Aquastructura

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Andrea Bit

Aquastructura

27° 21’ 04.86’’ S 70° 22’ 20.63’’ O


UniversitĂ degli studi di Ferrara Laurea Magistrale in Architettura A.A. 2015-2016

Aquastructura

Una diversa infrastruttura idrica per il deserto di Atacama Tesi di laurea Laureando Andrea Bit Relatori Luca Emanueli Gianni Lobosco Correlatori Arturo Scheidegger Ignacio Garcia Partarrieu



dissalatore stazione di pompaggio parco idrico fiume Copiapò Copiapò agricoltura


Aquastructura. Una diversa infrastruttura idrica per il deserto di Atacama

Aquastructura. A different water infrastructure for the Atacama Desert

Aquastructura vuole analizzare l’impatto della dissalazione nel deserto di Atacama, nel nord del Cile. A causa della sempre maggiore siccità, negli ultimi anni sono stati costruiti molti impianti di dissalazione per fornire acqua all’industria estrattiva del rame. Grandi acquedotti sotterranei portano l’acqua dissalata dal livello del mare fino alle miniere, che si possono trovare a oltre 4.000 m di altitudine e a una distanza di 190 km dalla costa. Si è creata così una nuova idrografia artificiale in senso inverso, dal mare verso la Cordigliera delle Ande. I dissalatori e gli acquedotti minerari hanno un notevole impatto sul paesaggio, paragonabile a quello degli acquedotti romani, sebbene diverso: mentre gli acquedotti romani incidono sul paesaggio con la loro presenza architettonica, gli acquedotti minerari, invisibili perché sotterranei, modificano il paesaggio portando acqua in un ambiente dove questa risorsa scarseggia. Al contrario degli acquedotti romani, quelli minerari diventeranno inutilizzati in un periodo molto breve, perché il loro unico scopo è fornire acqua a una miniera la cui vita utile è solitamente non superiore a 20 anni. La chiusura della miniera, infatti, comporterà l’abbandono di tutte le infrastrutture ad essa collegate, creando un paesaggio di giganteschi relitti industriali nel deserto. Aquastructura si propone di riciclare queste infrastrutture, impiegandole nella lotta alla siccità, come sta già avvenendo con successo in Israele e Australia. Gli impianti idrici presi in esame si trovano in prossimità della Valle di Copiapó, l’ultima grande area coltivata nel nord del Cile. Negli ultimi anni la siccità e l’uso dell’acqua da parte delle miniere ha messo in pericolo l’attività agricola. Il riuso dei dissalatori minerari potrebbe risolvere almeno in parte i problemi idrici dell’area, fornendo acqua potabile alla popolazione e garantendo l’irrigazione. L’originalità del progetto sta nello sfruttamento simultaneo del processo di dissalazione e di quello di depurazione delle acque, all’interno di un nuovo parco d’acqua fruibile per attività sportive e naturalistiche che è disegnato seguendo i percorsi dell’acqua.

Aquastructura analyses the impact of desalination process in the Atacama Desert, in northern Chile. Due to the increasing drought, in recent years many desalination plants were built to supply water to copper mining. Large underground aqueducts convey water from desalination plants near the sea to mine areas, as far as 190 kilometers from the coast and at even over 4000 m altitude. In this way a new inverse artificial hydrography was created, from the sea to the Andes mountain range. These new water infrastructures have a major impact on the landscape as Roman aqueducts do, but in a different way: while Roman aqueducts affect the landscape with their architectural presence, mining aqueducts, invisible because underground, modify the landscape bringing water to an environment where there is a shortage of this resource. Unlike Roman aqueducts, mines infrastructures go out of use in a very short time as they serve copper mining and a mine usually lasts no more than 20 years. When a mine close all its infrastructures are left, creating a new landscape of gigantic industrial relicts in the desert. Aquastructura aims to recycle these infrastructures, using them in the fight against drought, as it is already happening successfully in Israel and Australia. The water plants examined are close to the Valley of Copiapó, the last large farming area in northern Chile. In recent years, drought and water use by mines endangered agriculture. A reuse of desalination plants could solve at least part of the water problems of this area, providing potable water for inhabitants and ensuring irrigation. The originality of the project lies in the simultaneous use of the desalination process and the water purification one, within a new water park usable for outdoor and sport activities which is designed following the water paths.



Contenuti La dissalazione

una soluzione al problema della siccità? 013 H2O 013 Il problema della siccità 014 Scenari futuri per l’acqua 015 Politiche per mitigare la scarsità d’acqua 017 La dissalazione come possibile soluzione 018 Che cos’è la dissalazione 020 Breve storia della dissalazione 022 La dissalazione allo stato attuale 023 I problemi della dissalazione 024

La dissalazione in Cile

una questione mineraria 027 Perché si giunge alla dissalazione in Cile: analisi della situazione idrica 027 La dissalazione come possibile soluzione al problema idrico per l’industria 031 L’industria mineraria in Cile 031 L’uso dell’acqua nei processi minerari 032 Consumo attuale idrico dell’industria mineraria in Cile 033 Dissalatori obbligatori per legge? 034 La dissalazione nel Deserto di Atacama 036 Come funziona un dissalatore minerario 036 Una nuova idrografia 037 Un processo in divenire 038

Infrastrutture nel deserto Le infrastrutture per l’industria: le epopee minerarie Le infrastrutture per l’acqua L’obsolescenza La nuova colonizzazione del deserto: i parchi solari

041 044 048 052 058


La valle di Copiapó Il fiume Copiapó L’ultima valle agricola nel Nord del Cile L’acquifero e gli impianti di dissalazione: due sistemi a confronto Il ciclo dell’acqua dissalata Infrastrutture per la dissalazione L’acqua per la città e l’agricoltura: il ciclo dell’acqua all’interno dell’acquifero di Copiapó Punti di contatto L’uso attuale dell’acqua I diritti d’acqua nella valle di Copiapó Rimanere senza acqua. Previsioni future

061 061 062 067 067 068 075 080 080 081 082

Strategia 087 2036: chiusura programmata Dissalatori: chiusura programmata? Proposta di riuso dei dissalatori minerari ora dismessi Chi sono i consumatori d’acqua? Funzionamento del nuovo sistema Integrazioni infrastrutturali: il nuovo bacino di deposito Dove costruire il nuovo deposito? Quanta acqua per la valle? Il nuovo sistema idrico ibrido: Lautaro + Bodega

087 087 088 089 090 092 094 100 102

Bodega 107 Un’area alla periferia di Copiapó Greenfield agricolo I flussi idrici Programma per Bodega: integrazione industriale Un parco d’acqua nel deserto: possibili scenari Tres Rios wetland. Un caso studio L’esperienza dell’acqua nel deserto Un parco a servizio della città Fare sport a Copiapó Parchi senz’acqua Copiapó con Bodega

109 131 134 138 141 142 145 147 147 148 151


Un parco d’acqua nel deserto Una matrioska d’acqua L’impianto di trattamento di acque residuali La stazione di pompaggio di Bodega L’evoluzione di Bodega Integrazione tra cicli d’acqua Demolizioni Nuove costruzioni Il nuovo sistema dei bacini L’acqua e il verde L’utilizzo dei fanghi. Il piano di forestazione Il verde preesistente Il verde all’interno del nuovo parco d’acqua

Il parco per l’acqua Il sistema di depurazione: naturale + artificiale L’acqua dissalata La variazione annuale della domanda Bacini vuoti?

153 153 155 160 164 166 169 170 172 174 174 175 176 181 184 192 194 195

L’acqua per il parco

205 Il sistema sportivo 208 Microcosmo 216

Copiapó, un caso unico? Turismo. Possibilità per infrastrutture obsolete Il deserto di Atacama ad acqua dissalata Il costo dell’acqua e l’energia solare

225 225 232 236

Conclusioni 241 Bibliografia Sitografia

246 252

Tavole grafiche

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If this is a desert, what are all these people doing here? Reyner Banham


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Water is an essential component of national and local economies, and is needed to create and maintain jobs across all sectors of the economy. Half of the global workforce is employed in eight water and natural resource-dependent industries: agriculture, forestry, fisheries, energy, resource-intensive manufacturing, recycling, building and transport1. The United Nations World Water Development Report 2016

1. AA. VV., The United Nations World Water Development Report 2016, 2016 [da ora in poi denominato ONU,2016], pag. 2: “L’acqua è una componente essenziale delle economie nazionali e locali, ed è necessaria per creare e mantenere posti di lavoro in tutti i settori dell’economia. Metà della forza lavoro globale è impiegata in otto attività economiche dipendenti dall’acqua e dalle risorse naturali: agricoltura, foreste, pesca, energia, industria manifatturiera ad alta densità di risorse, riciclaggio, costruzioni e trasporti.”


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La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

2. ONU, 2016.

H2O

Without fresh water no society can function.

L’acqua è la risorsa più importante per l’uomo. Il corpo umano è composto da almeno il 50% d’acqua e il 78% delle attività lavorative compiute dall’uomo dipendono in qualche misura da essa2. La sua presenza è così comune nella vita che spesso viene sottovalutata e per questo, a volte, sprecata. Eppure, nemmeno l’1% dell’acqua disponibile sul pianeta Terra è realmente utilizzabile dagli organismi viventi, uomo compreso. Un altro 2% è immagazzinato nei ghiacciai, la cui dimensione è però sempre più minacciata dal riscaldamento globale. Il restante 97% è acqua salata, inutilizzabile per i bisogni umani.

R. Clayton, Desalination for Water supply, Foundation for Water Research, 2006 prima edizione, pag. 5: “Senza acqua dolce nessuna società può funzionare.”

All’interno di quell’1% di risorsa acqua a disposizione dell’uomo, la maggior quantità viene utilizzata nell’irrigazione agricola. A seguire troviamo il consumo di acqua potabile, quello dell’industria manifatturiera e il consumo come fonte di raffreddamento per la produzione di energia. Gran parte dell’acqua utilizzata viene poi rimessa in circolo, in quello che viene chiamato il Ciclo dell’acqua: un processo di evaporazione, precipitazione e deflusso che determina la distribuzione e la disponibilità dell’acqua nel mondo. Da questo ciclo dipende tutta l’attività umana legata all’acqua, ed è possibile stabilire la quantità media d’acqua che ciascun individuo riceve annualmente. Questo dato ha una variabilità notevole nel mondo, perché mette in relazione il numero di persone presenti in una data area con la disponibilità idrica dell’area stessa. Vi sono quindi regioni che, a parità di risorsa idrica, presentano dati molto diversi dovuti alla differenza di popolazione. È il caso dell’Asia, dove si concentra quasi la metà della popolazione mondiale. Dal dato della quantità d’acqua disponibile pro-capite si individuano zone sotto stress idrico, soggette a regimi più o meno severi di siccità.


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La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

Il problema della siccità La siccità è un fenomeno che dipende da moltissimi fattori. Viene definita come una situazione di insufficienza della risorsa acqua, dovuta a una carenza di quantità e/o di qualità, per soddisfare i bisogni di una determinata area3.

3. T. K. Lissner, C. A. Sullivan, D. E. Reusser, J. P. Kropp, Integrated Assessments of Water Scarcity: Knowns, Unknowns and ways Forward, in A. Bhaduri, J. Bogardi, J. Leentvarr (a cura di), The Global System in the Anthropocene, Challenges for Science and Governance, Springer Water, Bonn, 2014. 4. ONU, 2016, pag.25.

La siccità deriva solitamente da una combinazione di variabili idrologiche e dall’alto consumo idrico umano e si verifica quando le riserve idriche locali diventano insufficienti perché il consumo d’acqua supera la naturale capacità di recupero del sistema idrico. A volte la scarsità d’acqua è determinata da motivi di natura economica, come nel caso di una carenza infrastrutturale, oppure a motivi di organizzazione amministrativa, che non permettono una pianificazione e distribuzione delle risorse idriche esistenti. Tra gli effetti di una cattiva gestione e manutenzione del sistema idrico si possono annoverare anche le perdite d’acqua all’interno del sistema: la sola città di Londra perde in media il 25% dell’acqua che transita all’interno dei suoi acquedotti4. Il fenomeno di contrasto delle perdite è centrale nelle attuali politiche di salvaguardia della risorsa acqua. Le perdite idriche dipendono solamente dall’incuria umana e la loro soluzione potrebbe alleviare situazioni di stress idrico senza dover ricorrere ad un maggior sfruttamento del sistema acquifero dell’area presa in esame. La disponibilità o scarsità d’acqua è anche dovuta alla qualità dell’acqua stessa. La produzione industriale e mineraria, oltre alla mancanza di un trattamento delle acque residuali urbane, possono provocare un inquinamento idrico più o meno grave, con una contaminazione dell’acqua che può arrivare a renderla non più utilizzabile dalla popolazione. Lo stesso uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi in agricoltura sta provocando un peggioramento della qualità dell’acqua. La conseguenza di questi molteplici fattori è un ciclo dell’acqua in cui, spesso, la qualità è compromessa dalla presenza di un certo grado di inquinamento fin dal momento del prelievo, inquinamento che risulta più elevato quando l’acqua viene poi rimessa in circolo dopo essere stata utilizzata, con un peggioramento mano a mano che i cicli si ripetono. La siccità può anche presentarsi in forma ciclica annuale, in quanto ci sono aree del pianeta in cui il ciclo dell’acqua varia considerevolmente durante i differenti periodi dell’anno, creando


La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

5. ONU, 2016. 6. Ibid. 7. Ibid..

By 2025, an estimated 1,8 billion people will suffer from water scarcity. D. Talbot, Desalination out of Desperation, in MIT Technology Review, technologyreview.com, 16 dicembre 2014: “si stima che entro il 2025 circa 1,8 miliardi di persone soffriranno per la scarsità dell’acqua”.

Will Central Asia fight over water? R. Qobil

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delle stagioni piovose alternate a stagioni secche. È il caso per esempio di Israele, dove si alternano una stagione invernale con precipitazioni e una estiva molto secca. In questa situazione, le precipitazioni invernali permettono la raccolta d’acqua nei bacini naturali che poi verranno sfruttati nella stagione estiva. La siccità qui è limitata ad un periodo dell’anno come conseguenza di una stagione piovosa sotto la media. Le alterazioni del clima, come vedremo, sono un altro elemento fondamentale per capire il fenomeno della siccità e fare previsioni sugli scenari del futuro. La scarsità d’acqua non è solamente un problema attuale, ma si è già presentato più volte nel corso della storia. Durante il Novecento, periodi di carestie associati a periodi di siccità hanno causato milioni di morti solamente in Cina e nell’Unione Sovietica, con dati di mortalità che si avvicinano a quelli delle due Guerre Mondiali. La siccità si traduce anche in un problema economico. Si stima che i due grandi periodi di siccità in Kenya, dal 1997 al 1998 e dal 1998 al 2000, siano costati, rispettivamente, l’equivalente dell’11% e del 16% del PIL nazionale dello stato5.

Scenari futuri per l’acqua Le previsioni sul futuro della disponibilità idrica mondiale partono da un presupposto comune: la popolazione mondiale sta continuando ad aumentare. Nel 1970 la popolazione era di 3,7 miliardi di persone, attualmente è di circa 7 miliardi e si prevede una popolazione di 8,4 miliardi nel 20306. L’aumento del consumo idrico dovuto al solo incremento demografico è di circa l’1% annuo dal 19807 e si concentra soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Se si considerano, invece, i paesi sviluppati, il consumo d’acqua è stabile o sta addirittura diminuendo grazie a politiche di sensibilizzazione sull’uso dell’acqua. Dall’aumento demografico deriva un incremento di tutti quei settori che sono al servizio della popolazione e che risultano essere i principali utilizzatori d’acqua. La crescita della popolazione, infatti, comporterà un aumento della domanda di energia elettrica, che è sempre più in ascesa nei paesi in via di sviluppo e che già ora impiega il 15% delle risorse idriche utilizzate, e della produzione industriale, che attualmente rappresenta il 4% della domanda d’acqua.


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La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

L’ONU8 stima che entro il 2050 il settore industriale quadruplicherà il suo attuale consumo d’acqua. Il settore che maggiormente creerà problemi di stress idrico sarà, comunque, quello agricolo, già ora responsabile del 70% dei consumi d’acqua globali e del 90% nei paesi meno sviluppati9. Si prevede un aumento del 20% del consumo d’acqua del settore entro il 205010. Il consumo d’acqua nell’agricoltura è in parte influenzato anche dalle diete dei paesi maggiormente sviluppati. Per esempio l’alto consumo di carne, e il conseguente aumento della sua produzione in allevamento, è uno dei fattori che maggiormente pesa sul consumo idrico in agricoltura. Alcuni studiosi si chiedono se ci sarà abbastanza acqua per produrre cibo per una popolazione mondiale in aumento, in una condizione di cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale11. Già ora in molti stati del Nord Africa, del Medio Oriente e nell’India Subcontinentale non c’è acqua sufficiente per produrre una dieta bilanciata da 3.000 Kcal al giorno pro-capite12. In generale, ad un aumento della domanda idrica non corrisponderà un aumento della disponibilità d’acqua, anzi, le previsioni propendono per una sua diminuzione. Il cambiamento climatico in atto, infatti, sta alterando la distribuzione idrica mondiale. L’aumento dei gas serra provocherà molto probabilmente un aumento delle temperature, che a loro volta causeranno un aumento dell’evaporazione sopra gli oceani. La maggiore concentrazione di vapore acqueo nell’atmosfera causerà un aumento delle precipitazioni, ma con una geografia differente rispetto a quella attuale, perché vi saranno delle mutazioni nelle correnti atmosferiche, dovute sempre al cambiamento climatico. Tra gli studiosi vi è un consenso generale sul fatto che le aree piovose delle latitudini nord subiranno un aumento delle precipitazioni, mentre le aree secche andranno incontro a un fenomeno sempre più marcato di siccità13. I modelli di previsione attuale affermano che, ad un aumento di 2°C della temperatura terrestre corrisponderà un aumento dell’8% della popolazione mondiale che vive in aree con deficit idrico. Se l’aumento della temperatura arrivasse a 5°C, l’aumento della popolazione mondiale che vive in aree con deficit idrico salirebbe al 13%14. La probabile diminuzione della disponibilità idrica provocherà un aumento della competizione tra i vari utilizzatori d’acqua: il settore agricolo, quello industriale e gli insediamenti urbani. Questo influenzerà gli equilibri non solo idrici, ma anche energetici e relativi all’approvvigionamento alimentare, provocando molto probabilmente un aumento delle conflittualità locali e nazionali

8. ONU, 2016. 9. Ibid. 10. Ibid. 11. Ibid. 12. Ibid. 13. Ibid. 14. Ibid.

Ranking the World’s Most Water-Stressed Countries in 2040 A. Maddocks, R. S. Young, P. Reig


La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

15. R. Clayton, Desalination for Water supply, Foundation for Water Research, 2006 prima edizione. 16. ONU, 2016.

Time now to act on looming water crisis, UN warns R. Ingham

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e il verificarsi di migrazioni su larga scala. La situazione è resa ancor più complessa dal fatto che molte risorse idriche sono condivise tra più nazioni. Secondo l’UNESCO, attualmente ci sono 263 bacini fluviali, che forniscono acqua al 40% della popolazione mondiale, che sono condivisi tra 2 o più Stati15. La sempre maggiore scarsità d’acqua potrebbe anche causare un rallentamento dell’economia. Molti dei paesi in via di sviluppo si trovano in aree sotto stress idrico, in particolare in Africa, Asia, America Latina e Medio Oriente. Un mancato sviluppo delle infrastrutture idriche in futuro, unito alla siccità, potrebbe limitare le opportunità di investimento, in quanto l’acqua verrebbe ad essere una risorsa sempre più cara, se non addirittura limitata e assente. Per concludere, in futuro l’acqua sarà con molta probabilità destinata a giocare un ruolo chiave negli equilibri e conflitti dell’intero pianeta, analogo a quello svolto nell’ultimo secolo dal petrolio.

Politiche per mitigare la scarsità d’acqua Organismi come le Nazioni Unite e la FAO stanno cercando di promuovere una sensibilizzazione nei confronti dell’uso dell’acqua, evidenziando i problemi che potrebbero nascere da un peggioramento della situazione idrica mondiale e che non riguarderebbero il solo profilo idrico. Queste politiche sovranazionali mirano innanzitutto a limitare gli sprechi d’acqua e a ridurre il consumo d’acqua pro-capite nei paesi maggiormente industrializzati. Anche il settore industriale si sta lentamente rendendo conto della necessità di un efficientamento dell’uso della risorsa acqua e sta migliorando i suoi processi per cercare di riutilizzare la maggiore quantità d’acqua possibile all’interno dei propri cicli di produzione. Un altro aspetto su cui si può concentrare il risparmio idrico è l’uso di fonti idriche differenti, come quelle derivanti dal trattamento delle acque residuali urbane. Un efficiente trattamento, infatti, può produrre acque depurate da riutilizzare per l’irrigazione agricola. Si stima che nel mondo già più di 4 milioni di ettari di terreno siano irrigati con acque trattate da scarichi urbani16.


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La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

La dissalazione come possibile soluzione al problema idrico Ci sono situazioni in cui il perdurare della siccità non può essere risolto con politiche di migliore efficienza idrica o installando impianti che trattino acque di scarico. In questo caso la soluzione che viene adottata è quella di rivolgersi al mare, estraendo e dissalando l’acqua marina. Nel mondo vi sono alcuni Stati che storicamente non dispongono di risorse idriche sufficienti per il loro fabbisogno. È il caso, per esempio, della Penisola Arabica, dove la dissalazione è una realtà da molti anni, e del Kuwait, che si affidano completamente ad essa per soddisfare il proprio fabbisogno idrico. In questi casi lo sviluppo della dissalazione è stata quasi una scelta obbligata e il suo maggior ostacolo, il costo dell’energia per far funzionare gli impianti, è stato risolto con la creazione di centrali elettriche che sfruttano il petrolio estratto localmente.

17. 2000s Australian drought, Wikipedia. org, pagina consultata il 17 ottobre 2016. 18. Ibid. 19. Ibid. 20. 2000s Australian drought, Wikipedia. org, pagina consultata il 17 ottobre 2016.

While conservation and recycling [water] will help, you can’t recycle what you don’t have. J. Lienhard, direttore del Center for Clean Water and Clean Energy al MIT: “Il risparmio e il riutilizzo [dell’acqua] possono certamente aiutare, però non si può riciclare quello che non si ha”. In D. Talbot, Desalination out of Desperation, in MIT Technology Review, technologyreview.com, 16 dicembre 2014.

In altri contesti, la dissalazione viene scelta come ultima opzione disponibile per scongiurare un periodo di siccità o per premunirsi nei confronti di periodi successivi. È il caso dell’Australia, di Israele e, ancora più attuale, della California. La siccità del Millennio in Australia è un periodo di siccità molto lungo, iniziato nel 1995 e protrattosi in alcune aree fino al 2012. Da molti riconosciuta come la peggior siccità a memoria d’uomo nell’area17, ebbe nel 2006 l’anno più secco che le statistiche ricordino. Durante questo periodo le città australiane videro le loro riserve idriche ridursi di molto. Il bacino che rifornisce la città di Melbourne scese al 27% della sua capacità nel giugno 200918, mentre quello di Brisbane arrivò al 20% in seguito ad un periodo ininterrotto di 5 anni senza un nuovo apporto d’acqua19. La produzione agricola fu molto colpita, con una riduzione dell’area coltivata del 66%20. In risposta a questa situazione di emergenza, l’Australia implementò la capacità di riciclaggio delle acque di scarico urbane e promosse una politica di riduzione del consumo idrico. In seguito a ulteriori riduzioni dei bacini idrici, alcune città si orientarono verso la dissalazione. Una delle prime fu Perth, il cui impianto di dissalazione fu completato nel 2006; seguirono Sidney, nel 2009, e Melbourne, nel 2011. Queste politiche alleviarono la crisi nel momento più acuto, mentre i bacini naturali idrici continuano ancora nel 2014 a soffrire gli effetti del lungo periodo di siccità, con un livello di salinità dell’acqua molto alto e

Can saltwater quench our growing thirst? B. Bienkowski


La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

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una acidità del suolo anch’essa elevata21.

21. Ibid. 22. A. D. Sharon, How Israel survived the Mediterranean’s worst drought in 900 years, JNS.org, 18 marzo 2016. 23. D. Talbot, Megascale Desalination. The world’s largest and cheapest reverse-osmosis desalination plant is up and running in Israel., in MIT Technology Review, technologyreview.com. 24. A. D. Sharon, op.cit. 25. M. Koba, California Drought Cost: $2.2 Billion and Thousands of Jobs, in Business California Drought, Nbcnews. com, 18 luglio 2014.

We cannot depend on the weather. We cannot depend on rain anymore. M. Faigon, direttore di IDE Technologies’ Solutions Department: “[…] Non possiamo dipendere dal clima. Non possiamo più dipendere dalla pioggia.” in A. D. Sharon, How Israel survived the Mediterranean’s worst drought in 900 years, JNS.org, 18 marzo 2016.

Megascale Desalination D. Talbot

Anche Israele fino al 2004 basava interamente la sua domanda idrica su bacini di acqua sotterranea e sulle precipitazioni. Dal 1998 al 2012 l’est del Mediterraneo subì un fortissimo periodo di siccità, il più duro degli ultimi 900 anni secondo la NASA22. Si giunse, nell’inverno del 2007-2008, ad una riduzione di un terzo delle precipitazioni in Israele. Come già detto, Israele faceva affidamento sulle piogge invernali per la domanda d’acqua dell’intero anno. In seguito a questo periodo di siccità, il governo israeliano diede vita ad un piano per la costruzione di dissalatori lungo la costa. Nel 2013 è stato completato l’impianto di dissalazione di Sorek, attualmente il più grande al mondo che sfrutti la tecnica dell’osmosi inversa (vedi paragrafo f del presente capitolo). La messa in funzione dell’impianto di Sorek, unitamente all’utilizzo degli altri impianti preesistenti, ha permesso di arrivare a soddisfare il 40% del fabbisogno idrico israeliano mediante l’acqua dissalata23, con l’obiettivo di raggiungere il 50% nei prossimi anni. Questo piano di nuove infrastrutture idriche, unito ad una politica di riutilizzo delle acque urbane residuali trattate, fa di Israele il leader mondiale, con un riuso dell’86%24, e gli permette di esportare acqua nei paesi confinanti quali la Palestina e la Giordania. La conoscenza tecnologica israeliana, acquisita con la costruzione dei propri dissalatori, viene ora esportata in altri paesi. È il caso della società israeliana IDE che sta costruendo il più grande dissalatore americano a Carlsbad, in California, anch’essa alle prese con un periodo prolungato di siccità ancora in atto. La California basa molte delle sue forniture idriche sul fiume Colorado, che viene sfruttato da gran parte degli USA occidentali. Le opere idrauliche che sono state fatte a partire dagli inizi del Novecento hanno sovrastimato la capacità idrica del fiume, con una domanda idrica che è bilanciata dall’offerta solamente in periodi di forte piovosità. Il risultato è che ogni anno si preleva dal fiume più acqua di quella che il fiume può dare, prosciugandolo prima ancora che arrivi al mare. Il notevole aumento delle aree residenziali e una scarsa attenzione all’efficienza idrica nell’agricoltura hanno portato alla situazione attuale, con l’80% della California che è in uno stato di siccità estrema o eccezionale. Questo ha comportato ingenti danni economici: si stima che nel 2014 il solo settore agricolo abbia subito perdite pari a 1,5 miliardi di dollari25. L’esempio californiano evidenzia come, a fronte di


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La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

opere ingegneristiche di primo livello, il problema dell’acqua non si risolve senza agire anche sull’ottimizzazione della domanda. Gli USA sono il paese mondiale con il più alto consumo di acqua pro-capite: 425 litri al giorno per abitante, contro i 215 italiani26. A questa emergenza idrica la California ha risposto mettendo in cantiere impianti di dissalazione nuovi, rimettendo in produzione impianti di dissalazione che aveva costruito in passati periodi di siccità e che poi aveva abbandonato. La dissalazione in California viene vista come l’ultima risorsa disponibile, dopo la conservazione, il riciclo e il trattamento e riuso dell’acqua di scarico. Alcune municipalità l’hanno scartata come ipotesi perché troppo costosa e di grande impatto ambientale.

Che cos’è la dissalazione Tutte le tipologie d’acqua che troviamo in natura contengono sostanze che contribuiscono al suo sapore. L’acqua distillata, invece, essendo pura, non presenta alcun sapore e risulta “cattiva” al gusto. Il gusto dell’acqua diventa “cattivo” anche nel caso di una concentrazione troppo elevata delle sostanze disciolte, e oltre un certo limite di concentrazione salina l’acqua risulta dannosa se bevuta dall’uomo, perché provoca il fenomeno della disidratazione. E’ il caso dell’acqua marina, che diventa bevibile solo attraverso il processo della dissalazione che la priva di parte dei sali presenti. In tutti i processi di dissalazione un flusso d’acqua marina viene immesso in un impianto, in cui viene applicata energia sotto forma di calore, pressione o elettricità. Ad un flusso in entrata corrispondono due flussi in uscita: uno di acqua dissalata, pronta per l’utilizzo, e uno di brina, un concentrato dei sali rimossi dall’acqua, elemento di scarto del processo. Ci sono due gruppi principali di processi di dissalazione: quelli termici e quelli che usano membrane. Verranno qui trattati più ampiamente i processi a membrane, in quanto saranno quelli utilizzati nei dissalatori oggetto del progetto della presente tesi. Il più semplice dei processi termici è la distillazione, in cui il calore viene utilizzato per generare vapore dall’acqua marina. Questo vapore contiene una percentuale di sale molto ridotta rispetto all’acqua di partenza, e mediante la sua condensazione è possibile ottenere dell’acqua a bassa salinità. Uno degli impianti più promettenti che usano questa tecnologia è il dissalatore a energia solare, il cui primo esemplare funzionante è stato costruito in Cile per la miniera di Las Salinas (vedi paragrafo g

26. R. Bressa, Tutto quello che c’è da sapere sull’acqua, Lifegate.it, 22 marzo 2014.

Desalination refers to those processes which reduce the quantity of dissolved substances in the water fed to the process R. Clayton, Desalination for Water supply, Foundation for Water Research, 2006 prima edizione. pag.10: “La dissalazione si riferisce a quei processi che riducono la quantità delle sostanze disciolte nell’acqua che alimenta il processo”

Desalination out of Desperation D. Talbot MIT Technology Review


La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

27. R. Clayton, op.cit., pag.30

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del presente capitolo). Le tipologie di impianti di dissalazione più diffuse che usano il processo di distillazione sono il MSF (Multi-stage flash evaporation/distillation) e il MED (Multipleeffect evaporation/distillation). Nei paesi delle Penisola Arabica la maggior parte degli impianti usa queste tecnologie. Nei processi di dissalazione mediante membrana il flusso di acqua marina viene fatto passare in pressione attraverso una membrana che, a seconda delle tecnologie, è di diverso materiale. Questa membrana lascia passare le molecole d’acqua mentre blocca i sali, che hanno dimensioni molecolari più grandi. All’interno di questo gruppo, le tecniche più usate sono l’elettrodialisi (ED Electro dialysis) e l’osmosi inversa (RO Reverse Osmosis). Quest’ultima è la tecnica che maggiormente viene utilizzata al mondo, dai dissalatori israeliani (vedi paragrafo e del presente capitolo), a quelli cileni che saranno oggetto di analisi nel capitolo 3. L’osmosi è il processo in cui l’acqua passa attraverso una membrana semi-permeabile, da una soluzione a concentrazione bassa ad una a concentrazione alta. È un processo che avviene anche nelle piante e negli animali, uomo compreso. Se si applica una pressione dal lato della membrana ad alta concentrazione, il processo si inverte rispetto a quello naturale: l’acqua si diffonde attraverso la membrana dalla zona ad alta concentrazione verso quella a bassa concentrazione. Negli impianti di dissalazione l’acqua marina è pompata attraverso la superficie della membrana. Le molecole d’acqua di piccola dimensione passano attraverso la membrana verso la zona a bassa concentrazione, lasciando una soluzione di brina concentrata sul lato ad alta concentrazione. La brina è il prodotto di scarto del processo: normalmente si produce da un 10% ad un 50% di brina rispetto alla quantità d’acqua pompata. Questo concentrato viene poi scaricato in mare, avendo cura di diffonderlo in un’area vasta, in modo tale da non alterare eccessivamente la composizione chimica dell’acqua, fenomeno che potrebbe portare a una diffusione incontrollata di alghe27. Le membrane utilizzate nel processo di Osmosi Inversa sono prodotte in materiali plastici, in fogli o “hollow fibers”, materiali tridimensionali porosi. Nei moderni impianti di dissalazione a Osmosi Inversa le membrane sono poste in moduli collegati tra di loro. La dimensione di questi tipi di impianti di dissalazione può variare da quello per singolo uso domestico, o su imbarcazioni, fino a impianti per soddisfare i bisogni idrici di intere città.


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La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

L’acqua in ingresso in un dissalatore contiene generalmente altre impurità oltre ai sali. Tali impurità possono essere alghe, batteri e altre forme di microorganismi che nel processo possono andare a danneggiare le membrane all’interno del dissalatore. Ciò può essere particolarmente grave nel caso di impianti a osmosi inversa, in quanto la creazione di un biofilm sulla superficie della membrana causa una riduzione del flusso d’acqua in ingresso, con un aumento dei costi operativi (poiché servirà generare una pressione maggiore per far passare l’acqua attraverso la membrana) e una riduzione della durata della membrana. Si rende quindi necessario l’inserimento di un pre-trattamento mediante filtrazione. I processi di dissalazione termici producono acqua equiparabile all’acqua distillata. Nel caso quest’acqua venga prodotta per uso potabile è necessario miscelare una piccola percentuale di acqua marina con l’acqua distillata in uscita per renderla gradevole al gusto. Questo problema non si presenta con gli impianti che funzionano mediante membrane, in quanto la loro efficienza nel ridurre la quantità di sali non raggiunge quella degli impianti termici. Comune a entrambi i gruppi di processi è la necessità di un processo di disinfezione prima che l’acqua possa essere immessa nell’impianto idrico pubblico.

Breve storia della dissalazione La ricerca di un metodo per rendere bevibile l’acqua del mare è molto antica: già i Greci usavano l’evaporazione per poter sfruttare l’acqua marina. Si dice che il primo impianto di dissalazione in America sia stato costruito al forte Zachary Taylor, Key West, Florida, nel 186128. Un altro esempio pioneristico è l’impianto di Las Salinas in Cile, risalente al 1872, primo dissalatore solare dell’epoca moderna: costruito in pieno Deserto di Atacama per fornire acqua dolce a una miniera, questo impianto di dissalazione fu ideato dall’ingegnere svedese Carlos Wilson. Costituito da moduli in legno con un coperchio in vetro, il rudimentale impianto riusciva a produrre circa 1.000 litri d’acqua dissalata al giorno, partendo da un livello di salinità dell’acqua elevatissimo. Rimase in funzione per più di 40 anni, fino a quando rimase aperta la miniera cui forniva l’acqua29.

28. G. Ehrenman, From sea to sink: with supplies of water under stress, the prospect of rendering saltwater drinkable is growing more appealing and more affordable, Mechanical EngineeringCIME, highbeam.com, 1 ottobre 2004. 29. G. Carrasco, “Charles Wilson y la primera planta desalinizaora solar. Las Salinas 1874-1914”, in P. Alonso, Deserta, 2012, Ediciones ARQ, Escuela de Arquitectura Pontificia Universidad Catolica de Chile, Chile.

Impianto di dissalazione solare di Las Salinas fonte: lasalinas.wordpress.com


La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

30. S. Lattemann, M. D. Kennedy, J. C. Schippers, G. Amy, Global Desalination Situation, ClimatePolicyWatcher.org, 28 luglio 2016. 31. Ibid.

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Il problema dell’abbandono delle infrastrutture a servizio dell’industria mineraria in Cile costituisce la base su cui poggia la strategia progettuale del presente lavoro. L’uso della dissalazione con tecnologie moderne inizia nel 1914 in Kuwait, quando viene commissionato il primo impianto di dissalazione del paese. Come spesso accade, l’interesse per la dissalazione nasce prima nel settore bellico, e solo in un secondo momento trova un’applicazione in ambito civile. La necessità di fornire acqua potabile alle navi militari e ai contingenti di soldati in zone aride emerge soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1945, un impianto a distillazione viene installato sulla nave da guerra inglese HMS Vanguard, inaugurando un periodo di forte sviluppo della dissalazione per metodo termico che arriva fino ai giorni nostri. In parallelo, gli USA aprono due istituti di ricerca con l’obiettivo di sviluppare nuove tecnologie per la dissalazione: l’”Office of Saline”, aperto negli anni Cinquanta, e l’”Office of Water research and Technology”, nato nel 197430. Il primo impianto a sfruttare il metodo della membrana, in questo caso con un processo di elettrodialisi, viene costruito nel 1963 in Libia. A seguire ci saranno le ricerche sull’osmosi inversa e la realizzazione dei primi impianti, sebbene lo sviluppo commerciale di questa tecnica avverrà solamente a partire dagli anni Ottanta. A partire dagli anni Novanta l’uso della dissalazione diventa sempre più diffuso, soprattutto come fornitura di acqua per aree urbane con deficit idrico. In Cile, il primo impianto di dissalazione di grande portata è quello costruito nel 2006 per fornire l’acqua alla miniera Escondida, la miniera di rame più produttiva al mondo di cui si parlerà nel prossimo capitolo.

