cura sempre crescente alla preparazione fisica femminile con studi più approfonditi sulla fisiologia e sulle teorie dell'allenamento.

Quando le specialità erano off limits al rosa E a Londra entrerà il pugilato: cade un altro tabù Molte discipline e specialità erano considerate assolutamente off limits per le donne per una mai realmente comprovata loro incompatibilità con le stesse per carenza di forza specifica, resistenza alla fatica, destrezza muscolare e conformazione anatomica. Basti pensare alla "regina" dei Giochi, quale è universalmente ritenuta, ossia l'atletica leggera, per vedere come negli ultimi eventi siano progressivamente apparse specialità inusitate un tempo per le donne quali 5000 m,10000 m, 3000m siepi, marcia 20 km, maratona, lancio del martello, salto triplo, salto con l'asta e come il gap tra prestazioni maschili e femminili, pur rimanendo molto sensibile, vada sempre più a ridursi. Altre discipline un tempo non lontano impensabili per le donne sono ora nel programma olimpico: il ciclismo, la lotta libera, il sollevamento pesi, il triathlon, il pentathlon moderSPORT IN ROSA | 14


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spq ort Siete appassionati di tiro alla fune? Peccato, avete fatto tardi. Fino al 1920 avreste potuto tentare di conquistare in questa disciplina addirittura un titolo Olimpico, ma da quella data in poi il tiro alla fune è stato escluso dalla competizione. La stessa sorte è toccata al Croquet, al golf, al rugby o al polo, uscito dai Giochi Olimpici nel 1936. Incredibile ma vero, in passato si poteva gareggiare anche nelle discipline “tiro al cervo” o “tiro al piccione”. Gli sport ammessi alle Olimpiadi sono cambiati nel corso degli anni e solo cinque discipline possono fregiarsi dell’orgoglio di aver partecipato a tutte le edizioni: atletica, ciclismo, scherma, ginnastica, nuoto. Curioso il destino del baseball: promosso nel 1992, è stato escluso da Londra 2012. Tanto è cambiato anche nel mondo delle donne. Vediamo come e quando...

no, il canottaggio. A Londra 2012 farà la sua prima apparizione il pugilato femminile con quattro categorie di peso. Un altro elemento da tenere in dovuta considerazione è la grande longevità agonistica delle donne (vedi la canoista azzurra Josefa Idem che gareggerà a Londra per l'ottava volta sul proscenio olimpico e la ciclista francese Jannine Longo che ha vinto una medaglia olimpica all'età di cinquanta anni), la grande capacità di riprendere in tempi incredibilmente brevi le migliori condizioni psicofisiche dopo eventi particolarmente stressanti (Valentina Vezzali conquistò uno dei suoi titoli mondiali di fioretto a soli quattro mesi di distanza dalla maternità) e la determinazione tutta femminile che consente di sopportare importanti carichi di lavoro pur in presenza di condizioni fisiche precarie (la schermitrice Giovanna Trillini non si sottopose ad un ineludibile intervento chirurgico al ginocchio per non compromettere una partecipazione olimpica allenandosi per mesi con l'ausilio di un tutore e conquistando poi l'oro olimpico). Si può quindi tranquillamente affermare che nel campo dello sport i passi compiuti per una sempre maggiore affermazione, visibilità e riconoscimento dei diritti delle donne sono stati di gran lunga più rapidi ed ampi di quanto non abbia fatto nella sua globalità il mondo civile. Tuttavia ancora molto si può e si deve fare in campo sportivo ma i segnali che vengono sono sempre più forti anche da quelle roccaforti (vedi il mondo islamico) dove il ruolo della donna è relegato in un assurdo e bieco accantonamento sociale.

A Londra anche due donne dal Qatar. Che reazioni ci saranno dal mondo arabo? Un segnale positivo giunge proprio in questi giorni dal Qatar che ha annunciato la presenza per la prima volta nella propria storia olimpica di due donne ai Giochi di Londra 2012. Appare anche opportuno prestare attenzione ai Giochi olimpici invernali. Nati dopo molte riluttanze nel 1928 ed ospitati dalla città francese di Chamonix, videro la partecipazione di solo 11 donne in un contesto di gare peraltro molto ristretto (16 competizioni con un totale di 258 atleti), hanno visto via via crescere la propria dimensione fino alla più recente edizione di Vancouver 2010 dove le atlete in gara sono state 1044 a fronte di una partecipazione maschile di 1522 atleti (40,68%).

L’Italia schierò le donne solo nel 1920

Anche in Italia quella che in Cina è definita "l'altra metà del cielo" ha dovuto assoggettarsi ad una predominanza maschile in campo sportivo. Infatti sempre tenendo accesa la luce sull'evento olimpico, vediamo che che la prima partecipazione italiana femminile risale ai Giochi di Anversa 1920 (7^ edizione) con una sola atleta iscritta (Rosetta Gagliardi nel tennis) ma poi nel corso del tempo con una sempre crescente percentuale di partecipazione rosa fino al massimo rappresentato dai Giochi di Pechino 2008 con il 37,08 % sul totale numerico della squadra azzurra e dove fu anche riscontrata la più alta percentuale di medaglie femminili in riferimento al bottino globale (40,74%).

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1928: l’AtleticA femminile Nel linguaggio comune con il termine atletica si intende di regola l'atletica leggera. soprannominata "la Regina degli Sport". Si tratta di un insieme di discipline sportive che possono essere sommariamente suddivise in: corse, concorsi (lanci e salti), corsa su strada, marcia, corsa campestre e corsa in montagna. L’atletica leggera al femminile fa il suo esordio ai Giochi olimpici di Amsterdam del 1928. Cinque le gare ammesse: 100 metri, 800 metri, staffetta 4x100, lancio del disco e salto in alto. Da quella edizione in poi, altre 24 specialità furono ammesse nel calendario dei Giochi olimpici: alcune si svolgono ancora oggi, altre invece sono state cancellate. Vediamo nel dettaglio, edizione dopo edizione, le specialità ammesse. Nel 1932, a Los Angeles,

entrarono gli 80 metri ostacoli e il lancio del giavellotto. Ai Giochi di Londra 1948 fu il turno del getto del peso e il salto in lungo. Nel 1964, a Tokyo, entrarono i 400 metri e il pentathlon. Ai Giochi di Monaco del 1972, invece, i 100 metri ostacoli, i 1500 metri e la staffetta 4x400 metri. Quattro le discipline ammesse dai Giochi di Los Angeles 1984: i 300 metri, i 400 metri ostacoli, l’eptathlon e la maratona. Nel 1988, a Seul, entrò la prova dei 10.000 metri su pista. Ai Giochi di Barcellona 1992 la 10 chilometri di marcia. Due le specialità ammesse ai Giochi di Atlanta del 1996: i 5000 metri e il salto triplo. Nel 2000, a Sydney, entrarono la 20 chilometri di marcia, il lancio del martello e il salto con l’asta. Ai Giochi di Pechino 2008, infine, è stato il turno dei 3000 siepi.

1928: le prime medaglie olimpiche Specialità 100 metri piani 800 metri Salto in alto Lancio del disco Staffetta 4 x 100 m

Oro Elizabeth Robinson 12"2 Lina Radke 2'16"8 Ethel Catherwood 1,595 m Halina Konopacka 39,62 m Fanny Rosenfeld, Ethel Smith 48"4 Florence Bell, Myrtle Cook

Argento Rosenfeld 12"3 Kinue Hitomi 2'17"6 Carolina Gisolf 1,56 m Lillian Copeland 37,08 m Mary Washburn, Jessica Cross 48"8 Loretta McNeil, Elizabeth Robinson SPORT IN ROSA | 16

Bronzo Smith 12"3 Inga Gentzel 2'17"8 Mildred Wiley 1,56 m Ruth Swedberg 35,92 m Rosa Kellner, Helene Schmidt 49"0 Anni Holdmann, Helene Junker


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ingresso delle discipl Sport Arco Atletica Badminton Baseball Basket Beach Volley Calcio Canoa/Kayak Canottaggio Ciclismo Cricket Croquet Equitazione Ginnastica Golf Hockey Ghiaccio Hockey Prato Jeu de paume Judo Lacrosse Lotta Motonautica Nuoto Nuoto sincroniz. Pallamano Pallanuoto Pallavolo Patt. di figura Pelota basca Pentathlon M. Polo Pugilato Rackets Rugby Scherma Softball Soll. pesi Taekwondo Tennis Tennistavolo Tiro Tiro alla fune Triathlon Tuffi Vela

1896 1900 1904 1906 1908 1912 1920 1924 1928 1932 1936 1948 1

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spq ort

pline Ai giochi olimpici 948 1952 1956 1960 1964 1968 1972 1976 1980 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012

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l’italia che vince è sempre più rosa

Vittorie italiane. A Londra il sorpasso?

La prima donna azzurra a vincere 4 medaglie olimpiche in gare individuali era stata Giovanna Trillini

L’

Italia ha partecipato a tutte le edizioni dei Giochi olimpici, tranne all'edizione estiva del 1904. L'Italia ha ospitato i Giochi in tre occasioni: i VII Giochi olimpici invernali del 1956 a Cortina d'Ampezzo; Giochi della XVII Olimpiade del 1960 a Roma; i XX Giochi olimpici invernali del 2006 a Torino. Gli atleti italiani hanno vinto 522 medaglie ai Giochi olimpici estivi e altre 106 medaglie ai Giochi olimpici invernali, risultando al quarto posto nel medagliere complessivo dei Giochi olimpici per numero complessivo di medaglie d'oro (228). Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano fu creato nel 1908 e riconosciuto nel 1913. Sono in tutto quindici gli atleti azzurri, tra uomini e donne, capaci di andare a podio in almeno quattro diverse edizioni dei Giochi olimpici. A quattro di essi (di cui tre donne) l'impresa è riuscita proprio alle ultime Olimpiadi di Pechino 2008 (Vezzali, Sensini, Idem e Galtarossa). Sempre a Pechino, Giovanna Trillini è andata a podio per la sua quinta Olimpiade consecutiva, raggiungendo in questa prestigiosa élite, il "collega" schermidore Edoardo Mangiarotti. La stessa impresa non è riuscita al canoista Antonio Rossi, giunto 4º nella gara del K2 500 metri. Tuttavia restringendo il discorso alle sole medaglie a titolo individuale, questo numero si riduce a soli 6 atleti, di cui 4 donne, tre di loro a segno per la quarta volta a Pechino 2008. Armin Zöggeler è l'unico atleta italiano ad essere riuscito ad andare a medaglia in 5 Olimpiadi consecutive in gare individuali. La prima donna azzurra a vincere 4 medaglie olimpiche in gare individuali era stata Giovanna Trillini che invece a Pechino 2008 si è dovuta accontentare del bronzo a squadre e del 4º posto individuale.

Un sorpasso tra i sessi, pur rimanendo molto improbabile, non è così utopico. Si prevede che tra centocinquanta anni le donne correranno più veloci degli uomini. Non è categorico ma la tendenza è reale e ci sono buona probabilità che accada. Secondo uno studio condotto dall’Università di Oxford Il sorpasso uomo-donna potrebbe avvenire in qualsiasi Olimpiade tra il 2064 ed il 2788.; ma la data più probabile è il 2156. In Italia, invece, secondo quanto previsto dal CONI, il sorpasso potrebbe esserci già a Londra: ma delle vittorie portate al nostro Paese dalle donne rispetto agli uomini.

Olimpiadi invernali: gap ridotto

L’Italia paralimpica foto Annalisa Minetti

Se ai Giochi olimpici estivi il differenziale tra medaglie conquistate dagli uomini e dalle donne è in netto favore dei primi (455 medaglie maschili, delle quali 169 d’oro, contro le 68 femminili delle quali 22 d’oro), in quelli invernali il gap è decisamente inferiore. Gli uomini hanno conquistato 67 medaglie, delle quali 25 d’oro, le donne 36 delle quali 12 d’oro.

Alle Paralimpiadi il medagliere è tutto a favore degli uomini. Purtroppo per le donne, almeno fino a qualche anno fa, non era facile vivere apertamente la disabilità, dunque si sono avvicinate allo sport molto tardi. Detto ciò, un dato che deve far riflettere riguarda il numero di medaglie conquistate in assoluto. Nonostante la prima edizione estiva riconosciuta sia quella di Roma 1960, e la prima partecipazione italiana a quelle invernali risale all’edizione di Gello 1980, l’Italia vanta un bottino di 499 medaglie (438 alle estive e 61 alle invernali).

Storie al femminile: il libro di Malagò È stato presentato l’8 marzo scorso nel Salone d' Onore del Coni, il libro “Storie di sport, storie di donne” scritto da Giovanni Malagò, imprenditore e presidente del circolo Canottieri Aniene, assieme alla giornalista Nicoletta Melone. Alla presentazione hanno preso parte, tra gli altri, il presidente del Coni Gianni Petrucci e il segretario generale Pagnozzi. Il volume di Malagò racconta la storia di tanti sport, calcio escluso, e soprattutto quella di tante atlete azzurre che negli ultimi 20 anni hanno regalato successi e medaglie all'Italia: si viaggia quindi da Deborah Compagnoni a Flavia Pennetta, da Valentina Vezzali a Tania Cagnotto sino alle campionesse paralimpiche Annalisa Minetti e Giusy Versace.

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partecipazioni giochi olimpici Anno

Città

Partecipanti

Donne

Uomini

1896

Atene

241

-

241

1900

Parigi

997

22

975

1904

Saint-Louis

651

6

645

1908

Londra

2008

37

1971

1912

Stoccolma

2407

48

2359

1920

Anversa

2622

63

2559

1924

Parigi

3088

135

2953

1928

Amsterdam

2883

277

2606

1932

Los Angeles

1334

126

1208

1936

Berlino

3963

331

3632

1948

Londra

4104

390

3714

1952

Helsinki

4955

519

4436

1956

Melbourne

3155

364

2791

Stoccolma

159

12

147

1960

Roma

5338

611

4727

1964

Tokyo

5152

678

4474

1968

Messico

5516

781

4735

1972

Monaco

7234

1059

6175

1976

Montréal

6084

1260

4824

1980

Mosca

5179

1115

4064

1984

Los Angeles

6829

1566

5263

1988

Seul

8397

2194

6203

1992

Barcellona

9364

2704

6660

1996

Atlanta

10318

3512

6806

2000

Sydney

10651

4069

6582

2004

Atene

10625

4329

6296

2008

Pechino

10942

4637

6305

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d... come donne d... come divine a storia dello sport femminile ha molto meno da raccontare rispetto a quella maschile. Nessuna discriminazione, intendiamoci. Il fatto è che molti sport sono stati per molti anni, se non decenni, solo appannaggio degli uomini. E alcuni lo sono ancora, almeno per ciò che concerne il professionismo e la partecipazione a grandi eventi. Basta pensare al calcio: i Mondiali maschili hanno una lunga tradizione, quelli femminili no. Inoltre, se si scorrono gli albi d’oro delle Olimpiadi si nota facilmente come tante discipline siano state ammesse per gli uomini e solo in seguito per le donne. Nel corso del tempo però, anche le atlete hanno compiuto gesti memorabili entrando nell’immaginario collettivo grazie ai loro incredibili successi e record. E, come per gli atleti, anche per alcune caratteristiche e singolarità. Qualche esempio dimostrerà la veridicità di questa tesi. Claudia Pechstein, è una pattinatrice di velocità su ghiaccio tedesca. Non una pattinatrice qualunque, perché è in assoluto l’atleta olimpica tedesca di maggior successo per quanto riguarda gli sport invernali, con 9 medaglie conquistate (5 ori, 2 argenti e 2 bronzi). È anche la prima donna ad aver conquistato medaglie in 5 competizioni olimpiche invernali consecutive, dal 1992 al 2006. Nel 2009, però, è stata squalificata per due anni per uso di doping. Non ha vinto così tanto a livello olimpico e in assoluto, ma la nostra Federica Pellegrini è una delle nuotatrici più forti del nuovo millennio. A iniziato a vincere medaglie olimpiche nel 2004, ai Giochi di Atene, un argento nei 200 stile, conquistando l’oro nella stessa distanza a Pechino 2008. Ma è soprattutto ai Mondiali che ha dato il meglio di sé. E in fatto di record stabiliti ha poche rivali. Ai Mondiali 2009 e 2011, la nuotatrice di Spinea ha vinto l’oro nei 200 e 400 stile libero, una doppietta mai realizzata da nessuna nuotatrice nella storia. Tra i numerosi record del mondo stabiliti, anche quello ai Mondiali del 2009 nei 400 stile libero, quando divenne la prima donna di sempre capace di scendere sotto i 4 minuti (3’59”15). Un’altra atleta con un record mai eguagliato è la tennista tedesca Staffi Graf. Atleta completa, rapida, potente e veloce, il suo colpo più forte era il celeberrimo dritto che le valse il soprannome di

L


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spq ort Fräulein Forehand (miss Dritto). È una delle sole tre giocatrici che sono riuscite a conquistare il Grande Slam (la vittoria nei quattro tornei più importanti nello stesso anno). L'impresa le riuscì nel 1988, anno in cui vinse anche la medaglia d'oro all’Olimpiade di Seul, uno “slam” unico nella storia che fu ribattezzato “Golden Slam”. Altra tennista entrata nella leggenda è Martina Navrátilová tennista ceca naturalizzata statunitense, che ha il record di longevità. Vincitrice di 59 prove del Grande Slam (18 in singolare, 31 in doppio e 10 in doppio misto), l'ultima delle quali, gli US Open 2006 in doppio misto, la vinse alla soglia dei 50 anni. Martina salì anche agli onori della cronaca per essere stata una delle prime sportive a dichiarare la sua omosessualità. Altra storia, invece, quella di Mokgadi Caster Semenya, atleta sudafricana che dopo aver vinto l’oro negli 800 metri ai Mondiali di Berlino 2009, aprì un caso interna-

zionale in quanto molto simile per corporatura a un uomo. I test confermarono che poteva gareggiare in campo femminile, anche se il mistero non è ancora risolto. Due atlete con primati differenti, invece, sono quasi sconosciute. Una è la statunitense Sheila Taormina, l’unica atleta capace di partecipare a quattro edizioni dei Giochi olimpici in tre differenti discipline sportive. Nel 1996 e 2000 gareggiò nel nuoto, vincendo nella prima l’oro nella staffetta 4x200 stile libero; nel 2004 nel triathlon; nel 2008 nel pentathlon moderno. Infine Paula Newby-Fraser, atleta nata in Rhodesia, oggi Zimbabwe, che seppur sia donna a tutti gli effetti ha centrato un’impresa da sergente di ferro. La triatleta africana, infatti, dal 1986 al 1996 ha centrato otto successi all’Ironman World Championship, la gara di triathlon più dura e prestigiosa del mondo. Un record che difficilmente sarà mai eguagliato.

larisa semënovna latynina Ginnastica artistica Kherson (Ucraina, ex Urss), 27 dicembre 1934 Sposata tre volte: Ivan Latynin, (?),Yuri Israilevich Feldman, 3 figli Una leggenda. Un mito. Atleta inarrivabile. La regola delle 6 medaglie olimpiche le apparterrà per sempre. Ancora oggi, nonostante tutti, o quasi, pensino a Phelps quale primatista assoluto di medaglie olimpiche, è lei la regina delle Olimpiadi. In tre edizioni consecutive ha vinto 18 medaglie (Phelps, 16). Sei per ciascuna: Melbourne 1956 (4 ori, 1 argento, 1 bronzo), Roma 1960 (3 ori, 2 argenti, 1 bronzo), Tokyo 1964 (2 ori, 2 argenti, 2 bronzi). In campo femminile è anche l’unica atleta a quota 9 ori olimpici. E ancora l’unica a quota 5 argenti e 4 bronzi. Il suo palmares non si ferma qui. Nove ori iridati, dei quali 5 conquistati nella sola edizione dei Mondiali di Mosca del 1958, nonostante fosse incinta, e 7 ori europei, dei quali 5 nell’edizione del 1957, oltre a una valanga di altre medaglie d’argento e di bronzo. SPORT IN ROSA | 21


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Dawn fraser Nuoto Balmain (Australia), 4 settembre 1937 Sposata con Gary Ware, poi divorziata, 1 figlia Specialista dello stile libero, nelle tre edizioni dei Giochi olimpici alla quale ha partecipato ha conquistato 4 ori e 4 argenti. Ai Giochi di Melbourne 1956 è stata oro nei 100 (con il record del mondo), 400 e nella staffetta 4x100 stile libero (con il record del mondo). Solo l’ungherese Krisztina Egerszegi è riuscita a eguagliare il primato di tre ori nel nuoto in una Olimpiade. Ai Giochi di Roma 1960 ha vinto l’oro nei 100 stile libero, l’argento nella staffetta 4x100 stile libero e 4x100 mista. Ai Giochi di Tokyo, infine, di nuovo oro nei 100 stile libero e argento nella staffetta 4x100 stile libero. Nessuna nuotatrice ha mai vinto tre ori nella stessa specialità in tre edizioni consecutive, e in assoluto, dei Giochi. Il 27 ottobre 1962, a Melbourne, è stata la prima donna capace di scendere sotto il minuto nei 100 stile libero (59”9).

francina elsje “fanny” Blankers-Koen Atletica leggera Lage Vuursche (Olanda), 26 aprile 1918 – Hoofddorp (Olanda), 25 gennaio 2004 Sposata con Jan Blankers, 3 figli Nominata nel 1999 dalla Federazione internazionale di atletica leggera “Atleta femminile del secolo”, dunque la migliore di sempre. Ai Giochi olimpici di Londra 1948, la “mammina volante”, soprannome affibbiatole in quanto già madre di due figli, vinse 4 medaglie d’oro, impresa riuscita soltanto ad altre quattro atlete tra Giochi estivi e invernali. Nello specifico conquistò l’oro nei 100 metri, 200 metri, 80 metri ostacoli e staffetta 4x100 metri. Da adolescente praticò tennis, nuoto, ginnastica, pattinaggio su ghiaccio e corsa, scegliendo quest’ultima come sport principale. In carriera stabilì diversi primati mondiali. Il primo arrivò nel 1942 sugli 80 m ostacoli (11”00). L’anno dopo migliorò il record del salto in alto arrivando a 1,71 metri, poi stabilì quello sui 100 metri (11”5) e anche quello nel salto in lungo con 6,25 m.

margaret smith court Tennis Albury (Australia), 16 luglio 1942 Sposata con Barry Court, 4 figli Consacrata come la più forte tennista di tutti i tempi. In carriera, dal 1960 al 1975, ha ottenuto 64 successi in tornei del Grande Slam (24 in singolare, 19 in doppio e 21 in doppio misto, dei quali due in condivisione perché la finale non si svolse a causa del maltempo), un primato mai eguagliato. Inoltre è una delle sole tre giocatrici di sempre capace di aggiudicarsi il Grande Slam (le altre sono state Maureen Connolly nel 1953 e Steffi Graf nel 1988), impresa che le riuscì nel 1970. Margaret Court ha vinto 62 delle 85 finali di Grande Slam (72,9%) cui ha preso parte, con un record di 24-5 (82,8%) nelle finali di singolo, 19-14 (57,6%) nelle finali del doppio femminile, e 19-4 (82,6%) nelle finali di doppio misto. Su 47 tornei di singolo del Grande Slam a cui ha partecipato è arrivata in finale 29 volte, in semifinale 36 volte e 43 volte nei quarti di finale. Il suo rapporto tra partite vinte e perse nei singoli del Grande Slam è 210-23, il 90,1%. XXXX | 22


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spq ort

nadia elena comaneci Ginnastica artistica One ti (Romania), 12 novembre 1961 Sposata con Bart Conner È considerata una delle più grandi atlete del XX secolo e della storia dei Giochi olimpici. Seppur non sia stata la più vincente in assoluto della storia nonostante i 5 ori, 3 argenti e 1 bronzo conquistati in due edizioni olimpiche, Montreal 1976 e Mosca 1980, è stata la prima ginnasta di sempre ad aver ottenuto il massimo punteggio, 10, in una competizione olimpica. Accadde il 18 luglio 1976, ai Giochi di Montreal: aveva solo 14 anni. La votazione, dopo una prestazione stupefacente, fu ritardata poiché i computer erano programmati per registrare votazioni fino al 9,99. Al posto del 10 fu inserito nel computer il voto 1,00 e moltiplicato per dieci volte. Nel corso dell’evento olimpico ottenne il punteggio perfetto altre 6 volte, vincendo tre medaglie d’oro (concorso generale individuale, trave e parallele asimmetriche), una d’argento (concorso generale a squadre) e una di bronzo (corpo libero). SPORT IN ROSA | 23


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Valentina Vezzali Scherma, fioretto Jesi, 14 febbraio 1974 Sposata con Domenico Giugliano, madre di 1 figlio Palmares alla mano è la più forte fiorettista di tutti i tempi. Prima e ancora unica schermitrice al mondo ad essersi aggiudicata tre medaglie d’oro olimpiche consecutive, dai Giochi di Sydney 2000 a quelli di Pechino 2008. Alle Olimpiadi ha vinto altri due ori a squadre (Atlanta 1996 e Sydney 2000), un argento individuale (Atlanta 1996) e un bronzo a squadre (Pechino 2008). Vincitrice di 7 titoli mondiali individuali e 7 a squadre, e di cinque titoli europei (individuali), 5 ori individuali e altrettanti a squadre agli Europei, 11 Coppe del Mondo individuali e 26 titoli italiani tra individuali e a squadre.

trebisonda Valla detta ondina Atletica Leggera, ostacoli Bologna, 20 maggio 1916 – L’Aquila, 16 ottobre 2006 Sposata con Guglielmo De Lucchi, 1 figlio Con la conquista dell’oro nella gara degli 80 metri ostacoli ai Giochi di Berlino 1936, è stata la prima donna italiana capace di vincere una medaglia d’oro olimpica. Atleta precoce e versatile, nel 1937 stabilì con la misura di 1,56 metri il primato nazionale nel salto in alto, che mantenne fino al 1955 (superato da Paola Paternoster). In carriera ottenne anche tre vittorie ai giochi mondiali dello sport universitario di Tokyo e 15 titoli nazionali. Nel 1950 fu campionessa abruzzese di getto del peso. Il più importante risultato della sua carriera però fu l’oro olimpico, conquistato a venti anni e settantotto giorni, record di precocità nazionale rimasto imbattuto fino al 2004

Josepha idem Canoa Goch (ex Germania Est), 23 settembre 1964 Sposata con Guglielmo Guerini, 2 figli Ha partecipato ai Giochi olimpici prima con la nazionalità tedesca, poi con quella italiana. Già questo è un fatto insolito. Ma la “signora della canoa” vanta un primato assoluto che difficilmente potrà essere raggiunto tanto meno superato. A Londra 2012 parteciperà alla sua ottava Olimpiade della carriera. Nessun atleta, uomo o donna, di nessuna disciplina è stato capace di superare le sette partecipazioni. Nella sua trentennale carriera ha vinto 35 medaglie tra Olimpiadi, mondiali, europei e Giochi del Mediterraneo.


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mildred ella “Babe” Didrikson Zaharias Atletica leggera, golf Port Arthur (Stati Uniti), 26 giugno 1911 – Galveston (Stati Uniti), 27 settembre 1956 Sposata con George Zaharias Nel 1932 partecipa ai Giochi olimpici di Los Angeles cimentandosi nelle gare di lancio del giavellotto, salto in alto e 80 ostacoli. Vince l’oro nella corsa a ostacoli chiudendo col tempo di 11.7 (record del mondo), l’oro nel giavellotto (43.86 metri) e l’argento nel salto in alto (1.65 metri, record del mondo). Nella storia dell’atletica femminile ai Giochi olimpici nessuna atleta ha mai vinto medaglie nella corsa, salti e lanci.

Kristin otto Nuoto Lipsia (ex Germania Est), 7 febbraio 1966 Single, ex fidanzata di Birgit Meineke

sara simeoni Atletica leggera, salto in alto Rivoli Veronese, 19 aprile 1953 Sposata con Erminio Azzaro, 1 figlio

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Considerata dalla maggior parte degli esperti quale atleta italiana più forte di tutti i tempi. Medaglia d’oro ai Giochi olimpici di Mosca 1980, è stata primatista del mondo con la misura di 2,01 metri stabilita due volte nel 1978, anno in cui vinse il campionato europeo. Misura che le ha fatto stabilire un primato assoluto, quello della prima donna della storia capace di superare la barriera dei 2 metri nel salto in alto. In carriera ha vinto anche due argenti olimpici.

Nuotatrice polivalente capace di esprimersi ai massimi livelli nello stile libero, nel dorso e nella farfalla. È stata la prima e ancora l’unica donna capace di vincere sei medaglie d’oro in una sola Olimpiade. Accadde ai Giochi di Seul 1988, dove vinse i 50 e i 100 stile libero, i 100 dorso, i 100 farfalla e le staffette 4x100 stile libero e 4x100 mista. Il palmares è arricchito da 7 ori e 2 argenti iridati, 9 ori, 1 argento e 1 bronzo europei. La prima medaglia internazionale, un oro iridato nei 100 metri dorso, la conquistò a soli 16 anni.


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Nino La Rocca Ha lottato per tutta la vita. Sul ring, a fine carriera quando le regole sui limiti d'età gli impedivano di gareggiare nel nostro Paese, per avere la cittadinanza italiana che ottenne dopo essersi incatenato al Colosseo dalle mani del Presidente della Repubblica Sandro Pertini. E combatte oggi per ritrovare un lavoro, magari dalla sua nobile arte di Silio ROSSI

i piacerebbe sapere perché qualcuno, un giorno, ha deciso di chiamarla “noble art”, visto che dalla sua nascita il pugilato sprizza sofferenza, sacrificio, privazioni. Negli occhi, infatti, sono bene impresse le immagini dei film americani ambientati in quel mondo: sottoscala pieni di fumo, ovunque disordine, cicche di sigarette a terra, qualche etto di sporcizia agli angoli e tanta polvere in mezzo al ring, il palcoscenico dove la maggior parte dei convocati recita a soggetto, una specie di “come viene, viene”, a meno che non ci si ricordi di palestre meglio attrezzate dove sono nati, cresciuti e, purtroppo, finiti i più grandi fighter della storia e dove allibratori, procuratori, maneggioni di ogni genere hanno discusso sui match, vendendo e comprando le qualità di questo o quell’atleta. Questa, signori era l’America del dopoguerra, una lotta per sopravvivere. E di romanzato c’era ben poco. Anche per questo motivo, sostengono gli addetti ai lavori, il pugilato è finito. Non si trovano più individui che vi si dedichino, disposti a prendere i cazzotti sul viso, quelli che Vittorio Gassman, senza riuscirci, cercava di schivare ne “I nuovi Mostri”, film crudo e spietato, “perché fanno male”. Sono rimasti in pochi a fare attenzione al peso, compagno fondamentale per metterti nelle migliori condizioni per correre sul quadrato ed ecco allora perché “l’arte nobile” è rimasta il gioco proibito di pochi intimi, di povera gente che, ancora oggi, attraverso i

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match cerca di “svoltare”, di guadagnare “la borsa” per regalare un po’ d’ossigeno alle asfittiche finanze di famiglia. E se qualcosa oltre Oceano hanno fatto sopravvivere, qui da noi, in Italia, sembra esserci il buio assoluto. Sono spariti i contendenti, le palestre sono diventate sempre di meno e, ovviamente, sono andate da anni in archivio quelle belle manifestazioni che richiamavano il grande pubblico al Palazzo dello Sport dell’Eur, non

La scheda Inventore di una boxe nuova, del tutto diversa da quanto si era visto nei ring di tutto il mondo da cent'anni a questa parte. Assistere a un suo match era uno spettacolo eccezionale e il divertimento era massimo: il suo repertorio di autentici "numeri" era illimitato e inimitabile. L'avversario di turno si ritrovava a fare da bersaglio e veniva surclassato, ancor prima di subire il quasi inevitabile k.o., da una serie di "trovate", una dietro l'altra, una più incredibile dell'altra. Pugni portati a segno all'improvviso, proprio nel momento in cui non sembrava esserci nessun colpo in preparazione; pugni che partivano dalla mano diversa da quella che sembrava preparare il colpo; e mille altri strabilianti virtuosismi. Nino La Rocca, sotto la guida del suo manager Rocco Agostino, dopo essersi costruito un record immacolato (oltre 50 vittorie, quasi tutte per k.o., k.o.t. o ritiro dell'avversario; nessuna sconfitta fino a quel momento), subì la sua prima battuta d'arresto in circostanze del tutto fortuite e molto sfortunate, in occasione del suo primo attacco al titolo Europeo di categoria, che doveva essere, nelle aspettative, una pura formalità contro il tutt'altro che irresistibile pugile francese Gilles. Si stima che, tra “borse" e sponsorizzazioni, La Rocca abbia guadagnato circa un miliardo di lire.


