Aut & Aut Dicembre 2013

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DICEMBRE

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In questo numero

La nostra Scuola, agenzia della conoscenza Fabrizio Braccini

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Ripartiamo dalla formazione Gianfranco Simoncini

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Formazione e innovazione nella PA: la vera svolta Gianni Agnesa

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CLLD (sviluppo locale di tipo partecipativo): un’opportunità da non perdere Paolo Santinello

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Il sostegno del FSE 2007-2013 ai sistemi regionali di innovazione Silvia Ciampi

Solo attraverso percorsi formativi che sappiano rispondere ai bisogni dei comuni e allo stesso tempo siano in grado di generare nuova conoscenza. Così cresce il capitale umano degli enti

Anno XXI numero n. 10 dicembre 2013 Reg. Trib. di Prato nr. 180 del 8/7/1991. Editore: Aut&Aut Associazione Proprietà: Anci Toscana Direttore responsabile: Marcello Bucci Direttore editoriale: Alessandro Pesci Collegio di garanzia: Alessandro Cosimi, Sabrina Sergio Gori, Angelo Andrea Zubbani Redazione: Anci Toscana - email: ufficio.stampa@ancitoscana.it Caporedattore: Olivia Bongianni In redazione: Guendalina Barchielli, Sandro Bartoletti, Monica Mani, Hilde March Collaboratori: Enzo Chioini, Sara Denevi Grafica e impaginazione: Osman Bucci Anci Toscana Viale Giovine Italia, 17 - 50122 Firenze Tel 055 2477490 - Fax 055 2260538 posta@ancitoscana.it - www.ancitoscana.it

Per quanto riguarda i diritti di riproduzione, l’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare eventuali

Future Game e Future Shift: strumenti per leader e comunità coraggiose che guardano al futuro David Beurle

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Un nuovo approccio alla produzione e alla sostenibilità Tanja Scheelhaase

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Le attività della Scuola Anci Toscana per il 2014 Hilde March

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Regione, Anci Toscana e TD Group aiutano la PA Giuditta Giunti

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ALTRI MERIDIANI

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PERCORSI DI CITTADINANZA “I luoghi di culto islamici nell’ambito di una politica locale dell’inclusione e della coesione sociale” Stefania Magi Una politica più decisa per garantire diritti e coesione Bartolomeo Conti Il centro culturale islamico di Colle di Val d’Elsa: un modello di crescita e di integrazione Paolo Brogioni I processi partecipativi per la coesione sociale Cristina Giachi

spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.

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ANCi toscana Per la formazione

La nostra Scuola, agenzia della conoscenza Fabrizio Braccini consulente Agenzia Formativa Anci Toscana

La Scuola di Anci Toscana, parallelamente alla propria mission istituzionale di supporto agli enti locali, è chiamata a contribuire con la propria attività di ricerca per dare al territorio nuove conoscenze e soluzioni, sviluppando contenuti su temi di largo interesse e stretta attualità

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n un’epoca di tagli e ristrettezze economiche, puntare in maniera strategica su una migliore strutturazione del settore di attività dedicato alla formazione potrebbe sembrare un azzardo. La costante diminuzione di risorse a disposizione degli enti locali ha inciso notevolmente sulla possibilità di destinare risorse alle attività di formazione dei propri dipendenti. All’interno di questo scenario, un’agenzia formativa espressamente dedicata alla formazione del settore pubblico trova una sua collocazione solo se ha una progettualità che tenga conto di alcuni elementi: • il valore aggiunto arrecato al sistema, offrendo una specificità attualmente assente nel panorama dell’offerta formativa; • la specializzazione dell’offerta verso contenuti sempre più rispondenti ai fabbisogni espressi dall’utenza, integrati con proposte innovative frutto della propria attività di ricerca; • la riduzione dei costi attraverso l’ottimizzazione dei tempi di erogazione, utilizzando l’apporto delle tecnologie quali il webinar e l’online learning.

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Nasce dall’unione di questi tre elementi la proposta di una agenzia formativa che riversa la propria attività tradizionale in un contesto di innovazione, superando l’approccio classico della distribuzione di saperi e conoscenze a favore del concetto di agenzia della conoscenza. Essere agenzia della conoscenza significa partecipare attivamente alla produzione di valori cognitivi e alla creazione di metodologie e strumenti, condividendo i processi di apprendimento con coloro i quali non potranno più essere chiamati solo i “beneficiari”, quanto piuttosto i “partecipanti”. La figura del docente si trasforma da diffusore di conoscenza pre-elaborata in un attivo creatore di valori e metodi; e l’agenzia, parallelamente alla propria mission istituzionale di supporto agli enti locali, è chiamata a contribuire con la propria attività di ricerca a fornire al territorio nuove conoscenze, soluzioni inaspettate ma efficaci, sviluppando contenuti su temi di largo interesse e stretta attualità. L’occasione di fare il punto sulle nuove direttrici possibili della formazione è stato il recente convegno organizzato dalla Scuola Anci Toscana dal titolo “Il futuro in gioco”. I relatori

hanno presentato contenuti e metodi di lavoro originali, utili per una riflessione sui temi della programmazione dello sviluppo dei territori, e per costruire percorsi di formazione innovativi da applicare alla gestione della cosa pubblica. Gli ambiti di intervento di un’agenzia della conoscenza che vuole farsi soggetto attivo nella crescita delle comunità possono essere i più diversi, dalla partecipazione di governance alle strategie e tecnologie per l’ambiente, all’innovazione in impresa. Si veda come è stato sviluppato il concetto stesso di partecipazione, per approdare al concetto di programmazione condivisa attraverso lo strumento del “Future Game”, oppure quali possano esse-

re i nuovi ambiti di ricerca in relazione a temi come l’ambiente, la produzione industriale, la green economy, con il superamento dell’approccio mirato a incentivare il riciclaggio a favore del riuso delle materie prime, sviluppato in altri paesi europei. La proposta della Scuola Anci Toscana, se saprà unire la formazione finalizzata al soddisfacimento dei fabbisogni formativi manifesti degli enti pubblici alla propria capacità di attrarre e generare nuova conoscenza, non sarà un azzardo, ma piuttosto una risposta adeguata alle richieste di un sistema in continua evoluzione, quale quello della crescita del capitale umano e dei saperi.

