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ANDREA IACOMONI, FRANCESCA ROSSI
multidisciplinari per affrontare la riqualificazione contestuale e interagente dei territori rurali, urbani, centrali, periferici e marginali (Magnaghi, 2019). Le relazioni ambientali che legano le comunità urbane ai propri ambienti di vita e, soprattutto, l'identificazione e quantificazione dei benefici economici, sociali e culturali che le stesse traggono da essi in termini di servizi ecosistemici, sono divenute centrali nella pianificazione territoriale (Colavitti, Serra, Usai 2018). In quest'ottica, il tema degli spazi aperti si inquadra in quello più ampio delle reti e degli spazi di relazione nel territorio contemporaneo: delle piazze e delle vie, dei luoghi e delle loro connessioni, dei solchi fluviali che lo attraversano e del verde urbano che gli consente di respirare. Questo sistema connettivo diramato e complesso lega esterno ed interno, eredità storiche e dinamiche ambientali. In una strategia di rigenerazione degli ambienti di vita, il contributo basa i suoi presupposti sulla costruzione di reti di centri minori, dove il paesaggio rappresenta l'elemento connettivo multifunzionale, componente strategica e strutturale della pianificazione multiscalare, possibile contrasto ai mutamenti ambientali e sociali che connotano la città e i territori contemporanei. L'ecologia della città, riferita alle relazioni del tessuto urbano con le strutture del verde esterno ed interno ad esso, conduce ad una revisione di larga veduta, già sostanziata in diverse esperienze, della città come organismo vivente (Pulselli, Tiezzi 2008). Ne è un esempio il nuovo significato di centralità sociale e culturale assunto in tutte le città europee dallo spazio libero, dai parchi urbani, dalle corone e reti del verde, per fini ecologici e fruitivi, che riconosce alla natura e alla ruralità, il ruolo di componente fondamentale del progetto di città, orientato a garantire nuova qualità per gli abitanti, oltre ad essere un nodo "funzionale" di interscambio tra i vari centri, ma anche come ulteriore "attrezzatura urbana", nei termini di servizio pubblico che garantisca una risposta anche ai cambiamenti climatici, offrendo una migliore qualità dell'abitare.
2. Verso approcci cognitivi e progettuali per l’equilibrio tra ambiente urbano e naturale
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I tradizionali modelli monocentrici oggi sono incapaci di descrivere e interpretare le più complesse dinamiche urbane, sempre più condizionate dalla crescente mobilità di merci e persone, unita alla rapida diffusione delle tecnologie di informazione e comunicazione, portandoci, di fatto, a vivere un territorio posturbano di area vasta (Magnaghi 2013). L’esito dei processi di metropolizzazione restituisce una dinamica insediativa caratterizzata da una distribuzione estensiva nel territorio di polarità di media grandezza che connota una dimensione “urbana” contemporanea estesa territorialmente (Indovina, Portas, Font 2005), con una dispersione che presenta alti tassi di consumo di suolo, di spreco energetico, di frammentazione dei tessuti e carenza di spazi pubblici (Ricci 2019). Trasformazioni che hanno evidenziato una “mutazione antropologica” nella relazione fra insediamento umano e ambiente, rendendo meno affidabile il modello fondato sulla semplice polarizzazione urbano/rurale. Nel contesto italiano le espansioni urbane hanno evidenziato un sempre maggiore distacco tra città e natura, indirizzando gli studi verso i nuovi modelli insediativi che presentano criteri e metodi per un limite alla "città diffusa". La dimensione regionale dell’urbano (Soja 2011) ne rappresenta un tratto rilevante, con relazioni ambientali che legano le comunità ai propri ambienti di vita, traendone benefici in termini di servizi ecosistemici (Colavitti, Serra, Usai 2018). In questo quadro, se da un lato lo sviluppo urbano è sempre al centro dell’economia, le nuove relazioni instaurate tra i centri implicano processi di “regionalizzazione urbana” in cui città minori e territorio compartecipano alla produzione della condizione urbana contemporanea. In una visione che costituisce una sorta di opposizione all’interpretazione “tradizionale” della gerarchia