QUADERNI PROFESSIONALI Collana a cura del Centro Studi di ANACI Lecco
A cura del Centro Studi di ANACI Lecco
Sentenze, legislazione, pareri, quesiti e soluzioni in materia di condominio n. 01/2018
Si ringraziano per il sostegno alla realizzazione di questo numero dei Quaderni Professionali di ANACI Lecco:
QUADERNI PROFESSIONALI Collana a cura del Centro Studi di ANACI Lecco
A cura del Centro Studi di ANACI Lecco
Sentenze, legislazione, pareri, quesiti e soluzioni in materia di condominio n. 01/2018
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AREA LEGALE Avv. Luigi Giordano – Direttore Avv. Arveno Fumagalli Avv. Fabrizio Goretti Avv. Paolo Motta Avv. Alberto Sangregorio Dott. Eugenio Sangregorio Avv. Laura Torri AREA TECNICA Prof. Arch. Annalisa Galante Geom. Davide Ollasci Dott. Silvano Sala AREA FISCALE Dott.ssa Raffaella Figini
© ANACI Provinciale di LECCO via F.lli Cernuschi, 23 - Merate (LC) - tel. 039 9160551 - segreteria.presidenza@anacilecco.it N. 01/2018 - Finito di stampare il 29 gennaio 2018 Progetto grafico: AGC s.r.l. - Milano Tutti i diritti sono riservati - È vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione di ANACI LECCO
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INDICE 0 | PREMESSA
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Parte Prima_Giurisprudenza e legislazione 1 | AMMINISTRATORE E PROFESSIONE
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1.1_Indennità di disoccupazione anche per gli amministratori? Corte di giustizia UE causa C-442/16
1.2_Operaio precipita dal lastrico solare condominiale: è responsabile l’amministratore? Cassazione Penale del 02 febbraio 2017 n. 42435
2 | ASSEMBLEA, VERBALE, DELIBERA
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2.1 _Convocazione dell’assemblea Cassazione 06 ottobre 2017 n. 23396
2.2_Cessazione della materia del contendere e soccombenza virtuale Tribunale di Lecco 23 giugno 2017 n. 345
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APPALTI, PROGETTAZIONE E VIZI COSTRUTTIVI
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3.1_Responsabilità dell’appaltatore che non segnala carenze ed errori Cassazione Ordinanza 27 ottobre 17 n. 25629
3.2_Termine annuale per la denucia dei gravi difetti dell’opera Cassazione ordinanza 17 ottobre 2017 n. 24486
4 | CONDOMINIO, IMPIANTI E SPESE
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4.1_Ripartizione delle spese legali
Tribunale di Palermo Sezione II del 13 settembre 2017
4.2_Spesa condominiale senza carattere di urgenza Cassazione 30 agosto 17 n. 2052
5 | DECRETO INGIUNTIVO E MOROSITÀ
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5.1_Facoltà e non obbligo di promuovere il decreto ingiuntivo Cassazione ordinanza 20 ottobre 2017 n.24920
5.2_Opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali Cassazione ordinanza del 17 ottobre 2017 n. 24431
6 | PARTI COMUNI E PARTI ESCLUSIVE
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6.1_Serra realizzata nel giardino privato in aderenza alla facciata condominiale Cassazione 19 dicembre 2017 n. 30528
6.2_Elementi decorativi del balcone Cassazione 14 dicembre 2017 n. 30071
7 | PRIVACY E SICUREZZA
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7.1_Furto in caso di ponteggio non protetto da allarme Cassazione 20 giugno 2017 n. 15176
7.1_La telecamera installata da un condomino può inquadrare scale e pianerottoli condominiali? Cassazione Penale del 12.07.17 n. 34151
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8 | DANNI E RESPONSABILITÀ
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8.1_Danni per esondazione delle acque di un iume Cassazione 9 novembre 2017 n. 26552
8.2_Danni ad autorimessa con sovrastante cortile Cassazione 27 dicembre 2017 n. 30941
9 | CONTRATTO, LOCAZIONE, VENDITA
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9.1_Mancata registrazione contratto di locazione Cassazione sezioni unite 09 ottobre 17 n. 23610
9.2_Vizi della cosa locata
Cassazione del 19 maggio 2017 n. 12604
10 | REGOLAMENTO, GESTIONE DEI SINISTRI, CONTROVERSIE 17 10.1_Regolamento condominiale
Cassazione Ordinanza 12580/2017
10.2_Violazione regolamento condominiale
Cassazione Civile, Sez. I, 7 febbraio 2017, n. 3221
11 | RUMORI E ALTRE IPOTESI DI DISTURBO
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11.1_Rumori molesti: quale reato?
Tribunale di Bari, Sezione I Penale 03 ottobre 2017
11.2_Immissioni di rumori
Tribunale di Firenze Sentenza del 03/03/17 n. 721
12 | CONTABILITÀ E FISCALITÀ
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12.1_Interventi di recupero edilizio e individuazione beni Legge del 27 dicembre 2017 n. 205
12.2_Plusvalenza della cessione di aree edificabili Cassazione del 20 aprile 2016 n. 7853
13 | NOVITÀ LEGISLATIVE E NORMATIVE
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13.1_Garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire Legge 19 ottobre 2017 n. 155
13.2_Trasferimento immobiliare: deposito del prezzo al notaio Legge 4 agosto 2017 n. 124
Parte Seconda_Il Centro Studi risponde 01 | RIFACIMENTO TERRAZZO SOVRASTANTE I BOX 02 | MUFFE CAUSATE DA UNA COPERTURA NON ISOLATA 03 | DA CITOFONO A VIDEOCITOFONO: MANUTENZIONE O INNOVAZIONE? 04 | RIFACIMENTO CORTILE CONDOMINIALE
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0 | PREMESSA La Collana dei Quaderni Professionali, curata dagli Avvocati ed esperti tecnici del Centro Studi di ANACI Lecco, ha lo scopo di supportare il quotidiano lavoro dell’Amministratore di condominio, nella risoluzione di casi reali di gestione degli immobili e si differenzia da altre analoghe opere per la semplicità di linguaggio adottato e la fruibilità dei contenuti da parte dei professionisti a cui è rivolta. Nella Prima Parte “Giurisprudenza e legislazione” sono state raccolte una parte delle sentenze, leggi e disposizioni frutto di un lavoro di trasposizione critica di casi già discussi e risolti in sede giurisprudenziale che abbiano attinenza con le tematiche della materia condominiale. Per comodità di lettura e ricerca da parte del fruitore, sono state suddivise in tredici argomenti che verranno mantenuti in tutte le edizioni dei Quaderni stessi: 1. Amministratore e professione 2. Assemblea, verbale, delibera 3. Appalti, progettazione e vizi costruttivi 4. Condominio, impianti e spese 5. Decreto ingiuntivo e morosità 6. Parti comuni e parti esclusive 7. Privacy e sicurezza 8. Danni e responsabilità 9. Contratto, locazione, vendita 10. Regolamento, gestione dei sinistri, controversie 11. Rumori e altrE ipotesi di disturbo 12. Contabilità e fiscalità 13. Novità legislative e normative La totalità delle sentenze, leggi e disposizioni commentate dal Centro Studi di ANACI Lecco sono sempre disponibili on line sul sito istituzionale www.anacilecco.it e sui profili social associativi. Nella Seconda Parte “Il Centro Studi risponde”, vengono proposti alcuni quesiti posti da associati lecchesi - e qui trascritti in forma anonima - a cui gli esperti del Centro Studi hanno dato risposta. La raccolta che di seguito viene proposta, non è sicuramente esaustiva ed esauribile in un singolo numero dei Quaderni Professionali, ma vuole essere una base concreta di studio e approfondimento per il professionista Amministratore che, con la Riforma, ha acquisito sempre maggiori responsabilità, tra le quali quella di mediatore sociale della vita comune che si svolge nel microcosmo condominiale. Buona lettura! Il Presidente di ANACI Lecco Marco Bandini
