Goffredo Lohengrin Landini

Page 1

Goffredo Lohengrin Landini

Il “costruttore” dell’Anci Toscana


Goffredo Lohengrin Landini

Il “costruttore” dell’Anci Toscana

A cura di Fiorenzo Narducci





Un piccolo viaggio nella memoria dell’Anci Toscana: così definirei questa pubblicazione curata per noi da Fiorenzo Narducci, dedicata all’opera di Goffredo Lohengrin Landini, un lungimirante amministratore, Consigliere comunale fin da giovane quindi Sindaco di Prato, che ha contribuito in maniera determinante alla costruzione della nostra associazione. Il nostro caro amico Narducci, da sempre punto di riferimento per le autonomie toscane, ci ha regalato un prezioso ricordo, che riprende stagioni ormai lontane nel tempo ma ancora vive nella sua mente. Nel racconto dell’impegno politico e della vita di questo straordinario Sindaco, che ha portato un contributo inestimabile alla nostra associazione regionale - dandole i natali in un periodo particolarmente difficile nella storia delle istituzioni comunali - ce le restituisce così intatte e attuali da permetterci di riscoprire ancora una volta la centralità e l’importanza delle autonomie locali nell’organizzazione del nostro sistema democratico. Alessandro Cosimi Presidente Anci Toscana Sindaco di Livorno



Ho incontrato per la prima volta Goffredo Lohengrin Landini a Prato, nel suo ufficio di Sindaco, all’inizio del settembre 1977, nel mio percorso di Segretario comunale prima a Pescia, dove sono nato e poi a Prato, città alla quale sono rimasto profondamente legato. Ho lavorato con lui fino alla conclusione, nel 1985, dei suoi due mandati elettivi, quando fu eletto consigliere regionale. Mi è stato chiesto di ricordarlo, di testimoniare quanto di lui, della sua opera di Sindaco e di quella compiuta alla presidenza dell’Associazione nazionale dei comuni italiani e toscani, ne hanno fatto un Amministratore pubblico, un Pratese meritevole di aver rilievo nella memoria della sua città, un protagonista di vicende importanti per l’affermazione dell’autonomia dei comuni. Molti anni sono da allora trascorsi e troppi sono gli eventi che costituirono quella lunga stagione, per poterli tutti ricordare. Non avendo fatto ricorso agli archivi del Comune e dell’ANCI, per mancanza di tempo e di forze, non mi è stato possibile porre in giusto rilievo, singolarmente, Amministratori, Funzionari, Amici che molto concorsero al conseguimento dei risultati che il Comune e Prato conquistarono in quel periodo e che sono proseguiti con le realizzazioni compiute dai Sindaci e dagli Amministratori negli oltre venti anni che sono seguiti alla conclusione dell’impegno di Landini e delle sue amministrazioni. A coloro che ci hanno lasciato, e per tutti ad Alfredo Gracili, allora Segretario comunale vicario che fu con me, in quegli anni, a fianco di Landini, un ricordo commosso. Mi scuso per la sommarietà e l’approssimazione di questi appunti, dei quali spero che sia compresa la sincerità, lo sforzo di oggettività e lo spirito che ne hanno guidato la redazione. Fiorenzo Narducci


A cura di Fiorenzo Narducci Si ringrazia per la collaborazione: Carlo Calamai e Luciano Sampieri del Comune di Prato, Fiorello Fabbri e Antonio Tripodi di Anci Toscana Grafica: Comunica Firenze Chiuso in tipografia il 15 maggio 2008 Stampa: Industria Grafica Valdarnese Questa pubblicazione è stata realizzata in occasione dell’iniziativa di Anci Toscana del 23 maggio 2008


sindaco della sua prato

indice presentazione

pag. 4

una vita dedicata agli ideali dell’autonomia comunale

pag. 13

il costruttore dell’anci toscana

pag. 17

L’impegno di Sindaco per la sua Prato Il Comune e le attività produttive L’istituzione della Provincia La revisione del piano regolatore generale Il risanamento delle risorse idriche La situazione esistente La necessità d’interventi I depuratori La rete delle fognature L’acquedotto del centro storico La G.I.D.A. Le attività culturali L’Istituto Datini e le settimane di studi La Storia di Prato La Biblioteca comunale Alessandro Lazzerini Il Museo d’arte contemporanea Luigi Pecci Il Metastasio ed il Laboratorio di sperimentazione teatrale Il Comune e la scuola Gli impianti per lo sport Gli interventi per il centro storico I Palazzi del Comune Il Palazzo di Giustizia Gli interventi per le opere di viabilità Il Programma pluriennale di sviluppo del 1979 Le opere principali La mobilità nel centro storico L’iniziativa per l’interporto

Alessandro Cosimi, Presidente Anci Toscana Fiorenzo Narducci

L’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani - ANCI L’articolazione regionale dell’ANCI La situazione dei Comuni negli anni ‘70 L’ANCI e il rapporto della Regione con i Comuni toscani La riorganizzazione del personale il primo accordo integrativo regionale I Comuni e le riforme degli anni ‘70 Il risanamento e la tutela delle risorse idriche La disciplina dell’edificabilità dei suoli L’attribuzione ai comuni delle funzioni amministrative statali L’istituzione del Servizio sanitario nazionale La condizione finanziaria delle istituzioni locali Landini Vice Presidente dell’ANCI nazionale

pag. 31



Goffredo Lohengrin Landini



Goffredo Lohengrin Landini era legato da un amore profondo a Prato, la città in cui era nato il 15 giugno 1927 ed alla quale avrebbe dedicato in tutto il suo percorso di vita le energie migliori. Era legato da un sentimento forte di appartenenza alla sua gente che era orgoglioso di rappresentare e verso la quale sentiva sempre il dovere di dare il massimo e di fare il meglio per ricambiare coloro che, eleggendolo, avevano fiducia in lui. A ventiquattro anni, nelle elezioni del 10 giugno 1951, fu eletto Consigliere comunale con l’Amministrazione con la quale Roberto Giovannini iniziava i quindici anni in cui avrebbe ricoperto la carica di Sindaco, avviando l’esperienza che lo avrebbe reso partecipe del ruolo esercitato dal Comune per governare lo straordinario aumento della popolazione e delle aziende che stava trasformando la Comunità pratese. Nelle elezioni del 1956 fu rieletto, con largo consenso, Consigliere comunale e nominato Assessore effettivo, carica nella quale fu confermato con le elezioni del 1960. Dopo le elezioni del 1964 fu delegato dal Sindaco alle funzioni vicarie, dalle quali cessava l’anno successivo per le dimissioni di Giovannini da Sindaco, restando Consigliere comunale anche nel successivo quinquennio 1970-1975, nel quale assunse la carica di Segretario della Federazione del P.C.I. di Prato. Concluse l’impegno diretto alla segreteria del partito con le elezioni che si tennero il 15 giugno 1975, nelle quali la lista del P.C.I. conquistò il 49,75% dei consensi ed egli fu il primo eletto, con il massimo dei voti di preferenza. Il 28 luglio 1975 il Consiglio comunale lo eleggeva alla carica di Sindaco. Subito dopo l’elezione a Sindaco, gli fu proposto l’impegno di organizzare in Toscana la Sezione regionale dell’ANCI, per dare sostegno al movimento dei Comuni in un periodo reso particolarmente difficile dalla crisi finanziaria. Comprese il dovere di dedicarsi, oltre che al suo Comune, alla condizione delle autonomie

Una vita dedicata agli ideali dell’autonomia comunale

13


comunali, di unire i Sindaci dei grandi e piccoli Comuni toscani per affrontare la situazione e di prepararsi ad assumere il nuovo ruolo che i provvedimenti di riforma dei settori vitali dell’amministrazione pubblica avrebbero in breve tempo ad essi affidato. Il successo ottenuto nell’opera di costruzione del movimento delle autonomie in Toscana conquistò a Landini considerazione generale, che gli fu testimoniata con l’attribuzione della Vice Presidenza nazionale dell’ANCI, carica nella quale sarebbe stato attivo partecipe, insieme con gli altri vertici dell’Associazione, dello straordinario momento del risanamento della finanza locale e del primo rinnovamento delle istituzioni locali. Nel 1979 il partito gli propose la candidatura a deputato, per assicurarsi in sede parlamentare il suo contributo di idee e di esperienze per le riforme degli ordinamenti delle autonomie, ma egli preferì continuare a lavorare per la sua Prato ed a concorrere al rinnovamento delle istituzioni locali nell’Associazione dei Comuni. Aveva avviato programmi e progetti che voleva realizzare per assolvere agli impegni assunti e che intendeva onorare, secondo i suoi principi. Gli organi d’informazione posero in risalto la sua decisione di rinunciare alla candidatura parlamentare ed ai percorsi della politica nazionale, per continuare ad operare per il suo Comune e per la sua gente, che accolse con grande soddisfazione la sua scelta. Nelle elezioni dell’8 giugno 1980 la sua lista ottenne il 49, 42% dei voti e con l’alleato P.S.I. il 61%, ed i voti di preferenza attribuitigli testimoniarono l’apprezzamento meritato dalla sua attività di Sindaco e da quella dell’Amministrazione da lui guidata nel quinquennio precedente. Nel 1985, trentacinque anni dopo la sua prima elezione a Consigliere e dieci dalla nomina a Sindaco, lasciava ad altri il compito di assumere la guida dell’Amministrazione comunale. Eletto Consigliere regionale con il più ampio sostegno di voti, le vicende misteriose della politica gli chiusero l’ingresso nella Giun-

ta regionale che avrebbe arricchito con la sua esperienza, capacità e concretezza. Concluse il suo percorso di vita il 21 dicembre 2002, a settantacinque anni. La salma fu esposta nella sala del Consiglio comunale che per trentacinque anni aveva accolto il suo appassionato impegno per Prato e per i pratesi. La commozione con la quale la gente aveva appreso della sua scomparsa fu espressa da migliaia di cittadini che affollarono il Palazzo comunale e con la loro partecipazione testimoniarono l’affetto per quello che egli era stato e la riconoscenza per quanto aveva fatto per la sua Città.

14


La visita a Prato del Presidente della Repubblica Sandro Pertini



l’associazione nazionale dei comuni italiani - anci L’Associazione dei Comuni, fondata nel 1901, era stata ricostituita con il Convegno tenuto il 6 settembre 1946 a Roma, in Campidoglio, dai Sindaci dei maggiori Comuni, con la nomina del primo Consiglio nazionale che doveva rappresentare al Governo la difficile situazione delle Comunità locali, esistente in tutto il Paese, e richiedere gli interventi necessari per fronteggiarla. Fino all’inizio degli anni ‘70 l’Associazione costruì e consolidò il suo assetto nazionale unitario. Il Presidente ed il Consiglio nazionale erano rappresentativi delle diverse realtà del Paese e testimoniavano la loro sensibilità verso le stesse tenendo le loro riunioni, oltre che in Roma, nei Comuni che si trovavano al centro delle aree nelle quali l’attività delle amministrazioni locali era impegnata dalle problematiche più complesse.