urbana, concentrandosi sulle differenze tra sistemi territoriali e le conseguenti relazioni di integrazione tra i centri minori, il consolidamento del sistema policentrico avviene attraverso il rafforzamento identitario, funzionale e morfologico dei singoli centri e delle loro relazioni di complementarietà (Marson 2016). Da un punto di vista politico, l’obiettivo del policentrismo è quello di promuovere uno sviluppo territoriale “equilibrato” e, per questa ragione, è stato inserito tra le politiche di sviluppo della Commissione europea nell’ambito dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (Ssse), indirizzando verso relazioni multiscalari che recuperano la complessità delle “armature urbane storiche” e delle loro regole genetiche, invarianti e trasformative (Dematteis 2001). Questa esigenza di leggere le nuove strategie conoscitive e progettuali, a partire da un approccio multiscalare, assume oggi particolare rilievo all’interno di percorsi di ricerca e sperimentazione verso i temi del paesaggio e dell’ecologia, tradizionalmente ai confini dei recinti disciplinari, individuando il territorio come “bene comune”. Guardando, contemporaneamente, al recupero della relazione co-evolutiva fra insediamento umano e dotazioni ecosistemiche (Magnaghi 2019), e ad una innovazione specifica dell’approccio alla pianificazione e nello sviluppo di modelli gestionali, viene posta particolare attenzione al peculiare valore
della connettività ecologica territoriale. Anche se ancora prevale la dimensione teorica rispetto a quella applicativa (Guccione, Schilleci 2010), si recuperano significative relazioni tra dimensioni fisiche, economiche e sociali del cambiamento, offrendo risposte proattive alla riduzione dei rischi e alla valorizzazione degli spazi aperti. Tale approccio si esprime anche attraverso la maggiore consapevolezza, sia a livello di amministrazioni politiche, sia a livello di cittadinanza, del ruolo fondamentale rivestito dalle aree urbane nella realizzazione degli obiettivi della strategia dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile in un insieme di configurazioni che consente il consolidamento e la de-frammentazione (Galuzzi, Vitillo 2011) del sistema naturale, seminaturale e agricolo. Il paesaggio, sempre più interessato da trasformazioni che hanno individuato rotture degli ecosistemi e modifiche alle storiche stratificazioni (Poli 2008), non è altro che un territorio nel quale hanno resistito alcuni caratteri distintivi (Cusmano 2002), non sempre originari e molto spesso costruiti dall’uomo, in particolare nella declinazione più ampia di città e campagna, sintesi visualizzabile di aspetti culturali e di aspetti naturali. Tuttavia, questa dicotomia, vista nella sola prospettiva della città, ha portato alla corsa all’urbanizzazione privilegiando i valori economici piuttosto che quelli ambientali a vantaggio dell’intera popolazione, per il ruolo di equilibrio dell’ecosistema e in quanto produttrici di esternalità e di beni per la collettività (Rovai, Di Iacovo, Orsini 2010). Attraverso un approccio “inclusivo e resiliente” tali spazi potrebbero contribuire al miglioramento della qualità dell’abitare, rendendo le città più resilienti e in grado di ospitare le popolazioni con livelli di qualità di vita adeguati (Selleri, Selleri 2017) investendo sul capitale naturale urbano e periurbano per superare la meccanica quantificazione degli standard “a verde”, come processo fondamentale nella rigenerazione urbana e territoriale. Così, nelle recenti e più interessanti esperienze di trasformazione urbana, l’intervento sulle aree verdi, interne ed esterne alla città, che incorporano sostenibilità, natura, biodiversità ecc., si colloca all’interno di una gamma innovativa di strumenti di pianificazione e progettazione che conferiscono, a queste infrastrutture verdi, il ruolo centrale di spazio pubblico ed elemento generatore della qualità urbana. Il caso studio che segue evidenzia il paesaggio rurale come nuova possibile “struttura dello spazio pubblico”, inteso come sistema unitario che comprende servizi ecosistemici, sostenibilità, sviluppo economico, conservazione dei valori e dell’identità, perseguendo un nuovo disegno territoriale idoneo al miglioramento della qualità della vita per cittadini.