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Parte Prima_Giurisprudenza e legislazione 1 | AMMINISTRATORE E PROFESSIONE 1.1 | INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE ANCHE PER GLI AMMINISTRATORI? Corte di giustizia UE causa C-442/16 La sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-442/16 enuncia un importante principio in materia di lavoro autonomo. Un cittadino rumeno che per alcuni anni aveva esercitato attività di lavoratore autonomo in Irlanda, aveva cessato la sua attività a causa della recessione economica. Aveva quindi presentato domanda per ottenere l’indennità per persone in cerca di occupazione, ma la domanda era stata respinta . Il cittadino rumeno aveva impugnato tale decisione. L’art. 7 della direttiva 2004/38 prevede che un cittadino dell’Unione, che non esercita più un’ attività subordinata o autonoma, conserva la qualità di lavoratore subordinato o autonomo e quindi il diritto di soggiorno nello Stato membro in quattro casi, tra cui il caso del cittadino che si trovi “ in stato di disoccupazione involontaria dopo aver esercitato un’ attività per oltre un anno”. Le autorità irlandesi ritenevano che tale disposizione trovasse applicazione solo per chi esercitasse attività quale lavoratore subordinato e non per i lavoratori autonomi. La Corte Europea, chiamata a esprimersi sul punto, ha deciso che la formulazione della disposizione non comprende solo le persone che abbiano cessato un’attività subordinata, ma anche coloro che abbiano cessato un’ attività autonoma. La Corte Europea equipara quindi, in riferimento all’ipotesi sopra analizzata, la condizione di lavoratori subordinati e lavoratori autonomi, introducendo un importante precedente giurisprudenziale.
1.2 | OPERAIO PRECIPITA DAL LASTRICO SOLARE CONDOMINIALE: È RESPONSABILE L’AMMINISTRATORE? Cassazione Penale del 02 febbraio 2017 n. 42435 Un operaio incaricato di eseguire lavori di manutenzione ordinaria sul lastrico solare condominiale, mentre stava usando una smerigliatrice, precipita da una altezza di circa 10 metri e muore. La Corte di Appello dichiara l’amministratore di condominio responsabile agli effetti civili del fatto-reato e lo condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. L’amministratore era obbligato a veri icare in via preventiva antinfortunistica le modalità e i mezzi di lavoro, in quanto l’incarico era stato af idato informalmente a due operai in stato di disoccupazione (per quanto potesse trattarsi di manovali esperti) e non a un’impresa regolarmente registrata nel registro delle imprese della Camera di Commercio. Secondo la Corte d’Appello incombeva sull’amministratore, quale datore di lavoro committente, l’obbligo di cui all’art. 90 comma 9 lettera a) D.lgs. n. 81/2008, nonché l’obbligo, ai sensi dell’art. 26 co. 3 decreto citato, di elaborare in fase di progettazione un documento per la valutazione dei rischi indicante le misure adottate per eliminarli. 6
L’amministratore ricorre per la cassazione della sentenza, ma la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e conferma che era stato l’amministratore a dare incarico alla vittima di svolgere i lavori condominiali, senza veri icare in alcun modo la formazione, le competenze e l’idoneità tecnico-professionale dell’operaio e senza adottare, nonostante si trattasse di lavori sostanzialmente in quota, nessun tipo di precauzione. In materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, il committente, anche quando non si ingerisce nell’esecuzione, rimane comunque obbligato a veri icare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi scelti in relazione ai lavori af idati (Sez. 4, n. 4431 del 15.07.2014).
2 | ASSEMBLEA, VERBALE, DELIBERA 2.1 | CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA Cassazione 06 ottobre 2017 n. 23396 In tema di condominio, con riguardo all’avviso di convocazione di assemblea ai sensi dell’articolo 66 disposizioni attuazione codice civile, posto che detto avviso deve qualificarsi quale atto di natura privata (del tutto svincolato, in assenza di espressa previsione di legge, dall’applicazione del regime giuridico della notificazione degli atti giudiziari) e in particolare quale atto unilaterale recettizio ai sensi dell’articolo 1335 c.c., al fine di ritenere fornita la prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l’adunanza di prima convocazione, condizionante la validità delle deliberazioni, è sufficiente e necessario che il condominio, in applicazione della presunzione dell’articolo 1335 c.c. richiamato, dimostri la data di pervenimento dell’avviso all’indirizzo del destinatario, salva la possibilità per questi di provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Tale momento, ove la convocazione ad assemblea di condominio sia stata inviata con lettera raccomandata e questa non sia consegnata per l’assenza del condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte dell’agente postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro del piego stesso, e non già con altri momenti successivi (quali il momento in cui la lettera sia stata effettivamente ritirata o in cui venga a compiersi la giacenza). Sul punto si veda anche il precedente costituito da Cassazione 03.11.2016 n. 22311.
2.2 | CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE E SOCCOMBENZA VIRTUALE Tribunale di Lecco 23 giugno 2017 n. 345 La sostituzione di una delibera impugnata, con un’altra delibera conforme alla legge e la conseguente cessazione della materia del contendere, costituisce l’oggetto della sentenza in esame. In particolare un condomino aveva impugnato la delibera perché non era stato regolarmente convocato in assemblea. Successivamente il Condominio aveva adottato una nuova delibera e il Tribunale di Lecco aveva ritenuto cessata la materia del contendere, rilevando però che la tardiva 7
cessazione della materia del contendere non esimeva il Condominio dalla condanna alle spese, spese che tuttavia, vista l’insistenza del condomino nel proseguire la causa nonostante l’avvenuta cessazione della materia del contendere, venivano addossate al Condominio soltanto nella misura del 50% e con esclusione della parte relativa alla fase decisoria. Il principio enunciato è conforme a quanto sancito in una recente ordinanza della Cassazione 5 luglio 2017 n. 16607. La Suprema Corte ribadisce il proprio orientamento consolidato secondo cui, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità alla legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall’art. 2377 comma 8 c.c. dettato in materia di società di capitali (Cass.10.02.2010 n. 2999; Cass. 28.06.2004 n. 11961). A differenza di quanto stabilito per le società, in materia di deliberazioni dell’assemblea di condominio, la pronuncia sulle spese rimane affidata ad una valutazione di soccombenza virtuale. Spetta al Giudice del merito, nel caso in cui dichiari cessata la materia del contendere, deliberare il fondamento della domanda per decidere sulle spese secondo il principio di soccombenza virtuale, fatta salva la facoltà di disporre motivatamente la compensazione, totale o parziale, delle spese processuali.
