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Colombia: manifestazioni represse nel sangue
COLOMBIA: MANIFESTAZIONI REPRESSE NEL SANGUE
di Franco Mazzarella
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Il 28 aprile in Colombia la gente è scesa in strada per protestare contro la legge di riforma tributaria proposta dal governo del presidente Iván Duque Márquez che danneggerebbe pesantemente il ceto medio.
Le manifestazioni, organizzate dal Comité Nacional de Paro (CNP) sono state subito osteggiate dal tribunale della capitale che ne ha chiesto il rinvio per motivi sanitari dovuti alla pandemia da Covid 19. Nonostante il divieto, sono scese in piazza oltre 5 milioni di persone in oltre 600 municipi secondo la Central Unitaria de Trabajadores (CUT).
Sebbene le manifestazioni siano state per lo più pacifiche, la reazione del governo non si è fatta attendere. Prendendo a pretesto alcuni atti vandalici accaduti durante le proteste, il governo ha schierato l’esercito e il 1° maggio il presidente Iván Duque ha dichiarato che con la sua decisione voleva lanciare un preciso avvertimento a ”coloro che, mediante violenza e atti di vandalismo e terrorismo, cercano di mettere paura alla società”.
In particolare, per reprimere le manifestazioni, il governo ha fatto ricorso al Escuadrón Móvil Antidisturbios (ESMAD), una speciale squadra antisommossa che si è sempre distinta per i suoi metodi brutali.
Secondo Amnesty International, che ha raccolto testimonianze e visionato video convalidati da un team di esperti, c’è stato un uso eccessivo della forza da parte di militari, polizia ed ESMAD nel reprimere le manifestazioni. In diversi casi le forze di sicurezza hanno fatto uso di armi letali e fatto ricorso indiscriminato ad armi non letali come gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Le forze di sicurezza hanno tenuto sotto tiro i manifestanti con armi semi-automatiche il 2 maggio a Popayán e il 1° maggio a Bogotá hanno sparato proiettili veri da un blindato. Il 30 aprile a Cali la polizia ha fatto uso di fucili Galin Tavorn. Proprio in questa città la repressione si è scatenata contro la comunità indigena e afro-discendente appartenente al Consejo Regional Indígena del Cauca (CRIC).
In base ai dati raccolti dalle ONG Temblores e Indepaz, riportati in un documento di Amnesty International, il bilancio degli scontri avvenuti tra il 28 aprile e il 9 maggio è stato pesantissimo:
● 47 morti (di cui 35 nella sola città di Cali)
● 1786 atti di violenza da parte delle forze dell’ordine
● 963 arresti
● 28 casi di danni agli occhi a causa dei lacrimogeni
● 12 casi di violenza sessuale
● Sono stati denunciati, inoltre, 168 casi di desaparecidos
Fin dall’inizio degli scontri Amnesty International ha rivolto un appello al presidente Iván Duque condannando l’uso eccessivo della forza da parte delle autorità e chiedendo che venga rispettato il diritto di manifestazione pacifica.
Un altro appello è stato rivolto al Segretario di stato Blinken affichè gli USA cessino la fornitura al governo colombiano di armi utilizzate per reprimere le manifestazioni, come piccoli fucili a pompa e relative munizioni, lanciagranate ad alta capacità e manuali, apparecchiature denominate “meno” letali come gas lacrimogeni, nonché veicoli blindati e tecnologie di sorveglianza.
Franco Mazzarella - Coord. America Latina di Amnesty International Italia