Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 48) art. 1, comma 2, DCB Brescia
LA VOCE DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA • BRESCIA
APRILE • MAGGIO • GIUGNO 2011
2
VOCE
DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA DI BRESCIA
APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2011
2 Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030/295675-3757965 c/c postale n. 12816252 Nihil obstat quominus imprimatur Aut. del Trib. di Brescia n. 24/69 del 5 sett. 1969 Direttore responsabile: D. Antonio Fappani Tipografia: Alfa - Brescia Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 nยบ 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia
La parola del Superiore
- Lo Spirito Santo continuamente assiste la Chiesa affinché attui la missione affidatale dal Signore: essere nel mondo segno di Cristo crocifisso e risorto, strumento di salvezza per tutti gli uomini mediante l’annuncio del vangelo, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza della carità. E’ un’opera mai conclusa. Purtroppo anche il maligno è sempre all’opera per sedurre l’uomo ferito dalla concupiscenza della carne e degli occhi e dalla superbia della vita e indurlo a preferire “la porta larga e la via spaziosa che porta alla perdizione”. Come il seminatore della parabola la Chiesa continua a seminare il buon seme, pur sapendo che il nemico a sua volta va seminando la zizzania. Ad ogni stagione della storia tra i buoni frutti eccellono le singolari figure di Santi, mentre la zizzania
1
“Secondo i disegni di Dio”
† Vigilio Mario Olmi
3
La parola del Superiore produce frutti amari e velenosi, causando divisioni e lotte, offuscando le coscienze e stravolgendo le conquiste della scienza in strumenti di distruzione e morte. Tra i buoni frutti, insieme al martirio e alla fedeltà umile e sincera, va segnalata la scelta della verginità per il regno, accolta come singolare dono dello Spirito Santo. Ne danno testimonianza quelle figure di sacerdoti o consacrati o laici, che pur operando in circostanze complesse hanno tracciato nuovi percorsi, dato impulso all’annuncio del vangelo e suscitato nuove forme di carità. – Singolare è anche il fatto che lungo la storia della Chiesa, emergono santi delle diverse classi sociali, uomini e donne, fanciulli e giovani, adulti e anziani, che vivono il vangelo con semplicità e serenità, e che, proprio per un singolare intervento dello Spirito Santo, suscitano attorno a sé discepoli e testimoni, capaci di fermentare con il lievito evangelico la famiglia e la società anche nei secoli dopo la loro morte. In modo sempre nuovo si ripete ciò che S. Paolo annota nella Lettera ai Corinzi: “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti: a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”(1Cor12,4-7). E questo lo si rileva anche nei periodi di transizione o di crisi per decadenza morale. Come non ricordare a questo riguardo S. Benedetto e S. Scolastica, S. Francesco e S. Chiara? Non è certo un’esagerazione se noi affermiamo che anche S. Angela Merici, proprio in un periodo di decadenza, sia stata suscitata dallo Spirito Santo per dare un suo singolare contributo al rinnovamento avvertito da molti. Non si può altrimenti spiegare come una giovane del ‘500, rimasta presto orfana e senza particolari aiuti per la sua formazione cristiana, potesse orientarsi a vivere la verginità nel mondo, come “vera ed intatta sposa del Figliuol di Dio”.
2
4
La parola del Superiore – Come nel passato anche nel presente possiamo e vogliamo credere, che, alla stessa luce del Cristo crocifisso e risorto, lo Spirito Santo sia ancora all’opera. Anche oggi non mancano segni evidenti di singolare testimonianza da parte di sacerdoti, consacrati e laici che in diversi luoghi sanno vivere con coerenza il vangelo anche a costo della vita. Non tocca a noi giudicare se e in che modo lo Spirito Santo sta operando per suscitare nuove figure più o meno significative di santità nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. E’ comunque confortante il sapere che lo Spirito Santo è ancora all’opera anche nella nostra Chiesa bresciana e che tutti singolarmente siamo chiamati alla santità. Nel periodo pasquale la Liturgia ci ricorda che Cristo la sera della risurrezione stette in mezzo ai suoi riuniti nel cenacolo e disse loro: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo”. E che quaranta giorni dopo, “mentre si trovava a tavola con gli apostoli, disse loro: Tra non molti giorni sarete battezzati in Spirito Santo…. Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini del mondo”. Perciò anche oggi lo Spirito Santo elargisce i suoi doni e chiama ciascuno a lasciarsi guidare per collaborare a quella nuova evangelizzazione che si concretizza anche nella pratica della carità fraterna, attenta alla comunione e alla solidarietà.
3
– In questo solco deve sapersi collocare anche la nostra Compagnia, pronta alla voce dello Spirito Santo. Perciò esorto ogni figlia a curare l’atteggiamento di pronta docilità all’azione dello Spirito Santo, per un vero dialogo sponsale con Cristo nella preghiera e nella pratica delle virtù, nella vigilanza sul
4
5
La parola del Superiore proprio carattere, nel curare relazioni fraterne con tutti, incominciando da quelle familiari a quelle con le consorelle e quindi con i fratelli di fede e con quanti si incontrano nella vita quotidiana. Esorto poi ogni gruppo per la sua parte, le commissioni per il proprio ambito, il Consiglio di Compagnia secondo il mandato ricevuto, a non aver altra preoccupazione o altra meta che l’assimilare interiormente “quanto importante cosa e qual nuova ed ammirabile dignità sia questa”, l’essere cioè “vere e intatte spose del Figliuol di Dio”, e perciò invocare lo Spirito Santo a saperla testimoniare all’interno della nostra Chiesa e nel contesto complesso e confuso del nostro tempo. Come ci suggerisce S. Angela, secondo l’insegnamento di Gesù, occorre essere vigilanti: i pericoli e le sfide non ci devono trovare distratti o superficiali. Proprio perché stiamo vivendo un periodo molto serio, non possiamo né cedere alla superficialità, né chiuderci nello scoraggiamento o nella rassegnazione. Anche il lavoro avviato per l’aggiornamento del Direttorio raggiungerà il suo scopo nella misura che saprà contribuire al risveglio della tensione alla santità, a promuovere stima e fiducia reciproca e a sostenere la propria testimonianza di amore a Cristo Sposo e per suo amore il nostro servizio alla missione della Chiesa nel mondo. La Compagnia, proprio perché crede che il suo futuro è nelle mani di Dio che l’ha piantata, vuole stimolare le figlie a credere che il presente è affidato anche alle loro mani e al loro cuore. Infine esorto vivamente tutte le figlie a intensificare la propria preghiera, affidandosi con serena fiducia allo Spirito Santo, con i sentimenti di S. Angela Merici e delle Venerabili Girelli. Sarebbe bello che ogni figlia si rivolgesse ogni giorno allo Spirito Santo usando anche i formulari abituali o liturgici: mi permetto di
6
La parola del Superiore suggerire la preghiera allo Spirito Santo, che si trova pag. 210 del Direttorio. Ci è di conforto l’esortazione di S. Paolo: “Anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio”. Possiamo riprendere il nostro cammino con fiducia: “ Se osserverete queste cose, siccome secondo i tempi e le circostanze vi detterà lo Spirito Santo, rallegratevi e state di buona voglia”: il futuro sarà “secondo i disegni di Dio”.