3. Il sistema rurale di Maccarese, nell’Agro Romano
Il territorio a nord della foce del Tevere, lungo il litorale laziale, strettamente connesso con il territorio rurale dell’Agro romano, costituisce un paesaggio in cui la struttura naturale e antropica, stratificata nei secoli, appare ancora fortemente riconoscibile nella trama regolare dei campi coltivati, nell’andamento dei canali di bonifica e della vegetazione riparia e nella struttura territoriale definita dal sistema dei borghi agricoli. Il Comune di Fiumicino, cui questo ambito territoriale appartiene, ha una superficie di circa 22.000 ettari di cui circa 15.000 coltivati, ed è uno dei comuni agricoli più esteso d’Italia, caratterizzato dalla stratificazione di differenti modelli produttivi che ne fanno un esempio emblematico dello sviluppo dell’agricoltura italiana. Un luogo originariamente inospitale per via dei terreni paludosi e malsani e scarsamente abitato, in cui i primi tentativi di bonifica risalgono agli Etruschi e che raggiunse il suo massimo sviluppo sotto il potere di Roma come parte del quadrilatero agricolo romano che dall’Argentario si estendeva fino a Capua, tra il Tirreno e gli Appennini (Sereni, 1971). A partire dall’anno mille, la costruzione di fattorie fortificate restituisce la testimonianza di una nuova struttura produttiva policentrica di cui Castel di Guido, Galeria, Boccea, Palidoro, Maccarese, Porto e Testa di Lepre rappresentano i nuclei intorno a cui si riorganizza e articola il paesaggio rurale (Cherubini, 1984). Con la bonifica di Maccarese, Campo Salino, Ostia e Isola Sacra, affidata all’Associazione dei braccianti di Ravenna, questa porzione di Agro viene definitivamente colonizzata grazie alla costruzione di oltre 500 km di canali che resero più di 4000 ettari di terreno adatti all’agricoltura, prevalentemente alla produzione di cereali e a vigneti (Lattanzi, 2000). Il borgo di Maccarese, sviluppatosi intorno all’antico Castello Rospigliosi, il Castello San Giorgio, è divenuto il nucleo attorno al quale si organizzano le attività e le relazioni sociali, così come anche le attività produttive. L’azienda agricola, che rappresenta attualmente una delle realtà più grandi d’Italia, con un’estensione di più di 3.000 ettari, di cui la maggior parte coltivati, è divenuta un riferimento territoriale non solo dal punto di vista agricolo e zootecnico, ma anche dal punto di vista della sperimentazione e della ricerca e per la promozione di attività culturali e scientifiche. Nel Mulino di Maccarese ha la sua sede l'Istituto internazionale per le risorse fitogenetiche (International Plant Genetic
Resources Institute, IPGRI), principale organizzazione internazionale che si occupa della conservazione e utilizzo della biodiversità per l’agricoltura e la silvicoltura e che ha realizzato in quest’area un parco scientifico e tecnologico, che contribuisce allo sviluppo del settore agricolo. Inoltre, nel Castello San Giorgio, hanno la propria sede il Polo di formazione per lo sviluppo agro-zootecnico e l’Ecomuseo del Litorale Romano, realizzato dalla Cooperativa Ricerche sul Territorio, in collaborazione con la stessa azienda di Maccarese. Infine, nel 2018, negli spazi restaurati del Castello, è stato inaugurato l’Archivio storico dell’Azienda agricola. Uno spazio dedicato ai ricercatori in cui sono conservati documenti, registri, fotografie, planimetrie, corrispondenza con enti e istituzioni, che oggi rappresenta un centro di ricerca e di disseminazione culturale. Il paesaggio rurale di Maccarese si caratterizza, pertanto, per la sua vocazione produttiva, che mette a sistema diverse attività di sperimentazione, tutela e diffusione di una cultura agraria stratificatasi nel tempo e in continua evoluzione. Attività di produzione e conservazione, di promozione e tutela che, legate insieme, in un approccio sostenibile al territorio, pongono il paesaggio rurale al centro di nuove prospettive di integrazione tra valori ecologici, economici e socio-culturali.
