Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 48) art. 1, comma 2, DCB Brescia
LA VOCE DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA • BRESCIA
MAGGIO • GIUGNO 2010
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VOCE
DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA DI BRESCIA
MAGGIO - GIUGNO 2010
3 Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030/295675-3757965 c/c postale n. 12816252 Nihil obstat quominus imprimatur Aut. del Trib. di Brescia n. 24/69 del 5 sett. 1969 Direttore responsabile: D. Antonio Fappani Tipografia: Alfa - Brescia Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 nยบ 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia
La parola del Superiore
’assemblea del 5 giugno riunisce le Figlie di S. A. dopo la presentazione della Superiora e delle Consigliere elette nei mesi scorsi. Essa si sta manifestando un incontro fraterno ricco di proposte, di desideri e di aspirazioni, che, pur richiedendo un ulteriore discernimento, fanno prevedere una ripresa condivisa di impegno nella fedeltà. Ci affidiamo perciò alla protezione di S. Angela e imploriamo l’assistenza di Maria Ss.ma, la Madre del Buon Consiglio, per ottenere luce e conforto dello Spirito Santo per una buona ripartenza. La Parola di Dio appena proclamata ci offre due buone indicazioni. Il primo brano ci ricorda che gli apostoli si sono preparati ad accogliere “la potenza dello Spirito Santo”, “assidui e concordi nella pre-
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Con Maria, Madre del Buon Consiglio
† Vigilio Mario Olmi
La parola del Superiore ghiera con Maria la Madre di Gesù, insieme ad alcune donne e i suoi fratelli”. E’ sempre così: con Maria ci si dispone meglio a conoscere in quale direzione soffia lo Spirito Santo. Anche oggi le Figlie, diverse per età, compiti e responsabilità, possono trovare nella preghiera la luce e il sostegno per vivere da vere e intatte spose del Figliuol di Dio, fedeli e coerenti, anche in un tempo complesso come il nostro.
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uando gli Apostoli, ricevuto lo Spirito Santo, hanno incominciato a narrare ai presenti le grandi opere di Dio, molti, pur essendo diversi per lingua razza e religione, sono stati toccati nel cuore. Così deve essere per le Figlie: terminata l’assemblea ritornino alle loro case, con l’animo pronto a riprendere con nuovo slancio il cammino di santificazione. Anch’io intendo incoraggiarvi, a nome del Vescovo, che qui rappresento, assicurandovi che vi verrà indicato un percorso coerente con la dimensione diocesana, propria della nostra Compagnia, nel curare lo speciale vincolo che lega le Figlie a Cristo Redentore e Sposo. La Madre del Buon Consiglio guiderà la Compagnia nel suo impegno di testimoniare la novità evangelica propria del carisma di S. Angela. Qualcuna però potrebbe obiettare: Come possiamo pensare a un percorso di rinnovamento e di testimonianza, sapendoci limitate a causa dell’età, della dispersione in diocesi e già impegnate in molteplici compiti e servizi? Ci soccorre l’altro brano: le nozze di Cana. Notiamo subito che la presenza di Maria serve a sbloccare la situazione che sembrava precipitare. Il suo intervento presso Gesù e sui servi preparano il miracolo che solo Gesù poteva compiere.
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La parola del Superiore a Madonna, da noi oggi invocata, sta aiutando le Figlie non solo a prendere coscienza delle loro reali deficienze e della gravità delle sfide che premono dall’esterno, ma anche a ravvivare la consapevolezza del singolare dono ricevuto con la vocazione ad essere spose dell’Altissimo, così da ringraziare il Signore per la predilezione, e per rinnovare la fiducia che egli non le potrà mai abbandonare. E lei stessa si fa nostra interprete, come alle nozze di Cana, presso il suo Figlio Gesù e a noi ripeterà quanto disse ai servi: “Fate quello che egli vi dirà”. Cosa vorrà dirci il Signore? Poiché Egli conosce bene sia le aspirazioni che i limiti della Compagnia, dirà anche a noi: “Riempite di acqua le giare”. In altre parole, Egli ci chiede di fare tutta la nostra parte, poi Lui farà il miracolo. Non dobbiamo aver paura a riempire le nostre giare anche con desideri grandi. Gesù compirà il miracolo di rinnovare la Compagnia e di arricchirla di quei doni che Lui solo conosce essere quelli più adatti a renderla scuola di fraternità e di santità, fermento di vita nuova nella Chiesa e nella società del nostro tempo. Noi non possiamo far altro che portare acqua; se badiamo alle nostre risorse, purtroppo qualche giara rimarrà vuota. Ma possiamo comunque riempirla con una preghiera piena di fiducia, unita alla preghiera di Cristo e della Chiesa, con l’offerta delle nostre sofferenze, unite a quelle di Cristo stesso, specialmente con la partecipazione assidua all’Eucaristia e nella fedeltà alla Regola. La Compagnia è di Gesù, e Gesù attende che tutte portino il loro contributo, la propria fiduciosa preghiera. Sant’Angela per prima ci ha educato a ricorrere a Cristo stesso nei momenti delle grandi scelte e lì far caldissima orazione. Allora, possiamo esserne certi, Gesù interverrà compiendo il miracolo. Ascoltando le indicazioni della Madonna e di S. Angela, siamo sicuri
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La parola del Superiore che lo Spirito Santo ci assisterà interpretando le nostre aspirazioni secondo i disegni di Dio, che sempre intende coordinare ogni cosa per il vero bene di coloro che lo amano. E si constaterà che il carisma di S. Angela è ancora “vino buono conservato fino ad ora”. Con questi sentimenti celebriamo l’Eucaristia. Il Signore tocchi il cuore di ciascuna e ciascuna si renda disponibile a dare il proprio contributo, l’una a fianco dell’altra. Come siete state sincere nell’esprimere il vostro pensiero, ora rendetevi pronte a fare quello che Gesù vi dirà. Siate tutte un cuor solo ed un’anima sola, ravvivando i fermi propositi con semplicità e fiducia. E la Compagnia riprenderà ad essere come lo Spirito l’ha suggerita a S. Angela e affidata alla Chiesa: unite insieme, separate dalle tenebre di questo misero mondo, continuerete a servire sua Divina Maestà. Amen
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La parola della Superiora
l Superiore, nell’Omelia tenuta il giorno della presentazione della Superiora e del nuovo Consiglio della Compagnia, ci ha sottolineato l’importanza dell’amore vicendevole che S. Angela ci invita a realizzare e che vede come segno della benedizione del Signore. Inoltre ha messo in luce il valore dell’obbedienza, soprattutto, riguardo al servizio alla Compagnia. Ha osservato, come - in nome di una obbedienza responsabile- spesso noi perseguiamo progetti di vita personalistici e lasciamo al margine l’interesse per la nostra “famiglia spirituale”. Egli ci ha invitato a saper contemperare le esigenze personali, familiari, e di apostolato - per offrire la nostra disponibilità di tempo e di energie a favore della Compagnia. Inoltre ci ha proposto l’esempio di
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Il momento giusto
Maria Teresa Pezzotti
La parola della Superiora S. Angela, proclamata in occasione dell’anno straordinario indetto per commemorare il 475° di fondazione della Compagnia, PATRONA della nostra Diocesi con i Santi Faustino e Giovita. Il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa dei meriti della nostra Santa Fondatrice è uno stimolo per tutte noi a viverne il carisma e a seguirne gli esempi. Si tratta di lavorare, con buona volontà, per il nostro progresso spirituale e, contemporaneamente, a dare una forte testimonianza apostolica per essere - come dice il Vangelo -“lampade che fanno luce a quelli che sono nella casa”. S. Angela, che amava in maniera speciale la nostra diocesi di Brescia, dalla quale non volle mai staccarsi, nonostante le molteplici sollecitazioni che le venivano da ogni parte, e, perfino da Roma, ci impegna ad essere di esempio a tutti nel vivere una intensa vita di fede, ancorata alla Parola di Dio e alle direttive del nostro Vescovo. Ci invita a ringiovanire la nostra testimonianza apostolica per rispondere alle esigenze del nostro tempo, carico di problemi e di provocazioni. l Vescovo Luciano Monari ci scriveva appunto nella lettera del 19 aprile. “Il mio auspicio è che la Compagnia sappia cercare e trovare le vie per rispondere alle attese del Signore oggi. Il vissuto femminile sta cambiando rapidamente e abbiamo bisogno di donne che siano attente al mondo contemporaneo e, nello stesso tempo, sappiano rendere testimonianza a Gesù Cristo. E’ la sfida che ci sta davanti e che vi auguro di saper affrontare con coraggio e con saggezza. Dio vi benedica!”. Questo è il momento giusto! Il nuovo Consiglio ci ha dato una pista ben precisa. Partiamo con coraggio, confidando nell’aiuto della nostra Santa Madre Angela che ci ha promesso di essere sempre in mezzo a noi, “più viva di prima”; e facciamo nostro il suo stile materno nel porci accanto ai nostri fratelli. E’ una nota tipica della spiritualità femmi-
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La parola della Superiora nile questo amore capace di umanizzare una società appiattita dal materialismo imperante e da una tecnica vuota che vuol sostituire a Dio l’uomo, illudendolo delle sue conquiste. Noi, in ogni ambiente, dobbiamo essere testimoni di speranza. Penso che tutte abbiate letto la circolare stesa dal nuovo Consiglio e che, forse, ha messo in crisi qualcuna... Il nuovo fa sempre un po’paura. Tuttavia non ci dobbiamo scoraggiare. Anzi, le difficoltà, superate insieme, ci aiuteranno a volerci più bene. Molte di voi, personalmente o in gruppo, hanno sicuramente dato delle risposte. E’ vero che è più facile parlare nei piccoli gruppi delle congregazioni che nell’assemblea, dove si può avere un po’ di timore a mettersi allo scoperto, ma vi suggerisco, anche per il futuro, una grande semplicità nel dire quello che pensate. Siamo in famiglia e nessuna deve sentirsi giudicata, ma piuttosto accolta e apprezzata in quel che dice, perchè a ognuna di noi sta a cuore la Compagnia e se fa qualche osservazione è perché la ama. Disponiamoci a collaborare con tutte le sorelle, specialmente con quelle che hanno modi di fare e di pensare diversi dai nostri. La diversità di ciascuna, accolta, con amore, amplierà i nostri orizzonti mentali all’universalità. Se vivremo con questa tensione interiore, Sant’Angela ci benedirà perchè sapremo esprimere, pagando di persona, tutta la bellezza e la ricchezza della Compagnia da lei tanto amata. ***
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on piacere ricordo che il Superiore, S.E. Mons. M. V. Olmi il prossimo 25 c.m. celebrerà il 60° di Ordinazione sacerdotale. A Lui, tutte dobbiamo molto!... E penso sia il desiderio di tutte festeggiarlo degnamente .