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Il Presidente Pertini, al Campidoglio, consegna la carta d’identità al pugile. Sulla sinistra il giornalista Gianni Minà

Una vita a combattere,

fuori e dentro il ring soltanto quando a combattere erano Rinaldi, Benvenuti, Mazzinghi, Duilio Loi, Monzon, Nino La Rocca, o le grandi scazzottate del “Santo Stefano” dedicato soprattutto ai pesi massimi, a Bologna, a Milano, e qualche volta a Cento, città natale di Franco Cavicchi. Non ci sono più i venerdì del Palazzetto di viale Tiziano quando Rodolfo Sabbatini e Rino Tommasi allestivano incontri di grande spessore e spesso, per completare la “riunione”, infilavano interessanti “tre riprese” tra dilettanti. Insomma la boxe che piaceva alla gente. È rimasto qualcosa, ma non basta per riaccendere la luce e rianimare le speranze di quei pochi che vorrebbero fare un salto in palestra e non soltanto per

dare pugni al sacco o per provare la velocità delle braccia ed il colpo d’occhio con il pungi-ball. In questo clima, accompagnato da una discreta opulenza, grazie agli sponsor e ai proventi televisivi, è nata la favola di Nino La Rocca, straordinario interprete di una boxe superiore perché imprevedibile, con la quale per anni il welter nato in Mauritania, ma italiano a tutti gli effetti, è riuscito a restare nei cuori e nella memoria degli appassionati. I suoi match hanno fatto epoca, i ko inflitti agli avversari sono diventati oggetto di discussione e di studio all’interno delle poche palestre ancora aperte, i suoi colpi, quel meraviglioso danzare sul ring, quasi a “sfottere” il malcapitato PUGILATO | 27

che gli stava di fronte, non sono stati altro che i botti finali di uno spettacolo pirotecnico. E non è un’esagerazione. La Rocca si riconosce in questo racconto. Sorride e si commuove allo stesso tempo e concorda nel sostenere che la sua boxe non è mai stata banale e che, anzi, la varietà dei colpi le hanno regalato una identità particolare. Roba che non s’è più vista. «Sicuramente è così. Ma – ammicca – non vorrei passare per presuntuoso. La verità è che avevo nelle braccia la forza giusta per mandare a terra “il nemico” e nella testa l’intelligenza per capire quando era il momento di cambiare ritmo e “spiazzare” l’avversario pronto a parare un de-


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10 aprile 1983. L’esultanza dopo la vittoria contro l’americano Joe Young

All’angolo con La Rocca, l’accompagnatore con lo sponsor: il mitico Caffé Borghetti che ha segnato un’epoca anche negli stadi di calcio

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stro, ma non a schivare il sinistro che avevo deciso di tirare». Tutto bello, ma come definirebbe il suo modo di boxare, più vicino al fioretto che non alla potenza dei ko secchi? «Credo – risponde – di aver espresso un pugilato nuovo, diverso da quello che il pubblico era solito vedere nei ring di tutto il mondo, in America in particolare. In quegli anni chi assisteva ai miei match godeva di un divertimento massimo, perché non mi limitavo ad una boxe lineare, ma sapevo esibire un repertorio illimitato, che piaceva alla gente perché i colpi imprevedibili, quando arrivavano a segno, calamitavano l’attenzione di chi stava seduto in tribuna, a bordo ring, o, più semplicemente, sul divano di casa perché la Rai trasmetteva le dirette. Pugni portati a segno all’improvviso, nel momento in cui non sembrava esserci la preparazione di un colpo particolare. Cazzotti che partivano da una mano diversa da quella che l’avversario s’aspettava arrivasse. Questi colpi coglievano di sorpresa e diventavano devastanti perché l’efficacia si raddoppiava. Nello stesso tempo la grande mobilità delle gambe e il colpo d’occhio mi permettevano di schivare la controffensiva dell’altro che non se ne stava zitto e buono ad aspettare la botta come si fa in allenamento col sacco, ma che, come è naturale, preparava la reazione». L’inizio da professionista in Francia, dopo aver conseguito il diploma presso il Liceo Linguistico “Alleance Francaise” di Parigi, la consacrazione in Italia alla corte di Rocco Agostino il procuratore ligure che più altri ha aiutato i pugili a crescere e la disciplina ad espandersi in maniera incredibile. Che cosa ricorda? «Erano anni eccezionali. Rocco è stato un manager perfetto, Rodolfo Sabbatini, l’organizzatore romano, poi, un mio secondo padre. Io sono nato a PortEtienne in Mauritania da padre maliano, generale paracadutista dell’Esercito Coloniale francese e da madre siciliana, però la vera gloria e i soldi veri li ho avuti in Italia. Ma


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quanta fatica per essere considerato uno di voi!». Già, ci racconti come è andata e quanti tentativi son serviti, scomodando grossi personaggi politici, per diventare italiano. «Ci fu una prima richiesta, perché mia madre era nata a Resuttano, un comune in provincia di Caltanissetta, secondo perché nei primi cinque anni di attività internazionale avevo combattuto per la bandiera italiana, credevo mi spettasse di diritto. Invece ostacoli, lentezze burocratiche, rinvii, costante richiesta di documenti ritardarono questo sacrosanto riconoscimento. La cosa fece scalpore, se ne interessarono i giornali e le televisioni che mi trovavano ogni giorno davanti al Quirinale. E venne all’orecchio del Presidente della Repubblica, Pertini. Grazie a lui, dopo anni di attesa, ho avuto la cittadinanza». Questa volta senza incatenarsi. Ci racconta quando è perché s’è fatto trovare legato davanti a Palazzo Chigi ed ancora al Quirinale. Che cosa le avevano promesso e non hanno mantenuto? «Intanto bisogna fare un passo indietro. Da professionista ho sostenuto ottanta incontri, ne ho vinti

L’incontro con Felipe Canela lo vede vincitore ai punti dopo 10 round a Las Vegas

settantaquattro, cinquantaquattro per ko, ho subìto soltanto sei sconfitte. E badate bene che in alcuni casi s’è trattato di grandi match di avvicinamento verso semifinali e finali mondiali, o incontri di grandissimo prestigio nell’ambito europeo. Evidentemente questo palmares, nel 1995, in Italia non bastava per tornare a combattere dopo un periodo di stop. Per aggirare la legge italiana, che vietava la pratica della boxe a chi aveva superato i 35 anni, mi sono trasferito nella federazione francese. A marzo avrei do-

1984: l’esultanza di Nino dopo aver mandato al tappeto il messicano Juan Elizondo, incontro tenutosi a Monaco

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vuto affrontare a Saint-Quentin l’ex campione francese, ed ex sfidante al titolo europeo, Pascal Lustenberg, ma all’ultimo momento mi negarono il nullaosta. È vero, mi sono incatenato due volte: la prima davanti a Palazzo Chigi nel 1998: chiedevo l’intervento dei politici perché mi fosse consentito di tornare sul ring, la seconda davanti al Quirinale perché dopo essere stato bocciato all’esame per diventare maestro di boxe, cercavo un lavoro nel settore, visto che in Federazione già operavano Oliva, Damiani,


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Nino La Rocca Loris Stecca. Mi sembrava doveroso che, dopo tanti successi e tanto lustro dato all’Italia, venisse riconosciuto questo mio desidero, che consideravo legittimo». Già, la politica che ha tentato di coinvolgerla perché, a calcoli fatti, il suo nome avrebbe sicuramente portato voti al partito che l’aveva inserita nella sua lista. «È così. È stato undici anni fa, in occasione delle elezioni amministrative al Comune di Roma. Fui contattato dal CCD che aveva fatto gruppo col CDU per fare eleggere sindaco Antonio Tajani. In partenza tante promesse: striscioni, manifesti, volantini porta a porta. Ho girato tutta Roma per trovare i riscontri. Il mio nome in grassetto nel facsimile mi rendeva orgoglioso: “per ragioni di omonimia, c’era scritto, per dare la preferenza a Nino La Rocca scrivere cognome e nome, La Rocca Nino, oppure solo Nino, altrimenti non viene attribuita la preferenza”. Sapete quanti voti ho avuto? Poco più di sessanta». Altra promessa fallita l’attribuzione di una pensione legittima per chi ha onorato con le proprie imprese la bandiera italiana non soltanto nello spettacolo, ma anche nello sport.

La Rocca incontra Alì: i due inscenano un simpatico siparietto alzando la guardia

«Come altri campioni sportivi e olimpionici, anch’io ho appoggiato una mozione da portare in Parlamento, con la quale si cerca un riconoscimento economico per chi, anche con l’attività pugilistica, ha tenuto alto il nome del Paese. La proposta di legge, sto alle ultime indiscrezioni, è da anni in corso di discussione nelle due Camere. Fino ad ora non s’è visto nulla, ma io continuo ad essere fiducioso. Resto in attesa. Mi conforta l’affetto della gente che mi riconosce e che mi ferma per un autografo. Recentemente sono stato invitato a ritirare un premio in Campidoglio da parte degli Atleti Azzurri d’Italia, non potete immaginare le feste che mi hanno fatto e il piacere che ne hanno provato Gianni Golini, l’organizzatore della serata, e Alessandro Cochi, il delegato allo sport di Roma Capitale». Pensione a parte, che cosa vuol fare da grande Nino La Rocca?

«Semplicemente quello che so fare: il maestro di pugilato. Tanti anni fa mi fu attribuita una frase che ancora oggi mi va stretta: “La boxe per me è tutto, m’ha salvato dalla povertà, senza sarei diventato un delinquente”. Fatemi insegnare ai bambini come si affronta la vita. Credo di esserne capace. Basta mettermi alla prova».

Ma il figlio sceglie il calcio

Nino La Rocca, dopo avergli spiegato le basi, ha provato a passare alla pratica, ecco perché lo vediamo in guardia di fronte al figlio Samuel, che alla boxe “troppo faticosa” ha da tempo preferito il calcio. Samuel Sidibe, (questo è il vero cognome di Nino La Rocca), è figlio dell’ex campione e di Silvana Risoluti, architetto in servizio all’Ufficio Tecnico del Consiglio Regionale del Lazio, ha tredici anni e gioca “con profitto”, dice Luigi Bocci suo allenatore, da centravanti nella formazione dei giovanissimi del Football Riano. Ai suoi successi sportivi unisce ottime performance a scuola. Sarà anche per questo motivo che si tiene alla larga dal pugilato. E il padre, giustamente, non insiste.


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In questa seconda puntata andiamo alla scoperta degli uomini che lavorano dietro le quinte di ogni sport: è la volta del veterinario dei cavalli

di Luca ALEANDRI

Ippiatra, nell'antica Grecia, veterinario militare addetto ai reparti di cavalleria Ippiatria, parte della veterinaria che si occupa degli equini

L’IPPIATRA MESTIERI DELLO SPORT | 32


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Come spinge una persona a diventare “veterinario dei cavalli”? «Sono figlio d’arte, come si dice in questi casi, perché mio padre è stato uno dei primi veterinari che abbiano deciso di occuparsi esclusivamente di cavalli, trattando i soggetti di scuderie importanti come la Sandra, Orsi Mangelli, la famiglia Grassetto. Ho studiato a Bologna, e dopo la laurea ho fatto un periodo di pratica affiancando un luminare del settore, il dott. Orsi. Poi, dopo appena sei mesi, mi disse che ero pronto per fare da solo, ma che se avessi voluto sarei potuto rimanere con lui. Però a quel punto decisi di tornare a Roma e mettermi in proprio».

Strumenti del mestiere 4) In primo piano un tubo di gomma per sonda rinoesofagea

1) Kit antidoping per corse di trotto e galoppo 2) Lettore di microchip per cavalli agonisti

5) Una siringa per cavalli contenuta all'interno del "fagiolo"

3) Kit di ferri chirurgici con garze

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Un tuo paziente è stato... Varenne. «All’inizio ero un giovane veterinario che doveva farsi la propria clientela, per quanto il cognome mi aiutasse, ero comunque il figlio di Iannarelli. Alcune scuderie mi diedero fiducia, ad esempio Cesare Savarese e Giampaolo Minnucci, il driver di Varenne, che allora aveva 5 o 6 cavalli in scuderia». Ti sei occupato anche di un evento molto a cuore agli Italiani, nel bene e nel male, il Palio di Siena. «Il primo contatto lo ebbi con la contrada della Torre, ed era proprio nell’era Varenne. Forse in questo caso possiamo anche ammettere che un poco la popolarità legata a Varenne mi ha aiutato. Ma con la Torre non ho fatto molti Palii, e presto decidemmo, pur senza polemiche, di interrompere il rapporto. Comunque al Palio, il cavallo tre giorni prima si

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…all’opera con un endoscopio

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MORFOLOGIA DEL CAVALLO Garrese: qui si misura l’altezza del cavallo, una delle misure fondamentali

I controlli antidoping vengono effettuati tramite prelievo del sangue (sul collo) oppure tramite raccolta delle urine Nel collo c’è il microchip, che ha sostituito il vecchio tatuaggio, un chip sottocutaneo con un codice di identificazione che ripsonde a un lettore. Ogni codice risponde a un solo cavallo come fosse una targa

Zoccolo: diverse patologie si sviluppano qui, essendo un punto di grande sollecitazione. non a caso gli americani dicono “no feet no horse”, non c’e’ cavallo senza un buon piede

Pancia: coliche possono essere anche mortali, a seconda della gravità. generalmente però non riguardano cavalli agonisti ma piuttosto animali da passeggio

deve cercare di sollevarlo dallo stress e tirargli fuori tutto quello che possiede. Infatti, anche se sembra una banalità, quello che non ha non può acquistarlo in tre giorni». Domanda obbligata. Il Palio è da alcuni anni sotto l’attacco degli animalisti che lo ritengono una corsa “ammazza cavalli”. Cosa ne pensi da veterinario specializzato del settore? «Che negli anni il tipo di cavallo che si è andati selezionando, geneticamente intendo, è un soggetto assolutamente adatto a questo tipo di corse e di tracciato. Ad esempio un purosangue non andrebbe bene, non tanto per la fragilità, ma per la velocità eccessiva che sarebbe in grado di raggiungere su un percorso con bruschi e frequenti cambi di direzione. Ma i cavalli che corrono sono in linea con le caratteristiche richieste dalla corsa. Poi l’infortunio per chi fa sport è dietro l’angolo. Vale per gli uomini e per i cavalli, qualsiasi tipo di corsa facciano». Ma campioni o no qual è l’intervento classico del veterinario ippico? «Risposta facile: le zoppie». Si può parlare per le zoppie di prevenzione oltre che di cura? «Si, soprattutto in relazione all’età in cui si comincia a correre. Cioè, sia nel trotto che nel galoppo i cavalli in molti casi debuttano a due anni, quando la calcificazione è ancora eccessivamente incompleta e questo non aiuta di certo la

Zampa: patologie ortopediche (fratture/zoppie/lesioni muscolari/lesioni tendinee); colpiscono soprattutto la parte inferiore dell’arto, maggiormente sollecitata. però sono più gravi nella parte superiore per la presenza di una maggiore massa muscolare e per la difficoltà di gestire un eventuale decorso post operatorio. È principalmente questo il motivo per cui talvolta si opta per una misura dolorosa come l’abbattimento

prevenzione di tutta una serie di guai fisici di cui i cavalli agonisti soffrono e che d’altronde sono in parte ineliminabili, come avviene anche per gli atleti umani. Però, ad esempio, i cavalli da concorso che debuttano più tardi sono, in genere, meno soggetti ad infortuni». Parliamo di differenze tra le zoppie e di un problema particolarmente sentito, che è l’abbattimento che tocca ai cavalli infortunati. «Diciamo anzitutto che la parte della gamba più a rischio di infortuni di vario genere, tra cui senz’altro anche le zoppie, è quella inferiore, anche se le fratture ‘alte’ sono rare ma gravissime. Riguardo all’abbattimento va detto che quando viene preso in considerazione non è per la gravità della frattura, ma per la difficoltà di gestire il decorso post operatorio. Però approfitto per chiarire bene un concetto: oggi il problema sono i soldi». Quali differenze esistono tra cavalli agonistici e cavalli da passeggiata?. «Beh, è chiaro che il cavallo agonista è come un atleta quindi soggettoa infortuni da stress di attività che un cavallo a riposo non conosce. Però esistono anche situazioni inverse. Ad esempio, le coliche, che possono avere conseguenze anche mortali, riguardano molto più i cavalli da passeggio perché gli agonisti sono allenati, dunque seguono una dieta regolare».

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Pio Iannarelli

È lui.

Lo seguivo in tutte le trasferte e a un certo punto, per la sicurezza di tutti, i titolari del cavallo decisero di assicurarmi. La polizza fu sottoscritta presso i Lloyd’s!

Il veterinario di Varenne Nessuno meglio di te può raccontarci dell’acquisto di Varenne. «Mi chiama Giampaolo (Minnucci, che sarà poi il driver di Varenne, n.d.r.) con il quale già collaboravo, e mi dice che ci sarebbe la possibilità di acquistare un cavallo, che però era stato già acquistato da un driver, Bezzecchi, che poi dopo la visita l’aveva restituito a Dubois, un grande uomo di cavalli che però aveva un modo di comportarsi che ammetteva poche repliche. Bezzecchi, dopo aver sottoposto il cavallo a una visita preliminare come sempre avviene in questi casi, aveva chiesto uno sconto sui 150 milioni pattuiti, perché il cavallo aveva un chip, cioè un frammento cartilagineo che si era ritenuto avrebbe potuto frenarne la carriera agonistica. Dubois non era uomo da fare sconti, e rispose che o il cavallo era buono oppure no, non era questione di sconti e quindi la trattativa si era chiusa lì.

A quel punto era subentrato Giampaolo e prendemmo un appuntamento alle sei e mezzo di mattina in un bar di Tivoli. Arrivò, stranamente, puntuale, e questo mi fece pensare che forse da lì sarebbe venuto qualcosa di positivo. Arrivammo a Bolgheri e io cominciai i miei rilievi. Dissi a Giampaolo che per quello che mi riguardava la visita aveva dato un esito favorevole. La sera mi chiamò Enzo Giordano, cioè il futuro proprietario. Voleva essere tranquillizzato. Alla fine l’acquisto andò in porto...» E comincia l’era Varenne che hai vissuto in prima linea.. «Più che in prima linea, almeno dal punto di vista veterinario da solo, perché ero l’unico che metteva le mani su Varenne. Lo seguivo in tutte le trasferte e a un certo punto, per la sicurezza di tutti, i titolari del cavallo decisero di assicurarmi. Cioè, mi capitava di andare a Parigi per fare CAMPIONI A QUATTRO ZAMPE | 35

una puntura e tornare indietro...» A proposito di viaggi all’estero, quale vittoria ti è rimasta di più nel cuore? «L’Amerique, per l’atmosfera irripetibile che si respirava all’ippodromo. E poi avevamo battuto i francesi».


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Altri due romani dietro la leggenda di Varenne Il Team Manager

Il Driver

Rolando Luzi, romano, era socio della Horse Training Center di Tor San Lorenzo dove Varenne è stato ospitato per tutta la carriera. È stato lui ad occuparsi degli aspetti logistici dell’attività del “Capitano”. Oggi è un conosciuto e apprezzato giornalista ippico

Giampaolo Munnucci, nella foto con Varenne e Martina Colombari, il driver che lo ha montato per l’intera carriera portandolo alle vittorie più importanti: «Avere un cavallo così è il sogno della vita di ogni driver. A me è successo...»

È passato qualche anno da una vicenda forse irripetibile. Qual è la prima cosa che ti viene in mente se nomino Varenne? «Che è stato un cavallo eccezionale, ovviamente, non lo scopro io. La prima cosa che mi viene in mente è come ha cambiato la vita delle persone che erano nel suo entourage, a cominciare da me, e non solo per i soldi che ha permesso di guadagnare. Era come circondato da un’aura magica. Ricordo per esempio che la sua carriera, vista da fuori, veniva interpretata come una cavalcata trionfale. Ma non fu affatto così, non erano solo rose e fiori. La sola programmazione dell’attività, la scelta di quali corse fare, come impostare la preparazione, erano tutte decisioni molto complesse. Quando andammo a correre in America, a disputare le Breeders, c’era una

Partiamo dall’inizio. «Si. Avevo un gruppo di proprietari, perlopiù napoletani, che erano interessati all’acquisto di un cavallo e quindi mi avevano dato l’incarico. A Bolgheri, Dubois aveva un lotto di cavalli. Li andammo a vedere e sul posto trovai Paolo Leoni (un altro driver, n.d.r.) già cambiato e pronto a salire in sulky. Mi colpì uno dei puledri, un certo Varenne, ma con Dubois le trattative erano particolari; veloci, senza troppe perdite di tempo che non erano ammesse. Il cavallo era stato già venduto una volta, comprato dai Bezzecchi che se lo erano già portato in scuderia. Poi, fortunatamente per noi, lo avevano sottoposto a visita e il loro veterinario aveva trovato il famoso chip e quindi Bezzecchi aveva chiesto uno sconto. Ma per Dubois gli sconti non esistevano... Portai con me Pio Iannarelli, il

Varenne, uno dei migliori prodotti sportivi del Made in Italy, come la Ferrari e come un altro gioiello italico: il grande Ribot

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Alcuni tra i più importanti successi di Varenne: Roma - Derby italiano di trotto (1998) Milano - Gran Premio delle Nazioni (1999) Milano - Premio ENCAT (2001 e 2002) Parigi - Prix d'Amerique (2001 e 2002) Napoli - Gran Premio Lotteria di Agnano (2000, 2001 e 2002) Stoccolma - Elitloppet (2001 e 2002) Meadowlands - Breeders Crown (2001)

Frammenti di storia Figlio di Waikiki Beach e Ialmaz, soprannominato Il Capitano, deve il nome alla via di Parigi dove si trova l'ambasciata italiana. Guidato da Giampaolo Minnucci ha stupito l'ambiente dell'Ippica imponendosi con incredibile facilità e leggerezza nelle corse più dure del calendario italiano ed internazionale. Ha esordito in pista a tre anni e, dopo alcune difficoltà iniziali, è arrivato a vincere il nastro azzurro del Derby del Trotto, la corsa più importante per un trottatore indigeno, demolendo il “fenomeno” Viking Kronos, che all'epoca dominava le classiche della generazione con estrema disinvoltura.

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Un eroe a quattro zampe V

arenne è “Il Capitano”. Un nomignolo, pardon nick come va di moda adesso, tutto sommato modesto per un campione di questo livello. Sarà che, nell’ippica, la fantasia se la divorano a colpi di scommesse, pronostici, vaticini. Proprietari, allenatori, drivers, semplici scommettitori. Padroni anche loro di un cavallo, almeno per i due minuti della corsa. Ruota di sogni infranti e delusioni all’ultima curva, di corse perse sul palo, di premi sfuggiti in “fotografia” (non fa ippico chiamarlo fotofinish anche se tecnicamente abbastanza corretto). La routine si insegue tra vit-

torie e rotture, tra espedienti di vario genere che rendono l’ippodromo un universo inimitabile. Perfino Peter Pan, qui, accuserebbe sintomi di sopraggiunta senilità. E allora si capisce che di fantasia per i nomi ne resti poca, con la concretezza che comunque deve sostenere i piccoli riti quotidiani, i box che mettono in fila fuoriserie e utilitarie, la luce che si smorza con il rumore del forcone che si appoggia al muro. La fantasia si accende e si spegne come un albero di Natale, nell’alternarsi della quotidianità, seppure compressa in giornate quasi tutte uguali. Ma che c’entra tutto questo con Varenne? Niente, infatti, perché lui, i gironi danteschi della routine li ha appena attraversati, quel tanto che basta per prendere la rincorsa e saltare il fosso. Poi, la gloria, in un crescendo rossiniano di successi (tanti, tantissimi, per quantità, qualità e costanza) e le sconfitte (poche, pochissime). Tra i record, per quello che valgono nel trotto, e le somme vinte, che invece valgono ovunque e sempre con lo stesso peso. Il nome, quello vero, Varenne, viene da una “rue” parigina, dove ha sede l’ambasciata italiana. Un segno del

Una prole di campioni Il 28 settembre 2002 Varenne è andato in pensione concludendo la sua carriera agonistica, attualmente è impiegato come riproduttore. Come stallone ha prodotto le cavalle classiche Lana del Rio e Lisa America, vincitrici di oltre un milione d'Euro nelle piste italiane ed internazionali. Altri famosi figli di Varenne sono Miele d'Alfa, Mustang Isadora dei Fiori, Nadir Kronos Derby italiano di trotto 2010,Olona Ok, vincitrice del Derby italiano di trotto del 2011. Per il momento Varenne ha dato alla luce gia 3 vincitori della più importante corsa nel panorama del trotto italiano.

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Due romani dietro la leggenda di Varenne Il Driver

Il Team Manager corrente di pensiero che non voleva che lo guidasse Minnucci. Si diceva che fosse inesperto per una corsa di quel livello. Perfino il giornale del settore spingeva un po’ in questo senso. Si fece il nome di Gubellini (un noto driver milanese, n.d.r.). Invece Enzo Giordano, il proprietario, non ne volle sapere e difese Giampaolo. Lo guidò lui, anzi all’ultima curva Varenne in testa fu passato ma trovò la forza di risposare e andare a vincere. Era così, si andava a correre e Varenne metteva d’accordo tutti. Lui vinceva, e con i festeggiamenti anche le polemiche svanivano, per poi tornare magari poco dopo». Torniamo indietro nel tempo, all’inizio dell’era Varenne. Tralasciamo l’acquisto di cui parliamo con Minnucci. Arriva Varenne a Tor San Lorenzo. «All’epoca la nostra struttura lavorava molto con i cavalli anziani (cioè da 5 anni in poi, n.d.r.) perché Turja, l’allenatore, sembrava dare il meglio di sé proprio con questi soggetti. Avevamo ad esempio lavorato con ottimi risultati Teseo del Ronco, Uzzano Om, Urban Cowboy. In genere venivano dati partenti dopo circa un mese che erano arrivati al centro di allenamento. Con Varenne invece, dopo circa una settimana mi arrivò la consegna di darlo partente in una corsa a Tor di Valle, sul miglio. Questo mi fece pensare che eravamo di fronte a qualcosa di fuori dal comune, anche se chiaramente non era immaginabile tutto quello che sarebbe successo negli anni a seguire. Manco a dirlo, vinse sia quella corsa che la successiva sui 2000 metri per dispersione. L’avventura era cominciata». Dopo queste due corse Varenne abbandona il circuito ordinario per tentare la strada dei Gran Premi. «Sì, debuttammo ad Aversa vincendo nonostante il numero in seconda fila. In quella generazione c’era un cavallo considerato imbattibile, Viking Kronos, almeno in quel momento. Se volevamo primeggiare l’obiettivo era lui. A Milano, al Nazionale, Varenne arrivò secondo, dietro lui. Però il cavallo non era al top e questo ci dava molta fiducia per il futuro. Infatti si vedeva Minnucci esultare mentre tagliò il traguardo secondo. Non è una cosa molto frequente però Giampaolo aveva capito che c’erano i margini di miglioramento giusti per poter competere con Viking. Aveva ragione».

mio veterinario di fiducia per la visita preliminare. Ci fidammo del suo parere anche se all’inizio ci sembrava pericolosamente controcorrente. I fatti gli diedero ragione». Quindi dopo l’acquisto il cavallo arriva al centro di allenamento di Tor San Lorenzo. «Si e lo abbiamo fatto correre subito, perché per Turja era pronto. In effetti vinse due corse, sui 1600 e sui 2000, quindi lo portammo ad Aversa per il Gran Premio e da lì cominciò la storia di Varenne». Una storia fatta di grandi vittorie e di grandi avversari. Partiamo dalle prime. La vittoria del cuore. «Il Derby, nonostante le tantissime affermazioni internazionali. Vincere il Derby, battere un avversario che all’inizio sembrava quasi imbattibile come Viking Kronos, è stato come fare un salto di qualità. Ovvio che non potessimo immaginare che poi Varenne avrebbe vinto tutto quello che ha vinto successivamente. Però il Derby fu uno scatto...» E gli avversari? «Forse il migliore di tutti è stato Victory Tilly, anche se poi l’abbiamo sempre battuto tranne che nel primo Elitlopp. Però è stato quello che ha avuto il coraggio di affrontare Varenne a viso aperto, cercando di correre da protagonista. Non a caso proprio contro di lui Varenne ha realizzato una delle sue prestazioni migliori, a Napoli, girandogli di fuori nell’ultimo Lotteria che abbiamo corso. Abbiamo battuto Moni Maker. Poi, tra i rivali storici, va menzionato il francese General de Pommeau, che è stato un avversario assolutamente ostico, però era un passista, piuttosto opportunista, e comunque è stato battuto sonoramente più volte». Sfatiamo qualche mito, tipo che Varenne avrebbe vinto anche da solo... «Che Varenne fosse qualcosa di straordinario è senz’altro vero, però lasciami dire che il fattore umano ha giocato un ruolo importante. Il cavallo bisogna allenarlo, programmarlo e, per quello che mi riguarda, guidarlo! Bisogna capire il limite, scandire i parziali giusti per mettere ko i cavalli più forti del mondo, qui non si tratta di vincere una corsa a vendere ma di battere i giganti e permettimi di dire che lo staff, tutto, è stato all’altezza del cavallo. Che poi lui fosse un talento naturale questo è un altro discorso».

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destino, per un cavallo nominato “ambasciatore di pace” da Maria Pia Fanfani che, nessuno, per questo ha mai deriso scambiandola per una novella Caligola. Coincidenza benaugurante, dicevamo, per quello che è stato certamente uno dei migliori prodotti del made in Italy, da esportare con un certo malcelato orgoglio. Dopo Ribot, altro gioiello italico, prodotto del padre putativo di ogni allevatore ippico, Federico Tesio, che lo consegnò alla storia come un’eredità. Eppure il più grande allevatore di sempre, persona tra l’altro di sconfinata cultura e interessi oltre quelli ippici, ironia della sorte all’ultimo respiro sbagliò il pronostico e proprio sulla creatura che gli avrebbe dato, se le avesse potute vedere, le maggiori soddisfazioni. Disse «non è da buttar via, ma sarà un cavalluccio senza valore». Evidentemente il giudizio fu contagioso, se l’artiere che lo condusse in pista per la prima volta aggiunse stizzito nell’allargare la misura del suo sottopancia: «Va bene così a tutti tranne che a questo ronzino». Almeno di questo, la storia ci ha risparmiato il nome. O, almeno, non lo ha consegnato a chi scrive da queste righe. La più probabile tra le verità in materia è che sia inutile ricercare nei soggetti unti dal Signore dei Cavalli i tratti della loro grandezza. no e disfano in un baleno, il mondo che si inginocchia di fronte a un cavallo italiano. Puoi andare, Peter Pan. Qui non ci servi davvero.

Le cliniche per cavalli Le foto esclusive di una clinica veterinaria. A Roma la più nota, riferimento per tutto il settore, è la Equipe Practice, strada Valle del Baccano 80 a Campagnano


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Il tavolo operatorio. Ăˆ visibile l'argano che solleva il cavallo, anestetizzato e intubato

I veterinari a lavoro su esame radiografico

La posa della valvola per flebo

Particolare dell'intubazione del cavallo

Il macchinario per la risonanza magnetica. Sono ben visibili le modalitĂ coercitive per la gestione del cavallo XXXX


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spq ort Paola Croce Nasce a Roma il 6 marzo del 1978. Raggiunge l’apice della sua carriera nella stagione 2004-05, quando passa alla Volley Bergamo, dove resta per quattro stagioni: vince uno Scudetto, due Coppe Italia, due Champions League e una Supercoppa Italiana, mentre con l'Italia si aggiudica la medaglia d'oro al campionato europeo 2007. Nel 2010 si trasferisce in Francia, ingaggiata dal quotato Racing Club de Cannes ma a metà stagione lascia la squadra. Nel 2011 con la nazionale vince la Coppa del Mondo. Nella stagione 2011-12 torna in Italia a fianco della Universal Volley Femminile Modena.

Una romana a Londra C

ome nelle favole o piuttosto come nei cartoni animati. Paola Croce, classe ’78, romana doc, libero della Nazionale italiana, cresciuta con Mila e Shiro e Mimi Ayuhara, un bel giorno si è ritrovata in una storia bella e, come nei cartoni, a lieto fine. Partiamo dagli albori, da quella Roma che ti ha conosciuto e insegnato ad amare la pallavolo. «Ho iniziato a giocare nei cortili del mio quartiere, Cinecittà, con le amichette, sognando Mila e le sue schiacciate. Poi a 8, 9 anni ho convinto papà a portarmi in palestra e da lì è iniziato tutto». Dalla Polisportiva Mancini 34 a..? «La mia carriera agonistica vera e

Da schiacciatrice a libero, le confessioni della atleta romana attualmente in forza alla Liu-Jo Modena. Dai cortili di Cinecittà alla Nazionale azzurra di Serena CERRACCHIO Foto Getty Images Archivio privato Croce

propria è iniziata tardi: a 19 anni sono andata in B1 a Frascati, poi a 22 anni sono andata a Perugia e ho iniziato in A1, poi la nazionale e poi…». PUGILATO | 41

Libero si nasce o si diventa? «Nel mio caso si diventa, prima ero schiacciatrice, il ruolo del libero è arrivato dopo». Una persona fondamentale nella tua carriera? «La mia prima allenatrice, Cinzia Benvenuti: lei mi ha insegnato le basi dai 9 anni fino ai 15, poi devo moltissimo a Massimo Barbolini (attuale ct della Nazionale femminile, ndr) sia quando sono stata a Perugia sia per la fiducia che mi ha dato in Nazionale». L’ultima World League vinta in Giappone: pensare che non dovevi esserci... «In quel momento venivo da un anno particolare, non giocavo più dal novembre precedente, quando mi


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« PAOLA CROCE, UNA ROMANA A LONDRA

La passione per gli animali è innata, mi piacciono tutti, tranne gli insetti di cui ho paura

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pionato è andato un po’ sotto le righe rispetto alle aspettative. Ci siamo fermate ai quarti di finale dei playoff scudetto. La squadra è forte ma ha cambiato la palleggiatrice in corsa, a dicembre. Con lei ci siamo allenato per poco tempo e quando non ne hai molto non è facile trovare il giusto affiatamento. La società comunque è ottima, ambiziosa e ha voglia di crescere: condizioni fondamentali per lavorare bene».

ha chiamato il commissario tecnico avevo giocato solo una partita di campionato con Modena. La chiamata di Barbolini era l’ultima cosa che mi aspettavo e forse anche un pò incoscientemente ho detto subito si. La vittoria è stata inaspettata,

soprattutto dopo un Europeo non andato bene. È stata un’ esperienza incredibile, comunque, forse proprio perché inaspettata». Con la Liu-Jo Modena invece? «A Modena sto bene anche se lil cam-

Se ci fosse una squadra a Roma torneresti? «A Roma sono state fatte tante A2 e poi l’A1 femminile ma non sono riusciti mai a portarla avanti. Non c’è una tradizione di volley in rosa a Roma, mi risulta difficile pensare che si possa avverare. E poi la Capitale non è una piazza tranquilla, quindi non saprei se ac-

ALLA CROCE, IN CAMPIDOGLIO, IL PREMIO AtLEtA DELL’ANNO 2011 ED IN DIREttA wEb, PAOLA COMMENtA: «UN ORGOGLIO DARE LUstRO ALLA MIA CIttÀ» Sul suo sito, poco dopo la premiazione, si legge: «In questo momento sono di ritorno da Roma dove stamane in Campidoglio ho ricevuto dal Sindaco Alemanno in persona il premio Atleta dell'anno 2011. Grandissimo orgoglio per me il poter dare lustro alla mia città attraverso le vittorie sportive! Questa è davvero la ciliegina sulla torta di un week-end che ha visto la mia squadra vittoriosa al termine di una splendida partita giocata con gran cuore davanti al nostro fantastico pubblico modenese! Buona navigazione a tutti! CRUZ». Paola ha anche spiegato nel giorno della premiazione: «Questo premio è un coronamento a tanti sacrifici. La mia carriera inizia da giovanissima: all'età di nove anni chiesi a papà di portarmi nella squadra del mio quartiere (Cinecittà)! Avevo già le idee molto chiare: come molte ragazzine della mia generazione furono i cartoni animati (Mila e Shiro e Mimì) a far nascere in me l'interesse per questo sport. Io, insieme a mia sorella, tentavo di imitarle in casa (spesso rompendo qualcosa) e così mio padre decise che era arrivato il momento di giocare a pallavolo finalmente fuori di casa. Ed oggi, partecipare alle Olimpiadi è un orgoglio talmente grande che il solo pensiero mi fa tutt’ora stringere qualcosa nel petto!».

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cettare una eventuale chiamata. Certo la città mi manca». Un passo indietro: perché hai deciso di andare via dall’Italia? «Avevo deciso di andare a giocare a Cannes dopo la rescissione del contratto con Piacenza che mi aveva demoralizzato. Avevo bisogno di nuovi stimoli e avevo voglia di un’esperienza all’estero. Poi però mi sono resa conto che il mio ragazzo mi mancava, a 32 anni la lontananza la senti di più e degli affetti non riesci a fare a meno». Rimpianti? «Forse se avessi fatto l’esperienza fuori dall’Italia prima

dei 30 anni me la sarei goduta di più».

berto, il mio fidanzato, è romanista, anche se è nato e vive a Piacenza».

Un anno fa ti sei anche laureata, giusto? «Laurea in lettere per l’esattezza. È stato un buon 2011 in cui ho raggiunto grandi traguardi con la vittoria della World League e la laurea».

La partita più bella che hai visto? «Io sono amante del calcio in generale e ammetto che la partita più bella è stata il ‘classico’ a Barcellona. La Roma quando posso vado a vederla, magari quando viene a Parma o Bologna».

Tema della tesi? «Una tesi sperimentale su calciopoli: come la stampa nelle diverse sfaccettatute ha trattato l’argomento. Mi sono mossa parecchio per prepararla, sono andata spesso a Torino, è stato interessante». Squadra del cuore? «Sono nata con un papà romanista. E poi anche Ro-

Il libero, ricordiamolo, non ha il turno in battuta né può attaccare, gioca solo in difesa e ricezione: una privazione? «Non l’ho mai vissuta come una privazione, mi sono fidata di tutte quelle persone che mi dicevano: questo ruolo è fatto apposta per te».

IL RUOLO DEL LIbERO È, in ordine cronologico, l'ultimo ruolo introdotto dalla FIVB. Essendo sottoposto a regole particolari, che lo distinguono dagli altri giocatori, indossa una maglia di colore diverso da quelle dei suoi compagni di squadra, in modo da essere sempre riconoscibile. Ha la caratteristica di giocare solo in seconda linea al posto di uno dei giocatori di seconda linea ed è quindi specializzato nei fondamentali di ricezione e difesa.

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Un mito calcistico e uno pallavolistico? «Francesco Totti nel calcio, Andrea Zorzi nella pallavolo».

ché a Piacenza vive in campagna e ha tanto spazio e poi la mia. Lui ha anche un cavallo».

La giocatrice con cui hai legato di piu? «Eleonora Lo Bianco, siamo grandi amiche».

Razza? «Tutti e 4 i cani sono beagle. Quando ho conosciuto Roberto sia lui che io avevamo già questi cani: una bella coincidenza».

Tre pregi e tre difetti. «Difetti che però a distanza sono diventati anche pregi come la testardaggine, la continua ricerca di nuovi stimoli, l’essere estremamente competitiva e troppo critica con me stessa. Mi dicono spesso di stare più tranquilla ma non riesco mai a rilassarmi. Tra i pregi, la positività e l’energia che riesco a dare agli altri». Amante degli animali: cani o gatti? «La passione per gli animali è innata, mi piacciono tutti, tranne gli insetti di cui ho paura».

Un segno del destino? «Direi di si. Trovare a Piacenza un ragazzo innamorato della Roma e dei beagle è davvero impressionante». Progetti insieme? «Abbiamo in programma la convivenza da settembre 2012. Un passo importante per due spiriti liberi come noi, io giocatrice, lui musicista. Andremo a vivere a Piacenza, poi quello che verrà si vedrà…».

Potevi fare la veterinaria… «Un po’ ho la sindrome da veterinaria, con il mio ragazzo c’è capitato di curare degli animali, lui poi sembra il Dr. Dolittle. Abbiamo curato un’oca insieme».

