preHISTORIA CONTEMPORANEA di Andrea Benetti

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An d re a B e n e tti

p re H I S TO R I A C O N TE M P O R A N E A



Andrea Benetti

p re H I S TO R I A C O N TEM P O R AN EA


preHISTORIA CONTEMPORANEA DI

Andrea Benetti A CURA DI Marco Bertolini, Federica Fontana Matteo Romandini, Marco Peresani, Ursula Thun Hohenstein

PROMOZIONE DELLA MOSTRA

Università di Ferrara, Sistema Museale di Ateneo , Andrea Benetti Archives Fundation, I.A.P. Italian Art Promotion COLLABORAZIONE SCIENTIFICA

Università di Ferrara · Dipartimento di Studi Umanistici, Andrea Benetti Archives Fundation, I.A.P. Italian Art Promotion CON IL PATROCINIO

Regione Emilia Romagna, Comune di Ferrara, Comune di Fumane, Grotta di Fumane COORDINAMENTO DELLA MOSTRA

Università di Ferrara, Sistema Museale di Ateneo, Andrea Benetti Archives Foundation, I.A.P. Italian Art Promotion SEGRETERIA ORGANIZZATIVA

Università di Ferrara, SMA: Marina Contarini, Paola Policardi, Roberta Pancaldi ALLESTIMENTO

Roberta Pancaldi, Gaia Ciani, Marco Bertolini, Matteo Romandini TESTI

Andrea Benetti, Pasquale Fameli, Ada Patrizia Fiorillo, Federica Fontana, Antonio Guerreschi, Marco Peresani, Matteo Romandini, Ilaria Schipani, Ursula Thun Hohenstein CONSULENZA CREATIVA ED OTTIMIZZAZIONE Barbara Luciano PROGETTO GRAFICO Colour Frame FOTOGRAFIE Marco Bertolini, Alberto Broglio, Antonio Guerreschi, Davide Visentin © 201 6 EDIZIONI qudulibri · ISBN 978-88-99007-1 8-8 © IMMAGINI OPERE Andrea Benetti Archives Foundation andreabenetti-foundation.org · andreabenetti.com


UniversitĂ di Ferrara P a l a zzo Tu rc h i d i B a g n o

Andrea Benetti p re H I S TO R I A C O N TEM P O R AN EA dal 1 3 maggio al 1 9 giugno 201 6

a cura di Ursula Thun Hohenstein Marco Bertolini, Federica Fontana Marco Peresani, Matteo Romandini


L'evento è promosso da

in collaborazione con

Col patrocinio di

Comune di Fumane


INDICE Prefazione di Ursula Thun Hohenstein .......................... pag. 9 Aprire squarci all'immaginario di Ada Patrizia Fiorillo .......................... pag. 1 0 Arte e ornamenti: all'origine della comunicazione simbolica di Marco Peresani .......................... pag. 1 2 Grotta di Fumane e l'arte delle origini in Italia di Marco Peresani e Matteo Romandini .......................... pag. 1 4 Riparo Tagliente e l'immaginario degli ultimi cacciatori paleolitici di Federica Fontana e Antonio Guerreschi .......................... pag. 1 7 Manifesto dell'Arte Neorupestre di Andrea Benetti .......................... pag. 20 Calchi delle opere realizzate da Uomini preistorici .......................... pag. 25 Disegni su carta di Montesanto di Andrea Benetti .......................... pag. 35 Tele realizzate con materiale Paleolitico di Andrea Benetti .......................... pag. 43 Coxale 路 Installazione di Andrea Benetti .......................... pag. 50 Essentia 路 Video installazione di Basmati feat Andrea Benetti .......................... pag. 54 Biografia di Andrea Benetti .......................... pag. 58 Collezioni che hanno acquisito le opere di Andrea Benetti .......................... pag. 60 Speciali ringraziamenti .......................... pag. 62



PREFAZIONE Il Sistema Museale di Ateneo ospita, a Palazzo Turchi di Bagno, la mostra di Andrea Benetti “preHISTORIA CONTEMPORANEA”, viaggio ideale tra arte contemporanea e preistorica, in cui vengono esposte dodici opere (sei disegni su carta e sei su tela) dell’artista e alcune riproduzioni di opere paleolitiche, che testimoniano momenti cronologicamente distinti nella Preistoria ma sono prodotte dalla stessa specie: Homo sapiens. Si tratta dei calchi di due pietre dipinte provenienti da Grotta di Fumane, delle copie di ciottoli e blocchi incisi di Riparo Tagliente, rinvenuti nei giacimenti indagati dall’Università di Ferrara e la replica delle incisioni rupestri di Grotta dell’Addaura (PA). Questa mostra rappresenta un’evoluzione dell’esposizione “VR60768 anthropomorphic figure”, tenutasi alla Camera dei Deputati nel 201 5, che si arricchisce di nuovi elementi e installazioni. È un evento di “contaminazione artistica”, in cui i tratti netti sicuri e immaginifici, siano essi dipinti con ocra o incisi su pietra, di ignoti artisti preistorici dialogano con le opere di arte neorupestre di Andrea Benetti. È un’occasione di incontro tra gli archeologi e l’artista. È un’opportunità per esibire una parte della collezione di reperti d’arte paleolitica custoditi nel Museo di Paleontologia e Preistoria “Piero Leonardi”, in questo momento inagibile, e le copie delle pietre dipinte del Museo di Sant’Anna d’Alfaedo, prestate dalla Comunità Montana della Lessinia. È un momento creativo, un divertissement, e tutti quanti visiteranno questa mostra potranno lasciare un’impronta, un segno o una traccia…

Ursula Thun Hohenstein Presidente del Sistema Museale di Ateneo Università di Ferrara

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APRIRE SQUARCI ALL’IMMAGINARIO

Il fascino del passato non è certo cosa nuova nell’esperienze dell’arte: ce ne rende testimonianza quella lunga sequela di esplorazioni tradotte in movimenti o correnti sovente presentate nella loro denominazione con il prefisso “neo”. Un’adozione che in diversi casi ha coinciso con il carattere di un revival, in altri ha significato il riconoscimento di valori da adottare, oltre gli stessi trascorsi del tempo, come espressione di una creatività trasferita nella sua perenne attualità. Andrea Benetti con il suo lavoro di pittore condotto ormai da qualche decennio, in particolare con le esperienze che, a partire dal 2006, ha circoscritto alla redazione del “Manifesto dell’Arte Neorupestre”, sembra porsi per certi versi a metà strada tra l’una e l’altra posizione. Da questa data in avanti ha assunto nelle sue opere iconografie il cui rimando, anche in forma espressamente tautologica, non lascia dubbi sul legame (ritorno) a linguaggi premoderni o arcaici quale possono dirsi le prime tracce di comunicazione dell’età paleolitica, mentre dall’altro vi ha immesso (continua a farlo) una falda interpretativa che tende ad attualizzare, anche con una dose di ironia, quell’alba così lontana che non avrebbe ragione di esistere se non riproposta con la sensibilità e lo sguardo dell’uomo contemporaneo. In sostanza mi sembra che Benetti metta in atto una sorta di metapicture, vale a dire un annidamento di un’immagine in un’altra che, nel suo caso, non si dà quale esplicito sdoppiamento di un medium in un altro, quanto piuttosto in livelli di trasposizione che vanno in qualche modo decodificati. Bisogna insomma superare il livello del deliberato richiamo al passato emergente dal suo manifesto, anche le evidenze macroscopiche della sua pittura, per scoprire in essa, nei segni minuti o nelle icone aderenti alla scena contemporanea, il senso più vitale di tale ritorno. Del resto per questa mostra che egli propone oggi, nella cornice di Palazzo Turchi di Bagno, sede del Sistema Museale di Ateneo ferrarese, il titolo scelto è, non a caso, “preHistoria contemporanea”. Benetti vi propone un certo numero di disegni su carta e di tele affiancati da alcuni calchi di opere preistoriche. Un dialogo che dovrebbe in tal senso rafforzare le opportunità di riflettere sul tempo, sul suo registro, sui valori che la storia ha la capacità di trasmetterci, a patto di saperla leggere e reinterpretare per scoprirvi il senso di una modernità che la solleva da ingessature e da piedistalli, per renderla fluida, scorrevole, ovvero presente. Ho avuto l’impressione guardando