3| APPALTI, PROGETTAZIONE E VIZI COSTRUTTIVI 3.1 | RESPONSABILITÀ DELL’APPALTATORE CHE NON SEGNALA CARENZE ED ERRORI Cassazione Ordinanza 27 ottobre 17 n. 25629 In materia di appalto la Cassazione, nel giudizio in oggetto, ha dato continuità al principio per cui l’appaltatore, anche in ipotesi di appalti pubblici, deve realizzare l’opera a regola d’arte, osservando, nell’esecuzione della prestazione, la diligenza qualificata ex art. 1176 c.c. comma 2, che rappresenta un modello astratto di condotta e si estrinseca in un adeguato sforzo tecnico con l’impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari o utili in relazione alla natura dell’attività esercitata, volto all’adempimento di quanto dovuto ed al soddisfacimento dell’interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi. Ne consegue che l’appaltatore, quand’anche si attenga ad un progetto predisposto dal committente ed alle sue indicazioni per la realizzazione, può essere ritenuto responsabile per i vizi dell’opera se, nell’eseguire fedelmente il progetto e le indicazioni ricevute, non segnali eventuali carenze ed errori, in quanto la prestazione da lui dovuta implica anche il controllo e la correzione di eventuali errori progettuali, ferma la possibile corresponsabilità del committente quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite dal committente, nei cui confronti è configurabile una responsabilità esclusiva solo se essa abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzarne completamente la libertà di decisione. 8
3.2 | TERMINE ANNUALE PER LA DENUNCIA DEI GRAVI DIFETTI DELL’OPERA Cassazione ordinanza 17 ottobre 2017 n. 24486 In questa ordinanza la Cassazione si occupa della decorrenza del termine annuale, previsto a pena di decadenza dall’art. 1669 c.c., per la denuncia dei gravi difetti dell’opera. In conformità al proprio orientamento, la Cassazione rileva che il termine annuale previsto, a pena di decadenza, dall’art. 1669 c.c., primo comma, per la denuncia dei gravi difetti dell’opera appaltata decorre dal giorno in cui il committente (o l’acquirente) abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza obbiettiva della gravità dei difetti stessi e della loro derivazione eziologica dall’imperfetta esecuzione dell’opera. Nell’affermare tale principio la Suprema Corte ha cassato la pronuncia del giudice di merito, che aveva invece fatto decorrere il termine decadenziale dal giorno del deposito della consulenza tecnica d’ufficio, disposta nel corso della causa di merito e non anche dalla data della citazione a giudizio dell’appaltatore. La proposizione di un’azione giudiziaria introdotta mediante citazione a giudizio implica infatti, da parte del committente, l’ormai avvenuta conoscenza dei vizi lamentati, conoscenza che costituisce addirittura un prius logico rispetto alla citazione stessa.
4 | CONDOMINIO, IMPIANTI E SPESE 4.1 | RIPARTIZIONE DELLE SPESE LEGALI Tribunale di Palermo Sezione II del 13 settembre 2017 Le spese legali vanno ripartite tra tutti i condomini in proporzione al numero di millesimi a esclusione del condomino che ha dato inizio alla causa contro il condominio soccombente. Il Tribunale di Palermo, con la sentenza in commento, ha richiamato l’orientamento della corte di cassazione la quale, con sentenza n. 13885 del 2014 ha evidenziato che, nell’ipotesi di controversia tra condomini, “l’unità condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra di loro con la conseguenza che il giudice, per dirimere la controversia, deve provvedere anche definitivamente sulle spese“ e ha inoltre precisato che “le spese gravanti sul condominio soccombente non possono essere addebitate pro quota sul singolo condomino in contrasto con il condominio“. Dai principi su esposti deve dunque ritenersi che l’incarico professionale di difesa, nell’ambito di un giudizio che vede il condominio contrapposto ad uno o più condomini, deve intendersi essere stato conferito, previa deliberazione assembleare, dallo stesso condominio il quale dovrà sostenere le relative spese, con esclusione dei condomini che, nel giudizio, risultano essere controparti. Non risulta, dunque, applicabile l’articolo 1132 c.c. in tema di dissenso alle liti, in quanto, il condomino che sia controparte in giudizio nei confronti del condominio non può essere ritenuto in una posizione di “dissenso“ rispetto alla lite, bensì portatore di un interesse assolutamente contrapposto alla compagine condomi9
niale rappresentata in giudizio dal legale nominato dal condominio stesso, cosicché nè il condominio potrà addebitare al condomino controparte alcuna quota di partecipazione alle spese sostenute dal condominio per il giudizio, né il legale nominato dal condominio aveva titolo per richiedere al condomino controparte il pagamento, seppure pro quota, dei propri compensi.
4.2 | SPESA CONDOMINIALE SENZA CARATTERE DI URGENZA Cassazione 30 agosto 17 n. 20528 L’azione di arricchimento non può essere esercitata in presenza del divieto posto dalla legge di esercizio di azioni tipiche in assenza di determinati presupposti; e tale divieto è da ravvisarsi nella subordinazione al requisito dell’urgenza di cui all’art.1134 c.c. per cui se la spesa non è urgente nessuna azione spetta, neanche quella di arricchimento in quanto ammettere l’azione di arricchimento nel caso di spesa non urgente significherebbe contravvenire al divieto di rimborso stabilito dal legislatore. In buona sostanza, con la sentenza in commento, i giudici di legittimità, hanno esaminato il caso in cui un condomino avesse sostenuto personalmente una spesa di carattere condominiale senza che vi fosse il requisito dell’urgenza di cui all’articolo 1134 c.c. La norma in questione contiene l’espressa previsione che il rimborso, nella fattispecie di cui sopra, non sia dovuto per effetto della mancanza del requisito dell’urgenza. La Corte ha, dunque, escluso che il condomino potesse ottenere il ristoro della spesa sostenuta utilizzando lo strumento dell’azione di arricchimento senza causa, e ciò in quanto vi sarebbe già un’azione tipica finalizzata a ottenere il rimborso delle spese sostenute nell’interesse comune, ma la stessa non risulterebbe esperibile per via di un divieto espressamente in essa contenuto: ammettere l’azione di arricchimento senza causa sarebbe un modo per aggirare il divieto stesso e in tale ottica la giurisprudenza di legittimità ne ha escluso l’esperibilità.