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le politiche regionali

Ripartiamo dalla formazione

Il Fondo sociale europeo continuerà ad essere lo strumento principale per sostenere le politiche formative e, proprio per non creare discontinuità con queste politiche, la Regione ha deciso di anticipare con risorse proprie i fondi che, a causa dei ritardi Ue, arriveranno solo a 2014

Gianfranco Simoncini assessore alle Attività produttive, formazione e lavoro

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’attività di formazione è cruciale per lo sviluppo della Toscana e per questo la Regione vi dedica particolare attenzione. Nella prossima stagione di fondi europei, il programma toscano del Fse concentrerà il 41 per cento delle risorse per interventi su istruzione e formazione, consapevole che solo qualificando ulteriormente il capitale umano, aumentando le competenze dei lavoratori e delle persone, uomini donne, giovani, che un’occupazione ancora la cercano, sarà possibile costruire un futuro di sviluppo.
Il Fondo sociale europeo continuerà ad essere lo strumento principale per sostenere le politiche formative e, proprio per non creare discontinuità con queste politiche, la Regione ha de-

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ciso di anticipare con risorse proprie i fondi che, a causa dei ritardi Ue, arriveranno solo a 2014 inoltrato. 
Per rendere ancora più efficaci questi strumenti, abbiamo deciso di mettere mano ad una profonda riforma del sistema, con l’obiettivo di renderla più adeguata alle esigenze di competitività ed innovazione del sistema produttivo e più legata al fabbisogno dei territori.
 I dati sulla formazione in Toscana mettono in luce che la partecipazione e i risultati occupazionali sono migliori rispetto alla media nazionale. Ma la necessità di rendere la nostra economia più competitiva e reattiva rispetto alla crisi in atto ci ha spinto ad una riflessione che ha coinvolto tutti i soggetti del settore, con l’obiettivo di far fare al

sistema un salto di qualità, legandolo sempre di più alle esigenze del sistema produttivo toscano.
A che punto siamo? La giunta ha approvato in ottobre un documento che oggi è all’esame del Consiglio Regionale. Dopo la discussione in consiglio, si aprirà il confronto con le parti sociali e con gli enti locali per arrivare alla definizione puntuale della proposta di legge.
Il nuovo sistema toscano della formazione professionale ruoterà attorno ai centri di formazione regionale tematici, in una rete che vedrà una sinergia fra istituti tecnici e professionali, organismi di formazione, università e centri di ricerca ed innovazione, imprese. I centri formativi territoriali saranno il punto di riferimento per un’offer-

ta formativa stabile, in un’ottica di medio lungo periodo e su ambiti di intervento definiti in forte integrazione con le necessità del sistema economico toscano nelle sue diverse specializzazioni.

A questo, che sarà il canale principale, vogliamo affiancare un secondo canale, più legato alle esigenze del breve periodo, costituito dalla messa a bando di attività di volta in volta necessarie a completare l’attività formativa dei poli. Un terzo canale, sarà, infine, quello dell’offerta da catalogo, riservata alla domanda individuale di crescita professionale dei singoli cittadini. I tre canali saranno parte integrante di un’unica offerta formativa pubblica, riconoscibile e trasparente, basata su una valutazione seria di fabbisogni

e risultati.

Quanto alla governance del sistema, sarà cruciale la definizione istituzionale che il governo darà alle Province. Le scelte sono comunque chiare: alla Regione spettano la definizione delle scelte programmatiche fondamentali, attraverso una lettura dei fabbisogni espressi dai territori nonché delle modalità di accreditamento degli organismi formativi. Fra gli obiettivi che ci poniamo, quello di snellire ulteriormente il carico burocratico, accrescendo le garanzie per gli utenti e semplificando i controlli. A questi due temi, si aggiunge quello della certificazione delle competenze, che sarà sviluppato anche in sintonia con il sistema nazionale.

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gli studi

Formazione e innovazione nella PA: la vera svolta Gianni Agnesa project manager Formez Pa

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uando si programma la formazione, pensare solo ai problemi toglie armonia all’azione, crea ansia, fa scattare difese, sottrae energia, riduce la collaborazione e soffoca la creatività. Essere consapevoli della criticità è un’ottima strada per migliorare, ma concentrarsi solo sulle criticità emargina le prassi di successo e mette in ombra le persone che con il loro valore aggiunto danno qualità ai processi e ai cambiamenti. Ma qualcosa di nuovo si è diffuso e affermato. È l’appreciative inquiry (AI), un approccio

nato in America alla fine degli anni ’80 nell’ambito dello sviluppo comunitario e sociale. Si tratta di un metodo di diagnosi che privilegia l’intelligenza collettiva e gli ambiti di azione connotati da fattori stimolanti, da positività e da potenzialità. L’AI libera finalmente le organizzazioni dall’ortodossia restrittiva del “cambiamento espiativo” e permette la libertà di mobilitare il cambiamento strategico e creativo, per concentrarsi sui punti di forza visibili (e taciti) presenti in ogni organizzazione, che possono essere colti utilizzando metodi e strumenti differenti.

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Applicato alla formazione per le organizzazioni, l’appreciative inquiry si traduce in un’analisi dei fabbisogni partecipata (apprezzativa e prospettiva) che si concentra su ciò che l’organizzazione riesce a far bene, piuttosto che su ciò che va male. L’indagine mette in evidenza dunque gli elementi positivi (ma non esclude anche la rassegna sistematica delle criticità) e impegna tutti i livelli di un’organizzazione (e spesso i suoi clienti e fornitori) tendendo a sviluppare le competenze in modo responsabile, condiviso e multisettoriale.