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alcune opere come i disegni Lo sciamano di Garing, Uomo e cavallo, entrambi del 201 2, realizzati con carbone, sanguigna e gesso su carta di Montesanto o, pertinentemente al percorso di questa mostra, le tele Ominidi con spirale, Ominidi paleolitici I, Animale paleolitico realizzate nel 201 5 nelle quali fa uso di sedimenti ottenuti dalla pulizia di reperti rinvenuti nella grotta di Fumane all’incirca 40.000 anni fa, che l’artista si diverta proprio ad instaurare un corto circuito visivo. Avverte molto incombente questa aura del passato, tanto da utilizzarne, come materia e memoria, i resti (terra e polveri) o i dispositivi (la carta di Montesanto), senza che ciò riesca, fortunatamente, a sollevarlo dalla propria condizione presente. Il gioco della sintesi, il taglio ingenuo, la piattezza priva di profondità di quelle figure, galleggianti come su uno schermo, ne danno ragione. L’interesse dunque per i territori del primigenio, la pregnanza dei segni ridotti a simboli di un codice universale, si trasferiscono cosi nell’evidenza di una pittura che cerca proprio nel simbolico le ragioni del vitalistico. È questa in fondo la cifra più persuasiva della sua esperienza. Con leggerezza Benetti lascia migrare le immagini, abbatte i confini tra passato, presente e futuro. In tal senso le figure sottratte al paleolitico, così come alla sfera del contingente, barchette e scooter, fiori e animali, accolte in alcune opere pur sempre recenti, tessono il filo di un pensiero fervido, ma non ingenuo né inconsapevole dell’opportunità che il progresso permette. Di questo si serve per veicolare le proprie immagini, non i propri quadri, accogliendo la distinzione operata da William J.T. Mitchell tra image (l’immagine vera e propria) e picture (l’oggetto materiale) per la quale la prima è ciò che si mostra nella seconda, «ciò – spiega lo studioso – che sopravvive alla sua distruzione – nella memoria, nella narrazione, in copie e tracce preservate in altri media». Il valore di un’immagine del resto non è quello di appartenere ad una categoria di somiglianza, ma nel suo essere veicolo per spianare strade alla fantasia, alla percezione, alla memoria, ovvero all’immaginario. Ada Patrizia Fiorillo Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara

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ARTE E ORNAMENTI: ALL’ORIGINE DELLA COMUNICAZIONE SIMBOLICA Quando e in che forma l’Uomo ha iniziato a produrre simboli, a comunicare il proprio sapere, la percezione del mondo e della società a cui apparteneva attraverso immagini, segni ed opere artistiche? Questioni che attanagliano filosofi, antropologi culturali, sociologi e quanti operano nel mondo delle Scienze Cognitive, ma alle quali può fornire risposta solamente una ristretta categoria di scienziati, archeologi e paleoantropologi impegnati nell’esplorazione dei più antichi archivi antropici dispersi tra Africa meridionale, Europa, Asia orientale ed Australia. Se le prime, modeste espressioni artistiche opera dei sapiens arcaici sono limitate all’estremo meridionale del continente africano, è soprattutto in Europa che fiorisce la prima arte impressa su manufatti e, spettacolarmente, sulle pareti delle grotte. Mentre “segni” di comunicazione simboliche sono presenti nel Paleolitico in siti frequentati da ominidi arcaici, come Heidelbergensis e Neandertal, le prime vere espressioni pittoriche parietali e mobiliari si collocano all’inizio del Paleolitico superiore, 40,000 anni fa, con la diffusione di Homo sapiens. Questa fase della storia più recente della lunga evoluzione umana è di grande fascino poiché riguarda direttamente la nostra specie - Homo sapiens o Uomo Anatomicamente Moderno ed il suo successo adattativo che fu fondamentale per l’espansione al di fuori della culla Africana. Le indicazioni della biologia molecolare, confermate da ritrovamenti di resti scheletrici, collocano la comparsa dell’Uomo Anatomicamente Moderno in quel continente circa 1 50,000 anni prima della nascita dell’arte parietale. I reperti mostrano la diffusione dei primi gruppi umani nel Vicino Oriente intorno a 1 00,000 anni fa e, quindi, in più ondate nel Medio Oriente, in Asia e Oceania, fino raggiungere l’Eurasia 45,000 anni fa attraverso i bacini del Danubio, del Don e le zone costiere del Mediterraneo. Il successo di queste spinte migratorie legate all’espansione demografica, viene attribuito a vari fattori comportamentali, come l'ampliamento della dieta, l’introduzione di nuove tecnologie, l’uso di strategie venatorie più performanti, la capacità di stabilire reti di scambio, una complessa organizzazione sociale sostenuta dall’uso di simboli tra cui la musica, gli ornamenti e l’arte. Le grotte dell’Europa occidentale-atlantica e mediterranea forniscono

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informazioni molto importanti sul più antico simbolismo. Decorate nell’Aurignaziano, nel Gravettiano e in età successive da incisioni e pitture, talora senza mai essere abitate, presentano al loro interno immagini evocative o simboliche disposte in sequenze significative. A queste si associano resti scheletrici di animali intenzionalmente collocati in luoghi particolari e numerose tracce lasciate sul piano di calpestio dai frequentatori delle grotte. Il grande dispendio di mezzi richiesti per la loro realizzazione e fruizione suggeriscono che questi ambienti ospitassero gruppi che si riconoscevano nella medesima tradizione culturale e che si riunivano in specifiche occasioni e che costituissero lo scenario di riti specifici. La medesima funzione veniva svolta anche dai ripari sottoroccia decorati con grandi fregi scolpiti e dalle aree all’aperto con alta concentrazione di incisioni su massi e lastroni di roccia. La “rivoluzione simbolica”, infine, è evidente anche nell’arte mobiliare, oggetti decorati con rappresentazioni antropomorfe e animalistiche, e nella cospicua presenza di ornamenti su conchiglie marine, probabili espressioni materiali di entità etniche distinte. Non mancano gli strumenti musicali, flauti in osso ed avorio, a sensibilizzarci sulla maturità culturale delle popolazioni del primo Paleolitico superiore. La capacità comunicativa e l’organizzazione sociale dei sapiens sono anche legate ad un rafforzamento del senso di appartenenza al gruppo, al ricorso ad una “memoria collettiva” ed a riferimenti ideologici condivisi: quindi, un elemento chiave alla base della nostra esistenza. In questo scenario si inserisce il progetto artistico preHISTORIA CONTEMPORANEA, un “ponte” di materia fisica e visuale dal Paleolitico al presente, dove si impiega ocra rossa originale utilizzata dai Sapiens di Fumane 40.000 anni fa, per la realizzazione di alcune opere Neorupestri di Andrea Benetti. Quest’ocra continuerà a vivere ed esporsi ai fini simbolici ed astratti, unendosi e aggregandosi ancora una volta dai gesti antichi a quelli moderni di Benetti. Marco Peresani Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara

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GROTTA DI FUMANE E L’ARTE DELLE ORIGINI IN ITALIA L’arte delle caverne si presenta nella piena maturità sin dalle prime manifestazioni, a Grotta Chauvet come in altre cavità dell’Europa occidentale, dove grandi pannelli con figure di felini, cavalli, cervi e pachidermi dell’era glaciale, il mammut e il rinoceronte lanoso, venivano impostati sulle pareti illuminate con le torce a creare suggestivi giochi di ombre e luci. Alle note pitture policrome delle Grotte di Lascaux e di Altamira, ammirate e citate a più riprese da Pablo Ruiz Picasso, si aggiungono tratti stilizzati, segni, incisioni e i noti teriantropi, figure umane dalle sembianze animalesche conservati in innumerevoli siti. Col tempo, segni, incisioni e raffigurazioni geometriche, iconiche, sostituiranno totalmente l’arte figurativa animalistica che accompagnò Homo sapiens fino a 1 4mila anni fa. Resta tuttavia costante l’utilizzo di grotte, ripari sotto roccia e rocce all’aperto come luoghi eletti, riservati al cerimoniale, spesso di accesso difficoltoso. La morfologia, l’ubicazione e la posizione di questi ambienti possono avere implicazioni sulla funzione e sull’uso sociale delle manifestazioni artistiche. Nel Paleolitico superiore, in luoghi diversi e in periodi diversi, sono presenti quindi vari tipi di arte, pitture, altorilievi, graffiti a percussione e graffiti filiformi, ma anche oggetti trasportabili, come sculture, placchette decorate, statuette in avorio, monili, oggetti decorati e addirittura strumenti musicali con specifiche caratteristiche di distribuzione e fattura stilistica. Le pietre calcaree dipinte in ocra rossa rinvenute a Grotta di Fumane, in Valpolicella, nel Parco Naturale Regionale della Lessinia, sono forse tra le più antiche espressioni pittoriche del Vecchio Continente. Questa importante cavità, dopo migliaia di anni di frequentazioni da parte dell’Uomo di Neandertal, fu occupata dai primi Sapiens provenienti dall’Africa. Un’ampia volta arcuata rivolta a sud ne proteggeva l’area atriale con un centinaio di metri quadrati disponibili per le attività quotidiane, l’accensione di fuochi, la macellazione delle prede e la cottura dei cibi, la lavorazione della pietra e dell’osso e molte altre attività legate alla sussistenza, nonché la produzione di espressioni pittoriche. La posizione era favorevole per la

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caccia in ambienti diversi: a monte sulla prateria alpina dell’altopiano lessineo e sulle zone rocciose popolate da stambecchi e camosci, nei boschi delle colline, dove vivevano cervi e caprioli o negli ambienti umidi dell’alta pianura dove si potevano abbattere le anatre oppure imbattersi in branchi di bisonti e dove rumori, odori e sensazioni dovevano inebriare il vivere quotidiano tanto da dover essere espresso a qualcuno, su e con qualcosa… Una mattina dei primi anni del 2000 il professor Alberto Broglio annotava sul diario di scavo: “…sono venuti alla luce vari reperti che mostrano l’ uso di coloranti da parte degli Uomini moderni che frequentarono il sito: alcuni blocchetti d’ocra rossa e ocra gialla; due ampie chiazze di sedimento con apporti di ocra….tracce di colorazione rossa su alcuni manufatti; alcuni frammenti di roccia staccatisi dalla volta o dalle pareti della grotta per effetto crioclastico, più o meno intensamente colorati di rosso…”. A leggere viene da pensare ad un atelier con il pavimento sporco di un artista, a barattoli di colore aperti, e qua e là qualche frammento roccioso iniziato o finito di disegnare sulle pareti, o sulla volta, pronti ad un nuovo ritocco, una nuova sfumatura. I reperti presenti e illustrati in preHISTORIA CONTEMPORANEA, sono una selezione tra un gruppo di pietre che presentano motivi definiti. Pietra con figura antropomorfa

È il reperto icona che ispira questo progetto ed è ad oggi una delle più antiche figure antropomorfe del pianeta. La superficie interessata dal disegno ha morfologia irregolare con forme arrotondate che presentano dislivelli anche superiori al centimetro. Su gran parte della superficie è presente un sottilissimo strato di concrezione biancastra; il colore insiste generalmente su tale concrezione, ma in qualche punto è a diretto contatto con la roccia di colore biancastro. Il colore forma l’immagine di un antropomorfo visto frontalmente. L’asse del corpo tra collo e

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inguine corrisponde a una piccola cresta del supporto roccioso, mentre gli arti inferiori si divaricano con andamento arcuato in corrispondenza di una concavità. All’altezza dell’ombelico si notano due piccole prominenze laterali, non simmetriche. Più in basso il corpo si allarga in corrispondenza del ventre. A lato e sotto l’arto inferiore destro si nota un'area colorata. Due prominenze simmetriche rivolte verso l’esterno si staccano dal capo: sono interpretate come corna o, forse, tutto l’insieme potrebbe essere letto come la silhouette di una maschera. Sotto il collo ben distinto, due tratti simmetrici disposti normalmente all’asse principale del corpo rappresentano gli arti superiori; essi terminano con due tratti più brevi, rivolti verso il basso che possono corrispondere alle mani. La destra sostiene un oggetto che pende, costituito da una parte superiore e da una inferiore dalla quale si staccano quattro tratti disposti a croce di Sant’Andrea: si ritiene possa trattarsi di un oggetto rituale. Pietra con figura animale

Mostra la sagoma di un animale visto di fianco, dipinto con colore rosso. La figura si estende su una superficie irregolare che forma una sorta di cresta dal profilo leggermente sinuoso; il pigmento in alcuni punti è a contatto con cristalli di dolomite, in altri ricopre un velo di concrezione biancastra. In corrispondenza della testa e del ventre il dipinto è limitato da superfici di frattura precedenti alla realizzazione. L’animale ha quattro zampe, corpo snello, collo lungo, testa relativamente piccola e coda. Si distinguono nettamente due zampe anteriori ed una posteriore; dove dovrebbe trovarsi la quarta zampa è evidente il distacco di una scheggia. Il dipinto sembra delineare le sembianze di un mustelide, mammifero del quale si sono trovati i resti scheletrici nei medesimi livelli archeologici di provenienza delle pietre. Marco Peresani e Matteo Romandini Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara

