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CHIARA AMATO, MARIO CERASOLI

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ANNALISA PERCOCO

ANNALISA PERCOCO

Articolo

Il Diritto alla mobilità. Ipotesi per una pianificazione anti-fragile

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Chiara Amato1 , Mario Cerasoli2

1 Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura Email: chiara.amato@uniroma1.it

2 Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Architettura Email: mario.cerasoli@uniroma3.it

Inviato: 5 novembre 2020 | Accettato: 13 novembre 2020 | Pubblicato: 19 novembre 2020

Abstract

La situazione emergenziale relazionata alla pandemia da Covid-19 ha messo in atto scenari senza precedenti che richiamano la necessità di un ripensamento immediato dei paradigmi che guidano la vita contemporanea. In coerenza con le teorie degli eventi rari, della sistemica, e con le strategie di ripresa post-crisi, occorre oggi pensare in un’ottica resiliente, o ancora meglio, anti-fragile (Taleb, 2012; Blečić, Cecchini, 2016), a nuove ed evolute soluzioni che facciano sì che il sistema in cui viviamo non solo risponda all’urto subìto, tornando alla sua struttura originaria, ma che anzi da esso ne tragga energia per uscirne più resistente. In particolar modo nella città della post-pandemia, questa antifragilità dovrà partire da una profonda revisione, da un lato, dei paradigmi della pianificazione e delle politiche per la città e, dall’altro, di modelli culturali individualisti – più che liberisti – che hanno progressivamente perso di vista il layout in cui si svolge la nostra vita quotidiana, la Città, e l’Essere Umano. Per operare in questo senso occorre prendere consapevolezza del ruolo chiave che la mobilità gioca - da svariati decenni nell’ambito delle trasformazioni dei modelli urbani e degli stili di vita. La mobilità oggi più che è mai un sistema complesso, non più leggibile in una mera ottica trasportistica (domanda-offerta) o ambientale (emissioni-efficienza), che richiede un approccio interdisciplinare, soprattutto di tipo socioculturale, che rimetta la componente umana al centro del dibattito. In tale cornice, questo paper intende far emergere il ruolo determinante della mobilità nelle strategie di rigenerazione urbana attraverso lo studio di alcuni modelli emergenti di pianificazione, analizzandone gli aspetti morfo-funzionali (di compattezza e complessità, come nel modello transit oriented development nordamericano), socio-economici (di accessibilità e di qualità urbana, come nella Ville du quart d'heure francese) e ambientali (di riequilibrio modale e qualità ambientale, come negli ecoquartieri europei) e nelle esperienze di pianificazione urbanistica.

Parole chiave: diritto alla mobilità, rigenerazione urbana, pianificazione anti-fragile, griglia teorica

Come citare questo articolo

Talia M. (2020, a cura di), Le nuove comunità urbane e il valore strategico della conoscenza, Atti della Conferenza internazionale Urbanpromo XVII Edizione Progetti per il Paese, Planum Publisher, RomaMilano | ISBN 9788899237264.

© 2020 Planum Publisher

1. Introduzione

Da mesi stiamo vivendo una Pandemia che, oltre agli effetti diretti – tristemente riportati dalle cronache in termini di ricoveri in terapia intensiva e di decessi –, ha e sta continuando ad avere una lunga serie di effetti indiretti. Sappiamo bene che si dovrà convivere con il COVID almeno fintanto che non si potrà disporre di un vaccino. In questo lasso di tempo, il più efficace rimedio si è dimostrato essere il distanziamento sociale, con il quale si è ridotto il campo di azione del virus e limitato il contagio. Ma questo ha comportato – e continuerà comunque a comportare – effetti pesanti sull’economia e sulle relazioni sociali. Quello della mobilità è stato uno dei settori maggiormente colpiti dalla Pandemia, evidenziando le croniche debolezze del trasporto pubblico e che, seppur in misura differente, è andato in crisi al nord quanto al sud. La necessità di mantenere il distanziamento sociale e molta diffidenza hanno portato chi poteva ad utilizzare mezzi di trasporto individuali. E se da un lato l’uso di biciclette – e in generale la mobilità dolce – ha registrato un incremento rilevante in molte città, dall’altro ferrovie locali, metropolitane, tramvie, filovie e autobus sono andati in sofferenza a causa della ridotta capacità di passeggeri ammessi a bordo (inizialmente il 50% del normale, da poco incrementata a 80%) e della (scarsamente motivabile) riduzione delle frequenze

