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storia per il domani Un capolavoro di costruzione acrobatica: la Gardesana occidentale

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ance brescia

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i costruttori bresciani può certamente interessare che si colgano qua e là alcune operazioni di notevole rilevanza che nella nostra terra sono state realizzate. È un orgoglio simile a quello dello sportivo che contempla le coppe guadagnate in anni di competizioni. Si è pubblicata, in un precedente numero della rivista, la straordinaria storia della nostra autostrada Brescia-Bergamo, uno dei primi tronchi autostradali del mondo (seconda metà anni ’20-1931) e ora vogliamo parlare di una delle realizzazioni più impegnative, più affascinanti e anche più preziose sotto il profilo paesaggistico: la strada Gardesana occidentale. Si parla della strada costiera che percorre la parte più settentrionale del Lago di Garda bresciano, fra Gargnano e Riva.

Già dalla metà dell’800 si profilarono idee per congiungere in modo più agevole i due centri: lombardo il primo e trentino il secondo. Ricordiamo anche che però, fra Gargnano e Riva, passava il confine fra l’Impero austriaco e il Regno d’Italia. Solo la prima guerra mondiale unificò i due territori. Comunque, per andare da Gargnano a Riva si doveva risalire la montagna e, con un itinerario tortuoso, ridiscendere a Riva. L’appartenenza del territorio nord del Lago di Garda all’Austria non aveva consentito il coordinamento necessario per un progetto stradale costiero, ma, dopo l’inclusione del Trentino nel Regno d’Italia il pensiero fu meglio focalizzato. Da un lato si intendeva appropriarsi delle nuove regioni redente di Trento e Bolzano con via e trasporti più comodi, dall’altro, proprio nel Bresciano, il Lago di Garda fu tema di simbolica appropriazione rispetto ad una mal sopportata egemonia turistico-residenziale di stampo germanico. Su questo versante la personalità di Gabriele d’Annunzio fu determinante. La sua residenza in Gardone Riviera, dal 1921, animò i luoghi di un rivoluzionario fermento italico, turistico e sportivo, de- gno di una regia da efficientissimo super-commissario per la valorizzazione del territorio. Fatto è che, però, una strada costiera da Gargnano a Riva di Trento doveva fare i conti con una situazione orografica disarmante, per le difficoltà che presentava. Rocce a strapiombo sul lago esigevano una sfrenata fantasia titanica per essere affrontate da qualche audace progettista e da qualche folle costruttore. In molti tratti la strada si sarebbe trovata molte decine di metri sulle acque del lago e sarebbe dovuta essere letteralmente scolpita sul fianco delle parete di pietra. Si volevano inoltre contemperare le esigenze dei piccoli collegamenti locali con l’asse portante di una strada di alta capacità di collegamento generale fra Lombardia e Centro Europa. Si pensi che paesi come Tremosine, Tignale e Limone erano raggiungibili con sentieri verso l’entroterra o solo dal lago, con imbarcazioni.

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Il nuovo progetto prevedeva i 28 chilometri più spericolati della storia delle costruzioni stradali. Certo si aveva l’esperienza vecchia di un secolo della strada dello Stelvio, anch’essa opera di un progettista bresciano, e nella provincia si contavano tre gioielli di audacia costruttiva: la Via Mala, della Valle di Scalve, sopra Angolo Terme, del 1862, la Lago di LedroRiva, detta strada del Ponale, scavata anch’es- nnn

A sinistra:

Le prime fasi di attacco dello scavo in roccia lungo lo strapiombo della parete.

Il tracciato della nuova strada Gardesana occidentale (in rosso) e l’area austriaca del Sud Tirolo, in alto, in verde.

A sinistra, nel cerchio rosso, Brescia nnn sa dentro le rocce di pareti verticali, per iniziativa privata di Giacomo Cis nel 1851, e la Strada della Forra, che conduce, scalando 400 metri di dislivello, incuneandosi fra rocce e strapiombi verticali, da Campione, sulla riva del Garda, a Tremosine. Fu pensata alla fine dell’Ottocento e inaugurata nel 1913. Winston Churchill, che ebbe la ventura di percorrerla, la definì “l’ottava meraviglia del mondo”. Si tratta di tre strade dall’immenso fascino ambientale, oggi parzialmente risolte con soluzioni molto meno interessanti, ma lontane dagli originali pericoli, che sono rimaste accessibili come luoghi di suggestive passeggiate da brivido. Anche la Gardesana odierna ha mutato, per ragioni di sicurezza, tratti che avevano un molto maggiore fascino paesaggistico, con pareti rocciose al di sopra e orridi a precipizio sul lago, dove la montagna si esauriva in severe scogliere pietrose. Il progetto esecutivo fu messo a punto negli anni Venti del ‘900 dal podestà di nnn

Dall’alto: Uno dei passaggi di impostazione della strada, in condizioni impensabili per difficoltà e audacia. Veduta pittorica dell’ardita strada ottocentesca del Ponale, che scende dal Lago di Ledro, verso Riva, intagliata nella roccia.