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La parola della Superiora Ci sono tanti modi per esprimere la riconoscenza, ma, penso, che, in questo caso, il più bello sia il dono della preghiera espresso con una solenne Celebrazione Eucaristica. Penso che sia bene rimandare all’Assemblea di settembre, a cui tutte cercheremo di essere presenti, la S. Messa di ringraziamento per il bene che ci ha profuso in tutti questi anni. Intanto, ognuna di noi potrà offrire a Lui, secondo le Sue intenzioni, la Santa Messa e tutta la giornata del 25 giugno p.v. e, ogni giorno fino alla data ufficiale, impegnarsi a ricordarlo nella preghiera facendo nostre le parole del Salmo che recita “ Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla!” E’ dolce essere guidati da chi ci ama e si preoccupa del nostro progresso spirituale.
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Alle sorelle ammalate
Sorelle carissime, quanto è confortevole sentirsi unite nella famiglia spirituale! S. Angela ce l’ha promesso:”Essere unite insieme tutte d’un cuore e d’una volontà ,stimandoci e sopportandoci l’una con l’altra in Gesù Cristo.”Non è così facile quanto a dirlo perché il nostro carattere talvolta si ribella lasciandoci un po’ di delusione circa la fedeltà al nostro impegno. La nostra fragilità umana ha bisogno di essere sostenuta; anche alla nostra veneranda età abbiamo bisogno di essere ancora prese per mano come un bambino che si fida della sua mamma, la quale vuole che il suo bimbo cresca sempre più forte e più virtuoso. Una grande Madre ci è stata data: S. Angela ci ha promesso la sua continua presenza: ”… io sarò sempre in mezzo a voi - e ancora – adesso sono più viva di quando ero nel mondo e meglio vedo ed ho care le buone cose che di continuo vi vedo fare e adesso maggiormente voglio e posso aiutarvi.” S. Angela, nella sua concretezza vuole continuare la sua missione di guida materna nella persona della Superiora, la quale abbiamo recentemente confermato: quale madre che ci guida in quel poco cammino terreno che ancora ci è dato da fare. Il punto 77 del Direttorio recita: La superiora …saprà con soave fermezza proporre alle Figlie l’imitazione e la fedeltà a Cristo… far amare la Regola, creare comunione a tutti i livelli, incoraggiare e correggere, confortare e consigliare. Ma come può una Madre far tutto questo se le figlie sono poco confidenti? Forse talvolta crediamo di essere sufficienti a noi stesse, di aver già sperimentato abbastanza la Regola che abbiamo liberamente accol-
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Alle sorelle ammalate to e poi alla nostra età non c’è più bisogno di essere corrette; c’è anche il rispetto umano che ci ostacola: timore di disturbare, di far perdere tempo ecc.. Tutto questo è di grande impedimento alla nostro crescere nella perfezione.. La Regola è il mezzo che ci guida sul nostro cammino: “L’obbedienza quando è fondata sulla carità, è come una grande luce che fa essere buona e accetta ogni opera sua” (Reg. Cap. VIII). Il n. 34 del Direttorio precisa come :l’obbedienza non teme, anzi, esige il dialogo e il confronto… deve essere sempre chiara la convinzione che l’obbedienza deve alla fine essere totale, serena e generosa… . Care sorelle ho voluto meditare con voi questi passi della Regola pur consapevole che la nostra avanzata età pone dei condizionamenti, ma certa che con un po’ di impegno, nel limite delle nostre possibilità, eviteremmo di interrompere quei rapporti familiari necessari alla continua crescita della nostra condizione di anime consacrate al Signore e per esserne degna di essa come fu la nostra santa Madre. Inoltre questa dipendenza non solo servirà a sentirsi parte della nostra famiglia spirituale, ma soprattutto sarà l’occasione di esercitare quel prezioso proposito dell’obbedienza che a suo tempo abbiamo proclamato di voler seguire le orme di Cristo obbediente al Padre. Difatti, l’obbedienza è la virtù che inclina la volontà umana a sottoporsi alla volontà dei Superiori, come rappresentanti di Dio. Nel limite delle nostre possibilità cerchiamo di vivere quel rapporto filiale che favorisce la crescita del nostro reciproco amore, affinché si possa realizzare quel disegno che S. Angela ci ha indicato nella Regola. Unite nella preghiera, fraternamente. Enrica L.
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Approfondimenti
“SCUOLA DI GESU’ CRISTO”: Le nozze di Cana in Galilea
Spiritualità
Fa meraviglia che l’evangelista Giovanni, il redattore più profondo dei quattro che si accinsero a stendere il Vangelo di Cristo, il teologo universalmente riconosciuto, abbia dato inizio all’attività pubblica di Gesù con un miracolo, il primo compiuto, che può sembrare addirittura banale. A un banchetto di nozze, impoverito dalla mancanza di vino generoso che, come recita il salmo, “allieta il cuore dell’uomo” compie un miracolo per inebriarlo ancora di più. Avrebbe potuto scegliere un “segno” più impegnativo per farsi conoscere al mondo! direbbe qualcuno... Ma ciò che conta è il significato di un gesto più che il gesto stesso. Gesù, con quel miracolo, voleva significare l’unione nuziale di Cristo con l’intera umanità: l’amore più intimo, profondo, indissolubile e completo che lega fra loro due persone. Tale è la realtà del matrimonio cristiano. Maddalena Girelli interpreta la presenza di Gesù e di Maria al banchetto nuziale come la volontà di “santificare nella nuova legge quel Sacramento che era già stato istituito da Dio nel Paradiso terrestre fra i nostri primi padri”. E commenta : “Oh, che bontà singolare dimostrò Gesù in quest’occasione! Gli sposi che l’avevano invitato erano poveri e lo prova la scarsezza del vino da loro provveduto per rallegrare la loro mensa; ma essi, nella loro semplicità e rettitudine, meritarono di ricevere le benedizioni di Gesù e di essere favoriti colla primizia dei suoi miracoli”. E’ la benedizione che viene elargita a causa della sua presenza. Magari lo comprendessero molte famiglie del nostro tempo che, per un’avventura cosi grande e seria qual è quella di quanti intendono contrarre matrimonio, ossia
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Approfondimenti giurarsi eterna fedeltà, molto spesso affrontano questa scelta senza la dovuta consapevolezza e preparazione. “Per questo motivo” - sottolinea Maddalena – “nelle famiglie cristiane si hanno a deplorare tanti scandali e si odono tanti lamenti. Molti fanno precedere al matrimonio mille distrazioni, mille licenze, e mille peccati; e non si danno verun pensiero, né degli obblighi sacrosanti che vanno ad assumere in faccia a Dio, nè della preparazione che è indispensabile per ricevere la grazia di questo sacramento.” Quanto siano attuali queste considerazioni lo lasciamo al giudizio dei lettori. Sta di fatto che la situazione critica che la famiglia sta vivendo, rischia il suo dissolvimento, con gravissime conseguenze sotto il profilo etico, sociale, spirituale, e, alla fine, va a detrimento della stessa persona. Nene invita ad una revisione di vita le persone consacrate a Dio, perchè la Signoria di Cristo si diffonda nel mondo intero. “Tu compiangi dinanzi a Dio una sì frequente profanazione che si commette fra i cristiani; ed impara che non vi può essere vera felicità sulla terra, se non v’interviene Gesù con la sua grazia e Maria colla sua protezione”. Ma la Nostra parte innanzitutto da se stessa nell’esaminare la sua condotta e si rivolge a Maria per trovar forza e speranza. Contempla il suo ruolo nel momento più delicato della festa nuziale, quando i giovani sposi avrebbero dovuto arrossire di vergogna davanti agli invitati, se non fosse intervenuto qualcuno ad aiutarli. Allora esclama: “Cara Maria, tutta piena di
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Approfondimenti fiducia, io mi getto ai vostri piedi; e vi espongo umilmente le mie necessità. Molte volte ho invitato anch’io il vostro Gesù di venire a convito nell’anima mia: io non conoscevo la mia povertà; e parevami ch’Egli avrebbe trovato di che rallegrarsi. Ma nell’occasione di provargli l’amor mio, profondendo tutte le mie forze per il suo santo servizio, mi mancò il vino spirituale della carità, che infonde all’anima vigore e perseveranza”. Le viene allora spontanea l’invocazione alla Vergine “che cambi in vino eletto di carità le acque della mia freddezza e negligenza” con quel santo ardore con cui vuole amare Dio e servirlo per sempre. Giuseppina Zogno
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Attualità
