BUILDING&MANAGEMENT n.11 Apr - Giu 2018

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ANACI

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Amministratore e appalto Passaggio di consegne Rumori in condominio Condominio e innovazione Cancelli elettrici NovitĂ per i lavori su fune Ecobonus e sismabonus: chiarimenti su limiti e cessione del credito

Anno III | n. 11 Apr-Giu 2018



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Grazie agli oltre ottomila lettori, questa rivista raccoglie saggi, pareri e relazioni legali, tecnici e fiscali curati dal nostro Centro Studi lecchese e da professionisti e docenti esperti in materia condominiale

Marco Bandini Presidente di ANACI LECCO

SOMMARIO IL PARERE LEGALE

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La condotta dell’Amministratore in tema di appalto Avv. Luigi Giordano

Il passaggio di consegne tra colleghi Amministratori Avv. Laura Torri

Rumori e quodidianità nella vita di condominio

Cancelli elettrici in condominio: domande e risposte - Seconda Parte

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Nuovi aumenti delle tariffe postali: buona o cattiva notizia?

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Lavori su fune in condominio: tra rischi e opportunità - Prima Parte

Ing. Filippo Milazzo

Dott.ssa Roberta Corti

Arch. Massimo Rondelli

Avv. Davide Longhi

IL PARERE TECNICO

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Il condominio: la vera sfida per raggiungere obiettivi di innovazione Prof. Arch. Annalisa Galante

IL PARERE FISCALE

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Ecobonus e sismabonus: limiti di spesa e cessione del credito Dott.ssa Raffaella Figini

Hanno collaborato a questo numero: Roberta Corti, Raffaella Figini, Luigi Giordano, Davide Longhi, Filippo Milazzo, Massimo Rondalli, Laura Torri Anno 3 | n.11 | Aprile - Giugno 2018

www.anacilecco.it Direttore editoriale Marco Bandini - presidenza@anacilecco.it Direttore responsabile Annalisa Galante - consulentetecnico@anacilecco.it Marketing e diffusione: Periodico trimestrale on-line 4 numeri all’anno - marketing@anacilecco.it

Progetto grafico: AGC s.r.l. - Milano © ANACI Provinciale di LECCO via F.lli Cernuschi, 23 - Merate (LC) - tel. 039 9160551 segreteria.presidenza@anacilecco.it Periodico on line non sottoposto a registrazione come previsto dall’Art. 3-bis del D.L. 18 maggio 2012, n. 63 Tutti i diritti sono riservati - È vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione di ANACI LECCO

Informativa Privacy ai sensi del D.lgs 196/03 per il trattamento dei dati. La informiamo che, le finalità del trattamento dei dati relativi ai destinatari del presente periodico on-line consistono nell’assicurare l’aggiornamento dell’informazione in materia condominiale a soggetti identificati per la loro attività professionale mediante l’invio della presente rivista. In qualsiasi momento, è possibile chiedere al Titolare del Trattamento dei dati personali, ANACI LECCO, con sede legale in Merate (LC), via F.lli Cernuschi, 23 la consultazione, la modifica, il blocco o la cancellazione dei Suoi dati secondo quanto previsto dall’art. 7 della stessa normativa, scrivendo a segreteria.presidenza@anacilecco.it


Avv. Luigi Giordano

IL PARERE LEGALE

Direttore del Centro Studi di ANACI Lecco

La condotta dell’Amministratore in tema di appalto La sentenza in esame, emanata dal Tribunale di Lecco, tratta una problematica piuttosto frequente tra gli Amministratori e che genera più di qualche apprensione, ovvero come debba comportarsi un Amministratore in caso di appalto di lavori condominiali, quando il condominio non intende nominare una Direzione Lavori (D.L.). In questi casi, infatti, l’Amministratore segue i lavori solo come rappresentante del condominio e non come figura tecnica professionale destinata a vigilare sugli stessi come una vera e propria D.L. Compiti e responsabilità delle due figure – Amministratore e D.L. – sono ben distinti e l’Amministratore corre il rischio di essere facile bersaglio di contestazione di responsabilità provenienti da ambo le parti, condominio e impresa. In questi casi è meglio prevenire piuttosto che curare il fuoco incrociato: lo scrupolo e l’attenzione dell’Amministratore deve essere massimo sin dall’inizio. Con la Sentenza n. 363/17 che passiamo a esaminare assegnando alle parti nomi di fantasia, il Tribunale di Lecco è stato chiamato a decidere sulla domanda di risarcimento danni promossa dal condominio “Alfa” contro l’impresa “Beta” a cui erano stati appaltati i lavori di rifacimento del tetto, per i vizi che si erano manifestati successivamente alla conclusione dei lavori. Tali vizi risultavano descritti e quantificati in circa 40.000,00 euro all’esito di una ATP (Accertamento Tecnico Preventivo) già intervenuta tra condominio e impresa. Costituendosi in giudizio l’impresa “Beta” chiedeva in via principale di respingere la domanda del condominio in quanto infondata e, in via subordinata, chiedeva la chiamata in causa dell’Amministratore “Ronaldo” per dichiarare lo stesso tenuto a manlevare la convenuta “Beta” da ogni pretesa del condominio e condannare, quindi, lo stesso a rifondere al condominio quanto eventualmente riconosciuto in corso di causa, o comunque secondo il concorso di colpa dello stesso e come accertato all’esito del giudizio. L’impresa chiedeva, inoltre, di compensare gli eventuali danni dovuti al condominio con il residuo del credito ancora vantato per l’esecuzione dei lavori al tetto. Assumeva in sintesi l’impresa: • di aver predisposto l’intervento sulla scorta delle specifiche direttive impartite dall’Amministratore “Ronaldo”, che aveva peraltro sovrainteso all’intero intervento opponendosi, in più occasioni, alle richiesta della ditta incaricata di svolgere i lavo-

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Una sentenza del Tribunale di Lecco tratta una problematica piuttosto frequente, ovvero come debba comportarsi un Amministratore in caso di appalto di lavori quando il condominio non intende nominare una direzione lavori

ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018


IL PARERE LEGALE

ri di effettuare alcuni interventi non preventivati ma ritenuti necessari; che l’Amministratore aveva infatti espresso il proprio diniego affinchè si operasse la sostituzione della tipologia di tegole, diniego giustificato sulla scorta di problemi di costi benchè tale sostituzione fosse stata più volte suggerita dall’impresa; che l’Amministratore fosse quantomeno in concorso di colpa non avendo dato seguito alle richieste della stessa di procedere a ulteriori interventi risolutori, nella specie la completa sostituzione delle tegole, che avrebbero impedito le infiltrazioni.

L’Amministratore “Ronaldo” si costituiva in giudizio chiedendo di respingersi le domande formulate nei propri confronti dall’impresa “Beta” in quanto improponibili per carenza di legittimazione passiva, avendo agito l’Amministratore quale rappresentante del condominio e non in via autonoma nonchè infondate in fatto e in diritto. In particolare l'Amministratore esponeva: • di aver agito nel rispetto dei compiti e delle prerogative proprie dell’Amministratore di condominio, limitandosi a dare attuazione alla volontà condominiale, non avendo assunto iniziative autonome o fuori dal proprio mandato; • che la propria posizione si identificava con quella del condominio e che quindi, le contestazioni mosse dall’impresa “Beta” avrebbero dovuto semmai essere oggetto di domanda riconvenzionale o eccezione di compensazione direttamente verso il condominio e non di chiamata in causa verso la persona fisica dell’Amministratore, quale soggetto terzo;

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di aver sempre tenuto informato il condominio delle problematiche sorte nel corso dei lavori, proponendo anche di nominare un tecnico per la direzione dei lavori, proposta non accolta dall’assemblea; di non aver ricevuto alcuna contestazione al proprio operato da parte del condominio; che le opere di sistemazione del tetto commissionate all’impresa non erano di alcuna particolare difficoltà e la stessa poteva svolgerle da sola: se non fosse stato così, l’impresa avrebbe dovuto rifiutarsi di iniziare e richiedere o un progetto o la nomina di una D.L.; che i vizi nell’esecuzione delle opere erano imputabili solo all’impresa e che non era vero che l’Amministratore avesse dato disposizioni personali all’impresa; che quando l’Amministratore aveva ricevuto richieste di lavori non preventivati, ne aveva prontamente riferito all’assemblea la quale si era poi espressa in merito, assumendosi con ciò le proprie responsabilità.