7
La parola della Superiora
l Comitato per la revisione del nostro Direttorio si è riunito con tutto il Consiglio, lo scorso 27 aprile, per ricevere dalle indicazioni del giurista preposto, mons. Gian Paolo Montini, la guida necessaria per una corretta impostazione del lavoro. Dalle parole di mons. Montini e dal dibattito che ne è seguito sono emersi alcuni punti sui quali è importante che tutte riflettiamo. Innanzitutto va sottolineata l’affermazione del relatore a riguardo della ricchezza della storia della Compagnia e il fatto che essa costituisca una precisa responsabilità per ciascuna di noi: reinterpretare la volontà di Sant’Angela nel nostro tempo. Che cosa il Signore vuole da noi? La risposta si lega ai problemi concreti e consiste nel saper conformare la fedeltà al carisma iniziale con la fedeltà alla realtà della Chiesa attuale, vivendo a fondo il significato della diocesanità della Compagnia. Questa duplice fedeltà stava al centro della riflessione di Sant’Angela sulla linea da indicare alle sue figlie nella difficile contingenza di un mondo in rapido cambiamento come era appunto il suo e come è il nostro, a un ritmo senz’altro più veloce: “Tenete l’antica strada e usanza della
I
8
In cammino
Maria Teresa Pezzotti
La parola della Superiora Chiesa, ordinata e confermata da tanti Santi per ispirazione dello Spirito Santo e fate vita nuova”( Ric. VIII). Restare radicati ai valori perenni, continuamente proposti dalla Chiesa, è l’unico mezzo per dare significato e garanzia di verità al proprio agire e permette quel continuo rinnovarsi di uno spirito attento che diviene sempre più capace di scelte costruttive. Gli strumenti che ci suggerisce la Regola e che sono continuamente confermati nei Ricordi e nei Legati sono soprattutto due: l’obbedienza e la preghiera. Infatti se “l’obbedienza è nell’uomo come una grande luce che rende buona ed accetta ogni sua azione” ( Regola, cap. VIII) “con l’orazione si impetra da Dio la grazia della vita spirituale” ( Regola, cap. V). Proprio questa illuminazione dall’alto, chiesta con incessante preghiera, anima quelle scelte di “vita nuova” che permettono di esprimere l’adesione alla Chiesa di oggi. Sant’Angela nei suoi Scritti, più che dettagliate e specifiche indicazioni, ci suggerisce uno stile di apostolato fatto di apertura alle esigenze del fratello, di carità, di rispetto, di sollecitudine rivolta sempre alla persona, con particolare riguardo alle sue esigenze spirituali. In una società come la nostra, in cui, anche sul piano educativo, si moltiplicano le iniziative rivolte al benessere materiale dei giovani, e si trascurano invece le necessità più autentiche dello spirito umano, il segreto della “vita nuova” può essere proprio l’esempio di persone che mettono al centro di ogni loro impegno la coerenza con i propri principi e agiscono in modo da rendere evidente, con serena semplicità, la supremazia dei valori spirituali. Carissime, affinché il lavoro finale del Comitato per la revisione del Direttorio possa darci suggerimenti concreti che, con l’attenta interiorizzazione operata da tutta la Compagnia, possano diventare veramente il mezzo per arricchire anche oggi la Chiesa con il carisma di Sant’Angela, è necessario ci sia anche il lavoro personale di ciascuna di noi; lo dobbiamo attuare con la continua impetrazione: “Padre, nel nome di Gesù, dammi lo Spirito Santo affinché il mio desiderio e la mia volontà, la mia intelligenza e la mia memoria siano orientati solo ad onore, gloria e servizio Tuo. Amen”.
9
Alle sorelle ammalate
Carissime Sorelle, “Cristo è risorto, è veramente risorto!” Così hanno cantato i cori nelle nostre Chiese; la Liturgia è tutto un tripudio di gioia perché Cristo è risorto, perché anche noi potessimo risorgere con Lui. Ma quanta strada dobbiamo ancora fare per raggiungere quella meta! Isaia nel cantico 38 ci conforta e ci esorta a rafforzare la nostra volontà per un impegno più somigliante al Cristo obbediente al Padre; per quel tempo che ancora ci è dato di vivere sulla terra. “Io dicevo : a metà della mia vita me ne vado alle porte degli inferi, sono privato del resto dei miei anni…” Quanto è buono il Signore con noi; anche in morte è stato fedele al suo programma di stare dalla parte di ogni persona, della mia povera persona spesso incoerente ai propri impegni. Ci dona ancora tempo per vivere: quanto non lo sappiamo, se non che ogni istante è prezioso per ricuperare l’eventuale tempo perduto. Sappiamo però che la vecchiaia non è priva di sofferenza fisica e morale. Soffermandoci ad esaminare quale rapporto abbiamo con la sofferenza, la sopporto, la combatto, l’accetto, cerco di sublimarla? E’ proprio vero che, pur vecchi, infermi, doloranti, non siamo inutili perché Gesù ci vuole accanto a sé per collaborare al suo mistero di salvezza: Questo vissuto ci fa essere partecipi di una vita ancora attiva e vivificante, ci fa sentire ancora vere sorelle e spose del Cristo che ci
10
Alle sorelle ammalate ama e che ci aiuta ad amare, ma anche a vivere non solo con la speranza, ma con la certezza di raggiungere il nostro “Capo nella gloria”. Ho azzardato a dire “certezza”: mi fa esitare un episodio sentito da un parroco il quale era esterefatto per la certezza di andare in paradiso di una sua parrocchiana, la quale alla soglia dei suoi 90 anni, fa chiamare il parroco perché sente vicina la morte. “Zia Emilia finalmente sta arrivando il suo agognato sogno” dice il parroco, ed ella raccoglie le sue ultime forze per dire che ”se il Signore aspettava ancora qualche anno ne sarebbe stata felice”. Questo ci fa capire come siamo attaccate alla vita e come abbiamo bisogno di attaccarci a Lui nostro Signore e Sposo, per non rinnegare le nostre promesse e le nostre aspirazioni. Gesù è salito al Padre, ma ci ha promesso il suo Spirito; ”Voi avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo Abba Padre” (S. Paolo ai Rom.) Non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza; ha mandato nei nostri cuori lo spirito del suo Figlio che grida Abba Padre. (Resp. di Pentecoste) Prendiamoci per mano ed aiutiamoci a raggiungere la gioia del Paradiso. Fraternamente. Enrica L.
