A ldo N ozzolillo
L’ E V O L U Z I O N E D E L L’ A M B I E N T E C U C I N A M UTAM E NTI S O C IALI, E C O LO G I C I E D E R G O N O M I C I
Ci tengo a ringraziare, la Prof. Titti Rinaldi, relatrice di questa tesi per il supporto, le idee e la passione che mi ha trasmesso affinchè questo lavoro prendesse forma giorno dopo giorno. I miei amici che hanno condiviso con me gioie e dolori senza mai voltarmi le spalle, dimostrandomi tutto l’affetto e il sostegno del mondo. Un grazie speciale a Natalie e Biagio. Tutta la mia famiglia. Le mie sorelle Adriana e Isabella, i piccoli Giorgia e Vittorio Maria per la gioia infinita che riescono a regalarmi. Ines e Lello per il continuo supporto e l’affetto. In particolare, ringrazio i miei genitori: è grazie ai loro sacrifici e alla loro forza se oggi sono riuscito a raggiungere questo traguardo, è a loro che dedico questa tesi. Infine ringrazio Alessandra, con tutto l’amore che ho, per non aver mai smesso di credere in me.
INDICE DEGLI ARGOMENTI
Introduzione
1. 1.1 1.2 1.3
Cenni storici L’evoluzione dello spazio “cucina”: dalle case rurali alla quarta dimensione La cucina di Francoforte: la rivoluzione di Margarete Schütte-Lihotzky Dal dopoguerra al boom economico: l’impronta del Design Italiano
2. 2.1 2.2 2.3 2.4
Cambiamenti sociali e nuovi profili di utenza Le nuove tipologie di famiglie La cucina oggi: significati e tendenze socio-culturali L’evoluzione della cultura del cibo Gastronauti del nuovo millennio: Foodies e Foodblogger
3. 3.1 3.2 3.3 3.4
Il contesto produttivo del settore cucina Rapporto Bilanci 2016 La tendenza verso prezzi più bassi Un nuovo approccio all’acquisto: il Prosumer Tendenze del settore cucina degli ultimi anni
4. 4.1. 4.2.
Design e Sostenibilità: la cucina “liquida” Possibili ambiti di ottimizzazione e innovazione in tema Sostenibilità Ambientale La componente cognitiva; definizione ed esempi applicativi di Affordance e Mapping
5. 5.1 5.2 5.3
Progettare una cucina componibile ergonomica oggi Guida alla progettazione di una cucina componibile Lo studio dei movimenti e dell’uso degli spazi Riferimenti dimensionali e impiantistica
Riferimenti Bibliografici
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INTRODUZIONE In Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale (titolo del secondo volume del più famoso L’uomo antiquato) il filosofo e intellettuale tedesco Günther Anders, al se-
colo Günter Stern – dovette cambiare cognome perché, in quella Germania, il suo d’origine risultava troppo ebreo – scrive che «il principio di riproduzione dell’industria odierna non significa solo che i prodotti fabbricati nel processo di serie sono caduchi e transitori […] ma che soffrono di una mortalità altamente particolare, una mortalità la cui caratterizzazione appare addirittura teologica: cioè che essi sono destinati a morire». Il tono apocalittico è proprio dell’epoca in cui scrive l’autore, d’altronde l’ Apocalissi è un tema fondamentale dello scritto su citato – la «vergogna prometeica» del vivere all’ombra dell’apocalissi nucleare – e risulta congeniale a uno stile di pensiero che si è formato tra critica heideggeriana, Scuola di Francoforte e Situazionismo. Ciò che Anders non poté prevedere, né mettere a fuoco mentre viveva, è stato che la vera rivoluzione nell’ambito della produzione sia coincisa con il superamento dell’orizzonte delineato dal mercato classico, quello impostato sulla creazione e il consumo di prodotti particolari, a
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favore di un modello integrato di produzione, scambio e consumo. Innovazione tecnologica e sperimentazione continua, flessibilità e precarietà a cui si espongono le singole esistenze, aumento dei livelli di formazione e di circolazione di competenze ed idee, nomadismo culturale ed economico, mutazione sociologica della famiglia, e, da ultimo, ad accelerare il processo, la crisi finanziaria del 2008, hanno segnato il passaggio a un tipo di mercato che guarda al contenuto esperienziale delle condotte di vita, orientato a un approccio più generale e, al contempo, più specifico, volto più a scambiare relazioni che ad allocare cose. Il modo di consumare i prodotti ha cambiato dal di dentro la logica stessa della produzione e della circolazione delle merci, mutando, diremmo, lo stesso statuto della merce. Tutti sappiamo, dall’antologica – oltre che ontologica, principalmente – distinzione marxiana, che una merce è quel tipo di prodotto che esibisce due forme di valore: valore d’uso e valore di scambio. Quando invece con merce si intende un tipo di esperienza, si può dire, accanto a queste due categorie se ne deve aggiungere un’altra: il valore di condivisione, l’attitudine e la capacità di un prodotto di essere usato in comune, come bene (in) comune. E allora, per rispondere ad Anders: i prodotti oggi non sono destinati
a morire ma ad essere condivisi. Hanno tanto più valore quanto meglio riescono a collegare le persone tra loro. Dopo la mobilità, al tempo del car sharing e del bike sharing, dello “spazio lavorativo” e delle “unità abitative”, con il co-working, i fablab da un lato e le cucine condivise, il garden cooking, solar cooking, gli orti urbani e le pratiche come il co-housing e i giardini condivisi dall’altro, il progressivo affermarsi di forme di consumo conviviale e condiviso sta soppiantando il modo classico di consumare, ed affermarlo non è solo registrare una tendenza: è investire su un indirizzo progettuale. Per quanto riguarda la casa, le trasformazioni sociali hanno fatto emergere necessità socio-abitative finora latenti e dischiuso desideri collettivi assopiti da oltre mezzo secolo di cecità ecologica. Accanto all’efficienza e alla sostenibilità, entrano a far parte dello spazio abitativo valori come la destrutturazione, la flessibilità, la riconversione e l’inclusività rispetto alle modalità e alle funzioni dei luoghi domestici, al punto da risultare mutato il profilo stesso dell’abitare. La sfida lanciata dalle tendenze comportamentali e di gusto degli utenti deve trovare risonanza in chi si occupa di progettazione, poiché la direzione da prendere è quella di un ripensamento complessivo del modo di realizzare e utilizzare l’ambiente
in grado di spingere verso l’integrazione della totalità dei partner coinvolti nel processo di progettazione, favorendo politiche di brandig fino ad oggi inimmaginabili e che si stanno affermano sempre più come dimensione aziendale all’altezza dei tempi. Dall’altro lato progettare nuovi edifici a risparmio energetico, che tenga conto dei materiali sia da un punto di vista estetico che di sostenibilità è ormai più che un imperativo. L’impiego di materiali rinnovabili e/o riciclabili, la gestione domotica per ottimizzare il consumo energetico, l’integrazione tra l’edificio singolo e l’intero sistema urbano di produzione energetica, è tuttavia anche il trend da seguire nel ripensamento degli ambienti interni della casa. Le vite si fanno multidimensionali e inducono gli spazi ad assorbire più funzioni di quante classicamente si poteva pensare, così, mentre la distanza concettuale (e anche fisica) tra interno ed esterno si assottiglia, e ogni muro issato diventa una membrana che mette in comunicazione e abbandona la forma di limite invalicabile, così si interviene sempre più all’interno dello spazio domestico, e si tocca con maggiore cognizione la necessità di renderlo attraversabile da una collettività di individui e di bisogni che hanno modificato tutto tranne il bisogno stesso di riprodurre la propria vita biologica e
casa. Ad esempio, è auspicabile l’incremento di concept che siano
sentimentale.
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Per far si che questa rivoluzione divenga ordinaria amministrazione e che si imponga finalmente come il concreto della progettazione e degli investimenti dell’interior design, dello urban design e del design dei servizi, a partire da progetti di ricerca sperimentale applicata, è necessario convenire su un diverso concetto di qualità della vita e di benessere. Ed è a questo proposito che, all’interno della casa, l’ambiente-cucina appare oggi come il centro nevralgico dell’abitazione e del flusso continuo delle vite, il luogo dove si conserva e si prepara il cibo, dove si producono e si gettano gli scarti, il luogo per eccellenza della cooperazione e della condivisione. Parallelamente, però, la cucina è anche il luogo dove si concentra una buona parte della spesa in tecnologia, dove si consumano ampie risorse energetiche. È, in definitiva, il vero centro di un abitazione, e dunque il più importante banco di prova dove testare l’immaginazione progettuale, la macchina tecnologica polifunzionale che accoglie la multiforme vita urbana e il focolare domestico più familiare. Risulta quindi necessaria una riprogettazione dell’uso dello spazio cucina che comprenda sia gli apparecchi ed i mobili in essa contenuti, sia il loro uso da parte dei consu matori. Da questo punto di vista, l’Ergonomia è un ambito di ricerca altamente formativo e promettente: che risulti in grado di rispondere alla “liquidità”
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attuale dello spazio cucina, all’adattabilità e alla facilità di assemblamento, di versatilità, nonché alla possibilità di personalizzazione e in generale di miglioramento dell’usabilità degli accessori e dei componenti, è e deve essere più che una speranza. Il nuovo millennio sta rendendo chiaro che, nei fatti, si stanno superando vecchi concetti, che il baluardo della proprietà privata, in ogni campo, era una illusione, e che le generazioni contemporanee non vogliono abitare in un mondo impoverito di valore. Certo, siamo più poveri e possediamo meno dei nostri genitori, ma siamo più connessi e meno timorosi. E forse è meglio così. Per concludere: “Anders” in tedesco vuol dire altri. Non potendo affermare una identità, quella che si portava dietro, decise di accogliere tutte le altre e di sostituire, nel suo nominarsi di nuovo, la stessa idea di identità con quella di alterità, Günter Gl’Altri o Gl’Altri Günter doveva, molto suggestivamente, suonare. Con questa scelta, il giovane Günter, ha icasticamente rappresentato il nostro secolo, meglio di quanto poté la sua stessa critica.
1.
1.1
L’ E V O L U Z I O N E D E L L O S P A Z I O “ C U C I N A ” : DALLE CASE R U RALI ALLE Q UARTA
Cenni storici
DIMENSIONE
Alla ricerca delle origini spaziali dei processi dell’alimentazione dell’epoca moderna italiana, sono presenti letture, disegni e racconti che ancora persistono nella memoria storica e che, per la loro diffusione nel territorio, assumono valenza di patrimonio nazionale: le case rurali. Vere e proprie cellule della comunità, già dopo la guerra cominciano a essere abbandonate per i continui flussi migratori verso la città, ma rimangono parte fondante della residenza moderna. Nello studio dell’evoluzione dello spazio archetipico e primario del focolare, cuore della casa, sono emerse dinamiche e pratiche che racchiudevano l’organizzazione lavorativa e la vita sociale. Spezzare il pane o condividere una zuppa era la prima e l’ultima azione della quotidianità collettiva e l’ultima fase di un intenso processo di lavorazione. E non solo: si trattavano i problemi quotidiani del lavoro, ma principalmente si esplicavano tutte le dinamiche del vivere comunitario. I restanti spazi della casa erano adibiti invece alle diverse lavorazioni ed i letti erano superflui
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perché i braccianti, che formavano la categoria più bassa del lavoratore agricolo, dormivano nei fienili. Il cibo è sempre stato elemento centrale delle più grandi rivoluzioni: lo avevano capito i romani con il Panem et circenses; ce lo ricorda la leggendaria Maria Antonietta d’Asburgo con il suo «che mangino brioches!». Tuttavia Massimo Montanari, in L’identità italiana in cucina, a tal proposito ci racconta di sommosse popolari nate per la mancanza di pane, nonostante la presenza di altri alimenti. Il significato e le esperienze attribuiti a certi cibi lasciano segni profondi nelle generazioni. E così, se fino a poco tempo fa, e forse anche adesso, il pane era considerato il primo alimento accessibile, tutt’ora la carne è considerata pietanza pregiata, nonostante un’abbondante disponibilità a prezzi tutt’altro che proibitivi. La diffusione nazionale della cucina, intesa come arte gastronomica, avviene durante l’epoca fascista attraverso la propaganda statale e, grazie alla rivista La Cucina Italiana, c’è un primo abbattimento delle barriere regionali, creando quella indissolubile unità, funzionale allo stato nazionalista. Casciato osserva che, nell’Italia fascista, la cucina in particolare assume un grande significato simbolico
rurale e che conferisce un ruolo importante alla nutrizione, il nucleo fondamentale, produttivo e demografico ha sede nel cuore della casa, ossia nella cucina. Da uno specifico punto di vista della fascistizzazione della domesticità, la cucina razionale era vista come una imposizione dell’ordine e, in quanto tale, indotta dal regime. La cucina accompagna i cambiamenti della società dittatoriale quanto gli sviluppi di una società industriale. Apparsa sistematicamente all’interno del Movimento Moderno viene esaltata da Giuseppe Pagano per i principi classici della serialità ed Ernst May, assessore all’urbanistica della città di Francoforte, nel 1926 incarica Margarete Schütte Lihotzky, in quanto architetto donna, di progettare una cucina, la Frankfurter Küche, cuore delle nuove residenze per operai per le Siedlungen di Bruchfeldstrasse, Praunheim e Ginnheim. Negli stessi anni, ai due estremi del planisfero, troviamo un’alternativa sostanziale all’urbanistica di stampo tedesco. Negli Stati Uniti, a New York, nascono giovani comunità fondate sui principi socialisti di Owen e Fourier, che hanno tra le finalità cardinali la liberazione delle donne dalle fatiche domestiche. In The Grand Domestic Revolution, la Hayden spiega quali vantaggi derivino
perché, in uno stato basato sulla famiglia con radici nel mondo
dalla comunione dei lavori di casa in termini produttivi e sociali,
individuando un risparmio economico e temporale: infatti negozi che si occupano di tali mansioni (lavanderie, forni, ecc.) sono sicuramente più efficienti per il numero di impiegati, per i macchinari più capienti e per il risultato qualitativamente migliore. Dolores Hayden propone di istituire cucine collettive in sostituzione di quelle individuali. Nella comunità Shakers di Harlem, non solo il progetto viene attuato, ma diventa un luogo di crescita di tecniche e tecnologie. Tra le invenzioni più innovative, un tipo più razionale di lavatrice, una stufa conica per scaldare i ferri da stiro, la scopa piatta, i telai smontabili delle finestre per una pulizia e una manutenzione più facili, il fornello rotondo per una cottura più uniforme e altre ingegnose apparecchiature. La prima conquista all’interno di questi collettivi domestici fu soprattutto la fine dell’isolamento della massaia, lo stesso che Lenin rivendicava in uno scritto del 1919: “la vera emancipazione delle donne, il reale comunismo, comincerà solamente quando e dove ci sarà una lotta a tutto campo (guidata dal potere proletario) contro questa insensata domesticità, o piuttosto quando la sua intera trasformazione si evolverà in una economia socialista a larga scala” 1.
