ovada incontemporanea festival 2009 - diario di carlo cichero

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OVADA INCONTEMPORANEA FESTIVAL

diario 2009 di carlo cichero

testo di andrea repetto


OVADA INCONTEMPORANEA FESTIVAL diario 2009 di carlo cichero organizzazione Gruppo Due sotto l’ombrello fotografie di Carlo Cichero testo ed ideazione di Andrea Repetto copyright © 2010 - riproduzione vietata


OVADA INCONTEMPORANEA FESTIVAL 09

africa e futuro

9 agosto - anteprima festival, inaugurazione mostra “ex c-arte”; 25 agosto - ultimi preparativi, prove tecniche e di esecuzione; 26 agosto - presentazione del volume “Come sto bene qui!” di Sandro Cappelletto, esecuzione musicale Marangolo Quartetto Orizzontale; 27 agosto - conferenza “La cooperazione possibile”, esecuzione musicale Giampaolo Casati e Ivan Bert; 28 agosto - conferenza “Gli Ogoni, quale Africa e quale futuro”? premiazione concorso internazionale MINIMUSICDRAMA2009, esecuzione musicale Mdi ensemble.



IL MOMENTO DELLA FOTO

Conosco un po’ il lavoro e la ricerca di Carlo Cichero, ma soprattutto credo di conoscere e riconoscere il suo metodo. Quando gli proponemmo di interpretare attraverso le sue fotografie l’edizione 2009 di Ovada Incontemporanea Festival, mi sono immaginato con grande facilità come egli si “sarebbe mosso”, fisicamente intendo, cioè quale sarebbe stata la sua presenza sulle varie scene; nonostante ciò, una volta mostratomi il lavoro finito, è riuscito a stupirmi ancora. Premetto che una delle cose che noto nella sua fotografia è la costruzione del set in cui mette in posa di volta in volta i suoi personaggi, spesso aiutato dall’illuminazione artificiale per riportare quella sensazione – tra il teatrale ed il cinematografico – di “fotografia sceneggiata”, in cui la ricerca di una luce d’effetto va ad enfatizzare azioni ed espressioni che lui ritiene di sottolineare, per accompagnare l’attenzione dell’osservatore verso quella che è quindi l’intenzione del fotografo-regista. Questo accade nelle occasioni ove lui può dirigere l’azione, mentre ben diverso è… anzi dovrebbe essere, il caso in cui, invece, il ruolo del fotografo è quello di documentare, sia pure in chiave personale ed interpretativa, ma senza poter avere alcuna possibilità di modificare nulla all’interno della scena che si sta svolgendo; in una parola: reportage.


Ciò che immaginavo erano le sue inquadrature dal basso e ne ho avuto conferma già durante l’inaugurazione del Festival; ero certo che un ruolo importante lo avrebbe avuto la scelta delle luci e delle ombre, come elemento fondamentale della sua composizione, al pari di un soggetto vero e proprio; altresì mi aspettavo il resoconto di attimi curiosi e, qualora si fossero presentati, di gradevole ironia, unitamente ad una garbata esaltazione della prospettiva con la linea d’orizzonte vagante all’interno del rettangolo del formato, quasi mai “in bolla”. Diciamo che già dopo pochi minuti, seguendo più il suo operato che l’evento a cui prendevo parte, gustavo una pre-soddisfazione per le immagini che stavo riconoscendo di cui avrei, ed ho, avuto conferma in seguito. Tutto, quindi, andava come previsto: durante i vari spettacoli che si sono avvicendati nelle giornate ovadesi seguivo con lo sguardo l’amico-collega in una specie di rituale di cui mi pareva aver letto un ipotetico copione; le nostre conversazioni dell’immediato vertevano prevalentemente sulle caratteristiche e sulla qualità della luce disponibile, piuttosto che sulle problematiche relative al sempre troppo poco spazio in cui potersi muovere liberamente, in pratica si è trattato dei soliti discorsi tra due fotografi che (in altre e qualsiasi situazioni) si ritrovano a lavorare contemporaneamente su di un medesimo avvenimento. Al limite c’era, ogni tanto, qualche suo cenno di conferma e soddisfazione. Al momento della consegna del lavoro immaginavo quindi di visionare fotografie, prevalentemente orizzontali, in cui non avrei avuto la benché minima difficoltà nel riconoscere immediatamente lo stile di Carlo, il suo punto di vista e la visone ampiamente grandangolare a cui spesso ricorre, ma…


Ma non avevo considerato una delle cose più importanti che, per me, è stata quindi motivo di sorpresa: il taglio della narrazione. In effetti sarebbe stato prevedibile un “semplice” ricordo degli avvenimenti, così come li abbiamo visti noi spettatori. Cichero ha invece preferito dare ampio risalto al “dietro le quinte” degli spettacoli, ai momenti di allestimento, di preparazione, di accordatura degli strumenti quindi le prove dei musicisti, persino ai momenti conviviali; tutte situazioni reali quanto indispensabili all’interno del Festival: attimi, gesti ed azioni che, senza queste fotografie, sarebbero passati inosservati e dei quali non esisterebbe memoria visiva, che qui viene ulteriormente rinforzata da alcuni elementi statici, oggetti i quali, nei precisi momenti in cui sono stati ripresi, assumono forma, posizione e funzione specifica. Uno degli aspetti che ritengo più interessanti tra quelli che emergono da questo lavoro è proprio la “doppia fotografia” che ritrae buona parte dei protagonisti di Incontemporanea, i quali, non di rado, condividono con il fotografo momenti piacevoli e di divertimento. Per questo motivo il diario di Carlo Cichero comprende giustamente una data, il 25 agosto, non prevista nel calendario del Festival, ma che è diventata assolutamente irrinunciabile in questo suo racconto.

Andrea Repetto


domenica 9 agosto





martedĂŹ 25 agosto







mercoledĂŹ 26 agosto

























giovedĂŹ 27 agosto







venerdĂŹ 28 agosto

















www.duesottolombrello.net

www.incontemporanea.net


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