Il Tribunale di Lecco all’esito del giudizio ha accolto le domande del Condominio verso l’impresa e ha respinto quelle dell’impresa verso l’Amministratore, non avendo rilevato inadempienze da parte di quest’ultimo. Senza entrare nel merito dei vizi relativi ai lavori effettuati sul tetto ed ai costi per la riparazione degli stessi, per quel che attiene la responsabilità dell’Amministratore il giudice ha rilevato come sia stato documentato che l’Amministratore avesse rappresenta-

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IL PARERE LEGALE

to all’assemblea la possibilità di affidare la direzione lavori a un professionista con una spesa di 2.500 euro oltre a IVA, portando in assemblea un tecnico, ma che l’assemblea, votando in merito, non avesse approvato l’incarico “in quanto non ritiene utile detta figura professionale”. Tale assemblea inoltre aveva approvato alcuni interventi aggiuntivi richiesti dall’impresa. Il Giudice ha così motivato circa la posizione dell’Amministratore: “Nessuna responsabilità diretta può dunque ascriversi in capo all’Amministratore che ha agito correttamente dando le dovute informazioni all’assemblea e prendendo atto della sua deliberazione”. Quanto alla posizione dell’impresa il Giudice ha ritenuto che, dal momento che l’assemblea non aveva deliberato la sostituzione integrale delle tegole, laddove l’appaltatrice avesse avuto la certezza che senza detta sostituzione l’opera non sarebbe stata completata a regola d’arte, avrebbe potuto e dovuto sospendere i lavori oppure contestare formalmente alla committenza il rischio di cattiva esecuzione: nulla di tutto ciò è stato fatto e, anzi dopo le prime infiltrazioni, l’impresa si era impegnata a risolvere i difetti senza alcun accenno all’inadeguatezza dei coppi esistenti. Il Giudice ha inoltre evidenziato che sia stata l’impresa a presentare il preventivo dei lavori che avrebbe dovuto fare previ gli accertamenti del caso sulla copertura condominiale e così indicando da subito le opere necessarie al buon risultato dell’appalto, compresa l’integrale sostituzione dei coppi, ove ritenuta necessaria. Il condominio ha accettato il preventivo e confidato che con i lavori ivi indicati i problemi al tetto potessero essere risolti. La responsabilità di tali vizi è dunque da ascriversi alla sola impresa che ha errato sia in fase di redazione del preventivo, che in corso di esecuzione dei lavori. Quanto alla responsabilità dell’Amministratore, il giudice ha ritenuto che lo stesso aveva sempre agito in nome e per conto del condominio e non quale direttore lavori, come figura distinta rispetto a quella del condominio. La domanda dell’impresa verso l’Amministratore è risultata, dunque, infondata. L’impresa avrebbe dovuto svolgere tale domanda direttamente verso il condominio di cui l’Amministratore era il rappresentate, ma così non è stato: ha formulato tale richiesta solo nella comparsa conclusionale in modo palesemente tardivo e, quindi, il Giudice ha respinto ogni addebito. Un ulteriore aspetto che merita approfondimento riguarda la quantificazione del danno. Tra i danni protestati dal condominio nei confronti dell’impresa vi è anche il compenso straordinario all’Amministratore per 668,56 euro come da nota prodotta agli atti. Il Tribunale ha rilevato che la nota allegata dal condominio – di cui è stato richiesto il rimborso all’impresa - non fosse sufficiente a

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provare che effettivamente il condominio avesse riconosciuto tale compenso aggiuntivo all’Amministratore specie alla luce del disposto dell’art. 1129 comma 14 cc. Il Giudice ha ritenuto che per liquidare tale notula sarebbe stato invece indispensabile depositare il consuntivo di approvazione della spesa, in carenza del quale l’importo non è stato riconosciuto.

Conclusioni Ben ha fatto l’Amministratore a tenere sempre informata l’assemblea delle problematiche sorte nel corso dell’esecuzione dei lavori, riferendo gli interventi aggiuntivi richiesti dall’impresa e proponendo anche la nomina di un tecnico per svolgere la direzione lavori: avendo svolto puntualmente l’obbligo di informazione, il suo operato è stato ritenuto inappuntabile. La volontà dell’assemblea è stata sovrana nelle scelte operate per cui nessuna responsabilità è stata ascritta all’Amministratore. Per quanto riguarda l’impresa, qualora nel corso dei lavori la stessa avesse avuto la certezza che senza la sostituzione di tutte le tegole l’opera non sarebbe stata completata a regola d’arte, avrebbe potuto e dovuto sospendere i lavori oppure contestare formalmente alla committenza il rischio di cattiva esecuzione. Per quanto riguarda il condominio, la mera richiesta di liquidazione delle spese pretese dall’Amministratore per aver seguito i lavori, non è stata ritenuta meritevole di accoglimento mancando la delibera di approvazione o comunque il confronto con il preventivo che lo stesso Amministratore è tenuto a presentare al momento del conferimento dell’incarico ai sensi dell’art. 1129 c 14 cc. ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018


Avv. Laura Torri

IL PARERE LEGALE

Membro del Centro Studi di ANACI Lecco

Il passaggio di consegne tra colleghi Amministratori

Da quando l'Amministratore cessa il suo incarico ha l'obbligo di consegnare al subentrante tutti i documenti appartenenti al condominio e da lui detenuti

ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018

Il passaggio delle consegne rappresenta un momento delicato, sia per l'amministratore uscente, che per l'amministratore subentrante. È noto che il rapporto che intercorre tra il condominio e l'Amministratore è riconducibile al mandato, come più volte ha avuto modo di chiarire la giurisprudenza. Trova, quindi, l'applicazione l'art. 1713 c.c., che prevede che il mandatario, oltre a rendere conto del suo operato, deve rimettere al mandante tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato. L'Amministratore, al termine del mandato, deve quindi restituire "tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato". Più specifico e riguardante espressamente la materia condominiale, è il novellato art. 1129 c.c., che all'ottavo comma sancisce: "Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini". È bene ricordare che la documentazione è di proprietà del condominio, quale mandante e non dell'amministratore che di volta in volta viene nominato.

Quando si ha l'obbligo di consegna? Da quando l'amministratore cessa il suo incarico ha l'obbligo di consegnare al subentrante tutti i documenti appartenenti al condominio e da lui detenuti.

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IL PARERE LEGALE

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Modello passaggio delle consegne – Mod. Rev 01/2015

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Modello passaggio delle consegne – Mod. Rev 01/2015

La cessazione dell'incarico coincide con il momento in cui l'assemblea condominiale delibera la nomina del nuovo Amministratore. Può accadere però che l'amministratore uscente non adempia a tale obbligo o ritardi nell'adempiere a tale obbligo. Cosa deve fare allora il neo-nominato Amministratore? Ăˆ opportuno che il precedente Amministratore si metta tempestivamente in contatto con il nuovo Amministratore per comunicargli la sua nomina e per concordare la consegna della documentazione. Al nuovo Amministratore trasmetterĂ la delibera con cui è stato nominato, che costituisce il titolo che legittima la sua richiesta. In capo al vecchio Amministratore incombe un obbligo speciďŹ co di consegna dei documenti di cui è in possesso, obbligo a cui non potrĂ venir meno in nessun caso, neppure nel caso in cui sia creditore di somme di denaro da parte del condominio (Cass. n. 13504/1999).

Tempistica Esiste un termine speciďŹ co entro il quale deve avvenire il passaggio delle consegne? Il passaggio delle consegne deve avvenire in una volta sola o può essere frazionato? Non esiste una norma che stabilisca una tempistica speciďŹ ca, nĂŠ che imponga il suo espletamento in una o piĂš soluzioni. Certo è che per le esigenze della gestione condominiale il nuovo amministratore ha necessitĂ di avere quanto prima la documen-

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tazione del condominio e nel contempo il vecchio amministratore deve provvedere in tempi rapidi alla consegna della documentazione per evitare qualsiasi responsabilitĂ a lui eventualmente riconducibile. Nulla vieta di procedere rapidamente alla consegna della documentazione di immediato utilizzo, per poi consegnare in un secondo momento anche la restante documentazione. In un'ordinanza resa dal Tribunale di Firenze in data 26.09.2017, il Giudice, pur non negando il diritto del condominio di disporre della documentazione di cui è proprietario, non ignora la difďŹ coltĂ pratica e logistica di organizzare una consegna ingente di materiale documentario come quella che può attenere alla contabilitĂ di un condominio di 150 unitĂ immobiliari per gli ultimi 10 anni. Parimenti riconosce l'esigenza del precedente amministratore "di conservare traccia del proprio operato, per poter

ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018


IL PARERE LEGALE

ANACI mette a disposizione degli associati un modello di verbale di passaggio delle consegne con l'elenco di tutta la documentazione necessaria scaricabile dall'Area Riservata del sito www.anaci.it salvaguardare l'integrità della propria posizione da possibili future accuse di mala gestio condominiale". Il Giudice ha ordinato, quindi, la consegna della documentazione richiesta prevedendo che le parti entro 30 giorni fissassero una prima riunione organizzativa per pianificare gli ulteriori incontri e sessioni di lavoro, volti a ricevere da parte dell'Amministratore subentrante la documentazione richiesta, mantenendosi entro i limiti di un anno documentale per sessione di lavoro. Il Giudice ha quindi stabilito una consegna frazionata.