In URSS, precisamente a Mosca, ci sono stati esperimenti
1 LENIN V. I. 1919, Collected Works, progress publishers, URSS
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di cucine comuni inserite in una unità minima urbana, estremamente diversa dall’alloggio unifamiliare. In altre parole strutture collettive con servizi compartiti, antesignane dell’attuale cohousing: le Dom Kommuna di Moisei Ginzburg e Ignatii Milinis. Si viene così a creare una sotto-comunità che ricorda la Unité d’Habitation di Le Corbusier per il tentativo di ingrandire la cellula urbana, ma con dinamiche collettive opposte. Dal dopoguerra lo sviluppo dello spazio domestico dell’alimentazione si riduce allo studio della funzionalità della cucina, intesa come sistema componibile di elementi. La Frankfurter Küche da’ il via all’industrializzazione di un artefatto che non interagisce con le dinamiche urbane, ma rimane relegato nella stanza francofortese della “schiavitù domestica”. In Italia gli artigiani diventano industriali e, con gli insegnamenti del Modernismo e la tecnologia di origine statunitense, cominciano a produrre elettrodomestici e mobilio che permettono alla donna di svolgere al meglio il suo unico lavoro. Con il passare degli anni l’innovazione alimentare soccorre la condizione sociale della donna con il forno a microonde, il frigorifero, la lavastoviglie e altri strumenti che diminuiscono notevolmente
consideri anche l’abitudine crescente degli italiani di consumare il pasto all’esterno delle mura domestiche nella pausa pranzo lavorativa o semplicemente in momenti di svago, nonché il notevole aumento del lavoro femminile impiegatizio o nel settore industriale. È interessante notare come l’industria alimentare abbia affiancato la crescita tecnologico-industriale della cucina ed il percorso emancipativo della donna con la produzione di cibi precotti e surgelati che, in linea con i principi della globalizzazione, hanno incentivato l’utilizzo delle energie di produzione e di trasporto, un costo minore della manodopera e la dislocazione dei centri di allevamento o coltura. Tuttavia, dagli ultimi anni del secolo scorso, la residenza ha cambiato formula distributiva, tornando al centro della casa con il living-room. Non è più uno spazio poco igienico, né sinonimo di segregazione di genere, ma il luogo in cui ricevere gli ospiti, condividere nuovamente le dinamiche familiari, oltre ad essere un modo per risparmiare metri quadrati. Se il primo passo nel disegno della configurazione distributiva residenziale era la suddivisione di spazi serviti e spazi serventi (tra cui la cucina), ora si propende per una scelta dipendente dall’uso, vale a dire zona giorno e zona notte.
il tempo impiegato per il processo produttivo ultimo dei pasti. Si
Nel mezzo della terza crisi di sovrapproduzione e in relazione ad
un trend di densificazione urbana, la compressione dello spazio si incrementa notevolmente e le dinamiche dei processi domestici scavalcano il confine privato; già nella Milano degli anni ’80 Pozzetto in Ragazzo di campagna2 mostra il disagio di un appartamento di 20 mq in cui le funzioni della casa non riescono più ad essere contenute nello spazio domestico. Così, se uniamo allo sviluppo sopra citato, la progressiva apertura sociale a sfumature mondane e le nuove forme di solitudine del contesto metropolitano, assai diffuse nel nuovo secolo, avremo un’immagine sufficientemente chiara per cominciare a domandarci quali soluzioni architettoniche e dinamiche urbane si svilupperanno nello scenario futuro. È probabile che, se lo spazio dedicato alle funzioni domestiche verrà talmente ridotto da essere considerato incomprimibile e talvolta, per collocazione, disagevole, sarà necessario valutare la ridefinizione delle funzioni e vagliare l’ipotesi di “esternalizzare” alcune di queste in ambienti condivisi o pubblici, riducendo i costi, aumentando il beneficio sociale e moltiplicando lo spazio, intervenendo cioè sulla quarta dimensione: il tempo.
2 Ragazzo di Campagna, regia di Franco Castellano, Pipolo, Italia 1984
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1. 2 LA CUCINA DI FRANCOFORTE: LA RIVOLUZIONE DI MARGARETE SCHÜTTE-LIHOTZKY
La rivoluzione in cucina ha una data ben precisa: il 1926. È in quell’anno che viene realizzata la prima cucina componibile e a disegnarla è una donna, Margarete Schütte-Lihotzky. Margarete è una delle prime donne architetto europee, una “madre” dell’architettura moderna, il cui lavoro è finalizzato in particolare al miglioramento della condizione delle donne. Nasce nell’eclettica Vienna di fine Ottocento da una famiglia della media borghesia. Terminati gli studi di base e dopo lezioni private di disegno e un breve corso di grafica, decide, contro il parere della famiglia, di volere diventare un architetto. «…Vidi che ogni millimetro disegnato aveva un significato e si realizzava qualcosa che avrebbe influenzato l’ambiente quotidiano dell’uomo…» è l’impressione determinante riportata dalla giovane dopo avere assistito ad una lezione di architettura presso la Kunstgewerbeschule. Si tratta della più rinomata scuola di arti applica
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te di Vienna, alla quale Margarete si iscrive nel 1916; vi insegnano artisti e architetti famosi e di tendenze innovatrici. Per una studentessa austriaca che vuole formarsi come architetto rappresenta comunque l’unica possibilità, poiché fino allora le ragazze non sono ammesse né alle accademie, né ai politecnici. Il curriculum estremamente brillante le consente di ultimare l’iter formativo già nel 1918. È la seconda donna austriaca a diplomarsi in architettura, ma è la prima che di fatto svolgerà attività professionale, e durante tutta la sua lunghissima esistenza. Fin dagli esordi, consapevole del grave disagio anche abitativo delle classi lavoratrici, acuito dalla crisi economica e politica del paese alla fine della prima guerra mondiale, manifesta il desiderio di occuparsi solo di edilizia sociale. Già da studentessa aveva effettuato personalmente sopralluoghi nelle aree più periferiche della città e nel 1917 aveva vinto il concorso per il progetto di una “Cucina abitabile nell’estrema periferia”. Da questo ambiente domestico prende il via il suo contributo al rinnovamento della tipologia architettonica dell’abitazione, del quartiere, della città. Applicando i criteri di ottimizzazione del lavoro in fabbrica (taylorismo), analizza l’attività delle casalinghe all’interno delle grandi cucine tradizionali,
Progetta dall’interno verso l’esterno, e tenta di dare risposta alle esigenze pregresse e alle nuove aspettative delle donne che sempre più numerose si affacciano al mondo del lavoro extradomestico. «Come possiamo, costruendo correttamente, risparmiare lavoro alle donne?» Con questo consapevole obiettivo etico la giovane architetta lavora per le cooperative d’iniziativa pubblica che realizzano case-capanna per la prima emergenza, case a schiera per i coloni inurbati, case pluripiano per gli operai. È di questo periodo la concezione pionieristica di un monoblocco polifunzionale cucina–lavanderia, dalle eccezionali caratteristiche ergonomiche. Partecipa anche alla progettazione di un grande Hof operaio, condividendo con il già famoso Adolf Loos il disegno di un isolato. L’interesse e il consenso suscitati dai progetti di questo primo periodo viennese ben presto pongono la giovane di fronte ad una nuova scelta di vita. Non ancora trentenne, nel 1926, si trasferisce a Francoforte, accettando l’invito dell’amministrazione pubblica a entrare nell’organico dell’ufficio tecnico, diretto dall’architetto e urbanista Ernst May. L’ Hochbauamt della città sul Meno è, come il Bauhaus di Weimar e Dessau, uno dei laboratori del nuovo rivoluzionario corso dell’archi
rilevandone le disfunzioni e quindi lo spreco di tempo e di energie.
tettura, che risponde alle esigenze poste dall’industrializzazione e
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conseguente inurbamento con criteri funzionalisti e razionalisti. La minimizzazione delle superfici e dei volumi (existenz minimum), è la soluzione individuata per ovviare alle carenze abitative in tempi rapidi e con costi sostenibili. Ciò comporta una concezione dell’abitare del tutto nuova (Machine à Habiter) sia per gli utenti sia per i progettisti. Lavorando a questo Margarete porta a compimento il progetto della nuova cucina, razionale e standardizzata. Tra il ‘26 e il ’28 ne presenta i prototipi alle fiere di Francoforte, Essen e Monaco. Costruita secondo principi ergonomici consente lo svolgimento delle attività domestiche nella sequenza più corretta, così da ridurre lo spreco di tempo e di spazio e risparmiare alle donne inutili fatiche. Le soluzioni architettoniche ideate allora fanno tuttora parte della nostra concezione quotidiana, come ad esempio il piano di lavoro continuo e complanare e i pensili in linea alla giusta altezza. Nella planimetria dell’alloggio la cucina, ridotta alle dimensioni di laboratorio domestico, comunica attraverso una porta scorrevole con una piccola zona tinello-pranzo, dove si riunisce la famiglia. Di questo modello, noto come cucina di Francoforte, si realizzano diecimila esemplari, preinstallati nelle abitazioni minime dei nuovi quartieri.
le viene richiesto dalle donne impegnate in politica e dalle associazioni femminili di occuparsi anche della questione molto pressante dell’abitazione per le lavoratrici sole. Si tratta di una nuova categoria di soggetti urbani – vedove con figli, giovani appena trasferite in città, anziane – che incontra difficoltà economiche nell’accesso all’alloggio e nello stesso tempo esprime esigenze particolari. Puntando realisticamente alla fattibilità economica del progetto, l’architetta individua diversi tipi di piccoli alloggi in funzione delle capacità economiche dei soggetti. Calibrando lo svolgimento delle funzioni tra privatezza, autonomia e socializzazione, riesce a ottimizzare l’uso degli spazi, senza trascurare quegli aspetti estetici e psicologici che rendono gradevole e rigenerante il soggiornare nella propria casa. Lavanderie centralizzate, scuole per l’apprendimento della nuova economia domestica, asili e strutture per l’infanzia sono elementi del suo progetto per una città a misura delle cittadine. Tornando alla cucina di Francoforte e alle sue influenze, nel 1919 l’americana esperta di economia domestica Christine Frederick ha utilizzato i concetti di taylorismo per razionalizzare anche la cucina domestica. Ha utilizzato i dati empirici per determinare
Come
come pianificare l’area di lavoro con la massima efficienza. I suoi
unica
esponente
femminile
dell’ufficio
all’edilizia,
scritti sono stati estremamente influenti per Margarethe SchütteLihotzky, che ha cercato la massima efficienza nei suoi progetti. Il suo spazio era piccolo in parte perché gli appartamenti erano piccoli, e in parte per ridurre il numero di passi che una casalinga doveva fare. Fino ad allora le cucine erano di solito camere di grandi dimensioni ad uso misto per mangiare, giocare e anche dormire, dato che era spesso la stanza più calda. Non solo c’era un senso nuovo che questo non era particolarmente igienico, ma facendone uno spazio indipendente, ermetico e razionale, Schütte-Lihotzky e Christine Frederick hanno cercato di elevare le faccende domestiche portandole un passo più avanti verso l’emancipazione delle donne. Ogni cucina aveva una finestra per la luce e l’aria, uno sgabello con cui la casalinga poteva sedersi per svolgere comodamente le attività come tagliare e stirare e una luce che si poteva tirare dal soffitto per l’illuminazione diretta. Lo scolapiatti e gli scaffali erano facilmente raggiungibili del lavello e c’era una dispensa con 18 cassetti in alluminio etichettati per rifornimenti e oggetti. Schütte-Lihotzky ha dipinto di azzurro gli armadi perché la ricerca al tempo suggeriva che le superfici avrebbe resistito ai buchi e allontanato gli insetti. Il forno andava insieme a tutta la mobilia, dal momento che tutti
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i componenti necessari si adattavano perfettamente insieme. La Cucina di Francoforte riprende molte delle idee implementate da Benita Otte, una designer del Bauhaus, il cui modello era apparso nella mostra della scuola Haus am Horndel 1923. Come Schütte-Lihotzky, Otte ha voluto emancipare la casalinga dandole uno spazio di lavoro confortevole la cui razionalità riflette l’importanza e la serietà del suo lavoro. In cucina Bauhaus, possiamo vedere le superfici al livello giusto, cassetti e armadi accessibili per la conservazione ordinata e una grande finestra per la luce e aria. Nonostante l’appello moderno e modernista di questa razionalizzazione e il lavoro reso più efficiente, la Cucina di Francoforte non è stata universalmente apprezzata dai suoi proprietari. Ironia della sorte, invece di emancipare le casalinghe rispettando il loro lavoro, questi piccoli spazi le isolavano dal resto della loro casa e praticamente precludeva la possibilità di qualsiasi altro membro della famiglia di aiutarle nelle faccende. Alcune casalinghe lamentavano i cassetti in alluminio con le etichette, che lasciavano presumere di sapere cosa la gente voleva nelle loro dispense. Il concetto di applicato al loro spazio architettonico le rendeva in realtà più schiave del lavoro, invece di liberarle (o almeno valorizzarle). Tuttavia, il concetto di una cucina compatta, efficiente e
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razionalmente organizzata e attrezzata è diventato lo standard moderno, anche se spesso, per fortuna, con un po’ più di flessibilità rispetto alla versione di Schütte-Lihotzky. Dobbiamo a lei la razionalità di questo spazio e la funzionalità e massima efficienza.
1. 3 I BLOCCHI CUCINA: DAGLI ANNI 20 AI 50 THE SOCIAL USE OF THE KITCHEN
Esempio di scheda di unitĂ abitativa con applicazioni di soluzioni tipologiche arredative G. Nielson, Centro di lavoro in cucina, USA 1944
D.Cheneut, Progetto di blocco cucina per un habitat contemporaneo, 1958
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The Social use of the kitchen (from Ottagono 48/1978)
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The Social use of the kitchen (from Ottagono 48/1978)
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Attento ai probemi di costo e di esatta individuazione e razionalizzazione del lavoro della massaia, Le Corbusier propone di risolvere lo spazio d’azione della cucina analogamente alla cabina di pilotaggio di un aereo, distinguaendo quattro funzioni principali: “preparare le vivande, cuocere, lavare, riordinare. Il che si puo ottenere in un quadrato di 2 metri di lato”
I. Henderson, Blocco cucina a isola, 1969. All’albero impiantistico centrale si agganciano i vari elementi funzionali, ruotanti. Vincitore del concorso Bird Eye Design del 1969.