5 | DECRETO INGIUNTIVO E MOROSITÀ 5.1 | FACOLTÀ E NON OBBLIGO DI PROMUOVERE IL DECRETO INGIUNTIVO Cassazione ordinanza 20 ottobre 2017 n.24920 Il condominio aveva agito nei confronti del vecchio amministratore, ritenendolo inadempiente agli obblighi derivanti dal mandato, per aver provveduto tardivamente al pagamento del premio di una polizza assicurativa. La Corte di Appello aveva dichiarato l’ex amministratore esente da responsabilità contrattuale perchè l’accertata mancanza di fondi nelle casse condominiali era stata determinata proprio dalla morosità dei condomini e i solleciti inviati 10
a costoro erano sufficienti ai fini dell’adempimento degli obblighi derivanti dal mandato, non essendo tenuto l’amministratore ad anticipare le somme occorrenti per il pagamento della polizza assicurativa e non essendo obbligatorio il ricorso alla procedura monitoria per esigere i pagamenti delle quote. La Corte di Cassazione ha reputato corretta la deduzione della Corte di Appello, che aveva accertato che l’ex amministratore aveva più volte sollecitato, anche per iscritto, i condomini morosi al versamento delle quote condominiali, ritenendo che egli avesse la facoltà e non l’obbligo di ricorrere all’emissione di un decreto ingiuntivo nei riguardi dei condomini morosi. Infatti l’art. 63 disp. att. c.c. non prevede un obbligo, ma solo una facoltà di agire in via monitoria contro i condomini morosi (“può ottenere decreto di ingiunzione [...]”) e pertanto non merita censura la decisione impugnata laddove ha escluso la violazione dell’obbligo di diligenza da parte dell’amministratore perché si è comunque attivato nella raccolta dei fondi, avendo messo in mora gli inadempienti.
5.2 | OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO PER IL PAGAMENTO DI ONERI CONDOMINIALI Cassazione Ordinanza del 17 ottobre 2017 n. 24431 Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti. Nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione. Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è dunque ristretto alla verifica della esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez.U. 18.12.2009 n. 26629; Cass. 23.02.2017 n. 4672). La Corte di Cassazione aggiunge inoltre che: 1. il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali. non si intende legato da nesso di pregiudizialità, tale da giustificare la sospensione del procedimento di opposizione ex art. 295 c.p.c., nemmeno con la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera assembleare posta a sostegno dell’ingiunzione stessa; 2. ai fini della sospensione necessaria del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., occorrono l’identità delle parti in entrambi i processi e l’obiettiva esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica, non essendo sufficiente che tra le due controversie sussista una mera pregiudizialità logica; 3. il provvedimento di riunione previsto dall’art. 274 c.p.c., relativo a cause diverse, ma connesse (riunione facoltativa), ovvero dettato da motivi di economia processuale, essendo strumentale e preparatorio rispetto alla futura definizione della controversia, è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
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6 | PARTI COMUNI E PARTI ESCLUSIVE 6.1 | SERRA REALIZZATA NEL GIARDINO PRIVATO IN ADERENZA ALLA FACCIATA CONDOMINIALE Cassazione 19 dicembre 2017 n. 30528 Alcuni condomini avevano agito in giudizio al fine di ottenere la rimozione di una serra realizzata da altro condomino nel giardino privato del proprio appartamento, in aderenza alla facciata condominiale. Il Regolamento condominiale prevedeva che ogni opera che potesse variare le caratteristiche delle facciate, fosse rimessa al preventivo e insindacabile benestare scritto del progettista dell’edifico, ovvero in futuro ad altro architetto da nominare. I condomini che avevano chiesto la rimozione della serra, erano ricorsi in Cassazione, avverso la sentenza della Corte d’Appello, che a loro avviso aveva erroneamente interpretato le norme del regolamento di condominio, introducendo un’invalida deroga agli artt. 1120 e 907 c.c., rimettendo qualsiasi modifica dell’immobile al benestare del professionista. La Cassazione ha ritenuto che la disposizione di cui al quarto comma dell’art. 1138 c.c., secondo cui le norme del regolamento di condominio (anche in ipotesi di regolamento contrattuale) non possono in nessun caso derogare, tra l’altro, a quanto stabilito nell’art. 1120 c.c., impedisce comunque l’esecuzione di opere e lavori lesivi del decoro dell’edificio condominiale o di parte di esso. Tuttavia la Suprema Corte ha ritenuto che una clausola del regolamento condominiale, quale quella in esame, che per le modifiche esterne ed interne delle proprietà individuali incidenti sulle facciate dell’edificio, richieda il benestare scritto dell’architetto progettista del fabbricato, non costituisce deroga agli artt. 1120 e 1122 c.c., dando luogo, piuttosto a vincoli di carattere reale tipici delle servitù prediali. La Cassazione precisa inoltre che per orientamento costante, la disciplina dettata dall’art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, non trova applicazione in ambito condominiale (Cass. n. 14096/2012; Cass. n. 1989/2016). La realizzazione da parte di un condomino di una modifica nella sua proprietà esclusiva (nella specie realizzazione di una serra) in aderenza alla facciata dell’edificio, quale pertinenza del rispettivo appartamento, ai fini dell’utilizzo delle parti comuni, rimane sottoposta, ai sensi dell’art. 1102 c.c., al divieto di alterare la destinazione della cosa comune, nonché a quello di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto; ma l’accertamento se l’opera del singolo condomino, mirante a una intensificazione del proprio godimento della cosa comune, sia conforme o meno alla destinazione della cosa comune, è compito del giudice di merito e non è censurabile dalla Cassazione, avendo la Corte di Appello ben motivato che la realizzazione della serra potesse essere considerata esplicazione del normale uso della cosa comune. La sentenza aggiunge che le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, soltanto se compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, pertanto ove il giudice constati il rispetto dell’art. 1102 c.c. , deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell’edificio condominiale (Cass. n. 6546/2010). 12
6.2 | ELEMENTI DECORATIVI DEL BALCONE Cassazione 14 dicembre 2017 n. 30071 Il proprietario dell’appartamento sottostante aveva citato in giudizio il proprietario dell’appartamento soprastante, per sentirlo condannare a eliminare le cause della caduta d’acqua dal suo balcone sul balcone sottostante. Il Tribunale aveva accolto la domanda. La Corte d’Appello aveva invece ritenuto che i parapetti aggettanti dei balconi dell’edificio condominiale, per loro forma, materiali e colore, avessero funzione di accrescere la gradevolezza estetica del fabbricato e perciò rientrassero tra le parti comuni ex art. 1117 c.c., con conseguente difetto del necessario contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. La Corte d’Appello aveva quindi rimesso la causa nuovamente al Tribunale per l’integrazione del contraddittorio. Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione. La Cassazione ha rilevato che per orientamento consolidato, mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, né essendo destinati all’uso o al servizio di esso, il rivestimento del parapetto e della soletta devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole (Cass. n. 637/2000; Cass. n.14576/2004; Cass. n. 6624/2012). L’azione di un condomino diretta alla demolizione, al ripristino o comunque al mutamento dello stato di fatto degli elementi decorativi del balcone di un edificio in condominio (nella specie relativi ai frontali e ai parapetti) costituenti come tali, parti comuni ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., va proposta nei confronti di tutti i partecipanti del condominio, quali litisconsorti necessari, essendo altrimenti la sentenza “inutiliter data”.