Quali documenti? Altra problematica può riguardare il tipo di atti e documenti che devono essere consegnati. In effetti non esiste una specifica lista predefinita a cui fare riferimento. L'art. 1129 ottavo comma c.c. prevede: "tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini". Possono esserci d’aiuto alcune ordinanze rese dai Giudici di merito, a seguito della proposizione di ricorso per la consegna della documentazione. Mentre le ordinanze in molti casi si riferiscono genericamente alla documentazione contabile e amministrativa afferente il condominio, particolarmente dettaglia-

ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018

ta è l'ordinanza resa dal Giudice del Tribunale di Sciacca in data 16.06.2014, con cui ordina al vecchio amministratore di consegnare: "tutta la documentazione contabile, amministrativa, bancaria, contrattuale, nonché ogni altro documento in suo possesso attinente la gestione del Condominio in questione e, in particolare, movimentazioni bancarie e/o estratti conto del Condominio, copia di tutti i contratti stipulati dal Condominio coi fornitori, copia della polizza, tutta la documentazione contabile, amministrativa, bancaria, contrattuale, nonché ogni altro documento in assicurativa dei fabbricati che lo compongono, originali di tutte le fatture emesse a carico del condominio e situazione contabile che consenta di individuare quelle ancora insolute, originale della certificazione della prevenzione incendi, originale delle certificazioni degli impianti, libro dei verbali delle adunanze assembleari, situazione contabile degli incassi, originale dei modelli F24 pagati, copia dei modelli 770, originali di tutte le fatture di spesa esposte nei consuntivi elaborati e approvati durante il mandato". Nell'ordinanza resa dal Tribunale di Palermo in data 28.01.2014 il Giudice specifica la documentazione di cui ordina la consegna, in base alla richiesta del condomino ricorrente e precisamente: "1) ultimo bilancio approvato, con resoconto successivo sino al passaggio delle consegne; 2) elenco dei condomini e relativi indirizzi; 3) tabelle millesimali e regolamento condominiale; 4) chiavi e timbri del condominio; 5) registri dei verbali di assemblea; 6) contratti con le ditte fornitrici e relative fatture solutorie (Enel, Acqua, Manutenzione ascensore, Pulizia scala, autoclave, ecc.); 7) libretti di esercizio e documentazione relativa agli impianti comuni; 8) codice fiscale del condominio; 9) passaggio del conto corrente e/o dei conti correnti condominiali e chiavi di accesso on line; 10) polizza di assicurazione del fabbricato; 11) certificato di prevenzione incendi; 12) contratto di appalto lavori risanamento facciata, stato di avanzamento lavori, certificato di collaudo e di esecuzione a regola d'arte dell'opera; 13) disciplinare d'incarico con il direttore dei lavori; 14) provvedimento del Comune di Palermo, settore centro storico di concessione del contributo pubblico e le distinte bancarie dei versamenti ricevuti, oltre a tutta la documentazione afferente;15) atti giudiziari per i contenziosi che hanno medio tempore coinvolto il condominio;16) certificazione del modello 770, nonché la comunicazione all'anagrafe tributaria dell'ammontare dei beni e servizi, anche per l'amministratore cessato dalla carica per il suo subentro; 17) documentazione di chiusura cassa; 18) ogni altra documentazione condominiale di carattere contabile o amministrativo necessaria o utile alla prosecuzione della gestione corrente".

Ricorso all'Autorità Giudiziaria Può accadere che in alcuni casi il passaggio delle consegne si presenti

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IL PARERE LEGALE

particolarmente difficoltoso per il rifiuto del vecchio amministratore di consegnare la dovuta documentazione. Prima di procedere giudiziariamente, è opportuno che il neo-nominato Amministratore provveda a formulare formale richiesta della documentazione, in mancanza di riscontro, anche per il tramite di un legale. Qualora il vecchio amministratore nonostante i solleciti non provveda alla consegna della documentazione, il nuovo amministratore si vedrà costretto ad agire giudiziariamente. L’inottemperanza all’obbligo di consegna legittima il nuovo amministratore ad agire in giudizio, in rappresentanza legale del condominio, al fine di ottenere la condanna del vecchio Amministratore all’esecuzione specifica dell’obbligo. In giurisprudenza si ritiene legittimato l’Amministratore di condominio, anche in assenza di una delibera assembleare di autorizzazione, ad agire per ottenere un provvedimento che ordini al precedente amministratore la consegna di tutta la documentazione condominiale necessaria per espletamento dell’incarico gestionale. È potere e dovere dell'Amministratore agire per entrare in possesso della documentazione, senza necessità di una preventiva autorizzazione, nè della successiva ratifica, rientrando tra i poteri a lui riconosciuti dall'art. 1130 c.c. Per ottenere giudizialmente la consegna della documentazione condominiale in passato veniva esperito il procedimento d'urgenza previsto ai sensi dell'art. 700 c.p.c. Ai sensi dell’art. 700 c.p.c., “fuori dai casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da

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un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”. Tuttora si fa spesso ricorso al procedimento previsto dall'art. 700 c.p.c., ma con l'inserimento di una specifica norma quale quella introdotta con la Legge di Riforma del Condominio L. 220/2012 e di cui all'art. 1129 comma 8 c.c., poiché si agisce in esecuzione di un diritto espressamente riconosciuto dall'ordinamento, si ricorre frequentemente anche all'esperimento del procedimento sommario di cognizione ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c. , che non richiede più la dimostrazione dell'urgenza, che è invece presupposto fondamentale del ricorso ex art.700 c.p.c. Il Giudice investito della procedura dopo aver valutato la fondatezza della domanda, ordinerà la consegna della documentazione, condannando, salvo casi particolari, anche al rimborso delle spese legali. Alla domanda giudiziale, volta a ottenere la consegna dei documenti, si potrà aggiungere anche la richiesta di cui all'art. 614 bis c.p.c. (Misure di coercizione indiretta) per ottenere la condanna al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo.

Compenso Il compenso per l'attività connessa al passaggio delle consegne potrà essere riconosciuto, soltanto se la relativa voce è stata espressamente prevista nel preventivo che l'Amministratore ha presentato all'assemblea e che l'assemblea ha approvato al momento della nomina dell'Amministratore e ha inviato a tutti i condomini contestualmente all'accettazione.

ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018


Avv. Davide Longhi

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Formatore di ANACI LECCO e Centro Studi Regione Lombardia

Rumori e quotidianità nella vita in condominio

Il problema del rumore in condominio si ripercuote sull’Amministratore, sulla tranquillità condominiale che viene “lesa” per poi invadere le aule di giustizia dei tribunali, il tutto anche a causa della scarsa informazione dei condòmini, spesso poco attenti alle norme vigenti e al Regolamento condominiale

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La problematica dei rumori in condominio e di come gestirli, viene regolata nel nostro ordinamento giuridico dall’art. 844. c.c. (norma dispositiva). La tematica del “rumore in condominio” si ripercuote inevitabilmente sull’Amministratore, sulla tranquillità condominiale che viene “lesa” per poi invadere le aule di giustizia dei tribunali, il tutto anche a causa della scarsa informazione dei condòmini, spesso poco attenti alle norme vigenti e al regolamento condominiale. La norma così dispone: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi” (art. 844 c.c.). Il dato normativo divide il “rumore” in due categorie e precisamente: a) rumori tollerabili e b) i rumori intollerabili, vietando, espressamente, solo quest’ultimi. Quindi, la legge non individua un parametro unitario per valutare la “tollerabilità”, anche se esistono norme speciali ad hoc preposte (D.P.C.M. 14 novembre 1997 ambiente - legge 477/1995 sulla cosiddetta acustica). La norma non pone un divieto assoluto di immettere/generare rumore, ma si preoccupa solo di assicurare un pacifico godimento della proprietà esclusiva inserita in ambito condominiale con lo scopo finale di preservare/garantire una convivenza pacifica e civile tra gli stessi condòmini, e con il fine ultimo, attraverso l’intervento del Giudice, di risolvere i conflitti/contrasti derivanti da usi incompatibili/anomali delle rispettive proprietà, contemperando i diversi interessi coinvolti, tenendo in considerazione sia la salubrità dell’ambiente (unità immobiliari) che la salute dell’individuo (diritto costituzionalmente garantito ex art. 32 Cost). I criteri che scaturiscono dalla norma e che devono essere presi in considerazione dal Giudice nella valutazione dell’immissione, sono essenzialmente i seguenti: a) la normale tollerabilità; b) il contemperamento tra esigenze della produzione e ragioni della proprietà; c) la priorità di un determinato uso, precisando che i primi due sono obbligatori, mentre il terzo ha natura facoltativa e si considera solo in determinate circostante. La norma, proprio per le finalità a cui mira, viene dalla giurisprudenza costante, sia di merito che di legittimità, interpretata

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estensivamente e la sua elencazione (quella dell’art. 844 c.c.) è da considerarsi solo esemplificativa (sul punto già Cass. n. 3889/77).