La dissalazione allo stato attuale La capacità di dissalazione installata nel mondo sta crescendo sempre più rapidamente, con un tasso di incremento del 12% negli ultimi 5 anni31. L’aumento della capacità futura si prevede che si concentrerà nella dissalazione di acqua marina. Attualmente solo il 5% dell’acqua dissalata proviene da impianti di trattamento di acque residuali, il 19% dissala acqua salmastra, mentre il 63% tratta


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La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

l’acqua marina32. La tipologia di impianti più utilizzata al mondo è l’Osmosi Inversa, con una prevalenza nel 51% degli impianti; seguono il Multistage flash evaporation/distillation (32%) e il MED Multipleeffect evaporation/distillation (8%). Questo prendendo in considerazione tutte le fonti d’acqua e non solo quella marina. Se si considera solo quest’ultima, la situazione cambia e i dissalatori che sfruttano procedimenti termici di dissalazione raggiungono il 61%, mentre quelli a Osmosi Inversa scendono al 35%. Attualmente i principali produttori di acqua dissalata si concentrano nei paesi del Golfo Persico. Il primo produttore mondiale è l’Arabia Saudita, con una produzione nel 2014 di 5,2 milioni di m³ d’acqua dissalata al giorno. Seguono gli Emirati Arabi Uniti (4,1 milioni m³/giorno), la Spagna (3,3 milioni m³/giorno), principale utilizzatore al mondo di acqua dissalata per l’agricoltura, gli USA (2,9 milioni m³/ giorno), la Cina (2,4 milioni m³/giorno), l’Algeria (2,2 milioni m³/ giorno), l’Australia (1,7 milioni m³/giorno), Israele (1,4 milioni m³/ giorno), l’India (1,1 milioni m³/giorno) e infine il Qatar (1,0 milioni m³/giorno), per citare solo i primi dieci33. Considerando tutte le tipologie di acqua trattata, attualmente la dissalazione è principalmente usata come fonte di acqua potabile (70%), segue l’uso industriale (21%), l’uso come acqua di raffreddamento in impianti per la produzione di energia elettrica (4%), quello irriguo (2%), militare (1%) e turistico (1%)34.

I problemi della dissalazione La dissalazione porta con sé alcune problematiche. Prima di tutto, l’alto costo dell’acqua prodotta: l’acqua dissalata dall’impianto californiano di Carlsbad, per esempio, costerà l’80% in più dell’acqua che viene attualmente utilizzata. Il costo della dissalazione deriva principalmente dall’alto consumo energetico dell’impianto, necessario per produrre la pressione necessaria al processo di dissalazione (vedi paragrafo f del presente capitolo). Nei paesi del Golfo il problema del costo della dissalazione è molto meno sentito, perché dispongono di ingenti depositi di petrolio che usano come fonte principale di alimentazione per le loro centrali elettriche. L’alto costo dell’acqua dissalata ha fatto sì che attualmente la dissalazione venga usata al 70% per la fornitura di acqua potabile, mentre solo il 2% è destinato

32. Ibid. 33. B. Bienkowski, Can saltwater quench our growing thirst?, Ensia.com, 13 aprile 2015. 34. S. Lattemann, M. D. Kennedy, J. C. Schippers, G. Amy, op.cit.


La dissalazione: una soluzione al problema della siccità?

35. Ibid. 36. Ibid.

It might not be a great solution, but the bottom line is that we are left with fewer and fewer choices in a waterstarved world D. Talbot, Desalination out of Desperation, in MIT Technology Review, 16 dicembre 2014: “Può darsi che non si tratti di una gran soluzione, ma il punto è che ci rimangono sempre meno scelte in un mondo assetato di acqua.”

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all’irrigazione agricola, ribaltando il dato mondiale dei settori che maggiormente usano l’acqua35. Con lo sviluppo sempre maggiore delle tecnologie per la dissalazione, il prezzo medio dell’acqua dissalata è comunque in discesa: si passa dai 9 $/m³ degli anni Sessanta, all’ attuale 1 $/m³36. Vi è poi una preoccupazione di ordine ambientale, che riguarda tre aspetti: 1) l’aspirazione dell’acqua marina; 2) la produzione di brina come materiale di scarto; 3) l’inquinamento dell’ambiente marino. Per quanto riguarda il primo aspetto, il problema è rappresentato dalla notevole quantità di pesci che resta uccisa ogni anno a causa del processo di aspirazione dell’acqua marina mediante tubature. Nel caso della brina, ossia del liquido di scarto che viene scaricato in mare, il problema è legato alla presenza dei sali estratti dall’acqua durante il processo di dissalazione che provocano una proliferazione di organismi, come le alghe, intorno al punto di emissione, con possibili alterazioni e danni all’ecosistema locale. Il terzo aspetto riguarda la qualità dell’acqua che viene aspirata dall’impianto di dissalazione. Per evitare la costruzione di lunghe tubature tra l’infrastruttura e l’utente finale, infatti, l’impianto di dissalazione viene normalmente costruito vicino ai centri abitati che sono fonte di inquinamento dell’acqua marina. Si rende, quindi, necessario fare un’attenta valutazione caso per caso dei costi e dei benefici legati alla dissalazione, tenendo presente quello che dice uno studioso del MIT: “It might not be a great solution, but the bottom line is that we are left with fewer and fewer choices in a water-starved world.”


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La dissalazione in Cile, una questione mineraria

A sinistra: Miniera Escondida, la più produttiva miniera di rame al mondo. fonte: vesbo.com

Perché si giunge alla dissalazione in Cile: analisi della situazione idrica Questo capitolo affronta lo sviluppo della dissalazione nell’ambito dello Stato cileno, dove si trova l’area del progetto oggetto della presente tesi. L’aspetto peculiare della dissalazione in Cile è che essa si sta sviluppando all’interno di un deserto: il Deserto di Atacama, una delle aree più secche di tutto il pianeta, con zone in cui non ci sono state piogge a memoria d’uomo. L’introduzione della dissalazione in un’area così desertica è vista in questo lavoro come un’opportunità: si tratta, infatti, di uno scenario climatico estremo, che però potrebbe svilupparsi anche in altre aree ancora non desertiche del mondo, a causa del cambiamento climatico. La scarsità d’acqua nel Deserto di Atacama è già un’emergenza attuale, e la dissalazione si sta sviluppando appunto per far fronte a questa emergenza. Lo studio di questo nuovo sistema idrico nel deserto potrebbe essere utile in futuro come modello da applicare in altre aree ad elevato stress idrico. Il Cile è un paese del Sud America che si estende tra il 17° e il 55° parallelo di latitudine sud, con una lunghezza di 4.300 km. Questa estensione determina una variazione climatica molto marcata tra le regioni cilene poste a latitudini così diverse: il nord si caratterizza per un clima desertico, che muta in un clima Mediterraneo al centro, per arrivare fino a un clima freddo e polare all’estremo sud. Esiste anche una variazione climatica percorrendo il Cile in senso longitudinale da ovest a est, partendo dall’Oceano Pacifico fino al confine con la Colombia, a nord, e con l’Argentina, al centro-sud: in poco più di 150 km il paesaggio cileno passa dall’Oceano alla Pre-Cordigliera, all’altopiano centrale, alle Ande, con altezze che superano i 6.000 m. Questo andamento si mantiene costante per quasi tutta la lunghezza del paese, fino alla Regione Antartica.


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La dissalazione in Cile, una questione mineraria

Questa particolare configurazione geografica e geomorfologica comporta la giustapposizione di climi che, in altre aree geografiche del mondo, sarebbero molto più distanziati. Per esempio, nell’area del Deserto di Atacama è possibile incontrare sia il clima desertico secco dell’Altopiano Centrale, sia zone di tundra sulle Ande. In presenza di una tale varietà è molto difficile dare un’idea generale della situazione idrica cilena, perché risulta molto eterogenea. Le precipitazioni medie in Cile sono di 1.525 mm/anno, di poco superiori alla media italiana, e la quantità di acqua pro-capite annua è di 51.218 m³/persona37. Partendo da questi dati sembrerebbe che il Cile goda di una situazione idrica ottima, visto che la quantità d’acqua pro-capite media al mondo è di 6.000 m³/persona/anno. Questo è vero per quanto riguarda il sud del paese, dove si trovano regioni semi-disabitate, con una densità di 1 abitante/km² e con una disponibilità d’acqua pro-capite che arriva a 3.369.942 m³/ persona/anno nella regione di Aisen. Anche la piovosità al sud è molto elevata e raggiunge il valore massimo nella regione di Aisen, con una media di 3.263 mm/annui di precipitazioni. Già il centro del Cile presenta una situazione diversa, dovuta al fatto che al progressivo cambiamento da un clima freddo ad un clima mediterraneo, con conseguente diminuzione delle precipitazione, si aggiunge una densità di popolazione molto più elevata. In Cile, infatti, quasi la metà dei 18 milioni di abitanti vive nella regione Metropolitana (7 milioni), dove si trova la capitale Santiago. Qui la densità raggiunge i 474 abitanti/km² e la disponibilità d’acqua pro-capite scende a 478 m³/persona/anno, anche per il calo delle precipitazioni: 660 mm/annui in media38. L’area che interessa maggiormente questo progetto è il nord del Paese, dove si trova il Deserto di Atacama. Esso occupa una superficie di 180.000 km², quasi un quarto dell’intero territorio cileno (756.102 km²), e comprende 4 regioni: Arica, Tarapacá, Antofagasta e Atacama (da nord a sud). La popolazione che vi risiede è di circa 1,5 milioni di abitanti, determinando una densità che torna a scendere rispetto al centro del Paese, fino ai 4,2 abitanti/km² della regione di Atacama. Qui la popolazione vive sotto costante stress idrico, in quanto le precipitazioni sono di pochi millimetri all’anno. Di conseguenza, la quantità d’acqua per abitante scende fino a 51 m³/persona/

37. Altas de Aguas Chile 2016, Ministero de Obras Públicas, DireccióGeneral de Aguas, Gobierno de Chile. 38. Ibid.


La dissalazione in Cile, una questione mineraria

39. Altas de Aguas Chile 2016, op.cit.

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anno, valore che si avvicina alla soglia minima di 36 m³/persona/ anno stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come necessaria per soddisfare i bisogni umani basilari senza causare l’insorgere di epidemie e malattie. La disponibilità d’acqua della regione desertica arriva dalle Ande ed è dovuta allo scioglimento estivo della neve che rifornisce i pochi bacini acquiferi presenti. Il Deserto di Atacama è uno dei più antichi al mondo, presentando una condizione di scarsità d’acqua endemica e di lunga durata. I problemi legati alla scarsità d’acqua sono essenzialmente due: il primo è l’avanzamento del deserto verso sud; il secondo è la crescente domanda idrica. Il primo problema è dovuto al mutamento delle correnti atmosferiche che interessano il Cile: una sempre minore piovosità nella regione di Coquimbo (la prima a sud di Atacama) sta favorendo l’espandersi del deserto verso sud, con una velocità stimata di 1 m al giorno. Le previsioni prevedono, infatti, una diminuzione delle precipitazioni dell’80% nel nord del Cile nel periodo 2030-2059, rispetto a quelle del periodo 1970199939. Se questo fenomeno continuerà negli anni, procedendo verso sud incontrerà le regioni più abitate del Cile, producendo uno stress idrico nell’area più densamente abitata del Paese. Per contrastare questo scenario il governo cileno ha messo in atto un piano per l’acqua, con politiche di aiuto alle popolazioni, soprattutto rurali, maggiormente colpite dalla siccità. Il secondo problema è dovuto al settore minerario, presente in maniera massiccia nel Deserto di Atacama: questa industria richiede grandi quantitativi d’acqua, che viene estratta dai bacini sotterranei presenti nel deserto. Lo sfruttamento attuale ha visto calare in maniera considerevole il livello di queste riserve, andando a minacciare la fornitura idrica delle città presenti sulla costa e delle poche aree agricole, concentrate ai piedi delle Ande. Per far fronte a questo problema, le singole compagnie minerarie hanno iniziato, in maniera autonoma rispetto allo Stato, la costruzione di impianti di dissalazione per rifornire di acqua dissalata i loro impianti di estrazione.


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La dissalazione in Cile, una questione mineraria

Abaco

Miniere a cielo aperto della regione di Atacama Da sinistra verso destra, prima riga: Miniera Bellavista, Miniera Candelaria, Miniera Carmen (chiusa), Miniera Caserones, Miniera Cerro Negro Norte, Miniera El Salvador, Miniera La Coipa (chiusa), Miniera Lobo Marte, Miniera Mantoverde, Miniera Maricunga (chiusa), Miniera Punta del Cobre, Miniera El Refugio, Miniera Santa Fe fonte: Google Earth


La dissalazione in Cile, una questione mineraria

40. A. Quirland, M. Leclerc, L. Baniclès, S. Zaupa, Study of the Mining Sector in Chile and business opportunities for Swiss Company, 2013.

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La dissalazione come possibile soluzione al problema idrico per l’industria L’industria mineraria in Cile Il Cile è uno dei principali paesi minerari al mondo. Ciò è dovuto, anzitutto, alla grandissima disponibilità di minerali nel paese: il Cile possiede, per fare solo un esempio, il 28% delle riserve mondiali conosciute di rame, che ne fanno il paese più ricco di questo prezioso metallo. Il Cile è anche il primo produttore al mondo di rame, oltre che di litio e iodio, il terzo di molibdeno e boro, il quinto di argento e il tredicesimo d’oro. Nonostante cicliche fluttuazioni, il settore minerario è ancora una delle maggiori attività economiche del Paese, impiegando più di 200.000 addetti e producendo il 19,2% del PIL ancora nel 201040. Questo settore si concentra maggiormente nel Deserto di Atacama, nel nord del Paese, dove le attività mineraria arrivano a impiegare circa il 20% della popolazione. Anche nelle esportazioni il settore minerario è diventato l’elemento trainante, costituendo più del 50% del loro volume totale. Nel 2011 i prodotti minerari esportati avevano un valore di 48.865 milioni di dollari, a fronte di un valore totale di esportazioni cilene di 81.411 milioni di dollari. Sebbene il Cile sia il primo produttore di rame mondiale dal XIX sec., dal 1990 la sua produzione ha raggiunto livelli mai visti prima. Questo è stato possibile grazie agli incentivi economici per l’attività estrattiva, promossi dalla dittatura militare di Pinochet negli anni Ottanta, uniti a vantaggi logistici rispetto ad altre nazioni produttrici. Il fatto che il Cile si affacci sull’Oceano Pacifico, infatti, permette una più semplice esportazione dei minerali verso i maggiori acquirenti al mondo che sono localizzati in Asia, Cina in primis. La presenza dei depositi minerari nel Deserto di Atacama facilita di molto le attività estrattive, perché vanno a intaccare terreni disabitati dove le problematiche di inquinamento e impatto ambientale sono messe in secondo piano, anche grazie a una legislazione in materia ambientale molto permissiva. A questo si unisce la conformazione del Cile, molto lungo e stretto, che fa sì che le miniere non siano mai


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La dissalazione in Cile, una questione mineraria

troppo distanti dai porti da cui partono le esportazioni. Le previsioni indicano che l’industria mineraria sarà ancora in futuro uno dei settori trainanti dell’economia cilena, complice il sempre maggiore utilizzo del rame nell’industria elettronica. Bisogna però evidenziare la stretta dipendenza tra il prezzo del rame e la produzione. La crisi economica del 2008 si è fatta sentire nel mercato del rame nel 2012, quando il prezzo ha iniziato a scendere dopo anni di valori record. Attualmente il prezzo sta continuando a scendere in maniera più controllata, disincentivando nuovi investimenti nel settore e rendendo scarsamente redditizie alcune miniere. Questo è un dato da tenere in considerazione quando si parla degli investimenti in dissalazione in Cile, poiché ci potrebbero essere alcuni progetti già approvati che non vedranno la luce a causa appunto di questo periodo di crisi legato al prezzo del rame. Lo stesso sviluppo molto rapido di questi progetti è imputabile al periodo in cui le quotazioni del minerale erano altissime e consigliavano investimenti anche in miniere rischiose sotto il profilo della redditività.

L’uso dell’acqua nei processi minerari L’acqua è una risorsa strategica nell’industria mineraria. Essa viene usata in tutti i processi dell’attività di estrazione dei minerali dalle rocce, oltre che per tutte le attività correlate all’attività estrattiva. L’accampamento minerario, infatti, richiede acqua per l’uso alimentare e per quello sanitario; altra acqua è necessaria per umidificare i terreni dell’area mineraria per prevenire il sollevarsi di polvere. Nel caso dell’industria mineraria del rame, la principale utilizzatrice d’acqua del settore in Cile, la maggiore quantità d’acqua viene utilizzata nel processo estrattivo. Miscelata al minerale tritato, l’acqua è un elemento fondamentale del processo di flottazione, un’operazione che permette la separazione del rame dagli inerti. Successivamente a questa fase, l’acqua viene anche usata per il trasporto del concentrato del rame e dei residui. Ci sono due modalità di trasporto del concentrato di rame dall’impianto di estrazione alle fonderie o, nel caso del Cile, ai porti: la prima utilizza le autocisterne lungo la normale rete stradale; la seconda utilizza una tubatura che viene chiamata “condotto minerario”, un’infrastruttura molto simile alle tubature di un acquedotto41. Come si vedrà in seguito, nel caso della miniera Cerro Negro

41. R. Brantes, A. I. Zuniga, Best Practices and efficient use of water in the mining industry, 2008, COCHILCO (Chilean Copper Commission).


La dissalazione in Cile, una questione mineraria

42. C. M. Prunés, E. C. Dintrans, J. C. Araya, Hydrological Consumption in Copper Mining for 2014, 2015, COCHILCO (Chilean Copper Commission). 43. Ibid. 44. Ibid. 45. Ibid. 46. Ibid.

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Norte e Planta Magnetita, nella regione di Atacama, l’acquedotto minerario e il condotto minerario corrono paralleli ai lati della strada che collega il porto alla miniera.

Consumo idrico attuale dell’industria mineraria in Cile Nel 2014 l’industria mineraria cilena ha utilizzato 12,7 m³/s di acqua dolce. Il consumo nelle 4 regioni che compongono l’area del Deserto di Atacama segue in maniera proporzionale la quantità di minerale che viene prodotto in ciascuna. Troviamo, quindi, prima la regione di Antofagasta, dove ci sono le miniere più grandi, tra cui la Escondida, la miniera di rame più produttiva al mondo; a seguire la regione di Atacama, quella di Tarapacá e, ultima, quella di Arica. Se escludiamo il ricorso alla dissalazione, le fonti d’acqua per le 4 regioni sono più o meno le stesse: la principale risorsa idrica utilizzata è l’acqua sotterranea, seguita dall’acqua superficiale e dall’acqua comprata da terzi42. Rispetto al 2013 il consumo d’acqua è aumentato dell’1,9% 43 , a fronte, però, di un aumento della produzione maggiore in percentuale. Ciò è potuto accadere grazie alle politiche messe in atto dall’industria mineraria per contenere il consumo d’acqua, come, per esempio, il recupero dell’acqua alla fine del processo estrattivo, per re-immetterla all’inizio dello stesso processo. Nel 2014, il 73,9% dell’acqua veniva riutilizzato alla fine del processo44. Contemporaneamente si è registrato un miglioramento del rendimento idrico dell’intero ciclo produttivo: nel processo estrattivo si è passati da un consumo d’acqua di 0,12 m³/t prodotta a 0,08 m³/t prodotta e nel processo di concentrazione da 0,67 m³/t prodotta a 0,53 m³/t prodotta, in un periodo di 5 anni, dal 2009 al 201445. Questi miglioramenti però non bastano a soddisfare la futura domanda idrica, che si prevede arriverà a più di 25 m³/s nel 202146. Per fare fronte a questa situazione, le compagnie minerarie hanno iniziato a investire nell’acqua marina, dissalata e non. Dove possibile, la produzione mineraria avviene con acqua marina non dissalata, direttamente pompata dal mare. Questo però provoca una maggiore usura delle infrastrutture dovuta alla salsedine. Ciononostante, l’acqua marina non trattata nel 2014 è il 63%, mentre quella dissalata il 37% del totale dell’acqua prelevata dal mare. Questi dati sono stati elaborati prima che entrassero in attività gli ultimi impianti di dissalazione installati;


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La dissalazione in Cile, una questione mineraria

le previsioni future parlano, infatti, di un 62% di acqua marina dissalata nel 2020, ribaltando il dato attuale47. Negli ultimi anni, quindi, l’acqua marina ha iniziato ad essere una valida fonte alternativa rispetto a quelle tradizionali. Nel 2014 nella regione di Antofagasta l’acqua marina ha raggiunto ormai il 27% dell’acqua utilizzata totale, mentre in quella di Atacama arriva al 24%, con tassi di crescita generale dell’88% annuo48. Lo sviluppo degli impianti di dissalazione in Cile è un fenomeno molto più rapido che nel resto del mondo, e prevede un incremento del 230% della capacità installata nel 2020 rispetto a quella del 2014. In confronto ai principali produttori mondiali di acqua dissalata, il divario di produzione è ancora enorme, e non farà entrare il Cile nei primi 10 posti della classifica mondiale dei paesi con la maggiore capacità di dissalazione. Bisogna però considerare lo sviluppo molto recente di questa tecnologia in Cile, rispetto ad altri paesi, e il fatto che qui venga quasi interamente sviluppata per usi industriali, mentre nel resto del mondo, come già detto, l’uso predominante è quello di produzione di acqua potabile. Questi elementi concorrono a rendere il caso della dissalazione cilena come un unicum nel panorama mondiale.

Dissalatori obbligatori per legge? A favorire ulteriormente lo sviluppo della dissalazione in Cile ci potrebbe essere in futuro anche l’introduzione di un obbligo di legge. Dal 2014 è in discussione al Parlamento cileno una proposta di legge per obbligare le miniere che necessitano di più di 150 l/s d’acqua a dotarsi di un impianto di dissalazione per i propri fabbisogni idrici. Questa proposta nasce come tentativo dello Stato cileno di mettere un limite all’uso dell’acqua dolce da parte delle miniere in un contesto di siccità, all’interno di un regime regolamentare in cui è il libero mercato a decidere chi siano gli utilizzatori dell’acqua, attraverso il meccanismo dei “diritti d’acqua”. I diritti d’acqua nascono da licenze, rilasciate dallo Stato, che permettono al titolare di usare una certa quantità d’acqua in un dato periodo di tempo. In altre parole l’acqua in Cile rimane un bene nazionale di uso pubblico, che però viene distribuita secondo una logica di puro mercato. I diritti sono equiparati a un qualsiasi bene di consumo: possono essere venduti, acquistati, ipotecati ed ereditati, e su di essi non gravano imposte.

47. C. M. Prunés, E. C. Dintrans, J. C. Araya, Hydrological Consumption in Copper Mining for 2014, 2015, COCHILCO (Chilean Copper Commission). 48. Ibid.

Chile’s copper mines will turn to desalination for half their water desalination.biz


La dissalazione in Cile, una questione mineraria

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Con questo sistema, delineato principalmente col Codice dell’Acqua del 1980, chiunque può acquistare diritti d’uso d’acqua senza limitazioni di quantità. Ciò ha portato, soprattutto nelle zone del paese con minore disponibilità idrica, ad un conflitto tra i vari utilizzatori d’acqua, in primis tra gli agricoltori e le compagnie minerarie. Queste, infatti, sono solite acquistare circa il doppio dei diritti d’acqua di cui necessitano per la loro produzione industriale, per garantire la fornitura idrica anche in periodi di siccità. Così facendo, però, causano un aumento della domanda e di conseguenza dei prezzi dei diritti stessi, arrivando ad escludere dal mercato alcuni utilizzatori d’acqua, come gli agricoltori, che non possano più permettersi di pagare i diritti d’acqua. Questo fenomeno ha portato nella regione di Atacama ad un progressivo impoverimento idrico dell’agricoltura, con fenomeni di abbandono di terreni coltivati. La natura desertica del luogo fa sì che questi terreni siano velocemente inglobati dal deserto, rendendoli non più coltivabili in futuro. Si assiste, quindi, ad un indebolimento del settore agricolo, un importante settore economico tradizionale di questa regione.


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La dissalazione in Cile, una questione mineraria

La dissalazione nel Deserto di Atacama Come funziona un dissalatore minerario I dissalatori minerari cileni funzionano tutti con la tecnologia dell’Osmosi Inversa. Rispetto ai dissalatori trattati nel capitolo 2, quelli cileni sono dotati di una infrastruttura di distribuzione idrica più sviluppata, perché deve condurre l’acqua dal livello del mare fino alle miniere che si possono trovare a più di 3.000 m di altitudine e a una distanza superiore ai 100 km. Nella maggior parte dei casi, i dissalatori del Deserto di Atacama sono costruiti nelle vicinanze del porto minerario della società proprietaria della miniera, in aree

molto spesso fuori da zone abitate. Dal dissalatore parte l’acquedotto minerario, con tubature che variano dai 40 cm al metro di diametro. Queste conduttore sono normalmente interrate a 1 m di profondità, per preservarle maggiormente ed evitare il surriscaldamento dovuto all’irraggiamento solare, che nel Deserto di Atacama raggiunge i valori più alti al mondo. Per facilitarne la manutenzione, l’acquedotto viene costruito, dove possibile, a lato di strade esistenti e viene accoppiato a una rete di fibre ottiche per il suo monitoraggio. In base alla distanza dal mare e all’altitudine del luogo dove si trova la miniera, lungo il percorso vengono poste una o più stazioni di pompaggio intermedie. Esse sorgono normalmente a lato della strada, in zone sempre disabitate, e sono alimentate da una rete elettrica che corre anch’essa a lato della strada. Si crea quindi un fascio infrastrutturale nuovo, composto dall’acquedotto, dalla linea elettrica e da quella in fibra ottica,

sovrapposto a un’infrastruttura viaria preesistente. In alcuni casi, nello stesso fascio si trova anche il condotto di ritorno dalla miniera: la tubatura che trasporta il concentrato di rame dalla miniera al porto dove verrà caricato su navi e inviato all’acquirente finale. La posizione delle miniere, realizzate a una quota massima di 4.400 m sopra il livello del mare (Collahuasi e Quebrada Blanca) e a una distanza massima di 190 km (Collahuasi), rendono il trasporto dell’acqua molto costoso, sia sotto il profilo dell’investimento iniziale, sia sotto quello del consumo energetico delle pompe, una volta in esercizio. Si stima che nel 2022 gli investimenti in dissalazione in Cile raggiungeranno i 10 miliardi di dollari49.

49. M. Edwards, Business opportunities in relation to the use of sea water by the Mining Industry in Chile, Canadian Embassy in Chile.


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50. Altas de Aguas Chile 2016, op.cit.

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Una nuova idrografia L’infrastruttura idrica dei dissalatori e degli acquedotti minerari sta creando una nuova idrografia artificiale nel Deserto di Atacama.

Tubature avanzate dalla costruzione di un acquedotto minerario. Nei pressi di Puerto Totoralillo.

Questo sistema si sviluppa in direzione contraria (dal mare alle Ande) rispetto all’idrografia naturale, e la sua posizione molto spesso fa riferimento ad un sistema stradale esistente, invece che ad un sistema di valli dentro cui il fiume si sviluppa per poi giungere al mare. In alcuni casi, l’acquedotto segue anch’esso una strada di fondovalle che raggiunge la miniera secondo la via più rapida. Andando ad analizzare le dimensioni di questi nuovi impianti, si scopre che la loro portata totale, una volta a regime, sarà superiore alla portata media dei fiumi che attraversano il Deserto di Atacama: 15.534 l/s contro 13.300 l/s medi. Questo è sempre più vero, data la progressiva diminuzione registrata nella portata dei corsi fluviali di quest’area. Dagli ultimi rilevamenti in possesso, infatti, risulta che nel 2013-2014 la portata media del fiume Lluta sia scesa del 32%, quella del fiume Loa del 57% e quelle dei fiumi Copiapó e Huasco rispettivamente del 73% e dell’84%50. Il livello molto basso di questi ultimi due preoccupa maggiormente, poiché sono la fonte idrica principale delle due valli omonime, dove è diffusa l’agricoltura. Anche la lunghezza totale del nuovo sistema idrico artificiale, 1.696 km, è quasi il doppio del sistema idrico naturale, pari a 969 km. In questi calcoli rientrano i dissalatori che sono già attivi o in progetto, compresi quelli costruiti dalle società private di distribuzione idrica per rifornire d’acqua alcune città del Deserto di Atacama. In totale, il sistema idrico artificiale è composto da 22 dissalatori: 5 per uso urbano e 17 per uso industriale nelle miniere. Di questi 22, 10 sono già operativi, mentre gli altri sono stati approvati e sono in costruzione o in procinto di esserlo. La dimensione quantitativa dell’idrografia naturale è di difficile determinazione, in quanto vi sono molti corsi d’acqua secchi che si riattivano solamente con le rare piogge. È il caso eccezionale dell’alluvione in Atacama del 2015: una piovosità molto superiore alla media annuale, concentrata in poco tempo, ha provocato lo straripamento dei fiumi Copiapó e Salado, con decine di vittime e danni molto estesi alle cittadine di Chañaral e Diego de Almagro,


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nella provincia omonima. In questa analisi si considerano solo i 4 fiumi principali, che scorrono dalle Ande all’Oceano Pacifico, presenti nell’area del Deserto di Atacama. Essi sono il fiume Lluta, nella regione di Arica, il fiume Loa, nella regione di Antofagasta, e i fiumi Copiapó e Huasco nella regione di Atacama. Come già detto, la dissalazione in Cile si è sviluppata in epoca molto recente. Il primo dissalatore presente nell’area è l’impianto urbano di La Chimbia, costruito per la città di Antofagasta nel 2003, seguito dal primo impianto di dissalazione della miniera Escondida, nel 2006. Ora la stessa miniera, che è la più produttiva al mondo di rame, sta costruendo un altro impianto che porterà la sua capacità di produrre acqua dissalata da 525 l/s a 3.025 l/s. per fare un confronto, l’impianto israeliano di Sorek, citato nel capitolo 2 come il più grande al mondo con funzionamento a Osmosi Inversa, ha una capacità produttiva di 7.250 l/s.

Un processo in divenire I dati analizzati nel precedente paragrafo fanno riferimento a ricerche compiute tra l’ottobre del 2015 e l’ottobre dell’anno seguente. Vista l’attualità del fenomeno della dissalazione in Cile, è molto probabile che alcuni dei dati inseriti possano variare, soprattutto per quanto concerne gli impianti non ancora entrati in cantiere. Rispetto ai dati iniziali raccolti nel 2015, anche il numero di impianti censiti è aumentato. Ciò è dovuto a una maggiore disponibilità di informazioni che viene rilasciata mano a mano che i progetti entrano in fasi di sviluppo più mature. Non è da escludere che il numero di impianti cresca in futuro, soprattutto alla luce di nuovi progetti minerari e alla possibile entrata in vigore della legge sull’obbligo dei dissalatori minerari.


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idrografia artificiale idrografia naturale

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The whole of the Atacama Desert must be considered (in itself) a project1 . Pedro Alonso

1 Pedro Alonso, Deserta, 2012, Ediciones ARQ, Escuela de Arquitectura Pontificia Universidad Catolica de Chile, Chile: “L’intero Deserto di Atacama deve essere considerato (in sé) un progetto”.


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Infrastrutture nel deserto

The desert is a landscape to be read. A. Velasco, Read on the American desert, AA School AADP, issuu.com, visionato il 4 giugno 2016, pag. 43: “Il deserto è un paesaggio da leggere”.

La regione di Atacama è la più meridionale del deserto omonimo e presenta, a mio parere, la combinazione più interessante tra il nuovo sistema idrico artificiale dei dissalatori e la situazione preesistente. Nella regione troviamo infatti le ultime due valli coltivate del nord del Cile, quella di Copiapó e quella di Huasco, che ricevono l’acqua dai due fiume omonimi e che; oggi, soffrono entrambe la siccità. La capitale regionale, Copiapó, è situata nell’entroterra, unico caso, nel nord del Cile, insieme a Calama, di città con più di 100.000 abitanti che non si trova sulla costa. Ciò pone ulteriori problemi a livello di fornitura idrica, in quanto non è possibile realizzare un impianto di dissalazione marino nelle vicinanze della città, come sta già accadendo per le altre grandi città del nord (vedi capitolo precedente). L’area presenta, inoltre, un interessante patrimonio di archeologia industriale che si è sedimentato in più di 200 anni di storia, grazie a fasi successive di colonizzazione e abbandono. Esso è un buon punto di partenza per parlare della presenza umana nel deserto di Atacama e della relazione che l’uomo ha instaurato col paesaggio.

Infrasrtutture elettriche lungo la Panamericana a sud di Copiapò.

La condizione di sospensione, di apparente mancanza di interventi umani, pone il paesaggio desertico in una posizione privilegiata se si vuole analizzare un sistema di infrastrutture. La sua conformazione, in molte parti omogenea, e la quasi totale mancanza di vegetazione fanno sì che le infrastrutture presenti risaltino sul paesaggio circostante. È questo il caso delle linee elettriche, delle centrali di produzione di energia, delle infrastrutture viarie e di quelle connesse all’attività mineraria. Nel panorama europeo, un paesaggio che metta in evidenzia le infrastrutture è quasi impossibile da trovare, poiché ormai le costruzioni umane si susseguono in molte aree senza soluzione di continuità, andando a celare, o comunque a mitigare, l’impatto


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Infrastrutture nel deserto

ambientale delle infrastrutture dal punto di vista paesaggistico. Anche la progettazione di queste infrastrutture del deserto è differente rispetto a una normale rete infrastrutturale urbana, in quanto esse sono costruite senza alcuna attenzione per il paesaggio circostante. Non devono, infatti, tener conto di luoghi abitati, riserve naturali e altri elementi che limitano, o creano problemi, al passaggio di una infrastruttura. Nel deserto, l’unico elemento che viene preso in considerazione nel disegnare il percorso di una infrastruttura è il fattore economico: le linee elettriche tagliano il paesaggio cercando di raggiungere il punto B dal punto A nel minor tragitto possibile, scavalcando colline e montagne se necessario. Un’altra condizione per risparmiare sui costi di costruzione è che le nuove infrastrutture siano affiancate a quelle esistenti e che, quindi, seguano percorsi già tracciati. È il caso, per esempio, degli acquedotti minerari e delle linee elettriche che servono le stazioni di pompaggio intermedie: queste infrastrutture quasi sempre sorgono a lato di una strada esistente, in modo tale da facilitare la fase di costruzione e la futura manutenzione.

Read on the American desert A. Velasco,


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Con questo modus operandi si creano dei fasci di infrastrutture che possono presentarsi molto differenti fra di loro, perché le infrastrutture che li compongono sono state costruite in più periodi e con diverse funzioni. In alcuni casi è anche possibile osservare infrastrutture molto simili costruite una di fianco all’altra ma appartenenti a due proprietari differenti. La storia delle infrastrutture in Atacama in uno scatto. Da sinistra a destra: linea elettrica, linea fevvoriaria dismessa, acquedotto minerario che traposta acqua dissalata (invisibile perchè 1 metro sottoterra), conduttura per il trasporto del concentrato di rame (invisibile perchè 1 metro sottoterra), strada C-358.

In Cile, infatti, la logica di mercato si estende anche alle infrastrutture strategiche, come le linee elettriche e quelle della distribuzione dell’acqua. Non esiste una pianificazione nazionale per la produzione e distribuzione dell’energia elettrica, ma vi sono più fornitori privati che decidono di costruire centrali energetiche in base all’andamento del mercato. Le linee di distribuzione possono appartenere agli stessi gestori delle centrali o ad altre società specializzate, senza che vi sia una rete nazionale unica di distribuzione elettrica. Il libero mercato applicato all’energia fa sì che attualmente il Cile sia alimentato da due reti energetiche distinte: una per il nord e una per il resto del paese. Tra di esse non vi sono punti di contatto, anzi, vi è l’intera regione di Atacama a separarle. Tale situazione è precaria e continua a creare molti problemi, dovuti anche alla scarsa manutenzione della rete. È passato poco tempo da quando tutto il Deserto di Atacama ha subito un blackout dovuto a un guasto in una sub-


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Infrastrutture nel deserto

stazione elettrica attraverso cui passavano tutte le linee del nord del paese. Il conseguente blocco della produzione mineraria ha causato danni per svariati milioni di dollari. La separazione tra le due reti non permette di ottimizzare l’utilizzo dell’energia elettrica prodotta nell’intero Cile. Ciò ha determinato due conseguenze nel nord del Paese: la prima è che questa zona è quasi completamente alimentata da centrali elettriche a combustibile fossile, con un conseguente maggior inquinamento; la seconda è che le nascenti centrali elettriche solari non hanno abbastanza mercato in loco e necessiterebbero di vendere la loro energia anche alle zone urbane più popolate del centro. Questa situazione ha fatto scendere a zero, in alcuni momenti, il prezzo dell’energia elettrica da centrali solari per scarsità di domanda ed eccesso di offerta. Un fenomeno che, se protratto in futuro, potrebbe disincentivare investimenti in questo settore. Per cercare di risolvere i problemi energetici del Cile è ora in costruzione nella regione di Atacama una rete elettrica da 500 kV che unirà il sistema energetico del nord con il resto del paese: un’altra grande infrastruttura nel deserto, con torri alte fino a 100 m.

Le infrastrutture per l’industria: le epopee minerarie La storia delle infrastrutture nel Deserto di Atacama è strettamente legata ai minerali che già prima della conquista spagnola venivano estratti nell’area. Gli Inca, infatti, conoscevano i giacimenti minerari nel deserto di Atacama e ancora oggi sono visibili i resti dei loro insediamenti nella parte alta del fiume Copiapó. Si può dire che la conquista spagnola del Cile fu spinta prima di tutto dal desiderio di trovare oro e altre pietre preziose. Così, una volta portata a termine la conquista del Paese, si sviluppò la prima epopea mineraria cilena: quella dell’oro. Essa non durò a lungo, in quanto già sul finire del XVI secolo le riserve sfruttate si stavano esaurendo, però determinò la fondazione di città vicine ai giacimenti dell’epoca, che rappresentano i nuclei urbani più antichi e importanti del paese: La Serena, Concepción, Valdivia, Imperial e Villarrica. All’epoca dell’oro seguì un periodo di bassa produzione

Un fascio di linee elettriche si sviluppa lungo la strada C-351, tra Caldera e la Miniera di Cerro Negro Norte.


Infrastrutture nel deserto

51. Historia de la minerìa en Chile, Codelcoeduca.com, visionato il 3 ottobre 2016. 52. C. M. Sayago, E. Aramburu, Historia de Copiapó , 2006, Copiapó, Norte Grande Ediciones. 53. W. Griem, La Historia de la Regiòn de Atacama Chile, 2014, geovirtual2.cl, consultato il 4 ottobre 2016. 54. Ibid.