Il costruttore dell’Anci Toscana

l’articolazione regionale dell’anci La necessità di avviare gradualmente l’istituzione di sezioni regionali dell’Associazione fu posta all’attenzione del Consiglio nazionale tenutosi a Trieste il 19 ottobre 1968, il quale considerò insieme alla necessità di adeguare la struttura organizzativa alle esigenze che sarebbero sorte con l’attuazione delle regioni a statuto ordinario, la carenza dei mezzi occorrenti per realizzare le nuove strutture decentrate. Dopo l’istituzione delle Regioni e l’inizio dei rapporti tra le stesse ed i Comuni, il tema fu affrontato concretamente dalla VI Assemblea generale tenuta a Bordighera nel 1972. Negli anni che seguirono furono attivate in alcune Regioni le prime esperienze, fra le quali quella della Toscana, che nella seconda metà del 1974 mosse i primi passi, con riunioni tra i Sindaci sui problemi di più immediato interesse. Goffredo Lohengrin Landini fu eletto Sindaco di Prato il 28 luglio 1975 e nominato subito dopo presidente della Sezione Toscana

17


dell’Associazione nazionale dei Comuni. A Landini fu affidato il compito di costituire organizzativamente la Sezione e di renderla operativa con la partecipazione dei Comuni - e dei Sindaci - della Regione, un compito che egli assunse con la convinzione di poter contribuire così ad affrontare i problemi delle Comunità locali che egli ben conosceva: iniziava allora l’attività di Sindaco ma per venticinque anni, dal 1951, aveva intensamente vissuto da Consigliere, Assessore, Vice Sindaco l’esperienza del Comune di Prato, del suo straordinario sviluppo demografico ed industriale, delle politiche e delle strategie sperimentate per affrontare e governare i problemi dallo stesso determinati. Aveva maturato una convinzione profonda del valore della funzione del Comune, l’istituzione alla quale i cittadini chiedevano ogni giorno sostegno e servizi per l’organizzazione della vita nella Comunità e per il suo progresso. L’incarico nell’Associazione dei Comuni gli avrebbe consentito di ampliare e consolidare la sua esperienza nel confronto con le realtà esistenti nella sua Regione, e di concorrere ad unire i Comuni nell’ideale dell’autonomia: queste erano le motivazioni che lo avevano convinto ad assumere l’impegno che si univa a quello che stata iniziando per la sua Comunità. La nuova Sezione non contava su risorse o contributi dei Comuni toscani. Inizialmente aveva sede nel suo ufficio di Sindaco, nel palazzo municipale di Prato ed alla sezione era stato distaccato, con funzioni di segretario, il dipendente comunale Fiorello Fabbri, che per tanti anni avrebbe partecipato con queste funzioni all’attività ed allo sviluppo dell’ANCI Toscana. Nel 1977 si resero disponibili presso il Comune due locali nei quali la Sezione costituì la sua prima sede, alla quale fu distaccato a coadiuvare Fabbri un altro dipendente comunale, Antonio Tripodi. Dal settembre 1977, assumendo l’ufficio di Segretario generale del Comune di Prato, assicurai a Landini ed alla Sezione il mio apporto di collaborazione e consulenza tecnica impegnandomi nell’attività svolta per i Comuni toscani e, per oltre trent’anni, per l’ANCI nazionale.

Fiorello Fabbri e Antonio Tripodi sarebbero stati per tanti anni gli animatori della Sezione Regionale, assicurando ai Comuni toscani il loro costante apporto.

la situazione dei comuni negli anni settanta L’attività della Sezione regionale iniziava in uno dei periodi più difficili e complessi conosciuti dai Comuni e dalle altre istituzioni locali nella loro storia che mai era stata facile. La crisi finanziaria che dal periodo post-bellico aveva condizionato la loro attività e limitato l’esercizio delle loro funzioni, si era aggravata di anno in anno ed era precipitata con l’attuazione della riforma tributaria impostata con la legge 9 ottobre 1971, n. 825, che aveva soppresso i tributi degli enti locali e ridotte ad una consistenza esigua le entrate dei Comuni e delle Province. Il finanziamento delle spese correnti con l’indebitamento, mantenendo per oltre trent’anni la disposizione speciale che era stata adottata nel 1944/45 per la situazione eccezionale allora esistente, il ricorso sempre più ampio alle anticipazioni di tesoreria, il blocco degli investimenti, la precarietà dei rapporti con il personale assunto durante e subito dopo gli anni della guerra, costituivano i motivi di maggior gravità di una situazione che era divenuta ingovernabile anche per i confusi riferimenti che si era costretti a fare ai testi unici delle leggi comunali e provinciali del 1915 e 1934, in totale contrasto tra loro, richiamati e mantenuti in vigore da provvedimenti adottati per l’emergenza. La situazione, vissuta con grave preoccupazione dagli amministratori dei Comuni, in Toscana come in tutto il Paese, era costantemente al centro dell’attività del Consiglio nazionale dell’Associazione i cui appelli pressanti al Governo ed al Parlamento non trovavano considerazione. I problemi erano divenuti così complessi e difficili che mancava il coraggio per affrontarli e le idee per dare ad essi soluzione. Landini e la Sezione regionale, fin dall’inizio dell’attività, avevano

18


posto la situazione al centro della loro attività, impegnandosi nel sostegno dell’azione dell’ANCI nazionale e, con tutte le componenti del Consiglio, promuovendo una azione di sensibilizzazione delle forze politiche nazionali e dei parlamentari toscani affinché i problemi delle istituzioni locali, che erano divenuti di primario rilievo per il Paese, fossero avviati a soluzione.

va difficile a controllati e controllori individuare le regole alle quali fare riferimento. L’ANCI Toscana affrontò la situazione esistente all’inizio della sua attività attraverso un confronto aperto e positivo con gli organi regionali. I rapporti intessuti da Landini e dai membri del Consiglio direttivo, in particolare dai Sindaci di Viareggio Barsacchi, di Lucca Favilla, di Grosseto Finetti con il Presidente, la Giunta ed i responsabili dei dipartimenti della Regione costruirono un clima di collaborazione fattiva ed ottennero la giusta considerazione primaria dei Comuni nell’attribuzione e delega delle funzioni, contribuendo così alla costruzione del sistema regionale delle autonomie che avrebbe esercitato un ruolo decisivo per lo sviluppo della Toscana e per il progresso dei suoi abitanti.

l’anci e il rapporto della regione con i comuni toscani La Regione nel 1975 aveva compiuto il primo quinquennio di attività, nel corso del quale l’impegno era stato rivolto ad organizzarsi, a definire le linee guida per il programma di sviluppo della società toscana secondo gli studi già effettuati dal Comitato per la programmazione economica, ad iniziare la sua funzione legislativa nei settori dei servizi sociali, del diritto allo studio, della organizzazione urbanistica del territorio, della tutela dell’ambiente, delle attività economiche, della cultura, procedendo alla fase attuativa iniziale con la propria struttura, con le Province, con i Comuni, studiando forme associative in ambiti sperimentali che non erano gradite e non avrebbero dato risultati positivi. Il rapporto diretto con i Comuni toscani non era agevole per la Regione che tendeva a superarlo attraverso le Province e le associazioni intercomunali, determinando in entrambi i casi un distacco non gradito ed assai sofferto dagli amministratori comunali che avevano atteso con grande fiducia l’istituzione delle Regioni. Nei motivi di difficoltà erano compresi quelli relativi ai rapporti che i Comuni avevano con i comitati provinciali e circondariali di controllo, organi regionali succeduti, in attuazione all’art. 130 della Costituzione, a quelli statali, comitati dei quali si lamentava la difformità delle decisioni ed il variare delle valutazioni, alle quali si attribuivano le difficoltà che incontrava l’azione amministrativa. In verità era l’intreccio delle antiche disposizioni legislative che rende-

la riorganizzazione del personale il primo accordo integrativo regionale Uno degli impegni più delicati affrontati dopo l’inizio dell’attività dell’ANCI Toscana fu l’accordo integrativo regionale per l’attuazione dell’accordo nazionale di lavoro dei dipendenti degli enti locali, stipulato il 5 marzo 1974, che doveva realizzare la prima organica riorganizzazione operativa dei Comuni, procedendo alla sanatoria generale degli avventizi, attesa da molti anni, che fu vincolata ad effettuare per il futuro le assunzioni solo con pubblici concorsi. La prima esperienza di un accordo applicativo regionale che consentisse di affrontare le molteplici e diverse situazioni esistenti, riconducendole ad un assetto unitario, presentava difficoltà apparse inizialmente insuperabili agli amministratori comunali ed alle organizzazioni sindacali. Il riassetto della struttura operativa, la revisione delle posizioni consolidatesi nel tempo, il disegno di nuove strutture efficienti ed adeguate, affrontato in un periodo nel quale ogni mese era problematico ottenere dai tesorieri la corresponsione degli stipendi, con alle spalle una situazione confusa e fortemente squilibrata, era resa difficile anche dalle contrastanti

19


Palazzo Budini Gattai (Firenze) giĂ sede della Giunta Regionale Toscana


interpretazioni che venivano seguite nelle poche Regioni che stavano affrontando l’impegno. Il Direttivo dell’ANCI Toscana fu assistito nella complessa trattativa dagli Assessori e dai dirigenti del personale dei Comuni, la cui partecipazione consentì la conoscenza approfondita delle diverse situazioni e la individuazione di soluzioni idonee per affrontarle in modo efficace. L’intesa definitiva raggiunta, condivisa dall’organo regionale di coordinamento dei comitati di controllo, costituì “l’accordo di Prato”, assunto come modello di riferimento da molte sezioni regionali dell’Associazione. L’attuazione da parte dei Comuni fu rapida ad agevole, decine di migliaia di “avventizi” trovarono dopo tanti anni una posizione definitiva, condizione che consentì ad ogni ente di razionalizzare la propria struttura organizzativa.

Il disegno comune dei quattro provvedimenti attribuiva alle Regioni le funzioni di indirizzo e di organizzazione generale ed ai Comuni i compiti operativi e quanto si doveva fare per attuarli, seguendo le linee guida statali e regionali e corrispondendo alle attese dei cittadini. Il valore dell’impegno chiesto ai Comuni per realizzare le riforme costituiva il sostegno più valido per superare le difficoltà che, in assenza di preparazione e di risorse, si presentavano per affrontarle. I Consigli comunali avevano per anni, con voti e risoluzioni, auspicato gli interventi che le nuove leggi disponevano, fondamentali per corrispondere alle esigenze del Paese. La convinzione di dover assolvere ai nuovi compiti nel modo migliore era ben presente ma le difficoltà da superare erano apparse, fin dalla riforma stabilita per la tutela delle acque e dell’ambiente dalla legge “Merli” del 1976, elevate. Landini ed i Sindaci del Consiglio direttivo compresero che l’Associazione doveva assolvere ad un ruolo importante per sostenere i Comuni toscani negli impegni da affrontare, concorrere attivamente alla conoscenza approfondita ed all’interpretazione concorde dei nuovi ordinamenti, individuare gli interventi ed i percorsi più idonei per ottenere dagli organi statali e regionali i mezzi per operare al miglior livello. Il Presidente Landini aveva costruito con i componenti dell’Ufficio di Presidenza e del Consiglio direttivo della Sezione regionale un rapporto ispirato agli stessi principi che univano il Sindaco Landini alla Giunta ed al Consiglio del suo Comune: lavorare uniti insieme, con rispetto e valorizzazione di tutti i contributi di idee, di proposte e di iniziative, attuare con la massima rapidità le decisioni concordemente adottate. Una scelta importante avrebbe concorso al successo delle iniziative dell’Associazione: valorizzare i funzionari dei Comuni toscani impegnandoli nello studio ed impostazione dei procedimenti di attuazione, assicurare competenza e concreta capacità di disegnare

i comuni e le riforme degli anni settanta Nella seconda metà degli anni ‘70 l’interesse del Paese si rivolse, a lungo, verso le istituzioni locali. Mentre la loro crisi finanziaria aveva raggiunto il livello più acuto, furono disposte riforme di straordinario rilievo che posero al centro, protagonisti dell’attuazione, i Comuni. Un periodo “storico” al quale il tempo trascorso nulla toglie alla sua importanza, che richiese a chi amministrava ed operava per le nostre Comunità un impegno speciale. In meno di tre anni, dal 1976 al 1978, furono emanate le leggi che stabilirono: • norme per la tutela delle acque dall’inquinamento - legge 10 maggio 1976, n. 319; • norme per la edificabilità dei suoli - legge 25 gennaio 1977, n. 10; • il decentramento delle funzioni amministrative statali - D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; • l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale - legge 23 dicembre 1978, n. 833.