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RIPARO TAGLIENTE E L’IMMAGINARIO DEGLI ULTIMI CACCIATORI PALEOLITICI L’arte di Riparo Tagliente si pone stilisticamente a cavallo tra gli ultimi esempi della grande produzione figurativa d’ispirazione realistica dell’area franco-cantabrica, ben nota al grande pubblico grazie alle celebri immagini raffigurate nelle grotte di Altamira e Lascaux, e le espressioni stilizzate e ricche di motivi geometrici, che contraddistinguono gli ultimi millenni del Paleolitico, attestando la grande dinamicità dei sistemi simbolico-cognitivi degli ultimi cacciatori-raccoglitori preistorici europei. Questo importante sito, ubicato sul fianco sinistro della media Valpantena, vicino a Verona, a pochi chilometri in linea d’aria da Grotta Fumane, si apre alla base di un’ampia parete rocciosa calcarea, in una localizzazione strategica, poiché posto a cerniera tra l’alta pianura e le Prealpi veronesi. Al termine dell’ultima glaciazione, circa 1 7.000 anni fa, gli occupanti di Riparo Tagliente, uomini della specie sapiens, trovarono di fronte a loro ambienti diversi e ricchi di risorse fondamentali per la loro sopravvivenza: un’ampia varietà di specie faunistiche e vegetali e numerosi depositi di materie prime, quali selci utilizzate per fabbricare buona parte dello strumentario e minerali ferrosi, in particolare ocra, impiegata come colorante, oltre che nello svolgimento di diverse attività domestiche. Tracce importanti dell’intensa occupazione del riparo sono state rinvenute nei diversi livelli archeologici e attestano l’accensione di focolari, la confezione di utensili in pietra scheggiata e su materie dura animale, l’effettuazione di varie altre attività domestiche e la preparazione delle armi per la caccia, cui si aggiungono evidenze legate al comportamento simbolico. Fra queste ultime, vi sono oltre un migliaio di conchiglie marine e alcuni canini di cervo intenzionalmente perforati per essere utilizzati come ornamenti per abiti e monili. Nel 1 973, gli scavi effettuati nella zona interna del riparo portarono al rinvenimento dei resti di una sepoltura, parzialmente distrutta durante il Medioevo. L’inumato, un giovane adulto di sesso maschile, era stato deposto supino e coperto, nella parte inferiore del corpo, da pietre di varie dimensioni. Una di queste, del peso di circa 30 kg, recava l’immagine incisa di un leone, sovrastata dal corno di un bovide. Molte altre furono rinvenute in seguito, durante oltre cinquanta anni di ricerche nel sito, nei diversi livelli abitativi. Fra quelle di tipo naturalistico, oltre al leone e all’uro,

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compaiono lo stambecco, l’alce e il bisonte, tutti realizzati con la tecnica dell’incisione su supporti diversi (cortice di selce, ciottoli e blocchi calcarei, osso), mentre gli elementi che recano tracce dipinte sono ancora rari. A tale produzione si associa una gamma di manufatti con raffigurazioni di tipo “geometrico”, non presentate in questa sede. Un’ultima categoria è costituita dai manufatti “a tutto tondo”, fra cui la figurina di una piccola lepre. Oggi, l’ipotesi dell’”art pour l’art” appare difficile da sostenere e la maggior parte degli studiosi tende a ritenere che le ricche e varie evidenze di arte paleolitica diffuse sul continente europeo siano espressione del complesso mondo di credenze magico-religiose di questi popoli, che alcuni riallacciano alla pratica dello sciamanesimo. Pietra con incisione di leone

E’ una delle grosse pietre poste a copertura della sepoltura del giovane adulto rinvenuta all’interno del riparo. Reca la rappresentazione di un leone, eseguito con tecnica diversa da quella utilizzata per le altre incisioni provenienti da Riparo Tagliente. Anziché un solo segno ve ne sono diversi affiancati, forse una resa ricercata o il riflesso delle “indecisioni” dell’artista. Solo la testa è realizzata con un segno più netto. La figura è stata finita con tracce di “grattage” verticale all’altezza del collo e orizzontale sul ventre a imitazione del pelo. Sopra il leone è rappresentato il profilo parziale di un Uro (bue selvatico), ottenuto con un segno preciso e sottile. La pietra è in incontrovertibile rapporto con la sepoltura, anche se non sappiamo né in quale momento sia stata realizzata, né quale sia la relazione tra questa e l’individuo sepolto, in altre parole con fatti avvenuti in vita o legami riferibili al mondo ultraterreno. Pietra con incisione di bisonte

L’immagine del bisonte, ritratta dal profilo sinistro, è realizzata su un grosso ciottolo calcareo di colore biancastro. La testa è rappresentata in maniera abbastanza completa: compaiono entrambe le corna, l’occhio è formato da una linea orizzontale, naso e bocca sono stilizzati, l’orecchio ha forma quadrangolare e la barbetta è costituita da una linea che continua verso il basso per raccordarsi con la

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zampa anteriore sinistra, l’unica rappresentata. La linea della schiena procede con la caratteristica gobba, mentre non vi è traccia del ventre. Il soggetto evidentemente non è completo ma la figura si adatta perfettamente alla curvatura naturale del supporto. Insieme allo stambecco, questa immagine di bisonte è una di quelle che maggiormente richiamano l’iconografia transalpina, aspetto particolarmente evidente nella resa del muso con i dettagli appena accennati del pelame e delle corna. Pietra con incisione di stambecco

Completamente occupata dall’incisione dell’avantreno di uno stambecco è una delle due facce piane di un ciottolo calcareo fratturato in antico. L’animale è ritratto dal profilo sinistro, con il particolare del corno seghettato che sfrutta la curvatura del supporto. Mancano completamente la linea della schiena e della parte posteriore della testa, mentre sono tracciate la barbetta, il lungo pelame del petto e la zampa anteriore, con il particolare dello zoccolo. Lo stambecco costituisce sicuramente una delle migliori raffigurazioni dell’arte paleolitica italiana, veramente potente per la vivezza e la sicurezza del tratto. Nodulo di selce con incisione di leone

L’incisione della testa di un felino è qui realizzata sul cortice calcareo di un piccolo nodulo di selce. Riconoscibile dalla forma del muso e dell’orecchio, il soggetto è rappresentato con poche e brevi linee, senza particolare attenzione per il dettaglio anatomico, tuttavia con resa molto efficace. Nodulo di selce inciso che riproduce una lepre

Sfruttandone la forma naturale, questo piccolo nodulo di selce è stato modellato, tramite brevi incisioni e una serie di raschiature, in maniera tale da richiamare l’immagine di una lepre. Sulla superficie sono presenti lievi tracce di colore. Federica Fontana e Antonio Guerreschi, Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara

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MANIFESTO DELL'ARTE NEORUPESTRE All'alba dell'umanità, ancor prima di inventare la scrittura, l'uomo sentì la necessità di comunicare, di lasciare una traccia di sé nel mondo; tutto ciò lo fece grazie alla pittura. Quell'uomo si rapportava ogni giorno con il sole, con la terra, con l'acqua, con il cielo... integrandosi armonicamente nella natura; e quand'anche la natura non rappresentasse una minaccia, egli la rispettava, con il rispetto che si deve ad una divinità, consapevole dei propri limiti umani. L'uomo contemporaneo ha rinnegato quei limiti e calpestato quel rispetto, ponendosi prepotentemente al centro del mondo e mettendo al primo posto le proprie esigenze, il proprio egoismo. Così facendo, ha stupidamente distrutto un incantesimo e profanato la sacralità della natura e della vita. Allora, facciamo un passo indietro. Azzeriamo e ripartiamo da quel doveroso rispetto per la natura e per l'essere umano; l'arte, deve ripartire dalla prima forma artistica, ovvero l'arte rupestre. Noi dobbiamo ripartire dagli albori dell'uomo e dall'arte primigenia, per ricostruire un nuovo mondo, in cui il rispetto per la natura e per la dignità umana siano finalmente al centro del volere dell'uomo. Solo così riaffermeremo la sacralità della vita, ormai perduta in cambio di un miope e vacuo stile di vita, che sta portando la terra all'autodistruzione. Ricreiamo le condizioni per “avvolgere” il mondo di amore e di pace. Ripartiamo da quella pittura rupestre, che l'uomo primitivo, molto più saggio di noi, realizzava sulle pareti rocciose, ingraziandosi il volere delle forze sovrannaturali. Per la propria parte, questo è ciò che l'arte può fare. Ritroviamo dentro di noi quell'essenza primordiale, incontaminata, priva dei condizionamenti, che muovono l'uomo odierno; condizionamenti imposti da un sistema consumistico mondiale, che ci sprona sempre di più ad essere produttori inarrestabili e consumatori insaziabili. Ricreiamo un giusto rapporto tra l'uomo e l'ambiente, tra la produzione ed il consumo. Ricerchiamo dentro di noi la purezza del bambino, che ancora non conosce il mondo e lo interpreta attraverso la fantasia, osservandolo con curiosità e stupore. Viviamo rappresentando l'oggi come un attimo immortale ed analizzando il passato con uno sguardo critico, ma costruttivo; non viviamo in termini utilitaristici, in cui ogni atto è paragonabile ad una mossa, nel gioco degli scacchi, il cui fine è quello di conquistare tutta la scacchiera. Viviamo ascoltando l'essenza che c'è in ognuno di

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noi; quell'essenza fanciullesca che ci porta ad amare il contatto con la natura, il cibo sano, le tradizioni, i valori condivisi e fondanti, che hanno elevato per lungo tempo l'esistenza umana; rifuggiamo dalle gettate di cemento incontrollate, dalle plastiche, che ormai avvolgono ogni cosa, dalla velocità forsennata che permea, inconsciamente, ogni nostra azione e ci spinge ad una corsa esasperata, anche laddove essa non è affatto necessaria. Riappropriamoci del corso della storia e non accettiamo passivamente tutti i cambiamenti imposti dall'alto, mediante campagne di persuasione, che ci portano ad essere dei numeri e non più delle persone, con le proprie peculiarità e, soprattutto, con le menti pensanti. L'uomo non può mai essere un numero; nemmeno quando la popolazione mondiale raggiunge un affollamento senza precedenti. Ricordiamoci sempre che l'essere umano è, prima di tutto, un'essenza immateriale, oltre ad essere un corpo, troppo spesso proteso alla ricerca del piacere effimero. Questo concetto ci è ormai sfuggito dalla mente e questa “fuga” ha provocato effetti nefasti. Rinnegare o non coltivare la sfera immateriale dell'uomo e rinnegare l'uomo stesso. Questa concezione non è ispirata alla religione, ma ad una visuale “dualista” dell'individuo, ovvero che distingue i due livelli su cui cresce e si forma un essere umano. Non sbilanciare l'ago della bilancia a favore della materia nelle scelte di vita, è un evidente segno di consapevolezza e di saggezza, che ci eleva da qualsiasi altro essere vivente. Senza una parte di mistero, di immaterialità, l'uomo non ha futuro ed è destinato all'estinzione; e prima dell'estinzione toccherà il fondo dell'esistenza, in cui il valore della vita non esisterà più, sacrificato sull'altare di un edonismo becero e privo di solidi contenuti. Nel parallelismo con l'arte, i simboli, i tratti, i colori devono tornare ad essere i protagonisti della pittura, forieri della semplicità e della bellezza della vita che rappresentano. L'istintività, il sentire primordiale, che risiede in ognuno di noi, deve guidarci nell'interpretare ciò che ci circonda; anche l'uso e l'assimilazione della tecnologia più avanzata deve essere filtrata attraverso questa sensibilità. Nell'arte, il senso del mistero, dell'ignoto, deve regnare incontaminato; devono esistere dei dubbi, poiché nella “società delle certezze” non vi è più spazio per la fantasia e, qualora essa sia presente, appare finta, creata a tavolino e finalizzata ad un risultato

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certo. Tracciamo un netto confine tra ciò che è vero e sentito, che viene da quella parte “misteriosa” del nostro io, e ciò che è falso e strumentale. Una lavatrice rotta o una bicicletta arrugginita non sono arte, ma semplicemente una lavatrice rotta ed una bicicletta arrugginita. L'arte è tutt'altra cosa. Nelle grotte della preistoria, ove gli “artisti rupestri” tracciavano i propri segni e spargevano i colori, era già stato inventato tutto; le opere figurative, astratte, simboliste, concettuali... Le future strade dell'arte pittorica erano già delineate nel complesso; nulla mancava all'appello. Ripartiamo, allora, da quelle intuizioni geniali, istintive, che venivano dal cuore ed avevano la forza dell'infante, che traccia segni e colori, spesso inconsapevole dei significati intrinsechi delle proprie creazioni, poiché generate da un livello subcosciente ed affiorate al conscio senza mediazioni. Produrre dei beni per cento volte quelle che sono le nostre reali esigenze ed assistere impassibili ad una grande fetta dell'umanità, che muore ogni giorno per l'assenza di acqua e di cibo, è criminale ed antitetico al nostro sentire. Con quale coscienza possiamo avvallare la civiltà del consumismo, quando ancor oggi vi è una vasta parte del mondo che lotta per la sopravvivenza, quasi sempre perdendo? Un azzeramento è necessario, prima che sia, e forse lo è già, troppo tardi. Se l'essere umano vorrà evitare l'autodistruzione, sarà necessaria una ripartenza, che tenga conto degli errori commessi, per superarli e dare un peso alle cose vere dell'esistenza umana, rifuggendo i falsi miti e le stupidaggini imposte da uno stile di vita vacuo, ma generatore di profitti per coloro che lo controllano. Ad un certo potere fa comodo un individuo che non pensi, che non si erudisca, che segua pedissequamente le mode create in laboratorio. Guardiamo intorno a noi ed iniziamo a verificare il quoziente di consapevolezza della gente comune, per capire quanto siamo raggirati, “rincretiniti”, resi innocui da una marea di stupidaggini che, all'improvviso, sono divenute tutte un'importante ed unica ragione di vita. Vi sono molti fattori, che caratterizzano il progresso della nostra civiltà, che possono essere considerati delle armi a doppio taglio; e ciò dipende da come le usiamo. Purtroppo, nella società, l'uso improprio e l'abuso di molti beni è ormai la prassi, divenuto un consolidato “modus vivendi”. Tutto ciò accade trasversalmente, accomunando i più abbienti agli