Il sostegno del FSE ai sistemi regionali di innovazione Silvia Ciampi ricercatrice ISFOL

Uno studio condotto da ISFOL si propone di fornire ai policy maker evidenze sul contributo fornito dal Fse alla creazione di sistemi regionali di innovazione

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el corso del 2012 ISFOL ha condotto uno studio sugli interventi a sostegno dell’innovazione promossi dalle Regioni attraverso il Fondo Sociale Europeo. In coerenza con il Regional Innovation System Approach, si

sono presi in considerazione e analizzati gli interventi attuati a valere sui Programmi Operativi Regionali finalizzati al consolidamento e allo sviluppo dei cosiddetti “fattori abilitanti”, vale a dire di quegli elementi necessari a sostenere processi di sviluppo territoriale fondati sull’innovazione. Lo studio è destinato a fornire ai policy maker evidenze circa il contributo fornito dal Fse alla creazione di sistemi regionali di innovazione, in vista della definizione dei Programmi Operativi per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020. Nello specifico, gli obiettivi

della ricerca sono stati: - valutare le strategie di sostegno all’innovazione promosse a livello regionale attraverso i Por Fse 2007- 2013; - stimare la dimensione quantitativa dell’impegno del FSE a sostegno dell’innovazione; - qualificare le modalità di impiego del FSE e gli strumenti finanziati; - comprendere l’integrazione con le azioni promosse a valere su altri fondi (FESR) e con le politiche regionali per l’innovazione. Un estratto della ricerca è disponibile sul sito di ISFOL.

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costruire scenari

CLLD (sviluppo locale di tipo partecipativo): un’opportunità da non perdere Paolo Santinello Klink Srl

CLLD è una sigla da tenere a mente: sta per Community-Led Local Development, “sviluppo locale di tipo partecipativo” per il DPS. Cos’è e perché vale la pena parlarne? É uno strumento di governance del regolamento comune dei fondi comunitari, quello che detta le regole generali di tutti i fondi. È previsto, fortemente raccomandato, finanziato e incentivato, talvolta obbligatorio. Incentivato vuol dire per esempio che se un intero asse di un programma operativo viene attuato con l’approccio CLLD, la percentuale di finanziamento aumenta del 10%. Il CLLD eredita le esperienze Leader, Equal e Urbact e prevede la costituzione di Gruppi di Azione Locale che progettano e gestiscono dal basso programmi integrati

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per il livello territoriale locale, subregionale, sia rurale che urbano. Cosa dovrebbe succedere? I gruppi di azione locale devono costruire capacità di pianificare scenari locali e valutare Strategie di Sviluppo Locale (SDL), selezionare progetti, monitorare l’attuazione delle SDL. Le SDL sono analisi dei bisogni e potenziali di sviluppo dell’area, obiettivi e traguardi chiari e misurabili, sviluppati con il coinvolgimento della comunità in un Piano d’Azione fattibile, con un budget e con risorse credibili. I messaggi forti sono: - community-led, cioè a guida della comunità locale, perché l’UE vuole favorire la multigovernance, e la CLLD bilancia con l’approccio dal basso, dalle comunità locali. - Scala territoriale locale, da 10.000

a 150.000 abitanti al massimo per ogni gruppo di azione locale. La SDL dovrebbe puntare alla creazione di occupazione in ambito locale e alla valorizzazione di risorse locali incentivando attività produttive di beni e servizi sostenibili sotto il profilo ambientale ed economico-sociale. - Progettazione integrata e multisettoriale dello sviluppo locale che tenga conto del potenziale e dei bisogni locali. - Partenariato pubblico-privato e semplificazione nell’accesso ai fondi. Si vuole che per ogni Piano d’Azione vengano arruolate le forze e le competenze del settore privato, in partenariato con gli enti locali, per l’ambito tematico in cui opera il Piano. Il DPS, negli orientamenti per l’Accordo di Partenariato (il quadro di ri-

ferimento per i fondi 2014-20 in Italia) ha indicato gli ambiti in cui i Piani dovrebbe intervenire. Riguardano: - lo sviluppo e l’innovazione delle filiere e dei sistemi produttivi locali (agro-alimentari, artigianali, manifatturieri); - lo sviluppo della filiera dell’energia rinnovabile; il turismo sostenibile; - la cura e tutela del paesaggio, dell’uso del suolo e della biodiversità animale e vegetale; - la valorizzazione di beni culturali e del patrimonio artistico legato al territorio; - l’accesso ai servizi pubblici essenziali; l’inclusione sociale di specifici gruppi; - la legalità e la promozione sociale; la riqualificazione urbana con la cre-

azione di servizi e spazi inclusivi per la comunità; - la valorizzazione delle produzioni ittiche, delle tradizioni della pesca e della filiera corta; - la diversificazione economica e sociale connessa ai mutamenti nel settore della pesca. Oltre questi ci sono altri ambiti orizzontali come il trasferimento tecnologico, i servizi alle imprese, la formazione del capitale umano. CLLD può essere il ponte verso il futuro per le comunità locali. Chiaramente si tratta di uno approccio che se ben compreso e utilizzato può andare ben oltre l’utilità per l’accesso ai fondi 2014-2020, e diventare un potente strumento di autonomia locale.

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NUOVI APPROCCI

Future Game e Future Shift: strumenti per leader e comunità coraggiose che guardano al futuro David Beurle CEO Future iQ Partners

Il Future thinking è un ripensamento radicale della programmazione, che comincia dal prendere coscienza dei processi decisionali e di quanto possa essere rischioso tenere lo sguardo su un orizzonte troppo vicino o limitandosi ad un solo punto di vista

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a crisi economica globale sta continuando a produrre effetti negativi in molte regioni del mondo e la credibilità delle previsioni è messa a dura prova. Ma per fortuna nel nostro lavoro in tutto il mondo stiamo incontrando sempre più spesso leader regionali e locali che hanno deciso di affrontare la sfida di pensare al futuro e prendere l’iniziativa insieme alle loro comunità, piuttosto che aspettare la pubblicazione della prossima previsione semestrale prima di cominciare a riflettere. Lo fanno indagando insieme a noi con metodo quali siano gli scenari plausibili, sia quelli auspicati che quelli sgradevoli, e quali opzioni praticabili possano essere messe in campo per migliorare la situazione contingente senza precludersi