21


modelli operativi agevolmente inseribili nell’organizzazione degli enti, conseguire con i limitati mezzi a disposizioni risultati efficaci, costituire rapporti di collaborazione e riferimenti diffusi sul territorio dei quali i Comuni, soprattutto i più piccoli, potevano avvalersi direttamente e senza sostenere spese. I rapporti curati con l’Amministrazione regionale arricchivano con la partecipazione fattiva dei dirigenti della Regione, le iniziative ed i lavori di interpretazione ed indirizzo, consentendo anche ad essi di conoscere le diverse realtà esistenti e di indirizzare consapevolmente l’azione di sostegno regionale. Per ciascuno dei grandi temi indicati l’ANCI Toscana organizzò con gli Amministratori, i Segretari comunali, i Dirigenti dei settori interessati, commissioni di studio e di approfondimento, assemblee nelle quali l’illustrazione dei temi era associata al confronto delle interpretazioni dei partecipanti, un servizio costante di informazione ed aggiornamento. Gli atti più importanti venivano pubblicati nei fascicoli della rivista “Nuova Rassegna”, edita in Toscana, diffusa nella maggior parte dei Comuni, offrendo anche al di fuori della Regione contributi apprezzati. Quaderni operativi venivano allestiti e inviati ai Comuni toscani per assicurare i materiali utili alle loro attività.

sanamento degli acquedotti, per le opere di raccolta delle acque di scarico dagli insediamenti abitativi e dalle aziende produttive industriali ed agricole, per la loro depurazione e per lo smaltimento dei materiali dalla stessa residuati. Compiti che comprendevano le responsabilità delle autorizzazioni allo scarico per le aziende produttive, il controllo dei limiti posti alla qualità delle acque scaricate, i provvedimenti di sospensione e cessazione delle attività inquinanti, la denuncia all’autorità giudiziaria delle violazioni che avevano rilievo penale. Gli impianti di depurazione delle aziende produttive, singoli o collettivi, dovevano essere in funzione entro tre anni dall’entrata in vigore della legge. La posizione dei Sindaci nei confronti delle attività che avevano sede nei loro Comuni era delicata per le esigenze, difficilmente conciliabili, di applicare con rigore le misure disposte dalla legge e di evitare la chiusura delle aziende e la perdita del lavoro che le stesse assicuravano. I Comuni, le Associazioni degli imprenditori, le Organizzazioni sindacali furono subito investiti dalla rilevanza prioritaria dei problemi che la legge 319 determinava ed apparve evidente che la soluzione richiedeva un impegno congiunto pubblico-privato per la realizzazione e la gestione di impianti collettivi di depurazione, ricercando il finanziamento delle ingenti spese di costruzione ed impostando il loro esercizio con attenta considerazione dei costi che avrebbero gravato sia sui cittadini, sia sulle aziende e sui loro prodotti. La Presidenza ed il Consiglio direttivo dell’ANCI-Toscana furono sensibili a queste esigenze che nei Comuni impegnavano direttamente i Sindaci, e se ne resero interpreti verso il Presidente e la Giunta della Regione, alla quale la legge 319 aveva attribuito le funzioni di regia delle operazioni, trovando negli stessi condivisione per la soluzione unitaria delle opere di depurazione e concreto sostegno con la programmazione e finanziamento, in tempi rapidi e con l’intervento ottenuto dalla Comunità europea, dei primi im-

il risanamento e la tutela delle risorse idriche Con le disposizioni per il risanamento e la tutela delle risorse idriche, stabilite dalla legge n. 319 del 10 maggio 1976 l’Italia, adempiendo alle direttive della Comunità europea, valutava per la prima volta i problemi posti dall’inquinamento che l’estendersi della città e l’espansione delle industrie aveva determinato, che era necessario affrontare per rimediare ai gravi danni che avevano provocato all’ambiente, alla salute ed al patrimonio idrico, bene prezioso ed insostituibile. Ai Comuni la legge 319 affidava tutti i compiti operativi per il ri-

22


l’attribuzione ai comuni delle funzioni amministrative statali Un impegno speciale fu dedicato all’attuazione del decentramento amministrativo disposto dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che attribuì ai Comuni molte funzioni amministrative dello Stato per semplificarne l’esercizio e renderlo più vicino ai cittadini. Adempiendo alla delega conferita con la legge 382 del 22 luglio 1975 e con l’apporto della Commissione di studio presieduta da Massimo Severo Giannini, il decreto 616 conferiva ai Comuni competenze importanti nelle materie della polizia urbana, dell’assistenza sociale e sanitaria, dei servizi sociali scolastici, dei beni culturali, delle fiere e dei mercati, del turismo, dell’urbanistica, dell’edilizia pubblica e della tutela dell’ambiente, ampliando e rafforzando il ruolo fino ad allora esercitato che assumeva nuovo rilievo e dignità. L’importanza del provvedimento fu compresa dalla Sezione regionale che, dopo gli approfondimenti effettuati dagli organi direttivi, il 31 ottobre 1977 riunì a Lucca, nel Palazzo comunale, i Sindaci, i Segretari ed i dirigenti dei Comuni per la prima analisi della riforma. Furono subito costituite cinque Commissioni di lavoro, composte da amministratori e funzionari, per i temi principali dell’assetto del territorio, dei servizi sociali, dello sviluppo economico, dei problemi del personale e degli aspetti finanziari. In tempi rapidi esse analizzarono ed interpretarono il complesso testo legislativo, definirono compiutamente le procedure di attuazione, formularono i testi delle deliberazioni che consentirono ai Comuni toscani di esser pronti fino dal 1° gennaio 1978 ad esercitare le molte nuove funzioni ad essi attribuite. Il lavoro compiuto fu riunito in un volume pubblicato dalla Sezione a metà del mese di Dicembre 1977, fatto pervenire alle amministrazioni comunali e richiesto anche da altre sezioni regionali.

pianti localizzati nelle aree produttive che per la consistenza ed i caratteri delle loro attività, presentavano le esigenze più pressanti. Gli interventi della Regione e l’attività dell’Associazione guidarono l’attività dei Comuni e promossero da parte degli stessi l’ulteriore avanzamento dei piani di risanamento. I risultati ottenuti fecero comprendere alle Amministrazioni toscane il valore delle azioni unitarie, maturate con le concordi intese promosse dalla loro Associazione, per affrontare e governare le difficoltà Comuni.

la disciplina dell’edificabilità dei suoli La legge sui suoli edificabili n. 10 del 1977 assoggettava a “concessione” del Comune ogni modificazione urbanistica ed edilizia del territorio, introducendo il principio del trasferimento a carico dei privati delle opere di urbanizzazione con l’obbligo per le stesse del corrispettivo, in denaro od in opere, per ogni tipo d’intervento edilizio. L’utilizzazione edificabile dei suoli, e con essa lo sviluppo urbano, veniva programmata gradualmente con i piani pluriennali d’attuazione. Una disciplina rigorosa fu stabilita per le lottizzazioni. La legge sui suoli costituì il primo provvedimento-quadro in materia urbanistica, essendo sopravvenuta dopo l’avvio dell’attività delle Regioni a statuto ordinario. Modificava profondamente il rapporto dei Comuni con i cittadini e regolava con criteri nuovi lo sviluppo edilizio dei territori. Gli organi direttivi dell’Associazione promossero approfondimenti e confronti tra i rappresentanti elettivi e tecnici dei Comuni, la Giunta ed i dirigenti della Regione, gli ordini professionali, impegnando autorevoli giuristi al fine di pervenire ad interpretazioni uniformi e condivise per l’applicazione in tutta la Toscana del nuovo regime dei suoli. Un impegno importante, che conseguì risultati molto positivi.

23



l’istituzione del servizio sanitario nazionale L’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale fu disposta con la legge 23 dicembre 1978, n. 833 e la sua attuazione competeva, secondo l’art. 3, allo Stato, alle Regioni ed agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini. L’art. 13 attribuiva ai Comuni “tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera che non erano espressamente riservate allo Stato ed alle Regioni”. I Comuni dovevano esercitare le funzioni loro conferite in forma singola od associata, mediante le Unità Sanitarie Locali, ferme restando le attribuzioni del Sindaco quale autorità sanitaria locale. L’art. 15 definiva l’Unità Sanitaria Locale “struttura operativa dei Comuni singoli o associati e delle Comunità montane”. L’ambito territoriale di ciascuna U.S.L. doveva essere determinato in base a gruppi di popolazione compresi tra 50.000 e 200.000 abitanti: la loro delimitazione competeva alle Regioni, sentiti i Comuni interessati. La Regione Toscana, nella quale era Assessore alla Sanità Giorgio Vestri che aveva preceduto Landini nella carica di Sindaco di Prato, richiese l’attiva partecipazione dei rappresentanti dell’ANCI regionale ai lavori della Commissione che progettò il piano territoriale sanitario toscano. L’Associazione svolse un’intensa attività di collaborazione con la Regione e di raccordo con i Comuni associati nella fase di prima attuazione della riforma, per la costituzione delle USL nelle zone in cui il piano sanitario aveva suddiviso il territorio, per la costituzione degli organi e per avviare la loro attività secondo le norme e gli indirizzi stabiliti dalla legge regionale. I Comuni prestarono, per quanto risultò necessario e possibile, il loro sostegno all’ attività dei Comitati di gestione delle USL, nei quattordici anni che trascorsero fino alla nuova organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale stabilita con il D.Lgs. 502 del 1992.

la condizione finanziaria delle istituzioni locali I problemi che erano sempre al centro dell’impegno degli organi dell’Associazione, in sede nazionale e regionale, erano determinati dalla situazione finanziaria che condizionava ogni giorno la vita dei Comuni, limitando e spesso impedendo l’esercizio delle funzioni e la prestazione dei servizi indispensabili alla popolazione. Il favore con il quale erano state accolte ed avviate ad attuazione le riforme era accompagnato dalla preoccupazione causata dalla mancanza di risorse per affrontare adeguatamente le nuove funzioni. Nella storia delle istituzioni locali non vi erano stati periodi nei quali ad esse fossero attribuiti mezzi economici adeguati ai loro compiti. Come già accennato, la riforma tributaria impostata con la legge 825 del 1971 aveva centralizzato il prelievo da parte dello Stato, che doveva distribuire il gettito tra tutte le componenti dell’ordinamento, e soppresso il sistema tributario dei Comuni che assicurava agli stessi due terzi delle entrate correnti, mentre per le differenza essi dovevano ricorrere all’assunzione di prestiti. La riforma del 1971 aveva assegnato ai Comuni, fino al 1977, entrate sostitutive dei tributi soppressi, determinate con criteri rigidi che non ne avevano consentito l’adeguamento all’inflazione, che in quel periodo correva intorno al quindici/venti per cento annuo, polverizzandone il valore effettivo che dopo il primo quinquennio era ridotto a meno del trenta per cento. Diversi Comuni non riuscivano a provvedere al pagamento tempestivo degli stipendi al personale e tutti erano arretrati, di anni, nel versamento dei contributi previdenziali e delle ritenute erariali. L’impossibilità di adempiere agli impegni verso i fornitori causava interruzioni nei servizi essenziali. Gli istituti di credito che gestivano le tesorerie comunali consentivano, con limitate ed onerose anticipazioni, di far fronte alle situazioni più critiche. Gli organi dell’ANCI nazionale rivolgevano continuamente appelli pressanti al Governo ed al Parlamento perché la situazione fosse affrontata con adeguati interventi. Il Convegno Nazionale

25


che l’ANCI teneva ogni anno a Viareggio rappresentava gli effetti sempre più gravi della crisi, chiedendo provvedimenti risolutivi. L’ANCI Toscana, con Landini e con i Sindaci che facevano parte dell’esecutivo, animava i dibattiti del Convegno di Viareggio, sosteneva l’azione degli organi nazionali ed aveva rappresentato con forza alle direzioni nazionali dei partiti l’esigenza di affrontare la situazione. Con il 1977 si concludeva il disastroso regime transitorio della finanza locale stabilito con la riforma tributaria e l’adozione di interventi, troppo a lungo rinviati, era ineludibile. Il primo provvedimento d’emergenza fu adottato con il D.L. del 17 gennaio 1977, n. 2, con il quale furono consolidate con cartelle di credito emesse dalla Cassa Depositi e Prestiti le anticipazioni di tesoreria e le esposizioni bancarie per le quali erano esposti i Comuni, gli altri enti locali e le aziende municipalizzate di trasporto, che erano anch’esse in gravi difficoltà. Si era presa consapevolezza della gravità della situazione, della quale non si conoscevano le dimensioni, come in effetti il provvedimento testimoniava, e si rinviavano gli interventi capaci di restituire agli enti locali i mezzi per assolvere ai loro compiti. Il Convegno Nazionale tenuto dall’ANCI a Viareggio dal 29 settembre al 1° ottobre del 1977, esprimeva l’immediata necessità di provvedimenti legislativi che dal 1° gennaio 1978 consentissero di disporre delle risorse per esercitare le funzioni e di riordinare le gestioni. Gli oltre tremila Sindaci che avevano animato per tre giorni il dibattito avevano conferito al Presidente ed all’esecutivo dell’ANCI il mandato di effettuare ogni azione idonea per superare la situazione sempre più insostenibile.