11
Spiritualità
Chiesa ed Eucaristia: unico corpo del Risorto
Spiritualità
Il tema ci mette di fronte a due realtà immense: il corpo sacramentale di Cristo e il suo corpo ecclesiale. E questo proprio nel momento culminante della celebrazione: quello in cui, partecipando al banchetto e comunicando così al corpo e sangue di Cristo, secondo le parole di Agostino: “Impaginati nel suo corpo diventiamo quello che riceviamo” (S.Agostino, Sermo 57,7). Eucaristia e Chiesa appaiono così strettamente congiunte, da essere 1’unico corpo di Cristo. Pensiamo al tema patristico della Chiesa che nasce dal petto squarciato del nuovo Adamo appeso alla Croce. Ora, qui, nei segni sacramentali, è presente proprio il Cristo pasquale: e da lui la Chiesa continua a nascere, splendente di bellezza, senza rughe e senza macchia, perché lavata nel suo sangue. Quando poi la Chiesa celebra l’Eucaristia, essa diventa “ciò che è”, il Corpo di Cristo Per mezzo del battesimo e della confermazione. infatti, le membra di Cristo sono unte dallo Spirito e innestate sul Cristo. La Pasqua del Capo diventa quella delle membra e la Chiesa diventa ciò che è chiamata ad essere. In termini più semplici: non c’è Chiesa senza Eucaristia. E anche l’inverso è vero: non c’è Eucaristia senza 1a Chiesa. Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, l’evento accaduto “una volta per tutte” è attualizzato e manifestato. Nella Chiesa locale non c’è allora né uomo né donna, né schiavo né libero, né giudeo né greco. Una nuova unità viene comunicata che trascende le divisioni e restaura la comunione nell’unico corpo del Cristo. Essa è “la comunione dello Spirito Santo” che ra-
12
Spiritualità duna i figli di Dio dispersi. La novità del battesimo e del carisma porta allora tutto il suo frutto. E per la potenza del corpo e del sangue del Signore, pieno di Spirito Santo, il peccato, che non cessa di assalire i cristiani facendo ostacolo al dinamismo della “vita per Dio in Cristo Gesù” ricevuta al battesimo, è guarito. Questo vale anche per il peccato di divisione, che in tutte le sue forme contraddice al disegno di Dio. Sono tanti gli elementi presenti nella densità di questo testo. Ne sottolineo alcuni. 1) Anzitutto l’Eucaristia ha in sé tanta forza, perché in essa è presente l’evento accaduto una volta per tutte: la Pasqua del Signore. Duemila anni sembrano separarci da quell’Evento, ma esso, unico nella storia. ha fatto breccia nel muro del tempo e dello spazio, per essere presente e operante, qui, ora. A causa della Pasqua, il tempo e lo spazio cessano di essere portatori di divisione e di morte per diventare veicolo di comunione e di vita. Stendendo le braccia sulla croce, quasi a stringere in un amplesso tutto il mondo, Cristo ha abbattuto tutti i muri di divisione e dei due ha fatto un popolo solo (Ef 2,14). Quando celebriamo e rendiamo presente quell’evento. uniti in assemblea, la sua forza ci afferra e veniamo tutti “in unum corpus Fcclesiae coniuncti”’ (Ruperto di Deitz). 2) L’unità che ne risulta trascende tutte le categorie umane. E’ un’effusione terrena della koinonia di Dio, quasi un riflesso del divino scambio, del ricevere e del donare (GS24). E’ la carità di Dio
13
Spiritualità che viene ad abitare nei nostri cuori. Nella comunione fraterna è implicata l’eterna comunione del Padre e del Figlio. La potenza di Dio entra nelle diverse facce del mistero umano (amicizia, solidarietà, fraternità, servizio) e le trasfigura, facendone quasi un anticipo del mondo nuovo. 3) Perciò, l’agente di questa comunione non può essere che lo Spirito Santo, che è vincolo di unità nel seno di Dio. Con la sua forza egli trasforma il cuore dell’uomo, rendendolo capace di comunione. San Cirillo dice luminosamente: “Come la forza del prezioso corpo di Cristo rende concorporali tra loro quelli che lo ricevono, così l’unico Spirito che viene ad abitare in tutti li conduce all’unità pneumatica. Perché il sacramento produca in noi il suo frutto ultimo, che è la carità, occorre il dinamismo dello Spirito”. In sintesi, diremo che l’Eucaristia è il principio mistico che trasforma la moltitudine dei fedeli nel “corpus Ecclesiae Spiritu Sancto vivificatum” (Anselmo di Havelberg). Sorgente di grazia che zampilla, essa realizza il prodigio della Chiesa. Nutriti col corpo e col sangue del Salvatore, i fedeli vengono tutti dissetati da un solo Spirito, che fa di esse veramente un solo corpo. L’Eucaristia, dunque, fa 1a Chiesa non come società visibile, ma come realtà mistica, interiore. Con la sua forza divina fa sì che le membra completino l’unione tra loro e rendano più intima 1’unione col Capo, diventando pienamente sue membra. Ogni membro riceve l’impulso a riversare sugli altri l’amore di Cristo, di cui ha fatto l’esperienza, a rispondere con il dono di sé all’iniziativa di Cristo che ha dato se stesso per noi. Rosa P.