entre il Papa Benedetto invita i credenti alla preghiera e alla penitenza per i gravi episodi di pedofilia da parte di religiosi, molti dei quali risalenti a decine di anni fa e la stampa commenta, come suo dovere, sia pure con un’enfasi difficilmente riservata a episodi analoghi, citando protagonisti o accusati, da tempo defunti, è singolare il fatto che, oltre al quotidiano cattolico “Avvenire”, sono poche le testate che si occupano dei religiosi che vengono uccisi nel inondo, e sì che nello scorso 2009 é stato l’anno nero dei religiosi cattolici: 37 sacerdoti, seminaristi, suore, laici sono stati vittime della criminalità che così “risponde” alla logica della solidarietà, dell’accoglienza e della condivisione. Il maggior numero di vittime è registrato in America, seguono l’Africa, l’Asia e l’Europa con un sacerdote
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Sono 37 i religiosi uccisi nel mondo
Don Franco Frassine
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Attualità assassinato. A questo elenco stilato annualmente dell’agenzia Fides deve sempre essere aggiunta la lunga lista dei tanti di cui forse non si avrà mai notizia, che in ogni angolo del Pianeta soffrono e pagano anche con la vita la loro fede in Cristo, come dice il Papa “Nel nome di Cristo oppongono l’amore all’odio, la speranza alla disperazione, il diritto al sopruso”. Diverse le cause che hanno portato alla morte dei 37, tra i quali due italiani: Giuseppe Bertaina ucciso a Nairobi, in Kenia, e don Ruggero Nuvoletto, assassinato in Brasile. Alcuni sono stati vittime della violenza che combattevano nei luoghi del loro impegno pastorale. altri hanno perso la vita a causa della disponibilità ad andare in soccorso degli altri: è il caso dell’ultima vittima in territorio europeo, il prete francese Louis Jousseaume, parroco nei pressi di Tulle e impegnato tra i disabili, aggredito e assassinato proprio da uno degli emarginati che assisteva. Molti sono rimasti vittime di tentativi di rapina o dì sequestro, altri ancora sono stati eliminati solo perché nel nome dì Gesù predicavano l’amore contro l’odio, offrivano la speranza contro la disperazione e usavano il dialogo come strumento per combattere la violenza. Significativa la morte di suor Denise Kahambu, assassinata apparentemente senza motivo da uomini in uniforme entrati nel monastero di Notre Dame de la Charté a Murhesa, nella Repubblica Democratica del Congo, o per il sacerdote e í due seminaristi uccisi in Messico. Così il tragico bilancio del 2009 è il più alto degli ultimi anni. Dal 2001 al 2008 il totale degli operatori pastorali uccisi è stato di 193 persone, tra i quali quattro vescovi. Tra il 1990 e il 2000 lo stesso totale aveva raggiunto il picco terribile di 604 uccisi, un triste record raggiunto soprattutto per il genocidio avvenuto in Ruanda nel 1994, che da solo aveva mietuto quasi 250 vittime tra il personale ecclesiastico. Più incerti, invece, i dati del periodo 1980-1989, durante il quale - ma il dato è considerato per difetto, riferendosi solo ai casi accertati - sono stati assassinati 115 missionari.
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Attualità a Fides, l’agenzia. promossa dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, nel suo dossier sull’attività missionaria nel mondo, parlando delle vittime ha scritto: “Non usiamo di proposito il termine “martiri” se non nel suo significato etimologico di “testimone”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro, e anche per la scarsità di notizie che, nella maggior parte dei casi, si riescono a raccogliere sulla loro vita e perfino sulle circostanze della loro morte. Ma, come ha detto Benedetto XIV, nel giorni di S. Stefano la testimonianza di Stefano come quella dei martiri cristiani, indica ai nostri contemporanei spesso distratti e disorientati, su chi debbano porre la propria fiducia per dare senso alla vita. Il martire, infatti, è colui che muore con la certezza di sapersi amato da Dio e nulla anteponendo all’amore di Cristo, sa di aver scelto la parte migliore”. Franco Frassine
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Cardinal Romero, assassinato il 24 marzo 1980, ha dato inizio alle annuali memorie dei martiri uccisi per la fede.
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Preghiera
Ricevi, o Signore, le nostre paure e trasformale in fiducia. Ricevi la nostra sofferenza e trasformala in crescita. Ricevi il nostro silenzio e trasformalo in adorazione. Ricevi le nostre crisi e trasformale in maturitĂ . Ricevi le nostre lacrime e trasformale in preghiera. Ricevi la nostra rabbia e trasformala in intimitĂ . Ricevi il nostro scoraggiamento e trasformalo in fede. Ricevi la nostra solitudine e trasformala in contemplazione. Ricevi le nostre amarezze e trasformale in calma interiore. Ricevi le nostre attese e trasformale in speranza. Ricevi la nostra morte e trasformala in resurrezione.
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Missioni ad extra
Dalla lettera delle sorelle del Brasile a Fulvia, Lucia e a noi tutte Carissime sorelle, siamo commosse nel comunicarvi la nostra bella festa cominciata con la Santa Messa alle ore 19,30 e terminata alle ore 21,30. E’ stato meraviglioso, il Vescovo è arrivato, in parrocchia, il sabato per accertarsi che tutto fosse preparato per quanto riguardava i riti di consacrazione permanente per me, e temporanea per la Regina; il motivo per cui il Vescovo ha telefonato a voi in Italia, era per chiarire alcuni dubbi sul rito perpetuo. E’ arrivato in compagnia della sua segretaria e di una suora della diocesi. Loro sono state ospiti nella mia casa dove insieme abbiamo organizzato la Santa Messa e i momenti della celebrazione. Finalmente è arrivata la domenica! La Chiesa era stracolma a tal punto
Dalva; momento della professione
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Missioni ad extra che abbiamo pensato a una grande confraternizzazione con tutte le pastorali presenti insieme ai miei familiari e della Regina. A questa condivisione hanno pensato i responsabili delle pastorali che si sono subito date da fare a preparare i banchetti. Solo mancavate voi qui con la vostra gente e con le vostre sorelle! Comunque e per grazia di Dio, siamo riusciti molto bene a presentare tutti i momenti salienti della celebrazione, grazie anche al nostro Vescovo che con entusiasmo ha voluto arricchire la celebrazione e oltre al: - Velo, che la suor Alzira mi ha messo in testa - La consegna della Regola (per Regina) – - I libri delle Ore (a tutte e due) - Le candele (per tutte e due) - La consegna del Crocifisso, solo per me - La firma sul libro della Compagnia Il Vescovo ha benedetto e mi ha messo al dito l’anello della alleanza (matrimonio con Cristo). Il Vescovo ha voluto che preparassimo la storia della nostra vocazione che fu letta in Chiesa; la mia storia è stata letta dalla Alba Lucia, una delle catechiste, e quella della Regina è stata letta dalla prof. Angela coordinatrice della pastorale della famiglia (due amiche che voi conoscete molto bene). Alla fine e con grande gioia, il Vescovo ha benedetto il “baneer (lo stendardo della Santa Angela nostra madre e compagna. E’ riuscito molto bello, vedrete quando manderemo le foto!! Noi abbiamo anche fatto delle foto di tutti i momenti che Gesù ci ha donato in questo indimenticabile giorno, abbiamo fatto delle immagini, tutte da vedere.... Il Vescovo durante l’Omelia ha detto che nessuno può immaginare la sua grande gioia e felicità che lui ha provato in questo giorno, e che mai dimenticherà questo giorno che andrà ad annoverare sul libro della diocesi. Regina ha detto che stava aspettando da tempo questo giorno.
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Missioni ad extra Sorelle, io sono diminuita 3 chili solo per la tanta ansietà! Ma Grazia a Dio (perchè non poteva essere che così) tutto è stato meraviglia. Si sorelle!! oggi abbiamo “guadagnato due figlie di Sant’Angela, la Soccorinha e la Raimundinha del bairro Mangueirao (che voi conoscete) Si! Sorelle adesso cercheremo di conversare con loro a me sembra che siano interessate ad entrare nella congregazione, ma staremo a vedere. La Raimundinha dice che è sempre stato il sogno della sua vita, lavorare per la Chiesa, ma non sapeva come: in questo tempo ha incominciato a prendere in consegna la Chiesetta di Santa Elisabetta nel bairro “alto Soccorro”. Quando riceverete la posta con tutto, fatecelo sapere subito. Siamo molto felici. Intanto ringraziamo tutta la Compagnia di Brescia che sappiamo ha pregato molto per noi. Grazie di cuore e vi abbracciamo tutte. Che Sant’Angela ci accompagni sempre. Dalva e Regine figlie di Santa Angela Merici.