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mineraria, che terminò nel 1700, quando la Spagna permise il commercio tra le sue colonie e altri paesi. Questo fatto diede nuovo impulso all’estrazione del rame e dell’argento, con siti minerari importanti nell’area di Copiapó. I minerali venivano poi venduti generalmente al Perù. Con la conquista napoleonica della Spagna, aumentò il desiderio indipendentista delle colonie spagnole del Sud America. Nel 1818 il Cile ottenne l’indipendenza, e la cessazione del regime coloniale incentivò una maggior produzione mineraria, poiché non vi erano più gli obblighi di destinare una certa quantità di minerali alla madrepatria. L’esportazione di rame in Inghilterra passò così dalle 60 tonnellate di inizio secolo alle 12.700 sul finire dell’Ottocento51. La prima grande fase di colonizzazione della regione di Atacama risale all’epoca della dominazione spagnola. La stessa capitale della regione, Copiapó, pur avendo origini molto antiche, nasce ufficialmente nella sua veste attuale solo nel 174452. È del 1795, invece, la scoperta di giacimenti di rame nei pressi di Puquios, uno dei primi villaggi minerari di Atacama che vengono costruiti in prossimità di una miniera53.

“Evita rischi e preoccupazioni” Pubblicità delle ferrovie di stato cilene del 1943. Fonte: Griem (1997-2016): Museo Virtual de la Región Atacama (geovirtual2.cl).

Fino a questo periodo la tecnologia di estrazione dei minerali è molto primitiva, e sarà solamente con la seconda epopea mineraria, quella dell’argento, che si assisterà allo sviluppo industriale e infrastrutturale del settore. La ricerca e estrazione dell’argento vede fiorire una serie di villaggi a sud e a nord della valle di Copiapó, tra cui il più importante è Chañarcillo, la cui fondazione risale al 1832. Saranno le esigenze di trasporto dell’argento da questa miniera alla costa a spingere la creazione della prima linea ferroviaria in Cile, nel 1850. Essa collega Copiapó e Chañarcillo con la cittadina di Caldera, dal cui porto veniva poi inviato il minerale. Questa ferrovia segna un punto molto importante nella storia dello sviluppo infrastrutturale dell’area, perché determinerà gli ulteriori sviluppi futuri. È per le esigenze idriche della stazione ferroviaria di Caldera, infatti, che nasce il primo impianto di dissalazione documentato nell’area: siamo nel 1854 e la sua tecnologia è ignota ma con ogni probabilità molto rudimentale54. Nata per il trasporto dell’argento, la ferrovia diventerà, in seguito, uno dei mezzi di trasporto passeggeri più utilizzato e, fino agli anni Sessanta, avrà anche l’importante ruolo di rifornire d’acqua la città di Caldera, prima della costruzione dell’acquedotto.


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Infrastrutture nel deserto

L’epopea dell’argento vedrà espandere la rete ferroviaria fino agli anni Trenta del Novecento, quando le miniere scoperte a metà dell’Ottocento si esauriscono e i villaggi minerari adiacenti iniziano ad essere abbandonati. L’abbandono dei villaggi è un fenomeno molto comune nel Deserto di Atacama ed è dovuto alla mono-funzione dei nuclei abitati, costruiti unicamente come base di appoggio per l’estrazione mineraria, in zone lontane dalle vie di comunicazione e prive di altra attrattiva economica. A partire dal 1875, anno di chiusura della miniera di Chañarcillo, si assisterà al graduale abbandono di Puquios (1930 circa), Tres Puntas (1952), Carrera Pinto (1990), per citarne solo alcuni. I periodi di abbandono sono più o meno lunghi, in quanto dipendono dalla velocità con cui gli abitanti trovano un altro impiego nelle miniere circostanti. È il caso di Postrerillos, un villaggio minerario aperto nel 1894: il suo declino inizia negli anni Cinquanta del Novecento, quando cala la percentuale di rame estratto dalla sua miniera e viene aperta, a poca distanza, la miniera di El Salvador (1959), che inizia ad attirare gli abitanti del vicino villaggio. La chiusura ufficiale di Postrerillos avverrà solo nel 2000, quando, a causa degli elevati tassi di inquinamento, anche gli ultimi abitanti saranno trasferiti nelle città di El Salvador e Copiapó. El Salvador è forse l’esempio più interessante di insediamento minerario nella regione di Atacama, in quanto si presenta come una città di fondazione, con una pianta radiale a ventaglio, modello più elaborato tra quelli delle città minerarie di fondazione. Attualmente questi antichi villaggi minerari abbandonati sono lasciati come ruderi nel deserto, in attesa che l’ambiente completi il processo della loro distruzione. Stessa sorte è capitata a gran parte della rete ferroviaria del nord del Cile. Il trasporto passeggeri cessa nella regione di Atacama nel 1975, eliminando, così, la possibilità di raggiungere in treno la capitale Santiago. In seguito anche il trasporto merci va scomparendo, sostituito dal più economico trasporto su gomma. A contribuire all’abbandono della ferrovia, ora rimasta visibile in alcuni tratti e nelle ex-stazioni di Caldera e Copiapó, sono stati anche le frequenti catastrofi naturali che hanno investito la regione: i numerosi terremoti hanno da sempre messo a dura prova le infrastrutture di Atacama, e le alluvioni, rare ma quanto mai intense in un’area non abituata a fenomeni di precipitazioni, hanno spesso danneggiato le linee ferroviarie. L’ultima in ordine di tempo risale al 2015 e ha completamente divelto i binari dell’unica linea sopravvissuta, che connette Diego De Almagro con il porto di Chañaral: è molto improbabile che essa venga ripristinata.

La stradaC-351 attraversa i binari abbandonati della ferrovia tra Caldera e Copiapò

La vecchia stazione ferroviaria di Caldera, ora centro culturale.


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Dal 1950 la regione è raggiungibile anche in aereo, con l’apertura del collegamento aereo tra Santiago e Copiapó che utilizza il campo di volo di Chamonate. Ad esso si affiancano dei campi di volo in tutta l’area: a Caldera, Chañaral, El Salvador e Postrerillos, anche se essi non vengono utilizzati per il trasporto viaggiatori e sono delle semplici piste nel deserto. Il campo di volo di Chamonate sarà sostituito, come aeroporto principale della regione, dall’Aeroporto del Deserto di Atacama, inaugurato nel 2005. Questo è l’esempio più grande di infrastruttura per la mobilità presente nel deserto: è stato costruito in un’area desertica e disabitata adiacente alla Panamericana, a 50 km da quello precedente.

Ferrovia tra Diego de Almagro e Chañaral distrutta dall’alluvione del 2015.

L’altra grande infrastruttura viaria è la strada Panamericana che percorre tutto il Deserto di Atacama e connette il Nord con il Sud America. Lungo questa strada si trovano i centri urbani principali, ed è l’unica via di comunicazione terrestre tra il nord e il centro del Cile. Il sistema viario è molto importante anche per l’industria mineraria, sia perché viene percorso dalle autocisterne, che trasportano il concentrato di rame dalla miniera al porto minerario, da dove viene inviato in tutto il mondo, sia perché lungo la Panamericana arrivano dal centro del Cile le derrate alimentari per tutti gli abitanti del nord. L’ultima epopea mineraria che investe la regione è quella del rame. Con essa si passa da miniere sotterranee a miniere a cielo aperto, con un impatto paesaggistico molto più marcato. Sebbene il rame sia sempre stato una risorsa estratta nel Deserto di Atacama, il vero boom del rame avviene negli anni Novanta del Novecento. In questo periodo apre la miniera Candelaria (1994), che col passare degli anni diventerà la miniera più grande della provincia. Sarà quest’ultima fase di espansione mineraria a portare la dissalazione nell’area, come si vedrà nel paragrafo successivo.


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Infrastrutture nel deserto

Le infrastrutture per l’acqua La fornitura d’acqua ai villaggi minerari è sempre stata una sfida, sia per la scarsità d’acqua, sia per la distanza che li separa dalla fonte principale della zona, il fiume Copiapó. Oltre al piccolo dissalatore per uso ferroviario già citato, la prima grande infrastruttura idrica dell’area è l’acquedotto di Amoladas. Esso venne costruito nel 1890 con una struttura molto simile a quella degli acquedotti romani. Aveva lo scopo di trasportare l’acqua dalla parte superiore della valle di Copiapó fino in prossimità della città omonima. Rimase in funzione fino alla costruzione della diga Lautaro, nel 1930, che lo separò dalla sua fonte d’acqua rendendolo inutilizzabile. Una piccola porzione dell’acquedotto è ancor oggi visibile nei pressi della diga, testimonianza dell’uso dell’acqua nella fase finale del grande momento estrattivo dell’argento. Fino alla realizzazione, nel 1961, del primo acquedotto sotterraneo nella parte bassa della valle di Copiapó, tra la città capoluogo e quella di Caldera, sarà la ferrovia uno dei mezzi principali con cui si trasporta l’acqua a valle della diga. L’introduzione degli acquedotti minerari per il trasporto dell’acqua dissalata è storia recentissima: i tre impianti attualmente operativi entrano in funzione solo nel 2013, seguendo processi di ideazione differenti. Il dissalatore di Punta Padrones viene realizzato a lato dell’area portuale omonima di proprietà della miniera Candelaria. Sorge a pochi chilometri da Caldera ed è pensato per rifornire di 500 l/s la miniera Candelaria, che si trova a 70 km di distanza, vicino alla città di Copiapó. Rispetto agli altri due dissalatori minerari dell’area, progettati e costruiti in concomitanza con la miniera, qui il processo estrattivo inizia prima dell’entrata in funzione del dissalatore, già nel 1994. Per vent’anni Candelaria ha usato acqua proveniente da pozzi sotterranei e dall’impianto di trattamento acque residuali della città di Copiapó. Il percorso dell’acquedotto segue, nel primo tratto, la Panamericana, poi percorre il perimetro dell’aeroporto Deserto di Atacama e, infine, segue il tragitto inverso del fiume Copiapó fino a giungere alla stazione di pompaggio di Bodega, dove l’acquedotto si arrampica sulle montagne per raggiungere la miniera. Come l’impianto di Punta Padrones, anche l’impianto di Aguas Cap sorge a lato dell’infrastruttura mineraria portuale, in questo caso di Puerto Totoralillo, 20 km a nord di Caldera. La prassi di

Prima dei dissalatori

Resti dell’acquedotto di Amoladas nei pressi della diga Lautaro, nella parte alta della valle di Copiapò.

La diga Lautaro che ha decretato l’obsolescenza e l’abbandono dell’acquedotto di Amoladas.


Infrastrutture nel deserto

I dissalatori

L’infrastruttura portuaria mineraria di Punta Padrones, dove si trova il dissalatore che serve la Miniera Candelaria.

L’impianto di dissalazione di Aguas Cap, a poca distanza dal porto minerario di Puerto Totoralillo, anch’essa di proprietà della società mineraria Cap. fonte: Cap.cl

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creare nuove infrastrutture in aree dove già sono presenti impianti minerari è frequente nel deserto di Atacama, perché permette alle compagnie minerarie di espandere la propria produzione senza dover comprare altri ettari di deserto. Da notare che tutto il terreno su cui transitano gli acquedotti è stato acquistato dalle società minerarie proprietarie degli stessi. In totale l’area di questo terreno è normalmente superiore a quella delle altre infrastrutture a servizio della miniera. L’acquedotto di Aguas Cap segue anch’esso un tratto della Panamericana, per poi deviare in una valle che lo porta a raggiungere la miniera di Cerro Negro Norte, con una portata di 120 l/s, dopo 2 stazioni di pompaggio intermedie. Un altro ramo dell’acquedotto arriva invece a Planta Magnetita, un’installazione mineraria che si trova nello stesso complesso di Candelaria. Il percorso dell’acquedotto di Aguas Cap differisce rispetto a quello di Candelaria, poiché segue altre strade che giungono nell’area estrattiva. Procedendo verso nord, l’ultimo dissalatore che si incontra nell’area è quello della miniera Mantoverde, posto a fianco dell’abitato di Puerto Flamenco. In questo caso la miniera non dispone di un porto minerario e la scelta della posizione dell’impianto di dissalazione è caduta nell’area di costa libera più vicina alla miniera. Come nel caso dell’acquedotto della miniera Cerro Negro Norte, anche questa tubatura segue una strada di fondovalle fino ad arrivare alla quota dove si trova la miniera; la portata è sempre di 120 l/s. Vi è un quarto dissalatore in progetto in quest’area: si tratta del dissalatore Atacama, il cui cantiere dovrebbe partire nel 2017. Se venisse realizzato, sarebbe l’impianto più grande della zona, con una portata di 1.000 l/s. Il suo uso è però differente rispetto agli altri, in quanto è stato pensato per rifornire d’acqua la città di Copiapó e le coltivazioni della valle.

Il dissalatore che serve la Miniera Mantoverde nei pressi dell’abitato di Puerto Flamenco.

Le miniere che hanno adottato la dissalazione si trovano tutte più o meno alla stessa distanza dal mare, lungo la Pre-cordigliera, la prima catena montuosa che si incontra procedendo dal mare verso l’entroterra. La differente lunghezza dei loro acquedotti dipende dalla posizione degli impianti di dissalazione rispetto al sito estrattivo, così come il numero di stazioni di pompaggio intermedie è legato all’altezza finale che l’acqua deve raggiungere. Vi sono altre miniere che si trovano invece verso la Cordigliera vera e propria, come quelle di El Salvador e Caserones. Esse non sono collegate ad un impianto di dissalazione, perché il trasporto dell’acqua dalla costa alla loro posizione sarebbe troppo costoso. Resta da vedere cosa succederà se entrerà in vigore la legge


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sui dissalatori minerari (vedi capitolo precedente). La miniera Caserones, aperta nel 2014, ha adottato un compromesso ambientale per cercare di limitare il suo impatto sul sistema acquifero attuale. Ha infatti acquistato una quota costante di 120 l/s di acqua dissalata dal dissalatore di Aguas Cap, per distribuirla agli utilizzatori agricoli nella valle di Copiapó. Quest’acqua viene pompata a destinazione utilizzando l’acquedotto che conduce alla Planta Magnetita. Come si vedrà nel capitolo successivo, la posizione della miniera Caserones mette ancora di più in pericolo il difficile equilibrio dell’acquifero di Copiapó, poiché essa si trova nel suo settore più alto. Ciò comporta che sfrutti l’acqua a monte di altri utilizzatori presenti nella valle, trovandosi quindi in una posizione di fruitrice privilegiata. Inoltre, se i suoi scarichi industriali contaminassero il sistema idrico, si avrebbe un danno nell’intera valle, città di Copiapó compresa. La condizione della miniera Caserones rischia di non essere più l’unica, in quanto vi sono altri progetti minerari che stanno entrando in cantiere ai piedi delle Ande. Sono i progetti minerari Cerro Casale, Caspiche, Jeronimo e Nueva Esperanza, tutti dediti all’estrazione di rame e oro, in una zona dove sono già presenti altre miniere di questo materiale. Si presume che anche queste miniere utilizzeranno acqua di pozzo invece che attingere all’acqua marina, riducendo la disponibilità idrica di tutti i fruitori che si trovano a valle.

Gli scavi durante la costruzione del dissalatore Mantoverde. fonte: mining.com


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When scrutinizing the desert, we can not only look at the here and now, but we have to read also the tense present and the tense past that are here and elsewhere in the conditions of these lands67. Alvaro Velasco

67. A. Velasco, op.cit., pag. 43: “Quando analizziamo il deserto, non possiamo limitarci a guardare il qui ed ora, ma dobbiamo leggere anche il tempo presente e il tempo passato che si trovano qui e altrove nelle condizioni di queste terre.�


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Infrastrutture nel deserto

L’obsolescenza

Infrastruttura abbandonata a lato della strada C-351 che conduce a Miniera Cerro Negro Norte

Analizzando la storia delle infrastrutture nel deserto di Atacama, ciò che emerge con più chiarezza è la centralità del ciclo di vita di ciascuna opera umana presente. Nel deserto ogni infrastruttura nasce con uno scopo e cessa di esistere al venire meno dello stesso. Difficilmente abbiamo una fase di riuso e di riciclo. È più probabile che l’infrastruttura abbandonata sia lasciata a deperire nel deserto, come un gigantesco relitto industriale. Un rifiuto a tutti gli effetti, che si somma agli altri rifiuti urbani che spesso vengono abbandonati nella porzione di deserto che circonda i centri abitati. Il deserto è visto da chi vi risiede come uno spazio senza limite, e perciò illimitatamente utilizzabile e sfruttabile, dove è possibile accumulare oggetti obsoleti di tutte le dimensioni e aspettare che sia il paesaggio a consumarli.

The long term sedimentation of the desert plays the counter-part to the rapid spread of housing and industry in that years. They present an interesting reflection on landscape exploited by Man.

Questa è una condizione paradossale: nel deserto non si produce praticamente niente (se non i minerali estratti) e perciò tutto ciò che lì si consuma deve essere importato da grandi distanze. Una realtà molto lontana dalla visione della “Spaceship Earth” di Buckminster Fuller, in cui il Pianeta Terra è una gigantesca

A. Velasco, op.cit., pag. 43: “La sedimentazione di lungo periodo del deserto fa da contraltare alla rapida espansione delle case e delle strutture industriali avvenuta in questi anni. Pongono un’interessante riflessione sul paesaggio sfruttato dall’Uomo”.


Infrastrutture nel deserto

Cumuli di detriti di una miniera abbandonata lungo la strada C-327. Il residuo della miniera è mimetizzato nel paesaggio circostante. L’unico elemento distintivo è il colore più scuro.

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astronave autosufficiente che auto produce tutto ciò che necessita e poi lo ricicla. Anche le miniere sono soggette a questo regime di consumo e abbandono. Se in passato all’apertura di una miniera difficilmente si sapeva per quanto tempo sarebbe stato possibile sfruttarla, ai giorni nostri si conosce già la “data di scadenza” prima ancora che il progetto sia approvato. Anzi, le analisi geologiche permettono ora di sapere in anticipo la redditività economica dei singoli filoni minerari, permettendo così di procedere all’estrazione solamente in quelle aree che garantiscono un certo livello di profitto. Se si analizzano i piani di sviluppo di una miniera, si può osservare che nella maggioranza dei casi sono di una durata non superiore ai 15-20 anni. Dopo questo periodo di estrazione è probabile che si raggiungano aree con minore concentrazione di minerale, che rendono meno redditizio il processo estrattivo. Di conseguenza, probabilmente nessuna delle miniere citate in precedenza arriverà al 2050.


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Infrastrutture nel deserto

Come si è già visto in passato, alla loro chiusura seguirà la cessazione dell’attività di tutte le infrastrutture collegate alla miniera. Le normative cilene prevedono lo smantellamento di tutto ciò che può essere rimosso, per cercare di tornare alla condizione del sito pre-minerario. Una previsione molto aleatoria, che non tiene in considerazione come la modificazione del paesaggio causata dall’installazione mineraria sia per certi aspetti irreversibile.

A lato: palo elettrico crollato di una linea elettrica che serviva una miniera, ora chiusa. L’infrastruttura è stata dismessa con la rimozione dei cavi di rame. Ora rimangono solo i pali elettrici isolati. Alcuni, come questo, iniziano a crollare.

Nell’area di Copiapó è già possibile osservare miniere abbandonate a cielo aperto e si può notare come, anche se l’accampamento minerario è stato raso al suolo, i pali delle linee elettriche di alimentazione sono stati lasciati in posizione, una volta rimossi i cavi elettrici. Anche i dissalatori minerari sono destinati a seguire questo iter. Dalla documentazione attuale, fornita in fase di approvazione di progetto, chiuderanno insieme alle rispettive miniere: tra il 2032 e il 2033. Stando sempre alla medesima documentazione, verranno demolite tutte le loro parti che emergono dal terreno, una volta rimosse le apparecchiature più costose che verranno riutilizzate o vendute; la tubazione dell’acquedotto, invece, sarà lasciata inutilizzata nel deserto, poiché il costo della sua rimozione sarebbe troppo elevato. In questa sede viene escluso che gli impianti di dissalazione siano riutilizzati per nuove attività minerarie, per due motivi principali. Il primo è di natura logistica: la nuova miniera dovrebbe trovarsi vicino alla vecchia, o lungo il percorso del suo acquedotto, affinché risulti vantaggioso usare il vecchio dissalatore e acquedotto anziché costruirne uno di nuovo che sfrutti un percorso più breve. Il secondo è di natura giuridica: è molto difficile che una compagnia mineraria, in procinto di realizzare un nuovo progetto, cerchi di riutilizzare infrastrutture già esistenti non di sua proprietà; è più facile che ne crei di nuove a lato di infrastrutture identiche, perché questo le permette una gestione migliore attraverso il controllo diretto di tutte le infrastrutture. Visti i problemi idrici dell’area, però, una dismissione degli impianti di dissalazione, contemporanea alla chiusura delle miniere che hanno servito, risulterebbe controproducente. Da questa considerazione parte la strategia progettuale del presente lavoro, volta a realizzare un possibile riutilizzo di queste fonti d’acqua, alla luce dei bisogni idrici della valle di Copiapó (vedi capitolo 6).

Altre infrastrutture abbandonate della medesima linea elettrica. Lungo la strada C-327.


Infrastrutture nel deserto

Morte di un’infrastruttura. Col tempo il deserto smaltisce gli oggetti che l’uomo lascia al suo interno.

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Infrastrutture nel deserto

Album dell’obsolescenza: i veicoli abbandonati. Il deserto non ospita solo grandi infrastrutture obsolete ma anche


Infrastrutture nel deserto

rifiuti di ogni dimensione. Quelli piĂš significativi sono i mezzi di trasporto obsoleti abbandonati.

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Infrastrutture nel deserto

La nuova colonizzazione del deserto: i parchi solari È difficile dire oggi se la fase mineraria del rame terminerà con gli attuali progetti minerari in corso, o se ne seguiranno altri. Il periodo odierno vede l’industria mineraria del rame cilena in sofferenza per l’abbassamento del prezzo di questa materia prima ai livelli dei primi anni Duemila, cosa che la rende meno competitiva rispetto ad altri produttori mondiali, dove i costi di estrazione sono minori. È probabile, però, che possa seguire un nuovo periodo di espansione mineraria se il prezzo del rame tornerà a salire, visto che il Cile possiede le maggiori riserve al mondo di questo minerale. Quello che già oggi è una certezza, invece, è il potenziale solare del deserto. Il Deserto di Atacama, infatti, ha il più alto indice di radiazione solare diretta al mondo, 9 kWh/m²/giorno, che lo rende il luogo più favorevole sulla Terra dove costruire una centrale solare55. Pedro Alonso ha calcolato che una centrale a concentrazione solare grande quanto un’area quadrata di 20 km di lato sarebbe in grado di soddisfare tutto il fabbisogno energetico del Cile56. Attualmente si sta aprendo una nuova fase della colonizzazione del deserto: quella dei parchi solari, con una scala dimensionale comparabile solamente alle miniere a cielo aperto. Nelle province di Copiapó e Diego de Almagro sono già attivi alcuni grandi impianti solari fotovoltaici, mentre molti altri sono in progetto e costruzione. Nel 2019 è previsto il completamento del progetto “Copiapó”, attualmente il più grande parco solare ibrido al mondo, con una potenza combinata di 260 MW, che gli permetterebbe di alimentare 560.000 abitazioni. Esso utilizzerà due torri a concentrazione solare e un impianto solare fotovoltaico. L’utilizzo ibrido di questi due sistemi gli permetterà di funzionare 24 ore al giorno, anche quando non c’è luce solare57. Questo parco avrà una lunghezza di più di 4 km ed esemplifica il nuovo modo “geometrico” di colonizzare il deserto. La grande disponibilità di spazio nel deserto, infatti, ha come conseguenza che questi impianti sono disegnati senza alcuna restrizione di forma, assumendo quella più adatta allo sfruttamento dell’energia solare. Già ora nel deserto si incontrano campi solari quadrati con i lati che possono raggiungere i 2 km: una superficie riflettente di 4 km2 posta in mezzo al nulla nel deserto.

55. W. Weischet, “Las Condiciones Climàticas del Desierto de Atacama como Desierto Extremo de la Tierra”, In Norte Grande, vol. 1, n°3/4, MarzoDicembre 1975, Istituto de Geografia, Pontificia Universidad Catòlica de Chile, Santiago, Chile, pag.363-373, in Pedro Alonso, Deserta, 2012, Ediciones ARQ, Escuela de Arquitectura Pontificia Universidad Catolica de Chile, Chile. 56. P. Alonso con UMWELT, Deserta, in allegato con la presentazione del Padiglione Cileno alla Biennale di Architettura del 2012. 57. solarreserver.com, Copiapó project, 8 settembre 2016.


Infrastrutture nel deserto

20x20 km | area necessaria per alimentare tutto il Cile ad energia solare

Parchi solari nella regione di Atacama

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Fiume Copiapò nella zona alta della valle omonima.

Dopo avere analizzato le infrastrutture presenti nelle province di Copiapó e Diego de Almagro, consideriamo ora l’altro grande elemento della colonizzazione di questa parte di deserto: le coltivazioni lungo il fiume Copiapó e il sistema idrico che le rende possibili. Come vedremo, quest’area è forse l’ultima verso il nord del Cile a presentare una differenziazione economica così vasta. Lungo la costa si trovano, infatti, Caldera e Bahia Inglesa: due rinomate località balneari che attirano molti turisti, per la maggior parte cileni. Vi è poi l’attività mineraria, motore economico della regione e, infine, quella agricola, forse l’attività economica che è rimasta costante da più tempo, al punto che sono stati i conquistatori spagnoli i primi a coltivare in maniera estensiva i territori cileni.

Il fiume Copiapó La conca del fiume Copiapó si posiziona tra il 27° e il 29° grado di latitudine sud e il 69° e 71° di longitudine ovest, nella provincia di Copiapó, regione di Atacama. L’acquifero confina a nord con la conca del fiume Salado, a sud con quella del fiume Huasco, a ovest con l’Oceano Pacifico e a oriente con l’Argentina. Occupa un’area di 18.538 km², sviluppandosi lungo i territori comunali di Tierra Amarilla, Copiapó e Caldera, dove si trova la sua foce. Lungo il suo percorso incontra i centri abitati di Los Loros (1.068 abitanti), Tierra Amarilla (8.578) e Copiapó (125.983) (censimento 2002). Vi sono anche altri luoghi abitati di entità minore, soprattutto nella porzione inferiore della valle. Il clima della conca è di tipo semiarido, con una temperatura media annuale, a Copiapó, di 15,2 °C, con variazioni medie mensili tra gli 11,2 °C e i 19,8 °C. Le precipitazioni sono molto scarse: nell’ordine di 28 mm medi annui. Il comportamento del fiume è molto variabile nel lungo periodo. Periodi di siccità di durata prolungata si alternano ad anni con più precipitazioni, con possibili alluvioni, come visto nel capitolo


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La valle di Copiapó

precedente. Il regime di scorrimento del fiume Copiapó è di tipo misto, con una portata media mensile che oscilla tra 1,49 m³/s e 1,82 m³/s nel settore alto della valle. La portata è molto differente a seconda del punto del fiume in cui viene calcolata: mano a mano che il fiume scende verso valle, essa tende a diminuire a causa dei prelievi idrici; è molto bassa quando il fiume attraversa la città di Copiapó, per poi aumentare nell’ultimo tratto del suo percorso verso l’Oceano. La conca del fiume Copiapó si sviluppa inizialmente con direzione da sud-est a nord-ovest ed esiste una rete di drenaggio secondario con ramificazioni ad albero lungo una direzione da nord-est a sud-ovest. I principali affluenti del corso d’acqua sono i fiumi Manflas, Jorquera e Pulido. Esistono anche delle strette valli laterali, dette “quebradas”, che riforniscono il fiume d’acqua nei periodi di precipitazioni, altrimenti sono in secca durante l’anno. La principale di queste quebradas è quella di Paipote.

58. AA. VV., Anàlisis Integrado de Gestiòn en cuenca del rìo Copiapò, Informe Final – Tomo I, Resumen Ejecutivo, Santiago, 2011.

Vigneti nella valle di Copiapò.

Il fiume nasce dalla confluenza tra il fiume Jorquera e Pulido, nella località La Junta, a 1.230 m sopra il livello del mare. A partire da questa località il fiume prende una direzione nord-ovest, fino alla confluenza con la Quebrada Paipote. Dopo questo punto forma un arco verso ovest e attraversa la città di Copiapó, per poi dirigersi verso l’Oceano. La lunghezza totale del suo percorso è di circa 162 km58.

L’ultima valle agricola del nord del Cile Il fiume Copiapó ha permesso fin da tempi immemori l’agricoltura in questa zona desertica. Prima della conquista spagnola l’area era occupata dalla popolazione Diaguita, che nelle valli dell’Atacama produceva il mais, insieme a zucche, zucchini e altri ortaggi, oltre a praticare la pesca lungo la costa. Dal 1470 questa popolazione fu assoggettata agli Inca, che introdussero nuove tecniche per l’agricoltura. Nel 1536 avvenne la conquista spagnola, che alterò in maniera più profonda le prassi agricole dell’area. Gli spagnoli, infatti, importarono il modello agricolo europeo e costrinsero gli abitanti natii a cedere le loro terre ai conquistatori e a lavorarle per loro. Si impose così un sistema agricolo mediterraneo che, da un lato, mirava a produrre foraggio per gli animali d’allevamento e, dall’altro, introduceva in Cile nuove specie coltivate che

La strada C-35 che corre in mezzo alla parte alta della valle di Copiapò.


La valle di Copiapó

59. AA. VV., Anàlisis Integrado de Gestiòn en cuenca del rìo Copiapò, op.cit., pag.14

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prosperarono a danno di quelle locali. In seguito l’espandersi dell’agricoltura nell’area fu collegato al progressivo aumento della popolazione dovuto allo sfruttamento minerario della regione. L’agricoltura, infatti, era rivolta esclusivamente a soddisfare le esigenze degli abitanti del luogo. Questa situazione iniziò a mutare nel XIX secolo, quando l’avvento della ferrovia, nel 1850, con la già citata linea tra Caldera e Copiapó, facilitò il trasporto dei prodotti agricoli lungo la valle fino ai porti, dove potevano essere spediti via mare.

Velari a copertura dei vigneti nella valle.

Inizia così una variazione di destinazione dell’agricoltura dell’area, che da agricoltura per il consumo locale diventa agricoltura rivolta all’esportazione. Ai giorni nostri la maggior parte dell’agricoltura è focalizzata sull’esportazione, anche se non mancano piccoli produttori che continuano a coltivare ortaggi, con un sistema ancora legato alla sussistenza.

Sempre la strada C-35 che corre in mezzo alla parte alta della valle di Copiapò.

La mappatura cartografica SIG dell’area della valle di Copiapó conta 2.073 proprietà agricole, per un’area coltivata totale di 12.753 ha. Di questi, 9.004 ha sono coltivati a vigneti (71% del totale), seguono gli ulivi con 1.293 ha (10%), la coltivazione di ortaggi con 1.234 ha (10%), melograni con 522 ha (4%), erba medica con 364 ha (3%). I terreni non coltivati sono solo il 2% e corrispondo a 212 ha. Seguono altre coltivazioni in misura minore, come gli alberi da frutto con 54 ha (0,4%), il mais con 48 ha (0,4%) e il pesco con 22 ha (0,2%)59. La predominanza dei vigneti è dovuta all’esportazione di uva da tavola. Inoltre, una piccola percentuale di ettari a vigneto (575) è destinata alla produzione di uva per il Pisco. Ogni anno ciascun cileno beve in media 2,2 litri di Pisco, rendendolo, di fatto, il liquore nazionale. Il Pisco, un’acquavite della famiglia del Brandy, è un prodotto di origine controllata e può provenire solamente dalle regioni di Coquimbo e Atacama. Viene prodotto in 3 valli fluviali: la valle de Elqui, nella regione di Coquimbo, e le valli di Huasco e Copiapó, nella regione di Atacama. Rispetto alle altre due valli, la produzione di Pisco in Copiapó è molto limitata. Questo è dovuto anche al fatto che non vi sono distillerie nella valle. Di conseguenza, i vigneti a uva moscato per la produzione del Pisco sono di proprietà di distillerie situate nelle altre due valli e l’uva per Pisco prodotta localmente viene inviata a Huasco e Pisco Elqui per essere lavorata.


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La valle di Copiapó

El valle de Copiapò deberìa dedicarse a cultivos industriales valiosos que se cultivan con poca agua de riego como viñas y àrboles frutales. R. Lefeubre, citato da M. Rodriguez, Geografìa Agrìcola de Chile, Edtorial Universitaria, Santiago, Chile, pag. 317, citato in F.A. Squeo, G. Arancio, J. R. Gutiéerrez, Libro Rojo de la Flora Nativa y de los Sitios Prioritarios para su Conservaciòn: Regiòn de Atacama, 2008, Ediciones Universidad de La Serena, La Serena, Chile, cap. 17: “La valle di Copiapó dovrebbe dedicarsi a coltivazioni industriali di valore che richiedano poca acqua da irrigizaione come vigneti e alberi da frutto”.


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Negli ultimi anni, il Pisco ha iniziato a essere esportato all’estero, con un volume di esportazione che è in forte crescita. È presumibile che, se il mercato sarà ancora favorevole, i terreni coltivati a uva per la produzione del Pisco aumenteranno anche nella valle di Copiapó.

L’acquifero e gli impianti di dissalazione: due sistemi a confronto All’interno della valle di Copiapó vi sono, quindi, diversi fruitori della risorsa acqua che, spesso, non utilizzano la stessa tipologia d’acqua.

Il ciclo dell’acqua dissalata Il ciclo della dissalazione nella valle di Copiapó consta di due impianti di dissalazione attivi e di uno in progetto. Quelli operativi sono i dissalatori Candelaria e Aguas Cap, descritti nel capitolo precedente, mentre nel 2017 dovrebbe aprire il cantiere per il dissalatore Atacama. I primi due sono dissalatori minerari, mentre l’ultimo verrà utilizzato per rifornire d’acqua la città di Copiapó e l’agricoltura. Seguono, quindi, cicli d’acqua artificiale differenti. Nel ciclo di dissalazione per l’uso minerario l’acqua viene estratta dai due impianti di dissalazione posti lungo la costa (1), per una capacità totale di dissalazione di 1.100 l/s. Successivamente, l’acqua viene pompata alle rispettive miniere passando attraverso più stazioni di pompaggio (2). Dalle miniere (3) essa torna al punto di partenza lungo la costa (4), in forma di concentrato minerario, utilizzando varie modalità di trasporto, completando così il ciclo artificiale ad acqua dissalata. Il dissalatore Candelaria produce 500 l/s di acqua dissalata che vengono inviati, attraverso il proprio acquedotto minerario avente un diametro di 60 cm, alla stazione di pompaggio di Bodega e, successivamente, al sito minerario Candelaria, dove si trova l’impianto di concentrazione per l’estrazione del rame. Per l’uso dell’acqua all’interno del processo estrattivo del rame si rinvia a quanto detto nel capitolo 3. Infine, il concentrato di rame viene caricato in autobotti che, percorrendo la strada Panamericana, ritornano al punto di partenza del ciclo, ossia il porto minerario di Punta Padrones. Qui il concentrato di rame viene scaricato e stivato in navi che lo trasporteranno alla destinazione scelta dall’acquirente. Il dislivello che deve compiere l’acqua in questo ciclo artificiale è di circa 600 m, dal dissalatore alla miniera, mentre la lunghezza totale del ciclo è di 200 km.


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Il dissalatore di Aguas Cap produce, invece, 600 l/s d’acqua dissalata e usa anch’esso un proprio acquedotto minerario. Inizialmente l’intera quantità d’acqua percorre un tratto comune dell’acquedotto, per poi essere suddivisa in più ramificazioni. Una parte pari a 120 l/s d’acqua viene inviata alla miniera di Cerro Negro Norte, attraverso un acquedotto di 40 cm di diametro, con l’aiuto di due stazioni di pompaggio intermedie: PSII-2 e PSII-3. Nel sito minerario l’acqua viene utilizzata nel processo estrattivo del ferro. Successivamente, il minerale viene inviato al porto minerario di Puerto Totoralillo, anche in questo caso in prossimità del dissalatore, sotto forma di concentrato, per essere inviato via mare. Il trasporto del concentrato dalla miniera al porto avviene attraverso un condotto minerario che corre parallelo all’acquedotto minerario di mandata. Il dislivello dal dissalatore alla miniera è di circa 1.400 m, mentre la lunghezza totale di questo ciclo è di 150 km. Un’altra parte dei 600 l/s iniziali d’acqua viene utilizzata dalla città di Caldera, nello specifico 46 l/s, per i suoi usi urbani. I restanti 434 l/s d’acqua dissalata seguono il percorso dell’acquedotto (diametro 60 cm) che conduce a Planta Magnetita. Qui vengono usati 314 l/s d’acqua nel processo estrattivo della miniera. Come nel caso della miniera Cerro Negro Norte, anche qui vi è un condotto minerario, parallelo all’acquedotto, che conduce il concentrato di minerale dalla miniera al porto di Puerto Totoralillo. Questo ramo del ciclo di Aguas Cap è lungo 250 km e copre un dislivello di 700 m. I restanti 120 l/s d’acqua dissalata prodotta vengono ceduti all’acquifero di Copiapó, nel settore Mal Paso, come accordo di riduzione dell’impatto ambientale del progetto minerario Caserones (vedi capitolo 4 paragrafo b). La compagnia Caserones compra, quindi, 120 l/s dalla società proprietaria del dissalatore Aguas Cap per fornirli agli agricoltori lungo la valle di Copiapó. Il dissalatore Atacama, una volta realizzato, avrà una portata di 1.000 l/s e sarà dotato di un acquedotto che porterà l’acqua nella zona di Piedra Colgada, dove attualmente si trovano i pozzi da cui viene estratta l’acqua per la città di Copiapó e per le zone coltivate limitrofe. Da questo punto, l’acqua dissalata verrà venduta, in base alla domanda, sia agli agricoltori che agli abitanti della città sotto forma di fornitura idrica per l’acquedotto urbano. La lunghezza dell’acquedotto sarà di 60 km, per un dislivello di 500 m.