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1. 3
E’ con il primo dopoguerra che i Designer Italiani si preparano a lasciare il segno in questo ambiente della casa, che come tutti gli ambienti cambia e muta negli anni. La rivoluzione industriale porta alla meccanizzazione dei servizi e alla riduzione delle dimensioni della cucina grazie anche ai primi sistemi ad incasso. Avanzando la società dei consumi, e andando verso il boom economico degli Anni ’60 nascono apparecchi e accessori, quali frigorifero (nel 1954 Marco Zanuso disegna già il primo frigorifero d’autore), lavastoviglie, forno, microonde e cappa per l’aspirazione dei vapori. La forma inizia a derivare dalla funzionalità e non più dal piacere estetico. Augusto Magnaghi disegna la prima cucina componibile (intesa come ambiente della casa costituito da attrezzature inserite all’interno di mobili pensati e prodotti dall’industria) guadagnandosi sempre nel ’54 il premio “Compasso d’Oro“; “…la sua indipenden-
moralità del gusto moderno che la caratterizza” la motivazione del la giuria. La cucina degli italiani voleva essere diversa dai modelli stranieri pur provenendo da essi, voleva essere riconosciuta come “Italiana”; per questo la scelta di materiali come l’ulivo e il frassino, l’attenzione ai colori e alle luci per rendere questo ambiente più umano e meno sterile. Joe Colombo nel 1963 idea la Mini-kitchen: un monoblocco su ruote. Si tratta di una cucina elettrica che, in un solo metro cubo, contiene tutto il necessario per cucinare e apparecchiare per sei persone. Nel 1964 la Mini-Kitchen vince la medaglia d’argento alla XIII Triennale di Milano. Oggi la versione originale in legno si può trovare nella collezione permanente del MoMA di New York. La Mini-Kitchen di Joe Colombo è portatrice di alcuni dei concetti che in quegli anni erano alla base di un nuovo modo di abitare e di vivere: la cucina moderna era un luogo dove avere tutto a portata di mano, ma allo stesso tempo doveva essere bella, allegra e divertente. Marco Zanuso progettò nel 1966 la Cucina E5, cucina componibile modulare realizzata per l’azienda italiana Elam (poi Tisettanta).
za stilistica rispetto al dilagante modello americano oltre che per la
Si tratta del primo esempio di cucina componibile, come oggi la
DAL DOPOGUERRA AL BOOM ECONOMICO: L’ I M P R O N T A D E L D E S I G N I T A L I A N O
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intenderemo, nonché primo esempio di ambiente culinario vivibile. A prodotto finito, la E5 si presenta come un mobile unico, in verità è un insieme di elementi modulari realizzati su misura e quindi progettati ad hoc per l’ambiente in cui viene inserita. Per questo motivo, oltre che per motivi di immagine e di innovazione progettuale, la cucina appena uscita sul mercato aveva un prezzo molto elevato ed era possibile acquistarla solo a Milano presso lo showroom di via Pietro Verri. Si tratta di una cucina che, pur avendo più di 50 anni, è perfettamente in linea con l’attuale concezione di moderno; si presenta infatti con un piano in acciaio inossidabile nel quale sono stati ricavati, in completa continuità, i due lavabi. Anche le ante sono caratterizzate da un inserto in acciaio inox: una “gola” sulla loro estremità superiore per facilitarne l’apertura poiché queste sono prive di maniglie. Il profilo estetico quindi risulta molto pulito e privo di interruzioni. Per questo suo continuo essere attuale, dal 1966 non è mai uscita di produzione. È uno dei più rappresentativi esempi di disegno industriale italiano del XX Secolo ed oggetto rivoluzionario nell’ambiente domestico degli anni sessanta. Negli anni ’70 si inseriscono il congelatore e la lavastoviglie e si mettono a punto i primi sistemi a incasso. Si comincia a sentire
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l’esigenza della personalizzazione contro la standardizzazione e per questo motivo alla fine degli anni ’70 iniziano ad essere prodotte le prime cucine su misura. Si passa poi dal Pop degli Anni ’80 al Minimalismo dei ’90 dove tutto diventa invisibile. Nel 1988 Luca Meda disegna Nuvola, che oltre ad essere una cucina elegante e moderna è la prima cucina sospesa.
Pininfarina per Snaidero
2.
Cambiamenti sociali e nuovi profili di utenza
2 .1 LE N UOVE TE N D E N Z E C O M PO RTAM E NTALI
In questo millennio le trasformazioni della società stanno portando a profonde modifiche delle tendenze comportamentali e di gusto degli utenti domestici, dei loro stili di vita e di consumo emergenti nel panorama attuale, in costante cambiamento, e stanno aprendo nuove visioni e opportunità di innovazione nell’ambito dell’abitare contemporaneo. Nuove esigenze e nuovi modelli, dovuti all’emergere di nuovi profili d’utenza e di abitazione, si stanno imponendo all’attenzione dei progettisti e delle aziende produttrici; basti pensare alle esigenze derivanti dalla diversa della composizione dei nuclei familiari, con la crescente percentuale di nuclei composti da singles, coppie e famiglie di anziani, e da nuove forme di convivenza. La maggiore mobilità e il nomadismo, richiesti oggi nel lavoro e nell’abitare, inoltre, stanno facendo emergere nuove esigenze e stili di vita, che si riflettono nelle scelte riguardanti anche la casa ed il suo arredo, come ad esempio le esigenze di chi lavora fuori dalla città dove risiede o deve spostarsi assiduamente, utilizzando
a “casa” il weekend per ritrovare la famiglia e le relazioni sociali; oppure le esigenze legate alla necessità di cambiare sede spesso e velocemente, anche solo all’interno del territorio nazionale. Parallelamente i principi della Sostenibilità richiedono un ripensamento radicale dei sistemi di produzione e di consumo. Gli obiettivi definiti dal piano dell’Unione Europea per contrastare i cambiamenti climatici, sintetizzati con la sigla “20-20-20”, prevedono il raggiungimento del 20% della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20% dell’efficienza e un taglio del 20% nelle emissioni entro il 2020. Analizzando le tendenze socio-culturali riguardanti il nostro paese, in particolare quelle relative alla cultura della casa in generale e all’ambiente cucina in particolare, emerge che la società italiana negli ultimi anni è cambiata profondamente. A questo proposito si possono individuare due grandi mutazioni socio-culturali in atto, che influenzano e influenzeranno le modalità di fruizione dell’ambiente cucina: la mutazione della famiglia tradizionale a favore di nuovi modelli e dinamiche familiari e l’evoluzione della cultura del cibo, secondo le dicotomie fast/slow e locale/globale.
case piccole cinque giorni su sette nella trasferta di lavoro, e torna
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Sul finire del 2005, secondo l’Istat, in Italia, le unioni libere sono ormai 600.000; la sfiducia nell’istituzione del matrimonio, in costante calo, una mutata concezione del rapporto di coppia e l’indebolimento dei vincoli familiari e delle aspettative sociali ha portato ad una rapida crescita delle unioni di fatto. Le famiglie ricostituite sono, invece, quei nuovi nuclei familiari composti da soggetti provenienti da precedenti unioni; anch’esse in costante aumento, in conseguenza dell’importante incremento di separazioni e divorzi, unito, tuttavia, al persistere del valore “famiglia”. Su un totale di 23 milioni, in Italia sono 6 milioni le famiglie di single, uno dei nuclei che mostra il maggiore aumento. Il numero delle persone che vivono sole aumenta con l’età: sul totale dei single, più della metà sono persone anziane di oltre 65 anni, un terzo gli adulti tra 35 e 64 anni e solo il 13% i giovani fino a 34 anni. Fenomeno dalle tante sfaccettature, oltre a includere gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, rappresenta il simbolo dell’emancipazione, ma anche la possibile tappa temporanea che segue o precede altre condizioni.
rappresenta circa 3,5 milioni di coppie i cui membri, per necessità o scelta, vivono ognuno a casa propria, spesso con i genitori, anche oltre i 35 anni. Cambiamenti culturali, quali dilazione delle scelte, ruolo genitoriale debole, fine dei riti di passaggio, precarietà del lavoro e distanza geografica, sono le principali cause alla base di tale fenomeno. Pur in assenza di studi specifici, in Italia si stima siano tantissimi, e vanno a confondersi fra coloro che tardano a lasciare il “nido”: due terzi dei giovani tra i 18 e 34 anni rimangono nella famiglia di origine (accentuato il valore tra i 25 e i 34 anni); tra i 30 e i 34 anni il 37% degli uomini e il 21% delle donne vive ancora con la famiglia3 . Un fenomeno in costante aumento è quello dei “pendolari della famiglia”, ovvero quelle persone che vivono per motivi vari e con una certa regolarità in luoghi diversi dall’abitazione abituale, ad esempio: dal lunedì al venerdì per frequentare i corsi universitari o per motivi di lavoro; per due giorni a settimana per stare con familiari o parenti; per una parte dell’anno in un’abitazione secondaria della famiglia. Tale fenomeno può riguardare situazioni molto diverse; talvolta le persone possono considerare il luogo in cui si trovano a vivere una parte della loro vita come un’estensione della propria
Living apart togheter (L.A.T., letteralmente vivere insieme separati)
dimora abituale. Nuove forme di pendolarismo familiare potrebbe
2.2 LE NUOVE TIPOLOGIE DI FAMIGLIE
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3 Osservatorio Meeting Point, L’evoluzione della società italiana e il futuro utilizzo dell’ambiente cucina, http/://www.ambientieoggetti.com
ro perciò essere l’espressione di nuovi stili di vita. Nel 2009 i pendolari della famiglia ammontano a 2 milioni 890 mila (il 4,8% della popolazione); i maschi (5,2%)prevalgono sulle femmine (4,5%)4 . Alla luce di tali cambiamenti, da un punto di vista relazionale, all’interno delle famiglie, il momento del pasto segue due tendenze: da una parte, una sommaria autonomia, speculare a quella dei suoi membri, dall’altra altrettanti momenti conviviali–condivisi, legati alle stesse nuove dinamiche familiari, come ad esempio le nuove occasioni d’incontro generate dall’allargamento della famiglia ricostituita, ma anche dall’uso relazionale del pasto da parte dei numerosi single. La preparazione del pasto vede alternarsi, quindi, alla quotidianità più fast/ individuale e ristretta, la preparazione più lunga, articolata e “ingombrante” delle occasioni conviviali in aumento, anche se meno formali rispetto al passato. L’aumento della convivialità si armonizza con la tendenziale unione fra cucina e soggiorno già in atto a livello stilisticoarchitettonico. Tale tendenza aumenta, inoltre, le aspettative in termini di polifunzionalità dell’ambiente cucina, divenuto sempre più ibrido.
2.3 LA C U C I NA O G G I: N UOVI SI G N I FI CATI E T E N D E N Z E S O C I O - C U LT U R A LI AT T U A LI
Un recente servizio del TG1 Economia ha riportato i risultati di una ricerca sulle tendenze degli italiani in cucina, secondo la quale le famiglie italiane passano mediamente trent’anni della loro vita in cucina, un ambiente che sta diventando sempre più tecnologico e abitabile grazie anche al design contemporaneo. La famiglia italiana passa quindi circa un terzo della propria vita in cucina, che è anche il luogo cui le nuove coppie dedicano più tempo e attenzione nell’arredare la nuova casa. La cucina è diventata sempre più un ambiente living e l’orientamento va da una parte verso la tecnologia e dall’altra verso il design: si guarda alla crisi energetica con l’introduzione di tecnologie ad induzione, che non prevede l’uso di energie che scarseggiano come il gas, e attenzione alla raccolta differenziata. Da una parte componenti, cerniere, elettrodomestici, dall’altra il design con i settori di ricerca creativa ed estetica che propongono arredi e contenitori sempre più funzionali ed innovativi; questo settore produttivo rappresenta una parte molto dinamica, vivace e tuttora in crescita della produzione nazionale.
4 Istat, “Come cambiano le forme familiari”, http//www.:istat.it
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Sempre in tema di ricerche sulle tendenze comportamentali in cucina, il dato che emerge da una recente indagine realizzata da Tomorrow SWG (Business Unit dell’istituto SWG) che ha indagato le evoluzioni in atto negli stili di vita degli italiani in tema di ambiente domestico e di cucina, è che gli italiani sono dei veri e propri amanti del focolare, sinonimo di pace e tranquillità, così, appena possono si mettono in pantofole e si dedicano a una delle loro attività predilette: cucinare. Lo studio ha evidenziato la centralità sempre crescente dell’ambiente domestico. Negli ultimi due anni, è aumentato il tempo trascorso in casa; in particolare più di un terzo degli italiani, (36%) dichiara di trascorrere più tempo tra le mura domestiche e quasi la metà degli intervistati, se ne avesse l’opportunità, lo aumenterebbe ulteriormente. Probabilmente, non si tratta solo di una conseguenza della crisi economica, che fa stringere la cinghia e induce a ridurre le uscite, ma anche di una vera e propria scelta, dettata dal piacere di godersi la propria abitazione; così gli italiani non perdono occasione di trascorrere un po’ più di tempo tra le mura domestiche, ad esempio cogliendo l’occasione dei fine settimana, quando finalmente si può decidere di pasteggiare a casa. Il 72% degli intervistati, ad esem-
feriali solo il 54% può permettersi di adottare la stessa scelta. Inoltre, quando non mangiano, gli italiani si dedicano ad un’altra attività che ha a che fare con il cibo: cucinare. L’arte di stare ai fornelli, infatti, sembra appassionare sempre di più l’opinione pubblica, tanto che il 76% la indica come attività prediletta nel tempo libero – immediatamente dopo la lettura (82%) e navigare sul web (87%) – e più di 2 italiani su 10 (21%) la mettono al primo posto. A stili di vita, passioni e caratteristiche differenti, corrispondono, necessariamente, vari profili d’utenza, i quali hanno differenti approcci alla cucina; secondo SWG, possiamo dividere gli italiani in 4 categorie principali: “gli appassionati”, “i simpatizzanti”, “i maratoneti” e “i disinteressati”. Il tempo trascorso tra le mura domestiche è sinonimo di gioia e piacere. Questo il pensiero dominante tra “gli appassionati”, categoria che comprende quasi la metà degli italiani; sono per lo più casalinghe, madri con figli piccoli, residenti al Sud e nelle Isole e con un livello di scolarità medio-basso. La casa è per loro un dolce rifugio, libero da richieste e pressioni, un luogo dove poter dare ampio sfogo alla propria creatività in cucina, sono molto attente all’alimentazione e acquistano soprattutto cibi ritenuti sani.
pio, sceglie la propria abitazione per il pranzo, mentre nei giorni
Quando si va a vivere da soli, si possono scoprire lati inaspettati
di se stessi, come l’abilità e il piacere di cucinare ad esempio; è il caso dei “simpatizzanti” (21%). Ne fanno parte soprattutto donne giovani, studentesse e persone non ancora occupate, senza figli e residenti per lo più in piccoli centri del Nord Italia. Se da un lato la necessità di dover fare tante piccole cose da sé rende le giovani intervistate desiderose di evadere dalla monotonia della casa e dai suoi lati più abitudinari, dall’altro la cucina diventa lo spazio della sperimentazione, della creatività. Maschi, single, occupati, con un elevato livello di scolarità e residenti in grandi centri urbani, questo il ritratto dei “maratoneti” (16%). Sono persone generalmente soddisfatte del proprio stile di vita, tanto che non cambierebbero nulla nei loro ritmi casa-lavoro e nel rapporto con la cucina. La casa è sinonimo di tranquillità, un luogo che permette di isolarsi dalla frenesia del mondo esterno. Hanno sempre i minuti contati e, di conseguenza, il tempo da poter dedicare alla cucina non è molto, anche se amano cucinare nel tempo libero e si definiscono “buoni cuochi”. Casa uguale non-lavoro, così i “disinteressati” dipingono lo spazio domestico; è un luogo dedicato al riposo e al piacere dove il poco tempo libero è riservato alla lettura di libri. Chi fa parte di questo
di scolarità medio-alta e residenti nel centro Italia, è ancora alla ricerca di un proprio equilibrio di vita, di un equo rapporto tra lavoro, casa e tempo libero. Cucinano solo quando sono obbligati, si ritengono poco informati in tema di alimentazione e tendono a pasteggiare spesso fuori casa sia a pranzo che a cena; per loro la cucina è un luogo molto misterioso, pieno di segreti e di potenzialità sconosciute.