luzione della crisi finanziaria, avevano conquistato apprezzamento anche al di fuori della Regione e fecero ritenere importante la sua partecipazione agli organi nazionali dell’Associazione, dei quali fu scelto come Vice Presidente, incarico nel quale s’impegnò fattivamente, con l’entusiasmo e l’equilibrio che sempre poneva nell’assolvimento del dovere di rappresentanza dei Comuni. Si meritò la stima e l’amicizia del Presidente Senatore Camillo Ripamonti, al quale fu quotidianamente vicino nella sua degenza nell’Ospedale della Versilia, dopo l’incidente occorsogli nella visita di omaggio al sacrario dei martiri di Sant’Anna di Stazzema, compiuta con la delegazione dei Sindaci partecipanti al Convegno di Viareggio. Stima ed amicizia cordiale lo legarono al nuovo Presidente, Senatore Riccardo Triglia, del quale fu un leale collaboratore e con Giovanni Santo, prezioso Segretario generale dell’Associazione, che sostenne nell’opera di riorganizzazione degli uffici e della struttura. Un rapporto particolare di fraterna amicizia lo legava all’On. Rubes Triva, Presidente della Consulta per la Finanza Locale, alla cui competenza e capacità politica molto si deve per i risultati che in quella straordinaria stagione i Comuni conseguirono con la loro Associazione, nella quale regnava la concordia degli intenti e la dedizione con cui tutti, dal Presidente ai suoi collaboratori, operarono per ottenere i provvedimenti che avrebbero chiuso un lungo e difficile periodo e costituito le condizioni per realizzare il nuovo ordinamento delle autonomie locali, approvato nel 1990. I decreti legge annuali, che dal 1977 al 1984 stabilirono le nuove regole finanziarie, organizzative e contabili dei Comuni e delle Province, prima affrontarono l’emergenza e poi costruirono il nuovo regime dei rapporti tra lo Stato e le autonomie, superando oltre trent’anni di negative esperienze. I provvedimenti annuali nascevano dal confronto e dalle intese politiche che venivano raggiunte tra il Governo ed gli organi di vertice delle Associazioni dei Comuni e delle Province, per la cui attuazione si procedeva con la elaborazione tecnica alla quale

landini vice presidente dell’anci nazionale L’opera di Landini e della Sezione Toscana per l’attuazione delle riforme e l’azione svolta a sostegno dell’ANCI nazionale per la so-

26


Gli appunti di Fiorello Fabbri per la prima riunione del Consiglio Direttivo di Anci Toscana nel 1975


partecipavano con i Dirigenti dei Ministeri competenti gli esperti designati dall’ANCI Ivo Giuliani, Ermanno Pianesi e chi scrive, e dall’UPI Otello Azzoni e Roberto Bertoli. La valutazione delle diverse possibilità e necessità attuative non era sempre agevole ma la linearità e la serenità dei rapporti consentiva di pervenire alle conclusioni condivise che gli organi ministeriali sottoponevano alle decisioni del Governo, e gli incaricati alle loro Associazioni, restando attribuita al Parlamento l’adozione dei provvedimenti definitivi in sede di conversione dei decreti legge, avanti al quale il Presidente Triglia al Senato e l’On. Triva alla Camera sostenevano le posizioni delle Associazioni e conquistavano i miglioramenti che risultavano possibili. La conoscenza della effettiva situazione dei Comuni, sulla quale l’ANCI aveva molto contato ottenendo dagli uffici del Ministero dell’Interno approfondimenti e studi che documentavano le condizioni esistenti nelle diverse aree del Paese, insieme con l’opera che veniva svolta nelle Commissioni parlamentari, avevano realizzato una nuova e più giusta considerazione dell’importanza per il Paese delle autonomie locali. Landini e il Direttivo della Sezione regionale erano consapevoli dell’importanza dei provvedimenti che l’azione dell’ANCI stava ottenendo e ne voleva partecipi i Comuni toscani, ai quali rendeva immediato conto dei risultati che venivano conseguiti. Memorabili le Assemblee effettuate a Firenze, in Palazzo Vecchio, nella Sala dei cinquecento affollata da Sindaci, Assessori, Segretari e Ragionieri comunali, mentre il testo dei decreti stava uscendo sulla Gazzetta Ufficiale, nelle quali Landini, Favilla ed altri Sindaci rappresentavano gli aspetti politici, seguiti dalla illustrazione tecnica dei provvedimenti, a me affidata, tornando a riunire i Comuni al momento della conversione in legge dei decreti. Ogni Comune riceveva nei giorni successivi all’assemblea il “quaderno” che illustrava le nuove disposizioni e le modalità per l’attuazione. Era stato così costruito un rapporto di partecipazione effettiva dei

Comuni alla loro Associazione, che dal livello regionale si rifletteva e valorizzava l’azione ed i risultati che gli organi nazionali conquistavano. Quegli anni rappresentano un periodo importante nella storia delle istituzioni locali, nel quale furono realizzate le condizioni per superare la precarietà alla quale per oltre trent’anni erano state costrette e per pervenire nel 1990 al nuovo ordinamento delle autonomie locali, un periodo del quale Goffredo Lohengrin Landini fu uno dei protagonisti.

28




Sindaco della sua Prato

Goffredo Lohengrin Landini e Eliana Monarca in Consiglio comunale


l’impegno di sindaco per la sua prato Primo dei Consiglieri eletti il 15 giugno 1975, Goffredo Lohengrin Landini fu nominato dal Consiglio Comunale Sindaco di Prato il 28 luglio 1975 e ricoprì la carica per dieci anni, fino alle elezioni del 12 maggio 1985. L’impegno per il suo Comune era iniziato nel 1951, con l’elezione a Consigliere, ed era maturato nella lunga esperienza compiuta con le Amministrazioni che avevano guidato Prato nei venticinque anni in cui la città aveva raddoppiato la popolazione, moltiplicato il numero delle aziende produttive e dei lavoratori occupati, vivendo i problemi posti da una crescita incontenibile e difficile da governare. La volontà di concorrere all’ulteriore progresso della sua città e di misurarsi con le difficoltà esistenti per superarle e dare assetto razionale al territorio e consistenza adeguata ai servizi per i cittadini, erano i motivi per i quali aveva aspirato alla carica di Sindaco, capo dell’Amministrazione del Comune. Aveva una considerazione elevata della funzione del Comune, l’ISTITUZIONE, come la definiva e la considerava per distinguerne il ruolo primario rispetto agli altri enti che operavano per la comunità, per sottolineare il valore della rappresentanza conferita agli amministratori comunali dalla scelta democratica degli elettori, per ricordare a sé ed agli altri eletti la responsabilità che insieme avevano verso i cittadini. L’orgoglio di appartenere alla sua Prato, di esserne stato scelto come primo cittadino, gli conferiva una carica speciale per vincere le difficoltà e superare gli ostacoli, conquistando alla Città sempre maggiore importanza e prestigio, “il meglio per Prato”, l’espressione convinta che usava per indirizzare le scelte della sua Amministrazione e dei suoi collaboratori. Aveva una personalità forte e la esprimeva con la concretezza dell’azione e con le intuizioni che traeva dalla sua naturale sensibilità politica, riconosciutagli da amici ed avversari, e dall’espe-

rienza amministrativa di cui si era arricchito nell’attività svolta per venticinque anni da Consigliere, Assessore, Vice Sindaco, con la quale aveva conosciuto approfonditamente le funzioni e la macchina organizzativa comunale. Conquistava l’affetto degli amici e la stima degli avversari con l’umanità forte e profonda che esprimeva con uno stile schietto e spontaneo, con il rispetto con cui intratteneva i rapporti, con la sensibilità che dimostrava verso coloro che avevano bisogno di sostegno morale e concreto. Un rapporto speciale lo univa ai due organi collegiali, Consiglio e Giunta, fondato sul rispetto personale, sul valore che attribuiva al mandato di rappresentanza che i loro componenti avevano, come lui, ricevuto dai cittadini, e sull’apprezzamento per l’impegno che essi ponevano nell’assolverlo. Esercitava la sua funzione di presidente della Giunta indirizzandone e coordinandone i lavori con abilità politica espressa con garbo, rispettando e valorizzando le idee ed il lavoro degli Assessori, rendendo agevole il confronto, componendo le diverse posizioni, mantenendo l’unitarietà dell’azione amministrativa e la cordialità del rapporto collegiale. I lavori del Consiglio comunale, che si riuniva ogni settimana, erano caratterizzati dalla dignità che i Consiglieri esprimevano nei loro interventi, consapevoli di esser rappresentanti dell’intera comunità pratese. Assistendo alle riunioni, al confronto ed ai contrasti, mai aspri, tra le diverse posizioni, si avvertiva l’impegno che tutti ponevano per essere all’altezza del compito assunto. Landini presiedeva il Consiglio introducendo gli argomenti, presentati ed illustrati dagli Assessori che sostenevano il dibattito nel quale il Sindaco interveniva, ove necessario, a conferma delle posizioni della Giunta, e sui temi più importanti lo concludeva con le considerazioni con le quali invitava a procedere alla votazione.

32


Il Palazzo Comunale di Prato


I contrasti e le critiche lo stimolavano a valutare la validità delle convinzioni sue e della Giunta. Quando i dissensi apparivano fondati venivano accolte le proposte o rinviate le decisioni per gli approfondimenti. Dava così ai rapporti con la minoranza, che non voleva esser definita “opposizione”, una considerazione che la rendeva partecipe delle decisioni e per questo favorevole a molti provvedimenti e ad assumere significative posizioni, testimoniate con l’approvazione all’unanimità del piano regolatore, l’astensione sul bilancio quando erano accolte proposte ed osservazioni, il contributo propositivo ed il sostegno dato alle posizioni da assumere per tutelare gli interessi della città. Gli atti del Consiglio comunale documentano che in molte realizzazioni effettuate in quel periodo vi fu il sostegno dell’intera Amministrazione comunale, che Landini sapeva indirizzare ed unire nelle scelte importanti per Prato. Nei dieci anni di attività il Sindaco Landini e le sue Amministrazioni attuarono un programma d’interventi volti a dotare Prato, nella nuova dimensione demografica ed industriale nella quale lo straordinario sviluppo l’aveva trasformata, delle infrastrutture e dotazioni per divenire la seconda Città della Toscana. Gli appunti che seguono sono cenni sommari, tratti dai ricordi di anni lontani e per questo incompleti ed approssimativi, di quanto fu realizzato od ebbe principio di attuazione in quel periodo, redatti per indicare i percorsi che furono seguiti.

Componenti della Giunta comunale nel periodo 1975/1980 Sindaco, Presidente Goffredo Lohengrin Landini Assessori effettivi Mauro Baldanzi Paolo Benelli Enzo Bettazzi Vieri Bongini Romano Boretti Bruno Dabizzi Pierantonio Gabellini Romano Logli Alberto Magnolfi

Fabrizio Mattei Rosanna Minozzi Eliana Monarca Carlo Montaini Giampiero Nigro Rodolfo Rinfreschi Liliana Rossi Giuseppe Sparacino

Assessori supplenti Giancarlo Calamai Donatella Matteschi

Michele Guerriero

Componenti della Giunta comunale nel periodo 1980/1985 Sindaco, Presidente Goffredo Lohengrin Landini Vice Sindaco, Assessore delegato Alberto Magnolfi

le giunte comunali presiedute da landini Nel ricordare negli appunti che seguono i dieci anni di Landini Sindaco di Prato, ho fatto riferimento alle attività svolte dalle Amministrazioni comunali da lui guidate, delle quali furono partecipi i componenti delle Giunte che nei due quinquenni ne fecero parte, per periodi diversi, che sono sotto indicati secondo quanto risulta dall’Appendice al quarto volume di “Prato, storia di una città”.