Le infrastrutture per la dissalazione Per realizzare i cicli ad acqua dissalata dell’area sono necessari


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due tipi di infrastrutture: i dissalatori e le stazioni di pompaggio. I primi vengono realizzati lungo la costa, in aree solitamente disabitate. Nei due casi presi in esame, la presenza di un porto minerario già attivo ha fatto sì che la scelta del sito di costruzione del dissalatore ricadesse in aree attigue ad esso. I dissalatori sono infrastrutture di una certa dimensione: il sito di Punta Padrones occupa un’area di 11,7 ha (compreso il porto minerario), mentre quello di Aguas Cap 5,5 ha (senza considerare il porto minerario). Al loro interno si trovano vari elementi. Il primo è il condotto di ingresso da cui viene estratta l’acqua dal mare. Nel caso dell’impianto di Aguas Cap, il punto di estrazione si trova a 2 km dall’impianto principale di dissalazione, poiché il primo tratto di costa si presenta roccioso e non ha permesso il posizionamento dell’infrastruttura in riva al mare. Dal condotto di ingresso l’acqua entra nella sala delle membrane dove avviene il processo di dissalazione vero e proprio. In seguito, per mezzo di pompe, l’acqua viene immessa nell’acquedotto minerario. A lato di queste infrastrutture si trovano cisterne per lo stoccaggio d’acqua e piscine d’emergenza. Queste ultime sono realizzate anche nelle varie stazioni di pompaggio e servono a raccogliere l’acqua dissalata in caso di rottura dell’acquedotto. Le stazioni di pompaggio sono infrastrutture molto più piccole e occupano un’area che va dagli 0,6 ha della PSII-2 agli 0,9 ha della stazione di pompaggio di Bodega. Al loro interno troviamo solamente il locale delle pompe e la piscina di emergenza. Bodega fa eccezione poiché sono presenti anche una substazione elettrica e una cisterna di deposito d’acqua. Le due stazioni di pompaggio di Aguas CAP si trovano lungo la strada C-351, in mezzo al deserto, mentre la stazione di Bodega si trova a lato dell’impianto di depurazione della città di Copiapó. Questa diversa collocazione è dovuta al fatto che la stazione di Bodega è stata inizialmente concepita per pompare 200 l/s di acqua trattata dall’impianto di depurazione alla miniera Candelaria. Solo in un secondo momento ha affiancato anche il pompaggio dell’acqua proveniente dal dissalatore di Punta Padrones, grazie alla connessione col suo acquedotto. Per garantire il funzionamento di queste infrastrutture idriche sono necessarie molteplici reti elettriche. Il dissalatore di Aguas Cap e le sue due stazioni di pompaggio ricevono l’energia da una rete a 23 kV e da una a 220 kV, mentre l’impianto di Punta Padrones e la stazione di pompaggio di Bodega da una rete a 110 kV.


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In alto: dissalatore Aguas Cap. In basso: a sinistra, punto di presa dell’acqua marina; a destra, infrastruttura del porto minerario di Puerto Totorarillo.


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In alto: vista dalla strada C-351. In basso: immagine satellitare fonte: Google Earth

In alto: vista dalla strada C-351. In basso: immagine satellitare fonte: Google Earth

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L’acqua per la città e l’agricoltura: il ciclo dell’acqua all’interno dell’acquifero di Copiapó Attualmente i bisogni idrici sia della popolazione che risiede nella valle sia delle coltivazioni vengono soddisfatti utilizzando l’acqua dell’acquifero di Copiapó, secondo quello che è il ciclo naturale dell’acqua. Dal 1997 il fiume Copiapó è diviso convenzionalmente in 6 sotto settori acquiferi, per garantirne una migliore organizzazione e gestione. I 6 settori vanno in ordine crescente dalla sorgente alla foce e sono: 1. Fiume Manflas, Jorquera, Pulido fino al bacino Lautaro; 2. dal bacino Lautaro fino alla località La Puerta; 3. da La Puerta fino a Mal Paso; 4. da Mal Paso fino a Copiapó; 5. da Copiapó fino a Piedra Colgada; 6. da Piedra Colgada fino a Angostura e alla foce del fiume. Di seguito si farà riferimento a questi settori per spiegare il consumo idrico nei vari punti dell’acquifero di Copiapó. Nel calcolo idrico dell’acquifero non si tiene conto, per semplicità, della differenza tra acqua superficiale e acqua sotterranea, ma viene solamente considerata l’acqua in ingresso e uscita dal sistema. Le 4 categorie di utilizzatori dell’acqua, che verranno menzionate di seguito, sono: agricoltura, industria, industria mineraria e centri abitati.


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Come già detto, il fiume Copiapó nasce dall’unione tra 3 affluenti: il Manflas, con una portata di 1.430 l/s, il Pulido, con una portata di 460 l/s, e, poco più a valle, il Jorquera, con una portata di 720 l/s. Già nel primo settore del fiume vi è un’area coltivata pari a 1.586 ha che riceve una quantità d’acqua di 627 l/s. Sempre nel primo settore, l’industria mineraria riceve acqua per 127 l/s. Successivamente il fiume si riversa nel bacino Lautaro. A valle di questo bacino il fiume Copiapó ha una portata di 1.792 l/s, prima di cedere 500 l/s a 1.000 ha di coltivazioni nella parte alta del II settore. Nel medesimo settore avvengono anche i primi prelievi da pozzi sotterranei, per una quantità totale estratta di 1.970 l/s. Essi vengono immessi nel sistema e riforniscono con 570 l/s d’acqua 1.287 ha di coltivazioni, con 19 l/s le attività industriali, con 41 l/s le attività minerarie e con 22 l/s le necessità idriche della popolazione. Al passaggio tra il settore II e III dell’acquifero il fiume ha una portata di 2.400 l/s. Nel III settore la domanda idrica per l’agricoltura è la più alta (1.449 l/s) poiché vengono irrigati 3.197 ha. Sempre nello stesso settore, 74 l/s sono utilizzati dall’industria mineraria. Tra il III e IV settore avviene l’immissione dei 120 l/s di acqua dissalata, provenienti dal dissalatore Aguas Cap. Il settore IV è il settore più urbanizzato, poiché comprende il territorio della città di Copiapó. Qui il consumo d’acqua agricolo è di 733 l/s, per un’area coltivata di 1.119 ha, mentre quello dell’industria mineraria è di 90 l/s. Quest’ultimo dato si è abbassato da quando sono attivi i dissalatori di Punta Padrones e Aguas Cap, poiché questo è il settore dove si trovano la miniera Candelaria e la Planta Magnetita, che precedentemente usavano esclusivamente l’acqua del sistema naturale. La città di Copiapó soddisfa la propria domanda idrica di 400 l/s sfruttando i pozzi situati nella località di Piedra Colgada. A causa della profondità a cui viene estratta l’acqua, essa risulta troppo dura per essere bevuta. Si rende quindi necessario un processo di purificazione che avviene mediante un ulteriore impianto di dissalazione, situato nel perimetro della città: il dissalatore di Placilla Sierralta, che purifica la maggior parte dell’acqua che viene poi bevuta dagli abitanti di Copiapó. La brina che il dissalatore produce (vedi capitolo 2) non può essere scaricata in mare, stante la notevole distanza; è, quindi, necessario processarla in loco. Ciò avviene nell’area del depuratore cittadino di Bodega, dove la brina viene miscelata con l’acqua trattata dal medesimo, prima di essere scaricata nel fiume Copiapó, a valle della città. Nell’impianto di depurazione di Bodega arrivano anche i 300

Veduta del fiume Copiapò nei pressi della foce, dal ponte della strada C-302.


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l/s di scarichi fognari provenienti dalla città di Copiapó. Questi residui liquidi vengono trattati e purificati; dopo il trattamento, 100 l/s vengono scaricati nel fiume Copiapó, insieme alla brina, mentre 200 l/s vengono venduti alla miniera Candelaria, che li pompa al suo sito estrattivo grazie alla stazione di pompaggio di Bodega che, come già detto nel paragrafo precedente, sorge a lato dell’impianto di depurazione. Nel settore IV dell’acquifero di Copiapó dovrebbe arrivare, in futuro, anche l’acquedotto del dissalatore Atacama, con una portata d’acqua dissalata di 1.000 l/s. Sempre nel settore IV vengono estratti ulteriori 1.600 l/s dai pozzi sotterranei per irrigare l’agricoltura dei settori V e VI.

L’area della foce del fiume è ricca di vegetazione palustre: un’oasi nel deserto a poca distanza dal mare.

Tra il settore IV e V la portata del fiume Copiapó è di 1.933 l/s, prima di essere ridotta per l’impiego nell’attività di irrigazione degli ultimi due settori. Il settore V riceve 740 l/s d’acqua per irrigare 2.427 ha di coltivazioni, 14 l/s per l’industria e 66 l/s per le miniere. Infine, 84 l/s sono destinati alla popolazione che vive in quest’area, per la maggior parte dedita all’agricoltura. Tra il settore V e il settore VI la portata si riduce a 900 l/s. L’ultima area coltivata, quella del settore VI, si estende per 1.878 ha e riceve 452 l/s d’acqua, mentre la popolazione di quest’area ne riceve 18 l/s. Gli ultimi settori della valle ricevono in proporzione meno acqua, poiché sono gli ultimi utilizzatori del sistema idrico e la quantità d’acqua che arriva dipende dall’utilizzo che è stato fatto a monte. Il fiume ha una portata di 441 l/s prima di giungere alla foce nell’Oceano Pacifico. A quel punto il ciclo dell’acqua si chiude con il naturale processo di evaporazione e successiva condensazione in nubi. Spinte dai venti che provengono dall’Oceano, queste nubi attraversano il deserto di Atacama verso le Ande. È il cosiddetto fenomeno del “desierto nublado” (“deserto nuvoloso”), ossia quel fenomeno per cui il cielo del deserto si presenta spesso nuvoloso, senza che vi siano, però, fenomeni di precipitazioni. Questi avvengono solamente quando le nubi raggiungono le Ande, dove scaricano il proprio contenuto d’acqua, che in seguito si riversa nei fiumi per ricominciare il ciclo sopra descritto.


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Acqua dolce

Paesaggio ad acqua dolce contro paesaggio ad acqua salata Il paesaggio del deserto è molto sensibile alla presenza dell’acqua, con vegetazione che cresce solo nei pressi di punti in cui essa si raccoglie. Con l’introduzione della dissalazione la quantità d’acqua presente nel deserto è aumentata considerevolmente, senza però creare una variazione sul paesaggio

poiché quest’acqua viene contenuta all’interno di tubature chiuse senza che l’ambiente circostante possa beneficiarne. Pagina a sinistra, da destra a sinistra, dall’alto in basso: Diga Lautaro, coltivazioni nella parte alta della valle di Copiapò, area agricola di Piedra Colgada, foce del fiume Copiapò, fiume Salado presso El Salado, effetti dell’alluvione del 2015 a Chañaral.

Pagina a destra, da sinistra a destra, dall’alto in basso: bacino d’acqua dissalata presso la Miniera Candelaria, pozzetto di ispezione dell’acquedotto della miniera Candelaria, dissalatore Mantoverde, dissalatore Aguas Cap, stazione di pompaggio di Bodega, stazione di pompaggio di Mantoverde, miniera Mantoverde con le tubature d’acqua che risalgono il crinale di detriti, strada alla cui sinistra scorre l’acquedotto che conduce l’acqua dissalata alla Miniera Cerro Negro Norte.


La valle di Copiapรณ

Acqua dissalata

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Punti di contatto I punti di contatto tra il sistema idrico artificiale dei dissalatori e quello naturale dell’acquifero di Copiapó sono due e si trovano entrambi nel settore IV dell’acquifero. Il primo è l’immissione di 120 l/s di acqua dissalata, proveniente dal dissalatore Aguas Cap, nel sistema dell’acquifero. Il secondo avviene nell’area di Bodega, dove 200 l/s di acqua depurata dall’impianto di trattamento di acque residuali della città di Copiapó vengono pompati nel fiume contestualmente al pompaggio dell’acqua dissalata per le esigenze idriche della miniera Candelaria. Bodega già ora è un punto centrale di scambio tra i due sistemi, perché nella stessa area transitano acque depurate e acque dissalate. All’interno della strategia del presente progetto (vedi capitoli 6 e 7), questa integrazione verrà accentuata ulteriormente. Un altro punto di contatto sarà il nuovo dissalatore Atacama, che andrà ad alleviare la pressione idrica dell’acquifero di Copiapó nei suoi settori V e VI.

L’uso attuale dell’acqua Attualmente all’interno della valle di Copiapó vengono utilizzati 6.804 litri d’acqua al secondo, ossia 587.865 m³ d’acqua al giorno. Di questi, 1.100 l/s sono di acqua dissalata, mentre i restanti 5.704 l/s provengono dall’acquifero di Copiapó. Il settore agricolo è quello che utilizza la maggior quantità d’acqua: 5.071 l/s di acqua dolce, proveniente da pozzi sotterranei e dal fiume, e 120 l/s di acqua dissalata, proveniente dal dissalatore di Aguas Cap. Segue il settore minerario, che attinge da fonti maggiormente differenziate: 398 l/s d’acqua vengono forniti dall’acquifero, 930 l/s dai due impianti di dissalazione attivi e 200 l/s dall’impianto di depurazione della città di Copiapó. Il settore industriale, essendo poco sviluppato, utilizza solo 33 l/s d’acqua provenienti dall’acquifero. La domanda d’acqua della popolazione si attesta invece su 524 l/s provenienti da pozzi sotterranei e su 46 l/s forniti dal dissalatore Aguas Cap. All’interno dell’area coltivata nella valle vengono usati vari tipi di irrigazione. Il principale è quello a goccia, impiegato in 11.070 ha, segue quello per gravità, 1.114 ha, e lo sprinkling, 271 ha.


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60. Altas de Aguas Chile 2016, op.cit., pag.94.

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I diritti d’acqua nella valle di Copiapó I dati riportati nel paragrafo precedente fanno riferimento solo all’acqua realmente utilizzata e non al totale dei diritti d’uso sull’acqua della valle. L’agricoltura, ad esempio, utilizza solamente il 54% dell’acqua di cui detiene il diritto: se usasse tutti i diritti acquistati, la sua domanda idrica arriverebbe a 9.345 l/s, contro i 5.071 l/s attuali. Analogamente, l’industria utilizza il 70 % della quantità d’acqua di cui ha acquistato i diritti (33 l/s contro un tetto di 47 l/s) e le utenze urbane il 72% (524 l/s anziché 726 l/s). L’industria mineraria è quella che meno di tutti sta sfruttando i suoi diritti d’acqua, con un uso reale del 13% (398 l/s invece di 2.978 l/s). All’interno dei diritti d’acqua non si considera l’apporto dovuto ad acqua dissalata. Il dato relativo alla differenza tra i diritti posseduti e quelli realmente utilizzati può essere spiegato con due motivazioni principali. Per quanto riguarda il settore minerario, la quantità d’acqua acquistata è sempre superiore a quella che una miniera realmente utilizza. Come già visto, le miniere comprano normalmente il doppio dei diritti idrici di cui necessitano per poter gestire la diminuzione dell’offerta nei lunghi periodi di siccità. Una mancata fornitura d’acqua all’impianto di concentrazione ne provocherebbe, infatti, la paralisi, con conseguente blocco della produzione e perdite molto forti per l’impresa estrattrice. Nel settore agricolo, invece, la differenza tra l’acqua utilizzata e quella coperta dai diritti si spiega col livello attuale di stress idrico che non permette la completa fornitura d’acqua di tutti i diritti posseduti. L’acquifero di Copiapó si trova, inoltre, in una “zona di proibizione dell’uso dell’acqua sotterranea”. Questa dichiarazione è un meccanismo mediante il quale la Direzione Generale dell’Acqua protegge la sostenibilità di un acquifero60, vietando la vendita di nuovi diritti di approvvigionamento idrico quando la scarsità dell’acqua raggiunge livelli allarmanti. L’acquifero di Copiapó ha una dichiarazione di proibizione su di un’area di 10.707 km² (su un totale di 18.538 km²), nei settori I,II, III e IV. Questo divieto di vendita di nuovi diritti d’uso dell’acqua non pone però alcun limite all’utilizzo dei diritti già esistenti.


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Rimanere senz’acqua. Previsioni future

61. Op.cit., pag. 49.

La non corrispondenza tra diritti d’acqua realmente utilizzati e quelli posseduti evidenzia lo stato di crisi idrica che sta vivendo la valle di Copiapó.

63. Altas de Aguas Chile 2016, op.cit., pag.94.

Questo periodo di stress idrico è dovuto a una serie di fattori, in primis naturali. Rispetto alla media storica, le precipitazioni degli ultimi anni si sono ridotte del 52%, passando da 19,3 mm annui a 10,1 mm annui nel periodo 2013-201461. Una generale diminuzione delle precipitazioni ha causato un minor apporto d’acqua ai corsi fluviali. Il fiume Copiapó ha visto diminuire la sua portata media annua da 2,6 m³/s a 0,7 m³/s, sempre negli anni 2013 e 201462. A sua volta questo ha provocato un abbassamento dei livelli dei depositi idrici sotterranei. I dati sull’abbassamento dei livelli dei pozzi nella valle di Copiapó sono tra i più preoccupanti di tutto il Cile. I livelli idrici dei pozzi nell’area a monte della città di Copiapó scendono con una media di 4,86 m per anno, mentre quelli a valle della città con una media di 3,43 m l’anno63. Questa situazione ha portato all’esaurimento di molti pozzi da cui si riforniva d’acqua la stessa città di Copiapó. Fino al 2015 la città si alimentava con 20 pozzi profondi 90 m, situati nella zona est. Nel 2016 di questi pozzi ne era rimasto attivo solo 1, e la città si è vista costretta a scavarne 6 di nuovi nell’area di Piedra Colgada, a ovest. Queste nuove fonti idriche pongono però dei problemi, in quanto l’acqua viene estratta ad una profondità di 180 m e si presenta ricca di minerali. Per cercare di migliorarne la qualità, è stato costruito l’impianto di dissalazione di Placilla Sierralta. Un altro problema deriva dalla posizione più vicina al mare di questi pozzi, che potrebbe provocare infiltrazioni di acqua marina. Ad aggravare ulteriormente la situazione idrica vi sono le perdite del sistema. Nel solo settore IV si stima che vada persa il 30% dell’acqua estratta dai pozzi64. Se i consumi d’acqua dovessero mantenersi ai livelli attuali, si continuerebbe ad assistere a un progressivo esaurimento delle risorse idriche nell’area. A tal proposito, sono stati calcolati vari scenari futuri di consumo d’acqua nell’acquifero65. I risultati che emergono dicono che, fino a che non si avrà una diminuzione della domanda idrica del 50%, il livello dei pozzi sotterranei

62. Op.cit., pag. 62.

64. AA. VV., Actualizaciòn de la modelaciòn integrada y subterrànea del acuìfero de la cuenca del rìo Copiapò, op.cit, pag.81 65. AA. VV., Anàlisis Integrado de Gestiòn en cuenca del rìo Copiapò, Informe Final – Tomo I, Resumen Ejecutivo, Santiago, 2011, pag.124.

Serre abbandonate per la carenza di acqua per l’irrigazione nell’area di Piedra Colgada.


La valle di Copiapó

66. AA. VV., Actualizaciòn de la modelaciòn integrada y subterrànea del acuìfero de la cuenca del rìo Copiapò, op.cit., pag.137.

Effetti della siccità nell’area agricola di Piedra Colgada.

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continuerà a scendere, in particolare nel settore IV, dove si trova la città di Copiapó. Raggiungere questa riduzione della domanda è molto difficile puntando solo su politiche di risparmio d’acqua e di efficientamento della rete idrica. Per questo motivo, nelle relazioni sullo stato di salute dell’acquifero è stata ipotizzata la realizzazione di un impianto di dissalazione, che rifornisca d’acqua dissalata i settori V e VI della valle di Copiapó66. Non è possibile stabilire se il nuovo impianto di dissalazione Atacama, attualmente in progetto, sia stato ispirato da queste analisi. Sta di fatto che la portata ipotizzata nella ricerca è molto simile a quella prevista dal progetto (920 l/s contro 1.000 l/s). Questo impianto potrebbe fornire una quantità d’acqua pari al 16% di quella attualmente consumata nell’acquifero (non considerando il consumo di acqua dissalata). Se anche i due dissalatori minerari ora attivi fornissero i 1.100 l/s d’acqua dissalata prodotta alla valle, si arriverebbe a soddisfare il 36% della domanda idrica dell’acquifero attraverso acqua dissalata. Questo si tradurrebbe in una pari riduzione dello sfruttamento delle risorse idriche sotterranee. L’obiettivo della riduzione del 50% dell’acqua utilizzata nell’acquifero sarebbe quindi raggiungibile. Per fare ciò basterebbe unire la capacità dei dissalatori presenti nell’area con una politica di riduzione delle perdite idriche. Con questa strategia si riuscirebbe a mantenere e preservare il livello attuale dell’acquifero di Copiapó, come si vedrà nel capitolo successivo.


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L’idrografia artificiale


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L’idrografia artificiale sovrapposta a quella naturale

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In redesigning our environment, and particularly our industrial facilities as ecological subsystems, we need to determine the gainful and more efficient linkages which may be established between various major cycle charts68. John McHale

68. J. McHale, Ecological redesign in Ecological context, 1970, George Braziller, New York, in Pedro Alonso, Deserta, 2012, Ediciones ARQ, Escuela de Arquitectura Pontificia Universidad Catolica de Chile, Chile: “Nel ridisegnare il nostro ambiente, ed in particolare i nostri complessi industriali come sottosistemi ecologici, dobbiamo determinare i collegamenti remunerativi e maggiormente efficienti che si possono stabilire tra i vari diagrammi di ciclo piĂš significativiâ€?


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Strategia

Las instalaciones del sector Planta Desalinizadora y las estaciones de bombeo seràn desmontadas y destinadas a la venta, reciclaje de materiales o disposiciòn final como residuo industrial. AA. VV., EIA Proyecto Abastecimiento de Agua para la Mineria del Valle de Copiapó, Regiòn de Atacama Chile, 2009, in sea.gob.cl, 4 ottobre 2016: “Le infrastrutture dell’impianto di dissalazione e della stazione di pompaggio saranno smontate e destinate alla vendita, al riciclaggio di materiali o trattate come un rifiuto industriale”.

2036: chiusura programmata Nel 2036 i progetti minerari di cui si è trattato nei capitoli precedenti avranno raggiunto il loro termine programmato di vita utile e le loro infrastrutture saranno smantellate. Stando ai documenti allegati alla domanda di impatto ambientale presentata al SEA, il sistema di valutazione ambientale Cileno, le miniere Candelaria e Mantoverde chiuderanno nel 2032, mentre nel 2033 sarà la volta della miniera di Cerro Negro Norte. Dal momento della chiusura a quello della dismissione dell’impianto può trascorrere più di un anno; per questo si considera il 2036 come una data in cui quasi certamente le infrastrutture minerarie saranno già dismesse. A partire dal 2036 è quindi possibile ripensare ad una nuova funzione per questi impianti senza interferire col processo industriale.

Dissalatori: chiusura programmata? Attualmente non vi sono progetti noti di riuso di dissalatori minerari una volta che avranno portato a termine la funzione per cui sono stati costruiti, ossia fornire acqua a una miniera durante il suo ciclo di vita utile. La decisione sul futuro dei dissalatori spetta alla compagnia mineraria proprietaria dell’impianto. Tra i vari proprietari appaiono già ora posizioni differenti in merito al futuro dei dissalatori. La citazione con cui si è aperto il paragrafo, per esempio, fa riferimento al dissalatore Aguas Cap, di proprietà della società omonima, e lascia presagire uno smantellamento dell’impianto. In questo caso il proprietario non sembra interessato a fornire acqua ad altri utilizzatori dopo la chiusura della miniera, anche se attualmente sta fornendo una certa quantità d’acqua a Caldera e al settore Mal Paso. Di altro orientamento sembrano i proprietari del dissalatore Candelaria, le multinazionali Lunding Mining e Freeport McMoran. Nei


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documenti depositati al SEA, riguardo alla chiusura del dissalatore si legge: “Una vez finalizadas las operaciones de CCMC se analizaràn alternativas para determinar el destino de esta planta desalinizadora y acueducto, por lo que no se considerarà una fase de cierre propiamente tal, debido a la importancia que costituye este Proyecto para el desarrollo sustentable y como fuente de suministro hìdrico para la regiòn69” (capìtulo 1, descripciòn el proyecto, 2010). Un’idea totalmente diversa, che vede nel dissalatore una risorsa anche dopo la cessazione dell’attività della miniera per cui è stato progettato.

Proposta di riuso dei dissalatori minerari dismessi Le sfide poste dalla scarsità d’acqua nella valle di Copiapó impongono di pensare a una strategia integrata per risolvere questo problema. Attualmente nella valle vi sono due sistemi idrici: quello naturale e quello artificiale ad acqua dissalata. Essi si sono sviluppati separatamente, con funzioni diverse. La strategia che si intende perseguire col presente progetto è cercare di integrare questi due sistemi, una volta che lo scopo per cui è nato il sistema artificiale (produrre acqua dissalata per le miniere) è venuto meno (per la chiusura delle miniere). L’analisi fatta nei precedenti capitoli è servita per comprendere al meglio questi sistemi e costituisce la base per sviluppare un progetto su un’ipotesi di evoluzione futura, nella visione generale di McHale secondo cui il deserto è una sommatoria di sottosistemi che devono concorrere al funzionamento del sistema generale. La necessità di preservare l’acquifero e i livelli dei pozzi potrebbe essere realizzata senza l’ipotizzato taglio del 50% della domanda idrica, descritto nel capitolo precedente. Utilizzando, infatti, i 2.100 l/s di acqua dissalata previsti dal presente progetto, al posto di una quantità equivalente di acqua di pozzo, non sarebbe più necessaria una riduzione così drastica della domanda, poiché tale quantità di acqua dissalata corrisponde al 36% del consumo attuale. Inoltre, se si riuscisse a ridurre le perdite di sistema,

69. Una volta compiute le operazioni della CCMC [Miniera Candelaria], si analizzeranno le alternative per determinare il futuro di questo impianto di dissalazione e dell’acquedotto, poiché non si considererà una fase di chiusura vera e propria, stante l’importanza che questo Progetto rappresenta per la fornitura d’acqua alla regione in un’ottica di sviluppo sostenibile” (capitolo 1, descrizione del progetto, 2010).

The future is but the obsolete in reverse. V. Nabokov, citato in R. Smithson, Entropy and the new monuments, 1966, University of California Press: “Il future è nient’altro che l’obsoleto al contrario”.


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attualmente pari al 30% nel solo settore IV del fiume, la riduzione della domanda d’acqua necessaria per preservare l’acquifero potrebbe ridursi a zero. Il riutilizzo dei dissalatori minerari diventa, quindi, il fulcro di questa strategia idrica ibrida, in cui il sistema artificiale supplisce alla quantità d’acqua che il sistema naturale non è più in grado di ricaricare per mantenere i propri livelli costanti.

Chi sono i consumatori d’acqua? L’ipotesi di base è la ridistribuzione di 1.100 l/s di acqua dissalata precedentemente utilizzati per attività minerarie. A Questi si sommano i 1.000 l/s del dissalatore Atacama che è già in progetto per usi irrigui e urbani. In questa ipotesi di ridistribuzione dell’offerta idrica si privilegia prima di tutto la fornitura di acqua potabile ai centri abitati. Facendo riferimento ai dati attuali, la domanda di acqua potabile urbana è di 548 l/s. Di conseguenza, dei 2.100 l/s iniziali rimangono a disposizione dell’agricoltura 1.382 l/s di acqua dissalata. A questa quantità si aggiungono 200 l/s di acqua trattata dal depuratore della città di Copiapó, che verranno usati per l’agricoltura in quanto acqua di qualità inferiore rispetto a quella dissalata. Quest’acqua purificata era precedentemente utilizzata dalla miniera Candelaria che nel progetto si ipotizza chiusa. Essendo i dissalatori dotati di tecnologia a Osmosi Inversa, non si rende necessario trattare ulteriormente l’acqua una volta uscita dall’impianto: la concentrazione di sale nell’acqua trattata, infatti, non è così bassa da renderla equiparabile all’acqua distillata, che risulta di cattivo gusto per il palato. Si rinvia al capitolo 2 per ulteriori spiegazioni sulla tecnologia di dissalazione a Osmosi Inversa.


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Sistemi idrografici 2016

Funzionamento del nuovo sistema ad acqua dissalata Il nuovo sistema impiega i 3 dissalatori che saranno attivi nell’area di Copiapó. Si ipotizza di utilizzare il dissalatore Atacama per la domanda di acqua potabile, in quanto questo è il suo obiettivo fissato nel progetto e il suo

acquedotto sarà già connesso al sistema di fornitura idrica. Il nuovo ciclo per la fornitura di acqua potabile parte quindi dal dissalatore Atacama che, attraverso il suo acquedotto, fornisce acqua alla città di Copiapó e agli altri centri abitati. Dalla città gli scarichi fognari continuano ad essere inviati al depuratore di Bodega. È prevedibile che, con una fornitura garantita di acqua, in

futuro possano aumentare i consumi e di conseguenza gli scarichi prodotti. Da Bodega, poi, 100 l/s d’acqua trattata continuano ad essere scaricati nel fiume Copiapó, mentre i restanti 200 l/s vengono destinati all’irrigazione. Dal fiume l’acqua torna al mare per ripartire col ciclo di dissalazione. Con questo procedimento non verrà più estratta acqua dai pozzi di Piedra Colgada, se non in


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Sistemi idrografici 2036

casi eccezionali di chiusura dei dissalatori per guasto o manutenzione. Questi pozzi al momento sono quelli che più soffrono l’abbassamento di livello e questo sistema dovrebbe permettere la loro tutela e il ripristino naturale della loro riserva idrica iniziale. Gli altri due dissalatori verranno invece usati per fornire acqua alle coltivazioni. Rispetto alla situazione attuale, vi saranno

alcuni tratti del loro sistema idrico artificiale non più in uso. È il caso dell’acquedotto che conduce a Cerro Negro Norte. Questa miniera si trova nel mezzo del deserto, distante dai centri abitati e senza altre attività stabili che si svolgano nell’area. È plausibile, quindi, ipotizzare la chiusura del ramo del suo acquedotto, comprese le stazioni di pompaggio PSII-2 e PSII-3. In caso di necessità, per esempio per

l’organizzazione di grandi eventi nel deserto come i rally e la Dakar, si può prevedere di riattivare temporaneamente questo ramo del sistema, magari modificando una stazione di pompaggio per renderla un centro di supporto a questi eventi nel deserto: un’area attrezzata nel deserto, dotata di acqua corrente e di energia elettrica, utilizzabile all’occorrenza.


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Integrazioni infrastrutturali: il nuovo bacino di deposito La fornitura di acqua dissalata all’agricoltura pone la questione di come possa essere realizzata nella maniera più efficiente ed economica. La domanda idrica per l’agricoltura è variabile nel corso dell’anno ed è in funzione dell’irrigazione, con il picco minimo nei mesi invernali e quello massimo nei mesi estivi, in particolare in gennaio. Il passaggio tra questi due picchi avviene in maniera graduale, stando ai dati sulla domanda attuale70. La domanda d’acqua che dovrà essere soddisfatta dai dissalatori è quindi differente rispetto a quella attuale, poiché si passerà da un consumo delle attività minerarie, che è costante nel corso dell’anno, ad uno variabile per l’irrigazione. Con questi presupposti si ipotizza la creazione di un bacino di deposito d’acqua dissalata: in questo modo si avrà sempre una certa quantità d’acqua disponibile e sarà possibile regolare la capacità di fornitura dei vari impianti di dissalazione in funzione del periodo dell’anno. Inoltre, il bacino di deposito permetterà di mantenere l’offerta idrica anche in momenti di manutenzione degli impianti o di guasti al sistema. Questo bacino verrà utilizzato solo per l’acqua dissalata destinata all’agricoltura; l’acqua destinata ai consumi urbani sarà inviata direttamente alla città mediante un acquedotto. Rispetto ad un bacino di raccolta convenzionale, il bacino di deposito in questione può avere dimensioni molto più ridotte, poiché l’afflusso idrico di acqua dissalata sarà sempre garantito e non occorre creare una riserva d’acqua sfruttabile per lungo tempo. L’afflusso idrico al bacino Lautaro, nella parte alta della valle, è invece influenzato da fenomeni naturali quali la siccità e deve perciò avere una dimensione tale da potere contenere una quantità d’acqua necessaria per soddisfare la domanda in periodi di stress idrico. Essendo sempre garantiti i 1.382 l/s d’acqua dissalata all’agricoltura, il bacino di deposito dell’acqua dissalata svolge solamente la funzione di regolazione temporanea del deflusso in seguito a variazioni della domanda. Inoltre, un bacino di dimensioni più contenute limita la perdita d’acqua dovuta all’evaporazione, un fenomeno che può essere molto marcato nel deserto e che limita l’utilizzo del bacino Lautaro.

70. AA. VV., Actualizaciòn de la modelaciòn integrada y subterrànea del acuìfero de la cuenca del rìo Copiapò, op.cit., pag.79. A destra: la diga Lautaro e il suo bacino idrico. Attualmente questa è l’unico sistema di deposito idrico della Valle di Copiapò. fonte: Google Earth

andamento annuale domanda idrica per l’irrigazione


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Dove costruire il nuovo bacino? Nel decidere dove costruire il nuovo bacino per l’acqua dissalata si è scelto di considerare le aree già utilizzate da infrastrutture idriche per la dissalazione mineraria. Si prendono quindi in considerazione le aree dei due dissalatori minerari e le rispettive stazioni di pompaggio. Non si considera l’area del dissalatore Atacama, poiché al momento attuale non è ancora disponibile un layout definitivo delle sue infrastrutture. I criteri utilizzati per scegliere l’area più adatta sono stati la distanza tra l’impianto e il luogo destinatario dell’offerta idrica e la differenza di altimetria tra di essi. Come luoghi di arrivo dell’acqua dissalata si considerano la città di Copiapó e un punto intermedio tra le aree agricole del settore V e VI del fiume Copiapó. Viene presa in considerazione anche l’area disponibile all’interno dei vari impianti e i possibili elementi di contatto già esistenti tra il sistema idrico naturale e quello artificiale, che facilitino la creazione del sistema integrato. Il dissalatore di Punta Padrones ha a disposizione un’area di 11,7 ha che comprende l’impianto di dissalazione e il porto minerario. Si trova a una distanza di 77 km dalla città di Copiapó e di 50 km dalle aree agricole, mentre il dislivello è di 400 m. Il dissalatore di Aguas Cap ricopre un’area di 5,5 ha, utilizzati solamente dai suoi impianti di dissalazione. È distante 101 km dalla città di Copiapó e 74 km dalle aree agricole. Anch’esso deve coprire un dislivello di 400 m per condurre l’acqua agli utenti finali. Per quanto riguarda le stazioni di pompaggio, quelle dell’acquedotto che conduce a Cerro Negro Norte vengono escluse poiché si trovano in un’altra valle rispetto a quella di Copiapó, con conseguenti notevoli difficoltà logistiche nella distribuzione dell’acqua. La stazione di pompaggio di Bodega, invece, si trova a poche centinaia di metri dai primi terreni coltivati e a soli 3 km dalla città. Inoltre, la sua posizione altimetrica è intermedia tra la città, posta poco più in alto, e le aree agricole, poste più in basso. Ciò permetterebbe la distribuzione dell’acqua per l’irrigazione agricola mediante semplice gravità, una volta che essa venga pompata nel nuovo bacino. Bodega è anche l’unica infrastruttura connessa alla dissalazione che presenti punti di contatto col


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sistema idrico dell’acquifero. Come già detto, confina con l’impianto di depurazione della città di Copiapó. Bodega appare quindi come l’area più favorevole per l’installazione del bacino di deposito di acqua dissalata. La sola stazione di pompaggio ha però un’area inferiore a 1 ha, insufficiente per la realizzazione del bacino. Si ipotizza, quindi, di utilizzare l’area libera a lato dell’impianto di depurazione della città e di unire i terreni di quest’ultimo a quelli della stazione di pompaggio con quelli. Così facendo si hanno a disposizione 22 ha per la creazione di una infrastruttura integrata. In essa verrà raccolta, e poi distribuita, l’acqua dissalata proveniente dai dissalatori. Allo stesso tempo, nell’area arriveranno i residui fognari di Copiapó, che verranno purificati, stoccati in un altro bacino di deposito e poi distribuiti tra il fiume e le aree agricole.


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dissalatore Punta Padrones | area 11,7 ha | distanza da Copiapò: 77 km | distanza dalle coltivazioni: 50 km

fonte: Google Earth

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stazione pompaggio Bodega | area 0,9 ha | distanza da Copiapò: 3 km | distanza dalle coltivazioni: 0 km

fonte: Google Earth

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dissalatore Aguas Cap | area 5,5 ha | distanza da Copiapò: 101 km | distanza dalle coltivazioni: 74 km

fonte: Google Earth

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stazione pompaggio PS-II2 | area 0,6 ha | distanza da Copiapò: 90 km | distanza dalle coltivazioni: 62 km

fonte: Google Earth

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stazione pompaggio PS-II3 | area 0,8 ha | distanza da Copiapò: 116 km | distanza dalle coltivazioni: 85 km

fonte: Google Earth

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Quanta acqua per la valle? Vista la posizione scelta per la creazione del nuovo bacino di raccolta dell’acqua dissalata, si considera che esso venga utilizzato solamente nelle aree agricole dei settori V e VI del fiume Copiapó, in modo tale da sfruttare la gravità per la sua distribuzione. Di seguito si analizzano tre configurazioni in cui vi è un utilizzo via via crescente dell’acqua dissalata per il nuovo impianto integrato. Come presupposto per queste configurazioni si è scelto di destinare l’acqua dissalata prima di tutto per usi urbani e, in subordine, per quelli agricoli. È considerato anche l’apporto di 200 l/s di acqua trattata per uso agricolo, provenienti dal depuratore. Nel calcolo di quanti ettari sia possibile irrigare con una determinata quantità d’acqua, si è fatta la media di consumo idrico per ettaro nella valle, che risulta essere di 0,4 l/s/ha. Infine, si fa un’ipotesi dei probabili lavori infrastrutturali necessari per inserire gli acquedotti esistenti nel nuovo sistema integrato.