Nel tempo libero? «Una mia passione è andare al cinema, ma soprattutto stare con il mio cane. Quando ho tempo lo porto al maneggio dal mio fidanzato o comunque a correre. Mi piace moltissimo stare a contatto con la natura, stando molto tempo in palestra poi…».

Cani quindi? «Direi di si, ne abbiamo quattro di cui tre vivono con lui per-

Quindi a Roma ti sentivi un po’ più in gabbia o riuscivi ad andare nei par-

PhOtOGALLERy Paola con il suo beagle. sotto: una fase di stretching, con la divisa della Nazionale

chi? «Roma ha molti parchi, più di quanti non sembra. Il problema era sempre il tempo: colpa del traffico che di certo tra Modena e Piacenza non c’è». Cosa ti manca di Roma? «Roma mi manca, ha un clima incredibile e ci sono delle differenze nello stile di vita rispetto ad altri posti. Purtroppo non si può avere tutto». Un luogo che ami di Roma? «La zona tra i Fori Imperiali e il Colosseo è la parte più bella di Roma. L’antichità e la storia sono affascinanti». La World League e il premio come atleta dell’anno, dato in Campidoglio dal Sindaco Alemanno. Cosa ti aspetti dal 2012? «Sportivamente il 2012 potrebbe essere l’apice della mia carriera. Spero di partecipare alle Olimpiadi ma non lo do per scontato. Il ct dovrà valutare bene chi portare: essendo uno sport di squadra le convocazioni avvengono all’ultimo minuto». E dal punto di vista personale? «Spero di continuare la storia con il mio fidanzato perché ha riempito la mia vita di cose fantastiche».


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Il wrestling è una forma di intrattenimento che combina performance atletiche e teatrali. Trae spunto dalla lotta greco-romana e chi l’ha visto dal vivo si fa solo una domanda: sicuri che sia solo finzione? L'occasione per parlare di wrestling viene dall'appuntamento "Raw WrestleMania Revenge Torus" svoltosi a Roma, al Palalottomatica Wrestling è un termine inglese traducibile in lingua italiana con il termine lotta. In Italia la parola viene però usata per definire gli spettacoli indicati negli USA come Professional Wrestling o Pro Wrestling, distinti dall' Amateur Wrestling, ovvero l'insieme degli stili di lotta sportiva. Derivato storicamente dal Catch, si è sviluppato in Inghilterra e in America del Nord sul finire del 1800 e oggi è popolare anche in Giappone (dove prende il nome di Puroresu), Messico (Lucha Libre) e Canada.

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Esclusiva

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Alberto Rodriguez (San Luis Potosí, 25 maggio 1977) è un wrestler messicano di origini italiane. È sotto contratto nel roster di Raw, dove lotta col nome di Alberto Del Rio. È un ex lottatore di Arti marziali miste (MMA) e luchador mascherato. Ha lavorato principalmente in Giappone e Messico, prima di firmare per la Florida Championship Wrestling, settore di sviluppo della WWE. Fa parte di una famiglia di luchador, è infatti figlio di Dos Caras, nipote di Mil Mascaras e Sicodelico e cugino di Sicodelico jr. Del Rio è un 2 volte WWE Champion. Ha inoltre vinto il Money in the Bank e la Royal Rumble, entrambi nel 2011.


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ALBERTO DAL RIO

IL LUCHADOR SMASCHERATO di Alessio PUNZI foto Getty Images

L’ultimo campione, dopo i Miti che rispondono ai nomi di Andre the Giant, Holk Ogan, Antonio Inoki, Eddie Guerrero, John Cena. La sua intervista esclusiva... È il catch, uno stile di lotta popolare, eredità della lotta greco-romana, sviluppato e popolarizzato nel tardo XIX secolo dai lottatori dei circhi itineranti che avevano incluso nella loro pratica anche alcune tecniche di sottomissione, o agganci, per aumentare l'efficacia contro i loro avversari. È diventato popolare, si è trasformato nel wrestling che ha avuto leggende di fama mondiale. Una di queste ha il nome di Alberto Rodriguez (San Luis Potosí, 25 maggio 1977), un wrestler messicano di origini italiane. È sotto contratto nel roster di Raw, dove lotta col nome di Alberto Del Rio. È un ex lottatore di Arti marziali miste (MMA) e luchador mascherato. Ha lavorato principalmente in Giappone e Messico, prima di firmare per la Florida Championship Wrestling, settore di sviluppo della

WWE. Fa parte di una famiglia di luchador, è infatti figlio di Dos Caras, nipote di Mil Mascaras e Sicodelico e cugino di Sicodelico jr. Ha vinto il Royal Rumble Match, il Money in the Bank Ladder Match alla prima partecipazione e il WWE Championship per 2 volte. Dopo essere arrivato quarto nel torneo di lotta greco-romana ai Giochi Panamericani del 1999, Rodriguez entrò nel business di famiglia, il wrestling. Debutta nel 2000 nella AAA, allenato dal padre, inserendosi in una storyline che lo vedeva nelle vesti di protettore della propria famiglia, contro El Texano, Espectro jr. e Pirata Morgan. Debutta ufficialmente il 16 settembre battendo i sopra citati in un tag team match con Sangre Chicana e La Parka. Continua PUGILATO | 47

così, lottando ogni tanto anche in Giappone. Nel 2005 firma con la CMLL (Consejo Mundial de Lucha Libre), lottando per la Copa Junior, ma viene eliminato in semifinale da Dr. Wagner jr. La CMLL ha grandi progetti per lui, infatti vince la Copa Junior nel 2006 e ha numerosi occasioni per i titoli più importanti della federazione. Continua a lottare in Giappone, fondando un team con Lizmark jr., portandolo anche in Messico. Ha poi una feud con Último Guerrero e Kenzo Suzuki. Nel 2007 batte Universo 2000 e vince il CMLL World Championship, cosa che gli impedirà di firmare con la WWE, che lo voleva nella Royal Rumble 2009, posto che fu poi preso da Rob Van Dam. La sua esperienza in Messico la chiude da heel (cattivo). Noi, il cattivo, lo abbiamo incontrato...


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Quali termini userebbe se dovesse descrivere il wrestling ad una persona che non conosce questo movimento? «Il wrestling è un grande spettacolo globale. Gli spettatori possono vedere ad ogni show due, tre, quattro uomini che combattono per raggiungere un obiettivo, con continui rovesciamenti di fronte. Diciamo che i fan sono sulle montagne russe». Come ci si avvicina ad una disciplina come il wrestling? Lei, in particolare, viene dalla lotta greco-romana e poi dalla MMA. E fa parte di una famiglia di luchador mascherati. Che salto ritiene di aver fatto? E che combattente è oggi? «Sono un wrestler di terza generazione, mio padre e mio nono erano lottatori. Per me questo sport è stato sempre, è proprio il caso di dirlo, una questione familiare. Sono felice di quello che faccio, l’adrenalina e la passione che questo sport è in grado di regalarmi non le scambierei con nulla al mondo». Lei è un grande interprete di questa fantastica disciplina. Sul ring quali sono gli avversari che le hanno dato maggior filo da torcere? «Se calcoliamo che facciamo dai 7 ai 10 tour mondiali ogni anno, so-

no tanti gli avversari che ho incontrato di livello eccelso. Se dovessi sceglierne uno che maggiormente mi ha messo in difficoltà farei il nome del campione John Cena». Dall’allenamento prima di un incontro all’eventuale festeggiamento di una vittoria, quali sono le tappe che scandiscono una giornata tipo in cui lei è impegnato in un combattimento? «Quando siamo in tour lavoriamo in continuazione, le pause sono poche, il tempo libero è molto limitato, anche perché ci alleniamo, facciamo le interviste, presentazioni e partecipiamo a tanti eventi. Quando invece siamo a casa, purtroppo soltanto il 30% dell’anno, amo fare quello che amano tutti: adoro stare con mia moglie, andare al cinema con mio figlio e guardare la tv. Insomma, quello del wrestler è un lavoro duro, perché il tempo libero è davvero poco». È contento di combattere a Roma? Cosa ama di più di questa città? «Adoro Roma per le sue bellezze e anche per il suo pubblico caloroso». Eccezion fatta per il wrestling, quali sono gli sport che maggiormente la appassionano? Quali altre discipline seg ue con interesse

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sia in America che in Europa?«Seguo molto la boxe, ma soprattutto mi piace il calcio, il mio sport preferito. Sono tifoso del Real Madrid, e tra Cristiano Ronaldo, Benzema e Mourinho mi sto divertendo parecchio. Appena ne ho l’opportunità frequento gli stadi per vedere le partite di calcio, non solo quelle del Real. Non sono mai stato allo Stadio Olimpico, ma se ad aprile ne avrò la possibilità non me la lascerò scappare». In quali paesi è più diffuso il wrestling e perché? È una disciplina che si adatta al carattere degli americani? Cosa serve perché raggiunga lo stesso livello anche in Europa? «Parliamo di una disciplina globale, facciamo spettacolo ovunque, regaliamo emozioni e abbiamo grandi fan in ogni paese del mondo, Italia inclusa. Addirittura in Messico, il mio paese di origine, lo scorso anno abbiamo fatto tre tournée». Il westrling, spesso, è la fiera della consapevolezza e molti atleti dall’esterno rischiano di apparire persino arroganti. Secondo lei, quali sono le tre definizioni che meglio riuscirebbero a descriverla? «The best. The Champion. The number one».


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ALBERTO DAL RIO


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Tra sport e finzione

wRESTLIng     All’inizio furono fiere itineranti con provenienza dalla lotta greco-romana. Poi tutto sbarcò in America e divenne spettacolo

l wrestling è una forma di intrattenimento che combina performance atletiche e teatrali, simulando uno sport di combattimento in eventi organizzati da compagnie itineranti. Trae spunto dalla lotta greco-romana, con l'aggiunta di prese e manovre acrobatiche che derivano per buona parte da varie arti marziali e dell'uso saltuario di armi improvvisate. I pro-

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tagonisti (wrestler) sono atleti professionisti che si affrontano in incontri dall'esito prestabilito dove si esibiscono in azioni atletiche spettacolarizzate per intrattenere il pubblico. I match sono predeterminati al fine di aumentare l'intrattenimento e tutte le manovre sono eseguite in modo tale da ridurre al minimo le possibilità d'infortunio. Nonostante tutto ciò sia noto sia noto al grande pubblico, le federazioni tendono ancora a nascondere la vera natura del wrestling per sostenere e promuovere la volontaria sospensione dell'incredulità del pubblico, mantenendo un alone di verosimiglianza. Wrestling è un termine inglese traducibile in lingua italiana con il termine lotta. In Italia la parola viene però usata per definire gli spettacoli indicati negli USA come Professional Wrestling o Pro Wrestling, distinti dall'Amateur Wrestling, ovvero l'insieme degli stili di lotta sportiva. Derivato storicamente dal catch, si è sviluppato in Gran Bretagna e in America del Nord sul finire del 1800 e oggi, nel XXI secolo, è popolare non solo negli Stati Uniti, ma anche in altri stati come Giappone (dove prende il no-

KAYFABE ovvero la “Messinscena” Nel mondo del wrestling, kayfabe è un termine che fa riferimento agli eventi e alle azioni che vengono messe in scena nel corso di eventi di wrestling. La kayfabe è accostabile ad una sospensione dell'incredulità ed è utilizzata per creare tutti gli aspetti non strettamente legati ai match, come feud, storyline e gimmick, in un modo simile a quanto accade con altre forme di intrattenimento come le soap opera o i film. Ciò che quindi accade secondo la kayfabe è qualcosa di studiato a tavolino, fondamentale per l'economia dello show. In termini relativi, un wrestler che rompe la kayfabe nel corso di uno show è accostabile ad un attore che esce

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dal suo personaggio in un film. Nel passato, i wrestler erano costretti a portare il più possibile la kayfabe anche nella loro vita reale, in modo da preservare l'illusione che il wrestling non fosse predeterminato. Con l'avvento delle comunità di wrestling su internet e la formale trasformazione del wrestling in uno sport-spettacolo, il mantenimento dei segreti del backstage è diventato praticamente impossibile. Tuttavia, ancora al giorno d'oggi la kayfabe viene spesso usata per poter portare avanti le storyline, per spiegare lunghe assenze per infortunio, per dare il giusto tributo ad un wrestler o per altri scopi.


COS’é? me di Puroresu), Messico (Lucha Libre) e Canada. Da evento collaterale di fiere itineranti, il wrestling è diventato un genere autonomo di intrattenimento ed è oggi considerato un'industria di spettacolo multimilionaria. Da una nazione all'altra è possibile riscontrare differenze più o meno significative nella struttura e nel tipo di spettacolo, oltre che nelle regole; per questo motivo si parla di diversi stili di wrestling. Nel puroresu e nel wrestling canadese si pone maggior risalto sulla tecnica. Nella lucha libre si guarda quasi esclusivamente alla velocità di esecuzione e all'uso di mosse spettacolari. Nel wrestling statunitense si esalta molto l'aspetto dell'intrattenimento rispetto a quello sportivo, prediligendo il ricorso a storyline e in genere a uno stile narrativo più vicino a quello dei telefilm, oltre a match meno tecnici. Soprattutto l'avvento della televisione diede al wrestling statunitense un nuovo volto; insieme alla boxe, il wrestling contribuì a rendere popolare il sistema pay-per-view, e visse due periodi di notevole popolarità, definiti Era Gimmick ed Era Attitude.

Le origini del wrestling risalgono alle fiere itineranti, durante le quali spesso era presente un'esibizione di wrestling. La disciplina all'epoca era molto diversa, il combattimento non era predeterminato e risultava quindi molto meno spettacolare. Gli atleti coinvolti utilizzavano tecniche provenienti da diversi stili di lotta e di arti marziali. Durante i primi anni del XX secolo, il wrestling ebbe la sua prima evoluzione, e nacquero le prime leghe con una struttura simile a quelle attualmente utilizzate nel pugilato. Tuttavia, questo tipo di competizione scomparve con l'avvento della televisione, a causa dell'eccessiva lunghezza e della mancanza di pathos. Ben presto si scoprì che organizzando match predeterminati, la competizione diveniva molto più entusiasmante ed economicamente remunerativa. Ben presto i match predeterminati sostituirono completamente quelli regolari, ma per oltre un secolo gli organizzatori degli spettacoli e i wrestler mantennero la kayfabe, ovvero negarono di svolgere match già decisi "a tavolino".

GIMMICK così nasce un wrestler Gimmick è il termine con cui nel wrestling si indica tutto l'insieme delle caratteristiche di un personaggio interpretato da un wrestler. A seconda della gimmick che si interpreta, i wrestlers vengono classificati in tre diversi modi: Face, quando lo stile di combattimento ed i modi di fare del personaggio hanno come obiettivo l'approvazione del pubblico; viene considerato un buono, rispetta le regole e quando fa parte di un tag team o di una stable è leale coi suoi compagni Heel, quando il personaggio interpreta la parte del cattivo. Gli heel sono soliti infrangere le regole fondamentali del wrestling, come quella che vieta di usare oggetti (foreign object) nel corso dei match per colpire l'avversario. Un ulteriore suddivisione

IL BILL gATES DEL wRESTLIng

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Vincent McMahon nacque il 6 luglio, 1914 ad Harlem New York. Suo padre Roderick “Jess" , irlandese, fu un promotor di pugilato e di concerti. Intuì il potenziale sviluppo che il pro-wrestling avrebbe avuto dopo la Seconda guerra e lo sviluppo della Tv: come il pugilato, il wrestling poteva svolgersi su di un ring ed essere ripreso da due telecamere. Il gruppo di McMahon, la Capitol Wrestling Corporation (successivamente World Wide Wrestling Federation) cominciò a dominare il pro wrestling negli Anni Cinquanta in un’area molto popolosa del Nord Est Americano. Il figlio Vincent Kennedy, poi, fece meglio del padre: trasformò la sua sigla nella prima grande federazione nazionale ed in seguito allargò il suo business al mondo. Ad oggi, la federazione è conosciuta come WWE. Vincent J. McMahon morì di cancro a 69 anni.

prevede la presenza dei Monster Heel, wrestlers che non provano rispetto per nessuno, colpendo anche i loro stessi compagni di squadra Tweener o Cool Heel, quando pur non rispettando sempre le regole e vincendo spesso in maniera "sporca" il personaggio risulta comunque simpatico al pubblico o, più semplicemente, tende ad assumere atteggiamenti poco definiti, che non aiutano a comprendere se il wrestler è effettivamente un heel o un face. Lo status di tweener è tuttavia molto etereo e difficilmente un wrestler riesce a mantenerlo nel corso della carriera. Fa eccezione The Undertaker che è riuscito a rimanere Tweener per quasi tutta la sua carriera.

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WRESTLING I MITI

Di Winnin g tra il sett Streak (strisce vin em storica. V bre 1997 e il dic centi) nel mond o a ricorda e ta anche mbre 1998 scon del Wrestling ce a Genes is 2006 fitto per quella d ne sono d i la p sta ov Sa dimentic are, poi, e venne sconfitt moa Joe in TNA rima volta da Ke te tante: quella o nel Ma , durata tra gli alt vin Nash di Goldb artisti, p d in erg in W ri, ne rotagonis al CW ti di com Tiger Mask, Mac Event da Kurt An suo debutto a S llo storico incon tro di Sta , vincitore di 17 lammive gle che battimen ho Man, lo costrin 3 incontr rsary 20 Antonio rrcade 1 ti che ba 05 In se alla re 9 i llavano s sa con la , con la sconfitt 98 è senza dubb ul labile oki,Giant Baba, E a di Son io filo che jay Dutt, separa la ddy Guerrero, H sua micidiale A ng ulk Hoga fi realtà da n. Tutti a le Lock. Impos no lla finzio s tleti e all ne. o stesso ibile tempo

HULK HOGAN Terrence "Terry" Eugene Bollea è meglio noto col nome d'arte di Hulk Hogan. Nasce ad Augusta l’11 agosto 1953): wrestler e attore statunitense, è considerato il più grande di tutti i tempi. Bollea ha raggiunto la sua massima popolarità fra la metà degli Anni Ottanta e i primi Novanta.

ANDRÈ THE GIANT André René Roussimoff, meglio noto col nome d'arte di André the Giant (Grenoble, 19 maggio 1946 – Parigi, 27 gennaio 1993), è stato wrestler e attore. Il suo ruolo più noto è quello di Fezzik ne La storia fantastica ma è famoso anche per aver recitato in Conan il distruttore. l corpo di André fu cremato secondo le sue volontà e le sue ceneri disperse nel suo ranch a Ellerbe, North Carolina.

GIANT BABA Shohei Baba (Sanjo, 23 gennaio 1938 – Tokio, 31 gennaio 1999) è stato un wrestler giapponese. Noto con il soprannome di Baba il gigante (in inglese Giant Baba), che gli fu attribuito per l'altezza, stupefacente soprattutto considerata la sua origine giapponese, divenne uno dei lottatori più rappresentativi. Morì di cancro ai polmoni nel 1999. La sua Mossa Finale era il Coconuts Crush. PUGILATO | 52


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EDDIE GUERRERO Nel suo periodo in WWE il personaggio interpretato da Guerrero fu quello di "Latino Heat", un wrestler guascone e disposto a tutto pur di vincere un match. Nasce in Messico (Ciudad Juárez) il 9 ottobre 1967 e muore a Minneapolis il 13 novembre 2005.

JOHN CENA John Felix Anthony Cena Jr. (West Newbury, 23 aprile 1977) è un wrestler, attore e rapper statunitense. È riconosciuto come uno dei wrestler più rappresentativi e più forti della WWE e del wrestling contemporaneo, tanto da essere considerato il volto simbolo della WWE stessa. Cena era nel suo terzo regno da campione WWE prima di essere privato del titolo per un infortunio. suo look è costituito da jeans corti a vita bassa e scarpe pump anni ottanta.

LE FEDERAZIONI A differenza di molti altri sport, per il wrestling non esistono federazioni nazionali o internazionali che raccolgono al loro interno tutti i praticanti della disciplina, come ad esempio la FIGC o la FIFA per il calcio; gli atleti infatti lavorano per federazioni tra loro non collegate e spesso in competizione. Oltre alle grandi organizzazioni con budget milionari come la World Wrestling Entertainment (WWE) o la Total Nonstop Action Wrestling (TNA), esistono moltissime altre federazioni con budget molto ristretti

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I WRESTLER

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I wrestler possono essere di sesso maschile o femminile e possono formare dei tag team, squadre formate da due wrestler, o delle stable, squadre formate da tre o più wrestler. Wrestler molto famosi possono guadagnare anche diversi milioni di dollari all'anno. In ordine crescente di importanza, si parla di: Jobber o "sparringpartner": un wrestler che combatte con wrestler giovani che hanno bisogno di fare esperienza, oppure contro wrestler che hanno bisogno di avere credibilità di fronte al pubblico; difficilmente un jobber porta a casa la vittoria Low carder: è considerato alla stregua di un jobber, ma non lavora con chi deve fare esperienza Mid carder: ha come compito principale quello di intrattenere il pubblico in attesa di incontri più importanti Upper carder: solitamente combatte nell'incontro che precede il main event; raramente un upper carder combatte come jobber e a volte riceve una title shot, cioè la possibilità di concorrere per una Cintura da campione (Championship). Main eventer: combatte nel main event dello show e ha spesso delle title shot; tutti i detentori dei "titoli principali" (es: WWE Championship o TNA World Heavyweight Championship) sono considerati main eventer.


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WRESTLING ANTONIO INOKI Proveniente da una ricca famiglia ridotta sul lastrico dopo la Seconda guerra mondiale, si trasferì in Brasile, dove apprese diversi sport, soprattutto il karate. Inoki prese ispirazione per il suo nome d'arte dal wrestler Antonino Rocca. Per la sua carriera di lottatore, durata 35 anni e ricca di successi, ed in seguito per aver fondato e guidato per un certo periodo la New Japan Pro Wrestling (NJPW), Inoki è universalmente considerato un'icona nel mondo del wrestling. Nella foto in combattimento con Cassius Clay.

LE MOSSE... FINALI Con il termine Powerslam (lett. schiacciata di potenza in lingua inglese) si indica una delle mosse "di base" del wrestling professionistico. Come accade per altre mosse, anche il powerslam può essere eseguito in vari modi. Tra i suoi utilizzatori più famosi vi era British Bulldog. Molto apprezzata è anche la falling powerslam: si prende l'avversario con un braccio sulla spalla ed uno in mezzo alle gambe, quindi lo si porta in aria mantenendo il suo corpo in orizzontale, con testa e gambe verso le corde, quindi si cade a terra portandosi l'avversario. Mossa

LE REGOLE Non esiste un'autorità internazionale che regolamenta il pro wrestling, ma esistono regole più o meno standard che si sono sviluppate col tempo. Ogni federazione applica le proprie varianti delle regole, ma tutti i regolamenti sono molto simili per evitare confusioni. Le regole qui descritte sono regole standard e potrebbero non corrispondere esattamente con quelle che ogni federazione applica. Vi sono poi decine di tipologie diverse di match che condividono però spesso queste regole standard. La forma più semplice di match è quello singolo (Single Match), che vede contrapposti due wrestler. Vi sono poi incontri fra team (nei quali a volte vi sono regole particolari, descritte dopo), incontri a Handicap (per esempio 2 contro 1) e incontri tutti-contro-tutti, nei quali abbiamo più di due wrestler che combattono ognuno per sé. Ecco le modalità con cui un match può terminare. Pinfall: Schienando l'avversario, cioè ponendosi sull'avversario facendo in modo che entrambe le spalle di quest'ultimo siano ben poggiate al tappeto e mantenendo questa posizione per la durata di un conto di tre da parte dell'arbitro Knock Out: Mettendo l'avversario in condizioni fisiche tali da impedirgli di continuare l'incontro Submission: Costringendo a cedere l'avversario (Give Up) attraverso una mossa di sottomissione Disqualification (DQ): Se l'avversario si macchia di azioni scorrette o se si subisce un'interferenza Count Out: Se l'avversario rimane per troppo tempo fuori dal ring (il tempo è stabilito da ogni federazione) No Contest: In questo modo la vittoria non è assegnata a nessuno dei contendenti, poiché vi è stata una doppia squalifica o un doppio count out. Solitamente i pinfall e i give up devono avvenire all'interno del ring per essere regolari.

utilizzata in particolare da Mark Henry, che la chiama World's strongest slam. Va citata, poi, la Alabama Slam. Si prende l'avversario dalla vita o dalle gambe,in modo che questi sia a testa in giù. L'esecutore lancia in avanti sopra la propria testa l'avversario,tenendo le sue gambe e facendo colpire la schiena dell'avversario contro il ring. Utilizzata come finisher da Hardcore Holly e, raramente, da Cody Rhodes. Molto spettacolare è anche la Oklahoma Slam: si prende l'avversario su una spalla e, correndo, si cade a terra con la schiena dell'avversario sul tappeto.

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Mickey Rourke in una scena tratta dal film The Wrestler di Darren Aronofsky

In Tv i cartoons l’hanno fatta padrone con l’Uomo Tigre, quello che combatteva con furore ma presto anche Spiderman si avvicinò al Wrestling: presto perché proprio nel primo numero della serie, appena scoperti i super poteri per sbarcare il lunario Peter Parker decise di provare a combattere. Se l’Uomo Ragno prende spunto dal wrestling, anche il wrestling prende spunto spesso dai fumetti e dai media: nelle maschere e nei nomi. Hulk Hogan ne è esempio diretto. E poi, sceneggiati, film, videogiochi: tutto fa brodo perché il mondo del wrestling è spettacolo allo stato puro.

O D N O M L NE MEDIA DEI

L’Uomo Tigre, il cartoon

Una scena del fumetto L’Uomo Ragno

Il videogioco della WWE

Il fumetto L’Incredibile Hulk

TUTTO FA SPETTACOLO PUGILATO | 55


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li impianti sportivi sono un insostituibile servizio pubblico, promuovendo la salute ed il benessere delle persone e rendendo importanti momenti di socialità e di crescita civile, in particolare alle nuove generazioni. Per questo l’impiantistica sportiva nel suo complesso non può permettersi inefficienze tecnologiche ma deve raggiungere l’obiettivo del maggior risparmio energetico e, quindi, economico non solo per il singolo gestore ma per l’intera collettività. Diversi studi indicano che il potenziale di risparmio energetico, conseguibile con interventi di efficientamento del sistema edifico-impianto, possono raggiungere significative riduzioni dei consumi finanche alla autoproduzione al 100% di energia da fonti rinnovabili. Sostenere, anche con strumenti amministrativi specifici, interventi di efficienza energetica e l’uso di fonti rinnovabili di energia significa, da una parte, offrire alle strutture sportive una opportunità di ottimizzazione nella gestione e, dunque, di migliorare i servizi offerti, ma anche promuovere presso i numerosi utenti una cultura del risparmio energetico e del rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali. I relatori sono stati chiamati a discutere delle criticità inerenti alle modalità di gestione energetica delle strutture. Più in dettaglio saranno presentati dei casi studio relativi alle problematiche legate alla quantità annua di energia necessaria per il buon funzionamento della struttura, nonché alla individuazione delle possibili azioni di intervento per ridurre costi e consumi energetici. Tutti i gestori delle strutture sportive romane, le federazioni e le associazioni di promozione sportiva, nonché gli operatori che lavorano nel campo delle tecnologie per il risparmio energetico e l’uso delle fonti rinnovabili sono stati invitati a discuterne nel corso del convegno “Nuove energie per lo sport. A che punto siamo?”, con gli interventi, tra gli altri, di Sandro Medici, Presidente X Municipio Roma Capitale, dell’On. Andrea Alzetta, Commissione Cultura, Sport, Politiche Giovanili di Roma Capitale, Massimo Tafuro Presidente Co.g.i.s.Co, Simone Bernardini Amministratore AltaEnergia S.r.l., Valentina Crivellari Area Energy Management - Energetica S.c.ar.l., Leonardo Fabi, Responsabile sviluppo e innovazione AltaEnergia S.r.l., Walter Macchi Architetto.

di Federico PASQUALI foto Getty Images

l 24 marzo scorso, a Roma, si è svolto il convegno “Nuove Energie per lo Sport”, promosso dal Cogisco, Iil Coordinamento gestori di impianti sportivi comunali.

Una tavola rotonda alla quale hanno partecipato gestori di impianti sportivi, esperti in materia e amministratori. Tra questi, sono intervenuti Marco Visconti, Assessore all’Ambiente di Roma Capitale, Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche dello Sport di Roma Capitale, Andrea De Priamo, Presidente Commissione Ambiente di Roma Capitale, Paolo Masini, Commissione Cultura, Sport, Politiche Giovanili di Roma Capitale, Enzo Foschi, Vice Presidente Commissione Cultura, Spettacolo e Sport Regione Lazio, l'Assessore del X Municipio, Massimo Perifano, Andrea Alzetta, Commissione Cultura, Sport, Politiche Giovanili di Roma Capitale e Massimo Tafuro, Presidente Co.g.i.s.Co.

Parliamone con Massimo Tafuro, Presidente Cogisco Come nasce l’idea di questo convegno? «È il secondo step di un percorso iniziato nel 2010, quando iniziammo a portare avanti con forza l’idea che tutti gli oneri incassati dall’amministrazione dalla realizzazione degli impianti sportivi, di concessione e costruzione, dovevano essere reinvestiti nello sport. L’idea dei gestori di impianti comunali era quella di sollecitare la costituzione di un fondo che consentisse agli stessi di poterli impiegare realizzare opere tese al risparmio energetico negli impianti». Come è andata a finire? «Da quel convegno organizzato nel 2010 scaturì un’iniziativa consiliare divenuta delibera nel maggio del 2011. Primi firmatari della Delibera numero 27 furono Alzetta e Masini, poi tutto il consiglio l’ha fatta propria ed è passata all’unanimità». E dopo la delibera cosa è cambiato? «Intanto è stato SPORT & FUTURO | 57


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un bel passo in avanti su questo tema, poi però ad oggi mancano i regolamenti di attuazione. Le risorse sono state messe a bilancio, si è in attesa di poterle utilizzare. La delibera c’è, insomma, ma ancora manca un regolamento per l’assegnazione dei fondi». Dunque questo secondo convegno è servito a..? «Ecco, proprio da questa esigenza è nata l’idea del secondo step, il convegno specifico su nuove soluzioni per risparmio energetico nell’impiantistica sportiva. Volevamo dimostrare la bontà dei progetti di impiantistica eco sostenibile, per far comprendere appieno il valore degli eventuali investimenti da parte dell’amministrazione. L’impiantistica sportiva comunale romana è stata realizzata negli anni 80 e poco dopo, quindi sono opere datate sulle quali si pensa spesso che si possano fare solo alcune opere di ammodernamento ‘ambientale’. Con questo convegno invece siamo arrivati alla conclusione che si può fare molto su questo fronte. Ci sono opportunità a 360 gradi, ossia interventi che possono garantire comunque occasioni formidabili di risparmio energetico e abbattimento dell’inquinamento. Dunque il finanziamento di queste opere sarebbe a vantaggio non solo dell’utente e dell’ambiente, ma anche in termini di risparmio economico. Purtroppo però nonostante gli istituti di credito siano favorevoli a concederli, quasi sempre lo fanno solo sul fotovoltaico, senza considerare tutte le altre forme innovative che offre l’edilizia moderna. Questo è un blocco che contribuisce a non far decollare tante opere di ristrutturazione ‘verde’».

Il potenziale risparmio energetico Il potenziale di risparmio minimi stimato è del 30% pari a circa l’1,5% del consumo energetico nazionale. Sulle piscine, che in questo studio vengono prese in esame come esempio, si può ipotizzare un risparmio medio dell’energia del 50%.Vediamo come nei lavori di Simone Bernardini Amministratore AltaEnergia S.r.l. e Valentina Crivellari Area Energy Management - Energetica S.c.ar.l.

Come si distribuisce l’energia È stata stimata una distribuzione dell’energia per un impianto natatorio ricorrente con volumetria di circa 5000 mc dotata di una vasca da 500 mc acqua circa con utenza media di 1000 iscritti

In attesa di un regolamento e della possibilità di accesso ai mutui agevolati, cosa potrebbe rendere la strada più in discesa? «Una cosa significativa potrebbe essere quella di legare la qualità del servizio che si offre al cittadino non solo basandosi sulla qualità della fruizione, ossia istruttori di livello, servizi aggiuntivi che offre l’impianto, etc, ma anche sull’attenzione all’eco compatibile. Parlo di una certificazione di qualità legata ad alcuni fattori, tra i quali il risparmio energetico, che dia risalto alle associazioni e ai gestori che realizzano opere finalizzate a questo scopo. Riconoscere una sorta di bollino di qualità che consente al gestore di avere un riconoscimento istituzionale sarebbe già un primo passo importante. Questa città ha bisogno di far funzionare meglio ciò che ha nell’ambito dell’impiantistica sportiva, dunque questo sarebbe un segnale importante in questa direzione perché se premi chi si adopera per questo gli altri sarebbero spronati a seguirne l’esempio». E per il futuro? «Diciamo che i tempi sono più che maturi affinché i gestori di impianti siano messi nelle condizioni migliori per scegliere se fare un impianto ecologico o meno. Per quanto mi riguarda credo non ci siano dubbi: i nuovi impianti sportivi non potranno prescindere da questo aspetto. Questo è un tema importante per il sistema paese e non solo per quello sportivo: aumentare la qualità della vita passa anche dall’abbattimento dell’inquinamento». SPORT & FUTURO | 58


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Qualità dell’aria e comfort termico 1. Macchine per la climatizzazione, canali di distribuzione dell’aria e terminali di immissione non efficienti e privi di sistemi di controllo e gestione. 2. Impianti di trattamento aria che non garantiscono idonei livelli di funzionalità, igiene e sicurezza. 3. Disuniformità delle temperature causata da fenomeni di ristagno e stratificazione del’aria. 4. Assenza di sistemi per la limitazione dell’umidità relativa.

Scarsi sistemi di gestione e controllo 1. Implementazione di sistemi di controllo e gestione dei parametri di benessere.

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Le problematiche

1. Strutture energivore costruite in genere negli anni ‘80 che necessitano di interventi di manutenzione straordinaria 2. Trasmittanza termica degli involucri edilizi con standard degli anni ‘80 lontani dall’attuale normativa. 3. Generatori termici con basso rendimento in genere convertiti a gas metano

Le soluzioni

Impianti e pratiche costruttive di oltre 30 anni


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Le soluzioni

Il potenziale di risparmio

Riscaldamento, ricircolo e filtraggio acqua

Riscaldamento ambienti

Illuminazione ambienti Riscaldamento acqua calda sanitaria

Interventi di risparmio energetico

Come intervenire

Uso di telo di copertura della piscina nelle ore in cui non è utilizzata Consente di ridurre l’evaporazione e, dunque, l’acqua che va reintegrata, nonchè l’energia necessaria a scaldarla.

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Interventi di efficientamento energetico

Come intervenire

Utilizzo di recuperatori di calore sull’aria e sull’acqua espulse

Interventi di efficientamento energetico

Installazione di apparecchi illuminanti efficienti LAMPADE a tecnologie efficienti

SISTEMI OTTICI EFFICIENTI

REGOLATORI DI FLUSSO LUMINOSO E SISTEMI DI CONTROLLO AVANZATI

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Come intervenire


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SPQR SPORT IL PROSSIMO NUMERO CON LO SPECIALE SUL PIANO REGOLATORE DELL’IMPIANTISTICA SPORTIVA, IL PRISP Il Piano Regolatore dell'Impiantistica Sportiva è un progetto che nasce anni fa ed è stato recentemente presentato alla stampa. Dopo un sondaggio sulle abitudini sportive della popolazione romana, condotto anche grazie alla collaborazione de La Sapienza e dell'Università del Foro Italico, è stato avviata una ricerca tendente a censire tutte le strutture romane, le associazioni in esse operanti e le discipline praticate a Roma: il tutto diviso anche per municipi. Gli obiettivi principali sono 2: quello di dare agli operatori e a tutta la cittadinanza uno strumento dinamico, di ricerca, di approfondimento per capire dove praticare ogni disciplina (la banca dati è online su www.sportincomune.it). Il secondo di capire in quali quadranti della città esistano delle lacune nell'offerta sportiva onde porre rimedio. Il primo passo, insomma, per una città del futuro a misura d'uomo in cui lo sport sarà protagonista

ISP R P E L A A I T S C I E V I P R NG S A O L L L E STYLI O D P . O O O E R D C R E FI E E M A D U R G N GRAN E E L R I E O ESC A UN C N I R T IÙ TO CON NUTIS R CR P I D E E T P A N OR CO

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Campioni tra le mura di Via Bodoni

Quando lo sport nasce negli oratori l quotidiano Il Messaggero ha seguito le orme di Don Giovanni Mazzarone, il parroco dell’oratorio di Via Bodoni, a Testaccio che sta per rinascere dopo i lavori di ristrutturazione. Un punto di incontro e socializzazione per tanti giovani del quartiere: «Se tanti ragazzi non hanno preso vie sbagliate è grazie a luoghi come l’oratorio di Testaccio, all’educazione dei sacerdoti, alla scuola di vita che viene da quelle mura. L’Amministrazione ha risposto alle esigenze del quartiere», ha spiegato il Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale Alessandro Cochi inaugurando il nuovo campo polivalente in erba sintetica. E da quelle mura, tra centinaia di ragazzi che hanno “imparato lo sport”,

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c’è chi lo sport lo è anche riuscito a praticare ad alti livelli. Come Gigi Di Biagio che tra Roma, Nazionale, Brescia e anche un po’ di cuore biancoceleste come i parroci Oreste e Giovanni che nella Testaccio giallorossa hanno insegnato a vivere a tanti ragazzi. Ma è anche il caso di un grande procuratore dei giorni nostri Giampiero Pocetta, ex calciatore ed oggi custode dei destini di tanti ex colleghi come Amauri o del campione di basket Enrico Gilardi o l’allenatore Nevio Ciaralli. Tanti nomi sono passati per quel campetto: c’è chi è arrivato e chi si è solo divertito. E chi ha dato tanto per tenere in vita quell’angolo di paradiso come Don Bardazzi, direttore dell’oratorio, che organizzava le colonie estive.