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alternative migliori più avanti. Dopo l’Australia e il Nord America, siamo sempre più coinvolti in progetti locali di future thinking anche in Europa, in Irlanda, Olanda, Regno Unito, Germania, Spagna, Portogallo e ora anche in Italia, partendo dalla Toscana. Le iniziative di adattamento a cui abbiamo contribuito si sono rivelate eccellenti casi di studio e offrono materiale e strumenti immediatamente utili per le comunità toscane più vitali che stanno ridisegnando turismo, agricoltura, produzione di cultura, e lo sviluppo armonioso e le integrazioni dei territori. É un ripensamento radicale della programmazione, che comincia dal prendere coscienza dei processi decisionali e di quanto possa essere rischioso tenere lo sguardo su un orizzonte troppo vicino o li-

mitandosi ad un solo punto di vista. La novità che portiamo insieme a Klink in Toscana e in Italia è l’integrazione di metodi solidi come lo scenario planning con strumenti originali come “Future Game” per elaborare strategie che tengano davvero conto del futuro, anche di quello temuto, per poter tracciare un sentiero di decisioni verso il futuro desiderato. Per esempio l’uso del gioco “Future Game” incentiva la partecipazione e la consapevolezza, e permette a gruppi anche numerosi di cittadini di capire meglio come le scelte di oggi possano aprire a un futuro o precluderne un altro. Essere preparati a più di un futuro possibile, e capire le forze che spingono verso diversi scenari, è la chiave metodologica di scenario planning che usiamo per sviluppare piani di

azione che siano intrinsecamente resilienti. L’analisi delle reti sociali esistenti, dei nodi e delle relazioni cruciali, restituisce poi la mappa dei centri nevralgici, delle persone e funzioni di cui il piano ha assoluto bisogno. In altri paesi europei si sta usando questo approccio per programmare a livello locale l’impiego dei fondi europei 2014-2020, per sviluppare il dibattito e la consultazione pubblica su opere infrastrutturali importanti o sulla rioganizzazione di servizi pubblici, ma anche per preparare programmi elettorali partecipati, credibili, e vincenti. Penso che ANCI abbia fatto la scelta di includere l’approccio future thinking nelle sue proposte formative con molto tempismo e lungimiranza.

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Cradle to Cradle

Un nuovo approccio alla produzione e alla sostenibilità Tanja Scheelhaase ingegnere, ricercatrice in tecnologie per l’ambiente

Il design rigenerativo cerca di creare sistemi che non siano solo efficienti, ma anche con rifiuti zero

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radle to Cradle, o design rigenerativo, è un approccio biomimetico alla progettazione di prodotti e sistemi. Modella i processi produttivi dell’uomo sui processi della natura, considerando le materie prime utilizzate nella produzione come nutrienti di un più vasto ciclo di vita del prodotto. L’obiettivo perseguito da questo approccio è che l’industria protegga e arricchisca gli ecosistemi e il metabolismo biologico della natura, e contemporaneamente conservi anche un sistema di riuso di alta qualità di sostanze organiche e tecniche. In parole povere, si tratta di un approccio olistico, economico e industriale che cerca di creare sistemi che non siano solo efficienti, ma anche essenzialmente con rifiuti zero. Il modello, nel suo senso più ampio, non si limita al design industriale e manifatturiero, ma può essere applicato a molti aspetti della società, come ambienti urbani, edifici, sistemi economici territoriali e sistemi sociali. L’approccio Cradle to Cradle (C2C) distingue i materiali in due tipologie: le materie prime che possono essere utilizzate per prodotti d’uso e consumo all’interno di sistemi biologici, e le materie prime con cui si producono oggetti che appartengono al sistema tecnologico, utilizzabili come nutrienti di nuovi prodotti.

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Prodotti d’uso e consumo sono, per esempio il cibo, le fibre biodegradabili, prodotti cosmetici, detersivi, e oggetti simili. Essi sono realizzati in un modo in cui il degrado del prodotto dovuto a digestione, abrasione o diluizione nell’aria, acqua o per effetto del sole, nel corso del loro utilizzo possano andare a “nutrire” e incrementare i sistemi biologici da cui derivano. Risorse biologiche come le piante possono essere rinnovate dall’agricoltura, dalle foreste o dai giardini per le successive generazioni di prodotti. I nutrienti tecnici, invece, sono ad esempio i prodotti elettrici ed elettronici, le auto, i macchinari in genere. Essi sono progettati per durare a lungo e, una volta dimessi, per essere smontati e diventare a loro volta dei nutrienti per altri oggetti dello stesso o di un altro ciclo produttivo tecnico. I nutrienti tecnici rinnovati serviranno quindi per produrre nuove generazioni di prodotti, diminuendo l’uso di materia prima originale. La possibilità di alimentare il ciclo dei nutrienti è assicurata da un nuovo concetto di distribuzione commerciale e di business model. I prodotti C2C utilizzati per esempio nell’ambito dei services – ne è un esempio classico la Tv – non sono di proprietà del consumatore ma rimangono in carico alla società produttrice, che provvederà a ritirarli al momento in cui il cliente desidera disfarsi o sostituire l’oggetto.

Il produttore di Tv, recuperato il suo prodotto, provvederà a smontarlo, a recuperare le parti riusabili e le reintrodurrà nel ciclo di produzione di un nuovo televisore, di un nuovo schermo, di una radio o in un Pc. “Dopo aver studiato a lungo i sistemi produttivi evoluti e la chimica delle materie prime” sostiene Michael Braungart, che insieme a William McDonough è l’ideatore dell’approccio Cradle to Cradle, “mi sono convinto che il concetto di sostenibilità sia vissuto in ultima analisi solo

come una forma di compensazione ai danni e all’eccessivo sfruttamento operato dall’uomo sulle risorse naturali”. In seguito a queste considerazioni, Braungart e McDonough hanno dato vita a C2C, basandone la filosofia su tre principi fondamentali: • tutto deve essere progettato per essere il nutriente di qualcos’altro; • tutto deve essere prodotto utilizzando energia rinnovabile di origine solare; • tutto deve sostenere il concetto di diversità, sia culturale che biologica.