L’abbraccio del Vescovo a Regina
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Echi dal mondo orsolino
Festa di S. Angela alle isole di Barbados (Caraibi) In occasione della festa di Sant’Angela, una scolara della “Scuola elementare di Sant’Angela” ha letto una poesia, che aveva scritto, davanti ad un’assemblea alla quale era stata invitata la Comunità Sant’Angela nostra Fondatrice Una italiana… Angela Merici era il suo nome. Non sapeva come il suo nome sarebbe stato lodato E’conosciuta sotto il nome di Sant’Angela, una sorella per tutte noi. Ci guida e ci ispira- con lei teniamo la testa alta. Ha vissuto sul lago di Garda i sui giovani anni ha conosciuto nella sua giovinezza la tristezza che genera le lacrime ancor giovane, ha perso i suoi genitori dopo la sua amatissima sorella- ma ha posta la sua forza nella preghiera. Giovane donna, ha seguito la Parola di Dio ed ha fatto del suo meglio per far capire la Buona Novella. I poveri, gli affamati ed i giovani ha evangelizzato senza pensare a se stessa,ha aiutato gli altri, con il suo modo d’essere, ha insegnato. Ha fondato, ma non subito, la sua propria comunità. la Compagnia di Sant’Orsola, tale è il suo nome, Serviam, il suo motto vuol dire “io servirò” brilla come la Stella Polare che gli altri osservano.
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Echi dal mondo orsolino Uno spirito di servizio, a noi il conservarlo amare il nostro prossimo, questa è la regola d’oro, amare Dio, l’Onnipotente, perché Egli è sempre là per proteggerci, guidarci, quando noi restiamo saldi nella preghiera. Sant’Angela è nata molto tempo fa ed in un paese lontano ma è conosciuta in tutto il mondo, ancor oggi come una semente divenuta albero, seminata tanto tempo fa stende i suoi rami, che si dispiegano e sono ancora possenti. Ricordiamoci di lei ancora oggi, in un modo speciale per comprendere i suoi insegnamenti, e ciò che essi ci devono dire Ella sarà fiera di noi, quando le nostre azioni saranno buone Seguiamola e viviamo come ciascuna Orsolina deve vivere. Kalaila Pais, di dieci anni della scuola di Sant’Angela
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Echi dal mondo orsolino
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dalle Commissioni
Il Silenzio Esistono due tipi di silenzio: - uno negativo che porta alla rottura del dialogo, alla chiusura egoistica all’ascolto, un silenzio che parla di dolore e di morte; - uno positivo che é accoglienza, pazienza, condivisione, umiltà, altruismo, adorazione, contemplazione. A quest’ultimo tipo di silenzio appartiene il silenzio liturgico. Prima di addentrarci a parlarne dobbiamo avere una chiara idea del significato del termine “liturgia”. Gli antichi già intendevano con questa parola definire i rituali, le feste, gli apparati che richiedevano i vari culti delle religioni. Per noi la liturgia, pur non escludendo l’antico significato, diventa un “segno” della presenza di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo attraverso i Sacramenti soprattutto la Celebrazione Eucaristica, la liturgia delle Ore, non escludendo le forme della pietà popolare quali la preghiera dell’Angelus, del Rosario,della Via Crucis che ci aiutano a rivivere ì Misteri di Cristo. Come si inserisce il silenzio in questo contesto?. Il silenzio é importante come l’azione. Cercheremo di viverlo in modo ecclesiale per sentirci corpo mistico nel CristoCapo. Nei momenti in cui si accoglierà la Parola, durante la celebrazione della Eucaristia, o durante le altre celebrazioni liturgiche, si sperimenterà più facilmente la presenza di Dio. Allora le luci, gli addobbi e i paramenti liturgici saranno non una esibizione di fastosità, ma un aiuto a sottolineare l’azione liturgica che si sta compiendo, come lo saranno l’austerità degli addobbi nelle liturgie che richiamano la Passione e la morte di Cristo. E’ necessario però raggiungere il silenzio interiore, indipendentemente dal ruolo liturgico svolto dal Celebrante, dall’Assemblea e dal Coro. Il cuore allora sarà pronto ad accogliere e a donarsi quasi fosse la cas-
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dalle Commissioni sa di risonanza di uno strumento musicale che diffonde in ogni direzione il suono prodotto dal musicista. Il musicista è lo Spirito Santo e noi diventeremo il docile strumento nelle sue mani. Ecco allora nascere un canto di lode, di supplica o di pentimento. Dice infatti S. Paolo:”Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza”(Rom .8, 26-27). Non dobbiamo perciò preoccuparci della nostra povertà interiore, ma abbandonarci totalmente all’azione dello Spirito Santo che abita in noi. Queste osservazioni, naturalmente, non sono valide solo per la liturgia, ma anche per la preghiera personale, soprattutto per l’adorazione eucaristica che sarà, se unita alla preghiera di Cristo e della Chiesa, lode, intercessione, unione con Dio. Infatti il Vangelo ci parla della incessante preghiera di Gesù, dai quaranta giorni nel deserto fino alla consegna, sulla croce, del suo spirito al Padre. La nostra Madre S. Angela, al capo VI della Regola, fa una sintesi fra la preghiera liturgica e quella personale. “Nella S. Messa si ritrovano, in modo sopra gli altri singolare tutti i meriti della Passione di Gesu Cristo ... Si ricorda che.... se alcuna vorrà lungamente orare, vada nella sua camera ... preghi tanto, quanto lo Spirito e la coscienza le detteranno” Concludiamo con alcune proposte di Dietrich Bonhoffer FACCIAMO SILENZIO - prima di ascoltare la Parola, perché i nostri pensieri sono già rivolti verso la Parola - dopo l’ascolto della Parola, perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi - la mattina presto, perché Dio deve avere la prima Parola - prima di coricarci, perché l’ultima parola appartiene a Dio - solo per amore della Parola La Commissione per la Liturgia
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Cronaca
COSTRUIRE UN SITO INTERNET Un corso per animatori della cultura e della comunicazione Nel messaggio per la 44ª “Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali” il Santo Padre ricorda che “… per dare risposte adeguate all’interno dei grandi cambiamenti culturali, particolarmente avvertiti nel mondo giovanile, le vie di comunicazione aperte dalle conquiste tecnologiche sono ormai uno strumento indispensabile.” Per questo “la rete internet” va sfruttata anche per l’evangelizzazione. Perché un sito Parrocchiale? (e per noi: perché un sito della Compagnia?), Come costruire un sito? Con quali linguaggi? Chi ne è responsabile? Sono gli argomenti che per ben quattro lunedì (l’1, l’8, il 15 e il 22 marzo di quest’anno) sono stati trattati nelle serate che l’ufficio comunicazioni sociali (in particolare il servizio Informatico) della Diocesi di Brescia ha offerto come supporto alle realtà ecclesiali che si avvalgono dei più moderni strumenti di comunicazione, come il sito internet. Ci siamo iscritte al corso in quattro sorelle: oltre a me hanno partecipato Maria Emma Danieli, Valentina Borboni e Giuseppina Verzelletti. Abbiamo certamente capito che avremmo bisogno di qualche ulteriore (e sostanziale) approfondimento, però intanto ci stiamo muovendo (e direi con discreti risultati) in un mondo che ha, insieme a molti limiti, anche grosse potenzialità. Abbiamo imparato che in questo mondo vasto “è importante esserci, bene, con stile e con un progetto”, che sono molti i modelli di sito internet che si potrebbero utilizzare, che c’è un modo straordinariamente interattivo per comunicare (avendo ovviamente qualcosa da
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Cronaca
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Cronaca dire), che bisogna acquisire uno stile comunicativo (le tecniche di web writing); abbiamo imparato cosa sono i blog, le fotogallery, i podcast, lo streaming. Che c’è una responsabilità redazionale per chi mette in circolo notizie e dati; e che per questo motivo c’è anche una responsabilità civile e penale. Abbiamo anche imparato che insieme, possiamo essere uno “speciale” WEB TEAM, se sapremo coordinarci nelle nostre attività, mettendo a disposizione le capacità di ciascuna nello scambiarci notizie ed accrescendo il nostro desiderio comunicativo. Ci serve tutto questo? Si, ci serve perché da oltre un anno (dal febbraio 2009) è attivo nella Compagnia di S. Orsola di Brescia un sito intenet più dinamico rispetto al precedente e che si raggiunge all’indirizzo www.angelamerici.it. In questi mesi il sito è sempre stato aggiornato permettendo in un anno ad oltre 20.000 navigatori web di raggiungerci, visitando le notizie che riguardano Sant’Angela, le sorelle Girelli, le opere della Compagnia, i documenti e le pubblicazioni, e soprattutto le NEWS, cioè le notizie che possono offrire, quasi in tempo reale, la lettura dell’attualità della vita della Compagnia. Questa attività è poco visibile alla maggior parte di noi, che non utilizzano internet come strumento di comunicazione; è importante però sapere che il lavoro in questo settore permette di stabilire dei contatti significativi ed è un canale di “promozione” da non sottovalutare. Ovviamente insieme alla testimonianze personali, all’accoglienza, alla preghiera. E proprio alla preghiera, che soprattutto in questi ultimi mesi tutte le consorelle hanno condiviso, affidiamo l’esito del nostro lavoro, con l’augurio che lo Spirito ci possa ancora sorprendere sulle vie magari a noi poco conosciute e praticate – ma che Lui saprà aprire e fecondare. Giusy P.
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Cronaca
Diario di Casa S. Angela Aprile – Maggio
L’accoglienza in questo periodo di primavera è più intensa. Tramite l’ufficio Missionario Diocesano, abbiamo ospitato 15 giovani Croate accompagnate da Sr. Liliana, Ancella della Carità di Santa Maria Crocifissa, pure lei della Croazia. – Un gruppo di Orsoline tedesche accompagnate da Sr. Genoveva, il giovedì 8 Aprile sono state a Casa Sant’Angela per un pranzo conviviale alla conclusione degli Esercizi spirituali seguiti al Mericianum di Desenzano.