clan, perlopiù maschi over 45, senza figli, occupati con un livello
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La cultura del cibo si evolve ovviamente anche al di là delle dinamiche socio-demografiche, seguendo influenze più tipicamente culturali, portate dai flussi comunicativi. Nel nostro paese tale dinamica, può essere efficacemente riassunta attraverso due coppie dicotomiche, in grado di raccogliere la complessità del fenomeno: cibo fast/cibo slow e cibo locale/cibo globale. Cibo fast/cibo slow è una contrapposizione ormai consolidatasi da diversi anni, sia in relazione al cibo domestico che a quello consumato fuori casa. Superato il predominio del “fast”, che sembrava destinato ad avere la meglio, negli ultimi anni gli italiani hanno rivalutato spontaneamente la cucina “slow”, più tradizionale, di qualità, genuina ed elaborata, soprattutto sotto lo stimolo di macro tendenze di “ritorno al passato”, il “ritorno alle tradizioni”, la “ricerca del benessere”. Tale dicotomia è solo apparentemente contraddittoria: sia fuori casa che nell’intimità domestica si oscillerà anche in futuro tra questi due poli, alternando, a seconda delle necessità, delle occasioni e della libera propensione personale del momento, pasti
nale del momento, pasti più elaborati ed impegnativi (in termini di tempo, spazio, denaro ed energia) ad altri molto più improvvisati e minimali, in cui il “già pronto” non sarà rifiutato. Non è un caso che vi siano già segni di sintesi tra questi poli opposti, all’insegna del “fast good”. Sotto lo stimolo di tali tendenze contrapposte , l’ambiente cucina è chiamato ad una certa adattabilità. Alla funzionalità minimale della preparazione “fast” (necessità di pochi utensili, spazio limitato di preparazione-consumo, impiego di elettrodomestici “salva-tempo, etc.) la cucina deve saper alternare la possibilità di poter offrire maggiore spazio per i momenti di elaborazione/cottura manuale dei cibi, con un più alto numero di utensili (slow). Il cibo slow, più legato per natura a momenti conviviali, richiede inoltre, una certa adattabilità degli spazi di consumo delle pietanze nell’ambiente cucina; tali momenti sono, infatti, sempre meno formali e più improvvisati. Cibo locale/cibo globale è la seconda grande dicotomia che sintetizza la cultura del cibo; è quella che vede contrapporsi e alo stesso tempo intrecciarsi, senza problematicità, l’apertura al cibi cosiddetto globale e la rivalutazione di quello locale. Con cibo globale intendiamo quei piatti ritenuti per diffusione trans-nazionali e che
da delle necessità, delle occasioni e della libera propensione perso
stanno entrando nella cucina domestica degl’italiani. Un esempio
2.4 L’ E V O L U Z I O N E D E L L A C U L T U R A D E L C I B O
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su tutti è il sushi giapponese: ormai diffuso in moltissimi locali di ristorazione di tutta la penisola, ha giù tantissimi estimatori nostrani che lo ripropongono agli ospiti delle loro case. A tal proposito possiamo citare anche semplici ingredienti globali destinati ad inserirsi sempre più nella cucina domestica: i granelli di semola del cous cous o il riso basmati, a loro volta portatori di nuove modalità di cottura, ingredienti e utensili. Sotto la spinta di macro trend importanti e in aumento come “scoperta”, “eclettismo” e “multietnico” tale approccio al cibo vedrà una rilevanza crescente. Il cibo locale ovviamente il macro trend della scoperta del territorio, a sua volta fortemente intrecciato con già citato ritorno alle tradizioni, destinati entrambi a mantenere la loro rilevanza anche negli anni a venire. Pur aprendosi al mondo (ormai divenuto un unico villaggio globale), il fruitore dell’ambiente cucina è sempre più portato a spendersi alla ricerca di ingredienti e ricette legate alle proprie radici, ma anche a quelle di luoghi che la curiosità lo porterà a visitare e conoscere. Come si può intuire globale e locale non sono antitetici, ma danno e daranno sempre più vita ad una osmosi definibile come “glocale”, in cui il cibo del mondo si presterà sempre più a divenire
gastronomica senza confini della globalizzazione gastronomica. Ormai da qualche tempo, l’ambiente cucina è chiamato ad accogliere tale dicotomia: sul fronte globale, attrezzandosi maggiormente in spazi e soluzioni funzionale per accogliere nuovi utensili e nuove modalità di preparazione/cottura (dai numerosi e preziosi coltelli per il sushi alla voluminosa e delicata couscoussiera), nuovi ricettari (maggiori spazio per forme multimediali di apprendimento), nuovi ingredienti (dispensa più ampia); sul versante del locale, e in coerenza a quanto detto già per lo slow, maggiore flessibilità di spazio per elaborazione/cottura manuale dei cibi e un più alto numero di utensili.
locale se non domestico, e quello locale a proiettarsi nella cultura
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L’istituto di ricerca GPF, che attraverso il Food Monitor, da molti anni analizza gli stili di consumo alimentare degli italiani, recentemente ha tracciato il profilo di questa nuova categoria di consumatori. “È un esercito di 4,5 milioni di italiani; sono i Foodies, appassionati del cibo e del buon bere, per i quali l’interesse per la buona tavola in tutte le sue sfaccettature è messa al primo posto. Anzi, innerva tanti altri atteggiamenti di consumo: quando fanno la spesa, cucinano, sfogliano riviste di cucina o navigano su internet. In maggioranza uomini, tra i 25 e i 45 anni, vivono soprattutto nel Nord Italia, hanno un reddito medio-alto e titolo di studi superiore. La metà di loro è rappresentata da coppie con figli, anche se la concentrazione è sopra la media tra i single e nelle coppie senza figli. La mappa 3SC di Gpf li colloca nel quadrante dell’interesse per il sociale con un profilo d’impegno, di amore per il nuovo, per l’arte e la letteratura. Naturalmente interessati alle cene fuori casa, alla qualità nel cibo e del vino, al turismo enogastronomico e alla
di esperienze, un piacere da condividere con gli altri. Tuttavia non lesinano di preparare i pasti in casa (66% sempre o molto spesso) e all’83,6% di loro piace molto o abbastanza cucinare, per di più, piatti particolari e che richiedono cura. Ai Foodies piace anche condividere questa passione, perché il 40% organizza almeno 2 volte al mese pranzi o cene in casa propria. Ovviamente la ricerca puntualizza altri aspetti che contribuiscono a tracciare l’identikit di questa vera a propria avanguardia di buongustai consapevoli, che si inseriscono da protagonisti nella società dell’informazione, essendo forti consumatori di internet: non solo ricercano ricette, ma le propongono, non solo acquisiscono notizie e informazioni dai siti su ristoranti, cibi, ma sono iscritti alle newsletter dedicate e partecipano ai gruppi di discussione. In sostanza i Foodies rappresentano l’anello di congiunzione tra il mondo della cucina professionale, degli chef famosi e meno famosi, della maestria culinaria con la cucina domestica, dove riproporre i riti e le tecniche sperimentate nei tour gastronomici, di cui sono grandi esperti. Solo negli ultimi due anni i Foodies sono aumentati del 3% e la cultura che rappresentano sta facendo sempre più breccia nel contesto socioculturale. Questo accade perché sempre
poli-sensorialità del cibo, la loro passione è ricca di significati e
più italiani si riconoscono nei valori del Sapere e dell’Informazione
2.5 GASTRONAUTI DEL NUOVO MILLENNIO: I FOODIES
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alimentare, in un quadro di trasparenza e verità, che sono alla base dell’approccio foodie. Quello dei Foodies è un universo che esercita una certa influenza su tutto ciò che ha a che fare con l’universo della cucina intesa nella sua accezione più ampia: ristorazione, cucina domestica, cibo, strumenti, perché sono scopritori e valorizzatori di prodotti, di territori e di luoghi di ristorazione. I Foodies sono molto conviviali anche in casa e l’ambiente cucina rappresenta per loro uno spazio emotivo e funzionale molto ricco. Gli strumenti di lavoro, per esempio, sono considerati elementi molto importanti per potere dar sfogo alla loro passione per la cucina. Tuttavia, sarebbe un errore pensare, che al centro delle loro attenzioni ci sia solo il cibo e ciò che ruota attorno ad esso secondo una logica di puro piacere del gusto. Il profilo del Foodie è infatti più complesso e per questo motivo coinvolge molte altre aree di interesse. L’origine dei prodotti, i metodi di produzione, la storia, ma anche gli aspetti salutistici e nutrizionali, così come la ricerca per le migliori fonti di approvvigionamento sono al centro degli interessi del Foodies, che è disposto a spendere di più per prodotti di particolare qualità, ma cerca anche di farlo nel modo più conveniente. Si distingue dal gourmet in quanto ama il cibo come forma di cultura, per que-
di mezzi: internet, tv, radio, giornali e riviste, libri e pubblicazioni. Con uno sforzo di semplificazione, possiamo affermare che le aree di maggiore interesse per i Foodies riguardano il gusto, la salute (aspetti nutrizionali e sicurezza dei cibi), il networking (con un grande uso di tutte le tecnologie a disposizione), un’area estetico-sensoriale estesa, senza dimenticare la sensibilità green e l’attenzione per l’impatto ambientale delle attività umane. Il sapere e la conoscenza sono il punto chiave per i Foodies. Questo nutrito gruppo di persone è anche sensibile, nello stile e nell’ambiente della cucina, verso spazi sempre più living e conviviali, aperti e fluidi in cui le zone di lavoro sono ampie, così come i contenitori: privilegiano al decoro la funzionalità, la tecnologia e l’alta qualità; curano i dettagli, gli elettrodomestici, i coltelli e le stoviglie, apprezzano le dotazioni da chef (abbattitore temperatura, cantinetta e quant’altro). Cercano di personalizzare con il proprio gusto, per renderlo vero e autentico, l’ambiente cucina”5.
sto si informa, vuole sapere il più possibile attraverso una pluralità
5 Fabrizio Gomarasca, “Marilena Colussi, Gpf”, http//:www.living24.it
34
3.
Contesto produttivo e mercato del settore cucina
3 .1 R A P P O R T O B I L A N C I 2 016
In conseguenza alla crisi economica globale e al calo dei consumi, il mercato per il settore cucina ha subito una forte flessione nell’ultimo decennio. Secondo CSIL il fatturato del comparto nel 2009 è diminuito del 9% mentre il prodotto medio, di aziende come Snaidero, Scavolini, Veneta Cucine, ecc., che copre il 35 % della produzione nazionale, ha ridotto del 20% il proprio volume d’affari. L’altra gamma, dove si collocano marchi come Boffi, Valcucine, Arclinea, ecc. e che rappresenta il 10 % del prodotto complessivo, ha perso circa un 5 %, mentre la cucina low-cost è cresciuta del circa il 7 %. A risentire della crisi sono state soprattutto le esportazioni, ridotte del 20%, e penalizzate daslla situazione economica di paesi interessati al Made in Italy, quali Stati Uniti, Spagna, Russia, Grecia6 .
Il “Rapporto Bilanci 2016” pubblicato sulla rivista Ambiente Cucina del gruppo Il Sole 24 Ore, offre un quadro d’insieme sull’andamento del settore cucina italiano relativo all’anno 2016, prendendo in esame un campione di 15 aziende suddivise in tre macro-categorie distinte per fascia di prezzo, politiche di prodotto, e strategie commerciali e di marketing: Design/Qualità, Marchio/Prodotto e Prezzo/prodotto. La categoria Design/Qualità comprende le imprese attive nella fascia di prezzo più elevata: Arclinea, Boffi, Valcucine, che nel 2016 hanno registrato un fatturato medio di 42,2 ml di euro. Note, a livello internazionale, presso operatori professionali e gruppi di consumatori selezionati piuttosto che al grande pubblico, tali aziende dispongono di un’ampia gamma-prodotto, di altissima qualità intesa come eccellenza di materiali e lavorazione; rappresenta una sintesi perfetta tra design, costante innovazione e funzione e quanto di meglio il Design italiano possa offrire. La categoria Marchio/Prodotto comprende le imprese attive nella fascia di prezzo media, che spazia, a seconda del posizionamento
6 Giorgio Bersano “Parola d’ordine rinnovarsi” in Annual Cucina, Interni Magazine n°604, Mondadori
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e delle linee di prodotto, da quella medio-bassa a quella medioalta: Aran, Cesar, Lube Over, Scavolini, Gruppo Snaidero, Stosa e Veneta Cucine, che nel 2016 hanno registrato un fatturato medio di 124,6 ml di euro. I loro punti di forza sono un equilibrato rapporto qualità/prezzo ed elevata notorietà di marca a più livelli, unite ad una gamma-prodotto molto ampia. Da qualche anno, in questa categoria, si registra la tendenza bi-polare ad aumentare i contenuti di design per l’espansione in fasce di mercato più alte, unita al lancio di prodotti più basici a prezzi molto competitivi, per soddisfare la richiesta di quella fascia di mercato composta dalle famiglie della classe media “impoverite” dalla globale crisi economica. La categoria Prezzo/Prodotto comprende le imprese attive in una fascia di prezzo che va da medio-bassa a bassa: Arredo3, Arrex 1 , Ar-Due, Desi e Mobilturi, che nell’anno di riferimento hanno registrato un fatturato medio di 51,3 ml di euro. Si tratta di aziende che basano la loro competitività su prezzi molto aggressivi uniti a qualità più che soddisfacente. La gamma solitamente è ridotta rispetto alle precedenti categorie e si punta su design che riflette gusti e tendenze già affermati sul mercato. Il “Rapporto Bilanci 2016” ci fornisce un quadro generale in leggera risalita rispetto all’anno precedente ma soprattutto il dato considerevole , e che mi preme
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sottolineare, riguarda due aspetti: le esportazioni e la tendenza dei consumatori verso prodotti di prezzo più basso. La ripresa di redditività lorda per quanto riguarda le esportazioni è il segnale di come le aziende, duramente provate negl’anni precedenti dalla crisi economica, erano state probabilmente impegnate a riguadagnare volumi sul mercato italiano diminuendo gli investimenti manageriali e finanziari necessari al mercato internazionale. Nell’ambito dell’export rimane comunque sempre alta l’attenzione nei confronti dei mercati più dinamici e che mostrano potenziali di crescita di medio-lungo periodo più elevati, in particolare i cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) ed alcune economie in forte sviluppo in Europa, Asia e Sud America. Si conferma l’interesse di quasi tutte le imprese di fascia medio-alta al business del contract, in sviluppo e fondamentale per entrare in maniera significativa in alcuni mercati esteri, ad esempio negli Emirati, negli Usa o in alcuni segmenti del mercato cinese.