34

Assessori effettivi Enzo Bettazzi Vieri Bongini Bruno Dabizzi Giancarlo Calamai Michele Guerriero Elena Giusti Alessandro Lucarini

Ivana Marcocci Rosanna Minozzi Eliana Monarca Luigi Nidito Giampiero Nigro Giuseppe Stea

Assessori supplenti Romano Boretti Maria De Matteis

Giuseppe Paolo Noci


rappresentative della comunità era improntata al reciproco rispetto e promuoveva la loro partecipazione effettiva alle decisioni più importanti. Il ruolo dell’istituzione che tutti rappresentava era affermato con forza ed esercitato con garbo e semplicità cordiale da Landini e dagli Assessori. Le proposte erano considerate senza preclusioni di principio o di parte, valutando con obiettività le finalità e gli effetti d’interesse generale o settoriale che motivavano la legittimità sostanziale della disponibilità dell’istituzione ad intervenire. Per gli interventi e le decisioni capaci di apportare benefici alla comunità pratese, si superavano le preclusioni o limitazioni che a quel tempo erano ancora posti da regole antiche a vincolare l’attività dei comuni. Era ancora in vigore la distinzione tra spese obbligatorie e facoltative imposta dalla legge comunale del 1934 ma l’amministrazione, per governare i molti effetti dello straordinario sviluppo, doveva procedere sulla “strada maestra” che costituiva il percorso scelto da Landini e dalla Giunta e che trovava concorde il Consiglio: agire per il bene della comunità con correttezza, trasparenza ed efficienza, superando ove necessario le regole burocratiche che ritardavano i tempi e gli effetti e moltiplicavano, in anni d’inflazione galoppante, i costi. Questo modo di procedere non cancellava completamente le difficoltà, l’insorgere di problemi, i ritardi e anche l’impossibilità, rara, di conseguire i risultati, assolvendo agli impegni assunti. Erano situazioni che nella dialettica politica del Consiglio comunale la minoranza rappresentava con interventi critici, espressi spesso con contenuti propositivi, mai con acredine. Tutto il Consiglio comunale, maggioranza e minoranza, con posizioni ed espressioni diverse, aveva a cuore l’interesse generale della città, della popolazione e delle attività produttive, con una sensibilità comune che si manifestava con il condiviso concorso all’approvazione e realizzazione degli interventi più importanti. Il contributo determinante alla riorganizzazione territoriale de-

il comune e le attività produttive Il sostegno del Comune allo sviluppo delle attività produttive costituiva da sempre uno degli impegni prioritari per l’attività dell’amministrazione comunale e come tale fu assunto dal sindaco Landini che considerava il progresso della comunità strettamente legato a quello delle industrie, che assicuravano il lavoro e con esso i mezzi per una condizione di vita serena per la popolazione pratese. Nel territorio del comune di Prato nel 1981, alla metà del percorso decennale dell’amministrazione Landini, il censimento delle attività economiche rilevava 18.220 unità produttive, con 70.459 addetti. Il territorio dei comuni che con Prato oggi costituiscono la provincia comprendeva 25.021 unità locali con 95.471 addetti, il livello massimo raggiunto. La popolazione in trent’anni era aumentata dai 73.000 abitanti del 1951 a 159.698 nel 1981, dei quali oltre il 60% in età fra 15 e 64 anni, costituendo una comunità giovane, con un’elevata componente di persone in età lavorativa, che trovavano in gran parte impiego nelle attività produttive. L’amministrazione comunale considerava importante un dialogo costante e positivo con l’Unione Industriale, con le Associazioni delle piccole e medie imprese, degli artigiani e dei commercianti, con le organizzazioni sindacali forti e capaci di una azione unitaria intelligente che raramente si esprimeva con tensioni ed asprezze conflittuali. Un tessuto di rapporti impostato e guidato dal Sindaco Landini ed attuato con concordia d’intenti dalla Giunta che ricercava l’intesa tra le parti sociali, esercitando una funzione di composizione ed armonizzazione piuttosto che di mediazione, intesa a prevenire ed evitare il sorgere di contrasti, prevenendoli con intuizione e sensibilità. Un compito che era reso agevole dalla considerazione che l’amministrazione si era conquistata per lo spirito con cui i rapporti erano stati costruiti e gli interventi venivano effettuati. La posizione dell’amministrazione comunale con le espressioni

35


Intrecci Mediterranei - Museo del tessuto


gli insediamenti produttivi, realizzato con l’iniziativa del primo grande macrolotto industriale, fu sostenuto dalla Giunta e dal Consiglio comunale e realizzato da un Consorzio costituito tra gli imprenditori interessati, organizzato e guidato con impegno dall’Unione industriale, con le altre associazioni e con la Cassa di Risparmi e Depositi. Un comprensorio di circa 100 ettari, un milione di metri quadri, dotato dei servizi e delle infrastrutture, utilizzando per queste anche un finanziamento della B.E.I. per la cui assegnazione il Sindaco Landini si era direttamente interessato, nel quale una parte notevole delle aziende si trasferirono lasciando in molti casi alle esigenze di espansione residenziale le aree in precedenza occupate. Altri interventi di primaria importanza per le aziende produttive, il sistema di depurazione delle acque, l’interporto, le opere di viabilità, e la considerazione ad esse riservata dal nuovo piano regolatore furono oggetto di approfonditi dibattiti e confronti da parte del Consiglio comunale, conclusi con soluzioni positive e decisioni condivise.

“Comitato promotore della Provincia”, formato dai Sindaci dei sette Comuni e da lui presieduto, alla presentazione nel 1983 da parte dei Consigli dei comuni promotori del “Progetto di legge per la Provincia di Prato” per il quale ottenne, insieme al Comitato, la sottoscrizione e presentazione al Senato ed alla Camera dei deputati da parte dei parlamentari toscani, l’appoggio del Ministro dell’Interno On. Scalfaro e fu ispiratore ed attivamente partecipe dell’azione unitaria con i Comuni di Biella, Rimini, Lecco e Lodi, che erano impegnati per la stessa finalità, in una comune strategia per superare le resistenze esistenti.

la revisione del piano regolatore generale Il riordino territoriale dello straordinario sviluppo e la proiezione della città verso il futuro costituirono gli obiettivi della revisione del Piano regolatore generale effettuata dagli architetti Sozzi e Somigli che, preceduta da un’impegnativa opera di consultazione delle rappresentanze della società pratese e dei Gruppi consiliari, condotta dal Sindaco Landini e dal Vice Sindaco Alberto Magnolfi, ottenne l’approvazione unanime del Consiglio comunale.

l’istituzione della provincia La Provincia di Prato è stata istituita il 16 aprile 1992, a conclusione di un lungo impegno iniziato dall’Associazione Pro-Prato nel 1919, ripreso nel 1955 dal Comitato d’iniziativa allora costituito e che era animato da Roberto Giovannini, per quindici anni Sindaco di Prato e da Rolando Caciolli che dedicò per tutta la vita le sue energie per sostenerne la realizzazione, ai quali si aggiunse successivamente Amerigo Giuseppucci, designato dalla Cassa di Risparmi della quale era uno dei dirigenti. Nella sua “Storia della istituzione della Provincia di Prato” Rolando Caciolli illustra l’attivo e forte sostegno dato dal Sindaco Landini all’iniziativa, con l’opera di convinzione svolta nelle sedi politiche regionali e nazionali, fino alla costituzione nel 1981 del

il risanamento delle risorse idriche

La situazione esistente In venticinque anni, dal 1951 al 1975, Prato aveva accolto insediamenti abitativi per oltre il doppio degli abitanti residenti all’inizio del periodo ed aveva avuto uno sviluppo delle aziende produttive che al cens. 1971 erano risultate oltre 6.000 rispetto alle 709 del cens. 1951. Un processo di espansione che si era diffuso sul territorio a macchia d’olio, determinando condizioni e producendo effetti difficilmente governabili. La provvista delle risorsa idrica per gli oltre 78.000 nuovi residen-

37


ti, in media più di 3.000 ogni anno, era stata assicurata dal Consiag con il reperimento di nuove fonti nel bacino del Bisenzio e con interventi effettuati sulla vecchia rete per accrescerne l’efficienza e ridurre le perdite. La dotazione idrica delle aziende ed in particolare di quelle tessili, definite “umide” per i loro processi produttivi, era stata assicurata dalle derivazioni dal Bisenzio che l’antico sistema delle gore, costruito per l’irrigazione dei terreni e i molini e le altre attività alle quali era in origine destinato, diffondeva sul territorio, integrato per le esigenze delle 200 nuove industrie che ogni anno si erano aggiunte a quelle esistenti, dall’acquedotto del quale il Consiag privilegiava, con limitazioni e tariffe, l’approvvigionamento alle famiglie. L’assenza nelle zone di sviluppo di un sistema di fognature aveva fatto divenire le gore i corpi ricettori degli scarichi delle industrie e della maggior parte delle fosse depuratrici familiari, eccettuate quelle del centro storico. Per motivi igienici ed ambientali costituivano un problema, ricorrente nella maggior parte dei comuni, che lo sviluppo cui si è fatto cenno aveva reso per Prato particolarmente preoccupante ma la cui soluzione comportava un impegno economico che le condizioni finanziarie in cui versavano tutti gli enti locali non consentiva di affrontare.

disciplina degli scarichi pubblici e privati in acque superficiali e in fognature, attribuendo ai Comuni il compito di realizzare gli impianti e di organizzare i servizi di acquedotto, fognatura, depurazione delle acque usate e smaltimento dei residuati, insieme con la responsabilità del controllo degli scarichi dei complessi produttivi in acque superficiali e fognature. La legge fissava il termine di tre anni per adempiere e disponeva interventi repressivi che comportavano la cessazione delle attività produttive inadempienti e sanzioni severe per quelle che effettuavano scarichi inquinanti. Le aziende produttive potevano realizzare propri impianti di depurazione od associarsi per costruire e gestire impianti collettivi. Soluzioni che dove furono sperimentate caricarono le aziende di costi insostenibili e non dettero risultati apprezzabili.