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Cronaca – La Domenica 11 Aprile abbiamo ospitato un gruppo di parenti e amici, per festeggiare la S. Cresima di Letizia una ragazza di 3ª media della città. – 60 bambini della V elementare di Monza hanno sostato in Casa per il pranzo al sacco. Le Maestre sono state sorprese dalla tranquillità della Casa; si sentivano in un altro mondo. – Approfittando della festività del 1° Maggio, si è svolto, per la durata di tre giorni, il convegno della Compagnia di Sant’Orsola Istituto Secolare di Sant’Angela Merici per le Direttrici e le Maestre di formazione, circa cinquanta persone. – Dal 4 all’8 Maggio sono state ospiti le Orsoline dell’Unione Romana, 17 suore provenienti da undici Nazioni:. Australia, Brasile, Croazia, Indonesia, Inghilterra, Perù, Cile, Polonia, Senegal, Slovacchia, Tailandia, tutte giovani, talmente gioiose che, senza volerlo, ci siamo sentite contagiate. – Nel mese di Maggio abbiamo pure accolto alcuni pellegrini della Croazia guidati da Sr . Klaudia Duren delle Orsoline di Vara˘zdin diretti al Sacro Monte di Varallo. Al ritorno, sono stati di nuovo ospitati da Casa Sant’Angela. Valentina B. e le Sorelle di Casa S. Angela
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Tra noi
Tempo d’estate Il periodo estivo, in genere, offre la possibilità di un po’ di riposo: le vacanze (riguardo la scuola), le ferie per chi lavora, non necessariamente si va in montagna o al mare. E’ molto importante imparare a gestire bene il tempo libero! Non è un’eternità che si ha a disposizione, magari solo pochi giorni: una ragione in più per non sprecarli e per viverli in modo intelligente, come occasione di crescita umana e di arricchimento interiore, di vera “RICREAZIONE”, nel senso di ri-creare dentro di noi quella serenità e disponibilità che ci consentano di capire che cosa nella vita è veramente essenziale, e merita di essere perseguito con impegno e sacrificio; e che cosa, invece, è solo mito illusorio e fallace, contrabbandato come indispensabile da chi ha interesse a far credere che valga l’avere più che l’essere, il godere più che il crescere anche per avere più attenzione agli altri.
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Tra noi Le ferie sono un’occasione per crearci spazi di riposo, di silenzio, di preghiera; accogliamo questa preziosa opportunità per riflettere su una espressione o l’altra della Parola di Dio per poi cercare di viverla nel proprio quotidiano. Ad esempio impariamo a salutare con stupore il nuovo giorno che sorge, pregando per ringraziare il buon Dio di un’altra giornata da vivere, assaporando ogni attimo con consapevolezza e viverlo con attenzione, come afferma un grande scrittore contemporaneo che di vita vera si intende, Anselm Grün. “ Mio è l’attimo e se adesso bado è mio il Fattore di anni ed eternità. In quest’attimo Dio mi guarda con amore e vuole incontrarmi in quest’attimo!” E se qualcuno si meraviglia, che non hai mandato in vacanza la preghiera, la fede, la generosità e l’altruismo, non te ne dispiaccia affatto; ma se nessuno si è accorto che sei per incominciare seriamente a preoccuparti, ricordati soprattutto che Dio non va mai in vacanza, ma ti ama in ogni istante della vita. Buona estate! Mariuccia G.
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Un po’ di storia
Come è nata la “nostra” Piazza Mercato Era il giorno di S. Longino, e più esattamente il 15 marzo 1750, quando i cittadini di Brescia assistettero increduli a un episodio funesto che vide quali protagonisti il Conte Marc’Antonio Martinengo da Barco e il Conte Durante Duranti. I due aristocratici, incontratisi nei pressi della Chiesa di S. Clemente e nutrendo una forte inimicizia reciproca fomentata da alcune sgarberie reciproche, si sfidarono prontamente a duello: il casus belli lo fornì il Conte Duranti suggerendo a un servitore di casa Martinengo di abbandonare il suo posto e allontanarsi dal Conte Marc’ Antonio perché personaggio dal passato oscuro e turbolento. Lo scontro vide i due contendenti duellare con la spada attraverso le vie di Brescia fino a quando, all'altezza dell'area che è conosciuta oggi come Piazza Moretto, il Conte Duranti riuscì a ferire mortalmente il proprio avversario che spirò il giorno stesso. L’area in questione era conosciuta dai bresciani fin dall'epoca medievale come la Contrada dei Guazzo o dello Sguazzo: questo buffo epiteto stava a indicare la presenza di un corso d'acqua, il Vaso Molin del Brolo, che attraversava la zona ed era scavalcato da un piccolo ponticello pedonale le cui contenute dimensioni imponevano ai veicoli di guadarne il letto. Soprattutto non esisteva alcuna piazza ma solamente una via sulla quale si affacciavano anonime facciate di case comuni; vi erano però due importanti complessi religiosi come la Chiesa e il Monastero di S. Afra, originario luogo di sepoltura dei Santi Martiri Faustino e Giovita denominato ab antiquo S. Faustino ad Sanguinem, ed il complesso di S. Bartolomeo, trasformato alla fine dei XVII secolo in prestigiosa accademia per l'educazione dei gentiluomini: il noto letterato e studioso del XVIII secolo Gian Maria Mazzucchelli studiò anch’egli fra
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Un po’ di storia queste mura. Un ramo della nobile famiglia Martinengo da Barco nella seconda metà del Seicento costruì, con affaccio sull'attuale via omonima, un tempo Contrada di S. Gaetano, la propria magnifica dimora in stile barocco impreziosita dall'imponente portale con statue attribuite allo scultore Andrea Paracca. Fu solamente in seguito al lascito dei Conte Leopardo Martinengo da Barco alla fine dell'Ottocento che il Comune pensò alla creazione della Piazza, cosi come la possiamo osservare oggi. La volontà di istituire una raccolta di quadri degli artisti bresciani portò alla fondazione della Pinacoteca Civica Martinengo, negli ambienti che furono la residenza della famiglia, alla copertura del Vaso Molin del Brolo e all' abbattimento di alcuni edifici per creare un piazzale di accesso. Queste demolizioni però misero in luce il fatto che non esisteva una fronte rivolta verso la Contrada dello Sguazzo, e fu per questo che nel 1898 l'Arch. Antonio Tagliaferri terminò la realizzazione della facciata in stile neo barocco riproponendo il linguaggio architettonico-decorativo di quella originale su via Martinengo da Barco. L’area, che in questo modo si creò, fu dotata nello stesso anno anche di un gruppo scultoreo di bronzo realizzato da Domenico Ghidoni, noto ed apprezzato scultore bresciano, che rappresentò Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, circondato dall'allegoria della pittura che ci invita alla visione dei capolavori custoditi nella Pinacoteca. Ing. Matteo Pontoglio Facoltà di Ingegneria - Università degli Studi di Brescia (da “Circoscrizione Centro”)
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Le ricordiamo
Turotti Sofia Nata a Capriolo il 28-01-1929 Consacrata nel 1967 – deceduta il 3 Maggio 2010 Ricordando Sofia Anche la nostra carissima Sofia è andata incontro allo sposo. Qualcuna di noi la considerava un po’ scrupolosa per la sua sensibilità e per come parlava e vedeva la sua consacrazione e il suo essere sposa di Cristo, ma forse questo è perché, siamo troppo abituati a trattare anche delle cose più grandi di noi con superficialità. Il suo parroco che la conosceva bene, (e penso fosse anche la sua guida spirituale) al suo funerale così ha detto: “Non vi nascondo che sono stato in dubbio fino all’ultimo: parlare o preferire il completo silenzio, per permettere ad ognuno di noi di ripensare alla sua vita, in tutto esemplare e tirarne le conclusioni. Noi ci domandiamo chi sono i santi. Ne abbiamo un esempio eclatante e non mi meraviglierei se in un domani i superiori iniziassero anche una causa di beatificazione per le sue virtù. Il suo nome “ Sofia” indica sapienza, saggezza. E’ stata sapiente, insegnando a una generazione e più, tante cose e i suoi alunni la ricordavano e la salutavano con affetto e riconoscenza… “La Maestra” E’ stata sapiente come cristiana, innamorata veramente di Cristo e della Chiesa. I Sacramenti erano il fulcro della sua vita, specie la confessione e l’Eucaristia (si confessava tutte le settimane).
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Le ricordiamo Quando faceva da Ministro dell’Eucaristia e distribuiva la Comunione, si riteneva indegna di toccare e distribuire agli altri il Cristo… le tremavano le mani e parecchie volte voleva esimersi da questo compito… ma alla fine obbediva. Sapiente come donna: il suo genio femminile consisteva nel capire, aiutare e consigliare con dolcezza e umiltà le altre persone che ricorrevano a lei o che incontrava per strada. Anche l’autorità civile (Il Comune) l’anno scorso ha riconosciuto i suoi meriti e l’ha premiata. Imitando i santi: S. Angela, S Teresa di Calcutta ecc. si chinava sugli ammalati per consolarli, sui poveri per aiutarli: la Caritas, i suoi missionari bisognosi di aiuto, era molto generosa anche in questo. Sapiente come Figlia di S. Angela, era consacrata a Dio nel mondo, era la sua vocazione e ne parlava con entusiasmo quasi adolescenziale. Ha messo in pratica la vocazione alla santità, il servizio della Chiesa e dei fratelli osservando con gioia i tre voti di Castità, Obbedienza, Povertà.” A noi resta di farne tesoro del suo esempio: della sua sensibilità, della sua disponibilità, della sua umiltà, l’umiltà è la virtù che fa grandi le persone davanti a Dio ma anche davanti agli uomini.
