D'ANNUNZIO Nel 1916 si auruola come tenente dell'Ancele di Novara, poi si trasferisce a Venezia dove compie le sue imprese. Durante una ricognizione in itolo volante subisce un incidente che gli fa perdere la vista all'occhio destro. Ma non per questo smette di partecipare alle azioni beniche. Tra il 1917 e il 1918 è protagonista di numerose incursioni sul fronte del Carso. Insieme al generale Luigi Rizzo protagonista delle più eglatanti azioni sul mare del primo conflitto mondiale da vita alla celebre Beffa di Buccari. Il 9 agosto 2 mesi prima della fine della guerra ci fu la sua impresa più nota cioè il volo su Vienna; quando comandando una squadra aerea di 10 manoposto lanciò sulla capitale Austriaca volantini ineggianti l'Italia. Meno noto il fatto che il testo dei volantini non sia di d'Annunzio ma del giornalista Ugo Ietti che aveva avuto l'incarico di tradurre in modo semplice le troppo complicate frasi del poeta. E' la fine del 1918, la guerra è finita, gli italiani festeggiano. Gabriele d'Annnunzio è ora consacrato come nuovo eroe, a lui guardano i movimenti nazionalisti che dalla guerra hanno tratto nuova forza. A lui guarda anche un ambizioso giornalista romagnolo ex socialista che ha suscitato tanto cladore per il passaggio inaspettato tra le file interventiste: Benito Mussolini.
L'IMPRESA A FIUME Con il disfacimento dell'Impero Austrongarico, alla fine del 1° conflitto mondiale Trieste viene ammessa all'Italia secondo accordi presi nel patto di Londra del 1915. Ma Fiume e Dalmazia no. Il 24 aprile 1919 i rappresentanti italiani a Parigi: Vittorio Emmanuele Orlando e Sinni Sonnino abbandonano polemicamente il tavolo delle trattative senza però alcun risultato. D'Annunzio parla di vittoria mutilata criticando apertamente la politica del governo. Articoli sui giornali, arringhe affole di reduci scontenti. L'Adriatico il mare che ha visto nascere il poeta deve essere tutto italiano Fiume e Dalmazia compresi. Per protesta chiede di essere posto incongedo dall'esercito, rompe con il direttore del Coriere della Sera: Luigi Albertini che non condivide le sue posizioni estremistiche. I fiumani che vogliono entrare a far parte dell'Italia reclamano un condottiere e d'Annunzio dopo molte incertezze accetta. Insieme ad alcuni reparti di granatiere di Sardegna si mette in marcia da Ronchi ed entra nella città a bordo di una macchina. La vita dei legionari a Fiume si alterna tra esercitazioni militari e prove di volo ma non solo. A Fiume la vita inimitabile non conosce soste tra libertà sessuale e consumo di droghe. Il comandante è sempre meno credibile prendendo atto del sempre più scarso sostegno da parte dei fiumani. A settembre del 1920 d'Annunzio decide un nuovo gesto eclatante: proclama l'indipendenza della città, l'indipendenza di quella che lui chiama compassione: la città di Litta. Ma la forza di d'Annunzio non è sufficiente: il governo di Roma vuole mettere fine all'esperienza rivoluzionaria. Con il trattato di Rapallo con la Iugoslavia il 1912. il novembre 1920 i confini sono definiti per sempre o almeno così sembra.
Fiume diventa città libera e l'Italia deve far rispettare gli accordi. Nel dicembre del 1920 Giolitti presidente del consiglio ordina il ricorso alle armi se i legionari non rispetteranno l'ultima atum fissata alle 18:00 del 23 dicembre. D'Annunzio tenta per l'ultima volta di convincere il governo italiano con l'arma piÚ forte: quella delle sue parole. A Fiume vengono alzate fortificazioni. I legionari si preparano ad una battaglia che non verrà mai combattuta, le forze in campo, infatti sono troppo diverse. D'Annunzio è costretto ad arrendersi sotto i colpi dell'artiglieria presente il 18 gennaio 1921.