I depuratori L’attuazione a Prato delle disposizioni stabilite dalla legge 319 richiedeva un piano di opere di straordinarie dimensioni e l’impiego di risorse ingenti in un periodo nel quale i comuni vivevano la crisi finanziaria più grave della loro storia. Era necessario realizzare impianti collettivi di depurazione per gli scarichi civili e industriali ed affrontare un programma per la costruzione di una rete di fognature a servizio di tutto il territorio, per cessare gli scarichi nelle gore a cielo aperto. Gli obblighi posti dalla legge, i tempi accordati per adempierli, i danni che avrebbero provocato ritardi ed inadempimenti alle attività produttive, posero il problema al centro dell’interesse della Città. Con rapide intese e con un’azione concorde con l’Unione Industriale e con altre rappresentanze economiche e finanziarie pratesi, la situazione fu affrontata dall’Amministrazione comunale guidata da Landini, dando priorità al sistema di depurazione, con un progetto complessivo articolato su tre impianti, due principali ubicati in località “Baciacavallo” e l’altro, complementare, al “Calice”, per servire gli

La necessità d’interventi La necessità di interventi per il risanamento delle risorse idriche, la tutela della salute e la salvezza dell’ambiente fu posta al centro dei programmi della Comunità Europea che impegnò i Paesi aderenti ad assumere in primaria considerazione queste esigenze, sostenuta dalla sensibilità per i pericoli determinati dagli inquinamenti, diffusa fra le popolazioni. Nel nostro paese trovò considerazione con la legge 10 maggio 1976, n. 319, la “legge Merli” dal nome del parlamentare che per la stessa si era particolarmente impegnato, che per tutelare le acque e l’ambiente dall’inquinamento stabilì la

38


insediamenti che avevano sede in quella parte del territorio ed in quello del confinante comune di Montemurlo. La sensibilità della Giunta Regionale, della quale era membro autorevole l’on. Giorgio Vestri, precedente Sindaco di Prato, assicurò con dieci miliardi di lire il finanziamento del primo impianto di Baciacavallo per il quale furono in breve tempo acquisita l’area, di ampiezza idonea ad accogliere i successivi sviluppi, ed effettuata la procedura di appalto dei lavori che iniziarono prima del compiersi di un anno dall’entrata in vigore della legge Merli e per i quali furono stabiliti, e rispettati, termini di ultimazione che ne garantivano il compimento prima della scadenza dalla legge stessa prevista. Mentre procedevano i lavori del primo impianto occorreva proseguire nel programma, avviare a realizzazione entro le scadenze di legge il secondo che ne avrebbe raddoppiato la potenzialità, completando il servizio per la maggior parte delle aziende e degli insediamenti civili. Il reperimento degli oltre 10 miliardi di lire ancora occorrenti assillava l’Amministrazione comunale e l’Unione Industriale e le ricerca in sede regionale e nazionale di soluzioni, negli anni 1977/78 nei quali agli enti locali era stato chiuso l’accesso al finanziamento degli investimenti, risultava impossibile. Il Sindaco Landini chiese aiuto a Lorenzo Natali, Vice Presidente della Comunità Europea, nato ed affettivamente legato a questa parte della Toscana, esponendogli la gravità della situazione, trovandolo immediatamente sensibile. Dieci giorni dopo due dirigenti della Banca Europea degli Investimenti furono inviati a Prato, accertarono la validità e l’importanza dell’intervento per il quale la BEI assicurava i dieci miliardi occorrenti, a condizioni particolarmente agevolate. L’importanza di Prato e delle sue attività in fiorente sviluppo, la razionalizzazione urbanistica che per le stesse si andava affrontando, colpirono i dirigenti della Banca Europea che furono convinti ad estendere

l’intervento anche per le opere di urbanizzazione del macrolotto industriale, del quale era stata avviata la realizzazione. La procedura di appalto del secondo impianto di depurazione fu effettuata senza indugi ed i lavori furono conclusi entro il termine che la legge aveva stabilito, assicurando il servizio a tutte le aziende. Nel corso dei lavori fu collegato agli impianti di Baciacavallo il depuratore direttamente costruito dalle aziende insediate nel comune di Vaiano. L’impianto del “Calice”, a servizio prevalentemente delle aziende e degli insediamenti civili del comune di Montemurlo, fu realizzato anch’esso dal Comune di Prato, con un investimento di nove miliardi di lire, ottenuto dal Comune come i precedenti interventi con la copertura statale degli oneri ammortamento.

La rete delle fognature Gli impianti di depurazione costituivano l’intervento prioritario del programma generale che il Sindaco Landini e l’Amministrazione intendevano realizzare per il risanamento igienico ed ambientale del territorio comunale, con un sistema completo di raccolta delle acque di scarico, una rete di fognature estesa per un percorso di decine di chilometri, al servizio di migliaia di abitazioni e di aziende, che doveva sostituire la funzione precariamente assolta dalle gore. La legge 319 aveva confermato che competeva ai comuni di collegare le fonti degli scarichi, civili e produttivi, con i depuratori terminali e restituire le acque risanate al loro corpo naturale, costruendo le opere necessarie. Dotare la città della rete fognaria costituiva un’impresa finanziariamente molto onerosa ed ancor più complessa operativamente della costruzione dei depuratori, impegnando l’intero territorio e la viabilità esistente, da interrompere e limitare per i lavori. Un intervento gravoso effettuato, allora, da pochi comuni, sia per le difficoltà che comportava, sia perché era ancora diffusa la con-

39


vinzione che le opere, come queste, prive di visibilità, non erano adeguatamente apprezzate dai cittadini. L’Amministrazione comunale era consapevole delle difficoltà da superare e le affrontò con coraggio, considerandone la finalità di offrire una testimonianza di civiltà e di realizzare una condizione fondamentale per l’elevazione della salute e della qualità della vita dei cittadini pratesi. Occorreva un piano organico d’intervento zona per zona, la programmazione attenta dei tempi di progettazione e di attuazione, il reperimento di risorse finanziarie molto elevate, valutabile preventivamente con notevole approssimazione. Nello stesso tempo in cui era in corso la realizzazione dei depuratori, il servizio per l’ambiente del comune avviava la progettazione per lotti, che costituivano sezioni del disegno complessivo, delle opere di fognatura che dopo l’approvazione del Consiglio comunale, l’ottenimento del finanziamento, venivano appaltate con pubbliche gare, alle quali l’osservanza delle forme di pubblicità prescritte assicurava una partecipazione molto numerosa di imprese e l’ottenimento di condizioni molto positive per il Comune. Per la costruzione delle fognature fu effettuato un investimento di alcune decine di miliardi di lire e si può stimare che il complesso delle opere di risanamento ambientale – depuratori e fognature – richiese una spesa superiore a settanta miliardi di lire dell’epoca, che con il coefficiente Istat di adeguamento monetario corrispondono ad un valore attuale di duecento miliardi di lire. Effettuando una scelta avveduta l’Amministrazione comunale si avvalse delle disposizioni che dal 1981 erano usufruibili per gli investimenti degli enti locali, acquisendo i finanziamenti già visti dalla Regione e dalla B.E.I. per i depuratori di Baciacavallo, e per l’impianto del Calice e le fognature, ottenendo mutui dalla Cassa Depositi e Prestiti, che per queste opere e per Prato ebbe una considerazione particolare, con oneri di ammortamento in gran parte coperti secondo le leggi dell’epoca dai trasferimenti statali,

evitando che essi ricadessero sulle famiglie e sulle imprese con le tariffe che già dovevano dar copertura ai consistenti costi della depurazione. Nel complesso delle opere fu incluso anche il canale di trasferimento delle acque depurate dagli impianti di Baciacavallo al Macrolotto industriale, per conseguire la duplice finalità di ridurre sostanzialmente l’onere dell’impianto relativo allo scarico a valle delle acque depurate, sostituire una parte notevole dei prelievi delle industrie dall’acquedotto urbano riservandone l’utilizzazione ai sempre crescenti consumi delle utenze civili, ridurre sostanzialmente gli elevati costi che le aziende sostenevano per questi prelievi. L’opera, costata quasi due miliardi di lire, fu realizzata dal Comune insieme con l’Unione Industriale per il Consorzio del Macrolotto, suddividendone a metà l’onere.

L’acquedotto del centro storico La rete dell’acquedotto del centro storico era stata costruita all’inizio del ‘900 ed era stata in parte modificata e potenziata per far fronte alle mutate esigenze delle famiglie, affrontate dopo la sua istituzione dal CONSIAG. Le condizioni delle condotte più vecchie costituivano motivo di preoccupazione per possibili cedimenti e pericoli di inquinamenti. Nell’opera di risanamento che si stava realizzando per le acque di scarico fu affrontata anche questa necessità con un progetto per rinnovare in parte notevole la rete dell’acquedotto del centro, studiato con il Consiag, con un onere finanziato dal Comune che ascese a circa cinque miliardi di lire. L’attuazione impegnò a lungo la viabilità nelle zone centrali, con disagi per la mobilità dei cittadini, fu gradualmente effettuata dalle Amministrazioni successive e dalle stesse estesa secondo le necessità che nel corso dei lavori emergevano. Furono costruite nuove pregevoli pavimentazioni lastricate che rinnovarono, senza turbarne i caratteri, alcune strade cittadine.

40


Un impegno operativo ed economico di rilievo, affrontato con determinazione ed assolto con l’impegno del Comune e dell’Azienda consortile della quale esso era il principale partecipante, testimonianza della capacità di coloro che operavano per la comunità di unire le forze e di perseguire insieme gli obiettivi.

le attività culturali Le Amministrazioni che hanno guidato il Comune di Prato hanno sempre avuto particolare sensibilità per le attività culturali, rendendosi interpreti del vivo interesse e della sentita partecipazione che per esse aveva la Città. Le prestigiose istituzioni, le opere e le tradizioni che ne costituiscono il prezioso patrimonio artistico, culturale e storico rappresentano i valori importanti espressi nel tempo dalla comunità, che i suoi componenti proteggono e mantengono vive con orgoglio e spirito di appartenenza. Le Amministrazioni guidate da Landini, con l’attenzione e le iniziative del Sindaco e la competenza e l’impegno degli Assessori che negli anni si dedicarono a queste attività, si proposero ed agirono per consolidare le istituzioni ed arricchire e valorizzare i beni della storia e della cultura. Le principali iniziative sono ricordate nelle brevi note che seguono.

La G.I.D.A. Per la gestione del sistema di impianti di depurazione, mentre era in corso la loro costruzione, fu costituita la Società per azioni “Gestione impianti depurazione acque - G.I.D.A.” con capitale pressoché paritario del Comune di Prato e dell’Unione Industriale Pratese. Gli impianti effettuavano la depurazione delle acque di scarico degli insediamenti civili e di quelli delle aziende produttive, due categorie di utenze che corrispondevano canoni diversi nella misura e nelle modalità di riscossione ma abbastanza equilibrati nell’ammontare complessivo. L’intesa tra l’Amministrazione comunale e l’Unione Industriale fu raggiunta dopo un confronto intenso, superando le difficoltà determinate dagli interessi economici da equilibrare, con la decisione di procedere alla gestione degli impianti in forma unitaria, a mezzo della società per azioni a partecipazione virtualmente paritaria delle rappresentanze delle due categorie di utenza e contribuenza. La GIDA spa è stata una delle prime gestioni comunali associate pubbliche-private. Ha saputo affrontare difficoltà ed adeguamenti organizzativi che l’evoluzione tecnologica, le vicende delle attività produttive ed il mutare dei rapporti sociali hanno reso necessari, confermando insieme la validità dell’assetto originario e la sua flessibilità per continuare ad assolvere efficientemente alle importanti funzioni degli impianti gestiti.

L’Istituto Datini e le settimane di studi L’Istituto di Storia Economica “Francesco Datini” fu fondato nel 1967, su iniziativa del prof. Francesco Melis, raccolta dal prof. Fernand Braudel e da un importante gruppo di studiosi che costituirono il primo Comitato scientifico. È considerata la più importante istituzione internazionale nel campo della storia economica dell’età pre-industriale (XIII – XVIII secolo). Ogni anno si effettuano a Prato le “Settimane di studi” organizzate dall’Istituto, alle quali partecipano circa duecento studiosi da tutto il mondo. Direttore ed animatore dell’Istituto, che dal 2007 opera come Fondazione, è il prof. Giampiero Nigro che molto si adoperò, quale Assessore alla Cultura dell’Amministrazione Landini, per l’affermazione dell’Istituto e delle sue attività. Il prestigio scientifico dell’Istituto Datini fu valorizzato, in Euro-

41


Francesco Datini


pa e nel mondo, dal ruolo nello stesso assunto dal grande storico Fernand Braudel che fino dalla prima “Settimana” tenutasi nel 1969 ne fu attivo partecipe e nel 1974, dopo la scomparsa di Federico Melis, assunse la presidenza del Comitato scientifico e promosse, con l’amicizia subito nata con Landini, un rapporto attivo di sostegno e partecipazione del Comune e della Città all’Istituto. Il Consiglio comunale, per unanime decisione, nel 1978 gli conferì la cittadinanza onoraria.

