“SPEAKING FOOTBALL” Il gioco del calcio come strumento per prevenire l’HIV/AIDS tra i giovani sudafricani SPEAKING FOOTBALL TO MOTIVATE AND EMPOWER HEALTHY, PRODUCTIVE, HIV FREE LIVES FOR BOYS AND GIRLS” LIFE SKILLS FOR PREVENTION APPROACH
CON L’ AFRICA, PER LA SALUTE DELL’ AFRICA Chi siamo | 3 Il contesto | 4 L’incidenza dell’hiv/aids in Sudafrica | 6 Il progetto “speaking football” | 8 Il progetto | 9 Le attività progettuali di “speaking football” | 12 Cosa può accadere in 90’... | 14
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CHI SIAMO
AMREF è la principale organizzazione sanitaria privata, senza fini di lucro, che opera in Africa orientale. Dalla fondazione, nel 1957 a Nairobi, AMREF promuove e gestisce ogni anno 140 progetti di sviluppo sanitario e in 6 paesi impiegando oltre 800 persone, per il 97% africane. AMREF un’organizzazione pienamente africana, impegnata nello sviluppo autonomo del continente: l’identità africana è essenziale per trovare soluzioni adeguate e sostenibili. Generare benefici permanenti per le popolazioni africane più bisognose è possibile, per questo AMREF opera nel campo della prevenzione e della formazione sanitaria di personale locale.
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IL CONTESTO Dall’apartheid ai primi mondiali di calcio ospitati da un paese africano: la nascita del Sudafrica Parlare di Sudafrica evoca immagini ancora vive nella memoria di molti: gli scontri tra la maggioranza nera della popolazione sudafricana e le comunità di origine europea, gli afrikaner. La manifestazione drammatica di questa contrapposizione prese il nome di “apartheid”: il regime di segregazione razziale che segnò tristemente la storia del Sudafrica tra il 1948 e il 1994. Definito anche “sviluppo separato” dei gruppi razziali, l’apartheid si fondava su una netta distinzione della popolazione: bianchi, neri, asiatici e coloured, quattro gruppi di cui quello nero rappresentava il 76%, mentre il bianco il 13%. Le leggi di segregazione razziale colpirono duramente la componente non afrikaner del paese: esclusione dal diritto di voto, obbligo di permesso di lavoro per accedere alle aree riservate ai bianchi, segregazione nei “territori tribali” (i bantustans) a cui si aggiunsero le vessazioni, le violenze e le ingiustizie quotidiane. Fin dai primi anni ’50 si formarono gruppi di resistenza pronti alla lotta contro la discriminazione razziale, tra cui l’Anc (African National Congress) e il Pac (Pan Africanist Congress). Con il referendum del 1961 il Sudafrica divenne Repubblica Sudafricana, con una nuova costituzione e un presidente della Repubblica. Le proteste, gli scioperi e i boicottaggi dei movimenti anti-apartheid caratterizzarono la vita sociale e politica del Sudafrica degli anni ’70 e ’80, il cui culmine fu la rivolta di Soweto: nel 1976, nella township di Soweto – agglomerato di baraccopoli dell’area sudoccidentale di Johannesburg – gli studenti diedero vita ad una protesta contro un decreto governativo che stabiliva l’introduzione dell’afrikaans anche nelle scuole frequentate dai neri. Il decreto scatenò proteste non violente da parte del corpo docente e studentesco, ma i disordini furono repressi duramente e Hector Pieterson, di soli 13 anni, rimase vittima degli scontri con la polizia locale.
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Alla fine degli anni ’80, durante la presidenza di De Klerk, il Sudafrica si avviò verso un cambiamento della politica segregazionista sostenuta per decenni. Il Sudafrica che conosciamo oggi iniziò a prendere forma e sostanza grazie agli incontri con il prigioniero Nelson Mandela, alle conferenze multipartitiche e al progressivo riconoscimento politico delle organizzazioni anti-apartheid. Le prime elezioni democratiche si tennero nel 1994 e Nelson Mandela, leader carismatico e conciliante, fu il primo capo di stato di colore in Sudafrica. Oggi il Sudafrica torna ad occupare un posto di primissimo rilievo a livello internazionale, infatti, è il primo stato africano scelto per ospitare il Campionato Mondiale di Calcio 2010, evento atteso dal mondo sportivo, ma anche vetrina per un confronto profondo con la realtà africana.