7 | PRIVACY E SICUREZZA 7.1 | FURTO IN CASO DI PONTEGGIO NON PROTETTO DA ALLARME Cassazione 20 giugno 2017 n. 15176 In caso di furto reso possibile dall’omessa adozione delle necessarie misure di sicurezza in relazio-ne all’impalcatura installata dal appaltatore per effettuare lavori nello stabile condominiale, non può automaticamente affermarsi sussistere a carico del condominio committente, ai sensi dell’art.2051 c.c., una responsabilità oggettiva o presunta, “da custodia” della struttura, della qua-le quest’ultimo ha semplicemente consentito l’installazione. In una siffatta ipotesi, la responsabili-tà del condominio committente può essere affermata esclusivamente ai sensi dell’articolo 2043 C. C , in concorso con quella dell’appaltatore, per omissione degli obblighi di vigilanza sull’attività di quest’ultimo. 13
7.2 | LA TELECAMERA INSTALLATA DA UN CONDOMINO PUÒ INQUADRARE SCALE E PIANEROTTOLI CONDOMINIALI? Cassazione Penale del 12.07.17 n. 34151 Il condomino di uno stabile, condiviso con un’altra famiglia, era stato condannato dal Tribunale per il reato di cui all’art. 615/bis codice penale (Interferenze illecite nella vita privata), per aver installato una telecamera sul muro del pianerottolo condominiale, nella parte contigua alla porta d’ingresso della propria abitazione, con cui inquadrava la porzione di pianerottolo prospiciente la porta suddetta, nonché la rampa delle scale condominiali e una larga parte del pianerottolo condominiale. La Corte d’Appello aveva assolto il condomino per insussistenza del fatto, ritenendo che il pianerottolo condominiale non rientrasse nella nozione di privata dimora, di cui all’art. 614 cod. penale (Violazione di domicilio) . La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rilevando che l’art. 615/bis è funzionale alla tutela della sfera privata della persona che trova estrinsecazione nei luoghi indicati nell’art. 614 codice penale; vale a dire, nell’abitazione e nei luoghi di privata dimora, oltre che nelle “appartenenze” di essi. Le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché sono, in realtà, destinati all’uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all’art. 615/bis codice penale non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese.
8 | DANNI E RESPONSABILITÀ 8.1 | DANNI PER ESONDAZIONE DELLE ACQUE DI UN FIUME Cassazione 09 novembre 2017 n. 26552 In questa sentenza la Cassazione prende in esame il ricorso proposto da due coniugi che avevano acquistato un immobile, situato nelle vicinanze di un fiume e che era periodicamente sottoposto alle esondazioni del fiume stesso. I coniugi avevano citato in giudizio la società venditrice, il progettista e il Comune, per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza delle esondazioni delle acque del fiume. In primo grado il Tribunale aveva rigettato la domanda proposta contro l’ente locale, accogliendo invece la domanda svolta nei confronti della venditrice e del progettista ai sensi dell’art. 1669 c.c., addebitando loro di non aver tenuto conto nella progettazione e costruzione dell’edificio del ciclico fenomeno esondativo che da anni si verificava in quel territorio. La Corte d’Appello ha negato la responsabilità del progettista in ordine alle cicliche esondazioni del fiume. I coniugi acquirenti sono ricorsi in Cassazione contro la sentenza di secondo grado .La Cassazione ha accolto il ricorso, enunciando il principio di diritto in base al quale : per non incorrere in possibile responsabilità ex art.1669 c.c. nel progettare e realizzare l’opera, gli artefici devono considerare, secondo la diligenza pro14
fessionale e le norme tecniche vigenti, tutte le caratteristiche del suolo, desunte dai vari fattori ambientali, geomorfologici e strutturali, che possono incidere sul fabbricato e devono orientarne la progettazione e l’esecuzione.
8.2| DANNI AD AUTORIMESSA CON SOVRASTANTE CORTILE Cassazione 27 dicembre 2017 n. 30941 Una società, conduttrice in leasing, di una autorimessa, interessata da infiltrazioni di acqua, conveniva in giudizio i tre stabili condominiali proprietari del cortile sovrastante l’autorimessa. Il Tribunale condannava, solo uno degli stabili condominiali citati, ad eliminare le infiltrazioni. La Corte d’ Appello confermava parzialmente la sentenza di primo grado, ritenendo che anche la società conduttrice in leasing dell’autorimessa dovesse concorrere al pagamento del 20% delle opere necessarie per eliminare le infiltrazioni, ritenendo che per il restante 80% fosse responsabile un solo condominio, benché l’area cortilizia sovrastante l’autorimessa fosse di proprietà di 3 diversi stabili condominiali. Solo a quel condominio, precisa la Corte d’Appello, era riferibile il transito veicolare che aveva causato il degrado della pavimentazione del cortile e quindi compromesso l’impermeabilizzazione sottostante. Il danno all’immobile sottostante era stato causato dalla cattiva custodia del cortile. La Cassazione ha confermato che in tema di danni da custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. (Danno cagionato da cose in custodia) è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa, che comporti il potere-dovere di intervento su di essa.
9 | CONTRATTO, LOCAZIONE, VENDITA 9.1 | MANCATA REGISTRAZIONE CONTRATTO DI LOCAZIONE Cassazione Sezioni Unite 09 ottobre 17 n. 23610 La mancata registrazione del contratto di locazione di immobili è causa di nullità dello stesso. Il contratto di locazione di immobili, quando sia nullo per la (sola) omessa registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente. È nullo il patto con il quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità “vitiatur sed non vitiat”, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione. Con la suddetta pronuncia, le sezioni unite della corte hanno composto un contrasto esistente in giurisprudenza unificando le conseguenze della mancata registrazione sia per gli immobili ad uso abitativo che per quelli ad uso diverso, sancendo che la 15
mancata registrazione sia per entrambi i contratti di locazione causa di nullità. L’importanza della pronuncia va però individuata anche nel chiarimento che la cassazione ha fornito circa le conseguenze della tardiva registrazione: il predetto adempimento fiscale, quand’anche tardivo, avrà l’effetto sanante rispetto all’originaria nullità, cosicché il contratto dovrà considerarsi, sin dall’origine, valido ed efficace tra le parti, dovendosi dunque qualificare la nullità predetta quale relativa. Sempre la sentenza in commento ha poi confermato la nullità del patto con cui le parti, a fronte di un regolare contratto di locazione registrato, concordino un canone differente e superiore rispetto a quello pattuito con il contratto originario: la nullità viene a travolgere il patto aggiunto e contrario mentre rimane ferma la validità del contratto, cosicché, come esposto in sentenza, il patto aggiunto è viziato ma non vizia l’intero contratto originario.