Gigi Di Biagio

Giampiero Pocetta

Enrico Gilardi CALCIO | 63


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Non è morto. Evviva Long John Lazio-Inter. Era una giornata piovosa dei primi Anni '80 quando Chinaglia, accompagnato da un bagno d’amore senza precedenti nella storia di un calciatore-presidente con la propria gente, andò per la prima volta in Curva Nord. Da lassù riuscì con un solo gesto a dare silenzio ad uno stadio che sembrava allora una polveriera pronta al tributo verso il suo uomo simbolo. Indicò il campo dove i raccattapalle d’allora srotolarono uno striscione a sua firma: “Siete impagabili”. Lazio-Napoli: è il 2012. Chinaglia non c’è più. Se n’è andato l’uomo che ha cambiato il corso della storia biancoceleste in campo e sugli spalti. Un uomo che ha vissuto da laziale, ha sbagliato, ha amato, ha sofferto e ha gioito con quella maglia che per lui era semplicemente tutto. Curva Nord, Tevere, distinti, tutti uniti nel ricordare il numero nove della maglia adornata dal tricolore. Ad un certo punto, a pochi secondi dalla fine del minuto di silenzio, nella vecchia Tevere è uscito ancora quello striscione conservato da un tifoso. Era Chinaglia, ancora una volta, presente. C’era per dire a tutti, ancora una volta, “Siete impagabili”.

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Il portiere del Foggia Trentini si butta a sinistra, la palla di Chinaglia si insacca a destra. È il rigore della Lazio Campione d’Italia 1974

Non è morto. Evv A mato, ribelle, attaccabrighe. Recalcitrante al buonismo e allergico al pensiero dominante. Odiato, latitante, avventuriero. Esattamente tutto e il contrario di tutto. In modo trasversale, universale, sfida verticale come summa teologica di genio e sregolatezza, in campo e fuori. Prendere o lasciare, senza compromessi. Con Pelè, Cruyff e Beckenbauer. Ma pure Peppiniello Massa, Francesco Cinquepalmi e Paolo Franzoni. Perché giocare nel Giants Stadium o per la Massese, in fondo è la stessa cosa. L’importante è vincere, primeggiare. Questione di testa, cocciutaggine allo stato puro. Per coerenza e indole. Per fiuto del goal. E’ il senso della vita, del self help man protagonista di un romanzo con titolo epico, autobiografico, Giorgio Chinaglia. Che per non smentirsi, esce di scena scovando la

di Maurizio MARTUCCI

data nell’ultima pagina del calendario, prima dell’indice e dei titoli di coda. Petto in fuori, ha scelto il pesce d’aprile in mezzo a 366 giorni di un anno bisestile. Muore il 1° Aprile 2012, nel giorno dello scherzo, quando tanti, senza credergli, però hanno pianto davvero, e di brutto. Chinaglia lo ha fatto per sfotterci, per esaltare il paradosso, l’iperbole del casus belli. Vita spavalda non muore, perché una leggenda non può morire. Una leggenda è immortale e Giorgio Chinaglia ce lo aveva scritto nel testamento, vergato da bambino, quand’era allevato da nonna Clelia. Figlio d’emigranti, pirandelliano, camaleontico, Giorgio Chinaglia ci ha irriso sine die, fino all’ultimo dei suoi giorni, con ghigno beffardo, stizzito, CALCIO | 66

come quel dito puntato sulla Curva Sud romanista. Infiammava l’Olimpico esattamente come provocava il S. Paolo, issando un paio di apotropaiche corna per esorcizzare macumbe e ritualismi partenopei. Inneggiato e fischiato. Osannato e insultato. E poi il classico, sfrontato, rivisto pure alla moviola a colori: il ‘vaffanculo’ a Valcareggi in diretta tv. Celebre, trash, unico. Erano i mondiali del ’74, da allora non è più cambiato. Chinaglia è rimasto Chinaglia, il grido di battaglia per intere generazioni di laziali. Ieri, oggi e domani. Perché una ciurma di pionieri e i fratelli Bigiarelli, fondarono la Lazio ad inizio XX secolo. Il Generale Vaccaro ne impedì scioglimento e fusione in camicia nera. Poi arrivò Chinaglia a completarne l’opera, temprandone l’anima. Però tranquilli, l’anticonformista di Pontecimato (Carrara) scherza. A


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La funzione religiosa celebrata nella Basilica del Sacro Cuore di Cristo Re (Roma, Delle Vittorie), nonostante la salma di Chinaglia viene tumulata a Naples, in Florida. La basilica, per un giorno, diventa lo Stadio Olimpico: ex del ’74, la Lazio di oggi, tifosi e bandiere, anche quella di Re Cecconi

12 Maggio 1974, Stadio Olimpico di Roma gremito all’inverosimile. Lazio e Foggia fanno il loro ingresso in campo. Chinaglia è l’ultimo a entrare

vviva Long John modo suo, scherza e ci prende in giro. Come quando nel 1975 fece infuriare Pier Paolo Pasolini, il regista intellettuale che forse – chissà – lo avrebbe scritturato in un film, realismo mimetico sulla lama di un rasoio. “Chinaglia in quella Nazionale era perfettamente inutile: una mezza punta goffa e delirante. E per di più, Chinaglia non fa altro che mettere malumore agli altri”. Ma a lui, a Long John, del parere degli altri fregava poco e nulla. Chiacchere, fumo e parole al vento. I fatti sono fatti. E aveva ragione Rino Gaetano, sciorinando in musica “Mio fratello è figlio unico”. Perché il legame di sangue coi suoi tifosi è indissolubile, familiare, eterno. Loro non sono gli ‘altri’, sono i ‘suoi’, anagrafe e morte messa insieme, dalla culla alla tomba, tifosi gente sua, da “Il Vangelo secondo Chinaglia”, come gli Squallor can-

tavano in lode all’eroe dei due mondi. Scudetto, Coppa delle Alpi e Major League cuciti sul petto, orgogliosamente 243 gol in 253 partite, 8 titoli di capocannoniere, cuore e sudore, dalla gavetta alle stelle, rigorosamente a strisce statunitensi. Il Garibaldi del calcio, l’esiliato buono per majorette e ultrà. Condottiero tra Europa e America, capo tribù appiedato e senza cavallo. Ma ‘accavallato’, con regolare porto d’armi. Sfoggiate su poligoni di tiro improvvisati, pallottole vaganti nei ritiri pre-gara. Ancora fischia il vento, dov’erano i lampioni dell’Hotel Americana. Corsi e ricorsi storici, sempre gli stessi nomi, tra guerre d’indipendenza e fantasiose, esotiche isole di una Caprera diventata Florida. Miraggi caraibici. Pistole e palloni. Polvere pirica e profumo d’erba. Vera o sintetica, erba da soccer e olio canforato. CALCIO | 67

Un calcio che non c’è più, roba da anni ’70, tramandata per tradizione nel terzo millennio. Non per football, sparò in aria per disperdere una folla minacciosa, mica fair play: una volta a Napoli tirò due colpi in aria col Winchester, ma per lui impazzivano Mick Jagger e Robert Redford, rincorrendolo fin negli spogliatoi per una foto. Fiamma e scudo crociato, la differenza semplificata in un simbolo d’appartenenza, politica apolitica. Senza impegno, Almirantiano dichiarato, democristiano mancato. Prese a calci D’Amico a S. Siro. Ce l’aveva con Re Cecconi perché stese il Milan al 90°, togliendogli scettro e regalità della ribalta. Stakanovista, esibizionista, da massimo dirigente brandì un ombrello verso l’arbitro Menicucci. Prima ancora, scivolando, aveva insaccato il rigore del primo tricolore biancoce-


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Dopo un gol, Chinaglia si getta a terra per ricevere l’abbraccio dei compagni e dell’allenatore Tommaso Maestrelli. Per il Maestro, Long John era come un figlio. Solo il mister riusciva a contenere ed indirizzare l’esuberanza di Giorgio il condottiero. Dopo la sua morte non riuscì più a giocare per la sua Lazio

leste. Record di presenze sugli spalti, gli tremavano le gambe, ma quella palla – mai – nessuno gliela avrebbe potuta togliere, per nessuna ragione al mondo. Roba sua, in una domenica d’austerity, quando l’Italia votava il referendum abrogativo sul divorzio. Emancipazione sociale, un segno del destino per Giorgione che si riappacificava solo dopo aver litigato. Lasciò la moglie Connie Eruzione (figlia di un ufficiale Nato, sorella di Mike, olimpico dell’hockey) proprio come aveva lasciato la Lazio, scaricata con un piede in Serie B nel 1976. Dalle stelle alle stalle, gli anni bui delle bare in rapida sequenza, prima il Maestro, poi Cecco, infine Paparelli. Rissoso, buono e guascone con un’aneddotica sterminata. Esule in patria con ritorno a casa. Da figliol prodigo. Perdonato. I tifosi bloccarono l’Aeroporto di Fiumicino e Viale di Tor di Quinto, macchine in

fila indiana pure in Via Col di Lana. Prima d’allora, il negozio in Largo Maccagno alla Balduina, tempio di offese trans-teverine e pellegrinaggio fideistico, agnostico. Presidente a Foggia e Lanciano, amico di Pino Wilson da Darligton. Figlio prediletto di Tommaso Maestrelli da Pisa e der Sor Lenzini da Walsenburg. Triangolo magico, unione d’intenti: Italia, Regno Unito e Stati Uniti. La sua vita con scarpini bullonati ai piedi, con in tasca biglietti di andata e ritorno, da giramondo. Dal rugby del Lady Mary’s allo Swansea Town (League Division Two), dall’Internapoli (Serie C, girone C) al Villa S. Sebastiano (Tagliacozzo, Seconda Categoria). Senza tregua fino alla Contea di Collier, città di Naples, dall’altra parte dell’oceano, dove accanto al figlio Anthony e alla seconda partner Angela, è spirato per arresto CALCIO | 68

cardiocircolatorio, tra campi da golf e profumo di mare, in silenzio, nel sonno. L’ultimo soffio prima della fine. L’american dream sfumato per sottrarsi al mandato di cattura europeo e all’ammenda CONSOB di 4,2 milioni di euro, colpa il tentativo di scalata della Lazio da parte di un fantomatico gruppo farmaceutico ungherese, effetto di (altri) arresti ancora in attesa di giudizio. Il gioco d’azzardo, il grande bluff. Già nel biennio ‘83-’85 la Coca-Cola non ce l’aveva, nemmeno la Warner Communications su cui sperava. La Lazio rischiò radiazione e libri in tribunale, prima del baratro nell’avventura dei -9. Ma Chinaglia è una bandiera. E le bandiere son cucite per sventolare. Al sole, con la neve, al vento, garriscono ondeggiando. Live, l’ultima volta è stata la festa del Centenario, era il 9 Gennaio 2000, l’apice del secondo scudetto. La bandiera di Chi-


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spq ort Lazio-Napoli 2012, la Curva Nord onora Giorgio Chinaglia

Prima del derby, quando l’ingresso in campo era un tunnel sotto la Curva Sud, Chinaglia faceva capolino mostrando la gamba. I romanisti gli gridavano ‘Gobbo, gobbo’, lui mostrava il piede con cui contava di realizzare un gol

Irridente e fiero, Chinaglia si sottrae alla protezione degli scudi della polizia quando in campo arrivava di tutto e, alla fine di un derby vinto dalla Lazio, corre sotto la Sud

naglia non s’è mai ammainata. “Io sono la Lazio”, ripeteva. E aveva ragione, odio e amore, l’epigramma di Catullo, sintesi estrema di infinita simbiosi. Nel Walhalla del Calcio non si muore. Si vive tra mito e leggenda. In mezzo al Grande Torino e al Manchester United del 1958. Nell’Olimpo degli Dei, tra i mostri sacri Silvio Piola, Agostino Di Bartolomei, John Charles e George Best. Pazzi, saggi, sfortunati e suicidi. Ma eroici, come il toscano tra Galles e New York Cosmos, speaker radiofonico per SiriusXM con 35 milioni di abbonati, la sua inconfondibile voce via satellite, prima dell’ultimo saluto e dello sciogliete le righe. Dopo 65 anni Chinaglia non può morire come i comuni mortali, perché Long John è immortale. Per primati, disavventure, fallimenti, vittorie e inganni. L’esaltazio-

Di canio e la maglia di Giorgio

ne del popolo laziale, il guerriero della Curva Nord, il sogno del riscatto, l’incubo della bancarotta. Il fuggiasco che non trova e non dispensa pace. Nessuno come lui, maledizione. “Io sono la Lazio”, ripeteva. E aveva ragione. Dal 1° Aprile, Roma piange. Piangono la Lazio, la sua storia e i tifosi laziali. Lacrime vere, sincere, nonostante tutto. Piange il mondo sportivo, in barba a perbenismo e ben pensati. Nessuno provi a fargli la morale, a Giorgio l’eretico, a Chinaglia l’eccelso. Avrà pure sbagliato, ma merita l’estremo saluto, il giusto tributo. Non glielo deve solo la Capitale. Tutti in piedi, da David Thorne (ambasciatore USA) a Gigi Riva, da Dino Zoff a Sandro Mazzola e Fabio Capello (‘era un amico vero’), con cui profanò Wembley nel lontano 1973, rivincita dei camerieri italiani sui ta-

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La sfida, l’immagine che ha creato la Generazione Chinaglia, tifosi laziali temprati nell’indole di Long John. “Così vi mando a casa”, disse Chinaglia per spiegare il gesto del suo dito puntato sulla Sud dopo un derby del 1973.


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Sostituito, ed ecco il famoso “vaffa” a Valcareggi, Ct della Nazionale italiana

I clan di quella Lazio ed i litigi in allenamento (qui con Re Cecconi) ma in campo i giocatori davano vita al motto “uno per tutti”

Con Zoff, compagno in Nazionale ed anche nel periodo militare

Pistole e palloni: la Lazio d’allora

Da emigrante con il cappotto della domenica a uomo che dettò tendenze Con la sua collezione di dischi.

La Lazio perde a Napoli e così anche lo scudetto del 1973. Chinaglia risponde ai fischi dei tifosi partenopei

Manifesti in tutta Roma prima di LazioNapoli. Anonimi, solo un atto d’amore

La vecchia Tevere ricorda così Giorgio

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Cosmos di New York: il calcio sbarca in America con i grandi dell’epoca. Nella foto Giorgio con Pelé e Beckenbauer

Per lui i tifosi erano tutto. Emblematico questo scatto mentre la gente impazzisce per il suo eroe

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Chinaglia, maglia dei Cosmos, regola così la sfida con Von Fucher dei Minesota

«Mio padre viveva per i tifosi della Lazio. Erano la sua vita». Parla Giorgio Jr che commosso è andato dopo la partita con il Napoli sotto la Nord

bloid, a 3 minuti dalla fine del tempo regolamentare. Pioveva, come a un funerale, cielo plumbeo da prima volta che non si scorda mai. Ma non era l’inizio della fine. Perché questa è la storia del gobbo, la genesi di un mito. ‘I’m Football Crazy’, cantava in un film di Lando Buzzanca. Vita spericolata, altro che Vasco Rossi. Flashback di ricordi indimenticabili. Una vita insieme. Noi e lui. Lui e noi. Giorgio Chinaglia non è morto. Non può morire. Lui vive, lui c’è. In video, nei poster, nei racconti, sugli album delle figurine e sugli striscioni. “Siete impagabili”, scrisse da Presidente ruba cuori. Oltre il tempo, Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia, la nostra risposta. Evviva Long John. CALCIO | 71

, i d e i p In a i l g a n i h C e c s e


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di Massimo IZZI

GIORGIO ROSSI

La Roma tra le mani

Giorgio Rossi al Torneo di Sanremo 1957

Giorgio Rossi in basso a destra nell foto ufficiale della Roma campione d’Italia 82/83

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sco Totti e tanti altri. Tale è stata l’ondata di affetto che ha raggiunto il grande massaggiatore che l’autore e i curatori dell’opera hanno avuto l’ingrato compito di arginare quello che era diventato un fiume in piena di un libro che avrebbe potuto anche essere di 500 pagine se solo la metà di coloro che avessero chiesto di fornire un contributo fossero stati effettivamente intervistati. Tra i tanti attestati di stima non è mancato quello di Walter Sabatini appena insediatosi nel suo ruolo quando “Il primo della fila” stava avviandosi alla stampa. Il DS della Roma ha scritto sull’argomento: «Incredibile ritrovarti dopo 35 anni con la faccia scolpita dal tempo e dai ricordi, lo sguardo un po’ appannato ma pronto ad illuminarsi nel racconto sbrigativo di una iperbole di Liedholm, CALCIO | 73

In un allenamento al campo delle Tre Fontane

una rincorsa di Francesco Rocca o un silenzio di Agostino. Ti vedo ripercorrere silenzioso e quasi circospetto lo spogliatoio ammiccando impercettibilmente a chiunque incrocia il tuo cammino, attendo a non dar fastidio, tu testimone antico del tempo e delle cose. Quando ci fermiamo a parlottare sei percorso da un dubbio divertito, sommessamente divertente: ma può quell’oziosa ala destra essere il DS della Roma? Grande Giorgio, hai dovuto vedere e sopportare anche questa…». Nell’intento di fare cosa gradita ai tanti estimatori di Giorgio Rossi e ai tifosi della Roma e dell’Italia, proponiamo uno stralcio del “Primo della fila”, quello dove viene intervistato Daniele De Rossi, uno dei tanti campioni passati sotto le mani del grande massaggioatore.

NATO NELLA MIA ROMA

che l’intera operazione è parte integrante del progetto di solidarietà “Un giocattolo per Natale”, destinato ai piccoli pazienti del reparto pediatrico oncologico e ustionati dell’Ospedale Sant’Eugenio di Roma. Il piano dell’opera è strutturato in due sezioni, la prima ripercorre la vita di Giorgio Rossi dai drammatici anni della seconda guerra mondiale sino ai nostri giorni, la seconda affida invece l’evocazione di una vera e propria “tempesta” di aneddoti, ad alcuni dei centinaia di atleti che hanno vissuto questi decenni giallorossi fianco a fianco di Giorgio. Ecco dunque che nelle pagine del libro si alternano i ricordi di Bruno Conti, Vincent Candela, Franco Peccenini, Sergio Santarini, Daniele De Rossi, Carlo Ancelotti, Paolo Roberto Falcao, Franco Superchi, Giacomo Losi, Alberto Orlando, France-

giovanile. Da quei giorni il mondo si è trasformato parecchio, ma Giorgio Rossi è sempre rimasto al suo posto. Basterebbe questa rapida carrellata per descrivere la sua eccezionale longevità che spinge però ad interrogarsi sui segreti che hanno fatto di questo professionista, di questo artista della muscolatura umana, un simbolo, una vera e propria bandiera. Nell’ottobre del 2011, la storia di Giorgio Rossi è diventata un libro: “Il primo della fila. Storia di Giorgio Rossi una vita con l’AS Roma. Dal 1957 ai nostri giorni”. Fortemente voluto dal Roma Club Eur Torrino “Federica Del Poggetto” il libro (197 pagine, 168 illustrazioni, costo 10 euro), ha registrato un successo editoriale considerevole, “costringendo” il Roma Club a due ristampe, dopo che la prima edizione si era letteralmente volatilizzata nel giro di pochi giorni. Un successo che ha premiato anche il fine sociale di questo libro, visto

L’INTERVISTA A DANIELE DE ROSSI

N

el 1957 l’Europa e il mondo erano ormai nel cuore della guerra fredda, mentre il PCUS aveva da poco iniziato, con Nikita Krusciov, il lento cammino della destalinizzazione conclusosi con i tragici eventi dell’invasione dell’Ungheria. Nel mondo della musica, intanto, impazzava Elvis Presley che aveva appena pubblicato la strepitosa Jailhouse Rock, mentre John Lennon e Paul McCartney si incontrarono per la prima volta nel mese di luglio. Il 1957 fu anche l’anno dellapubblicazione di On the road di Jack Kerouac, mentre Yul Brynner vinse l’Oscar per l’interpretazione nel film “Il Re ed io”, beffando lo strepitoso James Dean, stella de “Il gigante”. A Cuba, poi, si registrava l’inizio della guerriglia castrista. Il 1957 fu anche l’anno che vide l’ingresso di Giorgio Rossi nei quadri dell’AS Roma in qualità di massaggiatore a disposizione del settore


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Giorgio Rossi con capitan Totti nella ricorrenza dei suoi 80 anni

Giannini, il giovanissimo Francesco Totti con Rossi, all’iniziativa di Telethon

Dal Papa

Insieme al bomber Pruzzo

Enzo Del Poggetto, Giovanni Biancone, Alessandro Di Stazio Presidenti dei Roma Club al “Giorgio Rossi Day”

L’INTERVISTA A DE ROSSI NATO NELLA MIA ROMA

PHOTOGALLERY Daniele, inizio con una chicca: sapevi che il 3 settembre 1980 tuo padre Alberto giocò contro Paolo Roberto Falcao? «No, questo non lo sapevo, non me ne ha mai parlato. Mi ha raccontato che ha avuto modo di giocare contro Maradona, che prima della gara chiese di non avere una marcatura dura, ma che avesse affrontato Falcao, proprio no». Si trattò di un’amichevole tra Roma e Montevarchi. Tanto per la cronaca, Falcao era alla sua seconda gara con la maglia della Roma (la prima l’aveva disputata contro l’International di Porto Alegre il 30 agosto) e segnò il suo primo gol con la Lupa con un tiro tagliatissimo ad effetto. «Beh, Falcao è stato un grandissimo campione. In Nazionassdfsd le ho chiesto il suo numero anche in suo onore. Avrei voluto prenderlo anche nella Roma, ma venne assegnato a Mexes, poi ho scelto il 16 perché è il giorno in cui è nata mia figlia». A proposito della tua bambina, è vero che Giorgio Rossi è stato il primo nella Roma a vederla dopo la sua nascita? «È verissimo. Le cose sono andate così. Era il luglio del 2005. Gaia, come ho detto è nata il 16, il giorno dopo, dovetti presentarmi in ritiro per poi partire per Castelrotto. Devo dire che la cosa non mi fece piacere ed ebbi, uno screzio con Spalletti, che poi, invece è diventato il tecnico con cui mi sono trovato meglio nella mia carriera in giallorosso. Non mi venne concesso di passare qualche giorno in più con mia figlia, perché si volevano riportare “delle regole uguali per tutti”. Mi sembrò esagerato. L’unica concessione che mi venne fatta fu quella di andare a trovare mia figlia. Venne deciso che un dirigente mi avrebbe accompagnato, allora dissi che accettavo solo a patto di andare con Giorgio». Come andarono le cose una volta arrivati a destinazione? «Giorgio con grande discrezione mi disse che mi aspettava in macchina mentre andavo a vedere mia figlia. Io sono andato e poi gli ho chiesto di salire, perché ci tenevo da morire a “presentargliela”, a fargliela prendere in braccio».

Con la Roma a Torino vincitori della Coppa Italia

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È una cosa bellissima, perché effettivamente fa capire il rapporto che hai con Giorgio Rossi. «Si, il rapporto che ho adesso, ma che ho avuto sempre, perché lui mi ha dimostrato sempre lo stesso affetto e la stessa attenzione, anche quando non ero nessuno. Con la “testa che me ritrovavo”, quando ero nel settore giovanile e andavamo in ritiro mi scordavo la cravatta o i calzini … queste cose così. E lui rimediava sempre». A proposito di settore giovanile, nel libro di Tonino Cagnucci, “Il mare di Roma”, che è un po’ una bibbia per quello che riguarda la tua storia, ho letto che quando avevi 13, 14 anni capitava che non ti facessero giocare e ti utilizzassero come guardalinee. «Sì, si. Ma del resto il fatto era che in ritiro eravamo 18, e qualcuno doveva restare fuori per forza. Mi ricordo che arrivavo carico a mille, convinto di giocare e poi quando mi comunicavano che non sarei sceso in campo mi crollò il mondo addosso». Oggi quando a Trigoria incroci un ragazzo del settore giovanile, che ti vede giustamente come un idolo, ripensi a quei tempi? «I ragazzi del settore giovanile sono uno spettacolo. Certo che ripenso a quando ero al loro posto e cerco sempre di avere attenzione per loro, con un sorriso, una battuta, uno sguardo, anche con i raccattapalle regalando un pantaloncino o una maglia, perché so benissimo quanto siano importanti, per un giovane, questo tipo di cose. Poi devo dire che io e i miei compagni dell’epoca, davamo del lei a tutti, rispondevamo a monosillabi, loro sono molto più “svegli”, ti fanno la battuta e quando sono in gruppo e ti vedono parte subito il coro». Il 4 ottobre del 2000, a Coverciano, con l’Under 17, hai giocato contro la Nazionale maggiore. «Ero al mio secondo rituro nella nazionale giovanile e già ero emozionato per quello. Poi ci fu questa partita e mi ritrovai di fronte la Nazionale dove giocavano Totti, Montella, Delvecchio e fu qualcosa d’incredibile. Feci una bella partita e a un certo pun-

terlo, lo volevo fortemente, sentivo che avrei segnato». Massimo Izzi

Il

PRIMO della FILA

Storia di Giorgio Rossi: una vita con l’AS Roma. Dal 1957 ai giorni nostri

Autore: Massimo Izzi Editore: Roma Club Eur-Torrino Prezzo: 10 euro to feci anche un tunnel a uno degli azzurri, ma non direi a chi neanche sotto tortura». Daniele, Carlo Ancelotti quando arrivò a Roma aveva tanta “fame di calcio” che a volte si lanciava in delle partitelle con amici e tifosi sulle spiagge di Marina di Tor San Lorenzo, con interminabili sfide ai calci di rigore. A te è mai capitato? «Quando ero più giovane si, è capitato anche a me. Se potessi mi piacerebbe anche giocare a beach volley, magari a livello agonistico». Totti ci ha raccontato che la sera prima della finale di Coppa del mondo non ha dormito, tu come la ricordi? «E beh, la tensione che c’era è facile da immaginare. Io forse ne avevo un filo di meno perché partivo dalla panchina. Però è relativo perché sapevo che sarei entrato. Lippi me lo aveva fatto capire, e me lo confermarono sia Angelo Peruzzi che Ferrara. Ero carico, perché venivo da quattro turni di squalifica e volevo riscattarmi per sentire pienamente mio quel mondiale». Il calcio di rigore? «Ho chiesto io di batCALCIO | 75

Una volta tornato da Berlino hai regalato a Bruno Conti una tua maglia con una dedica: “Da un campione del mondo di calcio a un campione del mondo di tutto”. Che rappresenta per te Bruno? «Lo conosco da 16 anni, con lui ho fatto lo stage quando sono entrato alla Roma, è sempre stato disponibile, e quindi il rapporto è eccezionale, bellissimo». Daniele, a proposito di maglie, è vero che sei un grande collezionista? «Si, tengo tutte le mia maglie, almeno una per stagione, ci tengo molto». Concludendo spiegaci qual è il segreto di Giorgio Rossi. «Il segreto… io so solo che spero che Giorgio vada in pensione dopo che avrò smesso di giocare, magari tra sei o sette anni. Perché per me venire a Trigoria e non trovarlo sarebbe veramente difficile. Non so come faranno quelli che verranno dopo. In tanti si avvicinano al mondo del calcio professionistico, laureati, specializzati, tutti super preparati. Sono bravi professionisti, ma non hanno quello che ha Giorgio, la sua passione, la sua umanità. Non è un segreto, ma fa la differenza».


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Riccardo Nardi 00) Yamaha R6 (cc6 Altezza: 171 cm

o Mauro Illuminat 0 Suzuki Gsx-r100 Altezza: 176 cm

Claudio Cedra (c600) Suzuki Gsx-r600 cm 4 Altezza: 17

La passione di cinque amici che su due ruote rincorrono adrenalina e sogni dando gas al proprio istinto e alla propria voglia di libertĂ

Nico Proietti r (cc600) honda Cbr 600r cm 5 17 Altezza: hi Alessandro Vecc c600) (c r -6 Kawasaki Zx cm 2 18 Altezza:


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spq ort di Alessandro VECCHI

R

oma, Campidoglio, giornata di sole, sport e passione per la presentazione dell'Asd Piazza Bologna Corse, alla presenza del Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale, On.Alessandro Cochi e a un folto gruppo di appassionati e turisti incuriositi. In uno scenario così è partita la stagione motociclistica del team C.& G. 2000. Ma come è stato possibile creare tutto questo? Passione e amicizia sono le risposte, ma basta davvero così poco per creare un team motociclistico, affrontare una stagione con spese sostanziose e senza alcun ritorno dal punto di vista economico? È bene precisarlo perchè per chi non lo sapesse a questi livelli anche vincendo tutte le gare non si arriverebbe neanche a coprire un decimo delle spese effettuate. E allora perchè? In fondo organizzare una partita di calcetto è pur sempre amicizia ed è pur sempre passione per uno sport,

basterebbe trovare una persona un telefono e 10 amici in rubrica, prenotare un campetto, spendere 10 euro, fare una borsa con scarpini calzettoni e pallone e per un'ora ti sentirsi Totti o Klose. Immaginate invece cosa vuol dire organizzare una giornata da motociclista: bisogna prenotare la pista, € 250, acquistare un treno di gomme € 350, affittare un furgone €150, una tanica di benzina € 70, e tutto questo per sentirsi per 6 ore Valentino Rossi o Max Biaggi. C'è qualcosa che non ci torna... Bisogna esser pazzi o figli di Bill Gates... Potremmo pensare che non basti essere appasionati e amare questo sport in modo viscerale per poterlo fare, e invece è proprio così. Loro non sono figli di Bill Gates ma sono un impiegato, un meccanico, un carrozziere e un commesso che, insieme, dimezzando i costi sono riusciti a correre nonostante le immense difficoltà che questo sport

comporta a livello economico. Il teatro della loro storia è Piazza Bologna, sono tutti nati e cresciuti in quel quartiere, la passione per il motociclismo c'è sempre stata ma solo quando sono cominciati a entrare i primi soldi hanno potuto realizzare i loro sogni, le moto. Una Kawasaki, una Yahmaha e due Suzuki. Prima le uscite domenicali in giro per le campagne romane, poi il primo contatto con la pista, Vallelunga. «Non ci riuscivo a credere», dice Riccardo Nardi, uno dei piloti del team, «pochi giorni prima, su quell'asfalto, andava in scena la Superbike e Max Biaggi aveva sancito il suo ritorno alle corse con una vittoria. Noi stavamo per calcare lo stesso asfalto, un sogno incredibile. Come se un tifoso della Roma entrasse allo Stadio Olimpico e giocasse sotto la Curva Sud». Da quel giorno fu amore, amore allo stato puro, 300km/h, staccate al limite, pieghe da

…e lo presentiamo in Campidoglio!


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ECCO COME È NATO IL TEAM Ai ragazzi di Piazza Bologna Corse abbiamo chiesto quali sono stati i passaggi per la costituzione del team... - Scelta nome - Invio richesta alla FMI (Federazione Motociclistica Italiana) - I membri del team devono essere già tesserati come piloti presso la federazione; - La licenza come pilota ha un costo di € 350,00, per poterla sottoscrive occorre sostenere visite mediche e fisiche (costo di circa € 100,00); - Il costo annuale da versare alla federazione per la creazione di un team è di €500.; - A questo punto occorre creare l’organigramma del gruppo: Team Manager (colui il quale si occupa della parte amministrativa e burocratica), due meccanici, piloti; - I costi di iscrizione al campionato variano da trofeo a trofeo, la scelta viene fatta dal team;

COSTI WEEKEND GARA

- Noleggio furgone € 300ca (in base alla destinazione della gara) al quale va sommata la benzina e caselli; - Gomme € 350 a treno (per un weekend minimo 2); - Carburante per l’intero week end € 100; - Iscrizione alla singola gara € 300,00, si sommano, se non previsti dal campionato, i costi delle prove libere del venerdì, € 50 a turno;

COSTI UNA TANTUM PER L’ATTREZZATURA - Se non si affitta un box (il costo varia da pista a pista e non è alla portata di tutti), si compra un Gazzebbo, il costo varia anche qui in base al prodotto che si acquista, si va da € 500 a € 2.000, se non si vuole correre il rischio di ritrovarselo svolazzare per il puddock; - Se si vuole risparmiare si acquista una tenda per la notte, altrimenti stanza di albergo; - Cassetta degli attrezzi € 1000 ca; - Sedie, Tavolini e Barbecue € 200ca;

urlo, ginocchia che toccano terra a velocità impressionanti, adrenalina che schizza al cervello, emozioni che in natura è difficile ricreare, se non impossibile. Dalla prima avventura a Vallelunga sono passati cinque anni durante i quali i ragazzi hanno girato nelle principali piste italiane, da Misano a Imola, da Magione al Mugello, solo per passione e amicizia appunto, hanno viaggiato insieme, dormendo in tende, creando ogni volta situazioni divertenti che saranno ricordi di tutta una vita, attimi indelebili che riconciliano senza dubbio con i principi fondamentali dell’esistenza. Svegliarsi la mattina dentro il puddock, con il rumore delle moto, la mente che già pensa alle prime curve da affrontare, sono sensazioni che ci dicono essere qualcosa di speciale. «Durante l’ultima prova al Mugello, mentre eravamo a cena davanti ad un improvvisato barbecue abbiamo deciso di creare un team, anche perchè eravamo sempre noi, non sarebbe cambiato niente,

solo che ci avrebbe unito un unico nome , uno stesso colore per le moto e la possibilità di iscriverci ad un campionato. Siamo stati tutta la notte svegli per cercare un nome e una colorazione che piacesse a tutti e con un pezzo di carta abbiamo cominciato a buttar giù qualche idea. Alla fine Claudio Cedra, il nostro veterano, ha proposto il giallo e nero, in onore del Borussia Dortmund, fresco vincitore della Bundesliga, e a Piazza Bologna Corse, in onore del nostro quartiere. L’idea piacque subito a tutti e dopo grandi sforzi siamo riusciti ad arrivare fin qui». Ha gli occhi pieni di emozione Riccardo Nardi quando ci racconta di come è nato tutto, e noi pieni di emozione facciamo un grande in bocca al lupo a lui e a tutto il team sperando che questa avventura possa continuare nel migliore dei modi e con l’augurio che siano sempre di più i centauri pronti a mettersi in gioco per per saggiare e testare gli asfalti delle piste nostrane.