Fino al 2009 era piuttosto evidente, seppur in un mercato al ribasso, un fenomeno di polarizzazione dei consumi. La domanda tendeva a riconoscere un premio ai prodotti in grado di garantire forti valenze qualitative, edonistiche e di appagamento del desiderio di sicurezza, status ed esperienza di acquisto da parte del consumatore. Questo accadeva sia nei mercati più maturi e consolidati, dove una fascia di consumatori a reddito medio elevato magari rinviava o semplificava l’acquisto di un bene di fascia alta ma difficilmente era disponibile a compromessi troppo marcati sulla qualità e sui contenuti qualitativi e di status del prodotto. Nei paesi in forte sviluppo la domanda di prodotti di fascia alta è alimentata dal continuo accesso al mercato di nuovi consumatori ad elevato potere di acquisto che ricercano prodotti ad elevato contenuto di qualità e di immagine che in qualche modo “certifichino” il loro approdo ad una nuova dimensione di agiatezza economica. Il segmento di fascia alta è non a caso anche quello più fortemente esportatore. La fascia media, già critica di risultati da qualche anno, in tempi di
di fatturato che di redditività, probabilmente perché in varie circostanze la sua offerta non riusciva a proporre con la necessaria chiarezza i vantaggi offerti in termini di rapporto qualità/prezzo rispetto ai produttori di fascia alta e a quelli di fascia bassa. La fascia bassa beneficiava di quella che può essere definita una corsa al ribasso della struttura dei consumi, ovvero una parte dei consumatori, che tipicamente sarebbero acquirenti di prodotti di fascia media, hanno dovuto ridurre i budget di spesa, per ragioni oggettive o psicologiche, rivolgendosi a prodotti meno costosi anche se caratterizzati da una qualità tutto sommato accettabile. Quel che fino al 2009 era stata una discreta tenuta del settore Prezzo/Prodotto si è trasformata nel 2010 in una vera e propria rifioritura, probabilmente a causa di due fenomeni tra loro interconnessi. Da una parte probabilmente molti consumatori di fascia media hanno rotto gli indugi e trovano normale, in un mondo dove l’acquisto low cost non è più solo una questione di budget, ma anche un indice di “smartness”, rivolgersi a prodotti con un pricing molto aggressivo. L’analisi, mostra come la durissima annata del 2009 abbia rappresentato un elemento di forte selezione del mercato, con l’eliminazione o la marginalizzazione di una serie di operatori storici e la ne-
forte crisi risultava ulteriormente penalizzata e soffriva sia a livello
cessità per tutti i competitor di ripensare rapidamente le loro ragioni
3.2 LA TENDENZA VERSO PREZZI PIÙ BASSI
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d’essere sul mercato. Gl’ultimi anni dimostrano che il comparto, con l’aiuto della ripresa della domanda, pur senza raggiungere in media risultati economico-finanziari eclatanti, mostra una certa capacità di adattamento al mutamento della struttura della domanda.
3.3 U N N U O V O A P P R O C C I O A L L’ A C Q U I S T O : I L PROSUMER
Come ogni altro comparto del mercato, anche quello della cucina sta risentendo di alcune dinamiche sociali che contraddistinguono questi anni e che coinvolgono la figura del consumatore, il quale sta attraversando una fase di cambiamento di approccio all’acquisto di beni e servizi. Se da un lato, in un momento di crisi globale, segnato dalla precarietà, il consumatore risulta necessariamente prudente di fronte all’acquisto di beni durevoli e semidurevoli; dall’altro, le nuove tecnologie dell’informazione, ci guidano versi scenari inediti, dove l’esperienza dell’acquisto assume nuovi significati. Durante quest’ultimi anni i consumatori sono bombardati di notizie riguardanti crisi, crack, scandali economico-finanziari e politici, emergenze sanitarie e climatiche, effetti della polarizzazione tra dimensioni locali e globali, come ad esempio criminalità, truffe alimentari, crisi petrolifere e delocalizzazioni produttive. Si è diffuso pertanto un clima d’incertezza che determina, così’ come nella gran parte dei settori, anche in quello delle cucine, un allungamento dei
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tempi che coinvolgono il processo d’acquisto. La congiuntura sfavorevole, quindi, sta contraendo o posticipando i rinnovi e le ristrutturazioni che, secondo un’indagine SGW, rappresenterebbero la motivazione principale dell’acquisto di una nuova cucina. “L’avvento delle nuove tecnologie ha modificato decisamente, nell’ultimo decennio, la possibilità per il consumatore di accedere alle informazioni e in questo senso anche il settore delle cucine componibili è stato investito dal fenomeno. Sia i produttori sia i distributori si sono attrezzati rispetti ai nuovi mezzi di comunicazione e di informazione, costruendo un’offerta basata sulla creazione di siti web che possano accogliere e guidare il potenziale cliente nella ricerca della soluzione più consona alle proprie esigenze. Si va dalla semplice vetrina dei prodotti on line, alla possibilità di accedere a catologhi e specifiche di prodotto, a veri e propri strumenti di progettazione che permettono di disegnare la propria cucina in base alle misure e alle preferenze, ottenendo in alcuni casi una preventivazione in “real time” delle soluzioni prescelte. In questo modo la possibilità del consumatore si è ampliata non solo per la possibilità di visionare in breve tempo molte soluzioni appartenenti a brand diversi, senza (almeno nella prima fase di valutazione) do-
di essere a diretto contatto con chi produce mobili ed elettrodomestici, “disintermediando” la rete commerciale sul territorio. Al di là delle scelte che ciascun produttore, distributore o punto vendita può operare, diviene rilevante constatare come quasi un acquisto su tre nel biennio 2008/2009, abbia compreso un momento in cui l’acquirente si sia seduto davanti al proprio pc e abbia navigato alla ricerca di informazioni. Questo trend di ricerca in rete, peraltro in crescita, sembra poter indirizzare il rapporto e i meccanismi appartenenti alla decisione di acquisto in modo importante e con nuove modalità”7 . L’esplosione del Web 2.0 ha profondamente trasformato lo scenario della comunicazione che diventa sempre più complesso, integrato, pubblico e competitivo. “L’ultimo decennio ha portato delle profonde trasformazioni nel rapporto tra i fruitori e i mass media, sia nei formati che nei delivery: per quanto riguarda la produzione, nella qualità e qualità di informazioni disponibili e nella velocità di aggiornamento; per quanto riguarda la fruizione, nella frequenza dei momenti informativi, nei modi di informarsi, nella possibilità di confronto ad esempio di prodotti e prezzi; per quanto riguarda l’interazione, nel numero di canali di scambio di informazioni, nel
ver visitare le esposizioni nei punti vendita, ma anche nella capacità
numero di persone con cui discutere (come ad esempio avviene
7 Diego Martone “Prima navigo, poi compro”, in SWG Monitor n° 195
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nei forum on-line), nella possibilità di essere “prosumer” cioè produttore e consumatore di informazioni. Entro due anni, si stima che ci saranno più utenti connessi alla rete tramite dispositivi mobili (smartphone, tablet) che pc; la rete diverrà tramite il cloud computing, non solo il luogo di trasmissione, ma anche quello di memorizzazione delle informazioni, l’azienda, quindi, per raggiungere un cliente potenziale o reale può e deve essere presente non solo sul web con un sito, ma anche e soprattutto nei luoghi di interesse e di presenza fisica del cliente, dai social networks alle apps, dai Proximity Marketing Tools alla augmented reality” 8.
3.4 TENDENZE DEL SETTORE CUCINA DEGLI U LT I M I A N N I
Se la tendenza nella progettazione di cucine seguisse quella del cucinare, oggi probabilmente ci troveremmo in case beute e alambacchi, riposti in comodi armadi da laboratorio e poco più. Dopo la cucina molecolare, il nuovo modo di degustare piatti prelibati per aereosol si chiama Whaf, un’invenzione del professor David Edwards scienziato e scrittore, nonché docente di Harvard, che consiste nell’inalare vapori di cibo. Concettualmente alcune tendenze nel pensare e progettare cucine vanno in questa direzione; ormai da anni si assiste alla dissoluzione della cucina, che non è più luogo del focolare attorno al quale riunire la famiglia: armadi e librerie accolgono stoviglie accanto a libri e soprammobili. Naturalmente fin quando le esperienze di David Edwards rimarranno tali, aziende e designer dovranno fare i conti con la materialità: la stanza dove si trova la cucina, i prodotti, i manufatti e l’utente non possono essere valori effimeri. Molte aziende leader del settore, consapevoli proprio della materialità e dell’eccellenza del design, si stanno orientando verso un
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8 Diego Martone “La domanda di informazione del cittadino consumatore” 7° Ambiente Cucina Day, marzo 2011
“nuovo basic” di alta qualità, una buona offerta di gamma a costi contenuti, ma che comunque si discosta da quella che è la grande distribuzione. Un esempio dei risultati raggiunti dalla ricerca in questa direzione, li vediamo nella serie K di Norbert Wangen disegnata per Boffi, che concettualmente rivoluziona in concetto di cucina compatta. È un monoblocco che contiene tutto il necessario sia per cucinare che per ricevere gli ospiti. Un elemento d’arredo contemporaneo che si apre per rilevare un sistema di cottura altamente tecnologico e moderno, ideale per spazi piccoli. Sicuramente è stata una sfida interessante per il designer confrontarsi con Minikitchen di Joe Colombo, oggi rieditata in Corian. La differenza principale oltre le dimensioni – la k4 misura chiusa 154 x 70 cm – riguarda l’aspetto del lusso e l’imperscrutabilità del monolite. Al concetto di “nuovo basic” si unisce, la cucina “smart”. Lo “smart design” prevede un prodotto fondato dalla semplicità d’uso e facile da riprodurre. Come sostiene Marc Sadler, la cucina “smart” contemporanea deve avvalersi di “soluzioni facili da montare e utilizzare, ed eventualmente smontare in un nuovo appartamento”9 . Oggi le persone sono indotte a una maggiore mobilità
su sette nella trasferta di lavoro per poi tornare alle propria “Heimat” dove ritrovare famiglia e relazioni sociali; inoltre famiglie che migrano anche solo all’interno di spazi urbani con tempi inferiori a quello in cui una cucina esaurisce o può esaurire il suo ciclo di vita, che può andare oltre i quindici-vent’anni.
nel lavoro e nell’abitare, case piccole da utilizzare cinque giorni\
tero la sua funzione culinaria e diviene un laboratorio funzionale.
9 Paola Leone, “Marc Sadler, designer”, 2013
10 Davide Cattaneo, “Dante Donegani e Giovanni Lauda, designer” 2015
Dante Donegani e Giovanni Lauda, progettisti, direttore e docente del master in Design della Domus Academy, aggiungono al concetto di “smart” la “semplicità di progettazione”, facendo un’osservazione interessante riguardante le modificazioni dei modi e dei processi di preparazione dei cibi in ambiente domestico. Essi sottolineano che “La diversificazione dell’azione del cucinare per categorie di persone che prima ne erano escluse, comporta necessariamente la progettazione di apparecchi e sistemi intuitivi, semplici, alla portata di tutti. In questo senso bisogna sottolineare come la diffusione dei prodotti dell’industria alimentare abbia ridotto sensibilmente il numero delle operazioni da svolgere all’interno dell’ambiente cucina”10 . La tendenza che sposta sempre di più la cucina nella zona living fa parte di un processo ben descritto da Jean Baudrillard “La tavola diventa bassa, decentrata, leggera. La cucina perde per in-
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La trasformazione identitaria della cucina avviene non solo perché oggi gli elementi funzionali sono dedicati ai libri, ai soprammobili, al bar, al vuoto, ma perché questa, come l’intera casa, è arredata secondo il gusto assolutamente rituale della visita, e non degli affetti, affetti che oggi si modificano in base a come cambia quantitativamente e qualitativamente la composizione di famiglia”11 . L’analisi di Baudrillard si riferisce agli anni ’60 ed oggi non possiamo che constatare l’amplificazione di tali processi di disgregazione. In questo moto di trasformazione del focolare domestico dobbiamo aggiungere senz’altro l’intreccio con funzioni di lavoro e studio. In questo senso la cucina perde la sua funzione storica, ma acquisisce una nuova forza aggregatrice: torna ad essere il centro della casa. La casa nell’insieme è da tempo oggetto di attenzioni di grandi aziende, quali Boffi o Valcucine o anche Lago, che prevedono ormai diverse soluzioni e non solo nella direzione della cucina, ma per il bagno, lavanderia o zona living. Come nella moda, si cerca di trovare un total look per la casa, si inizia a parlare di “total living”.
la produzione industriale sottolineando che “ …le più moderne ricerche su società consumi, scelte e stili di vita attestano che sempre un maggior numero di consumatori è sensibile alle tematiche della sostenibilità. Si tratta quasi di un terzo della popolazione italiana; donne e uomini informati e più consapevoli, attenti alle questione ambientale e in gradi di selezionare prodotti e servizi in funzione di un impatto minore sull’ambiente “ 12 Le aziende, anche solo per questioni di marketing, non possono esimersi dal prestare attenzione a queste richieste tenendo conto del ciclo di vita e di riciclo dei prodotti, della sostenibilità e del contenimento dei consumi. È altresì evidente che, il concetto di ecologia viene declinato spesso, oltre che nell’uso di materiali tossici, nella riduzione del materiale stesso e dei componenti. Per molti il solo fatto di utilizzare pannelli a bassa presenza di formaldeide prevista nel limite di concentrazione 0,1 ppm, è uno sforzo notevole, nonostante l’attuale legislazione sia mlto chiara e sia stata recepita dalle norme tecniche di settore riassunte nella UNI EN 13986.
Clara Mantica e Giuliana Zoppis cofondatrici del circuito Best Up, focalizzano molto bene un aspetto oggi fondamentale nel
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11 Jean Baudrillard, Il sistema degli oggetti, Tascabili Bompiani, Milano
12 Davide Cattaneo, “Clara Mantica e Giuliana Zoppis, Best Up” 2011
4.
Design e Sostenibilità: la cucina “liquida”
Negli ultimi anni il significato del termine “Sostenibilità” si è evoluto fino a comprendere oltre alla componente ambientale anche quella economica e sociale. Quindi, dal miglioramento dell’impatto ambientale dei processi produttivi, si è passati a minimizzare gli impatti ambientali del prodotto lungo tutte le sue fasi del suo ciclo di vita fino a giungere ad una visione più ampia che si fonda sull’idea di rendere sostenibile il prodotto migliorandone le prestazioni ambientali, sociali ed economiche attraverso l’innovazione anche nei metodi di lavoro, nei comportamenti e nei sistemi di gestione imprenditoriale. Si tratta in altri termini di progettare prodotti con un minor impatto sull’ambiente, a bassa intensità mdi energia, di materiali e rifiuti; migliorare le condizioni di lavoro e la cultura aziendale accrescendo la produttività, la competitività, la profittabilità di lungo periodo e non ultimo la soddisfazione del consumatore, “che deve essere in grado di poter scegliere “consapevolmente” e valutare in un prodotto non solo la funzionalità, la forma e il colore, ma anche la sua identità sostenibile”13 . Si è già parlato della maggiore mobilità nel lavoro e nell’abitare, come trend emergente amplificato dalla crisi economica che stiamo vivendo. Come afferma Zygmunt Bauman, la modernità oggi è caratterizzata non tanto dall’essere quanto dal continuo divenire,
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13 Marco Capellini “Materiali sostenibili per prodotti innovativi” dal convegno “Ergonomia, Design for All, Sostenibilità” La Spezia 2011
dal restare perennemente incompiuti e indefiniti. Niente è più solido e permanente, tuto diventa “liquido”. Fino a pochi decenni fa, essere moderni significava inseguire lo stato di perfezione definitivo, oggi essere moderni è ricercare il miglioramento continuo, la totale flessibilità, l’attitudine al cambiamento. E’ questa l’era della ”modernità liquida” e questo status si rifletterà sempre più nell’abitare. Possiamo dire che anche l’ambiente cucina/living sta risentendo di questa tendenza, e il concetto di una cucina “liquida” può racchiudere in se tutte le caratteristiche che possono soddisfare questo nuovo trend di vita. Cambiare casa, cambiare città, cambiare nazione diventerà sempre più frequente. L’arredo deve seguirci nei nostri cambiamenti e quindi deve rispondere a criteri di facilità di montaggio e smontaggio e di trasposto, essere adattabile e trasformabile in base alle esigenze dell’utente e delle nuove architetture.