Figura 1. Ingressi nel sistema delle Metro del Comune di Roma: confronto giornaliero rispetto al 2 marzo (Fonte: Roma Mobilità)

Lo spostamento di utenti dal trasporto pubblico a quello privato nel caso di Roma è stato particolarmente evidente. I dati registrati dall’agenzia Roma Mobilità del Comune di Roma mostrano come l’utilizzo delle metropolitane a ottobre non è tornato agli stessi livelli di inizio marzo 2020, prima del lockdown. Mentre quello degli autoveicoli privati a ottobre ha superato addirittura del 20% i livelli di inizio marzo

Figura 2. Trasporto privato nel Comune di Roma: variazione percentuale del numero dei segnali GPS in rapporto alla media del mese di febbraio (Fonte: Roma Mobilità)

La “paura” del contagio accompagnata da politiche spesso rinunciatarie sta delineando tuttavia uno scenario non a lungo sostenibile.

2. Il Diritto alla mobilità nelle strategie di rigenerazione

La Pandemia ha acuito una crisi globale ed una insostenibilità multisettoriale degli ambienti urbani che da tempo è al centro del dibattito sulle strategie di rigenerazione urbana. E se già prima del COVID era necessario rivedere i paradigmi della vita contemporanea, a maggior ragione oggi è necessaria una riflessione su quali siano le strategie di ripresa post-crisi, per trasformare la Pandemia in una occasione di rigenerazione della città basata proprio sul ridisegno dei modelli di mobilità in ottica resiliente, o, meglio, anti-fragile (Taleb, 2012; Blečić, Cecchini, 2016). In questo quadro, la mobilità oggi assume un ruolo nuovo e complesso, superando gli approcci funzionalista–trasportistici, che hanno guidato le trasformazioni urbane a partire dagli anni ’50, e ecologicoambientalisti, che, con l’esplosione della questione ambientale degli anni ’80, l’evoluzione tecnologica e le prime forme di smart mobility, hanno configurato un paradigma di “mobilità sostenibile” basato su interventi di diffusione di mezzi di trasporto sempre più green, orientati al contenimento delle emissioni. La crescente complessità dei sistemi urbani, l’acuirsi delle disparità sociali e la presa di coscienza delle questioni di giustizia spaziale, richiamano oggi la necessità di approccio integrato alla mobilità, quale pratica socio-spazio-temporale, fondamentale nella determinazione delle opportunità che ciascun individuo ha di migliorare la qualità della vita (Pucci, 2014), nell’autocostruzione di una identità conforme alle trasformazioni degli stili di vita delle comunità urbane (Monardo, 2003) e nell’inclusione e equità sociale (Secchi, 2001; 2013). Ciò fa emergere il connotato discriminante delle politiche per la mobilità e rimanda alle istanze sociali emergenti del Diritto alla mobilità (Borja, 2005; Pucci, 2014; Amato, 2019), che trovano nella disciplina urbanistica, così come fu per le istanze degli anni ’60 per il Diritto alla Casa, all’Ambiente, alla Città (Ricci, 2018), il luogo della garanzia di tale diritto.