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AGenzia formativa

Le attività della Scuola Anci Toscana per il 2014 Hilde March Agenzia Formativa di Anci Toscana

Un anno ricco di attività per Anci Toscana, che con la sua Agenzia Formativa offrirà un ampio ventaglio di opportunità

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l prossimo anno sarà particolarmente denso di attività per l’Agenzia Formativa di Anci Toscana. Oltre alle numerose iniziative da realizzare in partenariato e in proprio che andranno ad arricchire l’offerta formativa della Scuola, si delineano importanti opportunità legate sia alla nuova programmazione dei fondi europei 2014/2020, sia alla riforma dell’intero sistema della formazione regionale, dove l’Agenzia di Anci Toscana potrà trovare una collocazione significativa grazie alle proprie specificità. Per quanto riguarda i piani operativi di prossima realizzazione, le relazioni di partenariato di Anci Toscana sulla formazione, già consolidate o di recente istituzione, consentono di programmare una serie di attività che coprono diverse aree tematiche: sicurezza sul lavoro tramite un

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accordo con Formedil, in particolare per le figure di Responsabile Servizio Protezione e Prevenzione e Responsabile Lavoratori Sicurezza; innovazione e semplificazione amministrativa; ambiente e governo del territorio, che prevede la formazione sulla progettazione di interventi per accedere ai finanziamenti alle Pa sulle energie rinnovabili in vista dei bandi regionali; contratti pubblici e appalti; comunicazione pubblica, con il rinnovo della collaborazione con Assostampa per la formazione agli Uffici Stampa dei Comuni, per citare gli ambiti principali.

Tra le attività in partnership in programma per il 2014, si distinguono il progetto di formazione finanziata Ri-Forma sulla valorizzazione delle competenze degli enti locali, presentato insieme a Ti Forma su bando della Provincia di Pistoia e recentemente approvato (previsti 7 percorsi tematici per un totale di 442 ore), e la replica di nuove edizioni di Future Game, metodologia di apprendimento simulativo sulla progettazione territoriale partecipata, gestita in collaborazione con Klink Srl e proposta in anteprima regionale a Dire e Fare 2013.

Le attività da realizzare in proprio nel prossimo anno vedono lo sviluppo di percorsi sperimentati con successo nel 2013, in termini sia di maggiore diffusione territoriale sia di maggiore strutturazione dell’attività. Ricordiamo il corso riconosciuto dalla Provincia di Firenze per Coordinatore della sicurezza sui cantieri edili; lo sviluppo di giornate di formazione sui Piani Triennali Anticorruzione della Pa, facendo seguito al percorso sulla trasparenza amministrativa avviato a ottobre 2013; la riedizione in altre sedi del workshop di due giornate sulla comunicazione

politica e la gestione delle campagne elettorali, in vista delle elezioni amministrative 2014. Si prevede inoltre di sviluppare tre nuovi ambiti formativi: la progettazione comunitaria, la cooperazione decentrata e il ruolo dei comuni nelle strategie di cooperazione commerciale, i nuovi servizi e le nuove competenze degli enti locali in area sociosanitaria. Sul fronte, infine, della nuova programmazione dei fondi europei, le opportunità che l’Agenzia potrà cogliere sono molteplici. Fra queste citiamo i progetti che ricadranno sui Comuni nell’ambito dell’inclusione sociale, e la gestione delle attività nel progetto regionale Youth Guarantee, dedicato al servizio civile. Anche la riforma del sistema regionale della formazione professionale impatterà sulle attività dell’Agenzia. Il nuovo sistema ruoterà attorno ai Centri di Formazione Tematici (CFT), che saranno al centro di una rete sinergica fra istruzione tecnico professionale, università e centri di ricerca, imprese e Agenzie formative, e punto di riferimento per garantire un’offerta formativa stabile su ambiti di intervento definiti in forte integrazione con le necessità del sistema economico e territoriale toscano. La Scuola Anci Toscana opererà attivamente per partecipare in rete con gli altri attori alla gestione dei Centri.

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progetto “FormarSi”

Regione, Anci Toscana e TD Group aiutano la PA Giuditta Giunti responsabile del progetto “FormarSi” per Anci Toscana

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nci Toscana, in ragruppamento temporaneo di impresa con TD Group Spa, si è aggiudicata la gara della Regione Toscana per la gestione dei “Percorsi formativi in tema di innovazione dell’azione amministrativa”, che ha per oggetto la realizzazione e la gestione di percorsi formativi finalizzati ad accrescere le competenze e le conoscenze in materia di semplificazione e innovazione amministrativa. Corsi in aula e formazione a distanza, per un totale di 2.160 ore di formazione gratuite, rivolti ad amministratori e personale della PA toscana, oltre che ai professionisti dei settori interessati e al personale del privato sociale. Il progetto offre gratuitamente agli enti locali la possibilità di formare il proprio personale grazie a una rete di aule didattiche e laboratori informatici su argomenti come la semplificazione e l’innovazione per biblioteche, archivi e punti PAAS; la cancelleria telematica e altri servizi telematici in materia di giustizia. Con questi corsi si profila per gli enti locali una concreta opportunità per fornire al personale le competenze necessarie per rispondere sempre al meglio alle istanze delle proprie comunità e per essere in grado di cogliere le potenzialità dell’innovazione digitale. Due le aree tematiche in cui si articolano i corsi. La prima, in Semplificazione e innovazione mira a formare vere e proprie figure professionali necessarie in campo archivistico, in materia di innovazione e biblioteche, e in materia di qualificazione dei punti PAAS. Si tratta di percorsi formativi in materia di semplificazione e innovazione nell’ambito della promozione della governance multilivello, attraverso lo sviluppo e il rafforzamento di sinergie tra pubblico e privato, con l’intento di implementare l’accesso telematico ai servizi, rendendo il rapporto con la Pubblica Amministrazione più trasparente e diretto e con minori vincoli burocratici. La seconda, Cancelleria telematica, riguarda le tematiche più dibattute e d’interesse del nuovo recentissimo Processo Civile e del Processo Civile Telematico. Si tratta di percorsi formativi in materia di servizi telematici per la Giustizia, nella logica di completamento del processo di semplificazione ed innovazione tecnologica del sistema giustizia degli uffici del territorio toscano, concorrendo alla riduzione dei tempi di gestione dei processi, mediante la diffusione di sistemi informatici in grado di assicurare per via telematica le funzioni proprie delle cancellerie dei tribunali e sostenendo il miglioramento della qualità del servizio di amministrazione della giustizia a beneficio degli operatori del diritto.