14
Spiritualità
Saper tessere relazioni umane: una caratteristica fondamentale di coloro che vogliono seguire l’esempio educativo di Sant’Angela Merici Nella nostra società rischia di vincere sempre colui che, ad ogni costo, fa prevalere le sue posizioni anche a scapito del rispetto della personalità altrui. Sant’Angela ci insegna, invece, di essere promotori di relazioni umane. Cosa significa nell’era della “comunicazione portata all’eccesso” essere specialisti nella relazione? In primo luogo è necessario essere attenti a tutti gli avvenimenti, ai fatti, agli episodi...che coinvolgono le persone con le quali noi abbiamo l’opportunità di incontrarci. Ciò ci impegna a non trascurare mai nulla di quello che avviene intorno a quelle persone, sia di eclatante che di consueto. Nello spirito mericiano la persona è una raccoglitrice di dati, apparentemente anche insignificanti, ma che al momento opportuno possono essere la chiave di soluzione di alcuni problemi. Oltre a raccogliere dati, l’educatore o chi “ama lo stile di Sant’Angela” è un frequentatore silenzioso ma attento delle iniziative locali, perchè in quelle circostanze si incontrano persone, si ascoltano pareri diversi, si raccolgono impressioni ed osservazioni di varia natura, La partecipazione consente di conoscere persone, di intuire le finalità dell’agire, dichiarate o mimetizzate, di coloro che a vario titolo sono coinvolti. Subito dopo scatta la “progettualità dell’azione”. A volte basta solo una telefonata ad una persona per essere di aiuto a chi è in difficoltà; altre volte si rende necessario chiedere un appunta-
15
Spiritualità mento con un funzionario per presentare il problema di una famiglia; altre volte ancora è indispensabile prendere una posizione in una riunione pubblica, sia in parrocchia, o in sede di associazioni oppure in una organizzazione sociale. In tutto questo agire lo spirito mericiano emerge da tre caratteristiche irrinunciabili: .- non apparire mai come persona desiderosa di successo individuale, ma come colui che vuole svolgere un servizio; -. avere idee chiare da proporre e sulle quali costruire la soluzione dei problemi, anche a costo di contrastare altre posizioni, senza però lasciare ombra di offesa a persone o a proposte altrui; .- sottolineare sempre e con decisione la volontà di fare del bene, nelle spirito evangelico e sulle orme di Sant’Angela, non per una rivalsa personale, ma a beneficio di una persona, di una famiglia o di una comunità. E’ bello pensare, ancora oggi, a persone che suonano alla casa di qualcuno, prendono parte a riunioni o ad assemblee, scrivono un biglietto di presentazione, ecc... per difendere i diritti di chi è più fragile e meno difeso. Lo spirito mericiano, in questi casi, deve apparire quasi disarmante e inattaccabile, perchè solo in questo modo troverà adesione e gradualmente convincerà altri a seguirlo. Certamente Sant’Angela, oggi, ci chiederebbe: - una buona preparazione umana e professionale - una capacità di base ad intessere relazioni anche con chi la pensa diversamente da noi - una costante attenzione agli avvenimenti che, velocemente, rischiano di coinvolgerci senza darci il tempo di pensare e di valutare. Prof. Angelo Metelli
16
Attualità
n’inchiesta di qualche tempo fa del quotidiano “Avvenire”, ha dato un risultato, perlomeno inatteso: quarantamila immigrati - e il numero è costantemente in ascesa - danno il loro sangue all’Avis, che ne documenta l’offerta. Ai donatori è richiesta la residenza da almeno due anni e la conoscenza della lingua italiana, per rispondere al questionario obbligatorio. In Lombardia è l’8 % dei volontari che si presenta negli ospedali, in Toscana ì generosi sono triplicati in pochi anni. A promuovere il gesto di generosità sono le stesse comunità e alcuni centri religiosi islamici L’Italia, grazie alla generosità di tanti donatori almeno dal punto dì vista statistico, si raggiunge l’autosufficienza, ma i nostri ospe-
U
Immigrati fratelli di sangue
Don Franco Frassine
17
Attualità dali sono costretti ad acquistare dal mercato internazionale il 40 % del fabbisogno degli emocomponenti per preparare le scorte. Quando poi, fattori straordinari, come il terremoto in Abruzzo, comportano un incremento delle donazioni, il fatto incide sulle carenze estive. Va ancora tenuta presente la diffidenza degli italiani verso i donatori stranieri. Una storia aiuta a capire le ragioni che inducono tanti immigrati a un gesto tanto generoso quanto nascosto. “Mohamed chiama la donazione “tabaroò bí addam” che in arabo vuol dire donarsi. Parte al mattino presto da casa, alla periferia di Torino, e prima del lavoro c’è quel momento unico, in cui si dimentica di essere arrivato in Italia su un barcone, d’aver passato le pene dell’inferno chiamato clandestinità, d’essere riuscito a diventare italiano, pur senza mai sentircisi davvero. E’ il momento in cui dona il sangue. Nessun pregiudizio, lì, tra siringhe e cerotti. Solo la magia di quel “debito” nei confronti del nostro Paese che finalmente viene cancellato. “Dono il sangue e mi sembra di restituire. Dono il sangue e finalmente mi sento italiano” ripete Mohamed, mentre le provette si colorano dì porpora. Come lui sono decine di migliaia gli immigrati che, oggi, donano il sangue, in Italia. Senegalesi, romeni. albanesi, peruviani: tanti che ormai l’Osservatorio della cultura del dono del sangue dell’Avis parla di un vero fenomeno. E pensare che molti di loro non sapevano nemmeno che si potesse donare il sangue, complici le condizioni igienico- sanitarie dei Paesi di provenienza, o le discriminazioni sociali o ancora le
18
Attualità condizioni culturali. Ostacoli, che nella maggioranza dei casi, non. sono stati superati attraverso la collaborazione italiana, ma dalle associazioni etniche locali. Il desiderio d’integrazione ha trovato nel sangue un viatico “funzionale”, per così dire. A cominciare dalle regole burocratiche necessarie alla donazione, sono le stesse regole della “buona” immigrazione, cosi come tante volte si è sentito dire negli ultimi mesi, traducibili in un gesto concreto. Stelian, romeno residente a Segrate vicino a Milano, dice: “Oggi ho donato il mio sangue perché mi sento di qui. Per me è un modo di ringraziare l’Italia per quello che mi ha dato, l’ospitalità. Almeno non dicono sempre che l’immigrato è quello che ruba, o che violenta, ma anche quello che dà una parte del proprio corpo per aiutare gli altri”. Stelian ha coinvolto tutta la sua famiglia e persino qualche suo amico nel “rito” della donazione: insieme certe volte hanno fatto la fila e atteso per ore, fuori dai centri di raccolta; racconta che non è facile, perché gli “altri” ti prendono in giro, dicono che non vai a lavorare per una cosa “che non ti viene neanche pagata. Ma io ci vado lo stesso: mica sono italiani quelli lì”. E’ certo un piccolo segno quello che tanti immigrati offrono alla riflessione sul grande problema dell’immigrazione, ma le affermazioni di tanti testimoni che si dicono pronti a quell’integrazione che sarebbe il modo più civile non solo per assorbire gente che, a livello di natalità sta per impedire che nel giro di qualche decennio gli italiani diventino minoranza nel loro Paese. Per i credenti, poi, l’ integrazione, portata avanti secondo le regole del buon senso e della legge, diventa la prova dell’assimilazione vera del messaggio evangelico. Non é facile, si sa, ma l’impegno di tutti può dare alla vecchia Europa un segno di quella civiltà che l’Italia ha tra i suoi beni.