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L’INCIDENZA DELL’HIV/AIDS IN SUDAFRICA Il Sudafrica di oggi, quello delle lussuose zone residenziali e dei vasti parchi naturali, è sotto i riflettori del mondo intero in vista dell’apertura dei Mondiali di Calcio 2010. Oltre le bellezze di un paese ricco di risorse, oltre il richiamo per milioni di tifosi si cela un avversario pericoloso: l’epidemia di HIV/AIDS che causa decine di migliaia di morti per manacanza di prevenzione e cure adeguate. La popolazione sudafricana ha una percentuale di contagio da Virus di Immunodeficienza Acquisita (HIV) tra le più elevate al mondo. La rapidità con cui il virus si diffonde è allarmante e richiama gli interventi tempestivi di governi nazionali e organizzazioni attive in Africa: il Sudafrica è il sesto paese al mondo per prevalenza dell’HIV1. Ogni giorno in Sudafrica si registrano 1.500 nuovi contagi e le fasce di popolazione più giovani sono seriamente a rischio contagio: il picco si registra tra i 15 e i 24 anni, in particolare le ragazze sono esposte al virus in misura cinque volte maggiore rispetto ai coetanei maschi. Il 77% dei sudafricani affetti da HIV/AIDS è donna e le aree di maggiore concentrazione dei casi di contagio sono le baraccopoli, zone poverissime e malsane, in cui sorgono baracche fatiscenti2. La povertà, l’impossibilità di ricevere delle cure tempestive e costanti, la mancanza di una corretta informazione circa la prevenzione delle malattie ed i comportamenti a rischio sono una barriera per molti sudafricani, soprattutto se parliamo di bambini e adolescenti. Ignorare la pandemia significa ignorare il futuro delle generazioni più giovani e privarle di una prospettiva di vita in piena salute.
1 La prevalenza è passata dall’1%, nel 1990, al 25% nel 2000. AIDS Foundation South Africa, www.aids.org.za. 2 OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), Reproductive Health & HIV Research Unit - HIV and Sexual Behavior among Young South Africans: A National Survey of 15 - 24 years old.
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L’HIV NELL’AFRICA SUBSAHARIANA L’Africa subsahariana accoglie circa il 10% della popolazione mondiale, ma sulla regione pesa il 67% dei contagi globali da HIV. La gran parte delle persone che vive con l’HIV è donna (61%). Nell’Africa subsahariana l’AIDS ha causato circa 11.4 milioni di orfani.
L’INCIDENZA DELL’HIV/AIDS IN SUDAFRICA Il 17.4% dei sieropositivi vive negli insediamenti urbani informali. Il 13.5% dei sieropositivi vive negli nelle aree rurali. Il 9.8% dei sieropositivi vive nelle aree urbane formali3.
3 OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), Reproductive Health & HIV Research Unit - HIV and Sexual Behavior among Young South Africans: A National Survey of 15 - 24 years old.
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IL PROGETTO “SPEAKING FOOTBALL” Il gioco del calcio come strumento per prevenire l’HIV/AIDS tra i giovani sudafricani Area di intervento: Umkhanaykude District Municipality, Jozini Local Municipality. KwaZulu Natal Arginare l’impatto dell’HIV in Sudafrica è possibile e il progetto “Speaking football” di AMREF, in partnership con Africaid’s WhizzKids United Programme, si rivolge alle ragazze e ragazzi sudafricani affinché sull’HIV non scenda mai il silenzio. Nel Kwazulu Natal, area in cui si svolge il progetto, il tasso di contagio è tra i più alti di tutto il Sudafrica: una prevalenza del 14.1% mette a repentaglio la salute di tutti. Grazie ad AMREF, custode di un’esperienza solida nell’ambito del programma dedicato agli Orfani e Bambini Vulnerabili (Orphan and Vulnerable Children Programme - OVC) e in partnership con Africaid’s e il programma Whizzkids United, i giovani africani del Kwazulu Natal sono coinvolti in uno speciale progetto dedicato alla prevenzione dell’HIV e all’apprendimento attraverso il calcio di “life skills”, le abilità e competenze fondamentali per la vita. In una delle zone a più alto tasso di infezione da HIV/AIDS le prime vittime sono gli adolescenti, in particolare le ragazze, e i fattori che ne facilitano la diffusione sono: le relazioni sessuali (il 67% dei sudafricani tra i 15 e i 24 anni dichiara di avere avuto esperienze sessuali), l’abbassamento progressivo dell’età in cui avvengono le prime esperienze sessuali (16.4 anni per i ragazzi e 17 per le ragazze), le gravidanze (su una percentuale del 68% di giovani donne che hanno avuto esperienze sessuali, il 48% ha affrontato una gravidanza. L’età media della prima gravidanza è 18.5 anni), le violenze sessuali (il 28% delle ragazze ha subito pressioni o violenze per intrattenere una relazione sessuale), l’aumento del numero di partner, l’uso del preservativo (solo il 52% dei ragazzi dichiara di averlo usato nell’ultimo rapporto sessuale), la sottovalutazione del rischio di contrarre l’HIV (il 62% dei giovani sieropositivi dichiara di non essersi mai considerato a rischio HIV).