9.2 | VIZI DELLA COSA LOCATA Cassazione del 19 maggio 2017 n. 12604 In tema di vizi della cosa locata, ove vengano in rilievo alterazioni non attinenti allo stato di conservazione e manutenzione, bensì incidenti sulla composizione, costruzione o funzionalità strutturale della cosa medesima (nella specie, infiltrazioni di umidità dipendenti da esecuzione della costruzione su un terreno argilloso, senza adeguata protezione), il conduttore non è legittimato ad agire in giudizio per ottenere dal locatore l’adempimento dell’obbligazione di cui all’art.1576, né ad effettuare direttamente le riparazioni del caso, ai sensi dell’art .1577, comma 2, ma soltanto alla domanda di risoluzione del contratto o di riduzione del canone, ai sensi dell’rt. 1578, dovendosi, peraltro, escludere anche la possibilità di esperimento dell’azione di arricchimento indebito da parte del conduttore che abbia, ciò nonostante, eseguito le suddette riparazioni, in quanto l’art. 1592 c.c. esclude il diritto del conduttore medesimo ad indennità per i miglioramenti della cosa locata. Il giudizio che ha dato origine alla sentenza suddetta prende le mosse dalla domanda del conduttore finalizzata alla condanna del locatore alla restituzione di una somma pari a quella sostenuta per le spese relative a lavori di riparazione eseguiti nell’immobile locato nel quale si erano manifestati vizi, quali la formazione di macchie di umidità, successivamente alla stipulazione del contratto. I giudici di merito avevano ritenuto che trattandosi di vizi strutturali dell’immobile gli stessi fossero soggetti alla disciplina di cui all’art. 1578 c.c. e non alla disciplina di cui all’articolo 1576 C. C.: la prima delle due discipline prevede che, in caso di vizi preesistenti o sopravvenuti, il conduttore possa scegliere tra le due azioni aventi ad oggetto la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, dovendosi escludere che possa ottenere giudizialmente l’ordine di esecuzione, a carico del locatore, delle necessarie riparazioni né che possa provvedere direttamente all’esecuzione dei lavori per poi richiedere la ripetizione di quanto pagato. Al contrario l’azione di cui all’art. 1576, che attiene all’obbligazione del locatore di provvedere alla manutenzione dell’immobile, consente al conduttore di ottenere giudizialmente l’ordine di esecuzione delle opere stesse o, in caso di urgenza, di provvedervi egli stesso per poi ripetere quanto pagato. Nella fattispecie in esame, trattandosi di vizi, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che non fosse possibile per il conduttore, che aveva sostenuto le spese necessarie per la eliminazione dei vizi, ottenere la ripetizione di quanto sborsato per dette spese, posta l’inapplicabilità della disciplina di cui all’articolo 1576 c.c. e 1577 c.c. 16
10 | REGOLAMENTO, GESTIONE DEI SINISTRI, CONTROVERSIE 10.1 | REGOLAMENTO CONDOMINIALE Cassazione Ordinanza 12580/2017 Con ordinanza 12580/2017 la Corte di Cassazione ha pronunciato quattro statuizione di portata generale e di indubbia valenza. La prima di queste statuizione così recita: “[...] L’interpretazione del regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice del merito è insindacabile in sede di legittimità quando non rilevi violazione di canoni di ermeneutica oppure vizi logici”. Con la seconda statuizione la Corte di Cassazione ha invece affermato il principio secondo cui l’eventuale clausola di un regolamento condominiale di natura contrattuale, che impedisse il distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento, sarebbe del tutto inefficace perché renderebbe il regolamento stesso non meritevole di tutela. Quanto alla questione delle spese conseguenti al distacco, la Suprema Corte di Cassazione, con la sua terza statuizione ha affermato che i condomini sono “liberi di regolare mediante convenzione il contenuto dei loro diritti e dei loro obblighi mediante una disposizione regolamentare di natura contrattuale che suddivida le spese relative all’impianto diversamente rispetto alla previsione di cui alla legge di riforma della materia condominiale”. In conseguenza del principio qui sopra esposto, l’ordinanza in questione ha statuito il quarto e ultimo principio secondo il quale, in presenza di una clausola del regolamento condominiale di natura contrattuale, che preveda l’addebito al condomino distaccato di spese diverse e superiori rispetto a quelle di cui all’art. 1118, comma 4 c.c., la delibera assembleare che in concreto, addebiti al condomino distaccato le spese di gestione dell’impianto centralizzato di riscaldamento, deve essere considerata legittima e ipso facto valida. Tale ultima statuizione prende le mosse dalla considerazione che l’art. 1123 comma uno c.c. consente ai condomini, con diversa convenzione, di derogare ai criteri di legge di ripartizione delle spese e che tale facoltà di deroga investe “anche la disciplina dell’art. 1118 c.c., che correla diritti e obblighi dei condomini al valore millesimale di contitolarità”.
10.2 | VIOLAZIONE REGOLAMENTO CONDOMINIALE Cassazione Civile, Sez. I, 7 febbraio 2017, n. 3221 “La violazione del regolamento condominiale, in riferimento alla destinazione d’uso di alcune unità immobiliari dell’edificio, impone l’accertamento in concreto della insussistenza delle condizioni previste negozialmente dai condomini, a prescindere da eventuali autorizzazioni amministrative di segno opposto”. La sentenza in commento ha motivato la massima in oggetto affermando che il regolamento condominiale di natura contrattuale ben può indicare limitazioni alla destinazione d’uso delle singole unità immobiliari e può anche contenere norme a tutela dell’estetica, del decoro e dell’igiene, ma per accertare se un determinato intervento realizzato dal singolo condomino nella sua proprietà individuale (come, nella fatti17
specie oggetto della sentenza, la trasformazione di cantine in appartamenti) realizzi la violazione delle disposizioni regolamentari è necessario verificare in concreto se quell’opera o quella trasformazione sia idonea a ledere i diritti che la norma regolamentare intende tutelare.
11 | RUMORI E ALTRE IPOTESI DI DISTURBO 11.1 | RUMORI MOLESTI: QUALE REATO? Tribunale di Bari, Sezione I Penale 03 ottobre 2017 La sentenza in commento si è occupata della qualificazione, quale reato, del comportamento di un condomino che disturbi gli occupanti dell’appartamento sovrastante, con rumori molesti. Il reato ipotizzabile sarebbe quello previsto dall’articolo 659 del codice penale che punisce il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone e cioè quella condotta valida a disturbare la quiete delle persone e dunque a distoglierle dallo studio e dalle normali occupazioni. Il Tribunale, tuttavia, ha chiarito che, secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza, tale reato sussiste solo quando i rumori superino la normale tollerabilità e siano in grado di disturbare un numero indeterminato di persone e, in caso di condominio, venga ad essere disturbata la quiete della maggior parte dei condomini. Dunque la Corte di merito ha chiarito che la differenza tra il comportamento molesto che determini una sanzione penale da quello che invece consenta semplicemente tutela in sede civilistica, è dovuto dal potenziale espansivo dell’effetto disturbante e dunque dalla circostanza che i rumori prodotti siano percepibili da un numero indeterminato di condomini piuttosto che soltanto da alcuni e ben specificati condomini. Nell’eventualità in cui soltanto gli occupanti dell’appartamento sovrastante a quello occupato dal condomino rumoroso possano percepire tali rumori, questi potranno promuovere azione civile e, all’esito, ottenere un risarcimento dei danni (Cassazione n. 47298 del 2011), ma giammai il comportamento disturbante potrà assurgere a violazione penalmente sanzionabile (Cassazione n. 45616 del 2013 e Cassazione 23529 del 2014). Dunque, affinché la condotta possa considerarsi penalmente rilevante il rumori “debbono estendersi, se non all’intero stabile condominiale, comunque ad una parte consistente di esso che vada oltre i soliti locali attigui alla fonte da cui dette e missioni provengono“ (Cassazione n. 30156 del 2017).