La prima configurazione è la più semplice da realizzare: impiega solamente il dissalatore di Punta Padrones e il suo acquedotto, che già transita per l’area di Bodega, e ne sfrutta la stazione di pompaggio. Non sono quindi necessarie modifiche infrastrutturali. La produzione di acqua dissalata è di 500 l/s, insufficiente per soddisfare la domanda di acqua potabile che è pari a 548 l/s. All’agricoltura vanno solamente i 200 l/s d’acqua purificata prodotti dal depuratore: con essi si possono irrigare 500 ha, ossia il 12 % dell’area coltivata nei settori V e VI.


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La seconda configurazione aggiunge l’apporto dell’acquedotto Atacama. Con esso la quantità di acqua dissalata disponibile raggiunge i 1.500 l/s, sufficienti per la domanda di acqua potabile e per irrigare, insieme ai 200 l/s di acqua trattata, 2.880 ha, il 71% dell’area coltivata attualmente. Affinché l’acquedotto del dissalatore

Atacama raggiunga il nuovo bacino sono necessari 14 km di nuove tubature dall’area di Piedra Colgada, punto di arrivo attuale dell’acquedotto, all’area di Bodega. L’ultima configurazione è la più completa, prevedendo l’utilizzo di tutti e 3 i dissalatori presenti. Con l’apporto del dissalatore Aguas Cap, la portata di acqua

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dissalata raggiunge i 2.100 l/s e permette, oltre agli usi d’acqua urbani, di irrigare 4.380 ha, un’area più vasta di quella attualmente coltivata nei settori V e VI del fiume Copiapó. Con questa configurazione è quindi ipotizzabile il recupero dei 75 ha di terreno un tempo coltivati e ora abbandonati a causa della siccità. La connessione del dissalatore Aguas Cap col


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nuovo sistema è quella che pone più problemi, poiché richiede la connessione tra due acquedotti minerari esistenti. Si ipotizza di inviare l’acqua dal dissalatore sfruttando l’acquedotto che raggiunge l’ex area mineraria di Planta Magnetita. Da lì è necessaria una nuova tubatura di connessione di 3 km fino all’acquedotto minerario dismesso che connetteva Bodega a Candelaria. L’acqua, infine, raggiunge Bodega percorrendo in senso contrario l’acquedotto che unisce questa miniera alla stazione di pompaggio. È l’ipotesi più difficile da realizzare, anche perché deve superare il dislivello maggiore: Bodega si trova a 400 m di altitudine, mentre Planta Magnetita si trova a 800 m di altitudine. Quest’ultima opzione è però l’unica che riesca a soddisfare la domanda idrica e a prevenire ulteriori futuri abbassamenti del livello dell’acquifero di Copiapó. Per questo si auspica che sia la configurazione che potrà essere realizzata nel progetto.

Il nuovo sistema idrico ibrido: Lautaro + Bodega La creazione del sistema integrato ad acqua dissalata e trattata di Bodega modifica il sistema idrico attuale dell’acquifero di Copiapó. Il nuovo sistema idrico ibrido differenzia la fornitura d’acqua all’interno della valle fluviale: i settori alti della valle continueranno a sfruttare l’acqua del fiume e dei pozzi sotterranei, mentre i settori vicini al mare dipenderanno dall’acqua dissalata; si tratta, quindi, di un sistema che utilizza due fonti d’acqua e che si basa principalmente su due bacini di deposito. Il primo è il bacino esistente della diga Lautaro che, insieme ai pozzi sotterranei, fornisce acqua ai settori II, III e IV, come avveniva già in precedenza. Il secondo è il nuovo bacino di raccolta d’acqua dissalata di Bodega, il quale funziona da punto di accumulo per soddisfare i bisogni idrici agricoli dei settori V e VI della valle di Copiapó. La fornitura d’acqua alla città avviene in maniera autonoma rispetto a questo bacino, sfruttando sempre acqua dissalata proveniente dal mare. Rispetto al bacino Lautaro, quello di Bodega si trova in una posizione più favorevole sotto il profilo dell’evaporazione, poiché mano a mano che si sale nella valle i valori dell’evaporazione media annua aumentano: nella zona di Bodega sono di 1.680,2 mm/anno, mentre nella zona della diga Lautaro sono di 2.873,3 mm/anno71.

71. AA. VV., Anàlisis Integrado de Gestiòn en cuenca del rìo Copiapò, op.cit., pag.33


Strategia

evapotraspirazione in Atacama

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104 Strategia


Strategia

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Bodega

Passiamo ora a parlare dell’area in cui si intende creare il nuovo bacino di accumulo dell’acqua dissalata, Bodega, e della sua relazione con la città di Copiapó.


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fonte: Google Earth

3 km


Bodega

72. C. M. Sayago, E. Aramburu, op.cit. A sinistra: la valle di Copiapò con la Miniera Candelaria in basso a sinistra, la città di Copiapò in alto a destra e l’area di Bodega in alto a sinistra. fonte: Google Earth

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Un’area alla periferia di Copiapó La città di Copiapó è il capoluogo della regione di Atacama. Fondata ufficialmente nel 1744, è stata da sempre il centro principale dell’area, grazie anche alla sua posizione favorevole lungo il fiume omonimo. Gli sviluppi della città sono strettamente legati a quelli minerari della regione e ai frequenti terremoti che, a più riprese, hanno raso al suolo parte della città. Lo sviluppo demografico cittadino evidenzia bene l’influenza di questi due fattori. La città supera i 10.000 abitanti già nel 1835, salvo poi perderne un terzo col declino minerario dell’argento di fine Ottocento. La crescita demografica riprende agli inizi del Novecento e si manterrà bassa fino agli anni Settanta del secolo. Ciò è dovuto anche ai devastanti terremoti del 1918 e del 1922. Quest’ultimo distrusse il 40% delle case e rese inagibile il 45% delle rimanenti, con un bilancio di almeno 800 vittime, quasi un decimo della popolazione dell’epoca72. Successivamente si assiste alla forte crescita del settore estrattivo del rame, che attirerà in città sempre più lavoratori da altre regioni cilene. Con questo impulso la città raggiunge i 100.000 abitanti nel 1992, un aumento di 80.000 abitanti in cinquant’anni (Censimento), attestandosi nel 2012 su una popolazione di 158.261 abitanti (Censimento). Stando ai dati attuali, il 97,6 % degli abitanti della regione vive in aree urbane, mentre solo il 2,4 % vive in quelle rurali. A livello geografico, la città si sviluppa tra il fiume e i due versanti della valle di Copiapó. Il centro storico si estende nel fondovalle, vicino al fiume, mentre i settori urbani più recenti e poveri sono stati costruiti sui versanti delle colline. L’area di Bodega si trova a ovest della città, in una zona di recente urbanizzazione. In questo settore passa infatti la Panamericana, una presenza infrastrutturale che ha favorito la creazione di una fascia industriale a ridosso di essa. In quest’area sono così sorti i magazzini di distribuzione di grandi marche, come Coca Cola, che sfruttano la favorevole posizione logistica della Panamericana. Sempre grazie alla presenza dell’autostrada, qui si trova una stazione di servizio, l’ultima prima di raggiungere Caldera, a 80 km di distanza, e altri servizi legati alla mobilità, come il Maray Hostal.


110 Bodega

La creazione di terreni edificabili liberi lungo la Panamericana non ha attirato solamente attività industriali e commerciali. Qui vi è anche il campus dell’Università San Tomás che, insieme al campus storico dell’università di Atacama, a 2 km di distanza, rendono l’area ovest di Copiapó quella con il più alto tasso di edifici per l’educazione universitaria. Copiapó è famosa per l’università di Atacama, fondata nel 1857 come “Escuelas de minas de Copiapó” (“Scuola mineraria di Copiapó”), la prima università in Cile a formare ingegneri per il nascente settore minerario. La presenza di studenti universitari nell’area ha favorito la creazione di spazi per lo sport: il più grande si trova nei pressi del campus dell’università di Atacama, mentre un altro è localizzato a ridosso dell’area agricola di Bodega. La presenza agricola è molto forte in quest’area e si sviluppa a partire dagli anni Settanta del Novecento, quando lo Stato diede impulso alla coltivazione di una maggiore estensione agricola della valle, soprattutto negli ultimi settori del fiume Copiapó. Facendo una sezione del settore di Bodega, perpendicolare al corso della valle fluviale, è possibile notare come al centro si trovi la Panamericana. Nel settore sud di essa si sviluppa l’area industriale, che è delimitata dall’autostrada e dal corso del fiume Copiapó. Procedendo verso le colline si incontrano, in entrambe le direzioni, terreni coltivati a vite fino all’inizio dei rilievi collinari. Sui versanti delle colline sud è possibile vedere dei depositi minerari, frutto di attività estrattive un tempo attive nell’area. La città di Copiapó presenta, infatti, siti minerari su gran parte delle colline che la circondano, con alcuni impianti estrattivi ancora attivi che si trovano vicini al centro urbano. Ciò causa un elevato tasso di inquinamento nell’area urbana, dovuto soprattutto al sollevamento di polveri dai depositi minerari.

“Atacama possiede più di 100 depositi di rifiuti” Articolo de El Diario de Atacama con un censimento delle aree inquinanti che si trovano nella regione. Molto spesso si tratta di aree minerarie. Alcune di esse sorgono nei pressi della città di Copiapò. fonte: diarioatacama.cl

Il centro commerciale più grande di Copiapò sorge nei pressi di installazioni minerarie ancora attive.


Bodega

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Verso Bodega dalla cittĂ


UniversitĂ di Atacama. La sede storica vista dalla Panamericana


La periferia di Copiapò nei pressi di Bodega. Calle El Cedro

Tubature dell’acquedotto cittadino nei pressi della Panamericana. Calle Rio Copiapò Norte


Calle San MartĂŹn di accesso a Bodega dalla cittĂ


Calle San Martìn. L’attraversamento del fiume Copiapò


Strada sterrata di accesso a Bodega dalla cittĂ con i cumuli di detriti minerari sulla sinistra


Strada sterrata di accesso a Bodega dalla cittĂ con la stazione di pompaggio in fondo


Percorso verso sud tra i culumi di detriti minerari


Cumuli di detriti minerari e di rifiuti a sud di Bdega



Verso Bodega da Nord


Strada di accesso a Bodega da Nord dalla Panamericana

fonte: Google Street View


Ponte della strada C-424 sopra il fiume Copiapò. A destra si nota l’acquedotto minerario


Vigneti a nord dell’area del depuratore


Strada C-424 nei pressi dell’ingresso del depuratore




130 Bodega Il cementificio


Bodega

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Greenfield agricolo La sempre minore disponibilità d’acqua sta minacciando il settore agricolo di Bodega: le immagini satellitari, presenti in Google Earth, permettono di vedere l’evoluzione dell’area, che dal 2004 presenta una riduzione dei terreni coltivati.

Aree incolte di Bodega un tempo coltivate.

La carenza d’acqua ha causato un cambiamento di destinazione d’uso di alcuni terreni agricoli non solamente nel settore di Bodega, ma fino all’area di Piedra Colgada. Bodega e Piedra Colgada, infatti, sono zone privilegiate per la costruzione di quartieri residenziali esclusivi, in quanto aree verdi e tranquille abbastanza vicine alla città. I nuovi quartieri residenziali sono molto spesso di proprietà di compagnie minerarie e le abitazioni vengono date alle famiglie degli ingegneri che lavorano nell’area di Copiapó. La crescita demografica degli ultimi anni ha causato anche fenomeni di sprawl urbano nel deserto, come è possibile vedere nel settore nord di Bodega, più vicino alla città, e nell’area che congiunge Caldera a Bahia Inglesa, lungo la costa del Pacifico. Un cambiamento di destinazione di un’area agricola è avvenuto anche nel terreno a lato dell’impianto di depurazione della città di Copiapó, dove è sorto un cementificio (immagine a sinistra). Nella pagina seguente sono riportate la prima e l’ultima fotografia satellitare dell’area, disponibile su Google Earth. La differenza è di soli 12 anni, ma i cambiamenti sono molto evidenti. Basta vedere la diminuzione significativa delle aree coltivate irrigate tra il 2004 e oggi.


132 Bodega Bodega, 9 marzo 2004

fonte: Google Earth

300 m


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Bodega, 17 febbraio 2016

fonte: Google Earth

300 m


134 Bodega

I flussi idrici All’interno dell’area di Bodega transitano molti flussi idrici, sia naturali che artificiali. Attraverso Bodega passa il fiume Copiapó, in uscita dalla città. Esso riceve in quest’area i 100 l/s di acqua purificata dal depuratore cittadino, attraverso una tubatura che collega l’area del depuratore con il fiume stesso. Il punto di immissione si trova nei pressi del ponte della strada C-424 sopra il fiume. I flussi artificiali seguono invece i percorsi viari presenti nell’area. L’acquedotto del dissalatore di Candelaria corre a lato della Panamericana, fino al punto in cui essa incrocia la strada C-424. Qui l’acquedotto curva a destra e inizia a seguire questa strada, che conduce all’area del depuratore cittadino e della stazione di pompaggio di Candelaria. Passando per la stazione di pompaggio, l’acquedotto continua a seguire la medesima strada fino a quando l’abbandona, per iniziare a salire lungo le colline che portano alla miniera Candelaria. Sarà lungo questo tratto di acquedotto che giungerà, in senso inverso, l’acqua del dissalatore Aguas Cap destinata al nuovo bacino di stoccaggio di Bodega. Sempre lungo la Panamericana e la strada C-424 è previsto l’arrivo dell’acqua destinata all’irrigazione prodotta dal dissalatore Atacama, attraverso un tratto di acquedotto da costruire. I residui fognari urbani raggiungono Bodega secondo un altro percorso: il collettore dell’impianto fognario, infatti, è costruito a lato della strada sterrata che giunge a Bodega direttamente dalla città. Tale strada inizia dalla Panamericana, in un punto vicino all’Università di Atacama. Quasi subito essa guada il fiume Copiapó, prima di passare attraverso un’area privata dove si trova un ristorante. Segue poi un’area sportiva con 2 campi da calcio in terra e una struttura per le corse dei cavalli. Infine, prima di giungere all’area della stazione di pompaggio e immettersi nella strada C-424, tale percorso passa lungo il perimetro sud del cementificio. Le betoniere utilizzano infatti questa strada sterrata e la strada C-424 per raggiungere la Panamericana. Il flusso idrico in uscita dal depuratore segue la strada C-424 fino al fiume Copiapó, dove avviene lo scarico nel fiume di 100 l/s di acqua depurata. La condotta principale dell’acquedotto prosegue, invece, verso ovest, per portare l’acqua destinata all’irrigazione dei vari terreni agricoli che si trovano nei settori V e VI della valle.


Bodega

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136 Bodega Il fiume Copiapò prima di passare per Bodega


Bodega

Il fiume Copiapò nell’area di Bodega

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138 Bodega

Programma per Bodega: integrazione industriale Come già detto, le infrastrutture idriche presenti a Bodega sono il depuratore, di proprietà di Aguas Chañar, e la stazione di pompaggio di Candelaria, di proprietà delle società minerarie Lunding Mining e Freeport McMoran. Il presente progetto mira a unire questi due impianti per creare un sistema integrato di produzione e gestione dell’acqua. La prima tappa del progetto prevede l’unione fisica di queste due aree, in modo da sfruttare l’area libera all’interno della proprietà del depuratore per realizzare il bacino di stoccaggio di acqua dissalata. Per unire le due aree esistenti è sufficiente rimuovere la recinzione che le separa. L’unione delle due aree comporta che all’interno dello stesso perimetro avverranno i processi relativi alla depurazione dell’acqua di scarico urbano e quelli relativi all’acqua dissalata. Per gestire in maniera organica questi due processi si ipotizza la creazione di una nuova società che vedrà la partecipazione delle società minerarie proprietarie dei dissalatori e di Aguas Chañar, società proprietaria del depuratore e fornitrice dell’acqua potabile a tutta la valle di Copiapó. Questa nuova società avrà il compito di gestire sia il processo di dissalazione sia quello di depurazione. Il primo comprende la dissalazione dell’acqua marina, eseguita nei dissalatori lungo la costa, il suo trasporto mediante acquedotti fino all’area di Bodega, il suo stoccaggio temporaneo nell’area e la sua successiva vendita per uso agricolo. Per quanto riguarda il processo di depurazione, esso si troverà ad avere clienti differenti rispetto al passato. Attualmente, infatti, 200 l/s di acqua depurata vengono venduti e consegnati alla stazione di pompaggio di Miniera Candelaria, per essere utilizzati nel sito estrattivo. Poiché si ipotizza che nel 2036 la miniera sarà chiusa, si prospetta che quella quantità d’acqua sarà venduta per usi agricoli. Rispetto all’uso minerario, che richiedeva un flusso costante nel tempo, l’uso agricolo richiede quantità d’acqua non costanti durante l’anno. Si ipotizza, quindi, la creazione di un bacino di stoccaggio dell’acqua trattata che si aggiungerà a quello per l’acqua dissalata. In questo modo avverrà un deposito di acqua trattata nei mesi invernali, quando la domanda agricola è bassa, che verrà poi sfruttato nella stagione estiva, in presenza di maggiore richiesta idrica. Come si vedrà in seguito, si ipotizza di utilizzare il bacino esistente dell’impianto di depurazione, ora in disuso, come deposito di acqua trattata.


Bodega

Stazione di pompaggio di Bodega

Depuratore

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140 Bodega La presenza d’acqua nel deserto. Il fiume Copiapò a poca distanza dalla sua foce


Bodega

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Un parco d’acqua nel deserto: possibili scenari La creazione del parco idrico integrato di Bodega apre nuovi scenari all’interno della valle di Copiapó, poiché si crea un’area ricca d’acqua all’interno di una regione desertica.

La piscina di emergenza della stazione di pompaggio di Bodega presenta sempre una certa quantità di acqua che viene sfruttata dagli animali che vivono nella zona.

Qualcosa di simile è già osservabile nei pressi della foce del fiume Copiapò, dove una ricca vegetazione palustre cresce in prossimità del fiume, come è visibile nella foto a sinistra. La stessa area di progetto si presenta già come una zona ricca di vegetazione, perché sono presenti due specchi d’acqua, che venivano utilizzati in passato nel processo depurativo come aree di sedimentazione dei fanghi. Tuttavia, la quantità d’acqua presente nell’area sarà notevolmente maggiore rispetto al presente e porterà alla creazione di un nuovo ecosistema dipendente dall’acqua. Già ora esiste un ecosistema fluviale lungo il fiume Copiapó che è costantemente minacciato dall’abbassamento dei livelli fluviali. L’area di progetto di Bodega potrebbe diventare una sorta di oasi all’interno della quale questo ecosistema è preservato. Per favorire l’insediamento di questo ecosistema si prevede la creazione di un’area per la fitodepurazione all’interno del perimetro di progetto: una zona ricca d’acqua, dove la vegetazione cresca spontaneamente e venga favorito l’insediamento di specie animali che sono solite vivere a contatto con l’acqua. In questo modo si crea anche un secondo processo di depurazione che migliora ulteriormente la qualità dell’acqua in uscita dal processo meccanico di depurazione, in vista del suo utilizzo agricolo. Per valutare il possibile impatto positivo del nuovo sistema idrico integrato sull’ambiente si è scelto di analizzare il caso di Tres Rios, un progetto di paludi per la fitodepurazione realizzato a lato dell’impianto di depurazione della città di Phoenix, in Arizona.


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fonte: Google Earth

Tres Rios wetland. Un caso studio È stato scelto questo progetto come caso studio per i molti elementi comuni con il progetto di Bodega. In primis, vi è l’intenzione comune di creare un sistema di fitodepurazione in un’area desertica, che completi il processo di purificazione di un depuratore. Un altro elemento comune è la vicinanza del fiume (anche se esso è quasi sempre presente

nei pressi di un impianto di fitodepurazione, poiché è dove solitamente avviene lo scarico dell’acqua purificata). Il sistema di paludi per la fitodepurazione di Tres Rios è stato creato nel 1994, come proposta per un processo alternativo nella depurazione delle acque di scarico urbane. Il sito sorge a lato dell’impianto di depurazione della città di Phoenix, che si trova nel punto della confluenza del fiume Salt con i fiumi Gila e Agua Fria.

Il progetto pilota prevedeva la creazione di 6 ha di palude. Col passare del tempo questa è diventata un’autentica oasi nel deserto che attira specie animali, dai volatili ai felini predatori. L’aumento della biodiversità ha fatto sì che l’area sia ora una delle mete privilegiate di fotografi e ornitologi. Il successo del progetto pilota ha reso possibile la realizzazione di altre due aree molto più grandi, sempre


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300 m

dedicate alla fitodepurazione. Sono nate così le “Tres Rios Flow Regulating Wetlands” (“Paludi per il controllo del regime dei Tre Fiumi”) e le “Tres Rios Overbank Wetlands” (”Paludi d’argine dei Tre Fiumi”), che vanno ora a comporre il nuovo sistema di paludi Tres Rios. Esse non svolgono solo la funzione di processo depurativo naturale, ma fungono anche da sistema di controllo dei flussi fluviali in caso di alluvione.

In questo progetto, l’impianto di depurazione è stato il punto di partenza per gli sforzi di recupero dell’area. Se prima tutta l’acqua prodotta dall’impianto veniva scaricata direttamente nel sistema fluviale, ora essa alimenta l’impianto di fitodepurazione, oltre a fornire l’acqua per il sistema di raffreddamento di una centrale elettrica. Dopo il processo di fitodepurazione, l’acqua viene inviata ai fiumi attraverso un sistema di canali.

Tutte le porzioni del progetto sono state piantumate con specie vegetali native dell’area e ogni vasca di fitodepurazione a flusso libero contiene 4 isole, che fungono da habitat naturale per le specie animali e sono raggiungibili solamente in barca. La nuova biodiversità presente nell’area sta richiamando molti visitatori e ha favorito l’inserimento di elementi ricettivi all’interno dell’area di progetto. Sono così stati ideati


144 Bodega

percorsi naturalistici all’interno delle paludi, con aree di sosta e punti di osservazione privilegiata. Questo progetto dimostra l’effettiva fattibilità e possibilità di successo di un sistema di fitodepurazione a vasche aperte in un ambiente desertico. Se si confrontano i dati climatici di Phoenix e Copiapó, emerge che la città dell’Arizona presenta un clima addirittura più estremo di quello della città del Cile. Le temperature di Phoenix sono infatti nell’ordine di 40 °C nei mesi estivi e 20 °C nei mesi invernali73, mentre Copiapó è soggetta a un clima più costante durante l’anno, con medie massime di 22°C nei mesi estivi e di 15°C nei mesi invernali74. Temperature medie così basse sono spiegabili con la forte escursione termica giornaliera che avviene durante tutto l’anno nella città cilena. Le temperature massime giornaliere non superano comunque i 35°C a Copiapó, contro i 45°C che si possono registrare nella città americana. Anche i dati relativi all’umidità sono favorevoli a Copiapó, con un’umidità relativa intorno al 60 % durante tutto l’anno, sempre superiore a quella di Phoenix, che varia dal 20 % in estate al 50 % in inverno75. Anche il dato delle ore di soleggiamento annuali è favorevole per Copiapó, dove si attestano su una media di 2.920 contro le 3.872 di Phoenix. L’unico dato in cui la città Cilena è svantaggiata è quello relativo alle precipitazioni, con una media annuale di 18 mm contro i 200 mm della città americana. In conclusione, visti i dati climatici, se è stato possibile realizzare l’impianto di fitodepurazione a Phoenix, a maggior ragione dovrebbe essere fattibile quello previsto dal progetto di Bodega. Altri elementi riusciti del progetto di Phoenix, che si intendono replicare in quello di Bodega, sono la nuova biodiversità che si è insediata nell’area dopo la realizzazione dell’impianto di fitodepurazione e le dotazioni paesaggistiche che sono state realizzate per permettere la fruizione dell’area. Una differenza tra i due progetti è invece il rapporto col fiume, che è molto più marcato nel caso di Phoenix. Ciò è anche dovuto alla differenza di posizionamento dei due impianti di fitodepurazione: quello di Copiapó si trova separato dal fiume da 500 m di campi coltivati a vigneto, mentre quello di Phoenix si trova direttamente a ridosso dell’area fluviale.

73. Monthly Averages for Phoenix, AZ- Temperature and Precipitation, The Weather Channel, in Weather.com, visitato il 9 ottobre 2016. 74. AA VV, Estadistica Climatologica Tomo I, Direcciòn General de Aeronàutica Civil, Marzo de 2001, pagg. 279-300. 75. NowData – NOAA Online Weather Data, National Oceanic and Atmospheric Administration, visitato il 9 ottobre 2016.

Il sistema di fitodepurazione di Tres Rios wetlands appena terminato. Si nota come la vegetazione debba ancora prendere possesso delle vasche. fonte: spl.usace.army.mil Us Army Corps of Engineers

Tres rios wetland Phoenix.gov


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L’esperienza dell’acqua nel deserto Come nel progetto di Tres Rios, l’elemento centrale del progetto di Bodega sarà la creazione di un parco incentrato sulla presenza dell’acqua. Intorno ad essa si vuole sviluppare un programma funzionale, che si muova lungo due direttrici principali: la fruizione del nuovo ecosistema idrico e l’esperienza diretta dell’acqua. Di conseguenza, tutto il programma ruota intorno al sistema di tre bacini idrici: il bacino di raccolta dell’acqua dissalata, l’impianto di fitodepurazione e il bacino di stoccaggio dell’acqua purificata. La fruizione del nuovo ecosistema all’interno del parco acquatico sarà possibile attraverso la realizzazione di elementi ricettivi, di svago e di osservazione paesaggistica. Intorno all’impianto di fitodepurazione è prevista la creazione di un sistema di punti panoramici che permettano di osservare il funzionamento di questo impianto naturale di depurazione e la vita animale e vegetale che vi si è sviluppata intorno. Punti di osservazione saranno presenti anche intorno agli altri due bacini, con modalità realizzative differenti: nel caso del bacino di deposito dell’acqua depurata, si prevede la realizzazione di pontili mobili galleggianti; nel caso del bacino di acqua dissalata, invece, i punti di osservazione saranno all’interno del bacino stesso, in quanto la variazione del suo livello ne renderà fruibile il fondo nei mesi invernali. Questo aspetto della fruibilità del bacino di deposito dell’acqua dissalata sarà trattato più ampiamente nei capitoli successivi. Insieme ai luoghi di osservazione saranno realizzati anche dei punti ristoro per i visitatori, declinati come tavole calde e bar in più punti del parco. Sarà presente inoltre un’area camping, per favorire una diversa fruizione turistica dell’area di Copiapó. Nell’area camping sarà possibile pernottare nel parco, dormendo in un’area naturalistica a pochi chilometri dal centro cittadino. Inoltre, quest’area si presta ad ospitare turisti interessati a escursioni nel deserto. Da Bodega è infatti possibile partire per delle gite in bici o a piedi verso le colline che circondano la città di Copiapó, con viste panoramiche sul centro abitato e sull’attività mineraria. La vicinanza con la Panamericana rende quest’area un luogo adatto anche al pernottamento dei turisti di passaggio durante il loro viaggio verso il nord o il centro del Cile.


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Altri elementi del programma sono invece modellati sulle esigenze degli abitanti della vicina città. Sono quindi previste aree gioco per i bambini e spazi dove sia possibile fare grigliate domenicali all’aperto, un’attività molto amata dai cileni. Per favorire l’esperienza diretta dell’acqua è stato invece sviluppato un programma di sport, acquatici e non. Attualmente gli abitanti di Copiapó sono costretti a percorrere 80 km per raggiungere le località balneari dove poter praticare sport d’acqua sull’oceano. Queste attività sono inoltre limitate alla stagione estiva, poiché la temperatura dell’acqua del Pacifico non rende possibile l’attività balneare nei mesi invernali. Il parco d’acqua di Bodega si presta come una possibile alternativa al mare vicina alla città, sfruttabile 365 giorni l’anno. I 2 bacini di deposito d’acqua vengono quindi visti come specchi d’acqua utilizzabili per gli sport acquatici. Nel bacino d’acqua trattata sarà possibile svolgere attività velica con piccole imbarcazioni e fare immersioni e tuffi nel suo punto più profondo. Intorno al bacino sarà anche sviluppata l’attività balneare lungo alcuni tratti attrezzati del suo bordo e su alcuni pontili galleggianti. Il centro sportivo principale ruoterà, invece, intorno al bacino di acqua dissalata, nei pressi del quale verranno realizzate una piscina olimpionica, una per i bambini e una grande vasca con onde artificiali, dove sarà possibile fare pratica per il surf. A corredo di queste attività verrà creata anche una scuola di surf. Gli sport non acquatici verranno invece praticati nel bacino di acqua dissalata, quando il livello di essa sarà basso. Questa situazione permetterà di avere a disposizione la maggior parte della superficie del bacino in secca e sarà quindi possibile praticare diversi sport: pallavolo, tennis, pallacanestro, pallamano e calcetto. È inoltre previsto uno skate park, a lato della piscina per praticare surf. In questo modo si vuole evidenziare il passaggio senza soluzione di continuità tra gli sport d’acqua e quelli di terra, allo stesso modo in cui è vissuto il passaggio dal parco d’acqua al paesaggio circostante. L’inserimento di un programma sportivo così sviluppato è stato influenzato anche dalla vicina presenza di due poli universitari: quello dell’Università di San Tomás e quello dell’Università di Atacama. La prima si trova a soli 2 km dall’area e non presenta aree sportive al suo interno. Il parco di Bodega può quindi diventare una naturale estensione del campus e fornire spazi sportivi ai suoi studenti. L’Università di Atacama presenta invece già un’area sportiva, con una pista di atletica e altri campi da


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gioco. L’utilizzo di Bodega viene quindi ipotizzato per attività per cui l’università non dispone di campi da gioco, come pallavolo e tennis, e per gli sport acquatici per cui è priva di qualsiasi struttura.

Un parco a servizio della città Campo da calcio di terra nei pressi di Diego de Almagro.

Il nuovo parco idrico di Bodega vuole diventare un nuovo punto di riferimento di Copiapó: non solamente come luogo di gestione della risorsa idrica, ma anche come luogo di sport e svago, che vada a integrare le aree già presenti in città.

Fare sport a Copiapó La passione calcistica è stata sempre molto forte in Sud America, e le ultime due vittorie cilene alla Coppa America non hanno fatto altro che aumentare nella nazione l’interesse per questo sport.

Campi da calcio di terra nell’area di Bodega

Piscina olimpionica della città di Copiapò. fonte: soychile.cl

Il calcio è sicuramente lo sport più praticato in Cile e Copiapó esprime molto bene questa tendenza. Nel territorio cittadino sono presenti ben 21 campi da calcio, ossia un campo da gioco ogni 7.500 abitanti. Di questi, 19 sono campi di terra, tra cui anche lo stadio cittadino, mentre gli altri 2 sono campi ad erba. In un’area con gravi problemi idrici anche l’irrigazione di un campo sportivo può essere vista come un consumo idrico non necessario: irrigare un campo da gioco con suolo vegetale può richiedere infatti fino a 50 m³ d’acqua al giorno, quasi 1 l d’acqua al secondo, il fabbisogno idrico giornaliero di 350 persone (calcolando una media di 250 litri d’acqua al giorno per persona). Queste non sono le uniche 2 aree dedicate allo sport che ricevono irrigazione in questa città nel deserto: vi sono anche 5 campi da calcetto (che necessitano ciascuno di 12 m³ d’acqua al giorno) e una pista di atletica con campo da calcio all’interno (con un consumo idrico sempre di 50 m³ d’acqua al giorno). Se si analizza la disposizione delle aree sportive che necessitano di irrigazione, si nota che esse sono quelle di realizzazione più recente e sorgono a lato di nuovi quartieri residenziali. Vi è quindi una propensione ad utilizzare acqua per alcuni campi da gioco anche in un momento in cui la situazione idrica è tale che la fornitura di acqua potabile può essere interrotta durante alcune ore della giornata. Altri campi da gioco presenti nella città sono 5 campi da tennis e


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una pista di atletica in terra, all’interno del campus dell’Università di Atacama. Ci sono, inoltre, due piscine pubbliche, di cui una di dimensioni olimpiche. Il progetto di Bodega mira a completare l’offerta sportiva della città, con l’obiettivo di creare nuove aree da gioco senza andare ad aggravare il consumo idrico esistente. Per questo i nuovi terreni da gioco saranno realizzati in cemento e verranno ospitati sul fondale del bacino di stoccaggio di acqua dissalata, come verrà spiegato in seguito.

Parque di Plaza de Armas

Parchi senz’acqua La scarsità di vegetazione presente nel deserto di Atacama non favorisce di certo la creazione di parchi urbani ricchi di alberi. Copiapó presenta al momento 3 parchi realizzati e un parco in fase di realizzazione. Il parco più antico è quello di Plaza de Armas (Piazza d’armi), un parco quadrato realizzato al centro della piazza stessa, secondo il modello di urbanizzazione con cui sono state fondate molte città cilene. Questo schema prevede sempre la realizzazione di una piazza quadrata centrale a parco: da essa si sviluppa una maglia urbana a griglia che arriva fino alla cinta muraria della città. Esempi di questo tipo di pianta urbanistica sono visibili in tutto il Cile e rappresentano il nucleo storico delle città. In molti casi la dimensione della piazza è simile sia per insediamenti che poi hanno avuto un forte sviluppo urbano, come nel caso di Rancagua, sia per altri in cui invece la piazza è rimasta un’area molto grande rispetto all’estensione urbana, come nel caso di Vicuña. La Piazza d’Armi di Copiapó copre un’area di 1,3 ha. Insieme al parco Schneier (2 ha) e El Pretil (19 ha), contribuisce a portare le aree di verde pubblico a un totale di 22,2 ha. Esse sono largamente insufficienti per il numero di abitanti della città: ogni abitante ha infatti a disposizione solamente 1 m² di verde pubblico. Questa media è molto lontana dai 9 m² di verde per abitante raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ed è anche inferiore alla media regionale di 3 m² per abitante. Per tentare di alleviare il problema della scarsità di spazi verdi, la città ha deciso la creazione di un nuovo parco fluviale lungo le sponde cittadine del fiume Copiapó. In questo modo la municipalità cerca di risolvere anche la difficile relazione che attualmente la città ha nei confronti del fiume. Questo parco è

Parque Scheier fonte: Panoramio.com

Parque El Pretil fonte: Plataformaurbana.cl


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stato chiamato Kaurari e una volta completato avrà un’estensione di 60 ha, portando il rapporto tra aree verdi e abitanti a 4 m²/ab. Il parco prevede il ridisegno delle sponde del fiume, attualmente delle pareti in cemento pensate per una portata che si presenta solo in caso di alluvioni eccezionali. Il progetto le sostituirà con un disegno più graduale che permetta agli abitanti di raggiungere il piccolo corso d’acqua che è il fiume nel settore cittadino. Sulle sponde viene previsto un vasto programma di edilizia, con edifici pubblici quali la nuova stazione degli autobus e la sede cittadina dell’Università del Cile e aree residenziali private. Il tutto sarà collegato da percorsi immersi nel verde. Attualmente risulta realizzato il primo lotto del parco, per un’estensione di poco superiore all’ettaro. Questo settore è stato completato in occasione dei 200 anni dall’Indipendenza del Cile e comprende una grande piazza dove sventola l’enorme Bandiera Bicentenario. In quest’area sono state realizzate anche fontane con giochi d’acqua e una serie di sedute. A due anni dalla realizzazione, questi elementi d’acqua risultano già guasti e il Comune è già stato costretto a realizzare un piano di manutenzione per rimetterli in sesto. Il fallimento nell’uso dell’acqua del parco Kaukari è a mio avviso dovuto a una scarsa attenzione alla risorsa idrica nel momento di progettazione del parco stesso: essa viene concepita come oggetto decorativo, alla stregua di un arredo urbano, in un’area dove non c’è abbastanza acqua per garantire una fornitura idrica costante alla città. Si è voluto creare un parco che usasse l’acqua in una zona dove l’acqua non è presente naturalmente se non nell’alveo fluviale.

Parque Kaukari, primo lotto realizzato nel 2014 con la piazza e la bandiera Bicentenario, per festeggiare i 200 anni di indipendenza del Cile.

Parque Kaukari, il rapporto col fiume.

Il progetto di Bodega vuole evitare il ripetersi di questo errore: in esso la presenza d’acqua è prima di tutto una necessità, e il suo uso sportivo-ludico è possibile grazie alla presenza stessa dell’acqua. Si cercherà, quindi, di evitare in tutti i modi gli sprechi d’acqua nell’area di progetto.

Parque Kaukari, i giochi d’acqua. Il parco presenta fontane e giochi d’acqua che dopo 2 anni dall’inaugurazione non sono già più funzionanti.


Bodega

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Copiapó con Bodega Una volta che il parco idrico di Bodega sarà aperto al pubblico, la città avrà a disposizione una nuova area verde differente rispetto a quelle già esistenti o in progetto. Con i suoi 22 ha, il rapporto di verde per abitante salirà a 6 m², compiendo un altro passo verso lo standard dei 9 m². Bodega è il primo parco periurbano nell’area di Copiapó: un’area dove rilassarsi e godere della presenza dell’acqua a poca distanza dal centro cittadino. È un parco che permette agli abitanti della città di prendere consapevolezza dei processi idrici di cui sono beneficiari, apprendendo l’importanza della risorsa idrica e del suo risparmio. Dal parco di Bodega sarà anche possibile ammirare la campagna agricola circostante, con le file di vigneti che si sviluppano fino alle pendici collinari. Un parco che raccoglie e mostra tanti paesaggi diversi, già presenti ma molto spesso dimenticati e sottovalutati.


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Un parco d’acqua nel deserto

Dopo avere determinato l’area di progetto e il programma funzionale che si intende realizzare, verrà ora descritto il masterplan del parco di Bodega.