Claudio Martini ed il quarto nel 1997, Sindaco Fabrizio Mattei, che li introdussero riaffermando il valore dell’iniziativa e la continuità del sostegno delle Amministrazioni comunali che si erano succedute a quella che nel 1979 decise ed avviò il progetto. Fernand Braudel aveva presentato l’opera con questa significativa introduzione: “Questa STORIA che insieme abbiamo scritto cerca non solo di mostrar l’insieme della vita di Prato, ma di svelarne le realtà profonde. Si tratta non solo della storia di Prato ma anche di quella dei Pratesi e cioè della loro storia intima: quella della loro civiltà, delle loro credenze come consistenza demografica e della vita economica. Non abbiamo trascurato nessuna via di indagine ed abbiamo la soddisfazione di aver ottenuto dei risultati notevolmente sorprendenti”.

La Storia di Prato Landini, in una memoria che testimonia il rapporto che lo legava a Fernand Braudel, ricordava che “l’idea della storia di Prato si era venuta maturando per l’opportunità di poter contare, con l’attività dell’Istituto Datini, su illustri studiosi che costituivano un patrimonio di ricchezza culturale e scientifica, uniti intorno a Braudel il cui amore per la Città era da tutti riconosciuto. Nel 1979 egli accettava l’incarico di presiedere agli studi della Storia di Prato, incarico impegnativo e gravoso che, precisò subito, avrebbe svolto gratuitamente”. Il Consiglio comunale approvò nel 1979 la proposta della Giunta curata con Landini dall’Assessore alla cultura Eliana Monarca, per un “investimento culturale”, inizialmente valutato in 350 milioni di lire, per realizzare la “Storia di Prato”, la cui attuazione fu affidata al Comitato scientifico presieduto da Braudel e coordinato da Alberto Tenenti, composto da sei illustri studiosi, docenti universitari di elevato prestigio, che curarono il coordinamento della redazione dei quattro volumi, dei quali il primo e il terzo in due tomi, alla quale parteciparono con pregevoli contributi sessanta autori. L’impegno con il quale il Comitato scientifico aveva impostato il lavoro di ricerca, analisi e descrizione dei testi raccolti nei quattro volumi richiese anni di lavoro. Due volumi furono pubblicati nel 1986 e 1988, Sindaco Alessandro Lucarini, uno nel 1991, Sindaco

La Biblioteca comunale Alessandro Lazzerini La Biblioteca comunale “Alessandro Lazzerini” fu progettata agli inizi degli anni ‘70 e venne inaugurata nel settembre del 1978. La sua sede, in locali completamente rinnovati, divenne un presidio culturale importante per la città, quotidianamente affollato soprattutto dai giovani che trovarono nella ricca dotazione libraria materiale prezioso per i loro studi, conservando in una apposita sezione il patrimonio storico originario, nel tempo arricchito, fruibile da ricercatori e studiosi. L’Amministrazione destinò alla sua attività risorse economiche ed organizzative adeguate alle funzioni svolte.

Il Museo d’arte contemporanea Luigi Pecci Sul finire degli anni ‘70 il Cavaliere del lavoro Enrico Pecci decise di donare a Prato, la sua città, un Museo d’arte contemporanea. L’idea era nata dall’amore per il figlio Luigi, tragicamente scomparso, e dalla volontà di ricordarlo con “un’opera che testimoniava l’affetto per la città dove la sua famiglia aveva operato e si era af-

43


Il Museo d’arte contemporanea Luigi Pecci


Il Teatro Metastasio


fermata grazie anche agli insegnamenti, agli esempi ed alle infinite possibilità che essa offre a chi unisca intraprendenza e fantasia allo spirito di sacrificio”. Con questo messaggio pubblicato per l’inaugurazione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, il grande imprenditore “affidava il Museo ai pratesi tutti, dal Sindaco all’ultimo neonato, affinché fosse fulcro e palestra stimolatrice di ideali e di innovazioni”. Nel 1978 il primo progetto urbanistico dell’ing. Attilio Mazzoni fu presentato dal Cav. Pecci al Sindaco Landini ed all’Amministrazione comunale, dai quali fu accolto con entusiasmo ed ottenne il più ampio sostegno. Il Consiglio comunale nel 1981 approvò gli atti relativi alla donazione del Museo, per la cui progettazione era stato incaricato l’architetto Italo Gamberini. Nel 1983 l’Amministrazione comunale decideva l’istituzione, in una sede adiacente al Museo in costruzione, del Centro di informazione e documentazione per le arti visive, per la raccolta e diffusione di documentazioni relative all’arte, all’architettura ed al disegno industriale contemporanei. Veniva così costituito il “Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci”, comprendente il Museo ed il Centro di documentazione, che arricchivano Prato di una istituzione, unica nel panorama museale italiano, di grande valore e prestigio. Il Museo d’arte contemporanea fu inaugurato il 25 giugno 1988.

programmazioni e la considerazione dalle stesse meritata. Prato conquistò l’interesse nazionale in questo settore con l’attività di progettazione e sperimentazione teatrale organizzata e diretta all’inizio degli anni ‘70 dal grande regista Giorgio Strehler. Conclusa questa positiva esperienza l’Amministrazione ritenne di proseguirla affidandola ad un altro grande artista e regista, Luca Ronconi, con l’istituzione del “Laboratorio di sperimentazione teatrale”, che espresse nuove idee e progetti di spettacoli teatrali di elevato interesse artistico, allestiti nei locali dello stabilimento “Il Fabbricone”, dei quali il Comune ottenne l’uso e che sono ora la sede del Teatro che conserva il nome dell’antica fabbrica, la cui attività è gestita oggi, insieme al Metastasio ed agli altri spazi di spettacolo, dalla Fondazione per questi fini costituita.

Il Comune e la scuola L’esigenza di assicurare alla comunità, in continua crescita demografica, sedi e servizi per le necessità della prima infanzia e del ciclo d’istruzione obbligatoria, costituì uno degli impegni primari per l’Amministrazione comunale e richiese una capacità organizzativa straordinaria per far fronte alle necessità ogni anno crescenti, diffuse sul territorio e da governare con flessibilità e cura, estendendo costantemente le dotazioni dei locali, dei servizi e del personale. La diffusione dell’occupazione femminile rese necessaria l’istituzione di asili nido e di scuole materne comunali, che integravano quelle istituite dallo Stato e quelle attivate da organizzazioni private. L’aumento della popolazione scolastica si rifletteva sulla consistenza delle scuole elementari e medie, richiedendo nuove o più ampie sedi e dotazioni di personale sempre maggiori. Per la costruzione di nuove sedi e l’ampliamento di quelle esistenti si fece ricorso ai finanziamenti assegnati dalla Regione sui fondi statali ed all’assunzione di mutui a carico del Comune. Fu solleci-

Il Metastasio ed il Laboratorio di sperimentazione teatrale La sensibilità dei pratesi per le attività teatrali nasceva dal prestigio che il Teatro comunale Metastasio aveva conquistato negli anni nell’ambito regionale, per il valore dei suoi programmi e delle compagnie che in ogni stagione presentava. L’Amministrazione comunale destinava al Metastasio, anche negli anni più difficili, le risorse necessarie per sostenere la qualità delle

46


La cittadinanza onoraria a Fernand Braudel


tato l’intervento dei privati con la costruzione di alcune sedi che l’Amministrazione assunse in locazione con l’impegno di riscattare la proprietà, assolto nei primi anni ‘80. Dal 1978, con l’attuazione del D.P.R. n. 616/1977, i Comuni assunsero direttamente l’organizzazione e gli oneri per i servizi della mensa, del trasporto scolastico e per la fornitura dei libri di testo, fino ad allora assicurati dai patronati scolastici con l’aiuto comunale. Nuovi impegni operativi e finanziari si aggiungevano a quelli già gravosi fino ad allora sostenuti. L’Assessorato, guidato da Rosanna Minozzi, ed il personale seppero governarli con soluzioni che furono apprezzate dalle famiglie, assicurando in particolare a quelle immigrate le condizioni per una rapida integrazione dei loro figli nella comunità pratese.

Fu riscattata la proprietà della piscina e centro di attività motoria di via Galilei, che era stata costruita da privati, rinnovandone gli impianti e le dotazioni. Interventi di ammodernamento furono eseguiti alle altre piscine.

il centro storico - i palazzi comunali il palazzo di giustizia

Gli interventi per il centro storico Il programma pluriennale di sviluppo approvato dall’Amministrazione comunale nel 1979 aveva privilegiato alcune opzioni per le quali, nel confronto avvenuto con le rappresentanze istituzionali ed associative della città, era stato manifestato generale consenso. Fra queste erano compresi gli interventi per il centro storico, ritenuti necessari per ridurre i flussi di veicoli che la viabilità non era in grado di accogliere, che comportavano il decentramento dei servizi di pubblico interesse che nello stesso avevano sede e, insieme, la valorizzazione dell’antico cuore della città da realizzarsi con opere capaci di restituire in condizioni di eccellenza i palazzi prestigiosi nei quali avevano sede gli organi del Comune. La costruzione delle nuove sedi, decentrate nel territorio urbano, della Banca del Lavoro e del Monte dei Paschi, promossa rendendo amministrativamente agevole le nuove collocazioni, fu seguita dagli interventi con i quali l’Amministrazione comunale, con convenienti operazioni finanziarie, acquistò dai due istituti la proprietà degli immobili resi liberi e che costituivano una componente prestigiosa del centro cittadino. Numerose iniziative furono promosse per favorire il recupero da parte dei privati degli immobili esistenti, assicurando una efficace opera di assistenza prestata dall’ufficio a tal fine istituito.

Gli impianti per lo sport Le Amministrazioni precedenti avevano dotato Prato di impianti sportivi importanti con il rinnovamento dello stadio, le piscine, le palestre e i campi per le varie attività agonistiche. L’indirizzo delle Amministrazioni del decennio 1975/1985 fu quello di realizzare strutture per l’attività sportiva dei giovani, scolastica e dilettantistica, e per quelle amatoriali. Era, in quel periodo, la necessità più avvertita. Furono realizzati campi sportivi negli undici quartieri, acquisendo le aree ed attrezzandole inizialmente con i servizi essenziali, assicurandone la fruizione da parte dei giovani e delle scuole. La costruzione del pattinodromo di Maliseti fu realizzata con un impegno economico consistente e superando le difficoltà determinate dal mutare, in corso d’opera, delle esigenze. L’adeguamento delle tribune e dei servizi dello stadio alle disposizioni che a quel tempo furono emanate, comportò un intervento finanziariamente e tecnicamente importante, che fu deciso e realizzato in tre mesi, rendendo agibile l’impianto all’inizio dell’attività agonistica.

I Palazzi del Comune Degli edifici che costituivano le sedi centrali del Comune, lo stori-

48


co Palazzo Pretorio fu il primo restaurato e consolidato, destinandolo a sede dei servizi culturali e del museo civico. Per il Palazzo comunale fu studiato un progetto di ampliamento e ristrutturazione che, valorizzando le opere d’arte e la struttura architettonica che lo impreziosivano, realizzasse una sede istituzionale funzionale e prestigiosa. Per l’ampliamento fu acquistato l’adiacente Palazzo Manassei, interamente da restaurare ma capace di assicurare a tutta la struttura più ampie funzioni. I lavori di risanamento strutturale dell’intero complesso edilizio richiesero oneri finanziari elevati e tempi che si protrassero a lungo e che furono conclusi dalle amministrazioni che seguirono a quella di Landini. Il risultato conseguito risultò eccellente, realizzando nel modo migliore le finalità per le quali gli interventi erano stati promossi. Lavori importanti di recupero e valorizzazione furono completati per il Palazzo comunale di Piazza Mercatale, nel quale avevano ed hanno sede diversi importanti uffici e servizi. Lo sviluppo e l’importanza assunta dal Centro di elaborazioni informatiche del Comune rese necessario provvedere ad una nuova sede per lo stesso, per la quale fu progettato il recupero di un edificio comunale in disuso.

ni a cui doveva assolvere e di non agevole accesso con i veicoli. La Pretura aveva sede in un edificio diverso, distante dal Tribunale, di proprietà privata, nel quale l’intensa attività giudiziaria era disagevole per i magistrati, gli avvocati ed il personale, e soprattutto, per i cittadini. Le sedi dei giudici conciliatori e degli ufficiali giudiziari erano anch’esse insufficienti ed inadeguate. La necessità di una nuova sede unitaria era stata rappresentata all’Amministrazione comunale dal Presidente del Tribunale dott. Corrado De Biase e dal Pretore dirigente dott. Michele Ravone e trovava sostegno dalle Associazioni dei professionisti e degli imprenditori, interessate per le loro attività ed aziende ad una migliore sistemazione ed accessibilità di questi essenziali presidi istituzionali. La costruzione di una nuova unitaria sede degli uffici giudiziari avrebbe concorso a sollevare il centro storico dai flussi di veicoli che gli stessi richiedevano e si collocava nel disegno generale di sviluppo della città e della considerazione alla quale essa ambiva per sostenere le richieste di adeguamento di tutti i servizi dello Stato. La legge 30 marzo 1981, n. 119 aveva previsto la possibilità per i comuni di accedere a finanziamenti statali per la realizzazione di nuove sedi degli uffici giudiziari. La progettazione, necessaria per accedere al finanziamento fu effettuata rapidamente, la richiesta d’intervento statale, fra le prime presentate, ottenne piena considerazione ed il 25 ottobre 1981 il Comune aveva ottenuto la concessione dell’ingente importo che occorse per l’acquisizione delle aree e per la costruzione ed arredamento dell’edificio, asceso conclusivamente a 21 miliardi di lire. I lavori di costruzione del grande edificio avevano avuto inizio il 12 maggio 1982 e richiesero tempi notevoli, sia per la complessità dell’opera, sia per le difficoltà incontrate dall’impresa che aveva vinto la gara pubblica di appalto e che dovette nel corso dei lavori cederne la realizzazione alla seconda classificata. Furono conclusi all’inizio del 1987.