L’obiettivo generale è quello di utilizzare l’Ergonomia per il Design e il Design per la Sostenibilità, come criteri strategici per l’innovazione. Bisogna ricercare soluzioni radicalmente innovative, sia da punto di vista tecnologico che d’uso, che puntino all’abbattimento dell’impatto ambientale del Sistema-Cucina, attraverso la riduzione del consumo di risorse ambientali, la riduzione dei consumi energetici, favorendo ove possibile l’inserimento di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili, lo sviluppo di soluzioni progettuali che spingono l’utente verso nuovi modelli di comportamento ambientalmente più consapevoli , la riduzione dei rifiuti e la loro corretta gestione. La definizione della strategia di intervento porta alla definizione dei seguenti punti, intesi come obiettivi finali di progetto: • riduzione del consumo di risorse • allungamento della vita • riduzione dei rifiuti
Struttura costruttiva: è necessario quindi andare a lavorare su alcuni aspetti ancora troppo rigidi che contraddistinguono il sistema cucina odierno. Ricercare soluzioni più “smart” e minimali, svincolate da un sistema rigido, al quale accostare accessori e complementi che possano essere spostati e sostituiti senza mettere in crisi l’equilibrio del sistema base. Ripensare la struttura costruttiva del sistema attuale ( armadi, basi, pensili, isole) a favore di una destrutturazione dei componenti, per ridurre la quantità di materiale e quindi i costi generali (produzione e trasporto). Materiali, funzionalità ed estetica: è necessario semplificare la sostituzione dei componenti e degli elettrodomestici, che hanno un ciclo di vita inferiore agli elementi d’arredo. La scelta di materiali durevoli o sostituibili, e di un’estetica durevole uniti alla facilità montaggio-smontaggio, sono tutti fattori volti a favorire l’allungamento e la durata effettiva del ciclo di vita programmato per il Sistema-Cucina nel suo insieme. Zona lavaggio e preparazione: l’obiettivo è sensibilizzare l’utente, di ridurre il consumo d’acqua e di favorire il riciclo e/o il riutilizzo di questa risorsa preziosa, richiede un ripensamento delle funzioni
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lavaggio e di preparazione del cibo, mirate alla riprogettazione
4 .1 POSSIBILI AMBITI DI OTTIMIZZAZIONE E INNOVAZIONE IN TEMA DI SOSTENIBILITÀ AM B I E NTALE
produzione di energia rinnovabile
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Invitrum di Valcucine è il primo sistema di basi al mondo costruito completamente in alluminio e vetro. Rispetta in pieno le regole del design ecosostenibile: demateralizzazione, riciclabilità , riduzioni delle emissioni tossiche e lunga durata. Con le basi Invitrum si elimina il raddoppio dei fianchi: tra due elementi c’è un unico fianco in vetro di 10 mm di spessore.
dei suoi componenti per il raggiungimento di questo obiettivo. In particolare il piano di taglio e lavorazione, la rubinetteria, il lavello, gli scarichi e la lavastoviglie, vanno progettati come un sistema integrato anche all’arredo e non come singoli componenti, prodotti di aziende diverse. Solo così è possibile ottimizzare il consumo di risorse e spingere il consumatore verso un comportamento più consapevole. Il lavello, ad esempio, deve essere progettato in maniera da indirizzare l’utente ad utilizzare spontaneamente una vasca predisposta al lavaggio del cibo, che a sua volta è fatta in modo da utilizzare quest’acqua, che non contiene saponi, verso un sistema di filtraggio e di stoccaggio collegata, ad esempio, alla lavastoviglie. Raccolta rifiuti: è necessario indurre l’utente alla spontanea selezione dei rifiuti organici, attraverso uno strategico posizionamento dei contenitori adibiti alla raccolta differenziata. È la cucina il luogo della casa adibito alla maggiore produzione di rifiuti e quindi è qui che vanno indirizzati gli sforzi progettuali utili alla causa ambientale. Piano cottura, cappa e pavimentazione: un approfondimento sulla fattibilità di accessori intelligenti in grado di produrre essi stessi energia e/o riutilizzarla, pensare in maniera integrata con gli
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elementi d’arredo, può essere mirato alla ricerca di innovazione nella direzione di una riprogettazione sostenibile sul piano ambientale. Anche la pavimentazione potrebbe entrare a far parte degli accessori intelligenti da collegare ala cucina. Oggi infatti è possibile convertire l’energia meccanica prodotta dal movimento umano in energia elettrica. Esempi di pavimentazioni di questo tipo sono già stati realizzati al altri ambiti, sia in Nord Europa che in Giappone.
4.2 LA COMPONENTE COGNITIVA; DEFINIZIONE E D ESE M PI APPLI CATIVI D I AFFO R DAN C E E MAPPI N GAM B I E NTALE
Se da un lato, il progresso tecnico e tecnologico ha ridotto la fatica fisica durante le attività lavorative generiche, dall’altro ha comportato l’aumento dell’impegno psichico che richiede una maggiore attività mnemotica, tesa all’elaborazione di concetti e alla presa di decisioni. La componente cognitiva riguarda la capacità di elaborazione e interpretazione delle informazioni provenienti dal mondo esterno e la capacità di utilizzare la propria esperienza e i propri modelli interpretativi nei processi cognitivi decisionali. Talvolta, può succedere che le informazioni vengano deviate da fattori diversi, o perché risultano difficili da interpretare o perché l’utente può trovarsi in un stato di stress personale o ambientale. Questo in termini di comprensibilità d’uso impedisce all’utilizzatore di stabilire una giusta relazione con l’ambiente circostante o con il prodotto che sta usando. La comprensibilità d’uso può essere facilitata facendo riferimento a quelli che Donald Norman chiama “segnali naturali”; indicatori che guidano naturalmente l’utente alla comprensione
dell’ambiente che lo circonda, indicandogli le azioni appropriate senza bisogno che faccia riferimento a particolari istruzioni. In termini progettuali possiamo identificare i segnali naturali come inviti all’uso, da accostare ai vincoli d’uso che, invece, impediscono le azioni inappropriate o rischiose e ai feedback, ovvero messaggi di ritorno che comunicano l’esito dell’azione. AFFORDANCE
Uno dei temi principali del libro di Donald Norman “The Design of Everyday Things” è il tentativo di capire come le persone riescano a destreggiarsi in un mondo pieno di oggetti, la maggior parte dei quali hanno visto una sola volta. Secondo Norman gli indizi critici necessari per un corretto equilibrio risiedono nell’aspetto del dispositivo stesso e l’individuo può coglierli attraverso tre dimensioni principali: i modelli concettuali, i vincoli e l’affordance. Tra i tre concetti quello che è stato adottato con maggior entusiasmo dal mondo del design è l’affordance. Il termine affordance è stato introdotto dallo psicologo statunitense J. Gibson negli anni ’70 nell’ambito di studi relativi alla percezione per riferirsi alla relazione che un attore (una persona o un animale) può stabilire con il mondo circostante.
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Nel campo della progettazione, come più volte puntualizzato da Norman, è necessario distinguere tra affordance reali e percepite, soprattutto in seguito alla diffusione delle interfacce digitali. Nel design di prodotto di veri e propri oggetti fisici, ci possono essere sia affordance reali che percepite, mentre nei prodotti basate su interfacce grafiche (come i computer o gli smartphone) il progettista può controllare soltanto le affordance percepite; tuttavia in ogni caso l’affordance offre all’interlocutore forti suggerimenti per il funzionamento delle cose. “Tutti gli oggetti e gli ambienti sono caratterizzati da una maggiore idoneità verso alcune funzioni rispetto al altre. Per consentire il movimento, le ruote rotonde sono preferibili a quelle quadrate; per salire, le scale sono migliori delle siepi. Ciò non significa che le ruote quadrate o le siepi siano inutilizzabili per le finalità sopra descritte, quanto piuttosto che le caratteristiche fisiche delle ruote e delle scale ne condizionano in funzionamento e quindi aumentano le probabilità che siano usate. Quando l’affordance, intesa come “invito all’uso”, corrisponde alla funzione per la quale un oggetto o l’ambiente è stato progettato, il design avrà prestazioni più efficienti e sarà più facile da usare; il contrario avverrà quando l’invito all’uso è il conflitto con la
Ad esempio, una porta con maniglia invita a tirare, a volte, però, le porte con maniglia consentono solo di spingere, pertanto l’invito all’uso della maniglia è in conflitto con la funzione della porta. Se alla maniglia si sostituisce una placca piatta, l’invito all’uso della placca corrisponderà alla modalità di utilizzo della porta, con conseguente miglioramento del design”. Trasferire il principio dell’affordance nel processo progettuale specifico dell’ambiente cucina e di tutti quelli oggetti di cui ci serviamo durante la preparazione del cibo, ci consente di mettere a punto un sistema che contribuisce alla soddisfazione dell’utente; il quale sarà in grado di portare a termine i vari compiti in maniera efficiente, efficace ed in tutta sicurezza. È possibile favorire l’invito all’uso, ad esempio tramite l’applicazione, agli elementi contenitivi, di maniglie che agevolino la presa anche in condizioni particolari (mani bagnate o unte), oppure utilizzando materiali piacevoli al tatto, come i siliconi, che indichino dove e come fare presa, ad esempio nel caso di coltelli, pentole o piccoli elettrodomestici. Nel caso del piano di lavoro si potrebbe ipotizzare l’uso di elementi realizzati in materiale diverso da quello prevalente, come taglieri semi-integrati (ad esempio il legno, qualora il top sia realizzato in solide surface) che comunichino immediatamen-
funzione per la quale l’oggetto o l’ambiente è stato progettato.
te qual è la zona preparazione oppure, l’applicazione di “guide” in
materiali altamente resistenti al calore, tra i fornelli e il lavello, che, ad esempio nel caso della preparazione della pasta, accompagnino il percorso delle pentole fino alla zona di scolo dell’acqua di cottura.
MAPPING
Mapping è un termine tecnico attraverso il quale si indica la correlazione tra più elementi. In questo contesto si riferisce principalmente alla corrispondenza fra la configurazione dei comandi di un artefatto e la configurazione delle parti dello stesso artefatto su cui si manifestano i risultati prodotti dai comandi. “Quando l’effetto corrisponde a quello previsto, si parla di buon mapping, di mapping naturale. Un mapping naturale innanzitutto crea una relazione di affinità tre layout, comportamento o significato. Quando il layout dei controlli di un piano di cottura corrisponde a quello dei fuochi, vi è somiglianza di layout; se in seguito all’azione di sterzare a sinistra la ruota dell’auto si gira a sinistra, vi è affinità di comportamento; quando un pulsante di emergenza è rosso, vi è affinità di significato (poiché il colore rosso è associato al concetto di stop). È auspicabile posizionare i controlli in modo che la loro posizione ed il loro
comportamento corrispondano al layout e al comportamento del dispositivo. La soluzione migliore è quella che crea una relazione semplice tra controllo ed effetto, pertanto è sconsigliabile utilizzare un unico controllo per più funzioni. Nei casi in cui ciò non sia possibile, è necessario utilizzare modalità visive distinte (ad esempio colori diversi) per indicare le funzioni attive. Il rispetto delle convenzioni nell’assegnazione dei significati ai controlli è importante, poiché l’interpretazione potrebbe variare da cultura a cultura”.
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5.
Progettare una cucina componibile ergonomica oggi
5 .1 G U I DA ALLA PR O G ETTAZ I O N E D I U NA CUCINA COMPONIBILE
PIANO COTTURA CUCINARE
piano lavoro piano lavoro
LAVELLO LAVARE
FRIGORIFERO CONSERVARE
piano lavoro
Il lavoro in cucina può essere molto faticoso nonostante l’aiuto fornito da molti accessori e dagli elettrodomestici. Studi recenti sull’ergonomia condotti da Blum hanno misurato i chilometri che mediamente percorriamo, concentrando le analisi sui movimenti compiuti in una cucina di medie dimensioni, un modello angolare lungo 7 metri. Ogni persona compie in media 360 movimenti al giorno, tra spostamenti ed azioni. Concentrandosi sugli spostamenti è emerso che solo all’interno della propria cucina, un utente medio compie 1937 km in 20 anni. Davvero una cifra rilevante se si considera che molti di questi spostamenti sono superflui. Una buona organizzazione degli spazi può infatti ridurre i percorsi “ad ostacoli” ed i movimenti innaturali e inutili. La disposizione delle varie zone della cucina, il rispetto delle distanze, l’organizzazione di percorsi razionali sono quindi i punti di partenza per fare del lavoro in cucina un’attività creativa e divertente. Una regola molto semplice è quella di unire la zona conservazione (dispensa, frigorifero), la zona lavaggio (lavello, lavastoviglie) e la zona cottura (piano cottura), per mezzo di triangoli di lavoro di piccole dimensioni. La somma dei tre lati che le uniscono non dovrebbe superare i 650cm. In una disposizione ottimale della cucina le tre zone devono essere intervallate da piani di lavoro.
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“Progettare una cucina significa agire su argomenti sensibili a fatti semplici e concreti ma di straordinaria importanza perchè amplificati dalla continua ripetizione nel quotidiano. Se organizzare una cucina può essere essenzialmente una questione di buon senso, il miglior progetto di design sarà quello che non si vede, ma di cui si incontra l’intelligenza in ogni gesto, in ogni momento utile o sublime della propria arte culinaria” Antonio Citterio
A LT E ZZ A P E N S I LI C U C I N A
La tradizionale profondità delle basi di 60cm, si è evoluta verso misure superiori e più ergonomiche. Aumentando la profondità delle basi è possibile abbassare i pensili, che risultano così in una posizione più ergonomica e funzionale. Per la profondità tradizionale di 60cm, l’altezza dello schienale consigliata è 54cm, misura necessaria per permettere una sufficiente visibilità sul piano di lavoro. Il pensile però provoca un senso di chiusura e la sua posizione rende difficoltosa la visibilità e la prensione del contenuto. Aumentando la profondità della base a 65cm, è possibile abbassare il pensile che risulta più facilmente visibile e raggiungibile. Si determina così un minore senso di chiusura e una migliore visibilità sul piano di lavoro. La profondità di 80cm, con una base da 60cm e uno speciale canale attrezzato di 20 cm, permette una maggiore visibilità sul piano di lavoro. In questo caso la distanza consigliata dei pensili dal piano è di 42cm. Il contenuto del pensile risulta così completamente visibile e accessibile anche nei ripiani superiori.
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A LT E ZZ A E P R O F O N D I TÀ P I A N O
Lavorare in piedi davanti ad un piano troppo basso o troppo alto, obbliga ad assumere posizioni scorrette che, a lungo andare, possono avere gravi conseguenze per la nostra salute fisica. Visto il progressivo aumento della statura media dell’uomo, è opportuno che anche l’altezza dei piani della cucina vari in base alle esigenze dell’utilizzatore. In questo modo egli potrà lavorare più comodamente. È importante decidere a priori l’altezza del piano di lavoro, perché essa determina anche la posizione delle prese di corrente, la posizione dei pensili e l’altezza del foro della cappa.