Nelle esperienze europee di rigenerazione urbana, la mobilità rappresenta il cardine di diverse strategie: • morfologico-funzionale, in cui gli interventi sulla mobilità perseguono l’obiettivo del riequilibrio territoriale, a scala metropolitana e urbana, contro i fenomeni di diffusione insediativa e monofunzionalizzazione, verso la costruzione di città accessibili, caratterizzate da densità “corrette” (Vittorini, 1986; Cerasoli, Pandolfi, 2019) e una complessità funzionale che incentivi gli spostamenti di prossimità, intervenendo sui nodi del trasporto - sul modello Transit Oriented Development (Calthorpe, 1993) - e sulla localizzazione dei servizi

urbani nei punti di massima accessibilità, intesi quali luoghi generatori di urbanità diffusa (Bianchi,

Criconia, 2018) - sul modello Station Reinassence; • socio-economica, che persegue l’obiettivo dell’inclusione sociale a partire da interventi a scala di quartiere,

“rompendo l’isolamento”i delle sacche di degrado e delle zone urbane più marginali, garantendo condizioni di accessibilità, sia spaziali che capacitazionali (Panato, 2012) e limitando la mobilità quotidiana obbligatoria, attraverso la rilocalizzazione dei servizi in relazione all’accessibilità pedonale – su modello della ville du quart d’heure (Moreno, 2020a) - ma anche la riconfigurazione degli spazi della mobilità - sul modello delle superillas spagnole - permanenti e temporanei, con interventi di tactical urbanism; • tecnologico-ambientale, per il raggiungimento di ampi obiettivi di sostenibilità ambientale, nella consapevolezza dell’enorme impatto della mobilità sul deterioramento degli ecosistemi, sui cambiamenti climatici, sulle condizioni di salute e salubrità dei cittadini, operando a scala urbana sull’intermodalità e sull’integrazione con le trame verdi delle città verso la costruzione di Smart Cities, di Città di domani (Ratti, 2017) e incentivando la mobilità dolce su modello degli Ecoquartieri francesi.

3. Esperienze di mobilità post-covid

Le strategie di mobilità per la rigenerazione urbana fin qui hanno evidenziato l’indispensabilità di un approccio integrato, multiscalare e interdisciplinare, per garantire il Diritto alla mobilità sia nella fase attuale di emergenza sanitaria che in vista soprattutto di quella post-pandemica, con un ruolo primario nella riorganizzazione della vita delle comunità, ripensando spazi e cultura della mobilità a breve, medio e lungo termine. Pratiche come il tactical urbanism e modelli come quello delle ville du quart d’heure (Moreno, 2020b) ma anche delle superillas stanno guidando interventi temporanei sugli spazi pubblici di alcune città, come nel caso del progetto “Piazze Aperte” del Comune di Milano o gli interventi a Bologna e Reggio Emilia per la fruibilità e la sicurezza agli ingressi delle scuole. Alcune città italiane si sono poi distinte per un approccio programmatico all’emergenza, in particolare Milano, con il documento “Milano 2020. Strategia di adattamento” - un documento aperto al contributo della città che ha fornito una visione supportata da strategie e azioniii ; l’asse “Mobilità. Risparmiare spostamenti e diversificare l’offerta” ha definito una serie di azioni immediate che hanno riguardato il contingentamento del trasporto pubblico, la gestione delle ZTL, il programma “Strade Aperte” e il piano della ciclabilità diffusa. Altre azioni immediate, come la diffusione delle zone 30 (nell’asse “Spazio Pubblico”) e le misure contenute nell’asse “Servizi e quartieri. Tutto a 15 minuti”, hanno di fatto applicato il modello delle ville du quart d’heure valorizzando la mobilità pedonale. Il Comune di Bologna ha invece redatto un Piano per la mobilità ciclabile emergenziale e un Piano della pedonalità emergenziale, contenenti tutte le misure per sopperire alla crisi del trasporto pubblico, chiaramente consapevoli che la città non può permettersi un passo indietro nella lotta all’inquinamento e all’utilizzo dell’automobile. Il Comune di Torino ha predisposto, infine, il “Grande Piano per la mobilità – Fase 2”, studiato per rimodulare la mobilità sulla base delle nuove esigenze e tutelare la salute collettiva, a partire da alcuni punti chiave relativi ai servizi e acquisti di prossimità; più spazio alla mobilità dolce; chi va in bici o monopattino lascia più spazio sui mezzi pubblici; più distanziamento sui mezzi pubblici; redistribuzione del tempoiii . Sia per queste città che per altre italiane ed europee che hanno intrapreso misure emergenziali legate alla mobilità, il dibattito si è concentrato su tre assi comuni. Il primo riguarda il trasporto privato e il trasporto pubblico, ovvero la gestione delle ZTL e delle soste a pagamento e il contingentamento del TPL. Il secondo gli interventi per la mobilità pedonale e ciclabile, che hanno assunto un ruolo principale per la mobilità quotidiana, portando ad interventi più o meno temporanei, legati in alcuni casi ad interventi già previsti e in altri a nuovi legati all’emergenza. Il terzo i nuovi mezzi di trasporto alternativo, come monopattini elettrici, biciclette elettriche, e le politiche di incentivazione per l’acquisto e l’utilizzo di questi (a partire dal decreto del MIT per il “bonus mobilità”).