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Le ricordiamo
Mattia Margherita Nata a Paisco Loveno il 18- 09 -1915 Consacrata nel 1946- Deceduta il 10 aprile 2010
Mattia Margherita, conosciuta con il nome di Rita, amava festeggiare il suo onomastico il 22 maggio, festa di S. Rita da Cascia. In Parrocchia ha svolto il compito di maestra d’asilo, di catechista, di sacrista, aiutando o sostituendo poi la sorella Angelina, morta nel 1996, pure lei Figlia di Sant’Angela. Quando poi don G. Maria Botticchio, parroco di Loveno dal 1933 al 1938, si trasferì a Sellero, Rita lo seguì come collaboratrice familiare. Poi svolse anche il servizio di domestica per diversi anni a Milano. Ovunque è stata, ha saputo gestire, non senza una certa diplomazia, tutta sua, le varie situazioni della vita. E’ sempre stata un tipo allegro e gioviale; la sua casa era sempre aperta a tutti, soprattutto ai vari Sacerdoti che salivano a Loveno. Angelina e Rita erano un po’ come Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, sempre pronte ad ospitare Gesù e i suoi amici e godere della loro presenza. Con i suoi parenti ha sempre mantenuto buoni e affettuosi rapporti, nonostante li suo carattere che a volte poteva sembrare autoritario, ma che, alla fine, era solamente bonario. Era donna di preghiera. Anche presso la Casa di Riposo di Malonno, dove passò 11 anni, partecipava sempre alla S. Messa e presiedeva alla recita comunitaria del S. Rosario. Gesù Eucaristia è stato il suo cibo spirituale che l’ha sostenuta nel non sempre facile cammino del1a vita. Rita oggi si trova alla presenza di quel Gesù Eucaristia che, su questa terra, ha tante volte ricevuto, adorato e pregato. Rita è l’ultima Orsolina della nostra Parrocchia di Paisco Loveno:. donne laiche, serve per Amore, che nel silenzio, nel nascondimento,
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Le ricordiamo hanno donato la loro vita alle nostre comunità, vivendo in modo straordinario la loro vita ordinaria. A tutte loro la nostra riconoscenza e il nostro suffragio. Dall’Omelia funebre del Parroco don Santo Chiapparini. Concelebranti don Giacomo Ercoli, don Cesare Isonni, don Domenico Mariotti, don Giuseppe Chiappariní e Padre.Giuseppe Maccalli
Veramente Rita con la sua vita ha testimoniato Gesù suo Sposo con fedeltà e amore. Sono certa che dal Cielo veglierà su tutta la Compagnia che amava tanto. Caterina Mazzucchelli Responsabile di Gruppo
Rita carissima, ci hai lasciati orfani già 11 fa quando sei stata ricoverata presso la Casa di riposo di Malonno. Hai dovuto abbandonare il tuo amato paese, la tua chiesa, il tuo cimitero. Sei stata la mia maestra d’asilo, la mia catechista. Mi hai trasmesso la fede, il dono più prezioso che possiedo, insieme ai miei genitori ed ai Sacerdoti della mia infanzia: una fede non solo raccontata, ma soprattutto vissuta. Sei stata Orsolina, Figlia di S. Angela. Sei stata una “Vergine prudente”. Per tutta la vita hai tenuta accesa la lucerna. E ti sei presentata al tuo Sposo con la lucerna accesa. Ti chiediamo un favore. Quando anche noi ci presenteremo alle porte dei Paradiso, magari con la lucerna spenta, poiché siamo stati “stolti”, tieni socchiusa la porta. Tu, con la tua tipica diplomazia, saprai certamente come convincere il Buon Dio, o S. Pietro, a farci entrare nella sala del banchetto. Grazie di tutto , Rita, e arrivederci. Angelo Filafusi al termine della Messa
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Indice
Indice La parola del Superiore (S. Ecc. Mons. Vigilio Mario Olmi) “Con Maria, Madre del Buon Consiglio” pag.
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La parola della Superiora (Maria Teresa Pezzotti) Il momento giusto
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Alle sorelle ammalate (Enrica Lamberti)
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Approfondimenti Spiritualità (Giuseppina Zogno)
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Attualità Sono 37 i religiosi uccisi nel mondo (Franco Frassine) Preghiera
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Missioni ad extra
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Echi dal mondo Orsolino
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Dalle Commissioni
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Cronaca Costruire un sito internet (Giusy P.) Diario di casa nostra
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Tra noi Tempo d’estate (Mariuccia G.)
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Un po’ di storia Come è nata la “nostra” Piazza Moretto
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Le ricordiamo
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Aldo Ungari Inizia la pubblicazione a puntate di alcuni racconti “fantasiosi� liberamente ispirati alla vita di Mons. Luigi Fossati, Superiore della Compagnia dal 1961 al 1981
DON LUIGI E GLI SPIRITI Nomi luoghi e tempi rigorosamente veri
Inserto -“Don Luigi, la cena è pronta” -“Si, mamma, vengo subito”. Quel subito voleva dire dieci minuti, lo sapeva benissimo mamma Amalia che versò mezzo litro di latte munto da poco nella scodella grande e continuò a rigirare nel paiolo la polenta, ormai quasi cotta. La cascina “Il Giuseppino” era ai margini della Volta, piccola frazione rurale di Brescia. Due pilastri in pietra di Botticino sostenevano il cancello, sempre aperto e immettevano nell’aia. Abitava lì la famiglia del giovane prete, curato dell’oratorio a quasi un chilometro dalla chiesa parrocchiale. In quella fine di novembre del 1926 il gelo aveva già steso le coperte di galaverna sui campi e mentre Amalia cuoceva la polenta la nebbia saliva dai fossi nei quali l’acqua di risorgiva scorreva quasi tiepida al confronto delle gelide zolle indurite e nere. La polenta sbuffava piccoli getti di vapore da coni vulcanici in miniatura e Amalia pensava a quando il suo Luigi era piccino. Sganciò il paiolo dalla catena del camino e spaiolò la polenta sul tagliere. Il giovane prete, fresco di messa, benedisse la mensa e iniziò a gustare, soddisfatto, quei buoni cibi genuini. Era quella la cena che preferiva ed il suo bel volto dai chiari occhi celesti, lo esprimeva schiettamente. La mamma, come il solito, aveva già cenato e sedette su una piccola sedia accanto al fuoco. Guardava compiaciuta il figlio e pensava a quando era andata , qualche giorno dopo il matrimonio con Giuseppe, a prendere Luigino in una cascina della Bassa dove il bambino era stato messo a balia. Vittoria, la prima moglie di Giuseppe era morta di parto. Faceva freddo anche allora alla Bassa. Lei di piccola statura, il marito alto e ben vestito, erano arrivati con la carrozza messa a disposizione dai conti V. Un nugolo di bambini l’assediarono e scambiarono Giuseppe, cuoco dei nobili, per un conte. “C’è qui il conte! C’è qui il conte! Urlavano infagottati in indumenti sbrindellati più simili a stracci che ad abiti.
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Inserto Lei no, minuta e un poco timorosa, anche se in testa aveva un cappellino di lapin nero, non fu scambiata per nobile, guardata anzi con un certo sospetto. Amalia ricordava, e ancora si commuoveva, quando prese fra le braccia quel bambino di nove mesi bruttino e rachitico con le gambette ad arco e la testa troppo grossa. Dovette quasi strapparlo alla bàlia, un po’ stupida, un po’ avida e di una povertà così ampia da sconfinare nella miseria. Giuseppe intanto regolava col bàlio il “conto” aggiungendovi una abbondante mancia in denaro e in cibo. *** Don Luigi aveva terminato la cena con tre noci ed un pezzo di pane:leccornia degno di un pranzo di nozze. “Mamma devo andare alla riunione del Circolo dei giovani dell’Azione Cattolica”. La mamma già sapeva. “Fa un freddo d’inferno. Ti ho preparato il mantello pesante” disse indicandoglielo. “Grazie”rispose il figlio che con un gesto teatrale vi si avvolse quasi due volte, tanto era ampio. “Non tenerli troppo fuori casa, i giovani e non parlar male del Duce, questa volta! Sta attento perché quelli del fascio hanno già pronto l’olio di ricino! Sapeva tante cose mamma Amalia. Le donne della Volta la tenevano informata. Lei, poi, quando andava a far spesa nelle bottegucce della contrada e al mercato captava tutto quanto riguardava il figlio. Don Luigi seminava nelle coscienze dei giovani i principi sacrosanti della libertà, della giustizia e della democrazia. Preparava così uomini dalla spina dorsale diritta e non certo canne sbattute dal vento. Molti li avrebbe ritrovati accanto negli anni della Resistenza. “Non preoccuparti, parlerò di san Giovanni Battista, siamo ormai in avvento”.