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LA PR O FO N D ITÀ 80: I VANTAG G I
Con la tradizionale profondità 60cm, nonostante la maggiore altezza dello schienale, il pensile dà una sensazione di chiusura ed ostacola la visuale sul piano di lavoro durante la preparazione dei cibi. La profondità 80cm offre la possibilità di lavorare in uno spazio più aperto, lontani da spigoli e pensili, eliminando il senso di costrizione, dando una maggiore libertà di movimento e migliorando la visuale sul piano di lavoro, che viene utilizzato per l’intera superficie. Un pensile tradizionale è collocato normalmente ad un’altezza che impedisce una completa visuale degli oggetti posti sul ripiano superiore, rendendone poco agevole l’utilizzo, in particolar modoalle persone di bassa statura. La profondità 80cm consente di allontanarsi dai pensili e di abbassarli, rendendoli più visibili ed accessibili, aumentando contemporaneamente lo spazio antistante. I pensili con apertura delle ante di tipo tradizionale, costituiscono un ostacolo e provocano un senso di costrizione. Inoltre, poiché spesso l’anta rimane aperta, è molto probabile negli spostamenti procurarsi con tusioni alla testa. L’anta basculante può rimanere aperta durante tutte le fasi del lavoro e permette di muoversi lateralmente
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e di chinarsi senza pericolo di procurarsi contusioni. Lo scolapiatti posizionato ad un’altezza tradizionale è scomodo: il movimento per riporre i piatti appena lavati è innaturale e faticoso, il gocciolamento lungo il braccio inevitabile. Ed inoltre, lo scolapiatti ancorato al pensile non è agevole da pulire. La profondità 80, invece, permette di inserire lo scolapiatti all’interno del canale, dietro al lavello. Si ha la possibilità di riporre i piatti evitando il faticoso sollevamento delle stoviglie e il gocciolamento lungo le braccia. Lo scolapiatti è collegato direttamente al sifone per lo scolo dell’acqua. Nelle cucine tradizionali la cappa è di solito troppo vicina al volto, impedisce di chinarsi sopra le pentole per verificare il procedere della cottura e non permettono di avere sufficiente spazio per posizionare gli utensili o gli oggetti utilizzati durante le fasi della preparazione dei cibi. Una cappa con una forma slanciata verso l’alto, libera la visuale e dà la possibilità di avvicinarsi più comodamente e in completa sicurezza alla zona fuochi.
DIMENSIONI MINIME
Una distanza di 120cm fra il tavolo e la parete o qualsiasi altro elemento che determini un ostacolo, rappresenta la distanza minima richiesta per permettere una libera circolazione con andatura frontale, dietro una persona seduta. Per consentire ad una persona di lavorare ed eventualmente di aprire ante e cassetti dietro ad una persona seduta, è necessario prevedere una distanza minima di 135cm fra il bordo del tavolo ed il mobile. Se il mobile ha una profondità di 80cm, tale distanza va aumentata di 15cm. Per stabilire le distanze utili fra i piani di lavoro e altri elementi posti davanti ad essi, è necessario tenere conto dello spazio da destinare ai movimenti delle persone e dell’ingombro determinato da elettrodomestici e basi con relativi cassetti e sportelli eventualmente aperti. Di fronte alla lavastoviglie va tenuto libero uno spazio di almeno un metro, per le operazioni di carico e scarico. Per consentire il passaggio di un’altra persona con andatura frontale durante queste operazioni, lo spazio libero va aumentato di altri 70cm se di fronte c’è una parete.
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CUCINA SOSPESA
La cucina sospesa rende completamente libere le operazioni di pulizia sotto i mobili. La cucina con zoccolo è più difficile da pulire e quindi non può essere assicurata un’igiene perfetta. Lo sporco anche se non si vede, si accumula dietro lo zoccolo che, pur dotato di guarnizione, non è a tenuta stagna. Con la cucina sospesa si ha una migliore resa del riscaldamento a pavimento: a differenza della cucina con zoccolo non ci sono ostacoli per la diffusione del calore. FISSAGGIO DELLA CUCINA SOSPESA A PARETE
Per montare una cucina su di una parete portante, vengono utilizzati dei profili ad L di sostegno in acciaio. Per evitare la foratura delle tubazioni a parete è necessario utilizzare uno strumento che ne rileva la posizione esatta. Se le basi vengono fissate ad una parete divisoria interna, bisogna prevedere piedini di sostegno per scaricare parte del peso a terra. Si consiglia di montare un numero di piedini tale da garantire una distanza fra essi di 120cm.
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LA LAVASTOVIGLIE
Oggi è possibile inserire anche la lavastoviglie su basi sospese, ne è un esempio la nuova lavastoviglie Smeg da 60x90 o da 60x60. È consigliabile comunque prevedere dei piedini si supporto. È necessario stabilire con precisione l’uscita a parete delle tubazioni. La lavastoviglie da 76x60 può essere inserita in colonna, in posizione più elevata rispetto alla tradizionale, risultando più ergonomica. È preferibile collocarla alla destra del lavello (risulta più comoda da caricare). IL FORNO
Anche il forno può essere inserito all’interno di una base sospesa da terra, fissata alla parete. Il forno può risultare più comodo ed ergonomico, se posizionato all’interno di un elemento che può essere appeso in un punto qualsiasi della parete, eventualmente dotato di antina a ribalta che si apre e scompare sotto il mobile.
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ILLUMINAZIONE CUCINA
La cucina è il luogo della casa dove maggiormente è richiesto un buon progetto dell’illuminazione: questo contribuisce a ridurre il rischio d’incidenti e a migliorare la visibilità durante la preparazione dei cibi. E’ necessario quindi studiare attentamente sia l’illuminazione artificiale, sia l’illuminazione naturale attraverso adeguate aperture esterne.
L’ I L L U M I N A Z I O N E N A T U R A L E I N C U C I N A
Per creare un ambiente ben illuminato e confortevole anche durante il giorno è necessario progettare attentamente le aperture. Lo sfruttamento della luce attraverso finestrature adeguatamente dimensionate, oltre a favorire un maggior benessere psicofisico (infatti un ambiente scarsamente illuminato crea un’atmosfera cupa e malinconica), permette di ottenere anche un minor consumo di energia elettrica. Se si prevede un piano di lavoro davanti alla finestra, bisogna fare attenzione che la luce diretta del sole o la luce riflessa da una superficie
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chiara posta di fronte alla finestra, non provochi abbagliamento e fastidio. È opportuno prevedere oltre la finestra un sistema frangisole che schermi i raggi luminosi troppo intensi, lasciando entrare la giusta quantità di luce. Una finestra posizionata alle spalle di chi lavora, proietta l’ombra della persona sul piano, rendendo scarsa la visibilità e obbligando ad utilizzare la luce artificiale anche di giorno. All’interno della cucina è auspicabile posizionare i mobili in modo tale da avere la zona lavoro illuminata da luce laterale, che non provoca fastidiosi abbagliamenti o sconvenienti zone d’ombra.
CESTELLI ESTRAIBILI PER CUCINA
Le basi tradizionali con antine e ripiani, obbligano a chinarsi e ad assumere posizioni scorrette (che a lungo andare possono causare gravi conseguenze), per prelevare o per riporre la merce che di solito è collocata in una posizione quasi inaccessibile e in una zona non illuminata. Con il cestone ad estrazione totale tutto il contenuto della base è a vista, piÚ accessibile e a portata di mano.
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L’ I L L U M I N A Z I O N E A R T I F I C I A L E D E L L A C U C I N A
In cucina una buona visibilità contribuisce a ridurre gli incidenti e a creare un’atmosfera accogliente. Per ogni zona della cucina va progettata una forma di illuminazione appropriata. Le lampade a luce direzionata creano zone fortemente illuminate e zone in ombra, permettendo di ottenere particolari effetti emozionali. I contrasti troppo forti fra luci ed ombre però possono dare fastidio e affaticare le vista. È importante allora attenuarli introducendo lampade che emettono una leggera luce diffusa. Una lampada a sospensione posta alle spalle di chi lavora, crea una zona d’ombra sul piano della cucina. Una luce sottopensile assicura un’ottima visibilità sul piano di lavoro. Sopra il tavolo una lampada a luce diffusa può causare fastidio, soprattutto se la lampadina non viene schermata. È preferibile una lampada con paralume che, oltre a creare una calda atmosfera, diffonde la luce con un fascio direzionato e non abbaglia chi è seduto. La lampada deve avere una distanza dal piano di 55-60cm. L’interno dei mobili della cucina dovrebbe essere ben illuminato, ma spesso risulta buio. Soprattutto l’interno del sottolavello può essere illuminato con una lampada fluorescente.
VENTILAZIONE CUCINA
In tutti gli ambienti dove sono presenti piani cottura con bruciatori - che prelevano l’aria dal locale ove sono installati - è necessario provvedere ad inserire aperture di ventilazione. Per ventilazione cucina si intende l’apporto di aria comburente, ottenuta tramite apposite aperture fisse; queste possono essere posizionate sulle pereti esterne dello stesso locale o essere collegate con un locale adiacente a sua volta con apertura su parete esterna.
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FORO AREAZIONE CUCINA
All’interno della cucina, deve necessariamente affluire almeno tanta aria quanta ne viene richiesta dalla regolare combustione del gas. Inoltre bisogna tener conto che l’aspirazione della cappa in mancanza di afflusso d’aria in cucina dall’esterno, può generare una depressione che impedisce la completa espulsione dei fumi. Per ovviare a questi due problemi l’afflusso naturale dell’aria deve avvenire per via diretta attraverso aperture permanenti di ventilazione praticate sulle pareti del locale che danno verso l’esterno. Tali aperture, regolamentate dalla Normativa UNI7129, devono rispondere ai seguenti requisiti: - avere sezione netta di passaggio di almeno 6cm per ogni kW di portata termica installata, con un minimo di 100cm; - se il piano cottura non è provvisto di termocoppia (dispositivo che impedisce la fuoriuscita del gas in caso di spegnimento della fiamma), è necessario praticare un ulteriore foro per arrivare ad una sezione minima di ventilazione di 200cm.
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È consigliabile praticare il secondo foro nella parte alta del locale così da risolvere il problema dato dall’utilizzo di gas GPL che, oltre a richiedere un maggiore apporto d’aria in cucina per la combustione, ha una densità relativa inferiore rispetto al metano. La normativa consente anche la ventilazione indiretta, mediante prelievo dell’aria da locali adiacenti a quello da ventilare purché il locale adiacente sia dotato di ventilazione diretta e non sia adibito a camera da letto o non sia un ambiente con alto rischio d’incendio (autorimesse, garage, magazzini). Inoltre il locale adiacente non deve essere messo in depressione rispetto al locale da ventilare per effetto della presenza di un altro apparecchio funzionante con un qualsiasi combustibile (caminetto, stufa...) oppure con un dispositivo di aspirazione per il quale non sia stato previsto un ingresso di aria. Il flusso d’aria dal locale adiacente può avvenire attraverso aperture permanenti oppure, in presenza di porte che dividono i due ambienti, può essere ricavato maggiorando la fessura tra la porta ed il pavimento (min. 2cm).
FORO CAPPA
Quando si acquista o si affitta una vecchia casa, è possibile trovare il foro uscita fumi in una posizione indesiderata rispetto al progetto della nuova cucina. Gli esempi suggeriscono tre possibili soluzioni adatte a nascondere il tubo della cappa, che molto spesso risulta antiestetico. Se si utilizza un tubo piatto esso si può mimetizzare con una mensola sottile. Se si utilizza un tubo di dimensioni normali, esso può essere nascosto da una mensola con bordo rialzato. In alternativa può essere costruita una trave o un controsoffitto in cartongesso.
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VALVO LA D I R ITE G N O
La valvola di ritegno è una valvola che, a motore spento si chiude impedendo afflussi d’aria esterna indesiderati e a motore acceso automaticamente si apre. L’assenza di tale valvola rischia di causare sgradevoli inconvenienti. In particolari situazioni che possono crearsi all’interno dell’abitazione (correnti d’aria o depressioni) l’eventuale vicinanza del foro di espulsione esterno ad altri camini può provocare l’aspirazione dei gas tossici provenienti dal caminetto, dalla stufa, o dagli scarichi delle caldaie. Inoltre in assenza di valvola di ritegno si può verificare l’ingresso fastidioso di aria fredda dall’esterno. Per effetto camino, la cappa sprovvista di valvola di ritegno, anche se spenta, tende ad aspirare l’aria calda dalla stanza e a convogliarla verso l’esterno determinando un consumo energetico indesiderato. In un edificio multipiano in genere i fumi vengono fatti convogliare all’interno di una canna fumaria collettiva prima di essere evacuati in atmosfera. La canna fumaria deve rispondere ai requisiti costruttivi della UNI EN 1443. Inoltre deve essere termicamente isolata per evitare fenomeni di condensa o di raffreddamento dei fumi e deve avere andamento verticale ed essere priva di qualsiasi strozzatura.
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Lo scarico delle esalazioni delle cappe delle cucine deve avere una canna collettiva ramificata adibita solo a tale uso. Un problema da non sottovalutare è l’eventuale utilizzo di una cappa aspirante priva della valvola di ritegno. In questo caso l’eventuale condotta in comune con altre abitazioni può attirare all’interno della cucina i fumi e gli odori dei cibi provenienti dai vicini. Se la cappa non possiede la valvola di ritegno integrata, si consiglia il montaggio di una valvola unidirezionale separata, in corrispondenza della parete esterna.
NikolaTesla, primo piano ad induzione di Elica con sistema di aspirazione totalmente integrato
SICUREZZA BAMBINI
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All’interno del canale attrezzato, la presa di corrente può essere utilizzata per alimentare gli elettrodomestici della cucina. Risulta molto comoda per il forno in quanto l’alimentazione può essere bloccata dall’interruttore bipolare, evitando l’accidentale accensione da parte dei bambini. I detersivi vengono solitamente posizionati nel sottolavello, zona facilmente raggiungibile dai bambini. È quindi opportuno prevedere un contenitore provvisto di serratura di sicurezza. Le pentole e i fornelli sono oggetti di grande attrazione per i bambini. Per evitare che si scottino è necessario posizionare una griglia di protezione in prossimità del piano cottura. Può capitare che i bambini si arrampichino su maniglie e cestoni estraibili, attratti da qualche oggetto posto sul piano di lavoro. Se la cucina è sospesa, essa deve essere provvista di un sicuro sistema di fissaggio alla parete. È preferibile scegliere forni di ultima generazione “a porta fredda” e ventilazione tangenziale, che garantiscono un efficace isolamento termico. Questi forni anche durante la cottura dei cibi mantengano la porta fredda evitando così anche gravi scottature. Le colonne devono avere dei sistemi di aggancio al muro collaudati per evitare
E’opportuno far inserire nei cassetti e nei cestoni dei dispositivi (ganci o magneti) che impediscano ai bambini di aprirli. In questo modo si evita che si facciano male nel momento in cui vengono richiusi. Inoltre viene loro impedito di raggiungere gli oggetti posti all’interno (detersivi, coltelli...). Nel caso un bambino salga su cestoni estraibili o nel caso vengano aperti tutti i cestoni della cucina ad isola, è probabile che essa si rovesci. Per evitare ciò, è necessario fissare le basi dotate di cassetti e cestoni al pavimento tramite squadrette antiribaltamento. Il piano cottura deve essere provvisto di valvola di sicurezza che impedisce la fuoriuscita di gas se non avviene l’accensione della fiamma oppure ne interrompe l’erogazione quando la fiamma accidentalmente si spegne. Se ante o cassetti non hanno maniglie per l’apertura, ma un semplice foro, è opportuno controllare che non sia troppo stretto. In questo caso un bambini potrebbe infilare il dito e, muovendosi, potrebbe causarsi una frattura. Tutti i vetri utilizzati in cucina (ripiani, antine...) devono essere temprati, per resistere maggiormente agli urti o ad altre sollecitazioni. Pre-
che un bambino giocando, possa rovesciarsi la colonna addosso.
vedere un interruttore generale non raggiungibile dai bambini per
interrompere l’erogazione di corrente al forno. Le manopole del forno attirano l’attenzione dei bambini che, giocando, potrebbero accenderlo con molta facilità. È preferibile prevedere i fornelli vicino al lavello per evitare lunghi tragitti con pentole bollenti, che possono diventare pericolose soprattutto se si hanno vicino dei bambini. Verificare che le attaccaglie dei pensili siano state collaudate per resistere anche a pesi abbondanti e che siano regolabili in altezza ed in profondità. Nelle cucine moderne in genere vengono utilizzati elementi con spigoli acuminati che possono diventare molto pericolosi per i bambini. È preferibile quindi scegliere una cucina che abbia ante, maniglie e pomoli con spigoli arrotondati. Meglio non posizionare il piano cottura vicino ad una finestra perchè l’aria che entra potrebbe spegnere la fiamma ed eventuali tende mosse da un bambino potrebbero incendiarsi. CONTROLLO DELLE EMISSIONI TOSSICHE
I pannelli in truciolare contengono colla ureica, sostanza che per anni e in modo continuo emette formaldeide. La formaldeide è riconosciuta
come sostanza cancerogena: l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro l’ha classificata come agente chimico “cancerogeno per l’uomo”. A differenza di quanto avviene in Germania e in Giappone, in Italia non esistono leggi che ne normalizzino l’emissione dai mobili. MUFFA IN CUCINA
La cucina è l’ambiente in cui l’umidità relativa è spesso molto alta e in corrispondenza del solaio, se non si è provveduto in fase di costruzione ad eliminare il ponte termico, si possono determinare problemi dovuti alla condensa, con relativa formazione di muffa. In commercio esistono delle particolari pitture isolanti che evitano l’abbassamento della temperatura dovuto al ponte termico in corrispondenza del solaio e quindi impediscono la formazione della muffa. La soluzione ottimale è quella di inserire in fase di costruzione un buon isolamento termico esterno in corrispondenza del solaio, che elimini completamente il ponte termico con tutti i suoi effetti negativi. La soluzione ottimale è quella di inserire in fase di costruzione un buon isolamento termico esterno in corrispondenza del solaio, che elimini completamente il ponte termico con tutti i suoi effetti negativi.