Figura 3. Analisi delle principali politiche di mobilità relative all’emergenza Covid in alcune città italiane ed europee

4. Una ipotesi anti fragile per il Diritto alla mobilità

L’attuale emergenza sanitaria ci mette dinanzi alla rara opportunità di tracciare strategie di rigenerazione urbana basate proprio sulla ridefinizione delle pratiche di mobilità. Strategie che, nell’era Post (post) Covid, quando saremo tornati ad una “nuova” normalità, dovranno essere non solo resilienti, ma soprattutto antifragili. Citando Taleb, antifragile è una cosa – o un sistema – che, esposta ad una perturbazione, non solo non ne viene danneggiata o distrutta ma addirittura ne trae vantaggio e si rafforza. Citando Blecic e Cecchini (2020), “una pianificazione antifragile è quella che favorisce l’antifragilità di una città. Questo comprende anche di evitare –via negativa – ciò che potrebbe fragilizzarla”iv .

Esistono delle interrelazioni “socio-culturali” tra Forma della Città e Modi di mobilità. La Città contemporanea è un concentrato di storia, al cui interno, per caratteristiche tipo-morfologiche e funzionali, possiamo identificare almeno quattro macro-città a ciascuna delle quali possiamo abbinare uno o più modi di mobilità. La Città Storica nasce come realtà complessa, in cui coesistono e si integrano tutte le funzioni urbane: un fitto tessuto di strade generalmente di sezione ridotta, frutto della stratificazione di secoli, costruito a misura di uomo. È la città da camminare - già di per sé dei 15 minutiv - dove il pedone va protetto, la bicicletta va incentivata, il trasporto pubblico ben organizzato, mettendo da parte l’automobile in quanto non compatibile. La Città Consolidata è rappresentata dai tessuti otto-novecenteschi, caratterizzati da una griglia regolare, strade di dimensioni ampie e dall’introduzione di nuove “tipologie urbane” (viali alberati, grandi avenue, boulevard). È la città che accompagna la Rivoluzione Industriale, laddove le distanze non si ampliamo molto rispetto alla città storica ma aumenta la densità abitativa e la complessità funzionale, rendendo quindi possibile la prossimità tra i luoghi fondamentali della vita urbana. È un contesto urbano in cui i diversi modelli di mobilità possono convivere tutt’oggi, a condizione di regolamentarne chiaramente ruoli e spazi. La Città Modernista è quella diffusasi in Italia con l’Urbanistica del Secondo Dopoguerra, seguendo le teorie del Movimento Moderno, che criticava quelle grandi città dove i tessuti storici (e talora ottocenteschi) si erano disordinatamente densificati, crescendo in altezza, per aumentare la capacità insediativa – per far fronte alla grande crescita demografica conseguente alla Rivoluzione Industriale – e con conseguenze ancora oggi visibili (come a Genova, Napoli, Barcellona, ecc.). Ne risulta però una città inutilmente dilatata, dove si sono contrapposti grandi edifici monofunzionali a grandi spazi verdi, tenuti insieme da una rete di pseudo “highway”. Ciò ha progressivamente incrementato l’esigenza di mobilità automobilistica per effettuare spostamenti anche minimi, a tutto discapito di quella pedonale – solo in alcuni casi compensata da quella ciclabile. E oggi la morsa costante del traffico e l’assedio di automobili mostrano inequivocabilmente i segni dell’insuccesso di tali teorie. La mobilità dolce (biciclette, monopattini, ecc.) rappresenta la grande alternativa su cui puntare nella Città Modernista, scomoda da essere percorsa a