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spq ort

Con l’Audacia si vince Per la prima volta un club italiano è riuscito nell’impresa di salire sul tetto d’Europa nella categoria juniores

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i sono società che hanno fatto, fanno e faranno in futuro la storia dello sport, sia locale che nazionale. Una di queste è il Club “Progetto Atletica”, nato nel 1993 dalla passione di Enrico Palleri e Laura Bertuletti, due grandi personaggi innamorati dell’atletica che ne hanno disegnato un futuro straordinario e vincente. Subito dopo aver raggiunto l’accordo con lo sponsor, la denominazione fu cambiata in “SAI Assicura Progetto Atletica” per poi cambiare ancora nel 2003 in “Fondiaria-SAI Atletica” allorchè Fondiaria SpA e SAI SpA si fusero in un unico Gruppo Assicurativo, la scelta della società fu quella di concentrarsi sul settore femminile perché, strategicamente, offriva maggiori opportunità, come una maggiore audience televisiva e, almeno in quegli anni, una minore concorrenza. Il Club nei primi anni si è sviluppato in modo celere. La società è stata capace di arrivare ai vertici in pochi anni ed è riuscita a sviluppare un florido e funzionale settore giovanile in grado di attingere dall’enorme bacino d’utenza romano scovando talenti da plasmare e lanciare ai massimi livelli. La capacità di aggregare, unita al costante e maniacale impegno sui campi di allenamento, ha portato questa società a diventare un punto di riferimento importante non solo a Roma, facendone un modello da seguire in Italia e

all’estero. Il primo scudetto arriva nel 2002. Da quel giorno il tricolore non si è più scucito dalle magliette della società che, pur cambiando nel corso degli anni sponsor e colori sociali, si è sempre fregiata con orgoglio del triangolino che contraddistingue i campioni d’Italia. Quello vinto nel 2011 è stato l’undicesimo consecutivo, ed è giusto sottolineare come nessuno sia mai arrivato a tanto nell’atletica e nello sport italiano. Ma l’insaziabile voglia di vittorie dell’Audacia Record, questo il nome che attualmente la società porta in giro per il mondo, ha travalicato i confini nazionali. A Castellon, in Spagna, le ragazze romane hanno firmato uno storico trionfo aggiudicandosi la Coppa dei Campioni under 20. Un’impresa senza precedenti, se si considera che per la prima volta un club italiano è riuscito a salire sul tetto d’Europa della categoria juniores. Aggiungiamo i 4 titoli indoor, i 2 scudetti under 23, 1 scudetto allieve, 6 supercoppe ed il mito è servito. Mauro Bernardi, lo storico tecnico della società, sceso dall’aereo che lo riportava in Italia con la Coppa dei Campioni fra le mani, da buon interista, ebbe a dire «Mi sono sentito un pò Murinho». Ma questo storico club non si culla sugli allori. E allora appuntamento ai prossimi trionfi. La storia è ancora da scrivere. ATLETICA | 79

di Luca MONTEBELLI

Flavia Battaglia, portacolori dell’Audacia e campionessa italiana junior sui 400 metri indoor di Ancona


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Continua il viaggio alla scoperta di chi guida lo sport a Roma, nella Provincia e nella Regione

Alessandro Palazzotti, Presidente del Comitato Regionale del Coni

VERSO UNA LEGGE REGIONALE DELLO SPORT UN PERCORSO CHE NON DEVE FERMARSI Presidente, sappiamo che, come Coni di Saverio Lazio, state collaborando con l’Assessore allo Sport della Regione Lazio per la stesura di una nuova legge Regionale sullo Sport, ci può anticipare qualche novità? «La necessità di un aggiornamento della Legge Regionale 15/02 è dovuta al fatto che risulta datata di 10 anni. Per certi versi non ne è stata possibile la realizzazione e per altri essa risulta essere abbondantemente superata. Un Nuovo Testo Unico potrebbe realizzare la centralità del sistema sportivo quale promotore di salute e welfare sul territorio, secondo una visione che tende a mettere in primo piano il benessere dei cittadini ed i possibili risparmi che una generalizzata pratica dell'attività fisica potrebbe produrre». Perché si sente l’esigenza di una nuova legge Regionale sullo Sport? «Perchè oggi la richiesta di pratica sportiva è un'esigenza abbastanza diffusa. A settembre sono moltissime le famiglie che ricercano una piscina o una palestra per le attività dei figli e talvolta anche per i genitori. Tutta questa enorme richiesta tarda a concretizzarsi in lavoro stabile e duraturo,

con provvidenze regolari per gli addetti. Manca un collegamento tra i grandi movimenti creati dagli eventi sportivi e la politica del turismo, in una regione che saprebbe offrire agli appassionati di sport anche cultura, arte e storia sull'intero territorio regionale in quantità e qualità illimitata. Occorre pianificare gli interventi di ristrutturazione e di nuova impiantistica sportiva, identificando le relative risorse. Per questo avevamo concordato con la Regione un percorso, con una serie di incontri ricognitivi, che avrebbero dovuto sfociare nell'organizzazione degli Stati Generali dello Sport del Lazio, giornata che avrebbe dovuto chiamare a raccolta tutti i protagonisti, insieme ai responsabili delle organizzazioni appartenenti a settori, che sono a diverso titolo correlati con il mondo dello sport (Scuola, Commercio, Industria, Turismo, Artigianato, Cultura, Terzo Settore, etc.). Il Coni Lazio, le Federazioni, gli Enti di Promozione, le Discipline Associate e le Associazioni Benemerite che ne fanno parte attendono che si possa raggiungere quanto prima questo obiettivo».

FAGIANI

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE | 80


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spq ort Nel Lazio ci sono molte associazioni sportive che con le loro attività e sacrifici contribuiscono a far crescere il movimento sportivo, ritiene sufficiente e soddisfacente il supporto delle Istituzioni, partendo dallo stesso Coni? «Siamo la realtà organizzata piu' presente. Si contano più Associazioni Sportive di Scuole, Chiese o uffici postali. Nel Lazio piu' di 8.000, con circa 100.000 dirigenti sportivi. Oggi l'Associazionismo Sportivo, pur in forte sofferenza a causa della crisi economica che tocca famiglie e aziende, riesce comunque a garantire le attività per quasi un milione di persone. Avrebbe bisogno di maggiore attenzione da parte di tutte le istituzioni per il grande servizio che rende al paese, trasmettendo valori fondamentali ai nostri giovani e permettendo momenti di aggregazione e socializzazione di cui la gente ha estremo bisogno». Qual’ è lo stato dello Sport nella nostra Regione? «A livello di servizi sportivi, messi a disposizione da enti pubblici o da privati, siamo nella media nazionale. A livello agonistico siamo orgogliosi di contare tra i tesserati per le nostre società numerosissimi campioni mondiali, europei e olimpici. Ma la vera forza che il Lazio sa esprimere è nella capacità dei propri dirigenti sportivi. Non per nulla nella nostra regione all'organizzazione di un numero di eventi sportvi straordinari, con peculiari caratteristiche, si aggiungono periodicamente Campionati Europei o Mondiali: è un formidabile segno della presenza di know-how dirigenziale di altissimo profilo che ci fa essere ottimisti». Roma Capitale è proprietaria di circa 150 impianti sportivi dove si praticano molteplici attività sportive, si sta dotando di un importante strumento urbanistico come il “Piano regolatore dell’impiantistica sportiva” ( PRISP), con lo scopo di creare ulteriori impianti nelle zone e nei quartieri dove c’è la reale esigenza di nuovi impianti nonché con lo scopo di mettere a disposizione dei cittadini un utile strumento consultabile sul sito Istituzionale di Roma Capitale. Cosa ne pensa? «40 anni fa, per l'Assessorato allo Sport, sono stato il primo ad elaborare- al ciclostile (sic!)- un indagine sulla consistenza dell'impiantistica sportiva pubblica nella capitale e , nel 1975, a lanciare i Centri Sportivi Circoscrizionali....oggi sembra preistoria. Se allora proporre un servizio di sport per tutti poteva essere pionieristico, oggi è una reale esigenza della città, che non puo' prescindere da una seria e ponderata programmazione. E se allora la pubblicizzazione delle palestre scolastiche che man mano venivano aperte alla cittadinanza poteva essere effettuata solo con dei semplici volantini in fotocopia, oggi deve essere sfruttata al massimo la possibilità di dare informazione dettagliata e diffusa con sistemi informatici, che possono far giungere indicazioni e notizie sui computer e nelle case di tutti i cittadini». Pensa che le attività motorie a favore dei giovani e giovanissimi, nella scuola, siano ben strutturate e ben organizzate? «Fermo restando che l'attività motorio-sportiva nella scuola dovrebbe essere patrimonio di tutti gli studenti, nessuno escluso, che nel nostro paese siamo ancora lontani dal raggiungere un livello di diffusione di una reale cultura in tal senso e che l'esperienza dei Corsi di Alfabetizzazione Motoria che abbiamo intrapreso da due anni in diverse scuole primarie della città ha ancora una diffusione troppo limitata, per quanto concerne l'attività organizzata in orario extrascolastico in accordo tra Comune, Municipi e Scuole occorre dire LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE | 81

che essa riesce a raggiungere livelli qualitativi soddisfacenti, realizzando un buon servizio per la cittadinanza, riuscendo anche a fornire nuove leve per le attività agonistiche delle nostre società. Ma l'obiettivo da perseguire rimane quello di dare a tutti, proprio tutti, la possibilità di una pratica di sport educativa e formativa». Quale, secondo lei, dovrebbe essere la figura professionale più idonea per insegnare, le varie attività sportive, ai giovani. «Sicuramente quella di Educatori e Tecnici Sportivi, che abbiano scelto prioritariamente il percorso della Laurea in Scienze Motorie. Nel Lazio abbiamo tre Università in grado di preparare personale qualificato. Lo Sport è il campo nel quale hanno deciso di operare ed è bene che ne sia data loro la possibilità. Anche le Federazioni stanno sempre piu' orientandosi nel destinare le loro attenzioni alla formazione e specializzazione sportiva di studenti provenienti da tali corsi di laurea. Da valorizzare anche l'esperienza maturata nell'ambito di Societa' Sportive, Federazioni ed Enti di Promozione, da Tecnici provenienti dal mondo dello sport, opportunamente supportata da idonei corsi di formazione, che puo' essere utile, in specie per le fasce di età piu' alte e per le attività a carattere piu' propriamente agonistico».

Il Presidente Palazzotti nella sua quotidiana attività a favore dello sport e del movimento.


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di Francesca MONZONE

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La Roma sportiva, intesa come attività organizzata, ha origini dopo il 1870. In quegli anni, l'attività fisica si trasforma da passatempo a sport con la nascita dei primi sodalizi, spesso polisportivi. Un libro “Il mondo di Roma” ci racconta questo percorso...

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oma ha cambiato il suo volto dal 20 settembre 1870. Mutamenti nella vita della città ma, anche, nelle abitudini sportive. Questo libro, «Il mondo di Roma», è nato dall’idea di raccontare lo sport di quegli anni in un contesto particolare, un contesto che non solo coincide con la breccia di Porta di Pia: è anche il passaggio dalla concezione di un'attività a carattere ludico ricreativo a un'attività organizzata. A Roma in quegli anni lo sport era vissuto soprattutto come un passatempo; l'arrivo dei «buzzurri», che erano i nuovi abitanti della città arrivati da fuori, ha modificato la visione della vita e, anche, dell'attività sportiva. Chi non conosce l’argomento potrebbe pensare che lo sport è sempre stato organizzato in un certo

modo e che solo le discipline si sono evolute con il passare degli anni. In realtà lo sport nasce in tempi antichi, prima per celebrare le feste di divinità pagane e poi con un fine più specifico. A Roma si è andati avanti con questa filosofia e le trasformazioni sociali, l'Unità d'Italia, la fine del potere papale, hanno portato innovazioni anche in questo settore. Fermiamoci agli ultimi decenni del 1800. La città di Roma man mano che passavano gli anni si concentrava sempre più sull’attività sportiva che, in principio, era riservata solo alla borghesia e agli ufficiali. Allora, i ceti sociali erano ben distinti e succedeva anche per l'attività fisica. Da una parte c’era il popolo che si divertivano con i giochi di strada e le nuotate nel Tevere, dall’altra i nobili che si dilettavano nelle battute di caccia alla volpe e con la scherma.


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In quel periodo, che ha fatto da ponte da tra due secoli, è nata l’educazione fisica obbligatoria nelle scuole, evento che ha permesso a tutti (o quasi) di cimentarsi in una pratica sportiva ben precisa. Un aspetto molto importante in quel tempo, elemento che caratterizza tutta l’opera, è stato il ruolo delle associazioni sportive. Già a metà Ottocento erano nati i primi sodalizi sportivi che all’inizio avevano il carattere della polisportiva. Più tardi, però, hanno iniziato a specializzarsi prediligendo un’unica disciplina. Questa evoluzione è ben chiara attraverso la Società di Ginnastica Serny, creata dai due romani Guglielmo Serny e Gugliemo Grant. All'inizio della loro avventura l’attività spaziava in più discipline; si è poi concentrata nel solo canottaggio diventando, il club, nel 1872 Società Ginnastica Canottieri del Tevere per diventare, in seguito, l’odierno Reale Circolo Canottieri Tevere Remo. Questa è solo una delle tante società che vengono ricordate nel libro nel quale si è cercato di ripercorrere la storia di associazioni che ancora oggi svolgono attività. Tra queste va ricordata la Ginnastica Roma che dal 1890 ha formato numerosi atleti. Poi ci sono il Circolo Canottieri Aniene fondato nel 1892, la Borgo Prati che ha iniziato la sua attività nel 1899, la Romana Nuoto nata nel 1887 e grazie alla quale i romani hanno imparato a nuotare nel fiume. L’inizio del nuovo secolo, il Novecento, ha visto nascere la società Audace che tra i tanti campioni ha annoverato il nome di Dario Beni, stella del ciclismo, e l’odierna Colombo Boxe fondata in uno scantinato nel 1906 e che da principio si occupava di ginnastica pesante e atletica. Alla Colombo hanno cominciato molti atleti che hanno portato in alto il nome di Roma in tutta Italia. Il 1900 ha coinciso con l’arrivo della Podistica Lazio che, qualche anno dopo, porterà il calcio a Roma. Nelle pagine del volume si parla del Tevere, il fiume che era lo scenario non solo delle regate ma anche delle prove di nuoto. Il Tevere era la vera piscina dei romani anche se una vasca esisteva, ma a Tivoli nell'impianto delle Acque Albule. Croce e delizia questo fiume che intimoriva gli abitanti della città nel momento in cui straripava. A quel punto si assisteva al doppio ruolo delle società di canottaggio che mettevano a disposizione tutte lo loro imbarcazioni per salvare chi era in difficoltà. Nel libro c'è il racconto dei personaggi ma anche dei luoghi in cui si praticava lo sport. In quelle che possiamo definire cartoline dell'epoca vengono raccontate le prime gare di corse con i cavalli che

si svolgevano in campagna prima di entrare negli ippodromi. In quella Roma c'erano quelli di Roma Vecchia, Capannelle e il meraviglioso Parioli, Tor di Quinto. I velodromi erano tanti e l’Urbe ha ospitato anche due edizioni dei campionati mondiali di ciclismo di pista, al Velodromo Roma a Porta Salaria e al Velodromo Appio. Molto apprezzate erano le corse su strada, sempre nel ciclismo, con l’epica XX Settembre sul percorso Roma–Napoli e anche le tappe del Giro d’Italia che hanno visto primeggiare i ciclisti romani. Roma è stata anche un punto di riferimento della scherma con Agesilao e Aurelio Greco, gli schermidori più famosi di tutti i tempi, istruttori prima nella scuola militare e poi maestri d’armi presso la Sala di famiglia in via del Seminario che ha mantenuto inalterata, ancora oggi, tutta la sua tradizione e il fascino. Ma la Capitale d’Italia è stata anche la culla dell’atletica, che era praticata a Villa Borghese in Piazza di Siena e poi a piazza d’Armi. A Villa Borghese ha corso anche Dorando Pietri, campione della maratona passato alla storia per l’edizione delle Olimpiadi di Londra del 1908 con la squalifica sul traguardo che lo ha reso immortale. Lo sport a Roma, la sua evoluzione fino al secondo decennio del Ventesimo secolo, è descritto nei capitoli del volume. C'è tutta la bellezza e determinazione della città che voleva diventare un esempio non solo nella vita anche nello sport. Si è passati, come abbiamo detto, dallo sport per pochi e che era spesso solo un divertimento, allo sport per tutti cercando di recuperare i giovani del popolo anche attraverso la figura dei ricreatori.

Nel mondo di Roma 1870, così nasce lo sport nella Capitale di Enrico Castrucci, Francesca Monzone e Carlo Santi Il libro, realizzato grazie all'Italia Marathon Club, è in vendita attraverso il circuito di librerie Arion

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Gli esibizionisti. Neppure allora, all'inizio del Novecento - ma neppure oggi - si perdeva occasione per un’esibizione, fosse essa un tuffo in pieno inverno nel Tevere con tanto di bicicletta come ha fatto il forte tennista romano Gino De Martino che ha festeggiato il Capodanno del 1900 gettandosi in questo modo nel fiume da ponte Cavour, una battuta di caccia o un’impresa speciale quale una maratona a Villa Borghese o una gara a “braccetto” (specialità natatoria, con le mani che si muovevano alternativamente fuor d’acqua) come quella del fiumarolo Armando Sannibale “lo Scambiano” che nel 1909 ha nuotato nel Tevere per 101 chilometri, da Civita Castellana a Roma in 20 ore e 40 minuti. Le corse. Roma amava i cavalli e le corse. Tutti, davvero tutti, nobili – la nobiltà bianca e la nobiltà nera – il popolo e i buzzurri, erano attratti dalle gare. Gli ippodromi erano un via vai di spettatori con il Re in testa e tutti i suoi ufficiali. La prima volta, quella del primo giorno di corse, ha la data del 1844 quando Lord George Stanhope, Conte di Chesterfield, ha fatto disputare su un prato di Capannelle, dove spesso si svolgevano battute di caccia alla volpe, due giornate di corse. Era tanta la passione per le corse che i carrettieri arrivavano dai Castelli con le botti di vino da vendere durante le gare. Tra il 1870 e il 1875 le corse si sono svolte ai prati di Roma Vecchia fuori Porta Furba. Subito dopo sono nati altri ippodromi anche perché quei prati sono stati destinati al granturco dal cavalier Gori Mazzoleni che li gestiva.

La Borgo Prati. Il ricreatorio Borgo Prati è nato anche con l’intento di unire il vecchio rione popolare Borgo con il nuovo quartiere borghese Prati. Ospitava ragazzi dagli 8 anni ai 18 ma in alcuni casi si accoglievano anche giovani che avevano compiuto i vent’anni. L’attività è cominciata grazie alla concessione da parte del comune di una struttura, che ancora oggi mantiene la sua integrità, ai sussidi e all’aiuto di alcuni maestri elementari. In questo ricreatorio c’era anche una fanfara e un gruppo di tamburelli. Ben presto sono iniziati ad arrivare i primi successi.

Buffalo Bill. In città, ai Prati di Castello, è arrivato il circo del leggendario Buffalo Bill ha piantato le tende. Era il 9 marzo del 1890 e l’occasione era davvero ghiotta per una sfida con il colonnello Cody, Buffalo Bill appunto. Altro che circo, altro che numeri sotto al baraccone. C’erano i cavalli e i butteri da ammirare e proprio due di questi, provenienti dalla campagna romana, hanno cercato un incontro con i cow-boys americani. Si è trattato di un autentico rodeo atteso in città. Uno dei cow-boys ha montato un cavallo dei butteri, Alfonso Ferrazza e Augusto Imperiali sono andati in groppa a due cavalli degli uomini del West. Non era finita qui: il velocipedista Buni ha sfidato un cavallo degli americani e lo ha battuto davanti a tutta Roma. Uno smacco per Buffalo Bill che, credendosi eroe invincibile, offeso e deluso, il colonnello ha smontato il circo ed è andato via.

Le palestre. Nel 1871 in città sono state inaugurate le prime due palestre, una vicino a Palazzo Caffarelli alle pendici del Campidoglio, e l’altra in una sala dell’ex convento della Scala. Mancando comunque strutture coperte, il governo ha deciso di utilizzare edifici pubblici come il Palazzo delle Esposizioni di Belle Arti, il Teatro Argentina e l’Acquario Romano. C’erano anche dei palazzi nobiliari che hanno offerto la loro ospitalità e messo a disposizione alcuni saloni. È il caso dei palazzi Cini, Giannelli e Odescalchi.

Il Tevere. I padroni del Tevere erano i fiumaroli e i barcaroli che, appena la stagione lo consentiva, ormeggiavano le loro barche a Porto di Ripetta e si tuffavano nelle bionde acque. Il nuoto nel fiume era talmente praticato che sono nati spontaneamente sulle rive una sorta di stabilimenti che erano caratterizzati da semplici capanni nei quali ci si spogliava. Un po’ le moderne cabine. In un documento datato 1877 troviamo un intervento del Comune che cercava di disciplinare questa pratica che, a quanto pare, non si riusciva in alcun modo a regolare.

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In barca. Ogni giorno sul fiume si andava in barca e le barche avevano quasi tutte il nome di donna. Il momento supremo di quegli allenamenti quotidiani era il passaggio delle barche dei rematori davanti alle tribù dei Polverini. Spesso finiva con un rituale sempre uguale: pernacchie e secchiate d’acqua. Pernacchie e secchiate erano ritenute, allora, un mezzo per raggiungere l’uguaglianza.

Roma sportiva. L’idea di dotare Roma di una zona sportiva era nata molto prima del 20 settembre 1870. Giuseppe Valadier aveva progettato il Nuovo Campo Marzio (o Campo Marzo) che interessava la zona compresa tra la Porta del Popolo, la via Flaminia, ponte Milvio e la riva sinistra del Tevere, quella che oggi si affaccia verso viale Tiziano. Il lavoro dell’architetto, davvero accurato, proponeva un’area ricca di spazi per lo sport e il tempo libero. C’erano una trattoria ed un Caffè, giochi di bigliardi volanti, pallacorda, terme, bagni con tanto di acque particolari condottate, una giostra per le barchette, stadi che, scriveva lo stesso Valadier, «servir possano per giuochi di pallone». Quindi un’accademia, una scuole veterinaria, una palestra e un ippodromo.

Le Olimpiadi. Roma, che aveva cominciato a credere nello sport, avrebbe voluto le Olimpiadi del 1908 pur non possedendo neppure uno stadio. Quella olimpica, però, poteva e doveva essere l’opportunità per realizzarlo. Il barone Pierre de Coubertin, visitando Roma nel 1905, pur di permettere l’organizzazione dei Giochi nella città eterna, aveva scelto molti luoghi alternativi per le competizioni. Alla fine il capo del governo, Giolitti, ha frenato la corsa della città. Il carnevale. Il carnevale durava otto giorni. E in quel lungo periodo c’era chi definiva la cittadinanza come in preda alla follia. La festa si concludeva con la corsa dei moccoletti in via del Corso. Sulla strada i balconi erano colmi di gente con le candele in mano e guardano con stupore l’evento che chiudeva il carnevale romano.

La caccia alla volpe. La massima espressione dello sport aristocratico nei primi anni di Roma capitale era senza ombra di dubbio proprio la caccia alla volpe. La passione per questa competizione è stata introdotta da Lord George Stanhope VI Conte di Chesterfield che era giunto in città nel 1836 poiché i medici inglesi avevano consigliato al Conte il mite clima romano che avrebbe giovato alla salute della cagionevole moglie Lady Anne. Grande appassionato di caccia alla volpe, l’anno successivo al suo momentaneo trasferimento nella Capitale, il Conte ha fatto arrivare dall’Inghilterra alcuni cavalli da sella e una muta di 15 coppie di cani.

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Ancherani. «Sai correrei cento metri?», hanno domandato i ragazzi laziali e Ancherani, sorpreso, ha detto sì, corro ma non ho mai misurato la distanza. Si è tolto il cappotto e la giacca, pronti via si corre. I cento metri. Sante è stato cronometrato in 13”1, un tempone che ha indotto i laziali a non crederci e chiedere al nuovo arrivato di correre di nuovo. Secondo tentativo e ancora un bel crono, 13” netti al secondo tentativo. Accasato subito, Sante Ancherani, tessera numero 6 per lui visto che qualcuno dei fondatori non c’era più e qualcun altro non poteva tesserarsi per via della quota sociale da pagare che non aveva. Tra Ancherani, la Lazio e il calcio non c’era ancora nulla. Anzi, il calcio era uno sconosciuto.

La sfida al cavallo. C’erano più di quarantamila spettatori domenica 2 aprile del 1876 per assistere all’impresa di Domenico Giuseppe Luigi, per tutti Oscaretto Bertaccini impegnato contro un cavallo montato da un fantino, tal Canale o Canali. Il teatro di questa competizione era, all’interno della Villa, lo stadio per definizione, ossia Piazza di Siena. «Un eccellente corsiero, ardente, giovane, che nitriva e saltava». Ecco come i giornali dell’epoca definivano il cavallo mentre si interrogavano sull’esito della competizione. «Può un petto umano, anche sbarazzato dall’impulso della milza – scriveva il Fanfulla – correre per oltre venti miglia senza tregua?». La distanza scelta per questo particolare match era, difatti, 23 miglia e mezzo, ovvero sessanta giri della piazza.

La chiameremo Lazio. «Facciamola noi la Società!», ha esclamato il venticinquenne Bigiarelli guardato con stupore dagli otto amici che, dopo uno smarrimento iniziale, hanno cominciato a fantasticare sul futuro. Non avevano soldi, non avevano una sede e non sapevano neppure dove allenarsi. Bigiarelli li ha riportati alla realtà: «Pensiamo come chiamarla e che colori scegliere», ha detto al gruppo. Il nome, dicevamo. Scartato quello di Roma perché c’era già la Ginnastica ma anche altri club, la scelta stava per cadere su uomini famosi. Proposte: la chiameremo Archimede, o meglio Aristotele. Ma il nome di Roma non si poteva adoperare. Ecco la soluzione: «Noi porteremo un nome più grande, in cui concretamente Roma è compresa: quello della regione, del Lazio». Era il 9 gennaio 1900: quel giorno nasceva la Società Podistica Lazio, destinata a far conoscere il calcio ai romani.

Le corse di Beni. Alla XX Settembre del 1912, sulla strada per il rientro a Roma, la folla lo ha acclamato già al passaggio a Valmontone. Quella corsa si è decisa a Terracina quando Beni era solo al comando. Il campione è giunto a Roma alle 17.30 e il secondo classificato, Santhià, è arrivato con un ritardo di ben 20 minuti. Questo romano splendido in sella a una bicicletta ha iniziato giovanissimo la sua carriera di corridore: a soli 20 anni aveva già collezionato vittorie importanti. La scherma. Nel 1914 si è svolto il campionato romano di spada e sciabola da combattimento per dilettanti e maestri e tra i premi inseriti nel programma c’era una grandissima medaglia d’oro dono del Re, quindi un cofanetto smaltato in oro e argento dono della Regina madre, medaglie d’oro offerte dalla Federazione schermistica italiana, del ministero della Guerra e della Marina oltre a premi in denaro per l’ammontare di lire 200 e lire 100 riservati al primo premio per la spada e per la sciabola offerti dal presidente del Club d’Armi. Un montepremi molto alto per quei tempi c’è stato al Torneo Medievale Schermistico del 1900: il primo classificato si è aggiudicato 3000 lire.

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Terzo appuntamento sul mondo dei tifosi e delle coreografie nelle curve romane specchio di un’epoca e di una società

PROTAGONISTA, LA GENTE

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no sguardo indietro, al calcio che fu. E compaiono come d’incanto i fumogeni dall’odore acre. Tanti anni prima dell’attuale legislazione di emergenza i ragazzi italiani sono stati allevati da un asilo chiamato”ultras”, che ha cresciuto, con poche eccezioni, le ultime generazioni, dai tardi Anni Sessanta in poi. La folla diveniva, come raramente prima d’ora, protagonista di una passione idealizzata. Dietro quelle foto, la moltitudine di storie, i piccoli aneddoti di gruppi, gli adolescenti, tanti, e gli adulti, qualcuno. E allora dall’archivio della memoria tiriamo fuori alcuni scatti che in grado di raccontare un’epoca, per l’unica soddisfazione di un momento, di quando il fumo si dirada e dietro, eccolo, lo spettacolo. Se questo giornale decide di occuparsi di coreografie della nostra città, oltre che dei grandi campioni, è proprio per dare un senso, una voce, una dimensione a questa capacità di aggregazione. Che, stavolta, lo sport lo vede un po’ in lontananza, quasi verniciato sullo sfondo come la coreografia di un teatro. Come quelle foto in cui giganteggiano bandieroni, sotto i quali si vedono scaldarsi piccoli giocatori, che saltellano roteando nervosamente le braccia, mentre aspettano il fischio d’inizio. Non sono loro i protagonisti, in quel momento. Solo comparse passeggere.

a cura di Luca ALEANDRI * Sociologo


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a coreografia di quel Roma-Juve ci venne suggerita da Fausto Josa - racconta un capotifoso dell'epoca il quale coordinò poi tutto. Trovammo il materiale a Pescara, e ricordo ancora che la plastica era talmente tanta che occupava un camion. Arrivò in tempo, tra l’altro, per presentare il materiale alla Questura che ne doveva verificare, per concedere l’autorizzazione, la tenuta ignifuga. Ovviamente la plastica era in pezze intere che andavano tagliate a misura, e l’operazione venne condotta con la partecipazione di molti ragazzi di curva, in diversi luoghi, ma in modo che fossero pochissimi a conoscere l’intero sviluppo della coreografia. Poi, ovviamente, c’era il problema della domenica. Anzitutto avemmo la piena collaborazione della Roma, che concesse ai tanti ragazzi di curva che

parteciparono all’apertura della coreografia dei pass che gli consentivano di spostarsi attraverso lo stadio, visto che la coreografia occupava tutti i settori e non solo la curva. Grazie a questi pass potemmo sistemare delle persone fidate per ogni rotolo, con due ragazzi a tenerlo, nella parte alta degli spalti, e altri due a farlo scendere senza intoppi. A coordinare il tutto c’era ovviamente Fausto, con la collaborazione dell’Associazione dei Roma Club che quel giorno fu comunque importantissima. C’era da stabilire il segnale convenzionale perché le strisce cominciassero a scendere, ovviamente in simultanea. Una bandiera della Roma, fu pensato all’inizio, però poi sembrò una scelta un po’ rischiosa, perché ce ne erano troppe di bandiere giallorosse quel giorno per essere sicuri che nessuno si


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sbagliasse. Così si pensò alla bandiera svedese, che la società autorizzò a entrare in campo, in modo che fosse molto visibile. Inoltre tutti gli spettatori erano informati attraverso dei volantini, e tutti collaborarono. L’effetto fu eccezionale, basta vedere Platinì guardarsi intorno per capire che quel giorno avevano perso prima ancora di cominciare. D’altronde era l’anno della rimonta, c’era un enorme entusiasmo e per quella partita volevamo davvero qualcosa di speciale.

Campionato di Calcio Serie A 1985-1986 - 10a giornata girone ritorno ROMA: Tancredi, Oddi, Gerolin, Boniek, Nela, Righetti, Graziani, Cerezo, Pruzzo, Ancelotti, Di Carlo All.: Eriksson A disposizione: Gregori, Lucci, Desideri, Giannini, Tovalieri JUVENTUS: Tacconi, Favero, Cabrini, Bonini (46′ Pin), Brio, Scirea (58′ Caricola), Mauro, Manfredonia, Pacione, Platini, Laudrup All.: Trapattoni Arbitro: Agnolin Marcatori: 3′ Graziani, 29′ Pruzzo, 84′ Cerezo


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a Lazio era in B - spiega un tifoso a capo della curva Anni '80- ma quella partita di coppa rappresentava la possibilità di tornare sulla scena principale, avendoci assegnato il sorteggio la Juventus. Non a caso già nella partita di andata eravamo presenti in massa in un Comunale semideserto, e in particolare partì un pullman molto “organizzato”. Però allora le trasferte di coppa erano materia per pochi intimi, e andare in quel modo a Torino, un mercoledì, fu senz’altro una prova di forza. Inoltre pareggiammo e questo fece sì che la gara di ritorno fosse attesissima non solo dalla

curva, ma da tutti i laziali in genere. Quindi decidemmo di organizzare qualcosa che fosse adeguato alle dimensioni dell’evento, però era chiaro che si dovesse tener conto di un aspetto fondamentale. La partita sarebbe stata di notte, quindi serviva qualcosa di adatto. E cosa allora meglio delle torce, che proprio nel buio avrebbero avuto un effetto straordinario? Il resto lo avrebbe fatto la quantità. Infatti era la norma avere il muretto pieno di torce, o fumogeni. Diverso però disporle tutto intorno al terreno di gioco, il che avrebbe creato un effetto straordinario. Il risultato fu strabiliante, e


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soprattutto segnò una svolta nelle dimensioni delle coreografie. Per la prima volta la coreografia superò i limiti della curva, andando a interessare anche gli altri settori e questo peraltro creò un sentimento di maggiore partecipazione e unione da parte degli altri tifosi rispetto alla curva.

LAZIO-JUVENTUS 0-2 (08/04/1987) OTTAVI DI FINALE COPPA ITALIA Lazio: Terraneo, Brunetti (58' Mandelli), Acerbis, V.Esposito, Gregucci, Marino, Camolese, Caso, Fiorini, Pin, Magnocavallo. A disp. Ielpo, Podavini, Filisetti, Piscedda. All. Fascetti. Juventus: S.Tacconi, Favero, Caricola II, Bonini, Brio, Scirea, Mauro II (81' Bonetti II), Manfredonia, Serena, Platini (46' Vignola), Briaschi I (65' Buso). All. Marchesi. Arbitro: Mattei (Macerata) Marcatori: 70' Buso, 78' Serena


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IN VIAGGIO NEI MUNICIPI DI ROMA QUARTIERI: Torpignattara, Quadraro, Pigneto, Gordiani, Casilino, San Lorenzo POLAZIONE: 175.000

SUPERFICIE: 791ha PRESIDENTE: Giammarco Palmieri DELEGATO ALLO SPORT: Fabio Piattoni

Il Municipio VI, dove lo sport è soprattutto aggregazione

Municipio VI l territorio del Municipio VI è di fatto un piccolo spicchio triangolare posto a est di Claudio del centro storico della città, poco meno di otto chilometri quadrati che comprendono quattro dei quartieri più densi di storia della Capitale: Torpignattara, parte del Casilino, il Quadraro e Gordiani. Densi di storia, abbiamo detto, ma non di quella storia fatta di monumenti, di rovine classiche o di attrazioni turistiche, o meglio, non solo: in molte aree del Municipio VI infatti si percepisce nell'aria la presenza di quella storia fatta dalla gente comune, costruita dal basso, vissuta da chi, pur non entrando nei libri che si studiano nelle scuole, è capace di lasciare tracce indelebili nella memoria collettiva di una città. Prendiamo Torpignattara e il Quadraro, ad esempio: due quartieri che sorgono su territori abitati fin dall'epoca romana classica, come testimonia ad esempio il monumentale Acquedotto Alessandrino, costruito per volere dell'imperatore Alessandro Severo ad-

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dirittura nel 226 d.C. e che oggi domina la via omonima, o il Mausoleo di Eliana lungo la via Casilina, dove venne sepolta la madre dell'imperatore Costantino nel 330 d.C.; Il Pigneto è chiamato così dai romani per quella lunga fila di pini che accompagna il muraglione di Villa Serventi, dove ancora oggi, proprio come a San Lorenzo, le tracce dei bombardamenti sono ancora ben visibili. Oggi il Pigneto è zona di movida, l'influenza della vicina università ha moltiplicato la presenza di giovani studenti che la sera animano le strade del quartiere. Poi ci sono Gordiani e il Casilino, due ex borgate popolari, in cui però spiccano due dei siti archeologici più antichi della città: Villa Gordiani, in cui sono conservati i resti di una villa patrizia all'interno di un parco archeologico, e le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, una rete sotterranea di oltre 18.000 metri quadrati visitabili soltanto una volta all'anno, nel mese di giugno.

DI RENZO

Il VI municipio era una borgata popolare ed ha vissuto da vicino i rastrellamenti del 1944 per i quali è stato insignito della medaglia d’oro al merito civile.

Oggi

Al giorno d’oggi la presenza dell’Università La Sapienza ha rivitalizzato il quartiere: sono molti gli studenti fuorisede che di sera passeggiano per le antiche vie del VI municipio


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olare iniziativa pr

a partico SE LA SCUOLA CIRCEN est'ultimo anno ha patrocinato unione del territorio, ai più pic-

qu n proolta alla popolaz Il Municipio VI in se, una realtà no III Millennio e riv LI AC SD ll'A a Scuola Circen formazione ginnica da un di mossa tta tra si : ione alla più grandi coli ma anche ai ma che prevede anche un'attenz nastri circensi, da coniuie a es tiv or sp sp so te hi rc priamen zio, ce con corsi di trape dei partecipanti, e teatrali e del mimo. ich gare con le tecn

Impianti scolastici Punti Verdi Qualità Impianti Comunali Impianti Ecclesiastici Impianti Privati

Municipio I PEDALANDO NELLA MEMORIA Si è svolta l’VIII edizione della manifestazione “Pedalando nella memoria” dedicata alla figura di Settimia Spizzichino, donna scampata alla deportazione del Ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, la quale ha dedicato la propria vita alla testimonianza della sua drammatica esperienza.