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MISURE E DIMENSIONI CUCINA
E’ indispensabile conoscere perfettamente gli ingombri e le dimensioni cucina in altezza, larghezza e profondità di tutti gli elementi componibili e svolgere un corretto rilievo dell’ambiente per una corretta progettazione. Questo permette di evitare spiacevoli inconvenienti durante le fasi del montaggio e di ottenere un progetto veramente funzionale.
MISURE ANGOLI CUCINA
Prima di ordinare i mobili della cucina è opportuno fare un rilievo accurato delle pareti per verificare eventuali angoli fuori squadro. Due pareti sono perpendicolari se la diagonale, misurata ad un metro di distanza dall’angolo è 141,5cm. Il rilievo deve essere eseguito a diverse altezze, ma va posta particolare attenzione alla quota corrispondente al piano di lavoro (circa 90cm da terra), per il quale si consiglia di riprodurre una sagoma in compensato. Anche un piccolo errore nel rilievo infatti, costringerebbe ad una costosa lavorazione di adattamento del piano con molte probabilità
Se l’angolo della cucina è fuori squadro, si possono verificare due casi: A - la diagonale è <141,5 quindi l’angolo è <90°. In questo caso la lunghezza della cucina deve essere minore della lunghezza della parete, soprattutto se a fine composizione sono inseriti cestoni, cassetti oppure la lavastoviglie o il forno. B - la diagonale è >141,5 quindi l’angolo è >90°. In questo caso la lunghezza della cucina può corrispondere alla lunghezza della parete. La parte anteriore che rimane vuota, viene sistemata con un riempitivo. Il piano di lavoro verrà prodotto utilizzando una sagoma.
di errore.
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LUNGHEZZA PARETE CUCINA
Per calcolare quale lunghezza deve avere una parete per contenere gli elementi di una cucina senza incappare in inutili costi per fuori misura, è necessario innanzitutto ricordare che una cucina è formata da moduli multipli di 15cm. Per evitare sprechi o interventi su misura, anche l’ambiente dovrà essere progettato come multiplo di 15cm. Inoltre bisogna sempre considerare 1cm di tolleranza per lato ed 1cm in più se sono previste piastrelle da applicare alla parete grezza. Per inserire correttamente il frigorifero a fine composizione, è necessario prevedere 5cm in più per permettere l’apertura completa della porta con maniglia orizzontale; 10cm in più se si inserisce un frigorifero con anta bombata; 20cm in più se si inserisce un frigorifero di tipo americano (misure indicative che devono essere verificate in base al tipo di elettrodomestico). La profondità dei frigoriferi “Free Standing” varia in base al litraggio. Per i frigoriferi di tipo americano con dispenser automatico di acqua e ghiaccio bisogna tener conto dell’ingombro di un eventuale rubinetto da posizionare a lato del frigo. In prossimità dell’angolo di una cucina è necessario sommare alla profondità delle basi, la misura del paletto d’angolo (X), utile per agevolare l’apertura delle ante.
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Generalmente è preferibile utilizzare un’anta con pomolo ed un’anta con maniglia orizzontale. Per inserire due ante con maniglia orizzontale bisogna tener conto della loro reciproca interferenza e di conseguenza calcolare la misura del paletto d’angolo. In generale la misura del paletto d’angolo (X) è uguale a 5cm per la maggior parte delle cucine.
D ISTAN ZA PO RTE
La misura della parete (K) fra l’angolo e la cornice della porta deve essere calcolata in base alla profondità (X) dei mobili della cucina che arrivano contro la parete stessa. In generale è sempre consigliabile mantenere un distacco di sicurezza dalla cornice della porta di circa 2cm. A - In presenza di basi, la misura della spalla si calcola sommando alla profondità delle basi stesse (X), 2cm di margine per arrivare alla cornice della porta. La misura totale della spalla sarà: K=X+2. B - In presenza di colonne, non è sufficiente sommare alla loro profondità 2cm di sicurezza, ma bisogna considerare lo spazio occupato da un eventuale interruttore (in generale 12cm). La misura della spalla in questo caso si calcola sommando alla profondità delle colonne (X), 2cm di distacco dall’interruttore, 12cm di larghezza dell’interruttore, 2cm di margine per arrivare alla cornice della porta. La misura totale della spalla sarà: K= X+16cm.
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CASSETTI E CESTONI
LAVASTOVIGLIE
Le cornici delle porte solitamente sporgono di circa un centimetro rispetto al muro. Ecco perché quando si progetta una cucina che arriva a ridosso di una parete dove si apre una porta, bisogna utilizzare alcuni semplici accorgimenti. Una buona regola è quella di tenere le basi staccate dalla spalla di circa 5cm per permettere l’uscita del cestone senza sbattere sulla cornice della porta. Verrà poi utilizzata una fascetta di tamponamento per mascherare il foro, mentre con il piano di lavoro si arriva fino alla parete.
Una lavastoviglie a fine composizione e in prossimità di un’apertura richiede circa 5cm di distacco dalla parete per permettere di aprire l’anta senza colpire la cornice della porta. Si consiglia di non inserire la lavastoviglie a fine composizione perchè, qualora l’angolo non fosse perfettamente a squadro, potrebbero insorgere dei problemi sia per il montaggio, sia per l’apertura dell’anta. Inoltre, poiché la lavastoviglie non viene inserita all’interno di una base, ma viene agganciata ai fianchi delle basi laterali, se montata a fine composizione le verrebbe a mancare un fianco di supporto.
MAN I G LIA O R I ZZ O NTALE
P E N S I LE C O N A N TA A R I B A LTA
Se la cucina prevede ante con maniglia orizzontale, bisogna mantenere una fascia di distacco dalla parete la cui larghezza va calcolata in base alla sporgenza della maniglia. In genere sono sufficienti 5cm di distacco, ma è sempre meglio informarsi sulla profondità delle maniglie che si intende inserire. Per ovviare a questo problema si può utilizzare un pomolo nell’anta vicina alla parete.
Se si prevede a fine composizione un pensile a ribalta è necessario, date le notevoli dimensioni dell’anta a ribalta, montarlo ad almeno 5cm di distanza dal muro per favorire un’agevole apertura senza sbattere contro la cornice della porta. Inoltre, vista la ricercatezza estetica di questi elementi è preferibile inserirli in posizione isolata, lontani sia dagli altri elementi della cucina, sia dalle pareti.
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CUCINA CON FINESTRA SOPRA IL LAVELLO
Per evitare che sia la soglia finestra a vincolare la scelta dell’altezza della cucina, è necessario determinarla a priori con alcuni accorgimenti. L’altezza della soglia finestra (Y) viene calcolata sommando all’altezza della cucina (J), 3cm di margine fino all’appoggio del davanzale, oppure 25cm di margine se viene inserito sotto la finestra il canale attrezzato con lo scolapiatti (25cm è da considerarsi una misura media di ingombro dei piatti inseriti nello spazio apposito del canale attrezzato). L’altezza (J) della cucina varia in base all’altezza del piano da terra e alla presenza del canale attrezzato o dell’alzatina. L’altezza della soglia finestra è così determinata: Y=J+3cm oppure Y=J+25cm. Se si dispone il lavello in corrispondenza di una finestra, la vista può spaziare ed il lavoro diventa più piacevole e quindi meno faticoso. Molto spesso si rinuncia alla funzionalità e all’estetica del lavello sotto finestra perchè subentra il problema di dove posizionare lo scolapiatti (che in realtà con l’utilizzo della lavastoviglie sarebbe superfluo).
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Nell’inserire il lavello sotto la finestra, è necessario fare in modo che l’apertura delle finestre non interferisca con il rubinetto. Questo può essere fatto in tre modi: - inserendo finestre scorrevoli in senso orizzontale o verticale; - posizionando il rubinetto perfettamente in asse con l’apertura delle finestre a battente; - inserendo un rubinetto ribaltabile se non è posizionato perfettamente in asse con l’apertura delle finestre. In questo caso bisogna considerare un ingombro di circa 13cm del rubinetto ripiegato, per calcolare l’altezza della soglia finestra.
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ALLACCIAMENTI IDRAULICI
IS O LA C O N CANALE ATTR E ZZATO A TE R RA
CUCINA CHE POGGIA SU UNA PARETE
Per la cucina ad isola con canale attrezzato in acciaio che poggia a terra, gli allacciamenti idraulici devono avvenire in corrispondenza dell’interasse dell’area libera inferiore del canale che misura 13cm di larghezza. Da qui le tubazioni possono giungere a destinazione passando attraverso il canale stesso. Se il canale attrezzato in acciaio viene utilizzato per la cucina a penisola, le tubazioni possono uscire dalla parete ma è necessario ordinare un canale con fianco speciale.
In questa tipologia di cucina lo spazio utile per l’uscita delle tubazioni, deve corrispondere allo spazio libero (cioè privo di schiena) della base sottolavello. Tale spazio è compreso fra Y2 (limite superiore) e Y1 (limite inferiore), dove: Y1 è uguale all’altezza della base da terra K (sia essa con lo zoccolo, con i piedini o sospesa) aumentata di 10cm corrispondenti allo schienalino basso di fondo + circa 6cm di sicurezza. Y2 è uguale a Y1+24cm se in presenza di base da 60, Y1+36cm se in presenza di base da 72. Frontalmente l’uscita degli scarichi deve preferibilmente essere centrata sull’asse del lavello e deve essere tenuta a circa 7cm di distanza da entrambi i fianchi della base.
IS O LA SU PI E D I N I C O N CANALE ATTR E ZZATO
Gli allacciamenti idraulici devono uscire dalla parete in corrispondenza del canale attrezzato. È necessario quindi stabilire a priori la posizione esatta del canale, in modo da centrare l’uscita delle tubazioni, all’interno degli 11cm di vuoto, misurati a cavallo dell’interasse del canale stesso e in un’area compresa fra Y1 (dato dall’altezza della base da terra K, + 16cm corrispondenti allo schienalino basso di fondo + circa 6cm di sicurezza) e Y2 (uguale a Y1 + 24cm se in presenza di base da 60, 36cm se in presenza di base da 72). Il tubo dello scarico va posizionato nella parte più bassa.
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IS O LA SU PI E D I N I SE N ZA CANALE ATTR E ZZATO
In presenza di una cucina ad isola senza canale attrezzato e sospesa su basamento, le uscite degli scarichi e degli allacciament idraulici a pavimento devono avvenire a cavallo dell’interasse degli 8cm di vuoto sanitario che si formano accostando di schiena due basi da 60cm (di cui una lavello) o a cavallo dell’interasse dei 5cm che si formano se si accostano di schiena una base lavello da 60 e una base da 35. Inoltre le tubazioni saranno centrate sull’interasse della base lavello, l’unica priva di schiena e quindi ispezionabile. PRESE ELETTRICHE
Vi sono elettrodomestici che vanno collegati permanentemente ed altri che si inseriscono o disinseriscono a seconda delle necessità del momento. Spesso frigorifero, lavastoviglie, forno vengono erroneamente allacciati a prese di corrente montate a 17,5cm da terra e quindi posizionate sul retro dei mobili. Qualche problema può nascere quando sia necessario disinserire un elettrodomestico per interventi di manutenzione o di ripa-
L’ideale è prevedere un quadro elettrico dotato di prese sezionabili posizionato sotto la base lavello, l’unica ispezionabile. In caso di guasto, questo permette di escludere il singolo elettrodomestico. Qualora non fosse possibile raggruppare le prese sotto la base lavello, esse devono essere posizionate dietro l’elettrodomestico così da riuscire ad estrarre la spina senza smontare i mobili. In cucina le prese per collegare piccoli elettrodomestici vanno posizionate: - sullo schienale della cucina rispettando una distanza di sicurezza minima di 60cm dal lavello e dal piano cottura, in quanto non devono rimanere esposte a fonti di calore o entrare in contatto con l’acqua; - sulla barra sottopensile in alluminio accanto alle lampade al neon, - se si dispone di canale attrezzato, all’interno di un vano dotato di interruttore e di salvavita.
razione: in questo caso risulta necessario smontare la cucina.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Frederick C., Household Engineering, American School of Home Economics, 1923 Hayden D., The Grand Domestic Revolution, Massachusetts Institute of Technology, Massachusetts, Chicago 1982 May E., Mechanisierung des Wohnungsbaus, in Das neue Frankfurt, no.2 1926 Montanari M., L’identità italiana in cucina, Laterza, Roma 2010 Manzini E., Jegou F., Quotidiano sostenibile. Scenari di vita urbana, Edizioni ambiente, Milano 2003 Lupacchini Andrea, Ergonomia e Design, Carocci, Roma, 2008 Romanelli M., Laudani M. e Vercelloni L., Gli spazi del cucinare: appunti per una storia italiana 1928-1957; La cucina secondo Driade, case e sistemi, miti, modelli tendenze della cucina domestica, Electa, Milano, 1990 Rinaldi A., Ecologia ed Ergonomia in cucina, Alinea editrice, 2012 Tosi F., Ergonomia, progetto, prodotto, Franco Angeli, Milano 2006 Verganti R., Design driven Innoinnovation, Etas, Milano 2009 Ottolini G., De Prizio V. La casa attrezzata. Qualità dell’abitare e rapporti di integrazione fra arredamento e architettura. Liguori Editore, 1993 Norman D., Emotonial Design, Apogeo, Milano 2004 Norman D., The Design of Everyday Things (ed. Italiana di La caffettiera del Masochista, il design degli oggetti quotidiani), Giunti, Firenze 2013
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