11.2 | IMMISSIONI DI RUMORI Tribunale di Firenze Sentenza del 03 marzo 2017 n. 721 Una sentenza del Tribunale di Firenze, la n.721 del 03.03.17 dà modo di approfondire la disciplina delle immissioni, in particolare di rumori, da un fondo ad un altro, che tante volte coinvolgono la vita condominiale. 18
Nella parte motiva, la sentenza in oggetto chiarisce come esistano due tipi di immissioni, quelle tollerabili e quelli intollerabili: mentre le seconde risultano giuridicamente irrilevanti, le prime ricadono nel divieto di cui all’articolo 844 cc, in forza del quale, il proprietario del fondo che subisca le immissioni può svolgere l’azione inibitoria, finalizzata ad ottenere la cessazione delle immissioni, e quella risarcitoria, finalizzata a ottenere il ristoro dei danni subiti. La sentenza chiarisce inoltre che vi sono anche immissioni intollerabili, ma giustificabili, sotto il profilo delle esigenze produttive, le quali dovranno considerarsi lecite e che non consentiranno l’esperimento di nessuna delle due azioni sopra esposte (inibitoria e risarcitoria). Sarà tuttavia possibile, per il titolare del fondo “disturbato”, se non ottenere un vero e proprio risarcimento del danno, difettando la sussistenza di un illecito, richiedere però un equo indennizzo che avrà la finalità, se non di determinare un effettivo risarcimento di tutti i danni, quanto meno di equilibrare il pregiudizio subito.
12 | CONTABILITÀ E FISCALITÀ 12.1 | INTERVENTI DI RECUPERO EDILIZIO E INDIVIDUAZIONE BENI Legge del 27 dicembre 2017 n. 205 Il comma 19 della Legge 27.12.2017, n. 205 contiene l’interpretazione per l’individuazione dei beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate. L’individuazione dei beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell’ambito delle prestazioni aventi per oggetto interventi di recupero del patrimonio edilizio si effettua in base all’autonomia funzionale delle parti rispetto al manufatto principale. Ai fini della determinazione del valore, occorre assumere quello risultante dal contratto tra le parti, che dovrà considerare gli oneri che concorrono alla produzione dei beni medesimi. Pertanto, tale valore considererà sia delle materie prime sia manodopera impiegata; quest’ultima non potrà essere inferiore al prezzo di acquisto dei beni stessi. Inoltre ai fini dell’emissione della fattura, occorrerà tener conto del disposto dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633; pertanto il prestatore che realizza l’intervento dovrà evidenziare: • la prestazione di servizio; • i beni di valore significativo (individuati con il predetto decreto del Ministro delle finanze 29 dicembre 1999) forniti nel corso dell’intervento di recupero edilizio. I comportamenti difformi tenuti sino all’entrata in vigore della Legge 205/17 sono fatti salvi e non vi sarà alcun rimborso dell’imposta sul valore aggiunto applicata sulle operazioni effettuate.
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12.2 | PLUSVALENZA DELLA CESSIONE DI AREE EDIFICABILI Cassazione del 20 aprile 2016 n. 7853
Nella sentenza 20 aprile 2016, n. 7853 i Giudici della Cassazione hanno confermato, in continuità con l’orientamento pregresso, che ciò che si rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. a) del T.U.I.R., ovvero ai fini dell’applicazione della plusvalenza relativa alla cessione di aree edificabili, non è il fatto che un fabbricato sia destinato alla demolizione, ma che l’oggetto della compravendita sia costituito da un terreno fabbricabile. In buona sostanza, l’agenzia delle Entrate ritiene di applicare le plusvalenze che sarebbero dovute in ipotesi di cessione di aree fabbricabili anche nel caso che l’area non sia libera, ma occupata da un immobile che sia da demolire. La sentenza in oggetto fornisce una possibile risposta ritenendo infondati i motivi che hanno portato l’Agenzia delle Entrate a mutare l’oggetto di cessione dichiarato nell’atto pubblico di compravendita, da fabbricato ad area edificabile, ribadendo la ratio ispiratrice del legislatore, ossia tassare la plusvalenza derivante dall’“avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica” dei terreni e sottolineando che affinché venga applicata la norma è necessario che la destinazione edificatoria sia stata originariamente conferita ad area non edificata, non rilevando quella ripristinata a seguito della demolizione del fabbricato. La stessa sentenza precisa che la natura intrinseca del fabbricato non può essere modificata sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e soprattutto, la cui realizzazione, nel caso di specie attraverso la demolizione del fabbricato, è futura rispetto all’atto oggetto di tassazione, eventuale e rimessa alla potestà di un soggetto – l’acquirente – diverso da quello interessato dall’imposizione fiscale. Con le motivazioni suddette la Suprema Corte ha rigettato la pretesa dell’Agenzia delle Entrate di vedersi riconosciute le plusvalenze che sarebbero state dovute se l’area, anziché edificata, fosse stata libera.
13 | NOVITÀ LEGISLATIVE E NORMATIVE 13.1|GARANZIE IN FAVORE DEGLI ACQUIRENTI DI IMMOBILI DA COSTRUIRE Legge 19 ottobre 2017 n. 155 Entra in vigore oggi 14.11.2017 la Legge 19.10.2017 n. 155 “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”. All’art. 12 viene prevista una delega al Governo al fine di adottare disposizioni in materia di tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, in particolare si dispone che il Governo dovrà introdurre norme al fine di: 1. garantire il controllo di legalità da parte del notaio sull’adempimento dell’obbligo di stipulazione della fideiussione, nonché dell’obbligo di rilascio della polizza assicurativa indennitaria, stabilendo altresì che l’atto o il contratto per il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un 20
immobile da costruire, debba essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata; 2. prevedere che dall’inadempimento dell’obbligo di consegna della polizza indennitaria (art. 4 d.lgs. 122/20015) consegua la nullità relativa del contratto.
13.2 | TRASFERIMENTO IMMOBILIARE: DEPOSITO DEL PREZZO AL NOTAIO Legge 4 agosto 2017 n. 124 È entrata in vigore il 29 agosto la Legge annuale per il mercato e la concorrenza (Legge 4 agosto 2017 n. 124). Tra le numerose novità introdotte prevede che, su richiesta di almeno una delle parti, il Notaio sia tenuto a versare su un apposito conto corrente, l’intero prezzo o corrispettivo, ovvero il saldo, pattuito per il trasferimento di un immobile. La somma rimarrà depositata fino al momento della trascrizione. Gli interessi maturati sulle somme depositate saranno trattenuti dallo Stato, che li destinerà al finanziamento delle piccole e medie imprese.