19
Missioni ad extra
Dal Brasile Carissime sorelle, perdonate se rispondiamo sempre in ritardo alle vostre e-mail. Dobbiamo dirvi che il mese di gennaio è stato carico di lavoro, ma meraviglioso. Abbiamo avuto una settimana missionaria, il centro è stato proprio qui in San Geraldo dove convergevano le comunità di Novo Paraiso, Dois Irmaos, Fortaleza. Le missioni sono state organizzate dal parroco, padre Ladir, e dalla sua congregazione religiosa. Al Centro Pastorale Santa Angela Merici sono stati ospitati i missionari padre Giovanni Maria, padre Cristiano, una coppia di sposi, un giovane e una ragazza, due signore molto allegre che ci hanno aiutato molto, oltre a noi figlie di Santa Angela. Sorelle, abbiamo combinato con padre Ladir di iniziare a festeggiare Santa Angela nei giorni 27-28-29 perché il settore di Novo Horizonte veniva visitato dai missionari proprio in questi giorni, e sabato 29 abbiamo chiuso con la Santa Messa al campo perché la Chiesa del centro non conteneva così tanta gente; la parte religiosa è stata veramente ben partecipata. La gente della comunità del Bairro è stata veramente generosa, ci ha molto aiutato in tutto. I fedeli della parrocchia hanno provveduto a donare pipoca, canjica (latte zucchero e grano turco bollito) maça (mele cotte) caldo (brodo) bolo (dolce) e abbiamo fatto anche la pesca. Adesso sorelle, la comunità di Novo Horizonte ha un saldo di R§ 1. 13 9,00 (circa 550 Euro) che useremo per coprire le spese dell’energia, acqua ed eventuali danni naturali. Ringraziamo il Signore di tutto. Credo proprio in settimana di recarmi a Marabà , così come ci avete consigliato, per verificare se il prezzo del biglietto per l’Italia costa meno prendendolo qui in Brasile, poi vi comunicherò subito. Intanto noi ci stiamo preparando pregando molto affinché tutto vada bene se Dio vuole. Un abbraccio a tutte. Dalva e Regina
20
Missioni ad extra Il gruppo missionario coglie l’occasione per ringraziare tutte le nostre consorelle che hanno contribuito, con i loro oggetti, alla realizzazione della pesca missionaria allestita, come di consueto, nel giorno della festa di Santa Angela. Il ricavato della “ pesca e offerte varie “ ha dato un totale di Euro 1.681,00. Siamo molto contente e ringraziamo il Signore perché abbiamo assicurato in parte la spesa del viaggio delle nostre due sorelle del Brasile che saranno tra noi il mese di luglio. Grazie di cuore a tutte. Il gruppo missionario della Compagnia
21
Cronaca
Cera una volta “La Casa dell’orfana” Quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte di Zia Angela Bedussi, che insieme alle sorelle Codenotti e a Maria Danesi, avevano dato vita alla “Casa dell’orfana“. E’ con piacere che proponiamo alla vostra lettura questo scritto del mai dimenticato Mons. Ernesto Zambelli, per lunghi anni parroco di Sant’Agata. Il suo stile, così carico di vibrante commozione, ci riporta indietro di parecchi anni in un mondo carico di toccante umanità, dove l’amore ancora poteva trionfare ed il male si ritraeva sconfitto. Nei primi giorni dello scorso giugno, si è spenta in tarda età, a Marone, nella casa delle figlie di S. Angela, Bedussi Angela, l’ultima delle quattro sorelle che, nell’immediato dopoguerra, hanno diretto e servito con grande spirito materno “la casa dell’Orfana”. Mi sembra opportuno ricordare queste quattro figlie di S. Angela, che hanno seguito un’intuizione preziosa e l’hanno realizzata con fede illuminata e carità grande. Tutte lavoravano alla pari, per vivere e non pesare ad alcuno e tutte trovavano il tempo, giorno e notte, per dedicarsi all’opera tenacemente conquistata. Anna Codenotti era quella che progettava, regolava e guidava. Essa traeva le idee-guida dall’esperienza personale; ancora giovanissima era rimasta orfana della mamma ed era la maggiore di quattro fratelli; il padre era operaio e passava gran parte della giornata in fabbrica. Anna sentiva moltissimo la sua responsabilità verso la famiglia e per questo si dava da fare; spesso la sera si inginocchiava davanti a suo padre e chiedeva perdono di non essere riuscita a tutto. Da questa passione per sé e per i suoi fratellini nacque in lei l’idea, an-
22
Cronaca zi la conoscenza delle più segrete aspirazioni del cuore degli orfani. Accanto a lei cresceva, timida e silenziosa, la sua Maria che fu l’ombra di Anna, perché seguiva la sua giovanissima “mamma” in totale dipendenza: anche lei figlia di S. Angela, anche lei dedicata tutta, in silenzio e servizio, all’opera delineata e perseguita da Anna. Alla coppia delle sorelle Codenotti si unì la consorella Danesi Maria che può dirsi la controfigura di Anna: se questa progettava in grande, lei si appigliava al concreto e all’immediato, con un buon senso pratico che non mancava di arguzia e di umorismo. Maria Danesi era proprio quella che ci voleva per non perdersi nei sogni e per metter mano subito a quello che occorreva. Anche Angela Bedussi aveva una sorella, più vecchia di lei, menomata, era una nanerottola, che se ne stava per lo più in casa e sfaccendava come poteva, piena di brio e pronta alla battuta. Angela era la più giovane del gruppo ed era sempre pronta per partenze ed arrivi, teneva i contatti più vari, animata da una fiducia semplice e cordiale. Questo gruppo di figlie di S. Angela, con l’approvazione dei superiori, ideò, avviò faticosamente e nel primo decennio dopo la guerra, ebbe la gioia di gestire “ la Casa dell’Orfana”. La mente era Anna; essa, nell’età matura, sistemati i fratelli, incominciò a pensare quale fosse la sua missione. Non guardò né lontano né vicino: trovò in se stessa, nelle aspirazioni represse o rimandate qual era il più urgente bisogno di un’orfana come lei, di circa diciotto anni, dopo l’esperienza dell’orfanotrofio e del collegio. Avere una casa propria, esclusivamente sua; non un alloggio e nemmeno un rifugio dai pericoli della strada, ma una casa dove ritrovarsi con se stessa, per ricomporre i brandelli della sua vita, scoprire la propria identità e lanciare uno sguardo avanti, con coraggio e fiducia, per scorgere la sua strada nell’avvenire. Questa riconquista interiore vale più