Municipio IV RESTAURAZIONE PERCO DI VIA AMATO Il Municipio ha effettuato una serie di interventi per rendere nuovamente fruibile il Parco di Via Giuseppe Amato alla popolazione del territorio ma soprattutto ai bambini, provvedendo non solo al taglio dell'erba ma anche alla predisposizione di un adeguato impianto di irrigazione

Municipio IX CORSO DI AUTODIFESA FEMMINILE È stato inaugurato presso la palestra del Liceo Bertrand Russell, Via Tuscolana 208, la quarta edizione del Corso di Autodifesa Personale Femminile, promosso dal Municipio IX e curata dall’Associazione Sportiva UNAM Italia (Unione Nazionale Arti Marziali).

Municipio XI CULTURASPORT CARDS Il Municipio XI promuove la “culturasport card”, una speciale tessera che offre ai cittadini una serie di sconti e agevolazioni per teatri e impianti sportivi. È possobile richiedere la “culturasport card” in forma totalmente gratuita presso l'Ufficio Cultura di via Benedetto Croce 50.

gli impianti sportivi

Spazio ai municipi romani. Per inviare notizie o far conoscere la tua realtà locale scrivi a redazione@spqrsport.it

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News dai Municipi


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Municipio VI L’INTErvISTA

I PALLONI BUCATI DI PICCHIO DE SISTI arlare con Giancarlo De Sisti ogni volta è come fare un sal-

Pto indietro nel tempo: anche chi non ha mai vissuto il cal-

cio degli anni '70 e '80, chi ha solo potuto sentir raccontare la magia di Italia - Germania ai Mondiali di Messico '86, di colpo viene catapultato fino a quei tempi. Giancarlo, o meglio Picchio De Sisti, utilizzando quel soprannome coniato dai tifosi della Roma e rimastogli incollato addosso per decenni, ha la capacità di evocare immagini con la semplicità delle proprie parole. A proposito, Picchio significa Trottola, giusto per far capire che tipo di giocatore sia stato nel corso dei suoi vent'anni di carriera professionistica. De Sisti proviene dal Quadraro, un quartiere popolare come quelli di una volta, anzi di periferia, come rivendica con orgoglio l'ex centrocampista di Roma e Fiorentina: «Non bisogna aver paura a pronunciare la parola periferia. Io provengo da un quartiere periferico, il centro della città è un'altra cosa ovviamente. Ma questa parola non ha alcuna accezione negativa: io vado orgoglioso di essere cresciuto al Quadraro, chiamiamolo una sorta di vanto periferico». Raccontaci la tua vita da bambino e poi da adolescente al Quadraro. «La mia giornata girava tutta intorno al calcio, alle partite con gli amici, alle sudate. Giocavamo in oratorio soprattutto, ma il ricordo più fresco che ho è legato al Monte del Grano, un posto speciale. Era dove da bambino i miei genitori mi portavano per rifugiarci durante i bombardamenti degli americani, e poi da più grande proprio lì vicino ho giocato le partite di pallone più divertenti con i miei amici».

Avevi un bel gruppo di amici con cui giocare... «Sì, ma erano tutti più grandi di me. Io ero sempre il più piccolo del gruppo. Ed è stato per questo che ho capito subito di essere bravo a giocare a calcio: i ragazzi più grandi di me litigavano per avermi in squadra....» Poi dalle partite in oratorio o in strada hai cominciato a giocare nelle tue prime squadre... «Mi ricordo che è stato mio padre ad incoraggiarmi a giocare a calcio. Mia madre aveva paura invece, paura che mi facessi male o che mi ammalassi e addi-

Con la maglia della Nazionale del 1970 per i Mondiali in Messico

rittura mi bucava i palloni di nascosto per impedirmi di giocare. Non c'è bisogno di dire che per ogni pallone bucato da mia madre, mio padre me ne regalava uno nuovo... La mia prima squadra è stata la Forlivesi, in cui giocai per un semestre; poi subito davanti a me si presentò un bivio: accettare la proposta della Roma, o invece andare nell'Ottica Meccanica, che mi pagava 36.000 lire. Pensare di poter guadagnare qualcosa per poter aiutare la mia famiglia per me era un orgoglio, ma mio padre invece decise che dovevo continuare a studiare, che per guadagnare soldi ci sarebbe stato tempo, e così mi spinse ad accettare la Roma. Da lì è cominciata la mia carriera...» Una carriera che poi è arrivata fino a quello storico Italia – Germania. Qual è la prima cosa che ti viene in mente pensando a quella partita? «L'inno, senza dubbio. Durante l'inno pensavo alla mia famiglia, ai miei amici. All'improvviso riuscii a vedere chiaramente come milioni di persone avrebbero pagato per essere al mio posto in quel momento. Un grande orgoglio è quello che provai. Pensavo a tutti i personaggi che avevo incontrato durante il mio percorso da calciatore, fin dall'inizio: gli amici del Bar Evangelisti, dove passavo tutti i giorni per andare a giocare in parrocchia, l'alimentari, il macellaio, il carbonaro... Tutte le tappe che percorrevo per andare ad allenarmi e tutte persone che mi hanno seguito dai primi calcio ad un pallone fino a Città del Messico». Ora forse il tuo quartiere è un po' cambiato. Lo riconosci ancora? «Indubbiamente la modernità ha attenuato molti degli aspetti più caratteristici del Quadraro e di altri quartieri di Roma simili al mio. A volte si fa fatica a riconoscere alcuni posti, il panorama è cambiato. Però fondamentalmente la gente è rimasta la stessa: la veracità e la semplicità sono quelle di quando io ero bambino».


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centri sportivi di roma capitale l'IMPIAnto DI vIllA De SAnCtIS l più importante centro sportivo sul territorio del Municipio VI si trova in via dei Gordiani, a pochi passi dalla via Casilina e all'interno di Villa De Sanctis, quello che i romani chiamano comunemente Parco Casilino-Labicano. La Villa, pur essendo di proprietà del Comune fin dagli anni '50, dopo anni di degrado e di abbandono, solo alla metà degli anni '90 fu valorizzata e bonificata. Si costruirono parchi giochi per bambini, si restaurò il Mausoleo di Elena e poi, nel 2003, si inaugurò il cosidetto parco delle Sculture che accoglie cinque suggestive opere di arte contemporanea. Dal 2005, all'interno di Villa De Sanctis, è nato anche un Centro Sportivo Comunale, gestito dal 29 marzo di quell'anno dalla Polisportiva De Sanctis che, grazie alla costante promozione di attività ludiche, ricreative e sportive, ha reso l'impianto un autentico punto di riferimento per la popolazione locale. I campi di calcetto e di tennis ospitano spesso tornei organizzati dall'associazione, così come la piscina, aperta per lezioni di acquagym ma anche solo per volersi rilassare sotto un ombrellone durante le calde estati romane, utilizzando magari la copertura gratuita wi-fi, inaugurata nel gennaio 2010. Ma le attività non finiscono qui: corsi di yoga, tornei di tennis tavolo, la possibilità di ospitare feste con o senza animazione all'interno della zona ristorazione compresa nella struttura del centro sportivo, oltre ad una serie di attività ricreative rivolte ai più piccoli soprattutto nel periodo estivo. Ma l'impianto di Villa De Sanctis non è l'unica realtà comunale sul territorio del Municipio VI: degna di menzione è certamente anche la realtà presente in via Montona, gestita dall'ente di promozione sportiva CSI. Nell'impianto di tengono corsi di nuoto, di judo e di ginnastica ritmica, ma soprattutto si segnala per l'inserimento gratuito all'interno di queste attività di bambini segnalati dal servizio sociale municipale.

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lo SPort nel qUArtIere

PArolA Al PreSIDente

Per lA CreSCItA e CoeSIone SoCIAle olto spesso nei nostri viaggi alla scoperta delle realtà sportive dei Municipi romani abbiamo sottolineato come lo sport abbia grandissime potenzialità per diventare strumento di aggregazione e di crescita sociale per i bambini ma anche per i più grandi, e come molte amministrazioni municipali si siano poste come obiettivo primario proprio la valorizzazione delle attività sportive in questo senso. Da questo punto di vista probabilmente il Municipio VI è uno degli esempi più calzanti ed adatti nel panorama della nostra Capitale. La realtà territoriale di questa porzione di città è infatti caratterizzata storicamente da un'altissima densità multietnica che, se priva di adeguate premesse culturali, da enorme risorsa per la società rischia di diventare un grosso limite. L'amministrazione municipale ha quindi scelto di puntare anche sulle attività sportive per cercare di costruire tali premesse culturali e lo fa attraverso la promozione costante di iniziative ed eventi finalizzati a coinvolgere nel miglior modo possibile anche le minoranze etniche presenti sul territorio. I valori veicolati dallo sport quindi, la competizione ma anche la lealtà, la correttezza sul campo e lo spirito di squadra, diventano importanti strumenti volti a facilitare l'intergrazione e la coesione sociale e a superare quegli ostacoli che purtroppo possono rallentare questi processi. Medesima politica viene messa in atto anche nei confronti dei ragazzi diversamente abili, ai quali si rivolge un'alta percentuale delle iniziative sportive promosse dalle istituzioni locali e per i quali i Centri Sportivi Municipali svolgono un determinante ruolo di punto di riferimento.

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GIAnMArCo PAlMIerI PreSIDente MUnICIPIo vI «La funzione sociale dello sport è stata sempre al centro di tutte le attività sportive nei nostri quartieri ed è parte della loro storia. Tante esperienze tante storie, alcune della quali sono ricordate in queste pagine, tanti giovani ai quali con lo sport abbiamo insegnato a vincere nelle gare, ma soprattutto a vincere nella vita».

PArolA All’ASSeSSore Allo SPort

FABrIZIo FrAternAlI reSPonSABIle UFFICIo SPort «I progetti per il futuro sono tanti e tutti tesi ad un unico obiettivo: intrecciare, tramite lo sport, un tessuto sociale che porti all’ attenzione verso “l’altro”, alla capacità di ascolto ed ospitalità, alla comprensione reciproca, all’insegnamento del rispetto della legalità, delle regole civiche, dell’ambiente. Lo Sport deve essere anche o, forse, tutto questo».

DAL TERRITORIO | 97


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L’intervista al cantore di Roma «M

io zio, tra i soci fondatori del club, era un punto di riferimento dei giocatori della Roma. In fondo i giocatori di una volta non erano poi così diversi nelle abitudini da quelli di adesso, amavano la dolce vita. In pratica vivevo la squadra da privilegiato visto il via vai che c’era in casa. Mi ricordo ad esempio Ramon Lojacono seduto al tavolo da gioco, ma invece di andargli a chiedere l’autografo mi incazzavo. Avevo poco più di dieci anni ma ero un moralista. Se questi fanno la bella vita, poi la domenica non rendono e giocano male. Era una cosa che non potevo accettare, e per protesta non volli il pallone ufficiale della società». Il rapporto di Antonello Venditti con la città di Roma, con la squadra della Roma e chissà – ci permettiamo – con sé stesso, sta in larga parte in queste sue sensazioni da bambino. Un rapporto di amore forte, intenso, ma sempre vissuto con spirito critico. Antonello, partiamo proprio dalla città. I tuoi concerti... «Ho fatto il primo a Piazza del Popolo, poi al Colosseo e, due volte all’Auditorium che considero una tra le prime tre quattro cose da vedere in città. Sono da oltre dieci anni il presidente degli “Amici dell’auditorium” e, a parte la musica, la cosa che amo di più è la spaziatura in tutti i campi, compreso il festival del cinema, che poi non si può chiamare così perché sennò fa concorrenza a quello di Venezia... (voce ironica, ndr). L’Auditorium lo metto tra i primi posti d’Europa, anche se poi anche questa struttura ha seguito una certa logica ed è finito per costare quattro volte quanto originariamente previsto». A proposito di opere a Roma: hai firmato il manifesto pro Olimpiadi insieme ad altri artisti?«Alle Olimpiadi a Roma ho detto subito sì. Ma sul no di Monti ho condiviso vari punti. È vero che a livello economico si sa dove si inizia e, nel nostro Paese, non sempre dove si finisce».

di Luigi PANELLA Foto Getty Images

Per una persona attaccata alla tradizione come te, il mondo di internet cosa significa?«Ma, per tanto tempo non ha significato molto, poi però mi hanno regalato un I-phone e ho iniziato a interessarmi, ma solo a titolo di documentazione. Ho un sito, ma niente social network: diciamo che internet è un applicazione della vita, non ne rappresenta il senso. Oggi giorno i bambini pensano solo al computer, e purtroppo sono vittime di una vera e propria modificazione genetica». È un’immagine preoccupante per il futuro?«Potrei dire che dobbiamo prepararci al peggio. Noi dobbiamo tendere alla felicità, non al denaro. Se non tendiamo alla felicità, una volta ottenuto tutto non abbiamo più stimoli ed allora il numero dei suicidi aumenta». Ma qual è l’ideale di felicità?«Magari comprarti un orto, badare alle cose primarie. Oppure cercare la propria vocazione fino a trovarla. Se segui la tua passione sei felice, io ad esempio l’ho trovata nella musica che in sé è un fatto precario, anche se poi io sono stato fortunato a poterci vivere bene. È ovvio che non biasimo alcun tipo di lavoro, però se il guadagno è sterile finisce che i soldi te li giochi al gratta e vinci». Certo, l’esempio che viene dalla cronaca non è il massimo.«Abbiamo vissuto tempi opulenti e di grandi debiti, in cui dicevo tutto quando cantavo “In questo mondo di ladri”, quando dico che il nostro cuore è rapito da mille profeti e quattro cantanti. In questo mondo di debiti viviamo solo di scandali e ci sposiamo le vergini’. Che ne pensi?». Che avevi ragione, ma qui c’è il rischio di diventare troppo seri, torniamo a parlare della Roma «Come osi, la Roma è una cosa seria». A, scusa: la prima partita che hai visto?«Lo sai che ero talmente piccolo

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che non riesco a ricordarmelo con precisione. Roma-Padova o Roma-Sampdoria, vincemmo 1-0 su rigore, il portiere era Pin quindi penso fosse il Padova di Rocco. Una cosa però me la ricordo nitidamente, ed è l’effetto che mi fece l’Olimpico. Un sole cocente, questo prato verde irradiato dai raggi che sembrava brillare, una sensazione che ancora porto dentro come se fosse accaduta pochi minuti fa». E poi l’Olimpico, il Foro Italico... «Ti rispondo con una definizione: lo paragono ad un monumento». Ma questa casa di tuo zio luogo di ritrovo?«Adalberto Sicardi, l’avvocato, socio fondatore e socio vitalizio, era mio zio. Era un personaggio straordinario, alto due metri, alpino e tifosissimo della Roma. Ha fatto tutte le trasferte della squadra, faceva parte di un gruppetto di persone affiatatissime, con Garinei, Giovannini e il dottor Tirincanti. Purtroppo è morto giovane, mi ha lasciato una serie di bianco e neri incredibili e mi regalò una serie di inni. Avevo 6 anni, ma sentendoli avevo già deciso che quando sarei stato grande avrei scritto una canzone per la mia amata».

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Alla fine degli anni '70, nel mio periodo più buio, mi accolse come un fratello ai suoi concerti

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IL FOLKSTUDIO Era anche il tempo del calcio in bianco e nero, delle radiocronache di Carosio. «Il sapere il risultato solo alla fine dei primi tempi, vivere attaccato alla radio, dava anche soddisfazioni incredibili. Ricordo che nel capodanno del 1961 la Roma giocava a Milano contro l’Inter, quando la radio annunciò la vittoria 0-1 con gol di Manfredini: la festa per il capodanno iniziò già dal pomeriggio». Affezionato a “piedone” Mandredini? «Molto, e ho anche individuato il giocatore della Roma attuale che gli somiglia di più. È Borini, che però rispetto a Manfredini è più concreto sotto porta». In un periodo di grande fermento politico l’idea di scrivere “Roma Roma” ti ha attirato critiche da parte dei ragazzi politicamente impegnati a sinistra?«C’è sempre stata, soprattutto negli Anni ‘70, la suddivisione tra Lazio di destra e noi di sinistra. Io ho ancora la tessera 0001 dei Cucs, anzi ne approfitto per salutare tutti i ragazzi che non vedo da anni. A dire il vero anche quanto canto “gialla come il sole, rossa come er core mio”, di discussioni ce ne sono state tante. Calcola che la Roma ha vinto il suo secondo scudetto senza il mio inno. Tranne che con la presidenza Marchini, la Roma aveva una tradizione presidenziale democristiana, quindi per sdoganare quel ‘rossa come er core’, vista come una chiara dichiarazione politica, c’è voluto un po’ di tempo». Poi è arrivata “Grazie Roma”, quindi sei l’unico ad aprire e chiudere le gare... «Aprire senz’altro, per chiudere bisogna vedere se la Roma vince...». Possiamo dire che il tuo inno ha fat-

to fare un salto di qualità a canzoni che sembravano marchette? «Possiamo dire di sì, anche se altre tradizioni ben più antiche delle mia non mancano. “You’ll Never Walk Alone” del Liverpool ad esempio è eccezionale. Ricordo che prima della finale della Coppa dei Campioni del 1984 ero in Campidoglio per la presentazione della gara e c’erano dei tifosi inglesi che cantavano in continuazione ed in modo coeso. Pensai: se non cantiamo meglio di loro abbiamo perso, perché nel loro coro avevano la forza interiore per vincere. Perdemmo, il concerto dopo la finale resta un ricordo terribile ma che ha fatto crescere tutta la città, abbiamo capito la lezione che niente è facile». Dove la attualmente la partita la vedi sempre vicino allo striscione “Roma capoccia”? «Da quando ci ha lasciato Mimmo Spadoni, il tiratore di quello striscione, lentamente lo stadio si è trasferito a casa mia. Però la vediamo all’aperto riproponendo le medesime condizioni atmosferiche dello stadio, abbiamo battezzato il luogo di ritrovo come ‘Il giardinetto’». Hai parlato di Mimmo Spadoni, ma ce n’era un altro, Valerio, che ti piaceva molto… «Sì, tanto da citarlo anche in una vecchia canzone, peccato che sia stato sfortunato, avrebbe potuto fare una carriera migliore». Tu ai giocatori alle prese con gli infortuni hai dedicato “Correndo correndo” , ma in “Tradimento e perdono” hai affrontato tematiche molto delicate e ricordi Di Bartolomei… «La prima ha valore universale, dedicata a Nela, a Rocca, al recupero in solitudine dall’infortuVENDITTI | 101

VENDITTI E LA SCUOLA ROMANA «Il Folkstudio era una cantina umida e puzzolente situata sotto un palazzo nel cuore di Trastevere, a Roma. Le pareti erano insonorizzate con sacchi di iuta, c’era un piccolo bar con tre o quattro bottiglie, e la sala vera e propria era uno stanzone, in un angolo del quale c’era una pedana alta dieci centimetri, il palco». Lo scrive Sergio Caputo, con tutto l’affetto di chi ha cominciato a fare il cantautore proprio grazie agli amici conosci nella cantina umida e puzzolente, i “quattro ragazzi con la chitarra, e un pianoforte sulle spalle” cantati da Venditti nel 1984, nella prima strofa di “Notte prima degli esami”. Ventuno anni prima di quella dedica, nel ‘63, al Folkstudio si era esibito tra gli altri un giovanissimo cantautore americano, Bob Dylan. Ma tanto quel giorno il suo nome non era neanche segnato sulla locandina, salì sul palco al termine del concerto di un altro artista davanti a una scarsa quindicina di persone, quasi tutte concentrate sul bancone del bar, più che sulla sua esibizione. Tra i Sessanta e i Settanta ci suonarono i più importanti cantautori dell’epoca, da Rino Gaetano a Stefano Rosso, da Mimmo Locasciulli a Gianni Togni, fino a Corrado Sannucci, recentemente scomparso,


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dopo essere diventato un’importante firma de La Repubblica. Francesco Guccini ci ha registrato dal vivo la sua “Opera Buffa”, De Gregori e Venditti hanno cominciato lì, dando vita, con Ernesto Bassignano e Giorgio Lo Cascio, al quartetto dei “Giovani del Folk”, poi diventato il duo che avrebbe firmato lo storico “Theorius Campus”. Suonavano per 3000 lire Venditti, De Gregori e gli altri, la domenica pomeriggio, e si andava avanti finché non si stancavano, a sera tardi, nella storica sede di Via Garibaldi, attaccata al Bar delle Rose, luogo di anticamera, flipper e birre, entrato anch’esso, per luce riflessa, nella leggenda della musica italiana. Venditti aveva già scritto “Sora Rosa”, e la presentò proprio al Folkstudio, De Gregori ancora non aveva pezzi suoi, e si limitava a interpretare Dylan, Cohen e De André, Bassignano era il più vecchio, e secondo pubblico e primi giornalisti presenti quello che avrebbe fatto più carriera: aveva iniziato facendo teatro di strada con Gian Maria Volonté, dopo un paio di album si dedicherà al giornalismo e all’attività politica, con il Partito Comunista. Nel ’68 il Folkstudio era in piena attività: nato otto anni prima, era lo studio del pittore e musicista afroamericano Harold Bradley, divenne presto circolo culturale e punto di riferimento per artisti e cantautori. Nel ’67 Bradley tornò negli States, lasciando la direzione a Giancarlo Cesaroni, chimico in pensione e appassionato di cavalli, da cui il logo del locale, il disegno stilizzato di un bianco e un nero che si passano una chitarra. Con Cesaroni conobbe il suo massimo splendore, arrivando anche a dar vita a un’etichetta discografica: chiuse con la sua morte, nel 1998. La sua spinta creativa era finita da tempo, non quella di chi ci è cresciuto. Francesco ODDI

nio, lontano dai riflettori. A proposito di “Tradimento e perdono”, lasciami dire che sono veramente felice che a Trigoria abbiamo dedicato il campo della squadra Primavera ad un grande uomo come Agostino Di Bartolomei». Ricordo anche la “Coscienza di Zeman” . Ti piace il boemo, lo segui anche al Pescara? «Mi piace moltissimo, il suo è un calcio senza compromessi, “il pareggio mai tu non lo firmerai“, un inno contro il sistema, il potere. Lo seguo anche a Pescara, quando sono li lo chiamo Zdenek e mi vado a vedere la partita». E la nuova Roma ti piace? «Sì, ha elevato principi morali, estetici, ed oculatezza dal punto di vista economico. Trae la sua forza tra apparente distonia tra proprietà americana e la romanità dei condottieri. La cosa funzione e funzionerà non perché noi ci siamo americanizzando, ma perché loro si stanno romanizzando. Luis Enrique mi piace molto, e grandi giocatori come De Rossi e Totti sono funzionali alla squadra. Il capitano è umile, e si è posto al servizio del gruppo e tutti crescono». Come vivi il derby del tifo con i laziali? Da ragazzo facevi le classiche scommesse? «Non sfotto assolutamente nessuno. E poi la Lazio? Mio zio non andava a Lazio-Roma (derby in trasferta, ndr) e non ci vado anche io, è come dire che esistono anche gli altri... Ovviamente nutro grande rispetto per i cugini. Una volta ad un concerto mi tirarono sul palco la sciarpa della Roma, ma io non cantai finché non ne arrivò anche una della Lazio». Il derby che ricorda con più piacere? «Coppa Italia, settembre 1969, quello della luce che se ne andò. Arrivando dal quartiere Trieste, mi era più facile andare in Nord. Poi ci fu il black out, e nel marasma generale, scavalca tu che scavalco io,

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Nel 2010 Roma ha festeggiato il capodanno insieme a Venditti qui sul palco, con il Sindaco Alemanno. Venditti è l'unico cantante italiano che si è esibito 3 volte nel Capodanno di Roma, 1996: Piazza del Popolo. 2009: Colosseo. 2010: Auditorium Parco Della Musica (Roma)

mi ritrovai in Monte Mario. Comunque la luce se ne andò di nuovo, ed il derby, essendo la Lazio in casa, lo vincemmo 2-0 a tavolino». In tempi più recenti? «Quello del 51. Avevo comprato un televisore al plasma da diciassette milioni e mezzo, era logico invitare parecchia gente. Il problema è che al momento di accendere la tv, questa non funziona, ed allora tutti a vedere la partita in camera mia, buttati alla meglio sul mio letto, compreso Francesco De Gregori». Ma un giocatore della Lazio che temevi particolarmente? «Rozzoni era il loro Da Costa, ci segnava spesso. Ma a quei tempi non ci si poteva lamentare, Da Costa spesso i derby ce li faceva vincere». Ricordo che in una “Domenica In” del 1986 hai messo fretta a tutto lo studio perché dovevi vedere la finale Argentina-Germania. «Il calcio è una cosa che va oltre lo sport. In tutti i paesi in cui sono andato non ho mai omesso di vedere una partita di calcio. L’altro sport che mi è sempre piaciuto è il baseball. Ho giocato da prima base e ho sempre avuto una buona predisposizione. Ricordo sempre Giulio Glorioso, uno dei più grandi italiani. Peccato che ora la tradizione del baseball sia in decadenza nella nostra città».


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spq ort Tu vivi Roma a 360 gradi. I quartieri a cui sei più affezionato? «Il quartiere Trieste, dove sono nato ed ho vissuto la prima parte della mia vita, e Trastevere. Qui vivo attualmente e sono orgoglioso di essere diventato trasteverino. Poi quest’anno inizio da Roma il mio “Tour Unica”: si parte dalla nostra città l’8 e il 9 marzo».

All’anagrafe fai Antonio, perché Antonello? È un nome d’arte? «No, io mi chiamo Antonello, ma questo nome non ha il santo, quindi mia madre che era donna molto religiosa ha voluto che fossi registrato come Antonio, che il santo ce l’ha eccome». Ma con quella montatura d’occhiali ci sei nato? «Non proprio, ma la

porto dal 1973 e non ho mai pensato di cambiarla, mi dà la sensazione di vederci meglio». Chiudo con due domande secche. Il calciatore più forte della storia della Roma?«Tosta questa, dico Totti». La seconda, quando rivinciamo lo scudetto? «Ahahahahahahhahaha» - parte un ghigno feroce.

“Bomba o non bomba”, erroneamente intesa come canzone sul terrorismo, in quanto salita in testa alle classifiche all'indomani del Sequestro Moro (1978), è una sorta di risposta che rivolge agli autonomi, i quali avevano criticato sia Venditti sia De Gregori accusandoli di essersi venduti al mercato e all'industria discografica. Apparizione cinematografica nel satirico e graffiante “Signore e signori buonanotte” (1976) con Marcello Mastroianni e Paolo Villaggio. Venditti si presta nella particina di un cameraman tv in esterna e canta alcune sigle di una Rete Tre di là da venire. Corrado Guzzanti, nella trasmissione “L'ottavo nano”, all'inizio del 2001, si produce in una imitazione di Venditti cantando Grande Raccordo Anulare, una sorta di mix di musica e testi di varie canzoni (si "intravedono" Sotto la pioggia, Roma capoccia, Notte prima degli esami, Compagno di scuola...) che fa il verso in particolar modo alla venerazione del cantautore romano per la sua città con la ricorrente citazione di luoghi caratteristici. Nel film poliziesco “La banda del gobbo” (1977, di Umberto Lenzi) l'efferato criminale interpretato da Tomas Milian è un fan dell'emergente Antonello Venditti, definito nei dialoghi scritti dallo stesso Milian un cantautore che non se batte. Assieme a Lucio Dalla, è il compositore della colonna sonora de “La storia bandita”, spettacolo teatrale dedicato al brigantaggio lucano e al suo leader Carmine Crocco. Ha frequentato il liceo Giulio Cesare, a cui rimarrà profondamente legato, tanto da dedicargli anni dopo una celebre canzone intitolata proprio “Giulio Cesare”.

Cantautore italiano fra i più popolari e tra i più prolifici della cosiddetta Scuola Romana, dal 1972, anno del suo debutto discografico, ha condensato nel suo repertorio canzoni d'amore e d'impegno sociale. Nasce a Roma nel quartiere Trieste (precisamente in via Zara 13). È figlio di una famiglia appartenente alla medio-alta borghesia italiana: il padre Vincenzino Italo, molisano di Campolieto, è un funzionario dello Stato che diventerà vice-Prefetto di Roma; la madre romana Wanda Sicardi, è insegnante liceale di latino e greco.

VENDITTI | 103

Dalla ex moglie Simona Izzo ha avuto il figlio Francesco Saverio, nato il 27 agosto 1976, attore e doppiatore. L'occasione di presentare la sua musica in pubblico arriva alla fine degli Anni Sessanta con la partecipazione alle attività del celebre locale romano Folkstudio dove conosce Gregori con cui costituiranno un duo, e riusciranno ad ottenere un contratto con la It di Vincenzo Micocci. Venditti, in carriera, ha pubblicato 19 album in studio, 6 live, 12 raccolte, 1 colonna sonora, e 16 brani doppi (45 giri).


Backstage

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otografia e Corsa, un fermo immagine e la velocità, due realtà diverse, ma che sono l’una dentro l’altra. Allo stesso modo, da sempre, sono nella vita di Massimiliano Monteforte. Lo studio e la passione per il cinema, l’amore per la corsa, lo hanno portato a raccontare una storia che narra le vite di due atleti. “Purosangue”. Una storia dove, lo sport, la fatica, il doping e la lealtà s’incrociano e si rincorrono. Max Monteforte è riuscito a realizzare un sogno. Da sempre grande appassionato di cinema e professionista dello sport, porta i grandi campioni a correre la Maratona di

Roma, per la quale è l’Elite Runners Coordinator. Dal mese di marzo il film dopo la prima in Campidoglio promossa da Alessandro Cochi, viene proiettato nei più importanti festival del cinema del mondo. Max, è stato il personaggio interpretato dall’attore Gianluca Scuotto. Un ragazzo, un professionista dell’atletica, alla sua ultima occasione, con il doping nel sangue e Chelimo, un postino keniano, alla sua prima occasione, con la corsa nel sangue, interpretato dal bravo atleta Festus Langat. Molto diversi tra loro, condividono però la stessa passione e lo stesso manager che è CORTOMETRAGGI | 104

disposto a tutto per far vincere i cavalli di razza della sua scuderia. “Purosangue” è una scommessa dietro la quale hanno voluto puntare professionisti del mondo del cinema e dello sport. Uno staff di tecnici, attori, maestranze, amici e appassionati. Virginio Favale è il regista. Nel film recitano attori come: Sebastiano Colla, il manager, attore di teatro e di fiction, insegnante di recitazione, Giuseppe Cruciani, il dottore, vero maratoneta, noto conduttore del programma “La Zanzara” su Radio24 e opinionista a Controcampo, Roberto Pedicini che sarà capace di emozionare tutti, come


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Dalla corsa al doping, da Roma ai villaggi di Kericho ed Iten in Kenya. Un film, un viaggio alle radici della maratona.

La scheda PUROSANGUE è il cortometraggio prodotto da Max Monteforte. Una storia dove, lo sport, la fatica, il doping e la lealtà s’incrociano e si rincorrono. Un modo deciso per dire un NO forte al DOPING ed indicare ai più giovani la strada giusta da seguire. Max da sempre grande appassionato di cinema e professionista dello sport, porta i grandi campioni a correre la Maratona di Roma, è riuscito a realizzare un sogno e con l’aiuto di Alessandro Cochi nel mese di marzo ha presentato in Campidoglio, in prima nazionale il film-corto PUROSANGUE che poi sarà proiettato nei più importanti festival del cinema del mondo, Roma New York, Berlino ecc. Venticinque minuti di pellicola in cui sono stati racchiusi sogni, attese, scomode verità del mondo dell’atletica. Due atleti a confronto su piani diversi, il doping cercherà di appiattire tutto, levigando il percorso, azzerando le distanze facendo sentire tutto più semplice. Il film si chiude con una scena corale, quasi d’altri tempi, un momento di gioia e riscatto del mondo dello sport dove tutte le comparse indossano una maglia rossa che come globuli rossi portano ossigeno verso il futuro. Tra gli attori anche il criceto Bikila che corre per tutto il film dentro una ruota, metafora dell’atleta infangato dal doping, senza una direzione giusta da seguire.

solo la sua voce sa fare, la voce fuori campo del padre di Max, Gianluca Scuotto, impersona Max, ha alle spalle varie esperienze di teatro e di fiction. Venticinque minuti di pellicola in cui sono stati racchiusi sogni, attese, scomode verità del mondo dello sport. Due atleti a confronto su piani diversi, il doping cercherà di appiattire tutto, levigando il percorso, azzerando le distanze facendo sentire tutto più semplice. Sullo sfondo c’è

la Maratona di Roma, gara per la quale gli atleti si preparano con strumenti diversi, che li porteranno su strade contrapposte. Un confronto da cui uscirà una sola soluzione, la migliore per alcuni, la più sofferta per altri. Le riprese del film sono state fatte tra Roma e i villaggi di Kericho ed Iten in Kenya. Il film si chiude con una scena corale, quasi d’altri tempi, un momento di gioia e riscatto del nostro mondo. Max Monteforte ha voluto CORTOMETRAGGI | 105

far uscire sotto il sole, il criceto che corre per tutto il film dentro una ruota, metafora dell’atleta infangato dal doping, senza una direzione. Gli amici di sempre di Max Monteforte hanno voluto condividere quel minuto finale correndo insieme, con delle maglie rosse, tutti sulla battigia del mare di Ostia. Un “momento di gloria” per tutti noi, dove gli atleti, come globuli rossi portano ossigeno e idee agli spettatori, fieri di aver fatto un lavoro dal sangue puro.