Valutazione della non tollerabilità della circostanza/evento La tollerabilità è rappresentata dal limite oltre il quale la stessa immissione diventa illecita. Per la sua determinazione/identificazione occorre considerare i seguenti elementi: • oggettivo: si deve considerare lo stato dei luoghi, la situazione ambientale, l’attività svolta, l’arco temporale in cui il rumore viene generato, le abitudini dei soggetti interessati; • la presenza di attività produttive (il bilanciamento del duplice interesse: tutela della salute e tutela dall’attività economica); • valutazione del giudice che dovrà considerare anche, come criterio (facoltativo), la c.d. priorità di un dato uso di cui all’art. 844 comma 2 c.c. pertanto “il giudice non è obbligato a farvi ricorso quando ritenga superata la soglia di tollerabilità” (Cass. n. 9865/2005). Va precisato che, anche in presenza di norme speciali sopra citate (ambiente/ acustica) il cui scopo è quello di tutelare gli

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interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato (Cass. n. 2166/2006), i parametri fissati dalle stesse norme speciali non sono vincolanti per il giudice ai fini dell’identificazione della soglia di tollerabilità anche se sono limiti che dovranno essere presi in considerazione (Cass. n. 17281/2005). Pertanto è da considerarsi sempre illecita la condotta che vìoli la soglia di tollerabilità dettata dalle norme speciali in materia, diversamente il rispetto della soglia di tollerabilità non determina automaticamente la liceità delle stesse immissioni. La tollerabilità di queste ultime deve essere valutata in concreto e caso per caso, l’accettabilità di dette immissione deve essere valutata alla stregua dell’art. 844 c.c. (Cass. n. 939/2011 - n. 1418/2006 - n. 20927/2015). Sul punto la giurisprudenza (orienta-

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mento risalente e costante) insegna che la normale tollerabilità ha carattere relativo, nel senso che deve essere considerato con riguardo al caso concreto considerando: i luoghi ovvero la destinazione della zona ove sono situati gli immobili se abitativi/industriali; le attività svolte; lo stile di vita/abitudini delle persone ed infine si deve considerare la “rumorosità basale” tipica e riscontrabile in una data zona, che poi non è altro che quella oggetto di indagine posta al vaglio del giudice (Cass. Sez. Unite n. 4848/2013 - n. 2864/2016 - n. 5844/2007 – n. 5695/78). A fondamento di quanto sopra indicato, si ricorda che la stessa giurisprudenza negli anni ha modificato la propria opinione passando dall’individuazione di un parametro “oggettivo” di valutazione, che determini l’illegittimità dell’immissione una volta superata la soglia di base, a quello attuale di valutazione dei singoli casi anche in funzione della capacità e reazione dell’uomo e del suo senso di percepire il rumore, e quindi a un criterio “comparativo”. Detta rumorosità viene definita dal DPCM 01/03/91 (che disciplina il rumore negli ambienti abitativi rumorosità di fondo) normativa questa, di natura pubblicistica, che regola il rapporto tra il privato e la pubblica autorità (il primo genera il rumore e la seconda deve vigilare sulle emissioni) e non va ad alterare il ruolo e l’applicazione dell’art. 844 c.c. che continua a disciplinare i rapporti tra privati attraverso l’applicazione del metodo “comparativo” sopra citato (da ultimo Cass. n. 10735/2001). Sul punto risulta essere interessante la decisione della Corte Suprema (Cass. n. 1025/2018) che ha confermato la ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018

sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1205/2013, stabilendo che i condòmini non possono chiedere il risarcimento del danno per inquinamento acustico prodotto dai macchinari della società presente in condominio in assenza di una misurazione del rumore di fondo effettuata nella fascia oraria in cui si manifesti la violazione dei limiti differenziali. Quindi nel contesto condominiale la valutazione della "tollerabilità" normale e lecita deve tenere conto, caso per caso, sia della peculiarità dei rapporti condominiali, sia delle destinazioni urbanistiche e del regolamento condominiale nonché, in via prioritaria, del primario bene della salute (art. 32 Costituzione) (Cass. n. 8420/2006). La Suprema Corte afferma che è pacifico che “[...] dalla convivenza nell'edificio, tendenzialmente per-

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petua, scaturisce talvolta la necessità di tollerare propagazioni intollerabili da parte dei proprietari dei fondi vicini; per contro, la stessa convivenza suggerisce di considerare in altre situazioni non tollerabili le immissioni, che i proprietari dei fondi vicini sono tenuti a sopportare” (Cass. n. 20555/2017).

Caratteristiche delle immissioni L’art. 844 c.c. distingue tre categorie: a) le immissioni lecite rientranti nella soglia della tollerabilità (comma 1), derivanti dall’uso lecito/normale della cosa e quindi in ogni caso tollerabili; b) le immissioni intollerabili ma lecite (comma 2), che superano sì la soglia della tollerabilità e producono un danno patrimoniale al fondo vicino, ma che non possono essere vietate in quanto ricollegabili ad esigenze produttive delle imprese, corrispondenti alle necessità di un certo tipo di società; c) le immissioni intollerabili e illecite, che superino anch’esse il limite della normale tollerabilità ma che non trovino alcuna giustificazione in ragioni di tipo economico-sociali. Superata la soglia della normale tollerabilità, viene meno il c.d. benessere sociale, ma va anche detto che l’elemento sogget-

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tivo in virtù del quale il rumore viene avvertito come disturbo, è molto rilevante, si pensi che un rumore (melodia del piano forte) è piacevole per chi lo genera ma è nello stesso tempo elemento di disturbo per i vicini e per chi lo subisce.

Il rumore nella vita condominiale In ambito condominiale l’applicazione dell’art. 844 c.c. non ha avuto “vita facile” perché detta norma (che ricordiamo disciplina i rapporti tra privati/ vicini) appare in contrasto con il principio di libertà vigente in ambito condominiale (art. 1102 c.c.). Tuttavia, con i vari adattamenti, la norma trova applicazione anche nel condominio (da ultimo Cass. Ord. n. 1069/2017- sentenza n. 20555/2017) e quindi risulta appli-

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cabile tra i condomini (proprietari individuali e contestualmente “vicini” di altri condomini con i quali entrano in gioco il rapporto di vicinato) a condizione che la disciplina, di cui all’art. 844 c.c., non risulti in contrasto con: a) le norme dettate in tema di comunione e di condominio, b) il principio in forza del quale ciascun condomino può servirsi della cosa comune (art. 1102 c.c.). Il ruolo del Regolamento di condominio nella regolamentazione della vita condominiale è molto importante. Infatti il Regolamento di condominio può: a) imporre dei divieti/limiti precisi e specifici ai diritti dei singoli condomini, tra i quali, ad esempio, vietare che le unità immobiliari siano destinate a specifiche attività (scuola di ballo, palestra e comunque attività che possano generare rumore) oppure vietare di generare qualsiasi genere e specie di rumore in una certa fascia oraria (esempio: è fatto divieto fare qualsiasi rumore dalle ore X alle ore Y); b) disciplinare l’uso dei beni comuni in modo che tale utilizzo non possa arrecare pregiudizio alla tranquillità ed al benessere condominiale. Si ricorda che tali limitazioni possono essere contenute nelle stesso Regolamento di condominio, ma con la precisazione che quelle di cui alla lettera a) sono norme c.d. contrattuali (la cui modificazione necessita del consenso della totalità dei condomini), mentre quella di cui alla lettera b) sono norme c.d. regolamentari (la cui modificazione, traducendosi in una semplice modifica del Regolamento di condominio, necessita della maggioranza dei presenti che esprimano almeno 500 millesimi anche in seconda ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018

convocazione). Pertanto, il Regolamento di condominio può introdurre dei limiti più incisivi/restrittivi rispetto a quelli di cui all’art. 844 c.c., derogando anche in “peggio” rispetto la detta norma, con la conseguenza che le attività che generino rumore in condominio incontrino due limiti: a) la normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c. e, b) le norme contenute nel regolamento di condominio. In sintesi, in presenza di una norma regolamentare più incisiva e restrittiva circa le immissioni rumorose, il giudice dovrà decidere non in base al criterio generale di cui all’art. 844 c.c., bensì in base al criterio di valutazione determinato dal regolamento di condominio (Cass. n. 4963/2001).

Ruolo dell’Amministratore In questo caso, la violazione del Regolamento dà titolo all'Amministratore per agire in giudizio al fine di ottenerne il rispetto (Trib. Milano 11944/2015), prima di agire è consigliato diffidare il soggetto invitandolo a cessare l’attività incriminata che genera rumore. Mentre il danneggiato potrà poi agire in giudizio per ottenere sia l'inibitoria, ossia la cessazione del comportamento lesivo, oltre al risarcimento del danno. In questo caso, però, ci si pone la seguente domanda: in condominio un singolo condomino può agire contro il suo vicino (altro condomino magari posto al piano soprastante) per aver quest’ultimo leso la quiete pubblica perché disturba costantemente? Nel rispondere si ricorda che il reato di "disturbo al riposo delle persone" (art 659 c.p.) si concretizza quando le condotte sono "[...] potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità, indipendentemente da quanti se ne possano in concreto lamentare” (Cass. n. 30156/2017). In condominio, dove questa problematica è molto sentita e diffusa (l’Amministratore risulta essere il primo soggetto destinatario delle lamentele del soggetto disturbato), perché il reato possa considerarsi commesso e quindi generato, non è sufficiente che il rumore disturbi pochi condomini/vicini, ma è necessario che il rumore rechi disturbo a un numero di condòmini corposo, e solo in questo caso viene lesa la quiete pubblica (Cass. pen. n. 45616/13 n. 8351/2014 n. 30156/2017 n. 35175/17). Questo non significa che in un condominio i rumori molesti debbano essere avvertiti dall'intero stabile condominiale (totalità dei condomini), ma devono comunque essere idonei a disturbare la maggioranza dei condomini, e quindi è necessario considerare come elemento di fatto “[...] la capacità del fenomeno disturbante di propagarsi nell'ambito di un intero edificio" (Cass n. 23529/2014 e n. 30156/2017).

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Prof. Arch. Annalisa Galante

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Membro del Centro Studi e Consulente Tecnico ANACI LECCO

Il condominio: la vera sfida per raggiungere obiettivi di innovazione Prima di capire le potenzialità degli interventi di efficientamento sui condomini, partiamo da una riflessione concreta, ovvero che negli ultimi 2 anni l’unico trend positivo legato all’edilizia è quello della riqualificazione degli edifici esistenti.