23
Cronaca del lavoro, vale più di uno stipendio, eppure indispensabili. Anna vuol essere la mamma discreta, paziente, capace di attendere e di sperare, pronta ad accogliere, ad ascoltare e a soffrire e lottare insieme. Questo spirito lo comunicò anche alle consorelle che, ognuna per la sua parte, collaborarono in grande sintonia. Gli inizi furono difficilissimi. Correva l’anno di guerra 1944; per le strade della città si incontravano le persone più diverse, in situazioni spesso disperate. Le prime due orfani (forse meglio sperdute) che bussarono alla porta delle sorelle Codenotti in via Bassiche, presentavano casi possibili solo in quei giorni di disperazione e rovine: una era stata dimessa da una casa di cura e non poteva raggiungere la sua famiglia, la seconda era una giovane straniera sfuggita, come non si sa, da un campo di concentramento. Furono accolte con grande cordialità e comprensione. L’opera sognata da Anna incominciava nel dramma. Forse l’ideatrice ebbe qualche dubbio: le idee sono belle, ma il tradurle in pratica è molto difficile. Anna aveva bisogno del conforto della sua Compagnia di S. Angela, aveva bisogno del consiglio d’un sacerdote dotto e pensoso: si consultò con il compianto mons. Bosio, allora prevosto di S. Lorenzo e poi vescovo di Chieti; espose le sue idee e i dubbi che le prime prove avevano suscitato. Il sacerdote non solo approvò, ma espresse la sua ammirazione per l’intuizione di Anna e le applicazioni di metodo, dicendo:”Un vero carisma donato dallo Spirito Santo”. Anche un altro sacerdote, caro alla memoria bresciano, mons. Luigi Fossati, conobbe e incoraggiò l’esperimento. Anzi mi sembra probabile che proprio lui abbia individuato l’uomo e l’istituzione che potevano dare concreta realizzazione al progetto. Mons. Fossati era allora prevosto della cattedrale e aveva facili contatti con la Congrega della carità apostolica, specialmente con il suo presidente, il conte Alessandro Masetti Zanini. Egli, quando conobbe l’i-
24
Cronaca dea, l’abbracciò con entusiasmo e si propose di progettare un edificio apposito dove l’opera trovasse sede opportuna ed ambienti idonei alle sue finalità. Le sorelle Codenotti, alle quali si erano unite la Danesi e la Bedussi, ebbero la gioia di veder spuntare dal suolo e crescere e definirsi sempre meglio nella realtà il bel sogno che le riuniva. Mentre l’edificio prendeva forma, le Zie (si facevano chiamare così confidenzialmente), accoglievano le orfane dai 18 ai 25 anni, avessero o non avessero lavoro, in quell’ambiente più vasto che avevano trovato per carità e adatto anche per un laboratorio di confezioni dove lavoravano la zia Angela, le orfane senza lavoro e pure le Zie dopo aver riassettato l’ambiente, perché ognuna doveva guadagnarsi il pane quotidiano. Alcune lavoravano al calzaturificio Ferrari, altre presso l’Editrice “La Scuola”. La zia Anna sorvegliava l’andare e il venire, era comprensiva e materna, ma fermissima nel difendere il loro avvenire e nel prepararlo. Questo tipo di sorveglianza pesava alle figliole, talvolta si indispettivano e protestavano. Zia Anna sopportava e subiva con umiltà e pazienza le reazioni, ma non decampava. Era una “mamma” che guardava lontano. Quando la “Casa dell’Orfana” fu finalmente pronta ed attrezzata in ogni suo aspetto; il laboratorio nel seminterrato, la sala di riunione a pianterreno e inoltre la serie di stanzette delle quali la zia Anna aveva curato ogni particolare col suo cuore di “mamma” e con la prudenza dell’educatrice, allora venne fatta l’inaugurazione ufficiale. Il vescovo mons. Giacinto Tredici diede la benedizione e il presidente della Congrega, il conte Masetti Zanini consegnò le chiavi di ogni ambiente alle figlie di S. Angela, Anna e Maria Codenotti, Maria Danesi e Angela Bedussi. Era il 25 aprile 1958?. Questa data che mi è stata indicata, purtroppo è da rivedere perché contraddice un’altra triste data, quella
25
Cronaca della morte del conte Alessandro Masetti Zanini che, certamente, è avvenuta il 16 dicembre 1957. L’incertezza sulla data non compromette l’opera tanto sognata dalle Zie e tenacemente voluta dallo zelante amministratore della Congrega. Quante orfane siano approdate a quella casa e quante siano poi partite pronte per il proprio avvenire, io non so. L’unico fugace accenno è una nota breve e un po’ polemica di mons. Fossati che lamentava le incomprensioni e la fine nel giro di pochi anni dell’opera così faticosamente creata.. Egli scrive che “una ottantina di matrimoni e tre vocazioni religiose” sono maturate sotto lo sguardo affettuoso e vigilante delle Zie. Purtroppo il colpo più grave per la “Casa dell’Orfana” fu la scomparsa del conte Masetti Zanini. Egli aveva fatto sue le idee dell’Anna e desiderava solo che le orfane si aprissero una strada santa e benedetta; per questo aveva costruito l’edificio l’aveva affidato e attendeva con fiducia