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samente una ci re p è n o n le a Il Carnev al popolo, festa che si offre e il popolo ma una festa ch offre a se stesso gio in Italia” Goethe, "Viag

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uando i fulgenti drappeggi sciorinati al sole e le maschere multicolori si vanno stingendo nell’eguale tinta smorta del crepuscolo, qua e là spuntano e brillano i primi lumi: alle finestre, in cima alle case, ai balconi, nelle carrozze e persino nel pugno di chi va a piedi: pochini in principio, ma in costante crescita, in numerosa espansione, finché la lunga strada è tutta uno splendore, tutta un ardere. Da questo momento non c’è che un’unica avvincente peripezia per tutti i presenti, quella di spegnere l’altrui candela e mantenere accesa la propria. Adesso lo spettacolo è uno dei più mirabolanti che sia dato immaginare». Arrivato a Roma il 30 gennaio del 1845, Charles Dickens descrive così la tradizionale “festa dei Moccoletti”, la follia collettiva che travolgeva la Città Eterna nel corso dei festeggiamenti per il Carnevale Romano, tornato a splendere quattro anni fa grazie all’impegno di Federico Mollicone, presidente del Comitato organizzatore e della Commissione Cultura del Campidoglio. 11 giorni di programmazione, oltre 150 iniziative, 800mila persone coinvolte tra romani e turisti: sono questi i numeri dell’edizione 2012, andato in scena dall’11 al 21 febbraio. «Siamo molto orgogliosi perché il Carnevale Romano sta diventando il più grande evento del palinsesto romano della cultura e del turismo», ha sottolineato il sindaco Alemanno, mettendo in risalto il successo di un’operazione

che ha fatto crescere gli introiti del turismo nella Capitale, nel periodo febbraio-marzo, dell’8%. Sono tre i pilastri su cui si poggia il moderno Carnevale Romano: il rapporto tra uomo e cavallo, con il rilancio dell’arte equestre nazionale e internazionale, che ha fatto di Roma il palcoscenico privilegiato dei più grandi artisti equestri al mondo; il legame con l’identità nazionale, con la valorizzazione del patrimonio culturale della “Commedia dell’Arte”, invidiatoci all’estero ma poco conosciuto in Italia; il connubio tra tradizione e innovazione, con la suggestione delle proiezioni video architetturali sui monumenti della città, e in particolare sulla porta del Popolo, che hanno unito Roma all’affascinante circuito dei festival internazionali della luce. Dopo solo quattro anni, il Carnevale Romano è un evento di respiro internazionale, gemellato con le più importanti realtà in Europa, da Viareggio ad Acireale, passando per Lione, San Pietroburgo ed Avignone. Ha stretto collaborazioni importanti e prestigiose, dalla Fiera di Verona a RomaCavalli, ed è stato definito dalle riviste di settore come il “maggiore evento equestre d’Europa per numero di spettatori”. “Il futuro di una festa antica” è lo slogan scelto dall’Amministrazione capitolina per promuovere la manifestazione, con un passato glorioso e per troppo tempo dimenticato. Perché a Roma il Carnevale significa Rinascimento, vuol dire “Commedia dell’Arte” e teatro “all’italiana”, rappresenta la corsa

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In scena lo splendore della tradizione

Cavalieri, artisti di strada, attori della Commedia dell'Arte e maschere tradizionali: il futuro di una festa antica dei cavalli berberi su via del Corso e piazza del Popolo, descrive il genio di Michelangelo e Raffaello, si racconta nelle opere dei più grandi scrittori e poeti del passato. Il Carnevale è tornato nei luoghi di un tempo e, in ossequio della storia e della tradizione carnascialeschi capitolini, è stata piazza del Popolo ad ospitare il suo cuore, con l’allestimento di un villaggio filologico e in armonia con il disegno di Valadier, realizzato dal maestro scenografo del Teatro dell’Opera Maurizio Varamo. Per undici giorni la piazza ha ospitato gli spettacoli internazionali di arte equestre curati da Marco Lepre, le esibizioni degli artisti di strada – giocolieri, trampolieri, mangiatori di fuoco, acrobati, clown e cantastorie – e dei gruppi storici del Lazio, oltre alle attività di animazione per i più piccoli curate dall’Istituzione Biblioteche di Roma. Fulcro della “Commedia dell’Arte” è stata invece Piazza Navona, che ha accolto lo spettacolo “Gli innamorati immaginari” del direttore artistico del Carnevale, Leonardo Petrillo, già in scena con grande successo al Teatro India. Frutto di un laboratorio teatrale di alta formazione, che ha selezionato un gruppo di eccellenza di 16 attori tra oltre 500 giovani under 35 provenienti da tutta Italia, la pièce ha offerto al pubblico la preziosa occasione di un affascinante ritorno alle radici di quello che è oggi il teatro, valorizzando una delle più apprezzate tradizioni italiane. Una festa che ha coinvolto tutta la città, dal centro alla periferia, con la sfilata “I colori di Re Carnevale” su via Nazionale, il “Carnevale Latinoamericano” su via dei Fori Imperiali, e la decima edizione del “Gran Carnevale Romano” su via Tiburtina. A completare il palinsesto la mostra ai Musei Capitolini, “Fe-

di Paolo QUADROZZI Barbara Roppo, Robbi Huner, Federica Agamennoni

ste, danze e furori: dal corteo dionisiaco al Carnevale. Recuperi archeologici della Guardia di Finanza”, in programma fino all’11 marzo e che ha ripercorso il lungo tragitto dai Saturnalia ai giorni nostri, e il convegno “Il Carnevale Romano: la storia di una festa che ha attraversato i secoli”, una giornata di studi realizzata in collaborazione con la Sapienza Università di Roma, dedicata ai complessi aspetti antropologici, storici, etnici e artistici del Carnevale dalla fine del XV secolo ai giorni nostri. Finale pirotecnico con i fuochi d’artificio barocchi dalla terrazza del Pincio la sera di martedì grasso: un’affascinante rievocazione storica, curata dal Gruppo IX Invicta, di quelli realizzati per la Festa della Resurrezione del 1589, immortalati in una celebre incisione di Antonio Tempesta. «Quando quattro anni fa pensammo di far rinascere il Carnevale Romano ci furono alcuni che ci presero per ingenui visionari. Oggi che è diventato una consolidata realtà a livello nazionale e internazionale - ha commentato il presidente Mollicone - non nascondiamo l’emozione di veder trasformata un’intuizione in piazze stracolme di romani e turisti, accorsi come nel Rinascimento per assistere alla rievocazione della sfilata, ad uno spettacolo equestre, alla messinscena della Commedia dell’Arte o ad una proiezione video architetturale. Il Carnevale Romano non è solo il più grande evento organizzato dalla giunta Alemanno, ma una vera e propria strategia culturale che vede nelle tradizioni popolari reinterpretate con il linguaggio della contemporaneità la chiave di lettura del futuro turistico e identitario della Capitale».

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l Carnevale non è precisamente una festa che si offre al popolo, ma una festa che il popolo offre a se stesso»: così Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”, descrive quella che nella Città dei Cesari e dei Papi veniva considerata, fino alla fine dell’Ottocento, la madre di tutte le feste (laiche, s’intende). Una festa dove «la differenza di casta, tra grandi e piccoli, sembra per un momento sospesa; tutti si addossano l’un sull’altro, tutti accettano con disinvoltura quel che loro capita, mentre la libertà e la licenza son mantenute in equilibrio dal buon umore universale». Erano otto giorni di trasgressione autorizzata, in cui il Papa Re tollerava perfino che qualcuno si travestisse da prete, cosa che al di fuori di quel periodo veniva invece severamente punita. Il Carnevale affonda le sue radici nelle “Dionisiache”, i riti in onore del dio della vita Dioniso, e si evolve successivamente nei “Saturnalia” dell’antica Roma, il culto della divinità del Tempo. Dopo la parentesi medievale, in cui i festeggiamenti del Carnevale avevano breve

vita concentrandosi in soli due giorni, il giovedì grasso e la domenica, prevedendo semplicemente giochi e tornei cavallereschi, a metà del XV secolo fu papa Paolo II, Pietro Barbo, a dare nuovo volto e nuova vita al Carnevale Romano. Il Pontefice portò a nove giorni la durata del Carnevale trasferendo inoltre le corse da Testaccio alla via Lata, ovvero il Corso, e fissando l’arrivo nella piazza dove si era fatto costruire il suo palazzo. Queste si svolgevano secondo un preciso calendario: il lunedì gli ebrei che partivano dall’Arco di Portogallo, il giorno successivo i ragazzi con partenza da San Marcello, il giorno dopo gli uomini di nuovo dall’Arco di Portogallo, il sabato si svolgeva il palio degli asini ed infine il martedì correvano i bufali. Il giovedì grasso il Pontefice offriva un ricco banchetto al Senatore e ai Magistrati romani nel giardino di Palazzo San Marco. Altra novità istituita da Paolo II fu l’inaugurare il Carnevale con un sontuoso corteo in maschera che, in sintonia con il recupero umanistico della classicità, celebrava dei CULTURA | 108

ed eroi dell’Olimpo con il loro seguito di ninfe, fauni ed amorini, la grandezza di Roma e del Sovrano Pontefice. Il volitivo Sisto IV non riuscì a frenare il sempre crescente fasto carnascialesco, nel quale primeggiò il cardinale Riario; dopo una interruzione, dovuta alle vicende belliche nel 1492, si ebbe un grandioso Carnevale che, coincidendo con la presa di Granata, vide mascherate e giochi nei quali si celebrò la vittoria degli spagnoli sui Mori. Nel corso del XVI secolo, il Carnevale si svolse quasi regolarmente con mascherate, cortei di carri figurati, corse, giostre e fuochi d’artificio secondo un programma che i Magistrati capitolini presentavano al Pontefice per l’approvazione. Monsignor Governatore pubblicava poi il bando nel quale venivano dettate le disposizioni cui attenersi per un ordinato svolgimento, come la proibizione di portare armi o usare determinate maschere o lanciare razzi e oggetti. L’amministrazione della città non era la sola a predisporre spettacoli e divertimenti: anche le famiglie


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spq ort 1. ACHILLE PINELLI, Le maschere di Carnevale a Roma, 1833 2. PIETRO SASSI, La partenza dei barberi a piazza del Popolo, seconda metà XIX sec 3. BARTOLOMEO PINELLI, Le maschere più caratteristiche del Carnevale di Roma, 1818 4. THOMAS JONES BARKER, La partenza della corsa dei barberi in piazza del Popolo, 1859 5. BARTOLOMEO PINELLI, Scena carnevalesca a piazza Colonna, 1822 6. ANTOINE JEAN BAPTISTE THOMAS, Moccoletti, 1817

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nobili più importanti della città partecipavano ai festeggiamenti, organizzando sontuosi ricevimenti, prendendo parte alle giostre, organizzando spettacoli teatrali e progettando la costruzione di carri spettacolari. Memorabile fu quello ideato da Gian Lorenzo Bernini per la famiglia Chigi nel 1658, durante il pontificato di Alessandro VII, de-

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scritto ampiamente negli “Avvisi di Roma”. Una festa grandiosa che, nel corso del Rinascimento, fece impallidire il Carnevale di Venezia. Al suono della campana di Roma e con il corteo ufficiale delle autorità, anche il XVIII secolo apriva il Carnevale nello scenario consueto del Corso dove maschere di ogni genere si davano convegno, ingag-

giando sfrenate battaglie di confetti di gesso, in particolare nei pressi di Palazzo Ruspoli, dove si radunavano i gruppi più aggressivi. Per l’attesissima corsa dei cavalli berberi, venivano predisposti tribune e palchi riccamente addobbati, mentre le finestre delle case e dei palazzi erano decorate dai drappi più preziosi.

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La scheda

mister hockey o iniziato a giocare a hockey su H prato in quanto mio padre Fausto e mio zio Piergiorgio giocavano ad

I GRANDI CAMPIONI SCRIVONO PER NOI

alti livelli, dalla serie A alla Nazionale. Mio padre mi ha messo il bastone nella culla, dunque è da quando sono nato che giocavo. Poi a nove anni, dopo aver giocato a casa per scherzo, ho iniziato a frequentare il campo. Mi sono subito innamorato, ovviamente, perché lo ero già da quanto andavo da tifoso a vedere da mio padre. Dal punto di vista tecnico ha la giusta dose di difficoltà ma anche di semplicità nei gesti di base, che lo rende quindi affascinante e spettacolare. Quale bambino non vorrebbe correre con un bastone in mano e tirare una palla? Detto ciò, il fascino vero risiede nel continuo studio dei gesti tecnici che devi perfezionare. Poi i valori che insegna, questa è una parte predominante per questo sport come per tutti gli sport di squadri. Diventare un campione? Intanto bisogna avere un talento di base, poi come in tutti gli altri sport col lavoro duro e tanta passione, anche perché non è uno sport ricco, quindi devi innamorarti di questo sport per arrivare in alto. E’ uno sport che consiglio ai più piccoli, perché l’ambiente dell’hockey su prato è sano sotto ogni punto di vista. Un genitore può lasciare il figlio al campo ed è sicuro che la società lo segue sempre e se rimane solo a fine allenamento ci sarà sempre qualcuno di un’altra società che lo seguirà. Insomma, è uno sport praticabile da tutti, come si evince dalla larghissima diffusione a livello mondiale. Ci possono giocare i bambini già dall’età prescolare, maschi e femmine, giovani e anziani, anche perché la percentuale di infortuni è bassissima, quindi è adatto davvero a tutti.

Gianluca Cirilli


La st oria

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Le origini dell’hockey su prato sono antiche, tanto che i primi a praticarlo sembrano siano stati i persiani, anche se tracce concrete di giochi con bastone e palla sono state ritrovate praticamente in ogni civiltà antica. È soprattutto in Europa però, in primis Gran Bretagna e Francia, che si è diffusa la pratica. Tra il 1863 ed il 1875, in Inghilterra, l'hockey moderno prende forma definitiva con la nascita della relativa federazione. Nel 1861 nacque il primo club di hockey e in pochissimo tempo, con l'ingresso di tante altre formazioni, viene tracciato il primo regolamento ufficiale di gioco. Sotto la spinta dell'imperialismo britannico poi si diffuse in tutto il mondo, soprattutto nelle colonie. Ancora oggi, infatti, è uno sport popolare in India, Pakistan, Australia, Nuova Zelanda e Argentina.

Le reGoLe Una squadra è composta da 11 giocatori che possono essere sostituiti continuativamente e illimitatamente con altri 5 giocatori della panchina. Una partita, diretta da due arbitri, è composta da due tempi di 35 minuti con un intervallo tra i due di 10 minuti. Le regole principali prevedono il divieto di giocare la palla con la parte tonda del bastone, giocare la palla verso un avversario in maniera pericolosa, per esempio alzandola, a eccezione di quando si tira in porta, giocare con il bastone sopra l'altezza delle spalle, frapporsi volontariamente tra la palla che si sta giocando e l'avversario in modo da impedirgli di intervenire. Altre regole, introdotte solo negli ultimi anni, sono: le rimesse laterali e i falli di gioco non prevedono più il passaggio obbligatorio ma consentono al battitore di iniziare direttamente una nuova azione; dalla distanza di 22 yards da fondo campo avversario non è più possibile eseguire un passaggio direttamente verso l'area. Inoltre è vietato toccare la palla con qualsiasi parte del corpo, ad esclusione del portiere all'interno della propria area di tiro. Scopo del gioco è quello di segnare il gol nella porta avversaria. Una rete può essere segnata solo se la palla viene giocata da un attaccante all'interno dell'area di tiro: non esiste la posizione di fuorigioco.

L’HOCKEY PRATO A ROMA

In Italia la disciplina arriva intorno al 1935. Sotto la spinta delle imminenti Olimpiadi di Berlino le autorità sportive dell'epoca decisero che era giunto il momento di introdurre questo sport in Italia. Nel 1936 entra a far parte della Federazione Italiana Pattinaggio a Rotelle nel 1936, solo nel 1957 ottenne l’autonomia tecnico-organizzativa e nel 1978 nacque la Federazione Italiana Hockey su Prato. Ha Roma già negli Anni ‘40 l’hockey su prato veniva praticato ad alti livelli, anche se non è mai diventato uno sport popolare. I diversi club della Capitale e laziali, comunque, sono stati per molto tempo protagonisti, tanto che sinora hanno conquistato 19 scudetti nel maschile e 13 nel femminile.

iL caMPo da Gioco

Il campo di gioco in erba è un rettangolo lungo 91,40 metri e largo tra 50,30 e 55 metri. Al centro dei due lati corte sono posizionate le porte che devono essere di misure pari a 3,66 metri di larghezza e 2,14 di altezza. Linea laterale - linea di marcatura dei lati del campo di gioco: quando la pallina oltrepassa la linea la squadra avversaria la rimette nuovamente in gioco nello stesso punto dove è uscita. Linea dei 22 metri - linea dove si posizionano i giocatori quando la palla, uscita fuori dalle linee di fondocampo, deve essere rimessa in gioco. Linea di meta o fondocampo - linea di marcatura delle estremità del campo di gioco. Linea dei 4 metri - linea in cui l'attaccante rimette la palla in gioco se i difensori buttano la palla fuori da dentro la loro area. Semicerchio o area di tiro - semicerchio situato di fronte alla porta: un gol non può essere assegnato quando l'attaccante colpisce la palla fuori dal cerchio interno dell'avversario. Linea di centrocampo centrale - linea che divide il campo in due zone, una per ogni squadra.

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PILLOLE DI STORIA

CASCO Obbligatorio per il portiere, la struttura è rigida e vi è compresa una griglia in acciaio attaccata alla parte anteriore per proteggere il viso. Durante l’esecuzione del corner corto è obbligatoria anche per i difensori che rimangono in porta lungo la traiettoria di tiro. gambe del giocatore.

SPORT DA GENTLEMAN In Inghilterra, patria dell’hockey moderno, è da sempre considerato uno sport da gentiluomini. Per questo motivo nel 1895 alle hockeiste, che avevano stabilito di adottare le medesime regole di gioco, con la sola differenza di giocare con il gonnellino, la federazione rifiutò l’ingresso nella stessa quando chiesero con forza di entrare a farne parte.

La tenuta

PARADENTI Lo utilizzano tutti i giocatori.

CORPETTO DHYAN CHAND

GOMITIERE

L’indiano Dhyan Chand è considerato dagli esperti tra i giocatori più forti di tutti i tempi. In carriera ha vinto tre medaglie d'oro olimpiche consecutive (1928, 32 e 36), diventando quasi un eroe nazionale tanto da essersi meritato il Padma Bhushan, la terza più alta onorificenza civile indiana. Ai Giochi di Berlino 1936, sembra che Hitler sia rimasto impressionato dalla sua bravura tanto da avergli offerto il riconoscimento di maresciallo dell’esercito tedesco, che Chand rifiutò.

Hanno il guscio duro e sono Indossate dal portiere sotto la maglia per proteggere i gomiti.

GUANTI Di schiuma rigida, indossato sulla mano libera, il portiere usa il lato piatto per bloccare la palla.

LE LEONIDAS In Argentina l’hockey su prato è una delle discipline sportive più praticate e amate dalle ragazze. Nell’ultimo decennio, grazie a questa popolarità, la Nazionale femminile ha raggiunto livelli d’eccellenza incredibili. Due bronzi e un argento olimpico nelle ultime tre edizioni dei Giochi, hanno fatto guadagnare alle ragazze il soprannome di “Leonidas”, leonesse. La giocatrice più forte, Luciana Aymar, è una delle sportive più famose e pagate d’Argentina.

SPORT OLIMPICO L’hockey su prato è entrato a far parte del programma dei Giochi olimpici estivi nell’edizione di Londra 1908. Uscito dal programma nell’edizione successiva, è rientrato a pieno titolo ai Giochi olimpici di Anversa 1920, salvo per l’edizione di Parigi del 1924. Questo per quanto riguarda la prova maschile. In campo femminile, invece, la prima edizione si è svolta ai Giochi olimpici di Mosca 1980.

Gilet imbottito che il portiere indossa sotto la maglia per proteggere spalle, petto e schiena.

PARASTINCHI Dispositivo di protezione costituito da una struttura in plastica dura che protegge le gambe del giocatore.

KICKER Pezzo di schiuma rigida che copre le scarpe del portiere che, lo usa anche per calciare la pallina.

PAD Struttura imbottita di materiale assorbente che protegge gambe, ginocchia e cosce del portiere dall'impatto della palla.

LA TOP FIVE Quali sono le nazioni più vincenti nella storia dell’hockey prato olimpico maschile? L’India è la naziona eche ha conquistato il più alto numero di medaglie d’oro: 8. L’Olanda, al secondo posto con 4 ori (alla pari con l’Australia), è la Nazione che ha vinto il più alto numero di medaglie in assoluto: 14. In quarta posizione c’è il Pakistan, 8 medaglie delle quali 3 d’oro, 3 d’argento e 2 di bronzo, al quinto la Gran Bretagna con 10 medaglie, delle quali 3 d’oro, 2 d’argento e 5 di bronzo.

una corazza a Protezione Il giocatore di hockey ha una divisa pressoché simile a quella del calciatore. Il portiere, invece, è vestito come un giocatore di hockey su ghiaccio. Utilizza, infatti, protezioni su ogni parte del corpo. Imbottito di strutture dalla testa ai piedi, queste devono comunque essere comode per facilitare la mobilità dello stesso, limitata abbondantemente a causa anche del peso sopportato rispetto ai giocatori che usano solo pantaloncini e maglietta.

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SPQR SPORT, il mensile voluto dal Dipartimento Sport di Roma Capitale, è sfogliabile anche online sul sito www.spqrsport.it SPQR SPORT sarà presente anche nei principali social network ed inviato tramite newsletter. Un modo per raggiungere una fetta quanto più ampia della popolazione capitolina. Internet garantisce un’importante diffusione parallela rispetto al prodotto cartaceo che rispetta i canali classici della diffusione freepress: la rivista è distribuita in occasione dei grandi eventi sportivi della Capitale e anche sul territorio grazie alla scelta di esercizi commerciali (edicole, bar, etc) nelle piazze più importanti dei 19 municipi romani. L’elenco è consultabile sul web.


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NEWS Notizie d’attualità

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Rubriche dal mondo dello sport

R Verso l’Olimpiade

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R Sport e tecnologia

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R L’aneddoto

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R Riflettori sullo sport

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R Autografi R Libri

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Abbigliamento sportivo Style Cinema e Sport Filatelia e dintorni Vocabolario dello Sport Lo sai che? Giochi di strada Passeggiate romane L'Evento Filmati nella storia

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IL FESTIVAL DEL CALCIO i è svolto nella Sala della Protomoteca in Campidoglio il 1° Festival NazioSideatonale della Cultura del Calcio, promosso dalla Fondazione Gabriele Sandri, e diretto da Maurizio Martucci. Davanti un numeroso pubblico proveniente da ogni parte d’Italia, sostenuto dall’esposizione di maglie di molti club col marchio della no profit di Gabbo, l’evento è stato aperto dagli interventi del Sindaco di Roma Capitale On. Gianni Alemanno, del Delegato alle Politiche Sportive On. Alessandro Cochi, dell’On. Federico Guidi, del Direttore Generale della FIGC Antonello Valentini e dall’On. Walter Verini. Nelle mani famiglia Sandri sono stati consegnati i riconoscimenti del Presidente della Repubblica e della Camera dei Deputati, a conferma del binomio calcio e società. Il 1° Premio di Letteratura Calcistica Gabriele Sandri è stato vinto da Francesca Coppo (sezione opere inedite) e Mauro Grimaldi (sezione opere edite, con un libro sulla Roma). Invece il Premio Storie di Calcio del ‘900, consegnato da Stefano Re Cecconi, è andato a Giancarlo De Sisti e Uber Gradella. In musica da pianoforte e suggestive immagini ingiallite anche un reading letterario su storia, calcio e novecento. Il festival sarà declinato a Maggio, nei giardini di Piazza della Libertà, con la sezione artistica nella rassegna Calcio d’Arte. Sempre nel nome di Gabbo, per una nuova cultura del calcio.

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LE RUBRICHE DI SPQR NEWS

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sport’s history

Verso l’Olimpiade SPQR SPORT pubblica, mese dopo mese, la lista degli atleti romani e laziali che si qualificano per i Giochi olimpici di Londra 2012. Una sorta di rubrica di servizio, che per i nostri lettori più appassionati di sport olimpici potrà servire come una guida per conoscere, almeno in pillole, gli atleti della nostra città e regione che porteranno alto il nostro nome a Londra il prossimo anno.

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Vittoria Panizzon Roma 14 09 1983 Equitazione 2 MARZO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Stefano Brecciaroli Roma 19 11 1974 Equitazione 2 MARZO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Francesco Dell’Uomo Colleferro (Rm), 8 01 1987 Tuffi, Piattaforma 10 metri 26 FEBBRAIO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Brenda Spaziani Frosinone 2 01 1984 Tuffi, Piattaforma 10 metri 26 FEBBRAIO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Andrea Chiarabini Roma 12 03 1995 Tuffi, Piattaforma 10 metri 26 FEBBRAIO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Valerio Aspromonte Roma 16 03 1987 Fioretto a squadre 19 FEBBRAIO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Tommaso Rinaldi Roma 18 01 1991 Tuffi, Trampolino 3 metri 26 FEBBRAIO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Fabrizio Donato Latina 14 08 1976 Salto triplo 14 FEBBRAIO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Alessia Filippi Roma 23 06 1987 Nuoto, 200m dorso 8 MARZO 2012

Nome e cognome Luogo e data di nascita Disciplina Qualificato il

Giulia Conti Roma 04 11 1985 Vela, Classe 470 17 DICEMBRE 2011

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Hennie Kuiper è un ciclista noto per la qualità delle sue vittorie. L’olandese vince poco ma lo faceva bene. da ricordare l’oro olimpico, la maglia iridata e una Parigi-Roubaix.

Simeone e Vittorio Landolfi ha vinto il 25 marzo scorso il Trofeo Base Nautica Flavio Gioia, tappa dela Coppa Italia della classe Star. .

pastone

L’ADDIO DI ZAYTSEV La M. Roma volley perde il suo giocatore più rappresentativo, Ivan Zaytsev. Dopo sei stagioni col clun capitolino (una in prestito a Latina), lo schiacciatore azzurro si trasferisce a Macerata.

VELA D’ORO L'equipaggio formato dai due velisti di Gaeta, Luca

Alessandra Sensini ha messo in bacheca un altro trofeo. L’atleta del CC Aniene, ai Mondiali di Cadice, Spagna, ha conquistato il bronzo.

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ALL BLAKCS

IL PALLONE DI DOMANI

Il 17 novembre prossimo fli All Blacks saranno allo Stadio Olimpico per il test match con l’Italia. Si prevede il tutto esaurito.

Da oltre un secolo nei discorsi degli appasionati di calcio di tutto il mondo c’è un protagonista indiscusso: il pallone. Tutte le dinamiche che interessano questa “sfera dei desideri” sono oggetto di dibattiti estenuanti; e non bastano tutte le tecnolgie video di cui disponiamo per sciogliere effettivamente i dubbi nelle situazioni più scabrose. Per fortuna però le moderne tecnologie ci permetteranno in futiro di poter avere un maggior controllo su tutto questo. Infatti il progetto: CTRUS Soccer Ball, vincitore del Red Dot Luminary Award 2010 ha aperto nuovi possibili scenari. Il rivoluzionario pallone introduce alcune caratteristiche innovative: è privo d’aria, possiede un sistema gps di localizzazione, è dotato di una telecamera e di sensori per il monitoraggio dei dati balistici. La mancanza di aria è sopperita da un sistema chiamato skell core, ovvero uno scheletro flessibile e resistente, rivestito all’esterno da una robusta membrana di elastomeri rinforzati; la connettività invece è garantita da un sistema di trasmissione GPS/RFID che inviando i dati raccolti da sensori e telecamera potrà mostrare in ogni momento la reale posizione del pallone in campo. Non a caso lo studio argentino di design Agent ha scelto come slogan del progetto: Fair play is all about transparency, perchè se questo tipo di palloni dovesse entrere effettivamente in produzione, l’incubo del gol fantasma abbandonerebbe per sempre questo sport.

MARSAGLIA D’ORO Lo sciatore romano Matteo Marsaglia, in forze al CS Esercito, ha conquistato l’oro in SuperG e il bronzo in Gigante agli assoluti si sci alpino disputati a Roccaraso.

SUPER SENSINI L’olimpionica di windsurf

Andrea CRESCENZI

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La staffetta di sostituzioni tra Sandro Mazzola e Gianni Rivera ai mondiali del 1970,iniziò nella gara vinta 4-1 dall’Italia sul Messico nei quarti di finale

100 ANNI DEL CANOTTIERI ROMA

I giovani del C.C. Roma durante un allenamento

Sportivi, attori, celebrità, politici, imprenditori, hanno festeggiato lo scorso 29 marzo i 100 anni del Circolo Canottieri Roma, uno degli storici circoli tiberini della Capitale. Festeggiamenti che sono iniziati con la presentazione del libro scritto da Sergio Rossi e Italo Massimo Amati che ripercorre con dovizia di particolari la lunga storia del circolo remiero. «Nel libro - dice il presidente del CC Roma Andrea Tinarelli - si racconta con tanto di verbali la storia dello storico sodalizio, ma anche quella di Roma che in questi cento anni ha vissuto tante trasformazioni».

E con il prossimo numero, proprio con il Canottieri Roma, prosegue il viaggio tra i Circoli storici capitolini

L’ARBITRO A SCUOLA Venerdì 30 marzo Liceo Scientifico Augusto Righi, si è svolto il convegno di chiusura del progetto “L’arbitro a scuola”. Il progetto, realizzato dal Comitato FIGC SGS del Lazio insieme all’AIA del Lazio ed il MIUR, ha avuto l’obiettivo di sensibilizzare i giovani al tema del rispetto delle regole, utilizzando come strumento la figura dell’arbitro, in qualità di rappresentante delle diverse figure professionali impegnate nella soluzione dei problemi attinenti il rispetto delle regole. Si tratta del primo progetto di questo tipo sul territorio nazionale ed ha coinvolto 6 Istituti di scuola superiore di Roma e 6 Istituti nelle province del Lazio. Il progetto ha previsto la realizzazione di due incontri (tenuti da un arbitro federale ed uno psicologo dello sport) per ogni Istituto, dove il calcio e le sue regole sono diventati strumento e pretesto per parlare di rispetto reciproco, regole ed educazione allo sport. Per cono-

Gianni Rivera e Giancarlo De Sisti.

scere il pensiero sul rispetto delle regole, ad inizio e fine progetto, agli studenti sono stati somministrati dei questionari, che hanno permesso di conoscere la percezione delle regole da parte dei giovani e la loro percezione dell’arbitro. Nel convegno siono stati svelati e discussi i risultati ottenuti. Alla presentazione, tra gli altri, c’erano anche Gianni Rivera, Presidente SGS FIGC, Nazzareno Ceccarelli, Presidente AIA Lazio, Antonino Mancuso, Coordinatore Ufficio Scolastico MIUR Lazio, Patrizia Minocchi, Coordinatore Federale SGS Lazio, Barbara Benedetti, SGS FIGC e Giancarlo De Sisti, Ambasciatore Fair Play SGS FIGC.

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L’aneddoto

« …a Morini, pensace te! »

Famoso per i suoi autogol a Zoff, ben 7, lo stopper della Juventus Francesco Morini incappò per due stagioni consecutive nella disavventura contro la Roma. L'anno seguente si presenta all'Olimpico e, concentrato, inizia la fase di riscaldamento. Per sua sfortuna capita sotto un tifoso giallorosso con buona memoria, gli grida fiducioso: "A Morini, pensace te!"

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Il primo cannoniere storico della Roma è stato Rodolfo Volk, fiumano, capace di segnare in maglia giallorossa 91 reti in 157 partite

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SIMONE PEPE

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Nato a Il Nazionalità Abita a Famiglia Professione Ruolo Altezza Peso Esordio nel professionismo Gol segnati in carriera Segni particolari

Albano Laziale 30.08.1983 Italiana Torino Fidanzato Calciatore Ala destra 178 cm 73 kg 2002, Lecco 56 Sorriso guascone

MEZZA MARATONA ROMA-OSTIA i può senz’altro affermare che la XXXVIII EdiScedente zione della Roma Ostia ha battuto ogni prerecord della gara. Lo sparo di partenza della manifestazione è stato dato dal Sindaco di Roma Capitale Gianni Alemanno che è stato accompagnato dal Delegato allo Sport Alessandro Cochi, entrambi si sono poi cimentati nella Euroma2Run, la gara non competitiva abbinata alla RomaOstia. Passando ai risultati, Philemon Kimeli Limo si è aggiudicato la gara maschile della gara con un crono straordinario che impreziosisce ed eleva il valore agonistico di tutta la manifestazione: 59 minuti e 32 secondi di assoluto spettacolo agonistico, una marcia impetuosa verso il mare di Ostia coadiuvato da un cast di avversari che hanno dovuto accontentarsi solo degli altri preziosi gradini del podio: Leche Shumi Dechasa, secondo in 59’51’’, Kiprop Limo, terzo in 59’55’’ e John Kiprotich in 1h00’02’’. Straordinaria prestazione cronometrica anche per Florence Kiplagat, la vincitrice della maratona di Berlino 2011, che poco prima del quindicesimo chilometro ha cambiato marcia andando a chiudere in 1h06’38’’ e rifilando ben 44 secondi ad Agnes Kiprop, che ha chiuso in 1h07’22’’,e più di un minuto all’etiope Beyene Tirfi, che ha chiuso in 1h07’42’’.

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Chris Evert e Martina Navratilova, storiche rivali negli anni 70/80, si sono affrontate due volte in finale al Foro Italico: nelle edizioni 1973 e 1974, sempre con la vittoria della Evert.

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RIFLETTORI SULLO SPORT Il personaggio del mese, il divo, l’uomo copertina: ogni numero alla ricerca delle star che anche grazie allo sport sono diventati le icone del momento...

STAR USCITA CINEMA: 7 marzo 2012 REGIA: Andrew Stanton SCENEGGIATURA: Andrew Stanton, Mark Andrews, Michael Chabon, Edgar Rice Burroughs ATTORI: Taylor Kitsch, Willem Dafoe, Lynn Collins, Samatha Morton,Tomas haden Curch, Mark Strong.

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NEWS ROMANINA SPORTING CENTER In una splendida cornice di pubblico e dopo la gradevole esibizione di pallanuoto che ha visto la partecipazione di ragazze/i di compagini intervenute da Latina (Antares e Latina Nuoto), Velletri, della Lazio ed, ovviamente, della SIS Roma, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno, circondato dalle atlete giallorosse, ha onorato la società capitolina inaugurando ufficialmente il nuovo impianto polifunzionale. Di fronte alle vetrate della piscina del Romanina Sporting Center (questo il nome del centro realizzato nella zona Est della Capitale),illuminata dai raggi rosati del tramonto, il Primo Cittadino ha avuto parole di elogio e di sprone per la dirigenza, i tecnici e le atlete della SIS Roma, ricordando i valori fondanti dello sport – che sono quelli propri di questa giovane società – e segnalando l’importanza anche per tutti i cittadini della possibilità di sfruttare pienamente questa nuova risorsa.

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La panchina d’oro, riconoscimento per il migliore allenatore italiano, è stato assegnato per l’edizione appena svolta al tecnico dell’Udinese Francesco Guidolin.

SPORTSMAN

TAYLOR KITSCH Taylor Kitsh è un attore canadese, nato a Kelowna nella regione della British Columbia. Noto al grande pubblico per la serie tv della NBC “Friday Night Lights”, nella quale interpreta una tormentata star del football giovanile, ha raggiutno il successo internazionale nel film “The Covenant” di Renny Harlin. Nel 2002, dopo essersi trasferito a New York, ha conseguito il titolo di personal trainer e nutrizionista, scelta che probabilmente gli garantì il successo nei casting della NBC. Dopo un successivo trasferimento a Los Angeles,

grazie ai consigli di Sheila Grey, nota acting coach americana, è riuscito ad evolvere il proprio stile recitativo fino ad essere reclutato prima con un ruolo minore nel film “X-men le origini”, e successivamente nella super produzione Disney “John Carter” con il ruolo di protagonista. Il personaggio interpretato, John Carter appunto, è un ufficiale dell’esercito sudista che si addormenta in un grotta dopo essere scampato a un assalto dei guerrieri Apache. Al suo risveglio si ritrova fortunosamente trasportato su Marte, dove, grazie alla differente forza di gravità ac-

quisisce dei poteri che lo rendono superiore alle popolazioni autoctone. Forte di questa superiorità il nostro alieno verrà coinvolto negli scontri tra le tribù marziane fino a quando ormai eroe non avrà la possibilità di ritornare sul suolo terrestre. Kitsch, nella vita, è dotato davvero di superpoteri, visti i ritmi di allenamento che sostiene: «Inizio ad allenarmi alle 4.30 del mattino - ha detto in un’intervista - quando le persone ancora devono svegliarsi per andare al lavoro, e torno in palestra di nuovo il pomeriggio». Andrea CRESCENZI

IL 25 APRILE 67° GP DELLA LIBERAZIONE Il Liberazione è un punto fermo della Capitale ma anche del ciclismo nazionale ed internazionale che ha come sede di partenza e arrivo Viale Terme di Caracalla (a fianco dello Stadio Nando Martellini). Per l’edizione numero 67 sono attesi 200 corridori under 23 in rappresentanza di 40 squadre pronti a darsi battaglia sui tradizionali 6 chilometri del circuito da ripetere 23 volte (138 km) che, nonostante la sua brevità, dal 2009 ha avuto la deroga permanente dall’Unione Ciclistica Internazionale per i suoi contenuti tecnici e storici in riferimento al numero di partecipanti e alla qualità degli iscritti provenienti da ogni parte del mondo (anche se i regolamenti UCI prevedono che le prove in linea che si svolgono in circuito debbano essere lunghe almeno 12 chilometri per ogni tornata). Il vincitore di quest'anno è stato Enrico Bardin.

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TIBER ROMA: TRE ANNI DI SUCCESSI La storica società sportiva della capitale, è stata premiata dal IV Municipio per i tanti successi centrati nell’ultimo triennio con il basket giovanile. Vittorie che danno lustro al Municipio e alla città,

VIA MUSUMECI GRECO Il 29 marzo si è svolta la cerimonia di inaugurazione della targa toponomastica “Viale Enzo Musumeci Greco: Maestro d’Armi (1911-1994)”. La via dedicata al grande maestro di scherma è nei pressi di Porta di Roma.