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semplificazione e innovazione CORSI AREA ARCHIVI 1. Il responsabile del servizio per la tenuta dei documenti e degli archivi 2. Il responsabile della conservazione dei documenti e degli archivi digitali 3. Il responsabile dei sistemi informativi, con riguardo al record and information management e digital preservation 4. Archivista Tutor - esperto dei processi di de materializzazione del sistema documentale e degli archivi5. Archivista di rete (ex LR 21/2010) CORSI AREA BIBLIOTECHE 1. Comunicazione, promozione e marketing delle biblioteche 2. Il fund-raising per le biblioteche e le istituzioni culturali: modalità e procedure di raccolta fondi 3. Strumenti e motodologie per una gestione consapevole della biblioteca pubblica 4. La biblioteca digitale CORSI AREA STRUMENTI ICT PER DIALOGARE VERSO LE PA 1. Gli strumenti ICT per dialogare con la PA - corso di indirizzo generale 2. Gli strumenti ICT per dialogare con la PA - corso di indirizzo specifico

Cancelleria Telematica CORSI 1. Le comunicazioni in via telematica e la loro efficacia (ex art. 136 c.p.c.) 2. L’archivio, il protocollo informatico, la firma digitale e la digitalizzazione dei documenti giudiziari 3. Diritto di accesso ai documenti giudiziari e amministrativi: tutela della privacy 4. Nuovo modello del processo civile in appello 5. Il processo civile telematico INFORMAZIONI Per informazioni e il calendario dei corsi: www.progettoformarsi.it Per manifestare l’interesse a partecipare: www.progettoformarsi.it/preiscrizione I corsi termineranno a giugno 2014

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La Regione Toscana, in collaborazione con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) e l’azienda TD Group Spa, ha dato vita al progetto “Percorsi formativi in tema di innovazione dell’azione amministrativa”, che ha per oggetto la realizzazione e la gestione di percorsi formativi finalizzati all’adeguamento e all’accrescimento delle competenze e alla diffusione della conoscenza dei progetti in materia di semplificazione ed innovazione amministrativa.

INFORMAZIONI Per informazioni e il calendario dei corsi:

www.progettoformarsi.it

Per manifestare l’interesse a partecipare:

www.progettoformarsi.it/preiscrizione

ANCI Toscana ­Viale Giovine Italia, 17 - 50122 Firenze ­Tel. 055.2477490 ­- Fax. 055.2260538 ­ TD GROUP SpA ­Via del Fischione, 19 - 56019 Migliarino P. (Pisa) ­Tel. 050.897347 - Fax 050.897298


Le buone idee in giro per il web

ALTRI MERIDIANI

a cura di Guendalina Barchielli

Cosa cambia nel trasporto italiano Bus elettrici wireless e un decreto che apre a possibilità di sviluppo con importanti ricadute economiche e ambientali

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ovità sul fronte dei trasporti eco-friendly in Italia. A Vado Ligure, negli stabilimenti dell’azienda Bombardier, si produce “Primove”, il bus elettrico wireless (senza filo), per adesso in fase di test sulle strade tedesche e che presso arriverà anche a Savona. “Primove” funziona grazie al passaggio della corrente per induzione, grazie alle soste in capolinea attrezzati con piastre a terra. Altra importante novità è la firma, nello scorso mese di novembre, da parte dei ministri delle Politiche Agricole, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, di un decreto sul biometano che consentirà

di usare il metano prodotto negli impianti – più di mille – connessi alle aziende agricole italiane, anche per l’immissione diretta del biogas nella rete del metano e come combustibile per i trasporti stradali. L’Italia è il terzo produttore di biogas al mondo, per questo si stima che si potranno coprire, grazie a quanto stabilito dal decreto, 2,5 miliardi di metri cubi nel settore degli autotrasporti, con una riduzione, da qui al 2020, di circa 1,6 miliardi di biocarburanti di importazione.

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Sydney 100% rinnovabile Entro il 2030 l’intera città sarà rinnovabile. Questo l’obiettivo ambizioso del piano della città di Sydney, simbolo dell’Australia

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a città di Sydney punta a diventare completamente alimentata da energie rinnovabili entro il 2030. Entro tale data, infatti, si punta ad eliminare le fonti di energia fossili, a favore del fotovoltaico e dell’eolico che dovrebbero coprire il 30% del fabbisogno energetico cittadino, mentre il 70% che resta lo si otterrà da impianti di trigenerazione che consentono la produzione contemporanea di energia, calore e aria fredda, oppure da impianti a biomasse. Così Sydney sarà la prima grande città alimentata esclusivamente con energie rinnovabili, non solo per quanto riguarda la produzio-

ne di energia elettrica, ma anche per quella termica e per il raffreddamento. Il progetto verrà finanziato per la maggior parte da fondi privati, mentre solo il 10% ricade sulle casse pubbliche. Ma dietro alla “svolta ecologica” di Sydney non ci sono prevalentemente motivazioni ambientaliste, bensì decisamente più pratiche: le centrali termiche tradizionali necessitano di spazio che la città non ha e le frequenti tempeste ne metterebbero a rischio la sicurezza; così, invece, la zona intorno Sydney, per lo più desertica, verrebbe riconvertita alle rinnovabili.