piedi ma perfettamente accessibile con la bicicletta. Sarà necessario, pertanto, identificare percorsi protetti per le biciclette, sviluppando l’integrazione modale con la rete del TPL. Infine, le frange urbane e metropolitane, quel territorio confuso e frammentato costituito da periferie degradate e dal suburbio a bassa densità, diffuso quando non disperso, prevalentemente residenziale, che sono causa ed effetto di una mobilità basata unicamente sull’automobile – che, da sogno di libertà, si è trasformata in un mezzo di trasporto “obbligatorio” senza il quale spostarsi è sostanzialmente impossibile. Contesti dove lo spazio pubblico ha totalmente perso il ruolo di “armatura urbana”, obliterato dall’automobile, dove sarà essenziale sviluppare l’intermodalità - trasporto privato/mobilità dolce/TPL identificando parcheggi scambiatori e corridoi di trasporto pubblico, rapido e in sede propria, in grado di ridurre l’afflusso di veicoli privati nel cuore della città, e dall’altro restituire lo spazio pubblico a pedoni e biciclette e costruire una “armatura urbana” della comunità. Per raggiungere l’obiettivo della ridefinizione della mobilità in senso realmente antifragile ci si può rifare ad una ipotesi operativa, lanciata da Marcello Vittorini già alla metà degli anni ’80 e poi sviluppata nell’ambito dell’attività di ricerca del Dipartimento di Architettura della Università Roma Tre, dove da anni si studiano le “forme” della città contemporanea. Lo studio ha individuato i criteri formali e funzionali che caratterizzano ogni insediamento urbano della tradizione occidentale (la distribuzione degli usi, il tipo di tessuto edilizio e la mobilità) e ha dato alla luce una grammatica urbana che si esprime attraverso una “griglia teorica” per la riorganizzazione e riqualificazione della città e che ha proprio nel ridisegno della mobilità uno degli elementi chiave (Cerasoli, 2008).

La “griglia teorica” si basa sull’individuazione e perimetrazione di Unità Urbane Elementari/Integrate (equivalenti ai quartieri), dotate di “luogo centrale” e di un limite, dettato dalla distanza massima che si percorre a piedi in 10 minuti (tra 400 e 600 m) per raggiungere il “luogo centrale” dalle parti più esterne dell’unità elementare

Figura 4. La “griglia teorica”: schema funzionale di aggregazione delle “unità urbane” e struttura della mobilità (elaborazione propria)

Figura 5. “Griglia teorica”. Sistema urbano Pigneto-Centocelle (Roma): Schema Direttore. Fonte: Michele Carpani, Università Roma Tre, 2015

Figura 6. “Griglia teorica”. Periferia sud-occidentale (Roma): Schema di progetto (Fonte: Cristina Colagiacomo, Sapienza Università di Roma, 2006)

Obiettivo della “griglia teorica” è la trasformazione dei modelli di mobilità sulla base delle caratteristiche dell’organismo urbano, invertendone le priorità (come hanno fatto i Piani della Mobilità di Barcellona dal 2008): pedone, bicicletta e mobilità dolce, trasporto pubblico e taxi, distribuzione delle merci e trasporto privato individuale. In questo modo, la mobilità pedonale avrà la massima diffusione, soprattutto nella città storica e in quella consolidata, nonché in tutte le aree della città dove camminando al massimo per dieci minuti si raggiungono la maggior parte delle funzioni di prima necessità (istruzione, sanità, commercio, svago) o i corridoi del trasporto pubblico – quando non anche il luogo di lavoro. Riscoprendo il Senso di Città e garantendo, di fatto, il Diritto alla Mobilità.