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I programmi di prevenzione da HIV degli ultimi vent’anni non sono riusciti a contenere l’aumento dei contagi in Sudafrica e le ragioni di tale fallimento sono, in parte, riconducibili anche allo scarso coinvolgimento comunitario. AMREF, fin dalla fondazione avvenuta nel 1957, ha sempre posto al centro dei propri programmi le comunità, curandone la partecipazione attiva e la formazione, momenti essenziali per la buona riuscita di un progetto e per garantire sostenibilità nel tempo. Lavorare con le comunità su temi delicati quali l’HIV/AIDS richiede sensibilità e conoscenza profonda delle necessità locali: la malattia, se non conosciuta, genera atteggiamenti di esclusione sociale o di sottovalutazione dei rischi, tutti elementi che favoriscono una diffusione ulteriore del contagio. L’HIV non fa distinzioni, colpisce chiunque, ma la maggior parte della popolazione sudafricana è disinformata e tende a ignorare lo stato di emergenza sanitaria. Il peso dei contagi si traduce in abbassamento progressivo dell’aspettativa di vita, aumento della mortalità infantile e deterioramento del benessere economico di un’intera nazione le cui fasce più giovani della popolazione sono malate, quindi bisognose di cure mediche costose e costanti nel tempo.
Obiettivo generale Riduzione del contagio da HIV/AIDS tra i/le giovani sudafricani, di età compresa tra i 15 e i 24 anni, attraverso la promozione di comportamenti sessualmente responsabili e una maggiore accessibilità ai servizi sanitari.
Obiettivi specifici Prevenzione della diffusione dell’HIV/AIDS attraverso specifici programmi di formazione sanitaria, di prevenzione e orientamento rivolti ai/alle giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, promozione di cambiamento positivo e responsabile del comportamento dei/delle giovani e riduzione del contagio da HIV/AIDS tra i ragazzi e le ragazze del Kwazulu Natal, accessibilità alle cure e servizi di maggior tutela agli orfani e ai ragazzi vulnerabili e a rischio col supporto delle Health Academies di Africaid’s.
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foto F. Acerbis
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LE ATTIVITÀ PROGETTUALI DI “SPEAKING FOOTBALL” Il contesto giovanile sudafricano e il valore del calcio sociale. I giovani africani che vivono nelle township delle grandi città del Sudafrica - tra cui Durban, Johannesburg e Città del Capo - sopravvivono con meno di 1 Dollaro al giorno, tra baracche senza acqua potabile, servizi igienici, scuole, sistemi fognari e strutture sanitarie. Si tratta di migliaia di giovani che si arrangiano come possono, costretti all’esperienza del degrado, della violenza e della malattia fin dalla tenera infanzia. L’adolescenza, inoltre, è una fase della vita delicata e le esperienze sessuali precoci così come la mancanza di un’informazione corretta sui rischi da esse derivanti, espongono i giovani al contagio da HIV. Una via di uscita è ancora possibile: attraverso lo sport il progetto insegna a ragazzi e ragazze sudafricani ad affrontare la vita come fosse una partita di calcio. Parlare ai giovani di teorie, dati e percentuali non è efficace, non li fa sentire coinvolti, ecco perché il calcio, così amato e seguito da tutti i giovani africani, riesce a fare breccia: i giovani riflettono sull’importanza di avere un obiettivo nella vita e si impegnano a raggiungerlo. Scendere in campo avendo bene in mente chi sia l’avversario e quale la strategia migliore per “fare gol” equivale a scegliere la salute e una vita piena: è così che gli adolescenti imparano a evitare i comportamenti a rischio, ad agire con consapevolezza e a proteggersi dal contagio. Inoltre il gioco di squadra, a cui partecipano ragazzi e ragazze in egual misura, crea momenti di profondo confronto e comprensione delle esigenze specifiche di ciascun sesso. Dopo una prima fase di training di otto sessioni, fatta di incontri sull’insegnamento e apprendimento di “life skills”, i/le giovani coinvolti sono chiamati a partecipare ad un torneo di calcio vero e proprio: si formano squadre, si tengono regolarmente gli allenamenti e la squadra vincitrice avrà in premio una coppa. Si tratta di un torneo di strada che diviene un “ponte” per conoscere e apprezzare il valore dell’impegno per la salute.