Qualche numero Considerando il parco edilizio italiano, quasi il 30% degli edifici presentano uno stato di conservazione mediocre e pessimo (fonte ISTAT) e su oltre 400.000 condomini analizzati (fonte CRESME), ovvero circa un terzo del totale, dove sono presenti impianti centralizzati di riscaldamento, circa i due terzi sono stati installati oltre 15 anni fa e avrebbero bisogno di interventi di riqualificazione, al fine di migliorare l’efficienza energetica e il comfort abitativo (fonte: ANACI). E parliamo di oltre 260.000 impianti da rinnovare e un potenziale massimo che si aggira intorno ai 700.000 impianti condominiali in tutta Italia. Sempre da dati ANACI emerge che oltre il 75% della popolazione italiana abita in condominio, risultando quindi la tipologia di edifici più diffusa e quella in cui maggiormente bisogna diffondere la cultura della riqualificazione come opportunità di valorizzazione anche monetaria, stimata in un incremento di prezzo del 6% che gli acquirenti sarebbero disposti a sostenere per un immobile riqualificato energeticamente.

I risultati delle detrazioni fiscali Dal rapporto annuale sulle detrazioni fiscali 65% del 2017 redatto da ENEA si evince che nel triennio 2014-2016 sono stati realizzati circa 1 milione di interventi, di cui oltre 360.000 nel 2016, anno in cui il 56% ha riguardato la sostituzione di serramenti e per circa il 20% la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale e il 12% l’installazione di schermature solari. Circa l’80% degli investimenti attivati nel 2016 (2,6 miliardi di euro su 3,3 complessivi) è stato dedicato ad edifici costruiti prima degli anni ‘80; in particolare, circa un quarto delle risorse totali (oltre 810 milioni di euro) è stato destinato ad edifici costruiti negli anni Sessanta. Per quanto concerne invece la tipologia edilizia, circa il 40% degli investimenti, pari a oltre 1,3 miliardi di euro, ha riguardato una costruzione isolata (ad esempio una villetta mono o plurifamilia-

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Oltre il 75% degli italiani abita in condominio, risultando la tipologia di edifici più diffusa e quella in cui maggiormente bisogna diffondere la cultura della riqualificazione come opportunità di valorizzazione

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re); oltre il 31% delle risorse (pari a poco più di 1 miliardo di euro) ha invece interessato interventi su edifici in linea e condomini con più di tre piani fuori terra; infine, a edifici a schiera e condomini fino a tre piani sono state dedicate poco più del 20% delle risorse attivate, pari a oltre 670 milioni di euro. ANACI Nazionale ha stimato che gli oltre 8.600 iscritti (dati 2017) gestiscono circa 30 miliardi di euro annui in manutenzioni ordinarie, che arriverebbero a 135 miliardi considerando anche le manutenzioni straordinarie legate alla riqualificazione.

La Direttiva 844/2018 Anche la recente Direttiva europea 2018/844/UE del 19 giugno, punta sulla riqualificazione dell’esistente e sull’implementazione di sistemi intel-

ligenti di gestione e controllo nei condomini (punto 37), nonché di sistemi di ricarica per veicoli elettrici (punti 21, 22 e 23) per diminuire le emissioni e valorizzare gli edifici dal punto di vista energetico, ma anche ambientale. Tra gli obiettivi generali, con l’attuazione di strategie a lungo termine, c’è quello di decarbonizzare l'attuale parco immobiliare europeo, altamente inefficiente, per ridurre le emissioni del 40% entro il 2030 rispetto al 1990. La Direttiva al punto 9 invita gli Stati membri a fornire orientamenti chiari e definire azioni misurabili e mirate, nonché promuovere un accesso paritario al finanziamento, anche per i segmenti del parco immobiliare nazionale caratterizzati dalle prestazioni peggiori, per i consumatori in condizioni di povertà energetica, per l’edilizia sociale e per le famiglie alle prese con i dilemmi posti dalla frammentazione degli incentivi, tenendo conto al contempo dell’accessibilità economica. Per sostenere ulteriormente i miglioramenti necessari al proprio parco immobiliare nazionale in locazione, gli Stati membri dovrebbero valutare di introdurre o proseguire l’applicazione di requisiti atti a garantire un determinato livello di prestazione energetica per le proprietà in locazione, secondo gli attestati di prestazione energetica.

DIRETTIVA 844/2018/UE SUGLI EDIFICI SMART Pubblicata il 19 giugno sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea la Direttiva 2018/844/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica. Si riportano nel seguito i punti ritenuti più importanti per gli Amministratori di condominio. (21) È opportuno che sia considerata l’installazione negli edifici esistenti di dispositivi autoregolanti che controllino separatamente la temperatura in ogni vano o, quando giustificato, in una determinata zona riscaldata dell’unità immobiliare, se economicamente fattibile, ad esempio ove il costo sia inferiore al 10 % dei costi totali dei generatori di calore sostituiti. (22) L’innovazione e le nuove tecnologie permettono inoltre agli edifici di sostenere la decarbonizzazione generale dell’economia, incluso il settore dei trasporti. Per esempio, gli edifici possono fare da leva per lo sviluppo delle infrastrutture necessarie alla ricarica intelligente dei veicoli elettrici e fornire agli Stati membri, qualora lo ritengano opportuno, una base per usare le batterie delle auto come fonte di energia. (23) Unitamente a una quota maggiore di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, i veicoli elettrici producono minori emissioni di carbonio, il che si traduce in una migliore qualità dell’aria. I veicoli elettrici costituiscono un’importante

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componente della transizione verso un’energia pulita basata su misure di efficienza energetica, combustibili alternativi, energia rinnovabile e soluzioni innovative di gestione della flessibilità energetica. I regolamenti edilizi possono essere efficacemente utilizzati per introdurre requisiti mirati a sostegno della realizzazione dell’infrastruttura di ricarica nei parcheggi degli edifici residenziali e non residenziali. Gli Stati membri dovrebbero prevedere misure volte a semplificare l’installazione dell’infrastruttura di ricarica, al fine di ovviare a ostacoli quali la frammentazione degli incentivi e le complicazioni amministrative che i singoli proprietari incontrano quando tentano di installare un punto di ricarica nel proprio parcheggio. (37) L’automazione degli edifici e il controllo elettronico dei sistemi tecnici per l’edilizia hanno dimostrato di sostituire efficacemente le ispezioni, in particolare nei grandi sistemi, e presentano grandi potenzialità in termini di risparmi energetici considerevoli ed efficaci sotto il profilo dei costi, sia per i consumatori che per le imprese. L’installazione di tali apparecchiature dovrebbe essere considerata l’alternativa economicamente più efficace alle ispezioni nei grandi edifici non residenziali e nei condomini di dimensioni sufficienti da consentirne l’ammortamento in meno di tre anni, poiché permette di agire sulla base delle informazioni fornite, garantendo in questo modo risparmi energetici nel tempo”.


Ing. Filippo Milazzo

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Responsabile Divisione Cancelli e Porte Automatizzati ICT Genesia

Cancelli elettrici in condominio: SECONDA domande e risposte Ecco la seconda parte delle "Domande e Risposte" sui cancelli automatici in condominio.

Direttiva prodotti da costruzione Sono applicabili le procedure di attestazione della conformità alla Direttiva Prodotti da Costruzione per porte e cancelli motorizzati? La norma EN13241-1 (norma armonizzata secondo le Direttive Prodotti da Costruzione e Direttiva Macchine) è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea C 67/7 del 17 marzo 2004. Dal 1° maggio 2004 è iniziato il periodo transitorio in cui l'applicazione è facoltativa. Dal 1° maggio 2005 l'applicazione è obbligatoria. A quali prodotti si applica la norma EN13241-1? Si applica a tutti i tipi di porte, sia manuali che motorizzate, usate per il passaggio di persone e veicoli in ambienti industriali, commerciali e residenziali. Con il termine "porta" si intendono tutti i tipi di porte, portoni basculanti o sezionali, cancelli, barriere stradali, serrande, ecc. Tra le esclusioni troviamo: porte pedonali manuali inferiori a 6,25 m²; porte pedonali motorizzate (trattate da prEN 12650-1); porte taglia-fuoco (trattate da prEN 13241-2) e barriere usate solo per il passaggio di veicoli. Quali sono i requisiti principali della norma EN13241-1? La norma specifica i requisiti di sicurezza e prestazionali delle porte; prescrive che il produttore dichiari queste caratteristiche; richiede l'esecuzione di prove per dimostrare tali caratteristiche (alcune con l'intervento di un organismo notificato). Prescrive, inoltre, che il produttore tenga sotto controllo la propria produzione per assicurare che le prestazioni misurate sui campioni di prova vengano mantenute nella produzione corrente.