Nuove energie Sono tante le iniziative per promuovere energie alternative. Asfalto, specchi e perfino carta, per produrre energia risparmiando

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e nuove strade di Spagna saranno rivestite di asfalto fotovoltaico che, con una rete di pannelli di vetro al di sotto del manto più superficiale, cattura i raggi del sole e produce energia che può essere usata per dare avvisi di sicurezza stradale o riscaldare l’asfalto. Sempre la luce del sole è alla base di un nuovo impianto a specchi che, seguendo i raggi del sole, illumina gli ambienti interni della casa. “Sunnybot”, un robot intelligente che è in grado di seguire automaticamente lo spostamento del sole nell’arco della giornata e di proiettare, grazie ad una serie di specchi integrati nell’impianto, la luce naturale in un punto prefissato.

Infine, la Disney ha presentato una soluzione per alimentare i dispositivi elettronici senza la rete elettrica o le batterie. Si tratta di una speciale carta stampata, “Paper Generator”, costituita da un foglio flessibile di teflon collocato tra due sottilissimi strati di poliestere d’argento, può accumulare energia elettrica sfregando un foglio di alluminio sul teflon (o anche semplicemente le dita) fino a quando non viene generata una piccola corrente alternata grazie alla pressione e all’avvicinamento dei due ‘elettrodi di poliestere’, in grado di alimentare dei display a LED, dei dispositivi di comunicazione a infrarossi e giochi interattivi nei libri per bambini.

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“I luoghi di culto islamici nell’ambito di una politica locale dell’inclusione e della coesione sociale” Stefania Magi responsabile Anci Toscana del settore “Politiche dell’integrazione e dei migranti”, assessore alle Politiche per l’integrazione dei nuovi cittadini e le Pari opportunità del Comune di Arezzo

La religione è un potente strumento sociale: un aggregatore, un mezzo educativo alla coesione sociale, ma che ha dimostrato nella storia e nella cronaca recente un forte potenziale distruttivo. La politica non può ignorarla. Le comunità e i loro rappresentanti che le amministrano devono impegnarsi per consentire la libertà di professare la religione scelta dalle persone, e per vigilare che questa non diventi motivo di intolleranza e violenza. Finalmente la pluralità delle religioni anche nel nostro paese ci mette alla

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prova, e siamo chiamati alla sfida di una vera attuazione dell’articolo 8 della Costituzione: “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. La Costituzione è al di sopra di ogni religione, è la Costituzione che garantisce la libertà religiosa, la libertà di professare la religione.” Le città sono uno splendido laboratorio di convivenza e di attuazione

della Costituzione. Sono contenata che molti amministratori locali abbiano partecipato al wokshop sui luoghi di culto islamici dello scorso 19 novembre, per condividere esperienze, proposte e domande. Perché è a noi, sindaci ed amministratori locali, che i cittadini si rivolgono per tutto quanto riguarda gli aspetti “quotidiani” che hanno a che fare con le diverse confessioni religiose, dalle sepolture alla richiesta di luoghi di culto, passando per mille altre istanze. Noi lavoriamo per il benessere di tutti

i cittadini che vivono nel nostro territorio e che, oggi, non può prescindere dalla accettazione delle differenze, dalla ricerca di un nuovo equilibrio. E se la differenza linguistica è vissuta come un gap da colmare con l’impegno di tutti, istituzioni e nuovi cittadini, se la differenza impropriamente detta razziale, la differenza dei tratti somatici, è ormai superata con qualche eccezione residuale ed anacronistica, la differenza di religione resta uno zoccolo duro, al quale vengono peraltro collegate, a ragione od a torto, differenze di comportamento e stili di vita significative: il matrimonio, il ruolo della donna, il cibo, l’abbigliamento, il numero di figli. E magari non le differenze positive, quali il contrasto all’alcolismo, alla prostituzione, ai furti ed al disfacimento delle famiglie. E la diversa religione crea disagio non solo ai cattolici praticanti, che sono minoranza nel nostro paese. La presenza di persone fortemente connotate per una religione diversa, visibile, tangibile, crea disagio ai numerosi agnostici, atei e cattolici non praticanti, proprio per la sua intensità, la sua riconoscibilità. Tuttavia l’aiuto della Chiesa cattolica in questo percorso di accettazione e convivenza è fondamentale, e al momento insuffi-

ciente. Alle azioni e alle parole dei vertici della Chiesa, perlopiù fortemente orientate all’apertura e al dialogo interreligioso, non corrisponde spesso un messaggio di apertura dei sacerdoti delle nostre città, e neppure una disponibilità dei vescovi a mettere a disposizione spazi potenzialmente disponibili per altrui preghiere. Un valore ulteriore di questo confronto sta nella sinergia tra competenze diverse. L’incontro va nella direzione di colmare il gap che esiste tra i luoghi della conoscenza, i ricercatori, i luoghi della decisione, gli amministratori. Auspico che questo sia solo un inizio che dia luogo ad ulteriori progetti di ricerca sul campo, condivisi.

Un bilancio del workshop che si è tenuto il 19 novembre a Palazzo Vecchio su come far andare di pari passo libertà religiosa e tenuta sociale 13


la ricerca

Una politica più decisa per garantire diritti e coesione Bartolomeo Conti ricercatore Istituto Universitario Europeo

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n Italia il numero delle sale di preghiera islamiche è in costante aumento ma, piuttosto che ad una graduale normalizzazione della presenza dell’islam nello spazio pubblico, si assiste ad una crescita costante dei conflitti relativi ai luoghi di culto islamici. Per decenni, tanto le istituzioni nazionali quanto quelle locali, hanno adottato una politica incerta e contraddittoria, dettata tanto da timori legati