IV
Inserto “Oh, figlio benedetto!” Esclamò la mamma. La voce era per nulla benedicente e tradiva una giustificata apprensione e continuò: “Lo so. Fai presto tu a passare dal Battista che rimprovera Erode al dovere di opporsi a quel testone del duce! Ai giovani parla piuttosto di san Luigi,”. Il figlio sorrise e le disse: “Farò un po’ tardi, non aspettarmi in piedi, il rosario lo dico un poco nell’andare e un poco nel tornare”. ***** La strada era fiancheggiata da grossi nodosi e nudi gelsi privi di rami e ramaglie. Tronchi in letargo e quasi si sarebbero detti senza vita. Solo uno, chissà perché allungava nella nebbia sottili lunghi rami adunchi. Don Luigi avanzava con passo sicuro e sgranava la corona del rosario tenendola in tasca della tonaca per il freddo. Tutto era nero. Una misera lampadina faceva un po’ di luce smorta ad indicare, poco lontana, l’osteria del Grigio sul cantone dove la strada incrociava la provinciale per Cremona che al posto dei gelsi aveva i paracarri. Il giovane prete prese a destra in direzione della chiesa, lasciandosi alle spalle l’osteria e tornando nel buio pesto. Fatto un tratto di strada, appena superato il cimitero, Don Luigi si avvide che nei pressi del cancello della villa Passerini c’era una massa scura formata da tre persone intabarrate e fra loro accostate. Doveva per forza passarvi accanto dopo non molti passi. Non aveva paura ma non era nemmeno tranquillo e vide uno dei tre, quello centrale, dare una gomitata al compare di destra, come per dire: “E’ lui”. Lo sgomitato dalla tasca del pastrano tirò fuori qualcosa alzandola e agitandola. Nonostante il buio don Luigi intravvide una bottiglia. Non vi era dubbio, la spedizione punitiva era lì pronta con l’occorrente, l’olio di ricino innanzitutto. In quel momento dal viale della villa arrivarono due traballanti fasci luminosi e il rumore a singhiozzo della “ Fiat 509” del conte. L’autista, nero anche lui dal berretto agli stivali, scese per aprire il cancello.
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Inserto I tre se ne andarono senza fretta, con gesti eloquenti per dire “torneremo”. Don Luigi li vide quel tanto che bastò per riconoscerne uno, quello che aveva sgomitato. Il giovane fino ad un anno prima aveva frequentato la parrocchia ma don Luigi mai ne disse il nome. Gli altri quasi certamente venivano dalla città. -“Buona sera, reverendo”. La voce uscì dall’auto. -“Bona sera, signor conte”. -“Credo l’abbia scampata bella. Ne sono contento anche se l’ho aiutata del tutto involontariamente. -Io sono contrario alla violenza verso i ministri di Dio”. L’auto ripartì con piccolo sussulto. -“Grazie, comunque” rispose forte don Luigi riprendendo a camminare svelto. Poco dopo fu raggiunto da Masserdotti in sella alla vecchia “Dei”. -“Don Luigi, che fa? L’armistizio col conte”? -“Non ne condivido le idee ma è un cristiano come un altro”. *** I giovani del circolo del Sacro Cuore erano in gran fermento e discutevano fra loro animatamente. Non di politica, e nemmeno degli scontri fra lavoratori e padroni, ma di ... spiriti! Come don Luigi si affacciò alla porta lo investirono di domande e richieste contrastanti. “Lo dica lei che gli spiriti esistono”! Vociò Zambonardi. “E’ vero che i morti qualche volta si fanno sentire?” Chiese Filippini. “Sono tutte stupidaggini! I morti son morti e non parlano più”! sentenziò Conter. “I massoni fanno le sedute spiritiche e, anche se Chiesa lo vieta, gli spiriti parlano tramite la medium” affermò Firmo che studiava a Milano. Don Luigi era rimasto in piedi sul primo dei tre gradini che scendevano nella stanza e dominava il folto gruppo. Rapidamente il vociare
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Inserto smorzò e si fece silenzio. Il giovane prete teneva sulle spalle il mantello aperto ed ampie pieghe morbide scendevano a lambire il gradino di pietra. I giovani lo guardavano dal basso all’alto, come fosse sul pulpito ed pareva più imponente del prevosto col piviale. Il duce, il fascio, gli squadristi, l’olio di ricino, erano stati spazzati via dai discorsi sugli spiriti e non si capacitava ché i giovani si accalorassero tanto. Lo capì presto perché Zanola, il presidente del circolo disse:”Stavamo discutendo di spiriti perché Carlo Magher ha scommesso con Marco Bogia che domani notte andrà a dormire nella stanza degli spiriti per dimostrare che non ci sono e se ci sono non ne ha paura”. Don Luigi una sola volta e vagamente aveva sentito dire qualcosa di quella stanza. -“Dove sarebbe questa stanza degli spiriti”? Chiese incuriosito. -“Ha presente la chiesetta delle rogazioni alla cascina Brolda, vicino a dove abito io? Disse Zanola. -“Si” -“Accostata c’è una casetta, due sole stanze , una sotto e una sopra,ci viveva un calzolaio di nome Romano. Sotto aveva la bottega, che era anche cucina e sopra la camera da letto dove dieci anni fa è morto improvvisamente, senza sacramenti. Viveva solo. Nessuno l’aveva mai visto in chiesa, né la domenica mattina perché lavorava,come quasi tutti i calzolai, né in altre occasioni. Scalvini, che anche lui abitava vicino alla Brolda, lo corresse:”Una volta mio padre l’ha visto a un funerale”. Zanola continuò :”Non aveva parenti e la casa è rimasta là com’era, con la porta e le finestre sempre chiuse. Le chiavi le tiene il fattore della Brolda. Romano era un tipo strano, bravo nel suo mestiere, ma con la la mania delle vecchie carte di musica: ne aveva la casa piena. Attaccato alla parete della bottega c’era uno strano strumento a corde fatto a triangolo. Qualche volta dal-
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Inserto la sua camera si sentivano dei pezzi d’opera: doveva avere un grammofono a manovella e un altro strumento.” “E’ vero, le ricordo anch’io le romanze” interruppe di nuovo Scalvini che aggiunse “Mia mamma una volta gli aveva portato del brodo in camera perché era ammalato e ha visto anche un armonium”. Don Luigi fece segno ai giovani di sedersi come fece lui stesso. Il presidente del circolo poté continuare:”Tre anni fa una sera molto tardi è arrivato alla Brolda un pellegrino. Erano già tutti a dormire. Il fattore non voleva mandarlo via ma non si fidava a farlo entrare. Gli disse che poteva dormire nella casa del calzolaio e gli diede la chiave. Ma dopo neanche un quarto d’ora il fattore lo sentì urlare. Scese e lo vide scappare dicendo che c’erano gli spiriti”. “Tutto qui”? Disse don Luigi. “No”, disse Anni: “Piero Porcarol dice che una sera sotto la finestra della casa degli spiriti del tutto chiusa ha sentito Beniamino Gigli cantare “Che gelida manina”. Tutti in coro fecero: “Ohhh...non per esprimere meraviglia ma incredulità e qualcuno disse: “Piero Porcarol,.. è ubriaco alla mattina presto”! “Ma il maestro non beve, e ci crede...”disse uno “ Perghem , il cavatore di sabbia, ha resistito solo due ore in quella stanza ” riferì un altro. “Sono tutte chiacchiere, io non ci credo per niente” aggiunse un terzo e tante altre voci si levarono contrastandosi e accavallandosi tanto che nessuno più capiva nulla. A questo punto punto don Luigi si alzò e sentenziò: “Zanola e Apostoli sono incaricati di seguire la sfida fra Magher e Bogia: ci riferiranno la prossima volta. Ora parliamo di Giovanni Battista il precursore”. ***
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Inserto Mamma Amalia aveva ovviamente disubbidito: aspettò levata don Luigi. Appena uscito il figlio portò la mezza polenta rimasta alla vicina di casa, vedova con due bambini. Cucinava sempre la polenta più grossa del necessario per poterla donare, spesso unendovi qualche uovo o un poco di lardo. Iniziò poi a rammendare le calze. Quante decine ne aveva consumate il suo Luigino e come fosse monello a scuola e non solo a scuola ma anche in chiesa! Amalia ce lo aveva portato fin da piccino e sui sette anni gli aveva insegnato in latino, un poco addomesticato, le formule per “servir” messa. Il bambino aveva nove anni quando qualcuno gli regalò una piccola trottola in legno, chiamata in bresciano “pirlo”. Occorreva una certa abilità per farlo girare vorticosamente con piccoli e ben mirati colpi di frustino. Luigino era bravissimo. Una mattina, già vestito da chierichetto, giocò col pirlo in sacrestia mentre il vecchio prete indossava il camice. Disgrazia volle che la piccola trottola finisse fra i piedi del vecchio che già l’aveva rimbrottato. La voce pareva venuta su da una delle tombe che lastricavano il pavimento:”Non si gioca in questo luogo sacro”! Il prete si chinò con qualche difficoltà e fece sparire il pirlo in una smisurata tasca della tonaca. Il bambino a testa bassa precedette il prete verso l’altare. -“Introibo ad altare Dei”. -“Ad Deum qui laetificat juventutem meam “rispose Luigino pensando al pirlo. A mamma Amalia,inginocchiata nel primo banco, non era sfuggito il broncio del bambino. Al momento dell’offertorio Luigino invece di portare il vino non si mosse. Il prete gli fece un energico cenno. Lui rimase impalato e sussurrò qualcosa che Amalia non capì. Il vecchio celebrante brusco:-”Portami il vino”! -”Dammi il pirlo!”