P A R T E

Rispondiamo alle domande relative a una delle problematiche che maggiormente preoccupa l'Amministratore di condominio in materia di sicurezza degli abitanti: i cancelli automatici

La norma EN13241-1 si applica agli automatismi? No; nessuno dei requisiti si applica direttamente agli automatismi, in alcuni casi ne sono comunque coinvolti indirettamente. Chi e' l'organismo notificato? Nella norma EN 13241-1 è previsto che le procedure per l'attestazione di conformità di porte e cancelli industriali, commerciali e da

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garage devono essere svolte secondo il "sistema 3", così come definito nella Direttiva Prodotti da Costruzione. Nel sistema 3 viene richiesto un "Organismo Notificato" per le prove iniziali di tipo sul prodotto. L'organismo notificato è una parte terza, tipicamente un laboratorio di prove che ha ottenuto (in Italia) dal "Ministero delle attività produttive" notifica ed abilitazione all'attività' di certificazione CE ai sensi della direttiva 89/106/CE (Direttiva Prodotti da Costruzione).

Norme europee EN 12453 - EN 12445 È obbligatorio rispettare le norme europee EN 12453 - EN 12445? Come per la gran parte delle norme non sono strettamente obbligatorie. UNAC consiglia l'applicazione delle EN 12453 e EN 12445 in quanto consentono di dichiarare la presunzione di conformità alle Direttive Europee. Diversamente occorre la dimostrazione del rispetto dei requisiti delle Direttive. Esistono delle sanzioni per chi non rispetta la norme? Non esistono sanzioni per chi non rispetta le norme volontarie, ma ce ne sono per chi non rispetta le Direttive Europee. Se la sicurezza della porta o del cancello motorizzato viene ottenuta mediante la limitazione delle forze operative, la misurazione delle forze va eseguita in ogni installazione? Sì. È necessario verificare su ogni impianto le reali forze operative esistenti (che sono legate alla specificità dell'installazione stessa: peso, velocità, attriti, regolazioni, dispositivi di sicurezza, ecc.). È sempre necessario procedere alla misurazione delle forze? No. Non è necessario nel caso di instalANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018

lazioni azionate con comando a uomo presente o munite di dispositivi di sicurezza di tipo E che impediscono in ogni situazione il contatto con la porta in movimento. Il lampeggiante è richiesto dalle norme europee? Le norme relative alla sicurezza in uso di porte e cancelli motorizzati non lo prescrivono come obbligatorio, ma rimandano il suo utilizzo alla valutazione dei rischi in installazione. UNAC ne raccomanda, comunque, il suo impiego. L'arresto di emergenza è richiesto dalle norme europee? No. La norma EN12553, al punto 5.2.2, dove richiama la norma EN60294-1, tende addirittura a sconsigliarlo, dichiarandolo "non applicabile". Ci possono essere comunque degli ambienti o situazioni di utilizzo in cui viene richiesto. In questo caso va fatta molta attenzione che l'arresto di emergenza non diminuisca la sicurezza dell'installazione perché disattiva tutte le sicurezze della macchina quando viene azionato. Si deve applicare la Direttiva Bassa Tensione nell'installazione di un cancello automatico, se tutto l'impianto elettrico, (motori, bordi sensibili, fotocellule, lampeggiante, ecc.) è in bassissima tensione (24V), e per l'alimentazione dalla rete elettrica, il produttore dell'automatismo ha predisposto una spina da inserire nella presa? Si, per la parte relativa alla presa se la tensione di questa presa è, ad esempio, a 230 V.

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visione della porta). È possibile avere un riavvio automatico dopo una interruzione di corrente? Non è necessario che ci sia un'azione volontaria di ripristino dopo un arresto, qualora sia verificata l'efficienza di tutte le protezioni per garantire la sicurezza.

Installazione e funzionamento Il bordo sensibile per la limitazione delle forze operative del cancello scorrevole deve essere installato sull'anta mobile, oppure può essere installato sulla battuta fissa di chiusura? Lo scopo del bordo sensibile è ridurre la forza d'impatto tra l'anta in movimento e qualsiasi altro oggetto; che potrebbe essere anche un'automobile ferma. Ne consegue che il bordo deve essere montato sull'anta mobile. Eventuali altri bordi sulle parti fisse possono essere utili per ridurre altri rischi. Il comando a uomo presente può essere attivato anche con vista da telecamera? No, perché la telecamera non è considerabile essere in vicinanza della porta. È obbligatorio applicare al cancello la targhetta identificativa del prodotto? Sì, in quanto richiesto dalla Direttiva Macchine. Se il dispositivo di arresto di emergenza è attivato, è possibile comandare la porta in modalità ad uomo presente? Se un dispositivo di sicurezza che esegue lo stop della porta/ cancello è attivato è possibile comandare la porta/cancello in modalità ad uomo presente? No, nel caso di attivazione del dispositivo di arresto di emergenza. Va, comunque, verificato che l'installazione di un arresto di emergenza non diminuisca la sicurezza della porta. Sì, nel caso di intervento del dispositivo di sicurezza; va fatta attenzione che vengano rispettate tutte le condizioni di "uomo presente" prescritte dalla norma EN 12453 (tra cui la posizione dei comandi in relazione alle

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Quante e dove bisogna posizionare le fotocellule perché il cancello sia a norma? Occorre precisare che le fotocellule (dispositivo tipo D) non sono sempre obbligatorie, dipende dal "tipo di attivazione della porta", secondo quanto stabilito dal "prospetto 1" della norma EN 12453. Secondo questo prospetto le fotocellule vengono sempre impiegate in abbinamento al dispositivo C (mezzi di limitazione delle forze). Tutto ciò premesso, per stabilire la quantità di fotocellule occorre eseguire una "analisi dei rischi" presenti ed una valutazione se una fotocellula riduce il rischio. Nel caso venga effettuata l'installazione di una fotocellula e laddove il cancello apre su area pubblica, anche se non viene precisato nelle norme, è solitamente preferibile installarla dal lato esterno (quello in area pubblica). Infine, per valutare la posizione occorre considerare che per la verifica di funzionamento si utilizzano i parallelepipedi 700x300x200mm che dovranno oscurare il "raggio". Le fotocellule e i bordi sensibili che vengono venduti separatamente dagli attuatori, devono avere la dichiarazione CE di conformità per i componenti di sicurezza (ai sensi della Direttiva Macchine Allegato II-C)? A quali norme devono essere conformi? I bordi sensibili (coste di sicurezza) usati

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per la limitazione delle forze di impatto della porta/cancello motorizzato devono rispettare i requisiti delle norme EN 12978 e devono avere la dichiarazione CE ai sensi della Direttiva Macchine secondo l'allegato II-C. Le fotocellule usate per la rilevazione delle persone, non sono dispositivi di sicurezza e non ricadono nell'allegato IV della direttiva macchine. Vanno usate in aggiunta ai dispositivi per la limitazione delle forze operative, devono rispettare i requisiti delle norme EN 12453. Che caratteristiche devono avere le fotocellule per porte/cancelli automatici? Le fotocellule "auto-allineanti" sono ammesse? Le fotocellule (comprese quelle denominate "auto-allineanti") che hanno una funzione di rilevazione presenza aggiuntiva alla limitazione delle forze operative dell'anta, devono soddisfare i requisiti e le prove indicati nelle norme EN 12453 per questo tipo di dispositivi (tipo D). Le fotocellule, non essendo dispositivi di sicurezza, possono essere non "sicure al guasto"? Per la fotocellula (rilevatore di presenza tipo D) non è prescritto alcuna categoria minima in relazione alla sicurezza ai guasti. È comunque prescritta una verifica periodica del dispositivo a intervalli inferiori a 6 mesi. Le fotocellule con catarifrangente sono a norma? Alcuni dispositivi presenti sul mercato utilizzano dei catarifrangenti polarizzati e quindi sono in grado di superare la prova prevista dalla norma EN 12445 con il parallelepipedo 700x300x200 mm che ha una superficie riflettente.

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I radar a infrarossi possono essere considerati dispositivi di sicurezza? Le norme non prescrivono quale tecnologia utilizzare per i dispositivi di sicurezza. Devono comunque rispettare i requisiti definiti dalle norme in base alla funzione svolta dal dispositivo (tipo C; D o E). I bordi sensibili via radio sono a norma? Se il bordo sensibile è utilizzato come dispositivo tipo C occorre verificare che la categoria dichiarata corrisponda a quella richiesta. Sono previsti dei controlli alle installazioni di porte/cancelli automatici da parte delle autorità? In tutti gli ambienti soggetti al D. Lgs. 626/94 le autorità competenti hanno la facoltà di effettuare controlli. In generale in tutti gli ambienti, nei casi di motivata richiesta, le autorità competenti hanno comunque la facoltà di intervenire. Come si deve comportare l'installatore nel momento in cui è chiamato a riparare un cancello esistente messo in funzione prima dell'entrata in vigore delle norme europee? Può effettuare la riparazione senza l'obbligo di adeguare l'impianto alle nuove norme. È comunque consigliabile proporre al proprietario del cancello motorizzato l'adeguamento dell'impianto alle norme europee. Nel caso l'impianto non risponda ai requisiti di sicurezza e salute dettati dalla Direttiva Macchine in base allo stato dell'arte riferito alla data di installazione del cancello, la riparazione può avere luogo solo dopo l'adeguamento dell'impianto alla Direttiva Macchine e alle norme attualmente vigenti. Come ci si deve comportare nella manutenzione di vecchi impianti in cui si usano ancora i telecomandi a 300MHz? I vecchi telecomandi a 300MHz non possono più essere usati da diversi anni, anche se ancora funzionanti devono essere sostituiti con prodotti conformi alle nuove disposizioni di legge. Se non c'è un contratto di manutenzione, chi è il responsabile della porta/cancello automatico? Il costruttore del cancello motorizzato è responsabile della conformità del prodotto alle Direttive europee. Chi effettua la manutenzione è responsabile del proprio lavoro come stabilito nel contratto di manutenzione e secondo le indicazione del costruttore. Se, contrariamente a quanto stabilito dal costruttore, non viene fatta manutenzione, il proprietario e/o il conduttore del cancello risponde degli eventuali danni causati da malfunzionamento (sempre che quanto successo non sia riconducibile a un difetto d'origine o di installazione).