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indigenti, i giovani agli anziani, tutti uniti nella forsennata corsa, che ci sta portando ad essere, non più individui, ma pedine, le cui scelte, i cui movimenti, sono comandati dall'alto, ma senza fili, poiché tutto ciò non sia percepito come una dittatura, bensì come scelte assunte dall'individuo, grazie al libero arbitrio. Siamo dunque “pilotati” come una macchinina radio comandata ed abbiamo la sensazione di essere liberi, di decidere noi ciò che determina il nostro futuro; ma liberi non lo saremo mai, finché non spezzeremo questa catena di tacita e, molto spesso, inconsapevole obbedienza. Ecco perché l'arte deve simbolicamente ripartire dalle proprie origini; essa ha sempre precorso i tempi ed appare come un faro da seguire; questa volta, però, non correrà verso l'ignoto, verso l'inesplorato, ma avrà la lungimiranza di ritornare sui propri passi, verso le proprie radici, consapevole della necessità di dare un segnale chiaro e forte di ricostruzione delle fondamenta, che sono alla base della nostra esistenza. Sarà un ritorno alle origini simbolico; ma spesso i simboli posseggono una forza pari soltanto alla forza della natura; quella stessa natura con cui dobbiamo ritornare in armonia e ricominciare a rispettare e ad amare.

Il Manifesto dell'Arte Neorupestre è stato presentato da Andrea Benetti alla 53. Biennale di Venezia, all'interno del padiglione "Natura e sogni" presso l'Università Ca' Foscari - Cannaregio - Venezia - Italia

Bologna, 7 dicembre 2006

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O p e re p a l e o l i ti c h e Riproduzioni delle opere in pietra dipinte o incise dall'uomo preistorico provenienti dalla Grotta di Fumane (VR), dal Riparo Tagliente di Grezzana (VR) e dalla Grotta dell’Addaura (PA) p re H I S TO R I A C O N TEM P O R AN EA

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Grotta di Fumane, Fumane (VR) 路 Pietra con figura antropomorfa 路 Misure massime: cm 24 x 1 1 x 8


Grotta di Fumane, Fumane (VR) 路 Pietra con figura animale 路 Misure massime: cm 30 x 1 0 x 7


Riparo Tagliente, Grezzana (VR) 路 Pietra con incisione di leone 路 Misure massime: cm 55 x 25 x 40


Riparo Tagliente, Grezzana (VR) 路 Pietra con incisione di bisonte 路 Misure massime: cm 33 x 22 x 1 0,5


Riparo Tagliente, Grezzana (VR) 路 Pietra con incisione di stambecco 路 Misure massime: cm 1 9 x 1 3 x 7,8


Riparo Tagliente, Grezzana (VR) 路 Nodulo di selce con incisione di felino 路 Misure massime: cm 4,8 x 4 x 2,3


Riparo Tagliente, Grezzana (VR) 路 Nodulo di selce inciso che riproduce una lepre 路 Misure massime: cm 5 X 3 X 1 ,4


Grotta dell’Addaura, Palermo · Incisioni con figure danzanti dalla parete della grotta



O p e re Andrea Benetti Disegni su carta di Montesanto p re H I S TO R I A C O N TEM P O R AN EA

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Toro di Bew Rare, 201 2, cm 32,5 x 47,0 路 carbone, sanguigna, gesso su carta di Montesanto


Mano con mammut, 201 2, cm 55,0 x 61 ,5 路 carbone, sanguigna, gesso su carta di Montesanto


Sopra: Uomo e cavallo, 201 2, cm 40,5 x 62,0 路 carbone, sanguigna, gesso su carta di Montesanto A destra: L'oracolo, 201 2, cm 50,0 x 44,0 路 carbone, sanguigna, gesso su carta di Montesanto



Tori di Pesk Roll, 201 2, cm 47,0 x 74,0 路 carbone, sanguigna, gesso su carta di Montesanto


Mammut, 201 2, cm 41 ,0 x 51 ,0 路 carbone, sanguigna, gesso su carta di Montesanto



O p e re Andrea Benetti Opere realizzate con sedimenti ottenuti dalla pulizia di reperti paleolitici insieme a terra, ocra e carbone utilizzati dai Sapiens circa 40.000 anni fa, nelle grotte di Fumane p re H I S TO R I A C O N TEM P O R AN EA

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Ominidi con spirale, 201 5, cm 60,0 x 60,0 路 sedimenti e ocra e carbone del paleolitico su tela


Grotta dei Cervi I, 201 6, cm 50,0 x 50,0 路 sedimenti del paleolitico e ossido su tela


Ominide di Porto Badisco I, 201 6, cm 50,0 x 50,0 路 sedimenti del paleolitico e ossido su tela


Freccia paleolitica, 201 5, cm 50,0 x 50,0 路 sedimenti e ocra e carbone del paleolitico su tela



Sopra: Ominidi paleolitici II, 201 4, cm 50,0 x 70,0 路 sedimenti e ocra e carbone del paleolitico su tela A sinistra: Spirali, 201 5, cm 70,0 x 50,0 路 sedimenti e ocra e carbone del paleolitico su tela


COXALE Installazione di Andrea Benetti Anno: 201 6 Misure: altezza1 99 cm · diametro 25,5 cm Materiali: plexigas, fondo gesso e osso bovino

Coxale "All'alba dell'umanità, ancor prima di inventare la scrittura, l'uomo sentì la necessità di comunicare, di lasciare una traccia di sé nel mondo[...]Quell'uomo si rapportava ogni giorno con il sole, con la terra, con l'acqua, con il cielo... integrandosi armonicamente nella natura; e quand'anche la natura non rappresentasse una minaccia, egli la rispettava, con il rispetto che si deve ad una Divinità, consapevole dei propri limiti[...]Noi dobbiamo ripartire dagli albori dell'uomo e dalla sua arte primigenia, per ricostruire un nuovo mondo, in cui il rispetto per la natura e per la dignità umana siano finalmente al centro del volere dell'uomo. Solo così riaffermeremo la sacralità della vita, ormai perduta in cambio di un miope e smaliziato stile di vita, che sta portando il pianeta all'autodistruzione.”

(tratto dal Manifesto dell'Arte Neorupestre di Benetti presentato alla 53. Biennale di Venezia)


È un ritorno alle origini ciò che propone Andrea Benetti nel suo Manifesto dell'Arte Neorupestre, un “regresso”, o sarebbe meglio dire progresso, verso un sentire e vivere più primitivo e profondo. In una società ormai sempre più indifferente nei confronti dell'ambiente e concentrata solo sulle apparenze e mezzi di comunicazione dai linguaggi criptici che escludono il contatto umano, l'artista riflette sul sistema che ci governa come marionette e pensa alla preistoria come al passato meno prossimo, e forse per questo più idoneo, al quale fare riferimento per compiere un passo indietro necessario all'ecosistema e all'essere umano stesso. Questo è in sintesi il concetto che sta alla base del lavoro dell'artista, che rievoca e rende omaggio all'arte primitiva attraverso l'utilizzo di stili e materiali caratteristici dell'età preistorica. Infatti, Benetti parte dalla convinzione che furono proprio i nostri antenati a manifestare per primi, seppur in maniera inconscia, l'arte astratta, figurativa e concettuale. Dipinti, incisioni e sculture risalenti al Paleolitico sono infatti i primi esempi in assoluto di arte, caratterizzata da forme semplici, stilizzate e simboliche delle attività primarie dei primitivi, in particolare della caccia. E proprio l'osso di uno di quegli animali che l'Homo Sapiens combatteva è entrato a far parte dell'installazione di Benetti. COXALE (dal latino coxae, «coscia») è stata realizzata racchiudendo in un tubo di plexiglas, alto 1 99 cm e di diametro 25,5 cm, un osso coxale bovino di circa 20 anni fa, donato all'artista dall'Università di Ferrara. Le estremità del tubo sono state ricoperte da gesso trattato a superficie increspata, che ricorda le pareti ruvide e discontinue delle caverne. La parte centrale, invece, è