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“SPEAKING FOOTBALL” GARANTISCE ANCHE I SEGUENTI SERVIZI: cure mediche: vaccinazioni ed esami, servizi educativi: attività di formazione e di orientamento lavorativo, assistenza per il pagamento delle rette scolastiche, sostegno nello svolgimento delle attività scolastiche, supporto nell’inserimento dei bambini all’asilo, fornitura delle uniformi per andare a scuola, assistenza legale e tutela, in modo anonimo e gratuito, somministrazione di cure palliative, servizi psico-sociali. Le attività progettuali contano sul prezioso supporto delle Health Academies, le Accademie della Salute, che coinvolgono i ragazzi beneficiari dell’intervento in maniera permanente: la scelta di denominare dei centri di cura “Accademia della Salute” è fatta per venire incontro ai ragazzi, per aiutarli a superare quel muro di diffidenza e imbarazzo che spesso si crea al solo sentire nominare il termine “clinica” o “ospedale”. Presso le strutture si tengono i primi programmi di counseling individuale e si incoraggiano i giovani ad effettuare il test volontario per l’HIV /AIDS in modo anonimo e gratuito. In questa fase, più strettamente medicosanitaria, il contributo di AMREF si fa determinante: da sempre l’organizzazione ha puntato tutto sull’educazione sanitaria e sulla formazione di personale medico e paramedico locale. L’educazione e formazione dei ragazzi non passa solo attraverso un gioco universalmente amato, ma si avvale anche “dell’educazione tra pari”: il progetto prevede la selezione di ragazzi e ragazze particolarmente motivati e carismatici affinché diventino loro stessi insegnanti efficaci per gli altri compagni. Salvaguardare la salute dei giovani è sinonimo di scelte lungimiranti e attente al bene delle comunità ed AMREF è da sempre schierata dalla parte delle popolazioni africane più vulnerabili ed ha una solida esperienza nella tutela della salute.
COSA PUÒ ACCADERE IN 90’... 400 giovani tra i 15 e i 24 anni sono contagiati dal virus dell’HIV 100 ragazzi al di sotto dei 15 anni muoiono a causa dell’AIDS 400 bambini rimangono orfani perché uno o entrambi i genitori sono vittime dell’AIDS
AMREF SCENDE NUOVAMENTE IN CAMPO A FAVORE DEI GIOVANI, PER AIUTARLI A VINCERE LA PARTITA CONTRO LA DIFFUSIONE DELL’HIV/ AIDS.
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1 Sudafricano su 10 è sieropositivo Fattori socio-economici incidono sulla vulnerabilità dei giovani La prevalenza dell’HIV tra i giovani (15 - 24 anni) non è diminuita negli ultimi anni Le ragazze sono più esposte al contagio
“Speaking football” è una risposta al bisogno di prevenzione e cura della popolazione giovane, la più esposta al rischio di contagio.
L’attività sportiva di squadra è una risorsa che pone le basi per un una maggiore partecipazione sociale dei ragazzi/e e ne esplora le capacità e abilità, elementi chiave per superare le difficoltà che si incontrano nella vita.
“Speaking football” si rivolge ai ragazzi e ragazze sudafricani: attraverso le “lezioni” imparate dallo sport si affina anche la capacità di autoascolto e la disciplina, fattori importanti che facilitano i comportamenti responsabili e l’abbandono di atteggiamenti pericolosi per la salute. Il progetto coinvolge in egual misura le giovani, inoltre, il confronto costante con i coetanei ha un forte valore pedagogico: la conoscenza reciproca delle esigenze.
Sottovalutazione del rischio
Il progetto garantisce l’accesso a servizi di counseling, promuove il test dell’HIV e il gioco del calcio aiuta i ragazzi ad apprezzare il valore del “buon gioco”, quello che dà un bel risultato
Il 57% delle donne tra i 15 e i 24 anni dichiara di non avere mai utilizzato strumenti contraccettivi
Il progetto affronta le tematiche profonde della disparità di genere affinché le donne non assumano un ruolo passivo nella relazione con l’uomo. Il gioco del calcio aiuta a capire il ruolo che si ha nella squadra e, per analogia, nella vita.
Scarsa attenzione alla salute
La componente sportiva di “Speaking football” aiuta i/le giovani coinvolti a conoscere e capire i “segnali” che dà il corpo affinché il benessere fisico e psichico sia sempre preservato.
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