4. Strategie per la promozione e la cura del paesaggio rurale
Per questo suo valore naturalistico e storico-culturale, il territorio rurale di Maccarese è parte di un sistema di aree tutelate da oasi e riserve naturali. Nel 1996, ai sensi della L. 394/1991, Legge Quadro sulle Aree Protette, è stata istituita la Riserva Statale del Litorale Romano, che vede il Comune di Roma e il Comune di Fiumicino, responsabili, ciascuno per i territori di loro competenza, della tutela del territorio non urbanizzato del litorale e del paesaggio della Campagna romana. Nel 2020, l’adozione del Piano di Gestione della Riserva, ha riportato l’attenzione sulla fruizione e la promozione sostenibile del territorio rurale, questione centrale ai fini della sua tutela ma anche del suo sviluppo. Il territorio della Riserva se da un lato è costituito da un mosaico di ambienti naturali di grande valore, dall’altro conserva intatti i caratteri del paesaggio agrario e del paesaggio della bonifica, cui si sovrappone il reticolo dei borghi rurali. Maccarese e il sistema dei centri agricoli della bonifica rappresentano un esempio del paesaggio dell’insediamento storico diffuso da tutelare, ma anche un sistema territoriale da promuovere e sostenere. Il Piano di Gestione prevede pertanto che si persegua il potenziamento della linea ferroviaria e il completamento della rete ciclabile esistente (Fig. 1) affinché questo sistema territoriale sia accessibile attraverso un’adeguata rete infrastrutturale. Un sistema interessato, dal 2019, dal Contratto di Fiume, Costa e Paesaggio Arrone che comprende il complesso di reti fluviali dei Comuni di Cerveteri e Fiumicino (ad esclusione del fiume Tevere), finanziato con il contributo della Regione Lazio, che ha l’obiettivo di rafforzare le comunità attorno al patrimonio naturale e culturale locale, promuovendo nuove forme di sviluppo sostenibile e migliorando la qualità della vita e il benessere degli abitanti. Il sistema territoriale di Maccarese gravita infatti lungo il corso del fiume Arrone, che sfocia a nord di Fregene, in un’area che conserva intatti tutti gli ambienti caratteristici del paesaggio costiero tirrenico e per questo protetti dall’Oasi del Wwf Bosco Foce dell’Arrone. Il Contratto di Fiume, promosso per la tutela, la gestione e la valorizzazione del territorio fluviale, la salvaguardia dal rischio idraulico e la promozione dello sviluppo locale, diviene, quale strumento volontario e partecipato di programmazione strategica, un laboratorio in cui poter integrare azioni, politiche e progetti in grado di perseguire un nuovo equilibrio territoriale. Il miglioramento della qualità ambientale, paesaggistica e dello stato ecologico dei corpi idrici e del territorio circostante viene perseguito a partire dall’integrazione fra le politiche di settore (politiche dell’agricoltura, della pesca, del turismo, politica energetica e dei trasporti) e nel coordinamento con gli strumenti di pianificazione e programmazione esistente e in previsione. La consistente valenza ambientale di questo territorio (siti Rete Natura 2000, aree protette) e la vocazione agricola diffusamente presente, l’estesa rete idrografica e l’insieme degli ecosistemi che questi ambiti rappresentano, costituiscono lo scenario di riferimento in cui riconoscere l’acqua e la naturale fertilità dei terreni come “bene collettivo”. Una interpretazione del paesaggio rurale in cui la vocazione produttiva, porti, attraverso strumenti (quale il Contratto di Fiume) e strategie “nature-based”, ad una