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stata lasciata scoperta così da mostrare l'osso sorretto dall'alto da un filo di nylon, creando un effetto di sospensione che viene ancor di più enfatizzato dalla possibile illuminazione interna all'installazione stessa. L'osso Coxale, simbolo di un passato che fu, sembra levitare in una dimensione altra, come in una clessidra, in stasi tra il passato e il futuro. La stessa contrapposizione ritorna nell'accostamento dei materiali: il plexiglas, prodotto di ultima generazione, è ciò che contiene il reperto preistorico, lo custodisce come testimonianza delle proprie origini e modello del passato a cui attingere per capire e costruire al meglio il presente e il futuro. Preistorico e contemporaneo così si ritrovano a convivere nella stessa opera, attraverso la quale l'artista ci invita a riflettere e a domandarci: sarà forse ora di capovolgere l'ordine del tempo? Ilaria Schipani

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ESSENTIA Installazione video di Basmati Film featuring Andrea Benetti Fotografia e editing: Audrey Coïaniz Animazioni: Saul Saguatti Opere: Andrea Benetti Musica: Andrea Benetti e Frank Nemola L'opera di videoarte intitolata "essentia" è stata presentata in anteprima nel mese di aprile 201 5 alla mostra di Andrea Benetti intitolata "VR60768 anthropomorphic figure" promossa dall'Università di Bologna e dall'Università di Ferrara ed allestita alla Camera dei Deputati, a cura della professoressa Silvia Grandi e del professor Marco Peresani. Nella pagine a seguire alcuni frame tratti dall'opera di videoarte intitolata "essentia".


Vitalità del primitivo Spesso il duo Basmati (formato da Audrey Coïaniz e Saul Saguatti) ha colto o catturato fotograficamente le architetture delle città italiane disarticolandole e sfaccettandole in una molteplicità di punti di vista, evidenziandone i profili strutturali mediante traiettorie e vettori di movimento, quelle linee-forza con cui i Futuristi, e Boccioni su tutti, dipingevano incredibili e luminosissime “visioni simultanee”. Quella di Basmati è davvero una “città che sale” in cui palazzi e monumenti vengono centrifugati nel mixer luccicante del video, dove il passo dell’animazione diventa puro flusso. Ma allontanandosi per un attimo dalla giungla metropolitana, con i suoi ritmi vertiginosi, il duo Basmati è andato stavolta a riscoprire quella vera, dove la naturalità degli elementi domina e il segno dell’uomo è minimo, non invasivo. Sono i segni di una nuova pittura rupestre, quella di Andrea Benetti, che danzano al richiamo di un ossessivo tamtam, quello delle percussioni jungle di Frank Nemola. Le figure smagrite e dinoccolate di Benetti costituiscono infatti il repertorio iconografico da cui il duo Basmati è partito per un viaggio senza barriere spaziotemporali: Essentia è come 55


un’accelerazione verso il passato e un “ritorno al futuro”, è la sintesi di un’indagine materiologica compiuta sui quattro elementi – aria, acqua, terra e fuoco – tra gli angoli di quel quadrilatero vitalissimo che è il video. La materia ai suoi diversi stati – liquido, solido o gassoso – è, per Audrey Coïaniz e Saul Saguatti, la sostanza viva di una nuova o ritrovata Informalità: escrescenze, grumi, germinazioni e ribollimenti costituiscono infatti la grammatica di molte delle loro performance live, dove i due artisti sperimentano mescolanze e misture alchemiche proiettandole su pareti e maxischermi, testando la mutevolezza dell’organico e canalizzandola in tempo reale per riversarla nell’ambiente sotto una nuova luce, quella dei pixel. Attraverso questa sorta di “Informale tecnologico”, si schiude quindi per il fruitore un microcosmo di peduncoli, gameti, amebe, molecole che si ingigantiscono, passano dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande proprio grazie alla flessibilità e all’adattabilità dimensionale di un medium attualissimo. Il gesto e la materia vivono e si articolano così nell’eterotopia o nell’atopia dell’ambiente video, in cui i segni di un iconismo elementare galleggiano o si diradano, sfidano la forza di gravità per espandersi in 56


circonvoluzioni, vortici e spirali, come accadeva sulle tele dei Nuclearisti. Ma sui frame materici di Essentia, che formano territori ameni, desertici, infuocati, si innestano scene di caccia come quelle dei camuni, filtrate però attraverso un linearismo giocoso, quasi fumettistico, di sapore pop. È l’immaginario neo-rupestre di Andrea Benetti, che intrattiene un singolare dialogo con quei pittori della generazione precedente alla sua che hanno promosso il ritorno a una pittura “selvaggia” come Markus Lüpertz o A. R. Penck. Benetti compie però un passo ulteriore, perché alleggerisce le tinte sul pastello e le impasta con henné e caffè, ma soprattutto ammorbidisce i contorni e li cuce come in un sinuoso cloisonné, associando festosamente i segni del primitivo con quelli dell’infantile, condensando così le due vie di una vivificante regressione, per non soccombere a quella che Jean Dubuffet definiva una “asfissiante cultura”. Tornare alle origini vuol dire, infatti, riscoprire energie sopite che un rapporto con gli elementi primigeni può sollecitare e risvegliare, ma a patto di mediarlo con le forme, i linguaggi e le tecniche dell’oggi, per un più intenso e nutriente rapporto col mondo. Pasquale Fameli