i frutti di quest’opera così singolare. Però non tutti la pensavano come lui. Lo stesso giorno dell’inaugurazione, qualcuno disse che c’era troppo lusso. La zia Anna rispose subito: “la carità deve arrivare e nella quantità e nella qualità”. E’ proprio vero: la carità è fatta di finezza. Ma la critica ha trovato più avanti un altro seguito: con grande gioia si celebrarono matrimoni e la sposa vestiva l’abito bianco. Troppo dicevano, per un’orfana! Non capivano che l’abito bianco diceva per quella giovane donna un segno fondamentale: era finito il tempo dell’orfana senza famiglia. Nasceva con e per lei la nuova famiglia. Ma tant’è! Ragioni o non ragioni, la critica è una malerba che alligna sempre. Il peggio fu quando dalla Congrega si cominciò a domandare l’affitto dello stabile; la prima richiesta piuttosto modesta, distribuita equamente sugli stipendi guadagnati da ognuna, potè essere pagata. Poi, accertato il principio, la richiesta fu più onerosa e, siccome far combaciare la carità con la contabilità è impossibile, avvenne un certo spogliamento. Qualche orfana riuscì a trovare un ambientino
26
Cronaca tutto sommato meno oneroso e per di più senza controlli con completa libertà di vita, e se ne andò. La stanzetta, rimasta vuota, fu assegnata dalla congrega ad una persona adulta ed autonoma… Fu come una bomba: l’idea della “Casa dell’Orfana” crollava e le Zie, desolate ma impotenti, videro disperdersi il piccolo gregge; rimasero sole, malinconicamente restituirono le chiavi e si presentarono ai Superiori della Compagnia di S. Angela: esse non erano orfane, erano di una grande famiglia religiosa che non trascurava nessuna delle sue consacrate. I Superiori decisero: il gruppo delle Zie, compatto nella dolce e operosa familiarità, troverà alloggio al piano terreno nella Casa Girelli, in via Cairoli 12, in parrocchia di S. Agata. Io non so dire come e quando cominciai a notare in chiesa le nuove devote tra i fedeli. Però S. Angela per lunghi anni è stata parrocchiana di S. Agata e forse questa memoria ha chiamato in parrocchia anche le sue figlie. La prima che mi si avvicinò fu certamente Anna. Non ricordo esattamente quello che mi disse; mi sembra che accennasse all’utilità di una frequenza continua per partecipare alle preghiere quotidiana di Lodi e Vespri e per ascoltare la breve omelia alla Messa di ogni giorno. Comunque, in breve le conobbi tutte e quattro. Non mi dissero mai perché vi erano capitate e perché restassero così unite. Fu per una mia intuizione che, collegando le notizie avute per caso da mons. Fossati, riconobbi Anna e individuai il suo ruolo in unione con le altre che, intanto, si ambientavano; incominciavano a far amicizie e a prestarsi per qualche aiuto in chiesa e nelle famiglie vicine. Non colsi mai sulle loro labbra alcuna recriminazione sulla fine della “Casa dell’Orfana”. Anzi le orfane di un tempo venivano presso di loro, per rinnovare l’amicizia, accompagnate dal marito e dai figli: ed era una gran festa. Anna poi qualche giorno scompariva; io non domandavo nulla. Lei stessa mi diceva poi dov’era andata… in visita apostolica. Sempre aveva nel cuore
27
Cronaca le sue orfane. Poi il rapido declino. La prima a darne segno fu proprio Anna: Un fenomeno sconcertante: mentre parlava aveva improvvise amnesie, troncava il discorso con un gesto tra l’impazienza e l’inutilità: già si intuiva che cosa voleva dire. Però il guaio andò aggravandosi a tal punto che la costrinse ad un totale silenzio: muta come un pesce. Così per sei lunghi mesi, poi andò in Paradiso; aveva 71 anni. Più anziana di lei era Maria Danesi, la sua infermità fu lucida e serena: attendeva l’arrivo dello Sposo, il Signore Gesù e su i suoi ritardi argutamente traeva motivo di serenità: se non ha fretta, segno che è sicuro della mia fedeltà. Ma venne; aveva 82 anni. La sorella di Anna, Maria Codenotti continuò nel silenzio la sua umile vita, poi, zitta zitta, si riunì in cielo alla sorella di cui era sempre stata l’ombra. Zia Angela, che era la più giovane del gruppo, ha chiuso la sua vita generosa in tarda età, lo scorso giugno, a 90 anni. Così della “Casa dell’Orfana” non rimane più nessuno, perché, scomparse le Zie, le orfane, divenute spose e madri, hanno costruito la loro famiglia. Non ci sono più le orfane oggi? Le migliorate condizioni economiche per un aspetto le hanno quasi eliminate, ma per un altro aspetto, sciaguratamente le hanno accresciute e peggiorate: quelle povere giovani donne, forse vendute come schiave, messe nelle mani violente dei truffatori, gettate sulla strada dell’ignominia, ridotte oggetto di piacere, sfruttate vilmente e da quelli che le usano e da quelli che ne guadagnano soldi. Queste sono le orfane non della famiglia, ma dell’umanità. Perché non chiediamo al Signore qualche nuova Anna che le strappi da così orrenda schiavitù e ridoni a queste misere libertà, dignità e casa per un avvenire umano? Zambelli Sac. Ernesto
28
Cronaca