5. Conclusioni

Ci si offre oggi la rara opportunità di cambiare alcuni paradigmi culturali e socioeconomici, individualisti più che liberisti, che hanno caratterizzato gli stili di vita occidentali negli ultimi decenni e che hanno progressivamente perso di vista il layout e i soggetti della nostra vita quotidiana: la Città e l’Essere Umano. Ci stiamo forse cominciando a rendere conto, citando le parole di Papa Francesco nella preghiera straordinaria per la fine della Pandemia, che non si può pensare di “rimanere sempre sani in un mondo malato”. “Malattia” del mondo contemporaneo si chiama sviluppo in-sostenibile, esclusione sociale, sfruttamento delle risorse naturali, scarso rispetto del pianeta Terra. I modelli di sviluppo del XX secolo, forse arroganti, hanno costretto intere popolazioni a concentrarsi in aree urbane caratterizzate da densità abitative sempre più eccessive o che si consumassero immensi territori con quel fenomeno che già negli anni Sessanta era stato chiamato “urban sprawl”. Producendo al tempo stesso modelli di mobilità legati all’automobile e basati sulla costruzione artificiale di spostamenti obbligatori quanto inutili, con costi ambientali e umani insostenibili.

Così come la crisi petrolifera del ‘73 ha cambiato per sempre il volto di città come Amsterdam, prima attraverso interventi temporanei di disegno di percorsi sicuri per i ciclisti e poi cambiando la percezione della mobilità nella comunità attraverso la presa di coscienza dei numeri dei morti annui per incidenti dovuti all’automobile, così oggi la crisi derivante dalla emergenza sanitaria può e deve essere un punto di svolta nella cultura della mobilità. In una logica antifragile, la città della post-Pandemia dovrà prendere consapevolezza del ruolo fondamentale che la mobilità gioca nell’ambito delle trasformazioni dei modelli urbani e degli stili di vita. La pianificazione della mobilità, strettamente integrata con quella urbanistica, è uno strumento efficace di rigenerazione urbana, in grado di ricostruire la “qualità urbana” e garantire quel Diritto alla Mobilità, inteso oggi come naturale completamento del Diritto alla Città. Mai quanto in questi mesi ci siamo resi conto della importanza di questi due elementi: qualità urbana e mobilità sostenibile. La qualità urbana si esprime attraverso la riscoperta della complessità funzionale e della bellezza della città. Essenziale allora l’utilizzo di criteri di pianificazione integrata, urbanistica e della mobilità, in grado

Riferimenti bibliografici

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i Come nelle strategie francesi di désenclavement ii Disponibile in: https://www.comune.milano.it/aree-tematiche/partecipazione/milano-2020 iii Disponibile in: https://www.chiaraappendino.it/fase-2-il-grande-piano-per-la-mobilita-di-torino/ iv Ivan Blečić e Arnaldo “Bibo” Cecchini (2000), Elogio della fragilità: Città e territorio per l’epoca (post)pandemica. In: http://www.inchiestaonline.it/welfare-e-salute/ivan-blecic-e-arnaldo-bibo-cecchinielogio-della-fragilita-citta-e-territorio-per-lepoca-post-pandemica/ v Calcolando che una persona normalmente cammina ad una velocità di 4,5 kmh, in 15 minuti ha percorso più di un chilometro, che è una distanza che consente di andare dai margini spesso segnati dalla cinta muraria fino al centro del nucleo antico.

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