IX
Inserto Il sacerdote non voleva né poteva abbandonare l’altare. Mai sarebbe sceso dall’altare per prendere da sé l’ampolla. A voce più alla e irata intimò:”Portami il vino”! “Prima dammi il pirlo!”. Il vecchio dovette cedere e la Messa proseguì senza altri inciampi. “Ite, missa est”. “Deo gratias”disse il bambino togliendosi tonachetta e andandosene di corsa a giocare. Amalia allora avrebbe voluto sprofondare, ora sorrideva indulgente. Depose ago, filo, uovo di legno e calze rammendate. S’alzò, staccò da un chiodo la corona e iniziò a recitare il terzo rosario della giornata. Appena da lontano intravvide don Luigi, spense la luce si ritirò tranquilla in camera sua. *** Magher scelse la notte di luna nuova per sfidare gli spiriti. Alle nove di sera davanti alla casetta si diedero appuntamento alcuni giovanotti fra cui ovviamente chi doveva dar prova di coraggio e chi sarebbe rimasto a controllare. Arrivarono anche Zanola e Apostoli, come osservatori . La vittoria l’avrebbe sancita l’aurora perché gli eventuali spiriti dei morti si sarebbero fatti vivi la notte. Bogia aprì a fatica la porta e Magher entrò. Chiuse dall’interno il catenaccio e con spavalderia augurò agli amici una sonora “Buona Notte”. Gli amici, avvolti nei mantelli,sedettero ben stretti per protegersi meglio dal freddo sui gradini della chiesetta fumando qualche sigaretta e chiacchierando a voce sempre più bassa. Un paio se ne andarono dopo un paio d’ore ed altri due verso mezzanotte. Pareva ormai che Magher stesse vincendo. Le volte precedenti gli spiriti erano stati più solerti. Poco dopo mezzanotte gli amici rimasti però udirono un rumore sordo, come di tonfo provenire dalla casetta. Si assieparono davanti al-
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Inserto la porta e sentirono scricchiolare la scala di legno sotto i pesanti e accelerati passi di Magher che tirato il catenaccio si lasciò alle spalle porta e amici sparendo nel buio. Per molti giorni non si vide in giro. Andare a dormire nella casa degli spiriti era ormai una prova di coraggio maggiore di quella di affrontare senza arma alcuna un toro fuggito dalla stalla. Nei giorni successivi altri due giovani, che ambivano essere considerati impavidi, tentarono l’impresa: il più valoroso vi rimase tre ore. *** Zanola e Apostoli riferirono ai giovani del circolo del Sacro Cuore. Il dubbio che in quella casetta gli spiriti davvero dimorassero si dilatava. A don Luigi spiaceva soprattutto che molti parlassero a vanvera sui temi dell’aldilà, del giudizio divino, della preghiera di suffragio, della purificazione dell’anima ed altri temi simili. Fece ai giovani una lucida esposizione della dottrina della Chiesa su tali argomenti ma alla fine più d’uno disse:”Però nella casa degli spiriti”... Don Luigi a quel punto lasciò libero il suo temperamento impulsivo ed il carattere esplosivo:” Nella casa degli spiriti andrò io a dormirci”! Un colpo di cannone non avrebbe rintronato tanto e quell’annuncio improvviso quanto imprevisto mise tutti k.o. A don Luigi non interessava essere considerato coraggioso, lo aveva già dimostrato in altre occasioni , gli premeva far piazza pulita di quel tarlo subdolo e pericoloso che si era insinuato in alcuni e tentava di penetrare in molti. Nell’aula si fece un silenzio intenso, pieno di meraviglia e ammirazione e Don Luigi lo ruppe: “Vi andrò domani notte”! ***
XI
Inserto Qualche ostinata chiazza di neve ricopriva lembi di campi ed altra neve, accumulata lungo il muro perimetrale della Brolda ricordava che il freddo persisteva e attendeva i rigidissimi giorni della merla per acuirsi. I pesantissimi scarponi con una sfilza di ganci metallici per i lacci e le grosse suole chiodate facevano scricchiolare la terra congelata. Alle nove in punto don Luigi varcò la soglia della casa abitata dagli spiriti. Aveva portato con sé il breviario ed una torcia elettrica. Alcuni giovani e meno giovani si erano radunati nelle vicinanze. La stanza più che squallida era disordinata, dava il senso di un laboratorio improvvisamente abbandono e nell’insieme ricordava un fondaco da rigattiere. Il decennale strato di polvere grigiastra e uniformava ogni cosa. Don Luigi recitò compieta poi fu attirato dalla balalaika di grosse dimensioni. Ne grattò le corde producendo un suono tutt’altro che melodioso e la depose sul tavolo. Salì in camera per coricarsi e si tolse solo gli stivali il mantello e la tonaca . Questa la appoggiò su una sedia, il secondo lo stese come ulteriore coperta, sopra il copriletto di piqué dal lungo bordo traforato all’uncinetto e lunghe frange. Gli scarponi li allineò accanto al letto, parzialmente coperti dalle frange. Spense la luce e si ficcò sotto la coperta di lana sulla quale era steso un copriletto di cotone a sua volta ricoperto dal mantello di panno. Il gibboso materasso dalle molle rotte tentò di ribellarsi a don Luigi mentre la rete metallica, troppo allentata, lo accolse rilassata. Meno rilassato era don Luigi. Il vento smuoveva il telaio dei vetri facendoli vibrare, le imposte producevano strani rumori e volevano ribellarsi ai cardini, e il letto, ogni volta che si muoveva, aveva qualcosa da ridire. Finalmente prese sonno, il lieve sonno che non fa riposare. Dopo un po’ di tempo, fu svegliato da un suono. Era la balalaika! Cominciò a impensierirsi. Brevi momenti di silenzio erano seguiti da altri con le corde vibranti. Accese la pila e con le pesanti calze di lana scese a passi felpati alcuni gradini finché poté illuminare il tavolo e lo strumento. Un criceto si divertiva, nel buio, a gironzolare nella cassa della balalai-
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Inserto ka! Scese senza più precauzioni e l’animaletto fuggi. Tornato a letto vi rimase con gli occhi aperti. Aveva perso il sonno e per riagguantarlo rimase immobile regolando ritmicamente il respiro. I pensieri si fecero confusi e stava per riaddormentarsi quando cominciò a sentire un rumore di carte smosse, come se qualcuno sfogliasse un salterio di pergamena. Anzi erano due i libri sfogliati perché sentiva distintamente i rumori da due differenti direzioni. Sedette sul letto, allungò una mano sull’ interruttore a pera e accese la lampadina elettrica che illuminava poco più delle fiammelle davanti le lapidi del cimitero. I rumori smisero immediatamente. Spense e subito le carte ripigliarono a muoversi. Riprovò: esattamente come prima. Il cuore cominciò a battere veloce. Allungò la pausa di buio e i fogli venivano smossi in continuità. Accese allora la pila e ruotò il fascio tutto attorno ed ecco che nel colpire un grosso pacco di carte da musica quel rumore cessò. Ruotò in altra direzione: cessò il secondo ma ripigliò il primo. “Lo spirito” si pigliava gioco di lui! “Devo star calmo”. “Devo ragionare”. Il cuore però non ragionava, batteva più veloce. Accese la debole luce della lampadina elettrica e entrambi i rumori cessarono. Scese dal letto e con la pila accesa ispezionò la parete dove stavano accatastate da cima a fondo centinaia di spesse carte da musica. Il fascio di luce cadde su una lunga salamandra ipnotizzata. Dall’altro lato sorprese la seconda anch’essa abbagliata dalla luce. Un lungo sospiro concluse la caccia e la cacciata delle bestiole. “Posso tornare a letto, finalmente”. Ma prima di farlo smosse tutte le carte, fece un poco di baccano, aperse cassetti, ispezionò l’armonium, controllo le finestre, ribaltò gli indumenti dell’armadio. Se ci fossero stati altri animali li avrebbe visti e comunque fatti sloggiare. Nessun gatto nero, nessun gufo, nessun pipistrello, nessun altro animale, salvo pulci. Chiuse la porta che immetteva sulla scala e si infilò di nuovo sotto il triplice strato formato dal mantello, dal copriletto e dalla coperta di lana. Spense la luce. Si girò per mettersi sul fianco destro ma le co-
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Inserto perte non lo seguirono! Questa volta la paura arrivò sul serio. Gli spiriti avevano dunque giocato fino ad allora con animaletti innocui ma ora si presentavano direttamente? Prese con entrambe le mani il copriletto e lo tirò lentamente. La forza sarebbe stata normalmente più che sufficiente per smuoverlo. Non si mosse. “Qualcuno” lo tratteneva! Anche per fuggire aveva bisogno della luce. Allungò di nuovo la mano sull’interruttore e la accese. Si girò lentamente dalla parte degli spiriti e con apprensione sporse il capo verso il pavimento. I pesantissimi scarponi si erano incredibilmente e inestricabilmente ingarbugliati nelle frange del copriletto e nella fodera scucita dell’orlo del mantello! ***** Alle otto del mattino, bello come il sole, uscì avvolto nell’amplissima cappa e come un cavaliere d’altri tempi senza macchia e senza paura passò in mezzo alla piccola folla strabiliata tanto più che non pochi avevano sentito colpi, rumori e suoni in quella notte da quella casa. Alla Volta gli inquieti spiriti sparirono per sempre. Ancora oggi però qualcuno dice che nella casetta del miscredente gli spiriti c’erano e fu don Luigi a dar loro la pace.
Fine A richiesta seguono altri episodi se vengono forniti adeguati ricordi scritti o orali.
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Impaginazione di Paolo Bonzi cui vanno sentiti ringraziamenti i disegni non si vedono ma li ho in testa Elina Editrice brescia 10 gennaio 2010
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