Il Palazzo di Giustizia Per l’istituzione a Prato, non capoluogo di provincia, del Tribunale erano occorsi più di dieci anni di istanze e di pressioni effettuate dal Comune e dal Comitato per la Provincia dal 1956 al 1968. Il 27 febbraio 1968 il Parlamento approvava il disegno di legge che ne sanciva l’istituzione, presentato dall’On. Luigi Caiazza, parlamentare pratese, e da altri che si erano uniti alla proposta. Gli uffici del Tribunale avevano avuto la loro sistemazione in un palazzo della vecchia Prato, vicino alla sede del comune, dallo stesso assunto in locazione, che risultava non adeguato alle funzio-

49


La Porta Mercatale


gli interventi per le opere di viabilità

Il Programma pluriennale di sviluppo del 1979 Nel Dicembre 1979 l’Amministrazione comunale presentò il Programma pluriennale di sviluppo nel quale erano individuati i problemi emergenti della città e del territorio comunale e furono proposte ipotesi di lavoro per la loro soluzione. Il documento sottolineava l’assoluta importanza di una politica degli spazi e della mobilità per l’allargamento delle maglie che troppo stringevano Prato, attraverso sistemi di grande viabilità e di trasporto veloce, creando all’interno del nuovo perimetro cittadino un sistema di scorrimento agevole. Gli obiettivi da conseguire comprendevano, insieme ad altri interventi, l’adozione di un piano del traffico cittadino con i possibili miglioramenti della viabilità esistente, la realizzazione di un asse di grande viabilità est-ovest, il raddoppio della strada “declassata” ed il secondo casello autostradale, il quadruplicamento della ferrovia Prato-Firenze, la creazione di un grande interporto, la bretella di collegamento alla Firenze-Livorno.

Le opere principali Landini e le sue Amministrazioni affrontarono la situazione della viabilità con interventi che si proposero di migliorare incisivamente la mobilità nella nuova città costruita attorno al centro storico e di dotarla di collegamenti idonei con le dotazioni autostradali e ferroviarie esistenti. Il Ponte che congiungeva la “declassata” all’asse stradale est-ovest e il Ponte Datini attraverso il Bisenzio, costituirono opere importanti, che richiesero un elevato impegno economico e progettuale e tempi resi molto lunghi, specie per il secondo, dal superamento delle difficoltà determinate dagli attraversamenti delle linee ferroviarie. Il casello di collegamento “Prato ovest” all’autostrada Firen-

ze Mare, richiesto ed in gran parte finanziato dal Comune, il contemporaneo raddoppio da parte della Provincia della “declassata” per il quale il Comune provvide ai nuovi e razionali raccordi con la viabilità urbana, l’asse stradale avviato a realizzazione dal Comune nella zona a est-ovest della città, affrontarono una parte importante delle problematiche che il programma del 1979 aveva evidenziato. Interventi di adeguamento e rettifiche furono progettati ed attuati dall’ufficio comunale per le strade, seguendo un programma di miglior “cucitura” fra il centro storico ed i nuovi insediamenti civili e industriali realizzati negli anni di straordinario sviluppo.

La mobilità nel centro storico L’afflusso e la circolazione dei veicoli nel centro storico erano allora necessari per accedere agli uffici comunali e statali, alle banche, alla Pretura ed al Tribunale ed a tutti gli altri presidi pubblici che avevano sede attorno alle piazze del Comune e del Mercatale e nei pressi di esse. Nell’impossibilità di effettuare interventi risolutivi sulla viabilità furono studiati altri provvedimenti per ridurre i flussi di accesso. Alle iniziative per il decentramento dei servizi comunali seguirono il trasferimento delle sedi della Banca del Lavoro e del Monte dei Paschi, la costruzione del Palazzo degli uffici giudiziari, del Comando dell’Arma dei Carabinieri. Per la stessa finalità, con la costruzione della nuova sede del mercato del commercio ambulante a lato della Via Galilei, fu liberata la centrale Piazza Mercatale e le aree adiacenti da tale impegno settimanale. L’area fu destinata dalle successive amministrazioni a parcheggio custodito, dotazione divenuta indispensabile a servizio delle attività che avevano sede nella parte centrale della città. La nuova sede del mercato, attrezzata con tutti i servizi, incrementò notevolmente la presenza degli operatori e l’afflusso dei cittadini. Il costo dell’ampia e centrale area fu finanziato con


un mutuo per il cui ammortamento, insieme ai limitati oneri di gestione, fu provveduto in parte notevole con il gettito dei canoni corrisposti dagli operatori. Il grande spazio attrezzato restava a disposizione per altre attività nei giorni nei quali non veniva effettuato il mercato. Promossa dall’A.C.I. provinciale per assicurare una sosta protetta ai mezzi di trasporto che percorrevano l’autostrada A/1 ed in particolare a quelli che affluivano a Prato da altri Paesi e che dovevano trattenersi per le ore notturne, fu realizzata l’area di parcheggio dei TIR dotata di palazzina di servizi e ristoro. L’area non servì molto a queste finalità che non furono adeguatamente valutate nella progettazione e realizzazione, sia per la difficoltà di avviarvi i mezzi in transito, sia per la scelta di quelli in arrivo a Prato di effettuare la sosta presso le aziende di destinazione.

quale pure si pensava alla costruzione, in località Guasticce, di un impianto intermodale per le attività portuali. Nacque così l’iniziativa per dotare Prato e l’area tessile di una nuova sede dei Magazzini generali e, insieme, di un grande interporto, promossa alla fine del 1979 dal Comune di Prato, dalla Camera di Commercio di Firenze, dalla Cassa di Risparmi di Prato e dall’Unione Industriale Pratese, enti ai quali si unì la società dei Magazzini generali. Una commissione tecnico-amministrativa composta da dirigenti dei cinque enti fu subito incaricata di valutare l’organizzazione urbanistica e l’impostazione del piano operativo di fattibilità dell’iniziativa, che furono concluse all’inizio di aprile 1980. Immediatamente, il 22 aprile 1980, i rappresentanti degli enti approvarono gli atti tecnici e le proposte della Commissione, definirono la convenzione per l’ulteriore sviluppo dell’iniziativa, confermando alla Commissione l’incarico di procedere alla redazione del progetto-tecnico economico di massima, all’individuazione delle fonti di finanziamento e dell’organizzazione di gestione. Il giorno successivo, 23 aprile, il Consiglio comunale di Prato approvava la convenzione, che gli altri enti deliberarono nei mesi successivi ed il 12 gennaio 1981 la stessa fu sottoscritta nella sede comunale di Prato. Il 10 febbraio 1981, a sette mesi dall’incarico, la commissione presentò il progetto ed il piano tecnico di massima, il piano finanziario e la proposta per la costituzione della società che doveva realizzare e coordinare la gestione del complesso di opere. La convinzione dell’importanza del progetto fu testimoniata dall’impegno degli enti partecipanti per avviarne la realizzazione. Mentre il Comune, la Cassa di Risparmi e l’Unione Industriale concordemente conducevano la difficile trattativa per assicurare la grande area prescelta, la Camera di Commercio di Firenze si era positivamente attivata con le Ferrovie dello Stato per la decisiva struttura di raccordo ferroviario ed il Comune

L’iniziativa per l’interporto Il progetto dei lavori delle linee ferroviarie Firenze-Prato, uno dei punti primari del programma del 1979, incideva sull’edificio dei Magazzini generali di Prato e comportava la demolizione di una parte della struttura che aveva una funzione importante ed irrinunciabile per le attività industriali e commerciali. Gli interventi effettuati per la correzione del progetto inizialmente non furono accolti dalla Direzione delle Ferrovie per le esigenze tecniche che caratterizzavano l’importante opera di raddoppio delle linee nazionale e regionale. La necessità di realizzare una nuova sede dei Magazzini generali fu al centro di un positivo confronto fra le rappresentanze della città e si estese alla considerazione di associare alla stessa un impianto che costituisse il polo dei trasporti e di smistamento dei prodotti in arrivo ed in partenza dalla Toscana centrale, collocato nella posizione più idonea per collegarsi con il territorio regionale, con l’intero Paese e l’Europa, e con il porto di Livorno, città nella

52


Il Castello dell’Imperatore


Incontro dei sindaci per il gemellaggio di Prato e Roubaix


sensibilizzava l’Anas per i collegamenti autostradali ed i Ministeri competenti per i servizi. L’interesse con il quale l’iniziativa fu accolta ottenne la sua prima e più importante testimonianza nella decisione dell’Azienda delle FF.SS. di partecipare con una quota significativa alla costituenda società, mentre le altre Amministrazioni statali dimostrarono attenzione per gli interventi ad esse richiesti, riservandosi di procedere in una fase più avanzata del progetto. La rapidità e la concretezza dell’azione unitaria avevano conquistato la considerazione che meritava la comunità pratese, che con il suo sviluppo aveva stupito il Paese. La Società, alla quale partecipavano il Comune e gli altri Enti promotori insieme con le Ferrovie dello Stato, fu costituita ed in breve effettuò l’acquisto della grande area di Gonfienti, assicurando la prima certezza alla realizzazione del progetto. L’Amministrazione delle Ferrovie, divenute co-protagonista dell’iniziativa, rivide il progetto delle linee in costruzione e studiò una modifica che evitava di incidere sulla sede dei Magazzini generali, riducendo sostanzialmente l’urgenza e l’onere per il nuovo impianto. L’area poteva così essere interamente destinata alle funzioni dell’Interporto, con nuove soluzioni che potevano essere realizzate gradualmente, prevedendo la destinazione di un ambito adeguato alle importanti aziende di spedizioni e trasporti, di rilievo nazionale ed internazionale, che già avevano sede a Prato e che il grande impianto avrebbe ulteriormente richiamato, collocando le loro attività e servizi nel sistema intermodale, arricchendolo con rilevanti vantaggi per tutto il sistema produttivo servito. L’impegnativo collegamento con le linee ferroviarie, l’adeguamento della viabilità e la costruzione della bretella autostradale di collegamento con la Firenze-Livorno ed il porto, che lo studio originario aveva indicato, sono stati via via attuati negli anni più recenti ed il concorde impegno degli enti che allora promossero

l’iniziativa ha realizzato, negli oltre vent’anni trascorsi, un hub di grande importanza logistica nel cuore della Toscana, inserito nel sistema della grande viabilità, collegato ai due aeroporti di Firenze e Pisa ed al porto di Livorno.

55



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.