Domenico Domenico Semeraro Semeraro
Aprile sta finendo, lʼaria mite, tiepida, ha allontanato definitivamente lʼinverno. Il 1990 si snoda attraverso il fiume in piena dei mondiali di calcio in Italia. Roma frenetica, irrequieta, corre, brucia, mentre i lavori pubblici intasano, coagulano nelle sue arterie, ed il traffico esplode. Tutto parla di calcio. Nelle auto ferme in coda le stazioni radio aggiornano in tempo reale, nelle edicole i giornali commentano, i bar attraggono clienti con le televisioni sempre accese.
In cronaca però una notizia emerge. Un sacco nero, in una discarica di periferia, uno dei tanti, sommerso dagli scarti nasconde un corpo. 26 Aprile 1990, giovedi, mentre la città segue il suo corso, Domenico Semeraro finisce il proprio tra i rifiuti. La vita irrequieta, sordida, dellʼimbalsamatore di via Castro Pretorio improvvisamente diventa pubblica.
Meglio conosciuto come il nano della stazione Termini, lʼuomo che emerge dalla ricostruzione dei media dividerà lʼopinione pubblica tra lʼessere vittima o carnefice. Domenico il nano, Domenico lʼimbalsamatore, Domenico lʼadescatore di ragazzi di vita attorno a Termini, lungo gli stessi viali dove tanti anni prima aveva incontrato il suo omicida “il poeta”, Domenico ed il suo mondo. Domenico ed il suo passato, tra il lontano 1972 comparsa nel film capolavoro di Lucio Fulci e la strada, tra le giornate passate in laboratorio e le notti in cerca di compagnia. Un mondo intriso di solitudine, sesso, invidia, rancore. E poi lʼamore, il sentimento nato nel suo studio di tassidermia, lʼamore omosessuale, improvviso, folle per quellʼassistente appena diciottenne, la paura di perderlo, vederlo andare via nella sua bellezza, giovane e spavalda. Lʼamore svelato, inebriato di sesso, droga e denaro, denaro non come merce di scambio, come legame.
Quante vite perse tra i vicoli della stazione ha conosciuto Domenico, quante vite per soldi, per una notte, o per unʼora, quanta umanità ha visto passare tra i binari dove ogni sera, a piedi dalla vicina casa, cerca, tra i rifiuti della società, un surrogato dʼamore. Così si consuma la notte, a Termini, tra neon stanchi, ragazzi venduti, barboni, piccoli spacciatori ed ignari passanti.
Ma con Armando è diverso. Armando è entrato allʼimprovviso, nel laboratorio e nel suo cuore, e lì è rimasto, nonostante Samantha, nonostante lei al laboratorio, nonostante la loro relazione, nonostante il figlio, quel figlio, loro,che gli avrebbe cambiato la vita. E lʼamore diventa ossessione, paura, ricatto, sotterfugio, diventa un rapporto a tre, malato. Da una parte lui, Domenico, i suoi 130 cm dʼaltezza, i suoi 44 anni, i suoi soldi; dallʼaltra loro, la loro giovinezza, la loro bellezza, la loro povertà. E poi quel figlio. La vita davanti, la loro vita ancora tutta da vivere, da costruire, da cambiare, dove non cʼè posto per un uomo come lui, un essere consumato, stanco, finito. Un nano.
Niente di più. Un capriccio, una storia da raccontare agli altri, unʼavventura particolare, diversa. Domenico lotta, tesse una trama fitta, subdola, come solo un nano sa fare, si, questo penserà poi la gente, giudicherà con le parole di De Andrè che cantava “un nano è una carogna di sicuro, perchè ha il cuore troppo, troppo vicino al buco del culo”.
Ma lottare non basta, serve solo ad esasperare, forse a spaventare, e la notte del 25 Aprile 1990 Armando soffoca,con un fazzoletto attorno al collo, Domenico. ButterĂ poi insieme alla sua donna il corpo nella discarica. Poco conta chi sia stato ad uccidere, poco conta chi sia il colpevole, chi paga, oltre che con la vita, sarĂ solo lui, da tutti giudicato comunque il solo responsabile, il traviatore delle due giovani vite.
Anche da morto, rimarrà un nano. Nessuna giustizia cambierà le opinioni, nessuno andrà oltre. E poi presto inizierà il mondiale.
Foto e Testi di Andrea Pasta