BIOGRAFIA DI ANDREA BENETTI Andrea Benetti, nato a Bologna nel 1 964, da diversi anni esprime col favore della critica e del pubblico qualificato le proprie idee e la propria pittura, nel complesso mondo dell'arte contemporanea. Oltre ad avere esposto in luoghi di grande pregio, sono ormai una dozzina i musei, le istituzioni e le collezioni internazionali, che ospitano le sue opere in permanenza. Nel dicembre 2006, Benetti ha ideato e stilato il Manifesto dell'Arte Neorupestre, successivamente presentato alla 53. Biennale di Venezia, nel padiglione "Natura e sogni", situato presso l'università Ca' Foscari. In occasione dell'evento, sotto l'egida della Biennale, è stato pubblicato un catalogo, edito da Umberto Allemandi. Sempre nel 2009, Andrea Benetti ha realizzato un libro da collezione, con tiratura limitata (le copie sono firmate e numerate), intitolato “Esplorazione inconsueta all’interno della velocità”, in cui egli formula, e rappresenta con la propria pittura (dodici dipinti su tela), delle tesi innovative sulla velocità in relazione alle varie civiltà susseguitesi nel corso della Storia ed all'atavico desiderio di dominio dell'uomo. Hanno aderito al progetto e scritto nel libro, avvalorando l'importanza delle tesi sostenute da Andrea Benetti, una dozzina di autorevoli professori universitari. Inoltre, la parte critica riferita alle dodici opere pittoriche, è curata da importanti nomi del mondo dell’arte contemporanea. Il volume è già stato acquisito da musei, biblioteche ed istituzioni di rilevanza internazionale. Nel luglio 201 0, il pittore bolognese è stato invitato ad esporre alla LXI edizione del Premio Michetti, la blasonata rassegna internazionale di arte contemporanea, che si svolge ogni anno, dal 1 947, nel Museo Michetti. A novembre 201 0, la pittura Neorupestre di Andrea Benetti è approdata a Palazzo Taverna (Roma), nella sede degli Archivi Legali Amedeo Modigliani, accanto alle opere di Giorgio De Chirico, Amedeo Modigliani, Andy Warhol, Keith Haring, Mario Schifano, Max Jacobs, Carlo Corsi, Jules Pascin, Guido Cadorin... in occasione della mostra intitolata “Portraits d'artistes”, curata dal Presidente degli Archivi Modigliani, il professor Christian Parisot e dal professor Pierfrancesco Pensosi. Vittorio Sgarbi ha presentato il progetto alla stampa ed alle TV. In concomitanza con la mostra a Roma, in occasione del programma "Academic impact" dell'O.N.U., l'Istituto Europeo Pegaso, in rappresentanza dell'Italia, donava alla Collezione d'Arte delle Nazioni Unite (Palazzo di Vetro · New York) l'opera di Benetti intitolata "Against violence". Nel maggio 201 1 , Benetti è stato invitato dall'Università del

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Salento, Facoltà dei Beni Culturali, per tenere un seminario sull'arte Neorupestre agli allievi del corso di laurea di Storia dell'Arte Contemporanea, presentato dal professor Massimo Guastella. Nel settembre 201 1 si è tenuta la mostra di Benetti, dentro le grotte d Castellana, che è divenuta parte del programma di ricerca sull'arte contemporanea del Dipartimento dei Beni Culturali dell'Università del Salento. Il 9 marzo 201 2, si è conclusa una tappa importante della carriera artistica di Benetti, con l'acquisizione di una sua opera nella Collezione d'Arte del Quirinale. Il brillante traguardo è avvenuto per volere del Presidente Giorgio Napolitano con il pieno avvallo del professor Louis Godart, Consigliere per la conservazione dei beni artistici del Quirinale. Il ricevimento nel Palazzo della Presidenza della Repubblica e, precisamente, nello studio del professor Godart è durato un'ora, durante la quale il professore ha lodato l'operato artistico di Andrea Benetti, rivelandosi un esperto conoscitore dell'arte Neorupestre. Dopo qualche mese, nel maggio 201 2 si è conclusa anche l'acquisizione di un dipinto di Andrea Benetti da parte del Museion, l'avveniristico museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano. Attualmente sono in corso altre importanti aquisizioni, tra cui quella al Museo MamBo di Bologna ed al Ministero degli Esteri. Il 27 novembre 201 2, Benetti ha tenuto una lezione all'università Roma Tre, invitato dal professor Gianfranco Bartalotta, alla facoltà di "Scienze della Formazione" ed il giorno successivo, in Vaticano, è stata donata a Sua Santità Papa Benedetto XVI, dall'Associazione A.N.F.E., l'opera di Andrea Benetti intitolata "Omaggio a Karol Wojtyla", successivamente acquisita nelle Collezioni Vaticane. A marzo 201 3, Andrea Benetti è stato accolto a Palazzo Montecitorio, per formalizzare l'acquisizione nella Collezione della Camera dei Deputati di una sua opera, intitolata "9 novembre 1 989", dedicata al crollo del muro di Berlino. Inoltre, sono state acquisite due opere, rispettivamente dal Museo MamBo di Bologna e dall'Ambasciata Argentina a Roma, per conto del Ministero di Giustizia della Repubblica Argentina. A marzo 201 4, l'Università di Bari ha ospitato la mostra e il Seminario sull'Arte Neorupestre, nell’Aula Magna alla presenza del Rettore, il prof. Antonio Uricchio. Il mese successivo la mostra è stata trasferita a Palazzo dei Capitani, ad Ascoli. L'Università di Bari e la Galleria d'Arte Contemporanea di Ascoli hanno acquisito opere di Benetti per le loro Collezioni. Nei mesi di giugno e luglio 201 5, la mostra "Astrattismo delle origini" a cura del prof. Toti Carpentieri, promossa dal MUST, il Museo storico di Lecce, è stata allestita nei saloni del Castello Carlo V ed un'opera è entrata a far parte della Collezione Comunale della città di Lecce.

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MUSEI E COLLEZIONI CHE HANNO ACQUISITO OPERE DI ANDREA BENETTI Collezione d'Arte delle Nazioni Unite · New York, U.S.A. Collezioni d'Arte del Vaticano · Città del Vaticano Collezione d'Arte del Quirinale · Roma, Italia Collezione d'Arte della Camera dei Deputati · Roma, Italia MamBo · Museo d'Arte Moderna di Bologna · Bologna, Italia Museion · Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Bolzano · Bolzano, Italia MuMi · Museo Francesco Paolo Michetti · Francavilla al Mare, Italia Rinaldi-Paladino Art Museum Foundation · Lugano, Svizzera MACIA · Museo d'Arte Contemporanea Italiana in America · San José, Costa Rica Galleria d'Arte Contemporanea "Osvaldo Licini" · Ascoli Piceno, Italia Collezione d'Arte del Comune di Lecce · Lecce, Italia Pinacoteca Civica Amedeo Modigliani · Follonica, Italia Pinacoteca Civica Silvestro Lega · Modigliana, Italia Ministero di Giustizia e dei Diritti Umani · Buenos Aires, Argentina Ambasciata d’Italia in Cina · Pechino, Cina Ambasciata d’Italia in Nuova Zelanda · Wellington, Nuova Zelanda Collezione d'Arte dell'Università di Bari · Bari, Italia Collezione Facchini · La Fenice et des Artistes · Venezia, Italia Museo Speleologico "Franco Anelli" · Grotte di Castellana, Italia Museo d'Arte Contemporanea · Fondazione "Logudoro Meilogu " · Banari, Italia 60


A n d re a B e n e t t i A rc h i v e s F o u n d a t i o n

ARCHIVIO DIGITALE PER LA TUTELA E LA CATALOGAZIONE DELLE OPERE

Via Francesco Zanardi, 56/4 路 CAP 401 31 路 Bologna info@andreabenetti.com 路 Phone +39 338 92901 28 andreabenetti.com 路 andreabenetti-foudation.org


Ringraziamenti speciali Alberto Albertini, Cristina Ariatti, Pino Chillo, Piero Gozzi, Angelo Marchesini, Francesca Travasoni, Giulio Volpe Per il prestito di opere Museo di Paleontologia e Preistoria Piero Leonardi Museo Paleontologico e Preistorico di Sant'Anna Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto Comunità Montana della Lessinia Edizioni qudulibri © Tutti i diritti sono riservati · All rights reserved Finito di stampare nel mese di maggio 201 6

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