Una matrioska d’acqua L’acqua è un elemento già presente e visibile nell’area di Bodega. Percorrendo l’area è possibile udirne il rumore, mentre scorre nella tubatura lungo il perimetro sud dell’impianto, o mentre entra per caduta, quasi con un gioco d’acqua, all’interno delle cisterne di aerazione del depuratore. Essa è visibile sia nella piscina di emergenza della stazione di pompaggio, uno specchio d’acqua che già ora attira papere e altri volatili, sia nel bacino dove attualmente viene stoccata la brina proveniente dal dissalatore cittadino di Placilla Sierralta. Questa presenza dell’acqua viene però celata all’osservatore esterno, che non ha la possibilità di avere una visione d’insieme dei processi che si realizzano in Bodega se non salendo, non senza difficoltà, sopra i cumuli di detriti minerari che sorgono a sud dell’area. Questo è dovuto alla natura esclusivamente industriale che caratterizza oggi l’area di progetto: un sito che per la maggior parte della sua estensione si presenta come un terreno dove c’è stata, e continua ad esserci, movimentazione di terra, senza una sistemazione definitiva. Il progetto del parco idrico vuole raccogliere gli elementi già presenti nell’area per inserirli all’interno di un sistema organico che abbracci tutto il sito. Un disegno che permetta a quest’area industriale di aprirsi in sicurezza al visitatore esterno, il quale potrà prendere visione dei processi idrici che qui avvengono e godere della presenza stessa dell’acqua. Per raggiunge questo obbiettivo si immagina il parco come un unico grande bacino di 20 ha. Al suo interno le varie funzioni e i molteplici processi sono raccolti in sottobacini, alcuni vuoti e


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altri pieni d’acqua, creando un effetto che potremmo definire “paesaggio matrioska”: una matrioska d’acqua. Questo “contenitore generale” non avrà i lati tutti uguali, ma vi saranno variazioni di bordo, in funzione dell’altimetria dell’area. Lungo il bordo nord il bacino presenterà un terrapieno di 2 m che lo separerà dai vigneti circostanti. Il terrapieno sarà presente anche lungo i bordi est e ovest, degradando, però, fino a scomparire mano a mano che si procede verso sud. In questo punto la separazione tra l’interno e l’esterno del parco sarà invece molto meno marcata, consistendo solo nella presenza di vegetazione. L’insieme dei bacini che andranno a comporre la matrioska verranno descritti in seguito. Prima di parlare delle modificazione infrastrutturali necessarie a realizzare il nuovo parco idrico, verrà spiegato brevemente il funzionamento dell’impianto di depurazione di Bodega, della stazione di pompaggio di Candelaria e l’evoluzione che l’area ha avuto negli ultimi anni.


Un parco d’acqua nel deserto

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L’impianto di trattamento acque residuali L’impianto di depurazione di Bodega occupa un’area di circa 21 ha e sorge a nord della stazione di pompaggio di Candelaria. Il processo di trattamento delle acque di scarico urbano è formato da più fasi. La prima è detta di “trattamento primario”: l’acqua di scarico, proveniente dal sistema fognario, viene ripulita delle particelle solide di grosse dimensioni, che vengono rimosse per mezzo di griglie. Fanno parte di questo sistema la camera delle griglie e il dissabbiatore, che si trovano vicino al confine tra l’impianto di depurazione e la stazione di pompaggio mineraria. Segue il “trattamento secondario” a fanghi attivi: nelle cisterne di aerazione si utilizza la flora microbica per attuare la biodegradazione dei materiali organici presenti nell’acqua di scarico pretrattata; successivamente si separa il materiale sospeso (i fanghi) dalla parte liquida. Il depuratore di Copiapó è dotato di 2 cisterne di aerazione con un volume di 3.520 m³ ciascuna. Dopo questo passaggio i fanghi vengono inviati alla seconda fase di sedimentazione, nei due chiarificatori. Queste infrastrutture sono a forma di imbuto e in esse avviene la decantazione dei fanghi attivi e la separazione dell’acqua in essi contenuta, che viene poi espulsa dal chiarificatore, trattenendo i soli fanghi sul fondo. I due chiarificatori presenti nell’area hanno un diametro di 36 m. L’acqua in uscita dai chiarificatori viene inviata alla camera di clorificazione: qui avviene l’eliminazione dei batteri presenti per mezzo di iniezioni di cloro. A questo punto l’acqua ha terminato il processo di trattamento e può essere venduta e/o scaricata nel fiume. Il punto di scarico nel fiume Copiapó avviene a 700 m dall’impianto di depurazione, in un punto vicino al ponte della strada C-424. I fanghi fin qui prodotti subiscono un processo di smaltimento. Quelli provenienti dai chiarificatori sono recuperati mediante ricircolo, attraverso un sistema di elevazione eseguito con pompe. In seguito i fanghi sono inviati alle due unità dette di “digestione dei fanghi”. Qui avviene un processo aerobico di stabilizzazione e ispessimento lungo 23 giorni, il cui risultato è un fango stabilizzato dove la distruzione dei solidi volatili è superiore al 38 %. I digestori di fanghi sono due strutture gemelle con un


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volume totale di 5.542 m³. In seguito i fanghi sono inviati al sistema di disidratazione, dove viene estratta l’ultima percentuale d’acqua ancora presente. L’acqua estratta viene reinserita nel processo di depurazione, a monte del trattamento di disinfezione. Il processo di disidratazione avviene meccanicamente utilizzando un filtro in geo-tessuto, materiale molto permeabile all’acqua. Dopo questa tappa il fango prodotto viene pressato e fatto passare per un ulteriore filtro, sempre in geo-tessuto. Per favorire la stabilizzazione del fango viene utilizzata la calce viva, che viene impastata direttamente con esso. Dopodiché i fanghi sono considerati pronti per essere smaltiti e vengono immagazzinati in un silos.

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A destra: l’impianto di depurazione di Bodega visto dai cumuli di detriti a sud dell’area (vista A).


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158 Un parco d’acqua nel deserto Terreno incolto nell’area del depuratore (vista B)

In primo piano conduttura per caricare le autocisterne d’acqua depurata, più in dietro le pompe (vista D)


Un parco d’acqua nel deserto

Terrapieno di bordo della vasca piĂš grande del depuratore (vista C)

Edificio delle pompe, sullo sfondo camera di clorificazione (vista E)

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160 Un parco d’acqua nel deserto

La stazione di pompaggio di Bodega

A destra: la stazione di pompaggio di Bodega sempre vista dai cumuli di detriti a sud dell’area (vista F).

La stazione di pompaggio presente nell’area fa riferimento alla miniera Candelaria e al dissalatore di Punta Padrones. Sorge all’angolo sud-ovest dell’impianto di depurazione di cui si è parlato nel paragrafo precedente, occupando un’area di 0,9 ha. Essa è composta da quattro installazioni principali: il serbatoio di accumulo d’acqua, il sistema delle pompe e della linea d’acqua, L la piscina d’emergenza e altre opere ausiliarie. Il serbatoio d’acqua ha un volume di 1.800 m³. Questo serbatoio serviva inizialmente a ricevere l’acqua proveniente dai pozzi sotterranei e dall’impianto di depurazione, quando la miniera Candelaria era attiva e non era ancora dotata dell’impianto di dissalazione. Bisogna infatti considerare che la stazione di pompaggio è anteriore al dissalatore e al suo acquedotto minerario, e serviva a pompare l’acqua dal livello di Bodega e Piedra Colgada, fino a quello della miniera. Il sistema delle pompe serve appunto a portare l’acqua da una quota di 365 m sopra il livello del mare fino a una di 760 m, dove si trova il bacino di deposito idrico della miniera Candelaria. L’edificio delle pompe è una struttura ad arcate metalliche e si situa a lato del serbatoio idrico descritto sopra. Il sistema di pompaggio è composta da pompe centrifughe orizzontali con una potenza di 1.100 CV, connesse in parallelo. Queste pompe sono collegate all’acquedotto, posto a 1,5 m sotto il livello del suolo. La tubazione dell’acquedotto ha un diametro di 60 cm e una portata massima di 500 l/s. La piscina di emergenza sorge sempre nei pressi del serbatoio d’acqua e ha il compito di raccogliere l’acqua nei momenti di manutenzione dell’impianto o in caso di rottura delle tubazioni. Attualmente la piscina viene usata attivamente e contiene sempre un certo livello d’acqua. Le opere ausiliare alla stazione di pompaggio sono l’edificio di controllo, posto di fronte all’ingresso carraio principale, e la stazione di trasformazione elettrica, posta lungo il recinto che separa la stazione di pompaggio dal depuratore. Nel 2036 la stazione di pompaggio non servirà più per la miniera Candelaria (che si ipotizza sarà chiusa), però verrà mantenuta attiva all’interno del parco idrico di Bodega e servirà a pompare l’acqua fino al nuovo bacino di acqua dissalata.

1. edificio delle pompe 2. piscina di emergenza 3. edificio di controllo 4. serbatoio dell’acqua 5. sub-stazione elettrica

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162 Un parco d’acqua nel deserto Piscina di emergenza della stazione di pompaggio (vista G)

L’edificio delle pompe (vista I)


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Il serbatoio d’acqua e l’edificio delle pompe. In primo piano l’ingresso alla stazione di pompaggio (vista H)

L’arrivo dell’acquedotto minerario e la substazione elettrica (vista L)

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164 Un parco d’acqua nel deserto

L’evoluzione di Bodega Le infrastrutture idriche di Bodega non sono sorte tutte nello stesso momento. Dall’analisi della cronologia delle immagini presenti in Google Earth è possibile tracciare l’evoluzione dell’area. La prima immagine disponibile risale al 9 marzo del 2004. In essa si nota che l’impianto di trattamento di acque residuali era composto dai due bacini che con diverse variazioni d’uso sono giunti fino a noi. È già presente la camera di clorificazione, mentre, nell’area dove sorgerà l’impianto principale, vi sono le recenti demolizioni di alcuni edifici. La stazione di pompaggio non esisteva ancora e al suo posto era presente una macchia di vegetazione. La presenza di vegetazione era infatti più marcata rispetto ad oggi, con due filari d’alberi nella zona dove ora vi è il terreno incolto. Questa situazione si mantiene invariata fino alla fotografia del 28 aprile 2007, quando è possibile notare la creazione di uno dei due chiarificatori e dell’ispessitore di fanghi, un’infrastruttura ora non più in uso. La vegetazione sembra degradata rispetto all’immagine del 2004. Questa è l’ultima fotografia dove si vedono coltivati i terreni a destra della proprietà del depuratore. In seguito in quest’area nascerà il cementificio. Dalla fotografia dell’8 giugno 2009 è visibile l’impianto di depurazione come è stato descritto nel capitolo 8 paragrafo b. Sono già presenti le due cisterne di aerazione, il secondo chiarificatore e i digestori di fanghi. La vegetazione alta presente nell’area dove sorgerà la stazione di pompaggio sembra essere stata tagliata. Al suo posto rimane solamente una macchia di vegetazione bassa. Nel 2010 viene realizzata la stazione di pompaggio, come è visibile nella fotografia del 3 ottobre dello stesso anno. Viene quindi rimossa del tutto la vegetazione che era presente nell’area. Nel sito a destra dell’impianto di depurazione appare quella che potrebbe essere la trincea dove venivano smaltiti i fanghi prodotti dall’impianto. Nel 2011 (fotografia dell’8 giugno 2011) entra in funzione anche la piscina di emergenza della stazione di pompaggio, mentre è dal 2012 (immagine del 26 agosto 2012) che il bacino più grande dell’impianto di depurazione cessa di essere riempito d’acqua. D’ora in avanti, fino alla situazione attuale, sarà utilizzato come


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luogo di deposito dei fanghi, una volta che questi abbiano terminato il loro processo di disidratazione. Sempre in questo periodo l’altro bacino diventa il deposito idrico della brina proveniente dal dissalatore cittadino di Placilla Sierralta, come visto nel capitolo 4.

9 marzo 2004

28 aprile 2007

8 giugno 2009

3 ottobre 2010

8 giugno 2011

26 giugno 2012

fonte: Google Earth


166 Un parco d’acqua nel deserto

Integrazioni tra cicli d’acqua L’area di Bodega nasce quindi come luogo del depuratore della città di Copiapó. Successivamente la presenza di questo impianto determina la costruzione della stazione di pompaggio, creata per trasportare l’acqua depurata alla miniera Candelaria. La stazione si evolverà poi per diventare il sistema di impulsione dell’acquedotto minerario che trasporta acqua dissalata alla stessa miniera. Si tratta di una serie di aggiunte infrastrutturali che hanno portato più flussi idrici distinti a incrociare l’area. Questo elemento rende il sito di Bodega adatto ad ospitare il centro del nuovo sistema idrico ibrido per la valle di Copiapó. Come già descritto nei capitoli precedenti, tale sistema prevede la fornitura idrica dei settori alti della valle continuando a utilizzare l’acqua del fiume e dei pozzi sotterranei. Allo stesso tempo, i settori più a valle e la stessa città di Copiapó non riceveranno più l’acqua dal fiume e dai depositi sotterranei, ma saranno alimentati dai dissalatori posti lungo la costa. L’area di Bodega diventa il punto di snodo del sistema che rifornisce la parte bassa della valle e che prevede anche l’integrazione con il depuratore già presente nell’area. La soluzione progettuale è quindi quella di attuare una modifica delle infrastrutture esistenti nell’area, per permettere la creazione del parco idrico. Gli interventi progettuali saranno svolti secondo quattro obbiettivi: rendere i processi idrici che avvengono nell’area osservabili dal visitatore del parco; creare il bacino di deposito di acqua dissalata; creare il sistema di fitodepurazione e il bacino di deposito dell’acqua da esso prodotta; realizzare il programma funzionale descritto nel capitolo precedente. Per rendere i processi idrici visibili all’osservatore esterno si prevede una parziale riorganizzazione delle infrastrutture che compongono il depuratore. Verranno lasciati in loco i serbatoi d’aerazione e i chiarificatori, mentre le varie attrezzature più piccole, che attualmente sono presenti fra di essi, saranno spostate. In questo modo i 4 bacini d’acqua (i serbatoi d’aerazione più i chiarificatori) si presenteranno come quattro tondi d’acqua all’interno di un bacino più grande asciutto. Il visitatore potrà passeggiare lungo il bordo dei 4 specchi d’acqua e vedere il


Un parco d’acqua nel deserto

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processo di depurazione in corso. Il sistema di produzione dei fanghi verrà invece celato alla vista, in quanto avviene già ora in impianti chiusi e può presentare dei pericoli per i non addetti ai lavori. Per questo si ipotizza la creazione di una nuova area di processo dei fanghi intorno ai due digestori di fango esistenti. In tale spazio saranno anche accorpate le infrastrutture di servizio al processo di depurazione dell’acqua, spostandole rispetto a dove si trovavano prima, o ricostruendole se necessario. Questa nuova infrastruttura sarà uno spazio interdetto al pubblico che permetterà la lavorazione dei fanghi, senza interferire con le attività del parco. A differenza dei serbatoi di aerazione e dei chiarificatori, i quali sono strutture interrate la cui sommità è ad altezza suolo, i digestori di fango sorgono completamente fuori terra, per prevenire possibili contaminazioni del suolo ad opera dei fanghi. Di conseguenza, il nuovo sito di processo dei fanghi sarà un edificio alto, che emergerà rispetto al paesaggio lineare dei bacini d’acqua. Si vuole sfruttare questo nuovo elemento verticale per la creazione di un punto panoramico; si prevede, quindi, la realizzazione di una collina artificiale che da un lato inglobi e celi alla vista il processo di trattamento dei fanghi e dall’altro permetta ai visitatori del parco di godere di una vista a 360° del paesaggio circostante. L’area più adatta alla creazione del bacino per l’acqua dissalata è quella che attualmente si presenta vuota, alla destra dell’impianto di depurazione. Considerando l’inquinamento prodotto dal traffico veicolare delle betoniere, che fanno la spola col cementificio, si è scelto di posizionare il bacino il più lontano possibile dalla strada sterrata. In questo modo si cerca di evitare il depositarsi di polveri sull’acqua qui immagazzinata e si riduce anche l’inquinamento acustico nell’area che sarà più sfruttata dagli sportivi. Si considera invece che l’impianto di fitodepurazione possa essere un filtro efficacie al passaggio delle polveri provenienti dalla strada, grazie alla presenza della vegetazione. Per questo il sistema di trattamento naturale dell’acqua è stato posto tra la strada sterrata e il bacino dell’acqua dissalata. In questo modo si crea anche un bordo d’acqua e vegetazione lungo il perimetro meridionale del parco. Come area di deposito dell’acqua trattata si pensa di usare il bacino più grande attualmente presente nell’impianto. La disposizione del programma funzionale è conseguente alla scelta di disposizione dei bacini. L’area di ingresso sarà posta dove attualmente si trova l’accesso alla stazione di pompaggio.


168 Un parco d’acqua nel deserto

Questa posizione permette di sfruttare il grande spazio disponibile tra la strada e i depositi di detriti minerari come luogo di parcheggio per i visitatori. Le aree sportive e di relax saranno invece concentrate maggiormente verso il bordo nord del parco, quello più tranquillo che confina con i terreni agricoli. L’angolo nord-ovest, punto di ingresso attuale all’impianto di depurazione, manterrà questa funzione e sarà l’accesso di accesso di servizio al parco di Bodega.

L’area dove verranno creati il nuovo bacino di deposito dell’acqua dissalata e l’impianto di fitodepurazione


Un parco d’acqua nel deserto

Demolizioni

riposizionato all’interno della nuova struttura per il Per realizzare il nuovo parco trattamento dei fanghi. In secondo quanto previsto nei questo modo sarà possibile paragrafi precedenti, sono gestire tutto il funzionamento necessarie alcune demolizioni. idrico del parco da un’unica Si tratta di alcune strutture non sede. più in uso e di altre di cui si prevede il riposizionamento in All’interno dell’impianto di altra sede all’interno dell’area depurazione verranno demolite e ricostruite in posizione di progetto. differente le seguenti strutture: Per quanto riguarda la stazione la sala dei ventilatori delle di pompaggio, si contempla cisterne di ventilazione, la sala la demolizione della sub di controllo dell’impianto, la stazione elettrica e dell’edificio sala del generatore elettrico, di controllo: questi elementi l’elevatore di acqua in eccesso, verranno accorpati con quelli la sala di disidratazione dei dell’impianto di depurazione. fanghi, il silos di stoccaggio dei Si prevede di creare un’unica fanghi, le aree di deposito, la sub stazione elettrica per tutte sala di stoccaggio del cloruro le attività industriali e ludiche ferrico, le due sale elettriche, del parco, nel punto in cui ora gli uffici e l’area di parcheggio si trova quella dell’impianto del personale, la sub stazione di trattamento acque. Anche elettrica esistente, la sala del il centro di controllo della generatore per la camera stazione di pompaggio sarà di clorificazione e la sala di controllo degli apparati elettrici.

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Sarà invece definitivamente demolito l’ispessitore dei fanghi, un impianto dismesso che veniva utilizzato in passato, prima della creazione dei due digestori di fanghi. Sono previste anche opere di ripristino del fondale all’interno del bacino esistente più grande. Esso è stato utilizzato come area dove stoccare il fango processato, una volta cessata la sua funzione attiva nel processo di sedimentazione dei fanghi. Nelle intenzioni del progetto, questo bacino sarà invece ripristinato come deposito dell’acqua trattata in uscita dall’impianto di fitodepurazione, in attesa che essa sia inviata al fiume e alle aree agricole per l’irrigazione. Sarà quindi necessario rimuovere i fanghi depositati in quest’area e procedere al loro riposizionamento in una discarica fuori del parco.


170 Un parco d’acqua nel deserto

Nuove costruzioni Le nuove costruzioni sono in parte complementari alle demolizioni appena descritte e mirano a configurare l’assetto futuro del parco. La nuova area di ingresso, nei pressi della stazione di pompaggio, prevede la creazione di un edificio di accoglienza. Esso avrà funzione di biglietteria e guardiola e si troverà immediatamente di fronte ai cancelli di ingresso del parco. Sempre nella stessa

area è prevista la realizzazione di un’isola verde per fornire un primo riparo d’ombra ai fruitori del parco. In questo punto verrà anche costruito un punto di ristoro, sotto una pensilina che fungerà anche da riparo per le piccole imbarcazioni che si prevede solchino il grande bacino di deposito dell’acqua trattata, come descritto nel capitolo precedente parlando del programma. Tra questa pensilina e il bacino è prevista un’area aperta dove poter fare manutenzione ai natanti. Su questo spazio si affacceranno anche la nuova torre per i tuffi

e l’arrampicata e l’edificio che ospiterà gli spogliatoi e la direzione sportiva del parco. L’angolo nord-ovest del lotto non subirà modifiche rilevanti: la sala di clorificazione verrà lasciata intatta, sarà solamente inglobata all’interno di una superficie architettonica che includerà anche la nuova sala di deposito del cloruro ferrico, la nuova sala di controllo elettrico, quella dei generatori e la nuova sub stazione elettrica del parco. In questo modo si isolano queste aree industriali dall’ambiente circostante,


Un parco d’acqua nel deserto

permettendo al visitatore di circolarvi liberamente intorno in sicurezza. La realizzazione infrastrutturale più importante del parco è la nuova area di trattamento dei fanghi: si svilupperà intorno ai due digestori di fanghi esistenti, in un volume che sarà poi ricoperto da una collina artificiale. L’edificio sarà organizzato secondo i due elementi circolari dei digestori e un nuovo elemento lineare che chiude questo spazio verso l’impianto di trattamento delle acque. All’interno di questa nuova area troveranno posto sia gli spazi dell’amministrazione del parco, sia quelli inerenti ai processi industriali qui ricollocati. L’area dell’amministrazione comprenderà: uffici, una sala conferenze, bagni, uno spogliatoio per i dipendenti e l’ingresso esterno. Per il funzionamento industriale del parco sono anche previsti: 2 depositi, una sala di controllo dei processi, una sala con generatori elettrici e 2 sale dei ventilatori connessi alle cisterne di ventilazione dell’impianto di depurazione. Il processo di smaltimento dei fanghi si avvarrà, invece, dei due digestori già presenti e di nuove infrastrutture: la sala di disidratazione dei fanghi, l’area di deposito dei medesimi e l’area di carico dei fanghi su autocisterne per permetterne il trasporto fino alla discarica localizzata

fuori del parco. Intorno ai due digestori è previsto un percorso carrabile per la manutenzione dell’impianto. Tra le nuove costruzione figura anche la creazione dell’impianto di fitodepurazione e dei bacini per l’acqua trattata e dissalata. Questi elementi saranno quasi interamente costruiti interrati, mediante opera di scavo, salvo la porzione superiore del bacino per l’acqua dissalata. Esso sorge, infatti, nell’area del parco più bassa (-2 m rispetto al punto di ingresso), e per questo si prevede di utilizzare parte del terreno scavato per portare al livello dell’ingresso questa zona. In questo modo il parco avrà un bordo percorribile tutto alla stessa quota, determinata dall’argine del bacino più grande, quello che ingloba al suo interno tutti gli altri elementi di deposito idrico di cui è composto il parco, secondo l’idea della matrioska d’acqua. Si ipotizza che il volume di terreno scavato sarà superiore ai 100.000 m³. Esso, oltre a essere utilizzato per alzare il terreno lungo il bordo nord del parco, servirà alla costruzione della collina artificiale addossata alla nuova infrastruttura di trattamento dei fanghi. È previsto un grande bacino all’asciutto che contenga al suo interno il processo naturale della fitodepurazione e quello

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del deposito dell’acqua da esso prodotta. Questo bacino di deposito comprende l’attuale piscina di emergenza della stazione di pompaggio e la vasca esistente più grande dell’impianto di depurazione. Questi depositi saranno uniti tra di loro e si espanderanno verso est, fino a raggiungere il perimetro orientale del parco. In quest’area il bacino è utilizzato nel processo di fitodepurazione, insieme a altre due aree poste immediatamente sopra di esso. A servizio delle attività sportive previste nel parco verrà realizzato un grande spogliatoio sotto la collina artificiale, adiacente, ma separato, all’infrastruttura di trattamento dei fanghi. Un altro gruppo di piccoli edifici sarà costruito nei pressi del bacino di deposito dell’acqua dissalata. Sotto una pensilina, simile a quella posta in ingresso, troveranno così posto: un’area ristoro, un piccolo spogliatoio per i bagnini e altri addetti del parco, gli spazi della scuola per surfisti che utilizzeranno la vicina piscina con onde artificiali. A completare le nuove realizzazioni vi sono tutti i piccoli padiglioni pensati per godere appieno dell’esperienza naturalistica del parco. Essi verranno descritti in maniera estesa nel capitolo 10.


172 Un parco d’acqua nel deserto

Il nuovo sistema dei bacini Una volta realizzato, il parco disporrà di 4 tipologie diverse di bacini d’acqua: quelli esistenti dell’impianto meccanico di depurazione, le nuove vasche per la fitodepurazione, il bacino di deposito dell’acqua depurata e il nuovo bacino di deposito dell’acqua dissalata. Insieme, garantiranno una capacità idrica totale di 200.000 m³. L’acqua rimarrà dentro questi depositi per periodi di

tempo differenti, a seconda dei processi di trattamento. Il nuovo sistema di vasche per la fitodepurazione ha una dimensione di 25.000 m³ ed è progettato per ricevere un flusso d’acqua di 300 l/s dall’impianto di depurazione meccanica. Il processo di fitodepurazione avverrà in vasche aperte a flusso libero, con un profondità massima di 1,5 m e una pendenza dello 0,4 %. L’impianto è costituito da due sistemi in parallelo, in modo tale che sia possibile interrompere il flusso di uno

per svolgere la manutenzione, senza bloccare l’intero processo. Si prevede che l’acqua rimanga all’interno di queste vasche per un periodo minimo di 5 giorni, dopodiché defluirà al bacino di deposito. Il bacino di deposito ha un volume di 50.000 m³, in grado di raccogliere la produzione di acqua depurata di 2 giorni prima di riempirsi. La profondità massima è di 5 m nel punto della vecchia piscina di emergenza, ora utilizzata per i tuffi e le immersioni, mentre la pendenza media è dello 0,4%.


Un parco d’acqua nel deserto

Da questo luogo di raccolta, l’acqua verrà poi inviata al fiume e alle aree agricole dove verrà utilizzata per l’irrigazione. Il bacino di deposito dell’acqua dissalata si avvale invece di due vasche: quella nuova, posta nell’angolo nord-est del parco, che fungerà da bacino primario, e la vasca più piccola, preesistente, che fungerà da bacino secondario. Attualmente quest’ultima viene utilizzata per il deposito della brina proveniente dal dissalatore di Copiapó, come descritto in precedenza. Il nuovo bacino primario ha un volume utile di 80.000 m³, con una profondità massima di 7 m e una pendenza media del 2,5%. In esso sarà sempre possibile vedere l’acqua dissalata scorrere dal punto più elevato e raccogliersi in quello più profondo, con un effetto paragonabile a quello di un piccolo corso d’acqua. Il tempo di permanenza dell’acqua in questo bacino sarà in funzione della sua domanda. Con una portata massima ipotizzata di 1.750 l/s di acqua proveniente dai dissalatori, saranno necessarie 12 ore per riempire il bacino. Una volta che l’acqua avrà raggiungo il livello di -3,5 m rispetto al bordo della vasca, una conduttura inizierà a riempire anche il bacino secondario, secondo il principio dei vasi comunicati. Come già detto, il bacino secondario è un riadattamento del bacino esistente, di cui

mantiene le caratteristiche volumetriche. Esso potrà ospitare 40.000 m³ d’acqua, avrà una profondità massima di 3,5 m e una pendenza media del 2 %. Considerando sempre un flusso massimo di 1.750 l/s d’acqua, saranno necessarie 6 ore per riempirlo. I bacini di acqua dissalata non sono pensati per fornire un deposito idrico nel lungo periodo, ma svolgono la funzione di rendere flessibile l’offerta, in attesa che i dissalatori adattino la loro capacità produttiva alla richiesta idrica del momento. Come già detto, bacini di dimensione così contenute sono vantaggiosi perché è limitata la loro evaporazione superficiale.

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L’acqua e il verde Per concludere, all’interno del parco si avranno bacini con acque di diversa origine, che seguono percorsi differenti, e che si riempiono e svuotano con velocità variabili. Queste diverse componenti, derivate da necessità industriali, arricchiranno l’esperienza dell’acqua che il visitatore potrà fare all’interno del parco. La presenza vegetale all’interno dell’area sarà superiore rispetto a quella dei luoghi circostanti, grazie alla costante presenza di acqua. La crescita del verde sarà anche favorita dalla presenza dei fanghi, una parte dei quali è molto fertile e si presta a realizzare piantumazioni. L’utilizzo dei fanghi per realizzare un’area verde intensiva era nelle intenzioni dei gestori dell’impianto di depurazione76, anche se poi non è stata effettivamente realizzata.

L’utilizzo dei fanghi. Il piano di forestazione L’impianto di depurazione non produce solo acqua depurata, poiché dagli scarichi fognari vengono estratti anche una certa quantità di fanghi (vedi capitolo 8, paragrafo b). Una parte di essi presenta una composizione chimica che può essere utilizzata come concime. Ogni giorno l’impianto di depurazione di Copiapó produce 23,45 m³ di fanghi disidratati, a fronte di una quantità d’acqua depurata di circa 25.000 m³. Da questi fanghi si estraggono 4,22 t al giorno di massa secca, che può essere utilizzata come concime. In un anno, la produzione è di 1.520 t. Dai documenti della risoluzione di impatto ambientale77 risulta che sono necessarie 90 t all’anno per concimare 1 ha di terreno. Di conseguenza, la produzione di fanghi dell’impianto di Copiapó permetterà la concimazione dell’area di progetto (16,9 ha, a fronte di un’area di poco superiore ai 20 ha). Da questi calcoli era nata nel 2012 l’intenzione, da parte dei proprietari, di realizzare un piano di forestazione per i circa 20 ha dell’area del depuratore. Questo piano prevedeva la piantumazione di specie vegetali native ed esotiche, adatte a vivere in zone aride. La densità di alberi prevista era di 1.600 piante per ettaro, con uno schema di distribuzione degli alberi a quadrilateri rettilinei, simili alle

76. AA VV, Mejoramiento Planta de tratamiento de aguas servidas, CopiapòAguas Chañar S.A, risoluzione ambientale n°229, commissione di valutazione ambientale III regione di Atacama, Copiapó, 2012. 77. AA VV, Mejoramiento Planta de tratamiento de aguas servidas, CopiapòAguas Chañar S.A, risoluzione ambientale n°229, commissione di valutazione ambientale III regione di Atacama, Copiapó, 2012.


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piantagioni industriali. Tali piante sarebbero dovute provenire da vivai della regione ed erano state fatte le seguenti scelte: Algarrobo (Prosopis chilensis), Espino (Acacia caven), Guayacán (Porlieria chilensis), Chañar (Geoffroea decorticans), Pimiento (Schinus molle), Molle (Schinus latifolius), Quillay (Quillaja saponaria) come specie native; Tamarindo, tamarisco (Tamarix gallica), Acacia azul, mimosa azul (Acacia saligna), Eucalipto cladocalix (Eucalyptus cladocalyx) come specie esotiche. Non sono noti i motivi per cui non si sia proceduto alla realizzazione del piano. Il progetto del verde del parco idrico intende prendere spunto da questo piano di forestazione, adattando il disegno del verde alle esigenze dei nuovi spazi, senza creare piantagioni industriali.

Il verde preesistente Attualmente la presenza del verde si concentra lungo il bordo nord dell’area. Qui sopravvive una macchia di alberi che fino a pochi anni fa si estendeva lungo tutto questo lato e occupava anche la zona sud, dove ora si trova la stazione di pompaggio. Un raggruppamento isolato di alberi è visibile anche lungo il confine occidentale dell’area, nella fascia di terreno tra la vasca esistente più grande e la strada C-424. La disposizione di questi due nuclei arborei non sembra seguire un disegno preciso, al contrario del filare di alberi bassi che separa i due bacini esistenti dall’impianto di depurazione. In tutta l’area è poi presente una vegetazione bassa a cespuglio, che si estende anche in alcuni tratti dei depositi di detriti che sorgono a sud dell’area di progetto.


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Il verde all’interno del nuovo parco d’acqua A livello progettuale, si è scelto di mantenere il più possibile la vegetazione già presente nell’area, vista la sua comprovata capacità di sopravvivere con una ridotta quantità d’acqua. Nel progetto del parco il verde dialoga con l’acqua e ne evidenzia la presenza. Per mantenere il concetto di matrioska d’acqua, si è scelto di concentrare la

vegetazione alta solamente lungo il perimetro del bacino più grande, che corrisponde al bordo dell’intero parco. Per questo si è previsto di spostare il filare di alberi preesistenti, attualmente situati tra le vasche e l’impianto di depurazione. Essi saranno ricollocati in parte nella nuova isola verde, posta vicino all’ingresso, e in parte sul versante nord della collina artificiale, creando una continuazione della macchia d’alberi ivi esistente. Così facendo, il centro del parco si presenta libero e l’unico elemento che si sviluppa in

verticale è la collina. Sopra di essa si è scelto di porre una vegetazione bassa a cespuglio, per isolare l’area del campeggio dai percorsi che salgono sul promontorio artificiale, creando così anche dei coni visivi verso il paesaggio agricolo circostante. Vegetazione bassa è prevista anche lungo gran parte del perimetro del parco, a esclusione del bordo ovest, dove si è scelto di non porre vegetazione e lasciare libero lo spazio tra il terrapieno delle


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vasche e il recinto. In questo modo si sfrutta la siepe alta, che delimita i vigneti dall’altro lato della strada, come quinta di chiusura di questo lato del parco. Dal percorso lungo il terrapieno della vasche, posto in posizione rialzata, sarà possibile sbirciare oltre questa cortina verde, verso i vigneti e la vallata. Una porzione del percorso di cinta rialzata rispetto al bordo è presente anche lungo il lato nord del parco: qui il camminamento si trova a + 2 m rispetto alla recinzione. Tra essa e il percorso viene posta una vegetazione bassa a cespuglio, per celare l’elemento di chiusura. Così facendo chi percorrerà questo bordo del parco non avrà percezione di un limite, ma vedrà una vegetazione che connette il parco ai vigneti senza soluzione di continuità. Gli alberi ad alto fusto già presenti nell’area vengono utilizzati anche come fonte d’ombra per dei padiglioni con sedute e tavoli, a disposizione dei visitatori dell’area. Nel progetto del parco il verde dialoga anche con l’acqua e ne segnala la presenza. Ciò è evidente intorno all’area del previsto impianto di fitodepurazione. Esso si sviluppa in un grande bacino asciutto posto a -1 m rispetto all’area circostante. In questa depressione si trovano le varie vasche dell’impianto

vero e proprio. L’idea di progetto è di colonizzare questo grande bacino asciutto con la vegetazione che spontaneamente cresce intorno agli specchi d’acqua. In questo modo si creerà una fitta vegetazione palustre, che come altezza eguaglierà in linea di massima quella dei percorsi che circondano il bacino, posti al livello zero. All’interno dell’impianto di fitodepurazione sono presenti anche delle isole artificiali. Questo elemento è stato inserito dopo avere analizzato il progetto dell’impianto di fitodepurazione di Tres Rios, a Phoenix, Arizona (vedi capitolo 7, paragrafo d). Sulle isole artificiali è previsto l’insediamento di fauna locale di uccelli, in un’area che non sarà accessibile ai visitatori, ma solo visibile da due piattaforme panoramiche sopraelevate. Questi elementi dovrebbero anche contribuire a migliorare il processo di depurazione. La presenza di verde palustre e l’acqua chiuderanno l’angolo sud-est del parco, nel punto in cui la recinzione dell’area si trova più vicina alla strada percorsa dalle betoniere. Per quanto riguarda la scelta delle specie arboree, si è fatto riferimento a quelle ipotizzate nel piano di forestazione presentato in allegato alla risoluzione di impatto ambientale dell’ampliamento dell’impianto di depurazione78.

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Rispetto ad esso, non si intende realizzare una piantagione di alberi, ma integrare la vegetazione esistente con inserimenti puntuali che assecondino il disegno del parco. Le specie utilizzate per la vegetazione alta saranno: Prosopis chilensis, Acacia caven, Geoffroea decorticans, Schinus molle, Schinus Poligamus, Quillaja saponaria, come specie native, cui si affiancherà l’Acacia Melanoxylon, proveniente dall’Australia. La vegetazione bassa sarà invece composta da Porliera Chilensis, nativa, e da Atriplex Nummularia, proveniente dall’Australia. Un percorso diverso è stato fatto per la scelta delle piante da porre nell’impianto di fitodepurazione. La vegetazione è fondamentale negli impianti di depurazione naturale: la parte sommersa delle piante acquatiche funge da filtro e supporto per la popolazione microbica, mentre l’assorbimento radicale e la traspirazione fogliare favoriscono la riduzione del volume del refluo (assorbimento di azoto, fosforo e altri microelementi). Sempre grazie alla vegetazione è possibile la contemporanea presenza di condizioni aerobiche, anaerobiche e anossiche, che sono 78. AA VV, Mejoramiento Planta de tratamiento de aguas servidas, CopiapòAguas Chañar S.A, risoluzione ambientale n°229, commissione di valutazione ambientale III regione di Atacama, Copiapó, 2012.


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fondamentali per lo sviluppo dei microrganismi responsabili dei processi della depurazione (l’ammonificazione, la nitrificazione, la denitrificazione dell’azoto). Le specie vegetali utilizzate nei sistemi di depurazione naturale appartengono prevalentemente a specie erbacee e possono essere suddivise in idrofite e elofite o macrofite emergenti. Le idrofite sono piante acquatiche che possono trovarsi sommerse o natanti, mentre le elofite sono piante terrestri, adattate alla vita su suoli parzialmente o completamente saturi d’acqua, come paludi e rive di laghi79. Non sono stati trovati riferimenti di impianti di depurazione naturale attivi in una zona arida del Cile, perciò, nel determinare quali piante utilizzare, si è fatto un confronto tra le specie presenti nel progetto di Tres Rios, in Arizona, con le specie utilizzate frequentemente in Europa. Di esse sono state selezionate solamente quelle native del Sud America. Come pianta idrofita è stata scelta la Ceratophyllum demersum, una pianta nativa del Cile, mentre come piante elofite la Typha subulata, originaria dell’Argentina, e la Bolboschoenus maritimus, nativa del Cile. 79. AA. VV., Guida Tecnica per la progettazione e gestione dei sistemi di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue urbane, 2012, ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, pag. 39.