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Dott.ssa Roberta Corti

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Responsabile Servizio Posta Power Lecco

Nuovi aumenti delle tariffe postali: buona o cattiva notizia? Un anno fa parlavamo dei possibili aumenti previsti per l’anno 2018 ed eccoci qui, è giunto il momento. Dal 3 Luglio i prezzi di molti prodotti di Poste Italiane hanno subito un incremento su tutto il territorio nazionale. In questo articolo scopriremo insieme il perché degli aumenti e perché questa è una buona notizia per tutti gli Amministratori di condominio che amano lavorare con precisione, organizzazione e professionalità.

Gli aumenti in dettaglio Prima di analizzare il fenomeno e le sue cause, ecco un riepilogo dettagliato degli aumenti tariffari relativi alle spedizioni (le informazioni sono tratte direttamente dal sito ufficiale di Poste Italiane): • Le tariffe della Posta Ordinaria saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da € 0,95 a € 1,10; • Le tariffe della Postamail Internazionale saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso e per tutte le zone tariffarie di destinazione. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi per la Zona 1 varierà da € 1,00 a € 1,15. • Le tariffe della Posta Raccomandata saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da € 5,00 a € 5,40. Servizio accessorio: Avviso di Ricevimento da € 0,95 a € 1,10 Tale incremento sarà applicato anche alle comunicazioni connesse alle notifiche (Comunicazio-

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Gli aumenti previsti per le tariffe postali sono stati confermati a partire dal 3 luglio 2018. Vediamone i motivi e i benefici per i professionisti

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ne Avvenuta Notifica, Comunicazione Avvenuto Deposito, Comunicazioni ex artt. 139, 140 e 660 c.p.c. e artt. 157, 161 c.p.p.). • Le tariffe della Posta Raccomandata Internazionale saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso e per tutte le zone tariffarie di destinazione e per tutti i canali di accettazione (fisici ed online). In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi per la Zona 1 varierà da € 6,60 a € 7,10; Servizio accessorio: Avviso di Ricevimento da € 1,00 a € 1,15. • Le tariffe della Posta Assicurata saranno incrementate negli scaglioni di peso successivi al primo e per tutti i valori assicurati previsti. In particolare, la tariffa per gli invii di valore fino a € 50,00 e di peso oltre 20 e fino a 50 grammi varierà da € 7,25 a € 7,75; • Le tariffe della Posta Assicurata Internazionale saranno incrementate negli scaglioni di peso successivi al primo, per tutti i valori assicurati previsti e per tutte le zone tariffarie di destinazione. In particolare, la tariffa ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018

per gli invii di valore fino a € 50,00 e di peso oltre 20 e fino a 50 grammi per la Zona 1 varierà da € 10,00 a € 10,70. Prima di dare sfogo alle (comprensibili) lamentele, occorre però rilevare un aspetto fondamentale: c’è un motivo ben preciso se le tariffe continuano ad aumentare, e questo motivo è che consegnare regolarmente la corrispondenza ha dei costi molto elevati. Inutile girarci intorno: per poter consegnare in maniera capillare, su tutto il territorio nazionale, occorre mantenere una infrastruttura complessa - e dunque costosa.

Il motivo degli aumenti Negli ultimi anni Poste ha introdotto regolari aumenti delle tariffe: questo non è un caso. Il motivo principale è che fino a qualche anno fa, il servizio postale nazionale ha beneficiato di regolari (e sostanziosi) sussidi statali. Poi le varie manovre di taglio alla spesa pubblica, assieme alla privatizzazione del servizio postale, hanno reso obbligatorio l’aumento delle tariffe per poter mantenere la struttura di consegna su tutto il territorio nazionale. Per assurdo, immaginiamo un ipotetico negozio di maglioni gestito dallo Stato che ha il monopolio su tutto il territorio nazionale. Questo negozio tiene dei prezzi molto bassi che però le persone sono abituate a considerare normali, visto che non hanno a disposizione un metro di paragone. Di punto in bianco questo negozio viene acquistato da un privato, lo Stato esce di scena e permette alla concorrenza di aprire altri negozi di maglioni. Allo stesso tempo il privato si rende conto che senza i

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soldi dello Stato produrre i maglioni costa molto di più e, quindi, è costretto ad alzare continuamente i prezzi e cercare di tagliare i costi del personale, per rendere l’attività economicamente sostenibile. Questo il motivo per cui il trend degli ultimi anni è sempre stato in crescita. Nel grafico si può notare chiaramente come sono aumentati i prezzi di Prioritarie e Raccomandate negli ultimi 6 anni. So che l’aumento dei prezzi è sempre un argomento delicato da affrontare con i condomini, ma non dobbiamo fermarci alla prima impressione. Ciò che più sembrare una cattiva notizia a volte, in realtà, nasconde delle opportunità. Se tutto venisse gestito in maniera più professionale, l’aumento dei prezzi potrebbe migliorare la qualità del servizio e questo avrà un impatto positivo direttamente sul lavoro dell'Amministratore.

Il cambiamento dei comportamenti Negli ultimi anni molti professionisti che utilizzano la posta tutti i giorni, si sono ritrovati ad affrontare forti difficoltà a causa di numerosi disservizi: raccomandate consegnate in ritardo, condomini arrabbiati perché il postino non suonava nemmeno il campanello e lasciava direttamente in buca l’avviso di giacenza, postini che si rifiutavano di consegnare le buste perché troppe e troppo pesanti, prioritarie non consegnate, ecc.

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Molti Amministratori sono stati costretti a modificare il modo di lavorare per evitare i continui problemi causati dal disservizio postale: hanno iniziato a differenziare gli invii, consegnando comunicazioni a mano, inviando email ai condomini che ne possedevano una, sostituendo l’uso della raccomanadata con la più semplice prioritaria. Ed è comprensibile, perchè mantenere i clienti non è semplice e molto spesso si viene anche valutati per l’operato dei propri fornitori (se sbagliano loro è comunque sempre colpa del professionista che li sceglie). Questo modus operandi però, pur avendo risolto il problema di qualche lamentela da parte dei condomini, in fondo ha creato difficoltà nelle attività professionali: differenziare il tipo di invii per condomino porta via più tempo, aumenta il rischio di errore, rende più complicate le procedure di delega (finchè sei tu ad occuparti dell’operatività va tutto bene, ma nel momento in cui tu non ci sei o devi istruire una nuova segretaria è il caos più totale), ci si espone a rischi legali, nella speranza che tutto vada bene pensando: "Tanto in quel condominio sono tutte persone tranquille”. In realtà il comportamento delle persone è quasi sempre imprevedibile. E mettere la propria attività nelle mani del fato forse è un decisione un po’ rischiosa. È proprio per questo che l’aumento delle tariffe postali è di fatto un cambiamento in positivo: perché migliorerà la qualità del servizio.. Se il sistema di consegna funziona, se i postini consegnano in tempo, sono disponibili e trattano bene i condomini, questi non creeranno problemi. E l'Amministratore potrà tornare a semplificare le procedure in ufficio, liberando tempo prezioso (per acquisire nuovi clienti o per migliorare il servizio offerto), abbassando il rischo di errore e soprattutto il rischio di contenzioso legale. ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018


Arch. Massimo Rondelli

IL PARERE TECNICO

Segretario Generale di ALF - Associazione Lavori su Fune

Lavori su fune in condominio: P R I M A tra rischi e opportunità P A R T E

Per non incorrere in rischi legati al mancato rispetto della normativa vigente o a false promesse, è necessario verificare gli aspetti applicativi e le modalità operative di carattere generale sui lavori su fune

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La possibilità di utilizzare specifiche attrezzature per lavori in quota su superfici verticali, definiti anche lavori con fune e/o lavori su fune, i quali non riguardano solo interventi di pulizia ma anche interventi di ripristino di strutture e/o manutenzioni in ambito edilizio, ha favorito nel tempo la diffusione di questa tipologia interventi, poiché in alcuni casi, a parità di garanzia legata alla qualità e regolarità degli interventi eseguiti, vi sono costi accessori minori. Ma per non incorrere in rischi legati al mancato rispetto della normativa vigente o a false promesse, le quali possono esporre l’amministratore e i committenti a responsabilità civili e penali, è necessario verificare gli aspetti applicativi e le modalità operative di carattere generale anche in virtù delle prescrizioni normative vigenti. Pertanto, è opportuno effettuare alcune premesse.