riflessione condivisa che possa trasformare le fragilità strutturali connesse alle attività antropiche in un ulteriore contributo alla produzione di servizi ecosistemici. Attraverso il mantenimento della biodiversità agraria, la riproduzione della fertilità dei terreni e la qualità delle acque, il mantenimento degli habitat naturali, la conservazione dei suoli, la produzione e distribuzione di cibo ed energia alla scala locale (come a quella sovralocale) e la produzione di beni comuni legati alla qualità funzionale, sociale ed estetica dei paesaggi, la realtà rurale di Maccarese può essere definita
“multifunzionale”, nel senso in cui associa al modello incentrato sulla produzione di prodotti agricoli anche la produzione di “prodotti ecosistemici” attualmente integrati nelle politiche pubbliche di sviluppo territoriale. Un’attività che costituisce un aspetto fondamentale di integrazione, in cui la produzione agricola diviene laboratorio di innovazione, e su cui innervare, grazie ad una rete di accessibilità sostenibile, una fruizione ecologicamente compatibile di tutte le componenti territoriali esistenti.
Figura 1. La rete ferroviaria e ciclabile come sistema di connessione e fruizione territoriale. Fonte: Piano di Gestione della Riserva del Litorale Romano-Regione Lazio
5. Questioni aperte
Nella consapevolezza che il paesaggio, nella sua valenza naturale e urbana, sia il fondamento di qualsiasi strategia di assetto, rivitalizzazione e rigenerazione, risulta sempre più sostanziale approfondire e sperimentare nuove forme, metodologie, processi legati alla pianificazione sistemica del territorio. Tuttavia, molte sono le questioni che rimangono aperte sui problemi territoriali, questo anche con numerose questioni indotte dalle istanze ambientaliste-ecologiste e dalla riduzione della crescita urbana. Tra queste, certamente vanno annoverate le strategie di rigenerazione ambientale e culturale della città e del territorio, che risultano
le più adeguate all’attuale fase di cambiamento, per favorire opportunità di crescita e valorizzazione dei nuclei urbani minori, dei patrimoni naturali e culturali, in una reciprocità che mette in gioco l’interazione tra costruito, aree naturali e aree rurali. In questa prospettiva, al fine della rigenerazione, risulta, sempre più con maggiore evidenza, la centralità del rapporto tra territorio aperto e città, ma che spesso mostra le sue forme più deteriorate, in quelle marginalità nelle quali si sono smarrite e decomposte sia le fisionomie tipologiche e spaziali dell’urbanità, sia le radici e la sapienza delle culture materiali (Cusmano 2002). Possibili avanzamenti sulla questione potrebbero essere legati a sperimentazioni che muovono, oltre che dalla tutela e valorizzazione delle risorse ambientali e del capitale naturale, dall'esigenza di individuare anche possibili sviluppi sulla rete degli spazi pubblici aperti, intesa nella sua configurazione sistemica e che assume il proprio valore di connessione visibile, funzionale, e ambientale con il contesto paesaggistico e con le risorse e le reti ecologiche che lo caratterizzano, sui quali rifondare un uso collettivo degli spazi che riordini le forme del paesaggio urbano e territoriale.
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Siti Web
www.parchilazio.it/litoraleromano www.contrattodifiumearrone.it
Attribuzioni
La redazione dei § 1, § 2 è di Andrea Iacomoni, la redazione dei § 3 e § 4 è di Francesca Rossi, la redazione del § 5 e dell’Abstract è comune ad entrambi gli autori.