A destra, dall’alto: La spettacolare impostazione di un passaggio a ponte, con il castello di centine. Operazioni da speleologi più che da costruttori per attaccare la roccia e costruire, in quelle condizioni, la strada. Passaggi da rocciatori per i lavoratori che costruivano la strada.

Gardone Riviera, l’ingegner Riccardo Cozzaglio, che da tempo studiava il problema, chiodo fisso delle aspirazioni pluridecennali dei residenti in quel territorio, e aveva già realizzato la spericolata Strada della Forra. Avvenne per la strada del Garda qualcosa di molto simile alla coeva nascita le medesime, appeso a una fune. Furono rilevati i tipi di roccia, le caratteristiche di franosità, il comportamento in momenti di calura estiva, di piogge e di gelate invernali, mentre il rilievo dello stato naturale, in forma dettagliata come il progetto richiedeva, dovette essere eseguito spesso in condizioni di estremo disagio, non esistendo rilevazioni dettagliate preesistenti. di Piazza della Vittoria in Brescia. Anche in quest’ultimo caso si trattò di dare sbocco a riflessioni, studi, tentativi e desideri che circolavano in Brescia dalla prima metà dell’Ottocento. L’ingegner Cozzaglio si dedicò totalmente all’impresa, studiando ogni metro del tracciato con scalate delle pareti di pietra e con discese lungo

Il progetto era inquadrato in un piano più generale delle riforme stradali nevralgiche italiane, steso dall’onnipresente ingegner Piero Puricelli, allora anche parlamentare. Era lo stesso Puricelli che realizzò l’autodromo di Monza, come promotore diretto e non solo come imprenditore edile. Egli fu, oltre che impresario in mille importanti operazioni stradali, anche il creatore delle primissime autostrade italiane. Al di sopra del Puricelli, l’impresa gardesana poté concretizzarsi anche grazie all’entusiastico appoggio non solo del citato D’Annunzio, ma anche del bresciano, segretario nazionale del Partito nazionale fascista, Augusto Turati, peraltro patron polito anche di Piazza della Vittoria.

I lavori, divisi in numerosi tronconi, furono appaltati a diverse imprese fra cui due bergamasche. In tempi in cui si evocano sinergie storiche e affinità antiche fra Bergamo e Brescia, capitali della cultura 2023, è interessante citare la presenza operativa di due imprese edili bergamasche nella funambolica avventura bresciana della costruzione di quella strada: la Cittadini e la Ghislotti Mutti. Scorrendo le fotografie di quei cantieri si stenta a credere che fosse immaginabile la costruzione di una strada come un’incisione nella parete di sasso, come una fessura orizzontale.

Nelle tre tranche in cui infine fu riassunto l’appalto, si ebbero scavi in roccia, rispettivamente, di 31.000 metri cubi in galleria e 68.000 a cielo aperto, di altri 17.550 metri cubi di roccia in galleria, nonché altri 2.300 mc di scavo a mezza costa, all’aperto. La larghezza della carreggiata fu mantenuta di 7 metri con curve dal raggio superiore ai 17,5 metri. La pavimentazione fu finita con asfalto.

I lavori iniziarono nel maggio del 1930 e la strada fu inaugurata nell’ottobre del 1931. L’ammirazione e l’entusiasmo per l’opera furono altissimi, giustamente. La strada fu chiamata Via Azzurra ma D’Annunzio ebbe modo di battezzare anche quest’opera con uno dei suoi ricorrenti colpi di genio linguistici applicati a innumerevoli nuove realtà, come la Rinascente, la fusoliera o l’automobile al femminile. nnn

A sinistra, dall’alto:

La strada “il Meandro”, come la chiamava D’Annunzio, in un poster degli anni Trenta. Un manifesto esplicitamente dedicato alla nuova strada costiera. Ancora la strada soggetto di un'altra affiche turistica.

Chiamò la strada il Meandro, con riferimento al suo andamento sinuoso, come quello di un fiume, affacciato agli splendidi panorami, fra oleandri, cipressi e ulivi, di fronte alle nevi del Monte Baldo o alle fioriture di limonaie, vanto antico della più incredibile e più nordica coltivazione di agrumi. La strada divenne infatti nota anche per la presenza di graziose ragazze che, accanto a bancarelle disseminate lungo il tragitto, vendevano profumati limoni agli automobilisti. Un manifesto pubblicitario fa riferimento proprio a quel gentile aspetto.

Oggi la strada fa parte della statale 45 bis, che corre fra Cremona e Trento. È tuttora, nonostante i tratti coperti per il rischio di franamenti, una strada di grande fascino che sopravanza la simile strada amalfitana o la costiera della Provenza, per la varietà dei paesaggi, anche legati alla riva opposta del lago, sempre ben visibile. In quegli anni anche la gardesana orientale venne perfezionata e completata cosicché fu possibile, per la prima volta, la percorrenza costiera dell’intero lago in forma anulare, tanto che qualcuno la chiamò “circumbenacense”.

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