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Alberto Contador non potrà correre il Giro d’Italia e Tour de France 2012. Lo spagnolo è stato squalificato fino ad agosto per il caso di doping al Tour del 2010, la vittoria del quale gli è stata tolta

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NEWS APERTO PARCO KOLBE I primi di aprile il Parco Kolbe, 25 ettari di verde in via Tiburtina all’altezza del capolinea della metro B, Rebibbia, rimasto abbandonato per anni, è tornato ad essere un polmone verde a disposizione dei cittadini. Dopo tre anni di lavori, Italiana Fitness ha inaugurato uno dei centri sportivi più ecologici e moderni della Capitale, “Parco Kolbe”. La società, attraverso il bando comunale per la riqualificazione delle periferie romane, ha realizzato un complesso sportivo eco sostenibile, fatto di travi di legno, vetrate, pannelli solari per il risparmio energetico e materiali riciclati. Il centro “Parco Kolbe” si sviluppa su due piani per un totale di 7.000 mq. E’ composto da 8 sale per il fitness e il wellness, tre piscine, due interne e una esterna, baby parking, sala convegni per attività culturali, centro fisioterapico, centro benessere, centro termale, bar e ristorante, oltre a un parcheggio per 300 auto. All’esterno, inoltre, è stato realizzato un anfiteatro per gli spettacoli culturali e di cabaret in grado di ospitare mille spettatori. Inoltre, 18.000 mq di parco sono stati attrezzati a verde pubblico, dunque fruibili gratuitamente dai cittadini: giardini, aiuole, viali alberati, giochi per i bambini, area per i cani e una bocciofila per gli anziani. Il parco sarà custodito e la manutenzione sarà garantita sempre da Italiana Fitness. Info: 800911110

Il numero totale di vit199 torie ottenute dal palleggiatore dell'Andreoli Latina Daniele Sottile.

IL 29 MAGGIO L’ALBARACE La vigilia del Golden Gala 2012 sarà ancora una volta all’insegna dei runners insonni. Giovedì 29 maggio, alle 5.30 del mattino, in 1000 parteciperanno all’Albarace, la corsa su strada di 5.700 metri con arrivo all’interno dello Stadio Olimpico.

Maggior numero di punti 29 fatti in un test match

STATISTICHE

della Nazionale azzurra di rugby a Roma: l’impresa è firmata da Diego Dominguez.

NAZIONALE SINCRO A ROMA Alle piscine del Foro Italico si è svolto il lungo collegiale della Nazionale italiana di nuoto sincronizzato funzionale alla preparazione dei prossimi appuntamenti internazionali. Tra le sincronette azzurre che hanno lavorato con il ct azzurro, anche la romana Benedetta Re.

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Il numero di gran premi di Formula 1 disputati in carriera dal pilota romano Giancarlo Fisichella.

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In epoca moderna il loro utilizzo fu reso obbligatorio nel Codice della Boxe scientifica, scritto nel 1865 da John Sholto Douglas e John Graham Chambers. Da allora è diventato lo strumento simbolo di questo sport, evolvendosi sia dal punto di vista dei materiali, sia del suo utilizzo specifico. A tutt’oggi infatti si distinguono differenti categorie che differiscono in peso e scopo: i guanti da sacco, leggeri e poco imbottiti, i guanti da combattimento, il cui peso varia tra le 8 e le dieci once e i guanti da sparring, appesantiti appositamente per potenziare l’atleta.

tecnologie

OGGI

GUANTI DA BOXE

L’origine dei guanti da boxe risale molto probabilmente alla metà del dodicesimo secolo A.C. ma le prime fonti sicure risalgono all’antica Grecia. Per cercare di porre rimedio alle frequenti ferite alla testa ed alle fratture delle mani, i pugili ellenici cominciarono a fasciarsi con delle strisce di cuoio lunghe 4 metri chiamate himantes. In seguito il loro utilizzo superò i semplici fini protettivi e furono introdotti materiali come: vimini, ferro e cuoio trattato per essere tagliente. Questa evoluzione portò a quello che i romani chiamavano caestus, ovvero un guanto pesante con inserti in piombo e con l’aggiunta di chiodi e spuntoni, il cui unico fine era quello di rendere il combattimento più rapido, devastante e sanguinoso.

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STRUMENTI La rubrica che racconta l’evoluzione dei materiali utilizzati per la realizzazione delle attrezzature di tutte le discipline sportive

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C R O N O G R A F I

L’evoluzione

La storia

Massimo Barrovecchio è stato dichiarato miglior arbitro del mondo per la versione Wbc, ma regina delle versioni nelle quali si divide l’universo pugilistico

NEWS

A cura di Andrea CRESCENZI

DEL MESTIERE

ASSOLUTI DI CARAMBOLA A OSTIA Il 28 e 29 aprile il C.S.B King di Ostia è stato teatro della terza prova di qualificazione agli assoluti italiani di carambola a tre sponde. Il torneo ha visto la partecipazione di alcuni tra i migliori specialisti della disciplina che conta moltissimi appassionati nella Capitale. Tra gli iscritti spiccano il campione italiano di carambola libera Roberto Garofalo e il già campione italiano della specialità 3 sponde Andrea Ginosi. Il 12 e il 13 di maggio invece inizierà la quarta ed ultima prova, i cui risultati serviranno a comporre la classifica definitiva per l’accesso alle finali di categoria.

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Roma-Inter si campionato è stata spostata di 24 ore per la nevicata che si è abbattuta sulla Capitale. Il precedente (gara spostata di 24 ore) risaliva ad un Lazio-Milan del 1985

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L’autografo

Scrivici a redazione@spqrsport.it

R PERSEVERARE È UMANO NADAL

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n questo numero ci occupiamo di un grandissimo campione di tennis che deve le sue fortune anche alla Capitale, dove nel 2005 ha vinto il suo primo torneo maggiore dell'ATP tour. Con le sue tre vittorie agli Internazionali di Tennis è diventato uno degli idoli più osannati dagli appassionati capitolini, tanto che si stimano una media di 1000 autografi rilasciati in ogni edizione alla quale ha partecipato.

Libri

DI PIETRO TRABUCCHI

Questo ci racconta Pietro Trabucchi nel suo ultimo libro e ci insegna in primo luogo a trovare e mantenere in se stessi la forza di raggiungere un obiettivo; e a costruire con gli altri un sistema sano di relazioni in cui ognuno trova il suo ruolo, mostra le sue capacità e ottiene i suoi obiettivi aumentando la propria autostima e migliorando la qualità della propria vita e quella del gruppo in cui si muove, sia esso un team sportivo, un'azienda o una famiglia. Editore: Corbaccio Anno di pubblicazione: 2012 Costo € 15.00

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Sugar Ray Leonard ha iniziato la sua straordinaria carriera pugilistica vincendo la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Montreal del 1976.

La seconda puntata

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AbbigliAmento sportivo

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L’abbigliamento sportivo nel calcio durante il corso del ’900, non ha riportato grandi variazioni, contrariamente a molti altri sport che, per comodità e necessità, si sono adattati con facilità agli standard odierni. “Gli uomini del calcio” indossavano infatti, già dall’inizio del secolo scorso, una polo abbinata al classico pantaloncino poco più su del ginocchio. Notiamo però che c’è stata un’evoluzione per quanto riguarda le forme nella divisa e sicuramente nei materiali; se inizial-

Maglia: Le prime maglie da calcio avevano un taglio ampio ed erano tessute in lana o flanella, decisamente pesanti per l’attività sportiva, fastidiose d’estate e scomode d’inverno soprattutto in presenza di pioggia. Pantaloncini: erano uguali per tutti, di colore nero, privi di bordature in altri colori.

Calzini: generalmente erano di proprietà degli atleti, erano tessuti in lana pesante con bordatura bianca all’altezza dell’elastico.

Scarpini: i primi avevano la parte superiore che avvolgeva completamente la caviglia, in pelle pesante con la punta rinforzata, simile alle scarpe da lavoro o agli scarponi militari. Intorno agli anni ’50 ci fu una vera evoluzione, infatti vennero presentati degli scarpini a taglio basso, con la foggia di una scarpa vera e propria, vennero anche inseriti dei tacchetti intercambiabili a vite.

mente i nostri sportivi vestivano comode divise dalle forme ampie, ai giorni nostri si determina una notevole riduzione soprattutto per quanto riguarda la vestibilità, infatti oggi la divisa da calcio aderisce, anche se non in maniera evidente, al corpo del calciatore. Siamo nell’epoca dei materiali tecnici, ultra leggeri e traspiranti.

Maglia: Il tessuto della maglia della Nazionale presa in esame (Dri-FIT e poliestere) è creato per mantenere la pelle asciutta e garantire la massima comodità, ornata da stemmi e altri riferimenti alla squadra. Leggero e traspirante questo tessuto permette di essere sempre asciutto e comodo favorendo l'evaporazione del sudore. Pantaloncini: Realizzati in leggero tessuto high-tech hanno la lunghezza giusta per assicurare e favorire la traspirazione mantenendo la pelle fresca e asciutta, donando massimo comfort durante l’attività sportiva.

Calzini: nei colori delle squadre e con i loghi degli sponsor tecnici e delle società di appartenenza

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Scarpini: tomaia in pelle per un comfort e una morbidezza superiori grazie anche al tallone foderato in nabuk.


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La prima nazionale che riuscì a sconfiggere in casa l’Inghilterra è stata l’Ungheria di Puskas: un memorabile 3-6 a Wembley nel 1953.

LA ROMA PRIMAVERA ALZA LA COPPA La Roma Primavera, a distanza di 18 anni, torna ad alzare al cielo la Coppa Italia. Allo Stadio Olimpico, davanti a oltre 20.000 spettatori, i ragazzi allenati da Alberto De Rossi sono riusciti a centrare il successo ai danni della Juventus, riportando così a Trigoria un trofeo che mancava dal 1994, anno in cui un giovanissimo Totti siglò tre reti nel doppio confronto con l'Inter. Stavolta è bastato il 21 centrato in gara uno in casa della Juventus a garantire ai giallorossi il successo (0-0 all’Olimpico nella sfida di ritorno).

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La rubrica che fa scoprire come si vestono i campioni dello sport

1 Pashmina

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Motivo a quadrucci: in tinta e in linea con la felpa

2 felpa Grigia davanti e all’interno, a quadrucci nel retro e sulle maniche

3 T-shirt Stilizzata con volto femminile, colori in tinta con pashmina e felpa

4 Doppio orologio A sinistra quello in acciaio, a destra quello in silicone.

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Osvaldo è famoso per il suo look piratesco, che fa molto Johnny Depp, ma in realtà ama anche l’abbigliamento da rocker, come ben testimoniato da questo scatto molto “grunge”. E in effetti il bell’Osvaldo l’anima della rockstar ce l’ha sin da bambini, tanto che in un’intervista ha dichiarato: “Non fossi un calciatore, avrei fatto la rockstar”.

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Yelena Isinbayeva ha recentemente ritoccato il suo primato del mondo indoor di salto con l’asta, portando l’asticella a 5,01. La russa detiene anche il primato assoluto a 5.06

Federico PASQUALI

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& SPORT La rubrica che racconta sport e celluloide

Focus sul

SURF POINT BREAK

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l surf è nato come sport per pochi. Si è trasformato in breve in una moda. Poi in un vero e proprio stile di vita per i giovani statunitensi, sudamericani, europei e asiatici. Ancora oggi rappresenta ciò. Si perché il surf non è proprio uno sport nel senso della parola più stretto. Non ci sono i campionati mondiali di surf. Tanto meno è mai stato preso in considerazione come disciplina olimpica. Eppure chi lo pratica si allena come un qualunque altro atleta di rango. Ma domina sempre il concetto di stile, filosofia di vita. E il cinema, seppur non proprio con una vasta filmografia, ha saputo cogliere appieno l’essenza del surf regalando pellicole diventate presto cult movie. Il primo film dedicato al mondo del surf e uno dei cult movie di tutte le giovani generazioni successive. La voce narrante di Fly, giovane surfista, introduce l’ambiente in cui tre amici, Matt Johnson, Jack Barlowe e Leroy Smith vivono in modo spensierato la loro gioventù praticando il surf sulle spiagge della California. Tre ragazzi con la stessa passione ma che vivono il passaggio dall’adolescenza alla maturità in maniera differente.

regia John Milus Usa 1978 Il primo film dedicato al mondo del surf e uno dei cult movie di tutte le giovani generazioni successive. La voce narrante di Fly, giovane surfista, introduce l’ambiente in cui tre amici, Matt Johnson, Jack Barlowe e Leroy Smith vivono in modo spensierato la loro gioventù praticando il surf sulle spiagge della California. Tre ragazzi con la stessa passione ma che vivono il passaggio dall’adolescenza alla maturità in maniera differente.

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Dopo la disgregazione avvenuta nel 1991, l’Unione Sovietica si è presentata alle Olimpiadi di Barcellona nell’anno successivo sotto il nome di Comunità degli Stati Indipendenti

IL SILENZIO SUL MARE

BLUE CRUSH Regia John Stockwell Usa-Ger 2002 Anne Marie Chadwick lavora come cameriera e fa da madre alla sorella minore Penny, ma la sua grande passione è il surf. Incoraggiata dalle due amiche si prepara per partecipare ad un importante evento sportivo che si terrà sull’isola, ma ben presto le attenzioni della ragazza si spingeranno verso Matt, giocatore di football arrivato sull’isola con la sua squadra.

regia Takeshi Kitano Gia 1991 Shigeru è un sordomuto che vive la sua vita apaticamente, diviso fra il lavoro da netturbino e le passeggiate sul mare con la sua fidanzata sordomuta. Un giorno trova una tavola da surf abbandonata vicino ad un bidone dell’immondizia e l’incontro gli cambierà la vita. Impara a surfare trovando uno stimolo nella sua vita: poter cavalcare quelle onde silenziose che tante volte aveva ammirato.

regia Kathryn Bigelow Usa 1991 Altro film cult per i surfisti. Una pellicola d’azione e non solo per le scene sulle onde. Una banda di quattro rapinatori usa maschere raffiguranti i presidenti americani per rapinare banche. Per anni riescono a farla franca, ma le cose si mettono male e l’unico sopravvissuto scappa in Australia, dove realizzerà il più grande sogno, cavalcare l’onda perfetta, anche se gli costerà la vita.

regia Stacy Peralta Usa 2004 Non è un vero e proprio film ma un docufilm, o meglio di uno dei più famosi documentari sul surf al quale hanno collaborato alcuni tra i più famosi surfisti internazionali. Leggende del calibro di Laird Hamilton, considerato il miglior surfista di big wave, onde che superano i 15 metri, e Greg Noll, detto “Da bull”, statunitense uno tra i più spericolati atleti della storia del surf.

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NEWS

IL CAMPO DEI MIRACOLI La Provincia di Roma, insieme alla Fondazione Vodafone Italia, hanno contribuito, rispettivamente con 100 e 400 mila euro, alla realizzazione del “campo dei Miracoli-Valentina Venanzi” di Corviale, iniziativa promossa dall’associazione “Calciosociale”. testimonial d’eccezzione di questa iniziativa sociale è niente meno che Francesco Totti. Ma cos’è questo “campo dei miracoli”? È il primo centro in Italia dedicato interamente al calcio senza barriere sociali, ideologiche, fisiche, economiche e sessuali. Insomma nel centro si giocherà un calcio dove le squadre sono tutte uguali e con regole che mirano all’integrazione a 360 gradi. Ad esempio, nei tornei, i calci di rigore li tireranno i meno bravi della squadra, le partite saranno autoregolamentate, ossia nessun arbitro, e non esistono le riserve.

Sopra: Framcesco Totti testimonial dell’iniziativa. A destra: il cartello che indica la struttura.

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NEWS 50 ANNI DI AICS ll 24 marzo scorso, allo skatepark “The Spot” di Ostia, si sono svolti i festeggiamenti per i 50 anni della nasciata dell’Aics, l’ente di promozione sportiva nato appunto nel 1962. L’Aics ha celebrato lo storico traguardo con la consapevolezza di svolgere un ruolo importante di sussidiarietà e di mediazione fra le istituzioni e la società civile. L’Associazione è ormai radicata e consolidata su tutto il territorio nazionale, e il Comitato di Roma è uno dei più brillanti sia in termini di associati che di qualità nell’organizzazione di eventi.

Scrivici a redazione@spqrsport.it

POINT BREAK

RIDING GIANTS


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La Francia, prima di vincere il titolo mondiale nel 1998, era arrivata per tre volte in semifinale, sconfitta dal Brasile (1958) e dalla Germania Ovest (1982 e 1986)

A CURA DELL’UNIONE ITALIANA COLLEZIONISTI OLIMPICI E SPORTIVI

F I L AT E L I A E D I N T O R N I di Pasquale Polo

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l’inizio dell’anno e precisamente il 4 gennaio è stato celebrato dalle Poste Italiane il centenario della nascita di Giulio Onesti, il mitico presidente del CONI dal 1948 al 1978. L’iniziativa delle Poste, seppur lodevole, con l’emissione di un francobollo commemorativo illustrato con le scritte Giulio Onesti 1912-1981 il palazzo ad H del Foro Italico e fin dal 1953 sede del CONI, mentre l’annullo speciale primo giorno di emissione è stato utilizzato presso lo Spazio Filatelia di Roma San Silvestro. Non una Conferenza Stampa, un Congresso, una Esposizione sia da parte del CONI che dalla Fondazione Onesti (che pur aveva richiesto l’emissione) . Sicuramente il padre dello sport italiano forse si meritava qualche attenzione in più che l’asettico disegno approvato dalle Poste Italiane che non sembra neppure che il celebrato sia una persona. Altri francobolli illustrati con il complesso del Foro italico sono stati emessi nel 1987 per l’Esposizione Filatelica Internazionale Olymphilex 87 e nel 1933 in occasione dei Giochi Mondiali Universitari di Torino e sul quale viene rappresentato il particolare del monolite di Mussolini posto nel parco del Foro Italico.

V U O I V E D E R E P U B B L I C A T O I L T U O M A T E R I A L E D ’ E P O C A ? S C R I V I C I A R E D A Z I O N E @ S P Q R S P O R T. I T

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Il centenario della nascita di Giulio Onesti

Francobollo con il Foro Italico emessi nel 1987 in occasione dell’Esposizione Filatelica Internazionale di filatelia olimpica Olymphilex 87.

Il francobollo ha la particolarità che sul francobollo la scritta Mussolini sul monolite è scritta in modo contrario a quella vera.

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La rubrica che racconta i grandi eventi sportivi e i luoghi che hanno fatto la storia dello sport attraverso il materiale dei collezionisti

Francobollo da 0,60 € commemorativo della nascita di Giulio Onesti stampato su carta autoadesiva.

Annullo Primo Giorno di Emissione


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L’Italia è stata assente dalla Coppa dei campioni in una sola circostanza: stagione 1974-75, dopo l’esclusione della Lazio a seguito degli incidenti dell’anno precedente con l’Ipswich in Uefa

Lo sai che... PALLONE D’ORO R PONTE Termine utilizzato nello snowboard per indicare la parte di tavola compresa tra lapunta e la coda. Per ponte si intende anche il valore della distanza tra la soletta e il piano di appoggio della tavola.

AQUAPLANING Termine utilizzato nell’automobilismo per indicare quel fenomeno improvviso per il quale la vettura perde aderenza con la superficie asfaltata, in quanto, per la velocità, si forma uno strato di acqua compressa tra il pneumatico e l'asfalto che rendono l'auto incontrollabile sia nelle accelerazioni che nelle frenate.

SFONDAMENTO Termine utilizzato nel basket per indicare l’azione d’attacco di un giocatore che colpisce il difensore non in movimento, nel suo cilindro, con un’azione poco fluida o irruente.

AERIAL Termine utilizzato nel surf per indicare la manovra con la quale il surfista esce fuori dall'onda (in aria) per poi rientrarci.

APPROCCIO Termine utilizzato nel tennis per indicare l'intenzione del giocatore di attaccare portandosi verso la rete per chiudere il punto con la volée.

I Pallone d'Oro viene assegnato ogni anno, dal 1956, al miglior calciatore dell'anno. Il premio fu istituito dalla rivista sportiva francese France Football e subì negli anni diverse modifiche al regolamento. In particolare, fino al 1994 i vincitori dovevano essere di nazionalità europea, dal 1995 in poi invece iniziarono a concorrere anche i giocatori di nazionalità extra-europea. Fino all'edizione 2006 però i calciatori dovevano aver militato in club associati all'UEFA mentre dal 2007 possono concorrere tutti i calciatori militanti in un qualsiasi club della FIFA. Infine dal 2010 il premio è stato unificato con il FIFA World Player of the Year e si è trasformato nel Pallone d'Oro FIFA.

RICCO E PERDENTE Ormai i guadagni di Tiger Woods sono quasi esclusivamente costituiti dai pagamenti degli sponsor, visto che le vittorie sui campi da golf di tutto il mondo sono un lontano ricordo. Nonostante questo, il golfista statunitense, rimane anche per il 2011 lo sportivo più pagato del mondo con un totale di 62.294.116 dollari.

4 DECENNI DI SUCCESSI John McEnroe è l’unico tennista della storia capace di vincere tornei Atp in quattro decenni differenti. Il primo torneo lo vinse nel 1978 all'età di 19 anni, l’ultimo nel 2006, all'età di 47 anni. Scrivici a redazione@spqrsport.it


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NEWS

GIOCHI

DI STRADA R

racconta La rubrica che mpi di te i classici passa lli una volta, que ati nelle spontanei pratic e. zz vie e nelle pia li... na io I giochi tradiz

gira a l o t t o r t a l ade.. izionali al bay bl Dalle trottole Trad più antichi, visto che già gli scrit hi un oc è gi , i zie ch ba po i ro de ac se Uno rivevano le vortico atori greci ne desc odo recentemente riscoperto gr m e co a tic as pl in la gioco in qualch ey blade”, trotto arebbe inte“b i de a od m la zie al i…..S o ssiona i ragazzin lorata che appa gara con le tradizionali in legn in ”, lo rle co de os ve “m te il an n ss re o co con uno spago, d’altri tempi che tornito lanciate gazzini ra va ne tte tra in frusta, la facetrottola che assestati colpi di ipotetici pern be e si ro de po con ntando re e correre, inve vano girare,salta corsi.

Dora Cirulli

REGOLAMENTO are con la trottola: Tre modi per gioc scirà a far girare la trottola più • Il primo è chi riu indi una gara di durata. a lungo. Sarà qu piano di lancio à disegnato sul ntrassegnati dr ve o nd co se Il • hi concentrici co una serie di cerc giocatore lancerà la propria Il o. gi eg sempre in da un punt di farla fermare, dal magdo an rc ce la tto to tro na rchio contrasseg rotazione, nel ce o. gi gior punteg ontro tra trotvero e proprio sc • Il terzo vedrà un vranno infatti cercare di spintole. I giocatori do

dal campo di avversaria fuori gere la trottola ente stabilito. m gara precedente a. Questo giottola con la frust • “Moccolo” o tro più diffuso tra i giochi con le co era infatti il e il più difficile, visto che si ch trottole. Ma è an tta partire la trottola,contifa lta vo a n una frusta, deve, un re colpendola co nuare a farla gira e ed uno spago, oppure con on fatta con un bast to flessibile. In questo modo ol un bastoncino m are dei percorsi da superare nt ve in o on ss po più semplisi possibile o, molto nel minor tempo chi riesce a far girare la trotcemente, vederle tola più a lungo.

ALESSIA FILIPPI TORNA IN GARA AGLI EUROPEI Dopo l’Europeo del 2010, dove Alessia Filippi arrivò, da campionessa del mondo dei 1500 stile libero, in condizioni fisiche disastrate tanto da uscire con le ossa rotte dall’evento, la campionessa romana torna a gareggiare nella rassegna continentale. Sicura della qualificazione olimpica nei 200 dorso, conquistata ai Campionati italiani primaverili, agli Europei di Debrecen (21-27 maggio) proverà a centrare il tempo limite per qualificarsi alla sua gara, gli 800 stile libero.

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LA TUA RIVISTA DI SPORT SFOGLIALA ONLINE

t i . t r o p s r q p s . w


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È lo svedese Ingmar Stenmark, con 86 vittorie, il recordman di successi nella coppa del mondo di sci alpino: il fuoriclasse ha vinto 46 volte in gigante e 40 in slalom

N. 05- ANNO 31 - N. 05 - YEAR 31TH

MAGGIO - MAY 2012

un OSPITE a

ROMA A GUEST IN ROME

TUTTI GLI EVENTI R DELLA TUA CITTÀ 060608

ROMA SECONDO MAURIZIO BATTISTA Ha sbancato il Teatro Sistina portando in scena “Il suo secondo matrimonio”: una commedia un po’ diversa dal solito dove racconta, insieme a Francesca Nunzi, Lallo Circosta e Riccardo Graziosi, vizi e virtù dei rapporti di coppia. Ma anche in questo spettacolo Maurizio Battista non ha rinunciato a trarre ispirazione dalla realtà, soprattutto nel prologo che ogni sera si è arricchito di qualche elemento nuovo. «E’ più facile ispirarsi alla realtà. Il livello culturale è quello – ho preso la terza media offshore - e rispecchia esattamente quello faccio. Mi cimento in quello che sono capace di fare. Ed è quello che dovrebbero fare molti italiani, specialmente chi fa arte, politica o cose di particolare visibilità. Sono dell’idea che se non sai fare niente dovresti startene a casa. Invece nel nostro Paese anche chi non sa fare niente si spaccia per chi sa. Per esempio Alba Parietti è lo stereotipo italiano stupido. Se c’è un problema, in tv chiamano lei. Si infarina di due cose e parla...ma è un’opinione che poi dì te, tu’ madre, tu’ zia». Senza mezze misure il comico di San Giovanni dice quello che pensa ed è questa la sua forza. Battista è uno nazionalpopolare che con la sua ironia e irriverenza arriva dritto al pubblico, senza filtri. Poi i

IL MIO SECONDO MATRIMONIO Il comico romano Maurizio Battista ha portato in scena il suo secondo matrimonio. Tutto è pronto per le nozze in chiesa ma la sposa è in ritardo. Battista non si perde d’animo e approfitta per raccontare le sue precedenti esperienze di coppia, le caratteristiche delle donne che ha incontrato nella sua vita, le loro peculiarità e le loro manie. Ne esce un quadro esilarante sul rapporto tra sessi, grazie alla sapiente arte di narrare dell’attore, fatta anche di gesti e di una romanità vivace particolarmente apprezzata. L’arrivo della sposa riporta tutti alla realtà nuziale, fino al tanto atteso fatidico “sì”. Nel cast dello spettacolo Francesca Nunzi nella parte della sposa ritardataria.

fatti di cronaca ci mettono del loro a dargli spunti continui per i suoi monologhi. Come la nevicata a Roma. «Roma è una città grande. C’è Roma nord e Roma sud. Quando e’ nevicato, a Montemario c’era la bufera, a San Giovanni da me stavano tutti con i pantaloncini corti e le infradito. Una sera a Ballarò c’era ospite il Sindaco Pisapia che sottolineava l’efficienza del Comune di Milano nel togliere la neve in poche ore. Beh, io stavo a casa e peccato che la televisione non fosse interattiva in quel momento. Comunque gli ho detto “A Pisapì, Milano a confronto de Roma è ‘na camera e cucina. Noi a Milano c’appoggiamo le scope”. Roma è complicata, è difficile. Quando da Centocelle vado a Collina Fleming, mia madre mi dice di portarmi un giacchetto. E c’è perfino gente che non è mai andata dall’altra parte di Roma. A Milano nevica ogni anno. Da noi no. Dovremmo avere gli spazzaneve sulla Subaugusta fermi trent’anni?». Hai avuto disagi durante la nevicata?«Non particolarmente. In fondo si è trattato solo di un giorno di delirio collettivo. Dalle polemiche sembra che siano stati 10 anni. Istintivamente a me i sindaci non sono molto simpatici. Come istituzioni intendo, al di là del colore politico. Ma un evento che capita ogni trent’anni mica è facile da gestire… come se a me dicessero di andare con una donna dopo tutto quel tempo: me so’ scordato come se fa! La neve a Roma sicuramente è un fastidio, ma se andiamo in montagna ce stamo ‘na settimana e ce piace. Tanto a Roma non è che vivi facilmente comunque. Mica serve la neve per lamentarsi.

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Il cecoslovacco Emil Zatopek si rese protagonista di una tripletta storica alle olimpiadi di Helsinki del 1952: vinse l’oro nei 5.000, 10.000 e nella maratona

Quando c’è il sole è troppo afoso, quando c’è la pioggia è troppo umido. Come la metti la metti». La sua non è una difesa a oltranza della Capitale, ma è la dimostrazione di quanto sia importante per lui l’appartenenza al territorio. «Io sono romano e sono orgoglioso di esserlo. Vivo la città appieno con tutte le sue contraddizioni: la difendo quando c’è bisogno di difenderla e l’attacco quando c’è da attaccarla. I difetti li conosco bene, ma sono difetti di una grande metropoli, mica quelli di Bergamo o di Belluno. Quando vado in tournée spesso mi si chiede di Roma e io invito tutti a viverci almeno una settimana per capire come siamo messi». E il traffico? «Semplice. C’è traffico perché ci sono tante macchine. Ne abbiamo tre a famiglia. Mica ci vuole uno scienziato per capirlo. A Roma tutto si amplifica e diventa un problema». Pure lo stadio può esserlo, a detta sua. «Sono di fede giallorossa e vedo tutte le partite. Ma vado allo stadio di rado perché mica è facile andarci a Roma. A Bergamo è comodo. Qua te devi preparà du’ ore prima per trovà parcheggio. Così preferisco rimanermene sul divano di casa, pure al caldo». A proposito di sport a Roma, in agenda erano state inserite la Formula Uno e le Olimpiadi, come volano per lo sviluppo economico e per una maggiore visibilità a livello internazionale della città. Entrambe le proposte poi rifiutate. Che ne pensi? «L’anno scorso ho discusso col sindaco Alemanno sulla Formula Uno mentre eravamo in teatro. Gli precisai che Roma non ne aveva bisogno. Se si vuole dare lavoro ai giovani basta metterli davanti alla Bocca della Verità e farsi dare un euro da ogni turista. Ma perché a Roma mettere la mano dentro al mascherone deve essere gratis? All’estero, e io ci vado spesso, tutto è a pagamento. A Lisbona, mi ricordo, paghi 3 euro per prendere un tram, tipo er 13 barrato, per fare pochi metri. Ahò, io pensavo che si fosse rotto quando si è fermato. Con quella cifra me doveva riportà a Casalbertone! E poi si legge sui

giornali che qualcuno sporge denuncia per aver pagato due cappuccini e due cornetti 10 euro a Piazza Navona. Solo pe’ entrà a Piazza Navona me li devi dà quei soldi. Ma lo sanno questi signori che i piccioni nella piazza sono pagati 2 euro al giorno per stare là, e sono regolarmente segnati? » La divagazione è la sua caratteristica più evidente, ma torniamo alla Formula Uno. «Fantasticando con Alemanno sulla durata del percorso di 4,6 km all’Eur, gli dissi che i piloti ci avrebbero impiegato 16 ore. Secondo lei sindaco, gli ho fatto notare, se io stessi sulla Colombo con la Smart farei passare una McLaren? Io non faccio passare manco l’autoambulanza. E poi ci sarebbe la questione del pit-stop a Laurentino 38. Là, invece di smontarle, te le fanno (rubano, per chi abita fuori dal raccordo anulare) le ruote». Le Olimpiadi invece? «Sono sulla stessa linea. Credo che non servano queste cose a Roma. Avrei vissuto anni di guerra, di cantieri, di disagi e di sperperi. Meno male che c’è Monti, perché ci vuole un padre che ci bacchetta. Quindi ha deciso che non è il momento giusto per avventure simili. Io sono tre anni che dico ‘sta cosa: prima di fare altri investimenti, ci sarebbero altre cose da pagare ancora, come i lavori dei Mondiali del ’90. Su un quotidiano di qualche giorno fa si ricordava la storia di una stazione costruita a Roma e mai utilizzata a quello scopo. Lo so io il motivo per cui non è stata mai aperta: perché il team di ingegneri che l’ha progettata – e mica l’ha fatta un gruppo de pizzicaroli de Norcia – ha fatto dei conti sbagliati. Pensa, i tecnici non avevano calcolato che due treni insieme in galleria non c’entravano. Sarebbe stato semplice. Il team doveva calcolare “treno più treno per 3,14”. Con questi presupposti, noi dovremmo spendere soldi per fare un’altra cosa? Ma andiamo. Per non parlare delle Olimpiadi invernali di Torino. C’è uno che sta ancora sul trampolino e non l’hanno avvertito che quell’impianto non serve più a niente ed è chiuso. Fra un po’ c’è il Giubileo, e quindi ci si dovrà pensare per forza. Poi semmai affronteremo le Olimpiadi del 2060…non mi va di essere negativo su tutto…basta che ci muoviamo in settimana…». Francesca CELLAMARE

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È quindi proseguita la maledizione per la Costa d’Avorio di Didier Drogba: gli elefanti non si aggiudicano il trofeo ormai da 20 anni.

PREMIO RETINA D’ORO PRESTIGE A BARACK OBAMA! Abbiamo incontrato Mauro Rufini, Presidente di UniCredit Basket nonché ideatore e promotore del premio Retina d’Oro. 55 anni, quasi una vita trascorsa in UniCredit ma anche un passato da ex cestista e allenatore di pallacanestro con una passione sconfinata per lo sport della palla a spicchi che lo ha spinto a ideare nel 2000 il premio "Retina d'Oro" un appuntamento che nel giro di pochi anni ha varcato i confini nazionali per raggiungere l'Europa e ora anche l'America con l'NBA, simbolo riconosciuto e marchio di qualità ed eccellenza del basket italiano e non solo. Roma, Milano, Toronto, Mosca, Madrid, Barcellona sono solo alcune delle tappe che il Premio ha fatto in questi anni. Come ha anche sottolineato il Presidente della Fip Dino Meneghin «la Retina d’Oro è una tradizione che è già diventata storia…». E il 15 marzo scorso alla presenza di funzionari dell’Ambasciata Americana è stato consegnato a Roma presso la Sede UniCredit il Premio Speciale “Retina d’Oro Prestige” che UniCredit Basket ha voluto assegnare al presidente Usa Barack Obama. Grandi personaggi dello sport a livello mondiale ed eminenti personalità del mondo istituzionale sono entrati nell’Albo d’Oro della manifestazione. Obama segna il punto più alto della storia del premio: un personaggio che ama e conosce il basket come pochi e ne fa un ambasciatore unico e prestigioso per questo sport. Presenti alla cerimonia Mauro Rufini, Presidente di UniCredit Basket che ha consegnato premio e lettera per il Presidente Usa al Dr. Stephen Anderson Portavoce dell’Ambasciata Usa, Giampiero Caneschi General Manager di UniCredit Basket e Felice Delle Femine, Responsabile Centro Italia di UniCredit: una iniziativa e una giornata storica per la “Retina d’Oro” a coronamento di un lungo percorso con il premio dato non solo a un amante del basket ma a un uomo che guida il paese in cui questo magnifico sport è nato. Grandi personaggi dello sport a livello mondiale ed eminenti personalità del mondo istituzionale sono entrati nell’Albo d’Oro della manifestazione: da Mario Draghi, che ha un passato giovanile da cestista a Gianni Petrucci presidente del Coni, Luca Pancalli, Walter Veltroni, Gianni Rivera, Valerio Bianchini, Dino Meneghin, Dejan Bodiroga, Ettore Messina, Sergio Scariolo, Andrea Bargnani, Danilo Gallinari, Gianluca Basile, Manuela Di Centa e tanti altri ancora.

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NEWS LINK UNIVERSITY Il Delegato alle Politiche sportive di Roma Capitale, Alessandro Cochi, ha tenuto una lezione sulle Politiche di promozione sportiva degli enti locali nell'ambito del Master in Management e diritto dello Sport organizzato dall'Università Link Campus, presieduta da Vincenzo Scotti. Cochi ha sottolineato l’importanza della creazione di un Master assolutamente originale nel suo genere, che si prefigge di formare dirigenti di enti e federazioni nazionali ed internazionali, manager di associazioni e società sportive, organizzatori di eventi sportivi ed gestori di impianti e manager degli atleti professionisti, ricordando lo sforzo organizzativo del Prof. Pierluigi Matera, il calibro dei componenti del Comitato scientifico e il grande lavoro dell’area Marketing e Development e dell’area Relazioni esterne dell’Ateneo. NEWS | 136

FILMATI NELLA STORIA Momenti indimenticabili che hanno fatto la leggenda dello sport

Solo per cuori forti La vittoria più rocambolesca di una finale di Champions League appartiene al Manchester United ed è datata 1999. In soli due minuti, a novantesimo già scoccato, i Red devils vanificano lo splendido goal di Basler con le prodezze di Sheringam e Solskiaer.


Politiche dello Sport

L’INIZIATIVA L ’INIZIATIVA E EDITORIALE DITORIALE D DEL EL D DIPARTIMENTO IPARTIMENTO S SPORT PORT


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Cento anni di know-how, una rete di acquedotti di oltre 46.000 km e acqua di qualità distribuita ogni giorno ad 8 milioni di italiani. Questa è la realtà di Acea. Una realtà all’avanguardia che fa bene all’ambiente, alla popolazione, al futuro. L’acqua, l’uomo, la tecnologia.


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