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Parte Seconda_Il Centro Studi risponde 01 | RIFACIMENTO TERRAZZO SOVRASTANTE I BOX È stato deliberato dall’assemblea il rifacimento di due terrazzi ad uso esclusivo perché sospettate di provocare inϔiltrazioni evidenti alle unità sottostanti (corsello box e box privato). L’intervento è stato deliberato con la condizione che l’impresa esecutrice fornisse una relazione per conoscere se precedenti interventi abbiano causato le inϔiltrazioni oppure se tali inϔiltrazioni potessero essere di natura strutturale. Indipendentemente dalla relazione dell’impresa esecutrice dei lavori, si richiede se la ripartizione delle spese debba riϔlettersi sull’Art. 1125 o 1126 c.c. I due terrazzi a livello su cui si deve intervenire per il rifacimento della guaina impermeabilizzante, stante la loro funzione di copertura dei piani sottostanti, devono essere equiparati a lastrici solari in considerazione della succitata funzione. Nella fattispecie peraltro, trattandosi di proprietà esclusiva, trova applicazione la norma di cui all’art. 1126 c.c. Quindi la quota di un terzo sarà a carico dei proprietari dei due terrazzi, in proporzione ai rispettivi metri quadri oggetto di rifacimento del manto impermeabilizzante e i restanti 2/3 rimarranno a carico di tutte le proprietà cui i predetti terrazzi fanno da copertura e, quindi, sottostanti agli stessi. Qui potrebbe tuttavia sorgere un problema laddove la ripartizione della predetta quota andrebbe effettuata su base millesimale e la normativa nulla dice allorché alcune proprietà private sono sottostanti solamente per una parte di esse (millesimi dell’intero immobile o della parte coperta dal terrazzo?), nonché per l’eventuale addebito alle parti comuni che ovviamente sono prove di caratura millesimale. Nella fattispecie, poiché non vi sono ulteriori piani sottostanti utilizzerei l’analogo criterio per la divisione del terzo superiore ovvero proporzionalmente ai metri quadri sottostanti i terrazzi e addebitando un importo pari ai metri quadri sottostanti ai terrazzi ai proprietari esclusivi di box o cantine e addebitando un importo proporzionato ai metri quadri sottostanti i terrazzi all’intero condominio, in tal caso necessariamente includendo anche i proprietari dei terrazzi interessati. Evidentemente ogni intervento diverso da quelli strettamente indispensabili per il rifacimento del manto impermeabilizzante, e realizzati nell’interesse dei singoli proprietari, dovranno essere posti a loro carico così come proporzionalmente dovranno essere ripartite le eventuali spese tecniche e amministrative sostenute e da sostenere.
02 | MUFFE CAUSATE DA UNA COPERTURA NON ISOLATA Un condominio deve eseguire un intervento per l’eliminazione di muffe notevoli presenti in tutto l’appartamento di un condomino, causate da un insufϔiciente isolamento della copertura piana sia nella parte praticabile che in quella a tetto. La parte piana praticabile è in comune a tutto il condominio, che è costituito da due corpi di fabbrica distinti, ma collegati da passerelle. Detta area è anche asservita a uso pubblico. L’intervento di posa di nuovo isolamento, caldana in calcestruzzo e guaina impermeabilizzante, deve essere pagato in base all’art 1123 o in base all’art 1126 c.c.? Con riferimento al quesito formulato, riteniamo assolutamente di escludere l’applicabilità nella fattispecie della norma di cui all’art. 1126 c.c. inerente i lastrici solari, in 22
quanto manca la condizione fondamentale prevista da detta norma e precisamente che trattasi di lastrico solare di proprietà esclusiva. Nella fattispecie la predetta copertura piana non è certamente di proprietà esclusiva, ma è di proprietà dell’intero complesso ed è indicata nei beni comuni all’intero condominio e addirittura è soggetta al vincolo di pubblica destinazione. In tal caso non vi è alcun dubbio che, per quanto riguarda la predetta superficie piana, debba trovare applicazione il primo comma dell’art. 1123 c.c. e, quindi, ripartita tra tutti i condomini pro quota millesimale. Per quanto, invece, riguarda la parte destinata a tetto, che pare non sia stata in alcun documento considerata parte comune all’intero complesso condominiale, e che certamente non è soggetta a vincolo di pubblica destinazione, il relativo costo di impermeabilizzazione va ripartito tra i condomini ai sensi del terzo comma dell’art. 1123 c.c., ovvero va ripartito pro quota millesimale di tutti i condomini a cui il predetto tetto fa da copertura e, quindi, i proprietari di unità immobiliari sottostanti al predetto tetto.
03 | DA CITOFONO A VIDEOCITOFONO: MANUTENZIONE O INNOVAZIONE? In un condominio di due ediϔici, un condòmino chiede di sostituire l’attuale impianto citofonico tradizionale vetusto con un nuovo videocitofonico. Alcuni condòmini non sono però favorevoli alla sostituzione. Tale richiesta è da considerare manutenzione ordinaria/straordinaria o innovazione? Quali sono le maggioranze necessarie per l’approvazione? Eventuali condomini contrari possono astenersi e non contribuire alle spese? Con riferimento al quesito posto si evidenzia quanto segue. Certamente l’intervento di sostituzione del precedente impianto citofonico con un impianto videocitofonico non può essere considerato un intervento di manutenzione, né ordinaria né straordinaria, ma trattasi di un’innovazione. Salvo ci si trovi nelle condizioni di cui all’Art. 1121 c.c. (ipotesi che riteniamo di escludere a meno che trattasi di un immobile totalmente disastrato), non vi sono dubbi che nella fattispecie debba trovare applicazione la norma di cui all’Art. 1120 c.c. Peraltro, nella fattispecie, si sostenere l ‘applicabilità del secondo comma dell’articolo stesso, ritenendo che trattasi di una innovazione diretta a migliorare la sicurezza dell’edificio. Ne consegue che la maggioranza necessaria per la relativa approvazione è quella di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell’edificio). Si evidenzia come, per ottenere una delibera unanimitaria, potrebbe essere proposto un sistema misto con apparecchi videocitofonici in alcuni appartamenti e citofonici in altri. In tal caso il costo a carico di chi non vuole l’apparecchio videocitofonico si ridurrebbe notevolmente.
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04 | RIFACIMENTO CORTILE CONDOMINIALE In un condominio ci sono un cortile condominiale con accesso a 3 box e alle unità abitative e un altro cortile, senza possibilità di accesso da altri condomini, a uso esclusivo di un negozio che non ha accessi al cortile sopra speciϔicato, ma solo accesso fronte strada. Viene deliberato di sistemare il primo cortile con i seguenti riparti: una prima delibera prevede il riparto delle spese che esclude il negozio a eccezione delle strutture per la formazione degli scarichi delle acque meteoriche e una seconda e successiva delibera prevede la divisione delle spese utilizzando la tabella di proprietà. Alla luce di quanto sopra, sarebbe utile sapere quale sia il criterio giusto per il riparto delle spese. Con riferimento al quesito formulato, tenuto conto che: • i cortili rientrano nei beni comuni a tutti i condomini ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1117 c.c.; • non risulta che nella fattispecie dal diritto di comproprietà sia escluso il predetto negozio, la cui esclusione sarebbe dovuta essere espressamente inserita negli atti notarili; • inoltre sotto il cortile passano tubazioni di scarichi inerenti l’intero condominio oggetto di manutenzione nell’intervento in questione; • come verbalmente riferitoci il proprietario del negozio ha diritto di accedere al predetto cortile sia perché tale accesso non gli è interdetto sia per raggiungere beni condominiali di cui è comproprietario; dalle suddette circostanze risulta, quindi, evidente che i costi di manutenzione straordinaria del predetto cortile debbano essere ripartiti tra tutti i condomini pro quota millesimale, in essi ricomprendendosi anche il proprietario del negozio stesso.
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