Fonti immagini a lato: chlorischile.cl witri.com.ar tropical.theferns.info pacifichorticulture.org selectree.calpoly.edu coledalerainforestretreat.com.au lafinestraperta.wordpress.com dbiodbs.units.it hydrophyllum.it floranelsalento.blogspot.it calphotos.berkeley.edu Acacia Caven

Schinus Molle

Atriplex Nummularia


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Geoffroea Decorticans

Prosopis chilensis

Quillaja Saponaria

Schinus poligamus

Acacia Melanoxylon

Porlieria chilensis

Ceratophyllum demersum

Typha subulata

Bolboschoenus maritimus

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Dopo avere descritto le modificazioni strutturali necessarie alla realizzazione del nuovo sistema ibrido per la fornitura idrica della valle di Copiapó, verrà ora analizzato il funzionamento industriale integrato del parco d’acqua. I vari interventi strutturali spiegati in precedenza hanno permesso di passare da un flusso idrico gestito di 800 l/s (300 l/s di acqua depurata e 500 l/s di acqua dissalata), a uno di 1.750 l/s (300 l/s di acqua trattata e 1.450 l/s di acqua dissalata), all’interno della stessa area. È ipotizzabile che questa quantità possa aumentare in futuro con l’aggiunta al sistema di un ulteriore impianto di dissalazione o con un ampliamento del depuratore che comporti un aumento del flusso d’acqua purificata.


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Il sistema di depurazione: naturale + artificiale Il nuovo sistema di depurazione in due fasi, artificiale e naturale, viene alimentato dal collettore fognario che è già presente nell’area: l’acqua di scarico arriva a Bodega attraverso una conduttura che, partendo dal tratto della Panamericana nei pressi dell’Università di Atacama, giunge fino al depuratore seguendo la strada sterrata che corre a lato del cementificio (per maggiori informazioni vedi capitolo 7, paragrafo c). All’interno dell’area di progetto la tubazione si sviluppa fuori terra, parallela al bordo sud del parco, nella zona compresa tra l’ultima vasca della fitodepurazione e la strada sterrata. Nelle intenzioni del progetto questa tubatura sarà visibile dal percorso circolare del parco. Inoltre, il punto in cui essa emerge dal terreno sarà un’area pavimentata fruibile dal visitatore. Il flusso di acque residuali curva poi a destra e attraversa la vasca di deposito di acqua trattata, passando sotto il ponte del percorso pedonale principale. In seguito si trovano i macchinari dove avvengono i processi di depurazione primaria e secondaria, i quali rimangono inalterati nel progetto fino alla fase dei chiarificatori. Nel processo di depurazione primaria avviene la rimozione del particolato di grosse dimensioni mediante griglie, mentre in quella secondaria le vasche di aerazione aumentano la quantità batterica per permettere la digestione delle sostanze inquinanti presenti nell’acqua di scarico. Il sistema di aerazione è stato modificato nel progetto: ora i ventilatori non si trovano più in un edificio a lato delle vasche, ma sono stati spostati sotto la collina artificiale, nella nuova area di trattamento dei fanghi. In questo modo è stato liberato il terreno intorno ai 4 specchi d’acqua dell’impianto di depurazione, rendendolo fruibile dal visitatore del parco, il quale potrà quindi vedere come si svolge il processo di purificazione. Nei chiarificatori avviene la separazione tra l’acqua e i fanghi, che rimangono depositati sul fondo di questi impianti. Dai chiarificatori si sviluppa una tubatura, introdotta dal progetto, che porterà l’acqua all’impianto di fitodepurazione: qui finisce il processo di trattamento meccanico dell’acqua di scarico e inizia quello naturale. La tubatura che collega tali processi è posizionata sottoterra e, nel suo primo tratto, corre sotto il piazzale tra le vasche dell’impianto di depurazione meccanica e il sistema di trattamento dei fanghi, posto sotto la collina. Segue successivamente il percorso


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80. AA. VV., Guida Tecnica per la progettazione e gestione dei sistemi di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue urbane, 2012, ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, pag. 13.

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pedonale principale e costeggia il bacino asciutto dove si trova il campo da calcio, fino a immettere l’acqua nei bacini dell’impianto di fitodepurazione, nel tratto che separa l’area palustre dal bacino principale di stoccaggio dell’acqua dissalata. Il sistema di depurazione naturale “è un sistema di trattamento dei reflui basato su processi biologici, fisici e chimico-fisici caratteristici degli ambienti acquatici e delle zone umide”80. Nei sistemi di fitodepurazione si cerca di riprodurre artificialmente un ambiente umido in vasche impermeabilizzate: il flusso idrico attraversa questi bacini dove si trovano specie vegetali, tipiche delle zone umide, che possono essere radicate ad un substrato di crescita oppure flottanti. Questa vegetazione contribuisce al processo di depurazione, che viene definito “naturale” poiché mira a ricreare i processi chimici che avvengono in maniera spontanea nelle aree umide. Il potere di un impianto di fitodepurazione deriva dalla sommatoria di questi processi che sono di tipo fisico, chimico e biologico e avvengono grazie all’attività microbica e a quella delle piante (assunzione, sedimentazione, filtrazione e assorbimento). Esistono tre tipologie principali di impianti di fitodepurazione in base al percorso idraulico del refluo: sistemi a flusso sommerso orizzontale, sistemi a flusso sommerso verticale e sistemi a flusso libero. Nell’impianto di Bodega si è scelto di utilizzare quest’ultima tipologia per due motivi principali: essa non solo risulta la più adatta nel caso in cui il refluo abbia già subito un processo di trattamento meccanico, come in questo caso, ma permette anche di creare un habitat ideale per specie animali. I sistemi a flusso libero riproducono, infatti, una zona palustre naturale, dove l’acqua è a diretto contatto con l’atmosfera e poco profonda. La forma delle vasche non segue una figura geometrica precisa, in quanto l’obiettivo primario è quello di ricostruire un habitat che si evolverà in modo completamente naturale e autonomo. Si è scelto di adattare la forma di queste vasche secondo gli spazi circostanti. Esse si sviluppano, quindi, secondo la presenza del bacino del campo da calcio, a destra e del deposito di acqua dissalata, in alto. L’area lasciata libera tra essi e i bordi sud e est del Parco si presenta di forma irregolare e il disegno delle vasche vuole seguire questa irregolarità, adattandosi agli spazi esistenti. La vasca sud è inoltre concepita come una sorta di continuazione del disegno del bacino di acqua trattata che le sorge a sinistra. In questo modo, tutto il bordo sud del parco può essere visto come


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una lunga linea d’acqua che si restringe e si allarga. Nel dimensionare le vasche si è comunque tenuto conto di alcune indicazioni. Secondo il citato manuale ISPRA, il rapporto tra i due lati della vasca è consigliabile sia compreso tra 4:1 e 10:1, mentre la pendenza deve essere compresa tra lo 0,3% e il 2%, con una profondità variabile consigliata tra i 1,2 m e 2,5 m. Nelle vasche di progetto la profondità è di 1,5 m, mentre la pendenza media è dello 0,4%. Per garantire l’impermeabilizzazione del fondo delle vasche si è scelto di ricorrere a un manto sintetico. Sopra di esso è stato posto uno strato di terreno vegetale di 40 cm per l’attecchimento delle piante e per fornire una protezione meccanica al manto sottostante. Come abbiamo visto nel capitolo 8, paragrafo h, sotto paragrafo iv, nelle vasche sono inoltre presenti delle isole che hanno il compito di migliorare l’efficienza idraulica e dividere i flussi d’acqua. Il sistema di trattamento naturale di Bodega è composto da una prima fase, con due linee di depurazione in parallelo, composta da una vasca ciascuna, e da una seconda fase, formata da un’unica vasca comune che conduce poi al bacino di deposito di acqua depurata. La scelta di adottare due linee in parallelo deriva dalla maggiore flessibilità di funzionamento che questa soluzione permette: in caso di manutenzione, infatti, è possibile bloccare l’afflusso idrico solamente ad una linea, mantenendo in funzione l’altra. Tornando al percorso del flusso dell’acqua in arrivo dall’impianto di trattamento meccanico, esso si divide in maniera uguale tra le prime due vasche del sistema di fitodepurazione. Qui l’acqua rimarrà per un periodo di almeno 5 giorni, per permettere la sua depurazione grazie ai processi biochimici naturali. In seguito, essa raggiungerà il condotto di raccordo che ciascuna delle due vasche della prima fase ha con la vasca della seconda. Questo condotto si trova sotto un pontile che si sviluppa in lunghezza sopra gli specchi d’acqua: in questo modo il visitatore potrà percorrere idealmente il percorso che l’acqua fa da una vasca all’altra. L’acqua, poi, permane nella vasca della seconda fase, dove continua il processo depurativo per mezzo di piante sommerse e galleggianti. Una volta terminato anche questo processo, l’acqua passa al bacino di deposito per mezzo di una paratia di controllo.


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Il bacino di deposito dell’acqua trattata nasce come unione della piscina di emergenza della stazione di pompaggio e della laguna più grande del vecchio impianto di depurazione. Questi elementi sono stati uniti rimuovendo il terreno che li separava. Rimangono gli andamenti dei fondali preesistenti, per cui nella piscina di emergenza si raggiunge una profondità di 5m, mentre nella vecchia laguna la profondità massima è di 3 m, con un suo aumento da sud verso nord (pendenza media dello 0,4%). Anche il fondale di questo bacino è realizzato con un manto sintetico; questo tipo di manto era già presente prima del progetto del parco d’acqua e si è scelto di continuare a utilizzarlo vista la sua facilità di posa ed economicità. L’acqua qui permane per un periodo di tempo variabile, a seconda della richiesta. Dal punto di prelievo, che si trova nell’angolo in alto a destra del bacino, l’acqua viene immessa in una tubatura che la porta alla sala di clorificazione. Qui avviene l’ultima fase del processo depurativo, che consiste in iniezioni di cloro per abbattere ulteriormente la carica batterica dell’acqua. Questa fase del processo era già presente prima dell’introduzione della fitodepurazione. Dalla sala di clorificazione l’acqua passa attraverso delle pompe che la inviano all’acquedotto che corre parallelo alla strada C-424. Da qui l’acqua verrà in parte scaricata nel fiume, con un flusso di 100 l/s, e in parte inviata alle aree agricole, dove potrà essere utilizzata per l’irrigazione. In parallelo a questo processo di depurazione idrica avviene anche quello di trattamento dei fanghi, che si svolge all’interno delle infrastrutture costruite sotto la collina artificiale. I fanghi arrivano alla collina artificiale attraverso due tubature in uscita da ciascun chiarificatore, l’ultimo elemento del processo di depurazione meccanica dell’acqua, e vengono inviati ai digestori di fango. Qui il processo si mantiene identico a quello che avveniva prima del progetto; cambia solamente la posizione delle infrastrutture per ottimizzarne il funzionamento. Per la descrizione del procedimento di smaltimento dei fanghi si rimanda al capitolo 8. La nuova struttura dove sono collocati i macchinari per il processo di trattamento dei fanghi è costituita da un muro curvo in cemento armato, la cui forma segue l’andamento circolare dei digestori di fango, e da una serie di setti, sempre in cemento armato. Tra essi e il muro curvo sono posizionate delle travi reticolari in acciaio, che permettono di sorreggere il terreno della collina sovrastante, e un carroponte per la manutenzione e lo spostamento di materiali


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all’interno dell’impianto. Tra i setti sono realizzati degli spazi a servizio delle attività industriali che avvengono nel parco. Per una descrizione di essi si veda il capitolo 8, paragrafo g. L’unica parete esterna di questa infrastruttura è realizzata mediante una serie di portoni industriali con tamponamenti in policarbonato. In questo modo il visitatore può avere dall’esterno la percezione dei volumi di questo impianto, senza andare a interferire col funzionamento dello stesso. Una volta completato il processo di trattamento, i fanghi vengono stoccati in silos. In seguito, la parte di essi che può essere utilizzata come concime verrà impiegata all’interno del parco o venduta, mentre la parte di fanghi classificata come rifiuto verrà caricata su camion e inviata a una discarica esterna al parco. Per la mobilità dei mezzi a uso industriale viene mantenuta la strada esistente interna al parco. Tali veicoli entrano dall’ingresso di servizio posto nell’angolo nord-ovest dell’area (a -2 m rispetto all’ingresso pubblico del parco), seguono poi un percorso che li porta a passare a lato dell’impianto di clorificazione, prima del quale, sulla destra, è stato ricavato un parcheggio per i dipendenti e per i mezzi pesanti. Dopo l’impianto di clorificazione, i mezzi salgono sul terrapieno di bordo del bacino che comprende tutto il parco (+ 0 m dal punto di ingresso pubblico), attraversano il percorso pedonale circolare di bordo, per poi ridiscendere nel bacino asciutto dove si trova l’impianto di depurazione meccanica (posto a -1,5 m rispetto all’ingresso pubblico del parco). In questo bacino vi è un piazzale che fronteggia tutto il nuovo impianto di trattamento dei fanghi e permette le manovre dei mezzi industriali, tra cui le autocisterne per il trasporto dei fanghi stessi. Proseguendo verso il limite sud del piazzale, è possibile reimmettersi sul percorso pedonale principale, nel punto centrale del parco. Tale percorso sarà esclusivamente a uso pedonale e ciclabile, per una larghezza di 5 m. Gli unici mezzi motorizzati autorizzati a percorrerlo saranno quelli della manutenzione o quelli che trasportano materiale per eventi, come concerti e fiere, che si svolgeranno nel bacino-piazza dove si trova normalmente il campo da calcio. Termina così la descrizione del processo di depurazione integrato che avviene all’interno del parco. Contemporaneamente al processo appena descritto, avviene l’accumulo e distribuzione dell’acqua dissalata proveniente dai dissalatori posti lungo la costa, come si vedrà nel paragrafo successivo.


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L’acqua dissalata Rispetto al passato, l’acqua dissalata non transiterà solo lungo un bordo di quest’area, ma verrà qui raccolta e poi distribuita. Nel progetto l’acqua dissalata arriva a Bodega lungo due direttrici differenti. La prima è quella che è già attiva ora, ossia l’acquedotto della miniera Candelaria che parte dall’impianto di dissalazione di Punta Padrones. Questo acquedotto segue la strada Panamericana fino all’incrocio con la strada C-424, dopo di che segue quest’ultima strada fino all’area di progetto. Percorso analogo è utilizzato dall’acquedotto del dissalatore Atacama. L’acqua proveniente dal dissalatore di Aguas Cap arriva invece dalla direzione opposta, scendendo il ramo di acquedotto che dalla miniera Candelaria giunge a Bodega. Tutti gli acquedotti minerari convergono alla stazione di pompaggio di Bodega rimanendo sotterranei. Nei pressi dell’infrastruttura di pompaggio un pezzo dell’acquedotto di Candelaria emerge dal suolo per un breve tratto. Come nel caso della condotta delle acque di scarico di Copiapó, anche questo pezzo visibile di infrastruttura sarà valorizzato all’interno del parco come uno dei punti dove sarà possibile scorgere il funzionamento del sistema idrico. Dalla stazione di pompaggio l’acqua viene pompata in un’unica nuova conduttura che la trasporterà al bacino di deposito primario di acqua dissalata. Questa conduttura si svilupperà 1 m sottoterra e supererà lo stretto del bacino di deposito di acqua trattata al di sotto del ponte del percorso pedonale principale. Una volta superato il bacino del campo da calcio, la conduttura di acqua dissalata curverà a destra e seguirà il limite del bacino di acqua dissalata fino al suo angolo sud-est. In questo punto avverrà lo scarico dell’acqua all’interno del bacino. Il bacino è conformato come una grande vasca divisa in più elementi secondari via via più profondi. L’acqua scorrerà dal punto di immissione lungo una diagonale sud-est nord-ovest, attraversando i primi tre sottobacini. A quel punto, l’acqua seguirà il bordo nord del bacino di deposito, fino all’angolo nord-ovest dove sarà collocato il punto di presa. La pendenza del bacino è in media del 2 % e la profondità varia dai 50 cm nel punto di immissione fino ai 7 m nel punto di presa. Un bypass posto a -3,5 m connetterà il bacino di deposito primario con quello secondario. In questo modo, quando l’acqua


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raggiunge tale livello nel bacino primario, inizia a riempire anche quello secondario, aumentando così la capacità di deposito di acqua dissalata. La conduttura che unisce questi due bacini correrà lungo il perimetro della collina artificiale, per poi seguire in parallelo, nella direzione inversa, la tubatura che porta l’acqua dal sistema di depurazione meccanico a quello naturale. Una volta superati i due chiarificatori, la tubatura di acqua dissalata girerà a sinistra e si immetterà nel bacino di deposito secondario. Il bacino di deposito secondario è stato ricavato nella vecchia vasca più piccola dell’impianto di depurazione. Attualmente tale vasca non è più utilizzata nel processo di produzione dei fanghi, ma il suo spazio viene sfruttato come deposito della brina proveniente dal dissalatore di Placilla Sierralta, situato all’interno della città di Copiapó. Come già detto nel capitolo 5, paragrafo c, sotto paragrafo iii, questo impianto è stato costruito negli ultimi anni per filtrare l’acqua proveniente dai pozzi situati in località Piedra Colgada. La brina prodotta da questo dissalatore viene inviata al depuratore di Bodega, in modo che quest’acqua ricca di sale possa essere miscelata all’acqua in uscita dall’impianto di depurazione e successivamente smaltita nel fiume. Nelle ipotesi di progetto la città verrà alimentata da acqua dissalata proveniente dal mare e non sarà più necessario l’impiego del dissalatore cittadino, perché non verrà più estratta acqua dai pozzi di Piedra Colgada. Di conseguenza, questo bacino può essere riadattato per accogliere l’acqua dissalata insieme al bacino di deposito primario. Il bacino ha una capacità di 40.000 m³, per una profondità massima di 3,5 m e una pendenza media del 2 %. Il punto di ingresso dell’acqua si trova nell’angolo a nord-est, mentre quello di prelievo si trova nell’angolo a nord-ovest. Da questo bacino l’acqua viene inviata alle pompe poste a lato della sala di clorificazione e da esse pompata agli utilizzatori finali. Anche dal bacino primario di deposito di acqua dissalata vi è una conduttura che, dal punto di presa, posto a -7 m nell’area più profonda, porta l’acqua alle pompe, seguendo il percorso pedonale principale che passa a nord della collina artificiale.


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La variazione annuale della domanda Rispetto al deposito di acqua trattata, che si riempirà costantemente coi 300 l/s provenienti dall’impianto di depurazione integrato, i depositi di acqua dissalata possono ricevere un flusso non costante di acqua, come variabile sarà anche la domanda idrica a cui devono far fronte. La domanda d’acqua per l’irrigazione agricola, infatti, non è costante durante l’anno e segue un andamento ondulatorio, con un periodo di picco massimo nel mese estivo di gennaio e uno minimo in quello invernale di giugno, dove la richiesta idrica irrigua è prossima allo zero81. I dissalatori possono regolare la loro produzione in funzione di questa domanda, riducendola nei mesi invernali e portandola al regime massimo in quelli estivi. È anche ipotizzabile che, vista la prevedibilità di questo andamento ciclico della domanda, nei mesi invernali uno o più dissalatori possano venire chiusi per ridurre i costi. I mesi invernali saranno anche quelli più indicati per procedere a una manutenzione di tutto il sistema idrico artificiale, senza andare a compromettere la produzione dell’offerta idrica di acqua dissalata.

81. AA. VV., Actualizaciòn de la modelaciòn integrada y subterrànea del acuìfero de la cuenca del rìo Copiapò, op.cit., pag.79.


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Bacini vuoti? Si pone quindi la questione di quale livello tenere nei bacini di stoccaggio di acqua dissalata durante i mesi invernali caratterizzati da una bassissima richiesta idrica. andamento annuale domanda idrica per l’irrigazione

Visto l’elevato tasso di evaporazione di quest’area desertica, è sconsigliabile mantenere i bacini pieni senza motivo, pena una grossa perdita idrica per evaporazione. Bisogna infatti considerare che il clima dell’area non presenta variazioni stagionali di rilievo che si traducano in una minore evaporazione media nei mesi invernali. Di conseguenza, si ipotizza di tenere il livello idrico invernale dei bacini a un minimo che permetta comunque di far fronte a richieste idriche improvvise e non preventivate. In questo modo si mantengono sempre attivi i bacini, con un flusso idrico variabile ma sempre visibile durante tutto il periodo dell’anno. Questo scenario presenta bacini mezzi vuoti per circa metà dell’anno e bacini pieni per l’altra metà. Si prevede, perciò, di rendere fruibili i bacini nel momento di minor domanda idrica, sfruttando la gradazione della profondità dei loro fondali che risulteranno parzialmente asciutti. All’interno di questi bacini si prevede la realizzazione di campi da gioco per gli sport di terra. Si avrà, quindi, un’alternanza tra sport di terra, praticati maggiormente nei mesi invernali, e quelli d’acqua, che saranno invece maggiormente praticati nei periodi estivi di vacanza, quando i bacini saranno allagati e i campi da gioco non più utilizzabili. Il disegno dei bacini segue questo obiettivo di alternanza, con interventi di tipo diverso nel bacino primario e in quello secondario.


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Si è deciso di modellare il bacino di deposito primario di acqua dissalata in modo che, quando non è pieno d’acqua, possa essere percepito come una continuazione del paesaggio circostante. Come già detto in precedenza, il bacino si presenta diviso in più aree distinte. Le prime 3, procedendo da est verso ovest, sono le aree che maggiormente sono votate all’attività sportiva, poiché saranno le ultime ad essere allagate avendo la profondità minore. Per favorire l’accessibilità a queste zone, si è scelto di creare un bordo delle prime vasche molto graduale, con una pendenza inferiore al 10 %. Potranno, quindi essere fruite da persone diversamente abili e la bassa pendenza permetterà anche l’ingresso dei mezzi per la pulizia del bacino. Procedendo da est verso ovest, nella prima area saranno realizzati due campi da tennis e un’area pianeggiante per fare palestra all’aperto. La seconda area è separata dalla prima da un camminamento che si mantiene al livello del bordo esterno del deposito di acqua. La connessione tra queste due aree è garantita da un varco lungo la direttrice che l’acqua percorre dal punto di immissione al punto di presa del bacino. Nella seconda area si troveranno un campo da pallacanestro e uno da pallavolo, mentre la terza sarà votata alle attività con lo skateboard. Il passaggio dalla seconda alla terza area è molto meno evidente rispetto a quello tra le prime due. A separarle vi è un camminamento in quota che giunge fino al punto dove scorre l’acqua, senza attraversare completamente il bacino. In questo punto il percorso sopraelevato serve da base per le rampe dove praticare skateboard ed è anche presente una scala che permette di scendere dal bordo fino al fondo del bacino, profondo qui circa 3,5 m. Proseguendo verso ovest si incontra poi la piscina con le onde artificiali. Essa non è collegata al bacino di acqua dissalata, anche se visivamente lo sembrerebbe. In questo modo si crea una maggiore interazione visiva tra gli sport acquatici e quelli di terra. Sarà così possibile ammirare le evoluzioni sulle tavole da surf nella piscina delle onde artificiali, contemporaneamente a quelle realizzate con gli skateboard nello skate park. A ovest della piscina delle onde artificiali vi è l’ultima area del deposito d’acqua. Essa è unita alle aree descritte in precedenza mediante un canale di connessione che si trova a nord della piscina stessa. In questo modo l’acqua può seguire il suo corso dalle prime tre aree all’ultima, dove vi è il punto di presa. In quest’ultima divisione del bacino c’è una pedana, dove poter prendere il sole, e un campo polivalente, dove è possibile praticare calcetto, pallacanestro, pallavolo e tennis, a seconda di come venga configurato il terreno di gioco. Questa vasca presenta un bordo con pendenza lieve solamente lungo il lato sud, dove si trovano la piscina olimpionica e la piscina per bambini (che sono separate dal bacino come lo è la piscina per le onde artificiali), mentre i lati ovest e est presentano una parete


Il parco per l’acqua

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verticale e quello nord una ripida scarpata. Tutti i campi da gioco sono costituiti da superfici orizzontali all’interno del fondale del bacino che si presenta invece complessivamente inclinato verso il punto dove scorre l’acqua. Le differenze di livello che si vengono a creare tra i campi da gioco e l’area circostante sono state utilizzate come tribune a gradoni per gli spettatori. Le aree da gioco sono collegate da camminamenti interni al bacino e da punti di risalita con scale lungo i bordi a pareti verticali. Il bacino secondario di deposito di acqua dissalata è invece un adattamento di una vasca esistente. Per questo le sue pareti sono più ripide ed è stato necessario l’inserimento di una rampa per l’accesso delle persone diversamente abili e dei mezzi per la manutenzione. All’interno del bacino sono state create due aree piane a livelli differenti. La meno profonda, a -2,5 m dal bordo esterno, è occupata da due campi polivalenti, identici a quello presente nel bacino primario. A lato di questi, è stata disegnata una pista di atletica, le cui linee proseguono lungo le pareti inclinate della vasca, fino al suo bordo. Segue poi una discesa che porta all’area più profonda, a -3,5 m rispetto al bordo esterno. In quest’area, oltre ad esserci i punti di immissione e di presa dell’acqua, si trovano due campi da tennis e l’arrivo della rampa di accesso precedentemente descritta. Si è scelto di impermeabilizzare e rivestire le vasche per l’acqua dissalata con il cemento. Questa opzione è sembrata un giusto compromesso tra le esigenze dei campi da gioco, che non potevano essere creati sopra il tessuto impermeabile che riveste gli altri bacini del parco, e quelle manutentive. Ogni anno, infatti, sarà necessario pulire i bacini ad acqua dissalata nel momento in cui il loro livello stagionale si abbasserà, per permettere l’utilizzo dei campi da gioco. Il funzionamento del parco come area sportiva sarà oggetto del prossimo capitolo.



Tubature (da valorizzare)


200 Il parco per l’acqua Acquedotto dell’acqua dissalata prima della stazione di pompaggio

Colettore degli scarichi urbani


Il parco per l’acqua

Pompe del depuratore

Elemento del collettore degli scarichi urbani

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L’acqua per il parco

Il progetto del parco idrico vuole trasformare un’area prettamente industriale in un parco aperto al pubblico, in cui le infrastrutture per la gestione idrica convivano con le attività ludiche legate alla presenza dell’acqua. Nel capitolo precedente si è parlato della prima vocazione del parco, quella industriale; verrà ora trattata la seconda, quella relativa allo sport e alla natura.


206 L’acqua per il parco


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208 L’acqua per il parco

Il sistema sportivo La decisione di rendere quest’area un centro per lo sport nasce da due considerazioni già fatte al capitolo 7, paragrafo f. La prima è che l’area di Bodega si trova vicino a due università che potrebbero sfruttarla come campus sportivo. In particolare l’Università di San Tomás è completamente sprovvista di qualsiasi area sportiva all’interno del suo campus. La seconda è che la quantità d’acqua qui presente, per necessità di gestione del sistema idrico, permette di pensare all’insediamento di possibili sport acquatici, senza andare ad aggravare di molto il bilancio idrico dell’area. Una piscina olimpionica, infatti, ha bisogno di circa 2,5 l/s di acqua per funzionare82, una quantità pari solamente allo 0,15 % dell’acqua dissalata che transita per l’area di progetto. Considerando anche le altre due piscine artificiali, si presume che il consumo idrico per gli sport d’acqua non raggiunga l’1 % della portata d’acqua dissalata in arrivo a Bodega. Per evitare l’inquinamento prodotto dal passaggio veicolare lungo i lati sud e ovest del parco e dal cementificio lungo il lato est, si è scelto di concentrare le aree sportive lungo il lato nord, quello che si apre sui vigneti. All’interno del parco si possono distinguere tre differenti tipologie di aree sportive: quelle dove c’è sempre l’acqua, quelle che possono essere allagate in presenza di alcune condizioni e quelle sempre all’asciutto. La prima categoria è quella che necessita dell’acqua per funzionare. All’interno di questo gruppo rientrano la piscina olimpionica, la piscina per i bambini, la piscina con le onde artificiali, l’area per i tuffi e le immersioni e il bacino per l’attività velica. Le tre piscine sorgono nei pressi del bacino di acqua dissalata principale. Sono strutture che ricevono una fornitura idrica indipendente rispetto al bacino, per cui possono funzionare anche quando esso è vuoto. La piscina olimpionica ha una dimensione standard di 25x50 m con una divisione interna di 10 corsie. La sua profondità è costante e pari a 2,5 m. La piscina per bambini, invece, ha una profondità di 1 m e una dimensione di 10x18 m. Tra le due piscine è posta la torre per il bagnino, in un punto dove è possibile

82. Dichiarazione ambientale, Piscine Comunali “Dogali”, 2003, Comune di Modena.


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controllare entrambe le vasche. La piscina con le onde artificiali è la più grande, con una dimensione di 35x75 m e una profondità massima di 3 m. L’impianto per la generazione delle onde è posto lungo il lato nord della piscina, al di sotto del camminamento pedonale che si trova tra questa piscina e il canale del bacino primario di raccolta dell’acqua dissalata. L’area per i tuffi e le immersioni è invece ricavata all’interno del bacino di deposito di acqua trattata, dove un tempo si trovava la piscina di emergenza della stazione di pompaggio. Ha una profondità di 5 m e si avvale di due strutture: una torre con i trampolini fino a 10 m, che funziona anche da punto panoramico, e un molo galleggiante, dove sono posizionati i trampolini da 1 m e dove possono fare base le attività di immersione. L’area dedicata alla vela sorge a nord di quella appena descritta, dove un tempo c’era la laguna più grande dell’impianto di depurazione. Qui l’attività velica ha a disposizione un bacino d’acqua di 200x150 m, dotato di strutture di attracco in più punti. Le imbarcazioni potranno essere tratte a riva utilizzando una rampa posta lungo il lato sud. La rampa potrà anche essere utilizzata per raggiungere il fondale nel caso in cui il bacino sia prosciugato per manutenzione. È previsto un deposito barche posto sotto la pensilina che si trova vicino all’area di ingresso. Nella seconda categoria rientrano quei campi da gioco che si trovano all’interno dei bacini primari e secondari di acqua dissalata. In questo caso, i campi da gioco sono utilizzabili nei mesi invernali, quando il livello dell’acqua nei bacini è molto basso, mentre sono inutilizzabili nei mesi estivi, quando il livello dell’acqua sale. Non tutte queste aree sportive si trovano, però, alla stessa profondità, per cui vi potranno essere situazioni in cui alcune aree saranno utilizzabili, perché all’asciutto, mentre altre non lo saranno, perché allagate. All’interno del bacino di deposito principale di acqua dissalata si contano le seguenti aree sportive: due spazi per la palestra all’aperto (a una profondità, rispettivamente, di -0,5 m e -3 m), due campi da tennis (a -2 e -2,5 m), un campo da pallacanestro (a -2 m), un campo da pallavolo (-3,25 m), il campo sportivo polifunzionale (-5 m) e lo skate park (che si sviluppa dal bordo del bacino fino a una profondità di -3,5 m). Nel bacino secondario troviamo invece: due campi sportivi polifunzionali (a -2,5 m), una pista di atletica (sempre a -2,5 m) e due campi da tennis (a -3,5 m). La terza categoria, infine, riguarda le aree per lo sport che non saranno mai allagate. Fanno parte di questo gruppo il bacino asciutto col campo da calcio e il percorso perimetrale.


210 L’acqua per il parco

Il bacino dove si trova il campo da calcio funge da centro ricettivo del parco. Si prevede di sfruttare quest’area di snodo non solo per le attività sportive, ma anche per eventi quali fiere e concerti che attirino la popolazione della vicina città di Copiapó. Questo bacino è profondo 2 m rispetto al bordo e presenta due lati configurati a gradinate per gli spettatori. Gli altri due versanti sono invece costituiti da due rampe a pendenza molto bassa che permettono il passaggio dai percorsi attigui all’area di gioco. In caso di eventi e concerti, i mezzi logistici potranno accedere a quest’area utilizzando la strada di servizio che parte dall’ingresso di servizio posto all’angolo nord-ovest del parco. Il percorso perimetrale è invece un circuito pedonale-ciclabile di 2 km di lunghezza e 5 m di larghezza: posto tutto allo stesso livello, è concepito come un luogo per correre o passeggiare, prendendo visione al tempo stesso dei processi idrici che avvengono nel parco. Il suo disegno è infatti pensato per intersecare tutti i processi idrici che avvengono nell’area, come fosse una sorta di percorso didattico-espositivo sull’acqua. Questo anello si sviluppa principalmente lungo il bordo del bacino che include il parco interno. Il percorso parte dall’ingresso visitatori, posto nell’angolo sud-ovest, vicino alla stazione di pompaggio, e si sviluppa verso destra, attraversando con un ponte il punto di contatto tra l’impianto di fitodepurazione e il bacino di deposito dell’acqua trattata. Curva poi a destra, seguendo il bordo del bacino dell’impianto di fitodepurazione, tenendo alla sua sinistra il bacino del campo da calcio. Con un ponte passa quindi sopra la vasca più grande dell’impianto di trattamento naturale delle acque residuali, prima di curvare a sinistra in prossimità dell’angolo sud-est del parco. Segue poi il bordo est del parco, costeggiando prima l’impianto di fitodepurazione e in seguito il bacino principale di deposito dell’acqua dissalata, fino all’angolo nord-est dell’area. Procede quindi lungo il lato nord del Parco fino a costeggiare la collina artificiale e a incrociare il percorso carrabile di servizio. Lungo questo lato è anche possibile per il visitatore ammirare i vigneti a nord del parco, grazie anche alla posizione sopraelevata del percorso rispetto ai terreni circostanti. Una volta passato a sinistra della sala di clorificazione, il percorso curva a sinistra e percorre il lato ovest del parco, dove incontra il bacino secondario di deposito dell’acqua dissalata e poi quello dell’acqua trattata, prima di ritornare al punto di partenza. Anche il lato ovest offre una vista sopraelevata sul paesaggio circostante, dove è possibile scorgere lo svilupparsi della valle di Copiapó, oltre la cortina verde che separa i vigneti dalla strada e dal parco. Per garantire il funzionamento delle aree sportive è stato sviluppato un programma di spazi a supporto che comprende:


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spazi per la direzione sportiva del parco, con uffici e sala riunioni, spogliatoi, servizi igienici e aree di deposito per le varie attrezzature necessarie alle attività sportive. Gli spazi per la direzione sportiva del parco sono ricavati in un nuovo edificio, che sorge vicino all’ingresso visitatori e all’area di deposito delle barche. Il dimensionamento degli spogliatoi è invece proporzionato al numero massimo di sportivi che possano utilizzare contemporaneamente l’area, in base a parametri stabiliti dal CONI. Questo calcolo è stato fatto utilizzando il prontuario del CONI, non avendo trovato alcun documento di linee guida simile sviluppato in Cile. Di seguito si farà quindi riferimento al documento Norme CONI per l’impiantistica sportiva, approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale del CONI n.1379 del 25 giugno 2008. Considerando le aree da gioco presenti nel parco di Bodega, è ipotizzabile una presenza massima di 106 sportivi se tutte le aree da gioco venissero utilizzate contemporaneamente. A questo numero occorre sommare gli utenti che possono usare le piscine. Per calcolare il loro numero si fa sempre affidamento alle linee guida del CONI, dove è dichiarato che l’affollamento massimo di una piscina è di 1 persona ogni 2 m² di superfice d’acqua. Avendo le piscine (olimpionica più bambini) un’area totale di 1.430 m², risulta che il loro affollamento massimo è di 715 utenti. Ad essi vanno sommati i surfisti che utilizzeranno la piscina con le onde artificiali. In totale, si calcola un’affluenza massima di circa 850 persone con riferimento al complesso delle aree sportive del parco. Per il dimensionamento degli spogliatoi bisogna distinguere se essi verranno usati solamente per i campi da gioco o anche dalle piscine. Nel dimensionamento degli spogliatoi di queste ultime, il CONI prescrive 1 posto in spogliatoio ogni 9 m² di vasca. Con un totale di 1.430 m² di superficie delle vasche, risultano necessari 159 posti in spogliatoio. Considerando anche le altre aree da gioco, si è scelto di portare il numero totale di posti in spogliatoio a 200. Così facendo, gli altri sport hanno a disposizione circa 1 posto in spogliatoio ogni 2 sportivi (contro 1 posto ogni 4 nuotatori del calcolo precedente). Dal numero dei posti in spogliatoio consegue il dimensionamento dei numeri di docce, servizi igienici e cabine. Il numero di docce, infatti, deve essere di 1 ogni 3 posti in spogliatoio, mentre i servizi igienici sono 1 ogni 12 posti e le cabine 1 ogni 4 posti. Si giunge


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così a un totale di 18 servizi igienici (ciascuno con un proprio lavabo), 70 docce e 50 cabine. Il CONI prescrive, inoltre, che lo spazio in spogliatoio dove cambiarsi sia di almeno 1,6 m² a persona. Una volta completato il dimensionamento degli spogliatoi, si è deciso di non costruire uno spogliatoio unico, ma di crearne 3, in punti diversi del parco, in modo tale da non avere una distanza tra campo da gioco e spogliatoio superiore ai 300 m. Lo spogliatoio principale si trova nei pressi delle piscine, visto che esse ospiteranno il numero maggiore di sportivi. Si è scelto di posizionare tale spogliatoio sotto la collina artificiale, sul lato opposto rispetto all’infrastruttura di trattamento dei fanghi. Questo spogliatoio ha una capacità di 144 posti, divisi equamente tra uomini e donne. Ciascun settore avrà a disposizione: 24 docce, 6 servizi igienici (di cui uno per diversamente abili), 12 cabine singole e 4 cabine famigliari. All’interno dello stesso edificio è anche presente un ufficio e uno spogliatoio per i bagnini. Lo spogliatoio principale verrà utilizzato anche da coloro che usufruiranno dei campi da gioco posti nel bacino principale di dissalazione. Gli altri due spogliatoi, più piccoli, saranno invece disposti uno vicino all’ingresso e uno nei pressi della piscina per praticare il surf. Lo spogliatoio vicino all’ingresso è pensato per essere al servizio delle aree da gioco del bacino secondario di acqua dissalata e avrà una capacità di circa 36 posti, divisi tra uomini e donne. Si troverà nello stesso edificio dove ha sede l’amministrazione della parte sportiva del parco. Lo spogliatoio più piccolo è invece concepito per essere ad uso esclusivo della scuola di surf, che sorgerà vicino alla piscina con le onde artificiali, in un edificio posto sotto la pensilina descritta nel capitolo 7, paragrafo f, dove trova posto anche una caffetteria.