Premesse tecnico-normative Si intende lavoro su fune e/o con fune un sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per l’accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro. e l’altra con funzione di dispositivo ausiliario, detta fune di sicurezza. Al momento i vincoli legislativi legati allo specifico impiego di manodopera per la realizzazione di interventi su fune, sono quelli previsti dal d.lgs 81/08 e s.m.i che vedremo qui di seguito, ma seppur risultano avviati due progetti di normazione in sede UNI, al momento non esiste alcuna norma che preveda il rilascio di specifiche attestazioni di competenza (in uso comune denominati “patentini) che, appunto, attestino, la specifica competenza (in ambito complessivo e non solo legata alla sicurezza sui luoghi di lavoro) degli operatori impiegati dalle aziende per lavori su fune. Analizzando quanto prevede il D.Lgs 81/08 e s.m.i. (Testo Unico Sicurezza), l’art. 116 definisce gli “obblighi dei datori di lavoro concernenti l’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi”. In particolar modo l’art. 116 sopra richiamato, al comma 1) paragrafo e) cita testualmente “lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessità. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie operative,

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i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro”, mentre il paragrafo f) dello stesso articolo cita “il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro ai fini della verifica da parte dell’organo di vigilanza competente per territorio di compatibilità ai criteri di cui all’articolo 111, commi 1 e 2” . Altro aspetto molto importante riguarda la formazione specifica dei lavoratori, siano essi lavoratori autonomi o lavoratori dipendenti, la quale risulta obbligatoria, così come disposto dall’art. 116, comma 2) del TUS che indica “Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio”. La tipologia e le modalità formative risultano disciplinate dal successivo comma e) dell’articolo 116 sopra richiamato. Quanto sopra indicato in modo sintetico, risulta necessario ai fini della corretta verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi, così come previsto dall’Allegato XVII del D.lgs 81/08 e s.m.i.. Tale verifica, in fase di affidamento dei lavori, siano essi ricadenti nell’ambito applicativo del titolo IV (cantieri temporanei mobili) del TUS o rientrino tra le attività di manutenzione, risulta necessaria prima dell’affidamento dei lavori e quindi, parlando di lavori in condominio, prima dell’affidamento degli stessi mediante apposita delibera assembleare.

la Corte di Cassazione, le quali non riguardano esplicitamente l’affidamento di lavori su funi, ma gli aspetti legati al mancato rispetto di quanto previsto dal D.lgs 81/08 e s.m.i.: • Cassazione Penale, Sez. 4, 21 settembre 2017, n. 43452 - Infortunio mortale a seguito di caduta dal terrazzo di un immobile condominiale. Responsabilità dell'amministratore di condominio; • Cassazione Penale, Sez. 4, 21 settembre 2017, n. 43500 - Incendio colposo all'interno di un condominio. Responsabilità dell'impresa esecutrice dei lavori per la mancanza di misure antincendio e dell'amministratore di condominio/committente.

Nel prossimo articolo, tratteremo gli aspetti legati all’applicazione dell’art. 15 del TUS (misure generali di tutela) riferito ai lavori eseguiti con sistema a fune e la correlazione con quanto previsto dal titolo IV del TUS (cantieri temporanei mobili) anche al fine di valutare i corretti affidamenti degli inResponsabilità dell'Amministratore In merito alla responsabilità dell’Amministratore di condominio, carichi tecnici, oltrechè quelli riferiti si ritiene opportuno citare due recenti sentenze emesse dal- alle imprese esecutrici.

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Dott.ssa Raffaella Figini

IL PARERE FISCALE

Dottore Commercialista e Consulente fiscale di ANACI LECCO

Ecobonus e sismabonus: limiti di spesa e cessione del credito

Ben due le Circolari dell’Agenzia delle Entrate che precisano, riImportanti spettivamente i limiti di spesa per i condomini e chiariscono alcuni chiarimenti aspetti della cessione del credito di imposta. dall'Agenzia sui limiti di spesa delle Entrate di Precisazioni L’Agenzia delle entrate con la Circolare n. 7/E del 27 aprile 2018 aprile e maggio ha pubblicato la “Guida alla dichiarazione dei redditi delle persone 2018 sui limiti fisiche relativa all’anno d’imposta 2017” che fornisce istruzioni per la corretta gestione delle spese che danno diritto a dedi spesa e sulduzioni dal reddito, detrazioni e crediti d’imposta. Un’ampia la cessione del sezione è dedicata alle spese per la riqualificazione energetica degli edifici e per gli interventi antisismici. credito di Per le spese sostenute per gli edifici composti da più unità immobiliari, è stato precisato che “l’ammontare massimo delle spese imposta

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ammesse alla detrazione va calcolato tenendo conto anche delle eventuali pertinenze alle unità immobiliari”. Per esempio, con riferimento alla riqualificazione energetica, “nel caso in cui l’edificio sia composto da 5 unità immobiliari e 3 pertinenze autonomamente accatastate, la detrazione è calcolata su un importo massimo di spesa di euro 320.000 (40.000 euro x 8 unità) da attribuire ai condomini in base ai millesimi di proprietà” (pag. 296). Un esempio analogo è riportato in relazione agli interventi antisismici (pag. 249). Risulta errata, quindi, interpretazione secondo cui l’ammontare massimo andasse calcolato con l’esclusione delle unità pertinenziali. È stato inoltre precisato che “ai fini della detrazione delle spese per interventi di riqualificazione energetica, qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni. Il concetto di “parti comuni”, tuttavia, pur non presupponendo l’esistenza di una pluralità di proprietari, richiede, comunque, la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome” (pag. 274). Si può ritenere che anche per gli edifici condominiali posseduti da un unico proprietario sia applicabile il limite di spesa determinabile con la formula “40.000 euro moltiplicato per il numero di unità immobiliari componenti l’edificio”. Pur se non espressamente precisato, si deve ritenere che lo stesso criterio valga anche per gli interventi antisismici.

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IL PARERE FISCALE

Nella sezione dedicata ai limiti di detrazione, una frase può generare un equivoco: “Con riferimento agli interventi sulle parti comuni degli edifici, l’ammontare massimo di detrazione deve intendersi riferito a ciascuna delle unità immobiliari che compongono l’edificio tranne nell’ipotesi di cui al comma 344 della legge n. 296 del 2006 in cui l’intervento di riqualificazione energetica si riferisce all’intero edificio e non a “parti” di edificio” (pag. 297). Potrebbe sembrare che, oltre al limite fissato dal DL 63/2013 e riguardante l’intero immobile (“Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo delle spese non superiore a euro 40.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio”), debba essere considerata l’ulteriore limitazione dell’ammontare massimo di detrazione per ciascuna unità immobiliare. Alcune considerazioni dimostrano però che non è così, essendo invece possibile che per unità immobiliari particolarmente estese si possa fruire di detrazioni calcolate su una spesa superiore a 40.000 euro, a condizione che la spesa complessiva per l’intero immobile non ecceda l’ammontare indicato dalla legge.

Chiarimenti sulla cessione del credito L’Agenzia delle Entrate con la Circolare N.11/E del 18 maggio 2018 ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla cessione del credito d’imposta relativo alla detrazione spettante per gli interventi di efficienza energetica, anche alla luce delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2018. Per i soggetti interessati alla cessione del credito la Circolare precisa che la possibilità di cedere la detrazione riguarda tutti i soggetti che sostengono le spese in questione, compresi coloro che, in concreto, non potrebbero fruire della corrispondente detrazione in quanto l’imposta lorda è assorbita dalle altre detrazioni o non è dovuta. Sono ricompresi, inoltre, anche, i soggetti IRES e i cessionari del credito che possono, a loro volta, cedere il credito ottenuto. Per quanto riguarda i soggetti a favore dei quali può essere effettuata la cessione del credito, l’Agenzia delle Entrate precisa che per “altri soggetti privati”, di cui al citato comma 2-sexies, devono

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intendersi i soggetti diversi dai fornitori, collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione. Nella Circolare viene precisato, poi, che il credito può essere ceduto nei confronti di organismi associativi, compresi i consorzi e le società consortili di cui agli articoli 2602 e seguenti del c.c., anche se partecipati dai soggetti classificabili, ai fini dei conti nazionali, nel settore delle società finanziarie, qualora questi detengano una quota di partecipazione non maggioritaria o, più in generale, non esercitino un controllo di diritto o di fatto sull’ente partecipato o collegato; nei confronti delle Energy Service Companies (E.S.Co.) che forniscono servizi energetici ovvero altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica; nei confronti delle società di servizi energetici (SSE), accreditate presso il GSE, comprese le imprese artigiane e le loro forme consortili, che hanno come oggetto sociale, anche non esclusivo, l’offerta di servizi integrati per la realizzazione e l’eventuale successiva gestione di interventi di risparmio energetico. Per l’individuazione delle “banche ed intermediari finanziari” esclusi dalla cessione, fatta eccezione per i casi in cui il contribuente cedente sia un soggetto no tax area, l’Agenzia delle Entrate ritiene che tale preclusione riguardi non solo gli istituti di credito e gli intermediari autorizzati dalla Banca d’Italia all’esercizio dell’attività di concessione di finanziamenti, ma anche tutte le società classificabili, ai fini dei conti nazionali, nel settore delle società finanziarie. La Circolare dell’Agenzia precisa che la cessione del credito d’imposta deve essere limitata a un solo “passaggio” successivo a quello effettuato dal contribuente titolare del diritto. ANACI LECCO n.11 | Apr-Giu 2018


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