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al consenso elettorale quanto dalla mancanza di strumenti per gestire un fenomeno nuovo e in gran parte sconosciuto. Per lungo tempo le istituzioni pubbliche hanno spesso finito per limitarsi a gestire un conflitto su cui avevano scarso controllo, con il conseguenze esacerbarsi di atteggiamenti conflittuali, stigmatizzanti e di chiusura reciproca. Negli anni più recenti sono però stati fatti alcuni tentativi, talvolta co-

ronati da un parziale successo, di conciliare rispetto dei diritti e coesione sociale. È proprio partendo da queste esperienze concrete che una ricerca congiunta dell’Istituto Universitario Europeo e della Open Society Foundations punta a contribuire alla costruzione di una nuova fase nella pratica istituzionale verso l’islam e i musulmani, che permetta allo stesso tempo la graduale legittimazione della presenza

islamica nello spazio pubblico e la graduale apertura delle comunità islamiche, spesso ancora ripiegate su se stesse e incapaci di costruire vie di dialogo con il resto della società italiana. Nel quadro di tale progetto, il 19 Novembre s’è svolto a Firenze il primo workshop sui luoghi di culto islamici destinato specificamente agli amministratori locali della Toscana, con l’obiettivo di coinvolgerli in un percor-

so atto a definire strumenti e buone pratiche attraverso cui il dibattito pubblico sulle moschee abbandoni il terreno ideologico per imboccare la via dell’inclusione dell’islam e dei musulmani nel tessuto cittadino. Partendo dalla costatazione di una società in rapida pluralizzazione, i partecipanti hanno illustrato la realtà dei rispettivi comuni, in cui sono presenti comunità islamiche organizzate. Le diverse

narrazioni hanno fatto emergere la costante esistenza di rapporti più o meno strutturati fra amministrazione e comunità islamica, ma anche grandi divergenze sulla rilevanza (o meno) del dibattito all’interno dello spazio pubblico. Sono altresì emerse alcune criticità ricorrenti, come le questioni legate alla rappresentanza o alla definizione del ruolo e degli obiettivi delle autorità pubbliche, che hanno permesso di fornire alcune indicazioni. Innanzitutto la necessità di far emergere il conflitto e non lasciarlo irrisolto e latente, pena il rischio di un costo sociale per l’intera comunità. In secondo luogo, la necessità di mantenere un approccio pragmatico, costruito a partire della realtà locale, in modo da evitare che il dibattito pubblico scivoli sul terreno ideologico. Infine è emersa l’importanza di riaffermare l’universalità dei diritti, in modo da riportare il dibattiti sui luoghi di culto islamici in un quadro di normalità ed agire verso l’islam e i musulmani così come si agisce verso qualsiasi altro gruppo o comunità presente sul territorio.

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I COMUNI

Il centro culturale islamico di Colle di Val d’Elsa: un modello di crescita e di integrazione Paolo Brogioni sindaco di Colle di Val d’Elsa Lo scorso 25 ottobre a Colle di Val d’Elsa è stato aperto il centro culturale islamico, tassello fondamentale per il progetto di intercultura e integrazione che l’amministrazione comunale ha sostenuto, fin dall’inizio, come un’opportunità di crescita per la città, sotto il profilo sociale e culturale. Un progetto che non ha visto alcun impegno economico da parte del Comune (la struttura è stata finanziata dalla comunità islamica) e che è stato promosso grazie alla collaborazione della stessa comunità islamica, integrata nel tessuto associativo locale da diversi anni, costituitasi come Onlus. Il terreno su cui si è edificata la struttura - che garantisce spazi più adeguati rispetto alla sede collocata dai primi anni ‘90 in pieno centro urbano - è stato concesso sulla base di un bando, in diritto di superficie per 99 anni e dietro pagamento di un canone annuo di affitto di circa

11.000 euro, elemento eccezionale rispetto alle altre associazioni. Questa vicenda è sempre stata portata avanti con la massima trasparenza anche grazie a un protocollo d’intesa siglato nel dicembre 2004 fra il Comune e la comunità islamica, atto unico nel suo genere in Italia per i soggetti coinvolti e che regola la gestione condivisa della nuova struttura attraverso un Comitato scientifico composto da 8 membri, nominati in numero paritetico dai due soggetti firmatari. Il nuovo centro culturale islamico si presenta così come un luogo di dialogo e di confronto fra culture diverse, aperto alla città e a tutti coloro che vorranno cogliere questa opportunità di conoscenza reciproca e di crescita, ma può essere anche un “modello da esportare”, in risposta a una società sempre più multietnica.

I processi partecipativi per la coesione sociale Cristina Giachi assessore Università e ricerca, Politiche giovanili, educazione del Comune di Firenze

La discussione e la partecipazione dei cittadini sono sempre al servizio delle decisioni che gli enti locali devono prendere nei settori più disparati, ma quando si tratta di valutazioni delicate come quelle riguardanti l’ubicazione e la costruzione di edifici di culto, diventano indispensabili, perché gli enti locali riescano a conciliare garanzia dei diritti dei cittadini, in questo caso del diritto di culto, e coesione sociale. A Firenze, ad esempio, ha avuto luogo un pro-

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cesso partecipativo sull’ubicazione più appropriata per un edificio di culto islamico in un contesto di città storica, patrimonio Unesco, come Firenze. Nonostante non fosse oggetto di valutazione il SE autorizzare la costruzione di una moschea, la trasposizione mediatica ha continuamente spostato l’asse del dibattito sulle posizioni ostili all’idea in sé di una moschea a Firenze. La vicenda fiorentina è utile per inquadrare il tema fondamentale della selezione

dell’argomento sul quale si chiede ai cittadini di partecipare, e sui fattori di disturbo che possono intervenire da parte di media, continuamente sollecitati dall’urgenza di trovare una notizia e di accendere una discussione. In processi di maturazione civile delicati come quelli dei quali ci occupiamo i diversi aspetti della comunicazione si rivelano cruciali per poter condurre una discussione che possa disseminare frutti di coesione e tolleranza.

Per sviluppare negli amministratori la consapevolezza necessaria a guidare processi di questo tipo, sono indispensabili le occasioni di confronto e approfondimento come quella offerta dal workshop agli amministratori toscani. Le buone prassi e le esperienze di ciascuno potranno così diventare patrimonio comune dei Comuni della Regione, e favorire la crescita civile del territorio.

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