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214 L’acqua per il parco


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Microcosmo Il parco non sarà solo un luogo dove praticare sport, ma anche un’area dove fuggire dalla città e rilassarsi. Rispetto ai parchi cittadini di Copiapó, Bodega si presenta, infatti, come un caso unico: un area verde con una concentrazione d’acqua sconosciuta alla regione. Per questo si è voluto puntare molto sulle potenzialità dell’acqua all’interno del parco come elemento di svago e ozio. L’acqua è anche il “motore” del parco, ciò che permette la crescita della vegetazione, soprattutto nel bacino dell’impianto di fitodepurazione. La presenza della vegetazione è un altro elemento di richiamo del parco: a Bodega i visitatori potranno ammirare specie animali e vegetali che popolano l’area del fiume Copiapó ma che attualmente sono minacciate dal suo basso livello idrico. Si crea, quindi, un piccolo microcosmo, dove la diversità naturale viene preservata grazie alla presenza dell’acqua. A servizio di questo microcosmo è stato adottato un programma funzionale leggero e poco impattante, in quanto il punto forte


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del disegno parco è la modellazione del suolo per permettere l’accumulo dell’acqua. Come nel caso dei campi da gioco, anche qui l’elemento di distinzione fra le varie tipologie di edificio è dato dal rapporto che esse hanno con l’acqua. Si possono quindi distinguere elementi funzionali che stanno sospesi sopra l’acqua, altri che sono galleggianti, alcuni che sono sempre all’asciutto, mentre altri possono venire allagati in alcuni periodi dell’anno. L’elemento di base di questo sistema per vivere il parco è il padiglione. Esso viene declinato in due formati, 5x5 m e 3x3 m, e viene posizionato in molti punti del parco con funzioni diverse. Vi saranno padiglioni pensati per le grigliate, con tavoli e sedie, altri concepiti per la sosta, con solamente sedute. Alcuni verranno lasciati vuoti per ospitare eventuali mostre itineranti nel parco, o per permettere alle persone di fare ginnastica o semplicemente distendersi all’interno di essi. I padiglioni sono concepiti come un insieme puntuale di luoghi d’ombra, dove il visitatore può ripararsi dal sole e dal calore. Per questo alcuni di essi sono stati posti come punto intermedio di alcuni percorsi che si snodano all’interno del parco. I padiglioni sono realizzati con un telaio metallico composto da 4 colonne quadrate di 20x20 cm e da 4 travi a unire le colonne in sommità. La copertura potrà essere realizzata con pannelli metallici o con tessuto, a seconda degli


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usi e delle esigenze. La maggiore concentrazione di padiglioni è collocata sulla collina artificiale, elemento forte del programma naturalistico del parco, insieme all’impianto di fitodepurazione. Sul versante nord della collina, i padiglioni sono alternati ad alberi per garantire una zona d’ombra nell’area maggiormente dedicata alle grigliate e alle gite domenicali. Sul versante che guarda il bacino principale di acqua dissalata è invece presente l’area gioco per bambini, che si trova a poca distanza dalla piscina loro dedicata. Sulla sommità della collina sono infine presenti una tavola calda e l’area per il campeggio. L’area campeggio è pensata per una fruizione del parco 24 ore al giorno. Sono previste 4 postazioni per tende, separate dal percorso che percorre la sommità della collina da una cortina di vegetazione bassa a cespuglio. Queste postazioni sono posizionate in modo tale da godere di una vista privilegiata verso la parte meridionale della valle di Copiapó, in un luogo che si presta anche all’osservazione del cielo, poiché posto in un’area quasi disabitata e quindi priva di inquinamento luminoso. I campeggiatori avranno la possibilità di entrare all’interno del parco con la propria auto, attraverso l’ingresso di servizio, e


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avranno a disposizione un parcheggio dedicato, a destra della sala di clorificazione. Se i padiglioni sono gli elementi architettonici posti su un terreno asciutto, ve ne sono altri che si trovano sospesi sopra l’acqua o che galleggiano direttamente all’interno dei bacini. Gli elementi sospesi sopra l’acqua sono pensati come punti di osservazione per ammirare l’area dell’impianto di fitodepurazione da una posizione elevata. In questo modo il visitatore non interferisce con la vita animale e vegetale di questo ambiente, ma può comunque osservarla da una posizione ravvicinata. È possibile percorrere l’area della fitodepurazione anche dal livello dell’acqua, seguendo i percorsi secondari che si addentrano nella fascia di terreno tra le vasche. In questi punti sono presenti anche dei padiglioni dove è possibile rilassarsi circondati dalla vegetazione palustre. Nell’ultima vasca di fitodepurazione un pontile sospeso conduce a una piattaforma da cui si può entrare in acqua. Qui si trova infatti una piscina ad acqua naturale: uno spazio delimitato, all’interno della vasca di depurazione, dove è possibile fare il bagno. Il vantaggio di questa piscina, rispetto a quelle descritte in precedenza, è che non viene usato cloro per disinfettare l’acqua,


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in quanto questa azione di pulizia viene svolta dalle piante del sistema di fitodepurazione. Elementi sospesi di osservazione sono presenti anche sopra il bacino di deposito dell’acqua depurata, insieme ad elementi galleggianti che servono anche per l’attracco delle barche che solcano lo specchio d’acqua. Uno di questi pontili galleggianti ospita un ristorante. I punti di ristoro all’interno del parco sono 4, ciascuno posizionato in una zona differente. Un caffè è posto vicino all’ingresso del parco per accogliere i visitatori, mentre l’altro si trova vicino alla zona delle piscine, dove si prevede il maggiore afflusso di persone. Gli altri due punti ristoro sono il ristorante galleggiante già citato e il ristorante in cima alla collina artificiale. In questi luoghi si trovano anche i servizi igienici per il parco. Altri sono presenti nei punti dove si trovano gli spogliatoi. In questo modo si ottiene una distribuzione omogenea dei servizi all’interno del parco, senza creare zone vuote e quindi poco frequentate. Il punto di accesso al parco per i visitatori si trova nell’angolo sudovest, nel punto dove c’era in precedenza l’accesso carraio alla stazione di pompaggio. Una volta entrato, il visitatore si troverà


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subito davanti il telaio metallico della stazione di pompaggio e del serbatoio di accumulo dell’acqua, due elementi infrastrutturali ancora utilizzati che introducono alle attività industriali che si svolgono nel parco e che sono legate alla risorsa acqua. Sempre nell’area di ingresso è presente un’isola di verde, posta su un terrapieno a un metro dal suolo. Essa garantisce una prima zona d’ombra, insieme alla vicina pensilina dove si trovano la caffetteria e il deposito delle barche. Un’altra pensilina simile si trova nell’altra zona dove si prevede vi sia il maggior afflusso di persone, ossia nell’area compresa tra le piscine e il bacino del campo da calcio. Sotto questa seconda pensilina trovano posto un caffè, la scuola di surf e i suoi spogliatoi. L’idea di porre queste pensiline nasce dalla volontà di riproporre il concetto alla base della stazione di pompaggio, ossia uno scheletro esterno permeabile che raccolga al suo interno altre funzioni. La stazione di pompaggio è uno degli elementi infrastrutturali dell’acqua che il visitatore può vedere e visitare. Saranno posizionati dei pannelli esplicativi che spiegano i processi idrici e che rappresentano tutto il sistema d’acqua della valle di Copiapó. Altri pezzi di infrastruttura idrica visibili sono le condutture che affiorano in diversi punti del parco. Anche qui saranno presenti dei punti informativi sul loro funzionamento.


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La connessione tra i vari elementi del parco avviene attraverso una gerarchia di percorsi. Oltre al percorso circolare già descritto, ci sono altri percorsi principali che partono da esso e seguono i bordi dei bacini del parco. Percorsi secondari si sviluppano, invece, all’interno dei percorsi principali o sopra la collina artificiale, nelle aree a maggior interesse naturalistico. Anche in questo caso, vi saranno dei percorsi sempre all’asciutto, mentre altri potranno venire allagati in alcuni periodi dell’anno, come, per esempio, i percorsi che si addentrano nel bacino principale di deposito dell’acqua dissalata per collegare i vari campi da gioco ivi presenti. Si prevede che la quasi totalità dei visitatori raggiungerà il parco di Bodega in macchina, perché la sua posizione periferica non rende facile il collegamento con la città attraverso i mezzi pubblici. Attualmente una linea di autobus raggiunge l’area industriale lungo la Panamericana dalla città, e si può ipotizzare un suo prolungamento fino al parco. Non si ritiene che questo ridurrà di molto la percentuale di visitatori che raggiungerà il parco con la propria auto, sia per la frequenza degli eventuali collegamenti che per l’abitudine radicata nei cileni di usare il proprio mezzo privato.


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Per il dimensionamento dei parcheggi si è fatto ancora una volta riferimento alle indicazioni del CONI, che indicano un posto auto ogni 3 atleti. Considerando un numero massimo di 850 atleti presenti nell’area, si è scelto di creare un parcheggio auto con una capacità di 300 posti. Nel numero di stalli sono considerati anche i visitatori che entreranno nel parco senza voler praticare sport. Secondo i calcoli fatti in precedenza, per i visitatori rimangono teoricamente solo 20 posti auto. In realtà, considerando che un affollamento di 850 atleti sarà molto raro, i posti a disposizione dei visitatori saranno in numero maggiore. Il parcheggio è stato posizionato nei pressi dell’ingresso visitatori, a cavallo della strada sterrata che conduce al cementificio. Non si prevede di asfaltare l’area a parcheggio per evitare il più possibile la creazione di un’isola di calore e per avere un minor impatto ambientale. Tra le file di stalli verrà posta della vegetazione bassa a cespuglio. Il parcheggio per diversamente abili si troverà, invece, all’interno del parco, nei pressi della collina artificiale, vicino al percorso circolare da cui è possibile raggiungere tutto il parco. Per accedere al parcheggio sarà necessario utilizzare l’ingresso di servizio.


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Copiapó, un caso unico?

Il parco idrico di Bodega è una possibilità concreta per cercare di risolvere i problemi idrici della valle di Copiapó. Con questo progetto sarà possibile fornire il 36% della attuale domanda d’acqua della valle tramite acqua dissalata, sfruttando infrastrutture divenute obsolete. Questo nuovo apporto idrico consentirà di diminuire considerevolmente la domanda d’acqua al fiume e ai pozzi sotterranei, permettendone la loro conservazione e tutela. In questo capitolo si cercherà di analizzare i benefici del progetto idrico al di fuori dei due settori che maggiormente ne usufruiscono, quello agricolo e quello urbano. La domanda da cui si partirà è la seguente: quali effetti produce un nuovo sistema idrico all’interno di una regione desertica?

Turismo. Possibilità per infrastrutture obsolete Per rispondere a questa domanda si può partire dall’analisi contraria, ossia capire come la scarsità d’acqua limiti lo sviluppo della regione. Tralasciando i problemi idrici del settore agricolo, che sono quelli più evidenti e anche quelli che il progetto punta a risolvere maggiormente, uno dei settori dell’area di Copiapó che più risente della carenza idrica è il turismo, soprattutto lungo la costa. Il turismo in Atacama non è un settore molto sviluppato, anche se le potenzialità sarebbero alte. In generale, si può dire che il turismo in Cile non è un settore economico di recente sviluppo, in quanto il periodo della dittatura di Pinochet, dal 1973 al 1990, ha isolato il paese dal resto del mondo per molti anni. Successivamente è iniziato un flusso sempre maggiore di turisti stranieri in Cile e col tempo questo


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settore economico ha preso sempre più piede. Uno dei problemi principali che limitano attualmente l’affluenza di turisti stranieri è la posizione geografica del paese, isolato rispetto alle rotte aeree più trafficate. Di conseguenza vi sono pochi voli per il Cile, con poca concorrenza di vettori e prezzi alti. Pur in ascesa, il settore turistico è ancora indietro nella classifica dei settori economici che generano più esportazioni. Si trova, infatti, in settima posizione, con un giro di affari di 2.671 milioni di dollari nel 2014, mentre nello stesso anno il settore minerario ha generato un valore di esportazioni di 41.041 milioni di dollari83. Da questi dati appare chiaro il poco peso che il turismo ha soprattutto nelle regioni del nord, dove è preponderante l’attività mineraria. Un altro aspetto che limita il turismo nelle regioni del nord è la scarsità di collegamenti con la capitale Santiago, dove arrivano la totalità dei turisti stranieri attraverso l’aeroporto internazionale. La regione di Atacama è dotata dell’aeroporto Desierto di Atacama, che si trova lungo la Panamericana, in una porzione di deserto tra la città costiera di Caldera e la capitale regionale Copiapó. Questo scalo serve però solamente voli nazionali da e per Santiago, con solamente 14 voli al giorno (7 in arrivo e 7 in partenza). L’unico altro modo per raggiungere la regione è utilizzare l’autostrada Panamericana che corre dal nord al sud del paese. Il trasporto su autobus è il più usato e sviluppato, con collegamenti con la capitale Santiago che richiedono 10 ore di viaggio. La difficoltà a raggiunge la regione spiega perché attualmente l’81% dei visitatori sia cileno84. Il problema principale del turismo in Atacama rimane comunque la carenza di infrastrutture di base per la fornitura di acqua e di energia elettrica. Con il progetto idrico per la valle di Copiapó si dovrebbe risolvere il problema della carenza di forniture idriche anche per il turismo. Già ora parte dell’acqua dissalata dall’impianto di Aguas Cap viene inviata alla città di Caldera, principale centro turistico della costa. Col progetto descritto in questo volume si prevede che l’intera costa riceva acqua dissalata per i suoi bisogni idrici. Per quanto riguarda la carenza di energia elettrica, si pensa che la maggior offerta futura di energia elettrica, grazie alla costruzione dei parchi solari nella regione, possa permettere lo sviluppo della

83. AA VV, Plan Nacional de Desarrollo Turìstico Sustentable, 2014, Gobierno de Chile, Ministerio de Economìa, Fomento y Turismo, Subsecretarìa de Turismo, Santiago, Chile. 84. AA VV, Infraestructura para la competitividad. El MOP en la promociòn del crecimiento econòmico, 2007, Gobierno de Chile, MOP Direcciòn de Planeamineto, Santiago, Chile.

Desde el punto de vista de la infraestructura pùplica el problema del desarrollo del borde costero està dado por la falta de servicios bàsicos (agua potable y electrificaciòn). AA VV, Infraestructura para la competitividad. El MOP en la promociòn del crecimiento econòmico, 2007, Gobierno de Chile, MOP Direcciòn de Planeamineto, Santiago, Chile., pag. 60: “Dal punto di vista delle infrastrutture pubbliche il problema dello sviluppo della zona costiera è dato dalla carenza dei servizi di base (acqua potabile e elettricità)”.


Copiapó, un caso unico?

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rete elettrica anche nei piccoli centri turistici della costa. Di conseguenza, è presumibile che la combinazione del progetto idrico e dei nuovi parchi solari possa risolvere i problemi che attualmente limitano lo sviluppo turistico della regione. Le aree dove è possibile prevedere un maggiore sviluppo turistico futuro sono la costa, i parchi nazionali, la valle di Copiapó e i siti di archeologia industriale. La costa è da sempre l’area di maggior richiamo turistico della regione. La cittadina di Bahia Inglesa è una delle località balneari più rinomate di tutto il Cile, famosa per la sua spiaggia bianca. Lì vicino si trovano anche la foce del fiume Copiapó, quasi


228 Copiapó, un caso unico?

un’oasi nel deserto, e il sito di Playa la Virgen, una incantevole spiaggia raggiungibile dopo mezz’ora di strada sterrata. Questi sono solamente i punti più belli, ma è l’intera costa a meritare interesse turistico. Il tratto di costa delle province di Copiapó e Diego di Almagro è uno dei più fruibili del Cile, poiché è l’unico tratto del nord del Cile dove l’autostrada Panamericana corre lungo la costa, dalla cittadina di Caldera fino a quella di Chañaral. Questo elemento ha spinto le autorità regionali a dichiarare questo tratto della Panamericana di interesse turistico, con la creazione di punti balneari e pannelli informativi lungo la costa. In questo tratto si trovano anche i dissalatori e i porti minerari di cui si è parlato in questo lavoro. Se i primi vengono reimpiegati a partire dal 2036 come parte integrante per il progetto del sistema idrico ibrido, dei porti minerari non si conosce il futuro. È probabile che continuino la loro funzione attuale se le compagnie minerarie che ne detengono la proprietà continueranno ad avere progetti minerari nella regione che necessitino di una infrastruttura portuale. Altrimenti, verranno smantellati o venduti. Queste installazioni si trovano in punti molto belli e isolati della costa e, alla luce di uno sviluppo turistico futuro, è ipotizzabile il recupero di queste infrastrutture con una destinazione turistica, per esempio con la creazione di piccole darsene dove ormeggiare le imbarcazioni per le escursioni lungo la costa. Procedendo verso l’entroterra, si incontrano invece le varie stazioni di pompaggio. Se si esclude la stazione di Bodega, inglobata nel progetto del parco idrico, tutte le altre subiranno un probabile processo di dismissione una volta che chiuderanno le miniere. Anche queste infrastrutture potrebbero avere una nuova vita, con una funzione totalmente diversa da quella per cui sono state costruite. Nel 2015 in quest’area si è tenuta, infatti, la Dakar, recentemente trasferitasi dal Nord Africa al Sud America. Essa è solo l’ultimo dei grandi eventi per gli amanti del fuoristrada che si sono svolti in questo tratto di deserto. Ogni anno qui si svolge il Raid di Atacama, un evento che attira appassionati da tutto il Cile. Il problema di questi eventi è che necessitano di accampamenti dove potere preparare i veicoli prima delle gare, che molto spesso partono in punti isolati all’interno del deserto. Attualmente questi campi base vengono allestiti nel deserto con notevoli problemi logistici e di approvvigionamento idrico ed elettrico: le stazioni di pompaggio potrebbero diventare dei punti dove costruire i campi base temporanei per questi eventi, in quanto esse sono

Pan de Azùcar, uno dei tre parchi nazionali presenti nella regione di Atacama.

La baia dove si trova Bahia Inglesa: l’area col maggiore potenziale turistico nell’area.


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infrastrutture dotate sia di energia elettrica sia di acqua. Col turismo e gli eventi sportivi è quindi possibile ripensare a un riutilizzo di queste grandi infrastrutture nel deserto al di fuori del progetto del sistema idrico. Una maggiore regolarità nell’irrigazione delle coltivazioni lungo la valle di Copiapó, grazie al progetto idrico di Bodega, potrebbe invece creare un maggior interesse verso l’agricoltura nella valle. Attualmente la valle di Copiapó non gode dello stesso interesse turistico di quelle di Huasco e di Elqui, le altre due valli dove si produce il Pisco cileno. Questo è dovuto a più fattori, in primis la mancanza di distillerie di Pisco all’interno della valle e la maggiore siccità. Se l’interesse internazionale per il Pisco continuerà ad aumentare come sta avvenendo adesso, si può ipotizzare che anche nella valle di Copiapó si costruiscano delle distillerie, attirando il turismo enogastronomico. La stabilizzazione del turismo nella regione di Atacama, grazie alla costanza delle forniture idriche ed elettriche, potrebbe anche accendere l’interesse verso le archeologie industriali presenti in loco. La regione presenta infatti una grande sedimentazione di epoche minerarie che nel corso dei secoli hanno lasciato tracce in molti punti della regione (vedi capitolo 4). In questo paragrafo si è visto come il progetto idrico del parco di Bodega generi benefici che trascendono la semplice fornitura idrica. Questo progetto sfrutta solamente 3 dissalatori dei 21 che sono operativi o in costruzione in tutto il deserto di Atacama. Sorge quindi la domanda se il progetto sia l’unico realizzabile, o se invece sia possibile replicarlo in altre zone del deserto con deficit idrici dove siano presenti dei dissalatori minerari.


230 CopiapĂł, un caso unico? Puerto Viejo, una delle localitĂ sulla costa che potrebbe avere un futuro turistico.


CopiapĂł, un caso unico?

Playa la Virgen, una delle spiagge piĂš rinomate della costa.

231


232 Copiapó, un caso unico?

Il deserto di Atacama ad acqua dissalata Nel capitolo 3 si è già parlato della rilevanza del sistema idrico artificiale nel deserto di Atacama, anche in rapporto a quello naturale già presente. Si vuole ore analizzare le medesime infrastrutture di dissalazione per vedere se siano in grado di rifornire d’acqua dissalata tutti i principali centri urbani presenti nel deserto, nell’ipotesi di un esaurimento delle fonti idriche attuali. Questa ipotesi è al momento irrealistica e si presenta come lo scenario più estremo. Non è però da escludere che molte delle attuali riserve idriche vadano incontro ad un progressivo deterioramento, come sta già accedendo per gli acquiferi fluviali presenti nell’area (a tal proposito si veda il capitolo 5, paragrafo f). Questa progressiva riduzione dell’offerta idrica ha già spinto Antofagasta, Arica e Tocopilla a dotarsi di impianti di dissalazione per l’uso cittadino. È probabile che in futuro vi sia un sempre maggiore ricorso alla dissalazione, visto che si sta parlando di città che sorgono ai bordi di un deserto. Vivere nel Deserto di Atacama, uno dei luoghi più inospitali al mondo, è sempre stata una sfida per l’uomo. Non è un caso che la NASA usi questo deserto per testare i robot che poi vengono inviati ad esplorare Marte ed altri pianeti del sistema solare: qui si trovano, infatti, le condizioni più simili a quelle presenti in quei pianeti. Attualmente nel deserto vivono circa un milione e mezzo di persone, una popolazione che è aumentata molto velocemente negli ultimi decenni grazie allo sviluppo economico derivato dallo sfruttamento delle riserve minerarie. Questa popolazione si concentra in città che sono sorte in altre epoche lungo punti strategici: Antofagasta, Iquique e Arica sorgono lungo la costa, mentre Calama e Copiapó sono state fondate lungo le rive di fiumi, a più di 50 km dalla costa. Queste sono le cinque città con più di 100.000 abitanti e sono quelle che maggiormente possono presentare problemi di natura idrica, poiché vi è una domanda d’acqua molto forte concentrata in un’area limitata. Per vedere se sia possibile rifornire tutte le città di sola acqua dissalata si sono fatte delle ipotesi di lavoro. La prima è che si prendono in considerazione solamente i centri urbani con più di 10.000 abitanti. Nei centri più piccoli si ipotizza che si continuino ad utilizzare le fonti idriche naturali, in quanto

Test di un rover della Nasa nel deserto di Atacama fonte: reddit.com

Chi vive nel deserto di Atacama, in Cile M. Gauthier, R. Pravettoni


Copiapรณ, un caso unico?

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la dispersione di questi centri su di un’area di 180.000 km² e lo scarso numero di utenze da servire renderebbero molto costosa la fornitura di acqua dissalata. La seconda ipotesi è che il consumo idrico pro-capite non venga desunto da dati reali di consumo ma da tabelle di consumo standard. Questa scelta deriva dal fatto che non si possiedono i dati di consumo idrico di tutte le città prese in esame. Inoltre, questi dati potrebbero essere influenzati da periodi di siccità, mentre in questa sede si vuole considerare il consumo idrico in una condizione di normalità. Per questo si è scelto di calcolare il consumo d’acqua di ciascuna città attraverso il parametro dello standard per i residenti secondo la Classe demografica (la popolazione residente), presente nel Piano Regolatore Generale degli Acquedotti del marzo 1967 (Piano Regolatore Generale degli Acquedotti P.R.G.A, disposto dalla Legge n.129 del 4 febbraio 1964 e approvato con D.M. del 16.03.1967). Secondo questi standard, gli abitanti di una città con popolazione compresa tra 10.000 e 50.000 necessitano ciascuno di 200 litri al giorno d’acqua, che diventano 250 l/g/ab per una città con una popolazione tra 50.000 e 100.000 abitanti e 300 per una città con popolazione superiore. La terza ipotesi alla base di questa analisi è che le città sfruttino per primi i dissalatori per usi urbani, se presenti. Successivamente le città andranno a utilizzare l’acqua prodotta dal dissalatore minerario più vicino, per minimizzare i costi derivanti dalla costruzione di un nuovo acquedotto e dal trasporto dell’acqua. Per il calcolo della capacità dei singoli dissalatori, si rimanda alla tavola grafica 3, presente negli allegati grafici. La popolazione presa in esame da questa analisi è di 1.356.018 abitanti, per una domanda idrica di 387.538 m³ al giorno, ossia 4.485 l/s. La capacità di dissalazione totale, installata e in progetto, è di 1.311.898 m³ al giorno. I risultati dell’analisi indicano che è possibile rifornire d’acqua dissalata le città del Deserto di Atacama con più di 10.000 abitanti, con l’eccezione di Taltal e Arica, che non dispongono di impianti di dissalazione vicini con una capacità sufficiente a soddisfare i loro bisogni idrici. Stando al posizionamento dei dissalatori rispetto alle città, è possibile rifornire i centri urbani di 368.577 m³ d’acqua dissalata al giorno. I restanti 18.961 m³ d’acqua al giorno non possono


Copiapó, un caso unico?

85. AA. VV., Anàlisis Integrado de Gestiòn en cuenca del rìo Copiapò, op.cit., pag.14.

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essere forniti a Taltal e Arica perché i dissalatori di quelle zone specifiche non hanno la portata necessaria a soddisfare i bisogni delle due città e gli altri dissalatori si trovano troppo lontani per rendere economicamente sostenibile il trasporto dell’acqua. Dei 368.577 m³/giorno totali di acqua dissalata fornita, 284.429 m³/giorno provengono da impianti di dissalazione già dediti alla produzione di acqua potabile per aree urbane, mentre solo il restante 23% di quantità d’acqua verrebbe fornito da dissalatori costruiti per la produzione d’acqua per attività minerarie. La positività di questi risultati ha incentivato un ulteriore calcolo, per vedere se sia possibile fornire acqua anche all’agricoltura, nelle due valli di Copiapó e Huasco, nella regione di Atacama. Parte di questi calcolo sono già stati considerati all’interno del progetto idrico ibrido per la valle di Copiapó. Inoltre, l’acqua per l’irrigazione viene calcolata tra la quantità d’acqua dissalata prodotta non utilizzata per rifornire le città, le quali hanno la priorità nella fornitura idrica. Per il calcolo della domanda d’acqua agricola si è ipotizzato un consumo medio d’acqua di 0,4 l/s per ettaro, desunto dalla media dei consumi idrici delle aree agricole della valle di Copiapó85. Considerando i dissalatori presenti nelle vicinanze delle due valli, è possibile irrigare con acqua dissalata un’area di 8.250 ha (4.380 ha nella valle di Copiapó e 3.870 ha in quella di Huasco), ossia il 28% dell’area agricola totale di queste due valli. Il volume d’acqua dissalata destinato all’agricoltura è di 285.120 m³ al giorno. In totale vengono destinati 653.697 m³ al giorno di acqua dissalata per le città e l’agricoltura, il 50% della produzione dei 21 dissalatori presenti o in progetto nelle 4 regioni che compongono il Deserto di Atacama. Di essi ne vengono utilizzati 11 per questo scopo.


236 Copiapó, un caso unico?

Il costo dell’acqua e l’energia solare Uno dei problemi che frena lo sviluppo della dissalazione è l’alto costo finale dell’acqua dissalata. Negli impianti a Osmosi Inversa il costo dell’acqua prodotta è determinato per il 41% dall’energia elettrica utilizzata, il 26% da materiale consumato nel processo di dissalazione, il 14% dall’investimento iniziale, il 7% dalle membrane e l’11% da pezzi di ricambio dell’impianto86. Da ciò emerge il peso del costo dell’energia elettrica nella determinazione del prezzo finale dell’acqua dissalata. Il costo dell’energia è un fattore che dipende dalle condizioni locali del mercato energetico. Per esempio, i paesi del Golfo Persico hanno un basso costo energetico poiché utilizzano le loro riserve di petrolio per alimentare le centrali elettriche. In Cile il discorso è differente. Fino a pochi anni fa il nord del Cile produceva energia elettrica esclusivamente attraverso centrali elettriche convenzionali alimentate a combustibili fossili, i quali venivano importati via nave. Negli ultimi anni, invece, si è assistito alla crescita della produzione energetica da fonti rinnovabili, in particolare eolico e solare. Questo fenomeno è già stato descritto nel capitolo 4, paragrafo d, e sta assumendo una rilevanza sempre maggiore. Attualmente nel Deserto di Atacama sono attivi 21 impianti fotovoltaici, mentre 84 sono in fase di progetto, di cui 4 impianti con concentratori solari. Nel 2012 la capacità installata era di 2 MW. In soli quattro anni questa capacità installata è passata a 1.267 MW, con impianti in costruzione per 1.676 MW e progetti approvati per 12.038 MW87 . È presumibile che col passare del tempo tutto il nord del Cile sarà alimentato da energia solare o comunque rinnovabile. Il deserto ha infatti il più alto tasso di irraggiamento solare diretto al mondo e potrebbe fornire energia elettrica a tutto il Cile. Inoltre, questa forma di energia renderebbe lo stato indipendente sotto il profilo energetico, non dovendo più importare combustibili fossili da altri paesi. Se così fosse, è molto probabile un abbassamento del costo dell’energia elettrica nel nord del paese, dovuto non solamente al generale abbassamento del costo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel mondo.

86. R. Clayton, op.cit., pag.38. 87. AA VV., Reporte CIFES, Energìas Renovables en el Mercado Electrico Chileno, 2016, Gobierno de Chile, Ministerio de Energia, CIFES, Santiago, Chile.

Amanecer Solar Cap, impianto solare da 100 MW di proprietà della stessa società del dissalatore Aguas Cap fonte: businessreviewamericalatina.com


Copiapó, un caso unico?

88. V. Dezem, J. Quiroga, Chile has so much solar energy It’s Giving It Away for free, 2 giugno 2016, Bloomberg.com, visionato il 14 ottobre 2016.

Chile has so much solar energy It’s Giving It Away for free V. Dezem, J. Quiroga

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Nel Deserto di Atacama si è infatti assistito a un periodo di forte domanda energetica che ha generato una grande quantità di investimenti nelle energie rinnovabili. Il successivo periodo di recessione del prezzo del rame ha fatto sì che la domanda, soprattutto dell’industria del rame, si sia ridimensionata a fronte di un’offerta che era nel frattempo cresciuta di molto. Ciò ha provocato dei periodi in cui il prezzo dell’energia elettrica da fotovoltaico è sceso praticamente a zero. Nel 2015 questo fenomeno si è protratto per 192 giorni e secondo Bloomerg.com raggiungerà un nuovo record nel 201688 . Questo fenomeno è dovuto anche al fatto che il nord del Cile è separato energeticamente dal resto del Paese, dove si trova la maggioranza della popolazione che potrebbe beneficiare dell’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici del deserto. Per risolvere questa situazione è già in costruzione una rete elettrica che unisca tutto il paese, permettendo la vendita dell’energia prodotta dal nord nel resto del Cile. È probabile che in seguito alla realizzazione di questa nuova infrastruttura di connessione non si assisterà più a periodi di crollo a zero del prezzo dell’energia. La produzione di energia rinnovabile a basso prezzo potrebbe incidere notevolmente sul costo finale dell’acqua prodotta per dissalazione, abbassando il prezzo pagato dal consumatore e rendendo questa tipologia d’acqua competitiva con le altre fonti idriche anche sotto il profilo del costo, complice anche l’alto prezzo che gli abitanti del nord già pagano per l’acqua che ricevono.




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The reader gives more attention to the end of the stories, without considering that it is more crucial to decide how to start. It takes much more to begin than to finish; to create than to destroy89. Álvaro Velasco

89. A. Velasco, op.cit.: “il lettore presta maggiore attenzione alla fine delle storie, senza considerare che è molto più importante decidere come iniziare. Richiede uno sforzo molto maggiore iniziare che finire, costruire che distruggere.”


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Conclusioni

Il fenomeno della costruzione dei dissalatori lungo la costa del Deserto di Atacama è stata un’occasione per gettare luce su quest’area del mondo solo apparentemente disabitata e inattiva. Il deserto è un terreno di sperimentazione, non solamente per i Rover della NASA, ma per tutta una serie di infrastrutture che qui trovano più facilmente collocazione complice l’abbondanza degli spazi disponibili. I parchi fotovoltaici e i dissalatori sono tecnologie diffuse in tutto il mondo, qui però il loro sviluppo ha subito un’accelerazione temporale che raramente si è vista altrove. È come se nel deserto non vi fossero barriere a questi sviluppi e basta un incentivo iniziale a generare una crescita esponenziale, con risultati paradossali come l’energia elettrica a costo zero per un eccesso di offerta. Il deserto è un ecosistema con un equilibrio fragilissimo che diventa sempre più instabile mano a mano che aumenta l’intervento antropico al suo interno. Lo sviluppo minerario e l’aumento della popolazione hanno determinato un consumo sempre maggiore della poca acqua disponibile, mettendo in pericolo l’equilibrio del deserto stesso. A volte, però, l’elemento che causa un problema può determinarne anche la soluzione. È il caso dell’industria mineraria, che ha determinato il rapido sviluppo della dissalazione in Cile. Come si è cercato di dimostrare con questo lavoro, la dissalazione potrebbe essere una soluzione al problema della scarsità d’acqua nel deserto, sopperendo alle carenze del sistema idrico naturale. Il parco d’acqua di Bodega cerca inoltre di coniugare l’anima industriale del sistema idrico coi benefici che una fornitura costante d’acqua può portare nella valle del fiume Copiapó. La soluzione di un sistema idrico ibrido potrebbe essere applicata anche in altre aree del mondo, con l’intento sempre di produrre artificialmente l’acqua che l’uomo consuma e la natura non è in grado di rigenerare. Si tratta, quindi, di considerare i sistemi


242 Conclusioni

industriali alla stregua di un sottosistema ecologico, che possa funzionare in simbiosi con l’intero ecosistema. Nel caso cileno questa soluzione è più facilmente applicabile sia per la grande abbondanza di dissalatori in un’area scarsamente abitata, sia per il fatto che essi sono stati costruiti per uno scopo che probabilmente avrà una durata temporale limitata, rendendo successivamente obsolete queste infrastrutture idriche. La dissalazione non è una soluzione indolore, poiché genera inquinamento e aumenta il costo dell’acqua. In molti casi, però, è una delle ultime soluzioni applicabili, in un mondo che sempre più deve fare i conti con la scarsità d’acqua. “There are also ways of desalinating sea water, and we say, ‘But it costs too much’. This too narrow treatment of the problem never faces the inexorably-evolving and solution-insistent problem of what it will cost when we don’t have the air and water with which to survive.”


Conclusioni

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There are also ways of desalinating sea water, and we say, ‘But it costs too much’. This too narrow treatment of the problem never faces the inexorably-evolving and solution-insistent problem of what it will cost when we don’t have the air and water with which to survive90. Buckminster Fuller

90. Buckminster Fuller, Operating Manual for Spaceship Earth, 1969, chapter six, designsciencelab.com/ resources/OperatingManual_BF.pdf, 14 ottobre 2016: “Ci sono anche sistemi per dissalare l’acqua del mare, e diciamo: ‘ma costa troppo’. Questo modo troppo ristretto di trattare la questione non affronta mai il problema che inesorabilmente ci troveremo davanti e che ci chiede una soluzione: quanto ci costerà quando non avremo l’aria e l’acqua indispensabili per la nostra sopravvivenza”.




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Sitografia

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Tavole grafiche















Grazie a Luca Emanueli, che con molta pazienza ha seguito dall’inizio questo viaggio. Per le chiamate via Skype transatlantiche, per avere sopportato le mie lunghe spiegazioni idrauliche e i miei voli pindarici, che sempre ha saputo come riportare a terra. Grazie a Gianni, per avermi supportato sui dissalatori, per i suoi consigli una volta tornato a casa. Gracias a Ignacio y Arturo, estar y trabajar en UMWELT estuve una esperienca genial que ya extraño. Gracias por las conversaciones sobre las infrastructuras y arquitectura, gracias por todo el ayudo, aprendì algo de nuevo y diferente. Gracias a Pedro Alonso, por su apoyo y ayudo. A sus investigaciones y a Deserta, donde aprendì la magia de Atacama. Sin Deserta esta thesis no seria empezada. Gracias a Miguel Galvez, por el viaje al interior de las infrastructuras energeticas del desierto, por sus consejos y paciencia. Grazie a Massimo Tondello, per i preziosi consigli. Grazie alla mia famiglia, che mi ha riaccolto dopo 5 mesi di assenza e con molta pazienza mi ha sopportato nella stesura di questo lavoro. Grazie ai miei genitori per avermi permesso di seguire questo percorso universitario, in Italia e all’estero. Grazie a mia madre, indispensabile correttrice di qualsiasi materiale. Grazie a mio padre, che mi ha riparato il computer e ceduto il suo. Grazie a mia sorella, che in tutti i modi ha cercato di strapparmi da davanti al computer. Grazie ai miei coinquilini ferraresi, per le giornate passate insieme con la finestra aperta sulle mura di Ferrara. A Corra, per l’ottima cucina, la musica, i motori. A Martina, per le sue chiacchiere sempre udibili e allegre, per le sue revisioni imparziali. Grazie a tutti gli amici che ho conosciuto a Ferrara, alle giornate di nebbia e alle serate al Rosafante. Grazie a Giulia, che mi ha accompagnato nel viaggio in Cile. Alla sua energia e voglia di viaggiare, alla cucina rivelatrice, alle salite insieme a Baròn con la spesa, vera palestra di vita. A Baròn, la casa mas grande de mi vida. A su teraza en frente a el oceano. A Tristan, Antoine, Arnaud, Soren, Monika, Valentina, Carlos, Amara y Luna. Gracias a todos por las bromas y la experiencia bakan. Una buena onda de verdad. Gracias a Carolina y su familia, gracias a la señora Sonia por las conversaciones al calar del sol. Gracias a los amigos de Chile, espero de encontrarnos de nuevo un dìa. Grazie a Gaia, compagna di volata finale a distanza. A Michela. Grazie al deserto.





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