Ti segnalo un libro, rubrica a cura di Giusi P. Jean è un caro amico francese del priore di Bose. Un giorno egli scrive una lettera a Enzo Bianchi nella quale gli chiede se è disposto ad avviare con lui una corrispondenza su alcune tematiche inerenti alla fede e alla vita spirituale. L’invito a scavare nelle profondità dell’anima affascina l’interlocutore. Prende corpo un intenso rapporto epistolare che Enzo Bianchi ha raccolto in un libro. “Lettere a un amico sulla vita spirituale” (Edizioni Qiqajon, pagine 160, 10 euro) racconta la storia di un cammino che due “cercatori di Dio” fanno insieme sulla strada dell’interrogazione. La vita interiore, che si esprime anzitutto con il porre a se stessi delle domande, è al centro delle felici intuizioni che Bianchi formula nell’affiancare spiritualmente la ricerca d’infinito del suo caro amico. L’autore, infatti, affronta con grande semplicità tutte le dimensioni della vita spirituale cristiana e della vita intera, regalando al suo interlocutore, e inevitabilmente a tutti noi, consigli saggi e fulminanti per trovare nelle nostre azioni quotidiane quella luce che ci renderà migliori. Schietta apertura alla vita interiore che “esige coraggio. È come iniziare un viaggio, non tanto in estensione quanto in profondità, non fuori di te ma in te”. Dal coraggio di interrogarsi nasce la propensione al discernimento: da questo atteggiamento responsabile scaturiscono le “occasioni per pensare e per riflettere su ciò che è veramente serio e importante nella vita”. Come Salomone che desidera ricevere da Dio un cuore capace di ascoltare, l’uomo e il cristiano hanno il dovere di abitare il silenzio e la solitudine per apprendere l’arte salvifica dell’ascolto, perché “es-
29
Cronaca serci è ascoltare” e “ascoltare davvero è esserci per l’Altro”. Il coraggio per intraprendere il viaggio interiore, scrive Bianchi, è centrato sull’ascolto. Il priore di Bose invita il suo caro amico Jean a concentrarsi su questo sforzo. “Solitudine e silenzio sono il tempo delle radici, della profondità, in cui ricevi la forza per essere te stesso, per pensare, per coniare una parola tua che magari può essere in contrasto con quelli che tutti ripetono. Silenzio e solitudine sono dunque i mezzi privilegiati della vita interiore, che ti consentono di prendere confidenza con te stesso, anche a costo di arrivare a cantare fuori dal coro, a rompere con le logiche omologanti che tutto appiattiscono”. Con uno slancio generoso nei confronti della lotta spirituale, Enzo Bianchi invita Jean a resistere sempre al nemico che si nasconde dentro di lui. Nell’esercizio della lotta spirituale sarà possibile debellare l’atonia del cuore, l’asfissia dell’intelletto e la paralisi della volontà. “Caro amico, lo capisci: a tale lotta dobbiamo esercitarci. È un combattimento duro. Scriveva Arthur Rimbaud: ‘La lotta spirituale è brutale come una battaglia fra uomini’, ma produce frutto: pacificazione, libertà mitezza…Grazie a tale lotta la fede diviene perseveranza e l’amore è purificato”. Ringraziamo di cuore Enzo Bianchi per averci donato un orizzonte di senso, ma anche l’umiltà, l’ascolto e la fraternità del dialogo che apre il cuore alla speranza. Il cammino è ancora lungo e sulla via troveremo ostacoli e insidie. L’invito a non fermarsi, a non smettere di interrogare – se stessi, gli altri e gli eventi – esige coraggio. Questa è la buona strada che Enzo Bianchi consiglia di seguire per rendere civile la nostra umanità che non rispetta “l’umanità dell’uomo”. recensione di Nicola Vacca www.monasterodibose.it
30
Tra noi
Buone nuove da Iseo In attesa di rinnovare i miei fermi propositi, dico che sono sempre più contenta di aver intrapreso la strada della consacrazione a Gesù, di aver ricevuto questa grazia di far parte della Compagnia di Sant’Angela. Per me è un onore essere Figlia di Sant’Angela per la storia della Compagnia, per la santità della nostra Santa, per la regola modello di vita consacrata secolare. E’ una strada difficoltosa, ma come dice Sant’Angela, “osservando questa Regola…troveremo che le strade spinose, erte e sassose si faranno a noi floride, piane e di finissimo oro coperte…” . E poi la gioia di essere sposa di Gesù supera tutte le difficoltà. Quest’anno con me c’è anche Rosemarie, che è stata ammessa al periodo di prova lo scorso settembre. Con una compagna il cammino è molto più bello e ringrazio il Signore anche per questo. La nostra cara Madre ci è sempre vicina. Con la sua intercessione mia cognata presto diventerà mamma! Ora preghiamo perché proceda tutto bene, accettando e compiendo sempre la santa volontà di Dio. Vi ringrazio per il vostro affetto e vi prometto tante preghiere da parte mia, per Voi e le vostre intenzioni. Fabiana F.
Bisogno d’infinito Il nostro Vescovo Luciano ha lanciato una serie di messaggi invitando a riscoprire la nostra crescita umana e cristiana per diventare davvero persone ricche di serenità, affidabili, che con la propria vita di ogni giorno cercano di comunicare il Vangelo, la Buona Notizia con un at-
31
Tra noi teggiamento di Amore, non solo guardarsi allo specchio, ma SPECCHIARSI NEGLI OCCHI DI DIO ! L’estate può essere un tempo di vacanze anche per riscoprire i limiti e ritrovare la vera Libertà!. Gesù ( se abbiamo la pazienza di leggere il brano del Vangelo di Matteo, 6, 24-34) insegna la via della serenità, nel far diventare il limite la forza per non rimanere schiavi! La persona umana ha impresso nel profondo del cuore il bisogno d’infinito, il bisogno di Dio che talvolta cerca di soddisfare anche ammirando la natura, per esempio le meraviglie di un bel tramonto o la gioia di aver raggiunto una vetta innevata ecc. Ma l’oggi si scontra spesso con la pena quotidiana, con lo scoglio dell’altro, con il tempo che passa e poi? E poi, la Fede, dono di Dio che esige una risposta libera e consapevole aiutandoci a superare il rischio di confondere la pena quotidiana con la paura di vivere! E talvolta si spreca il presente alla ricerca del futuro, così il tempo diventa accumulo di cose da fare o da avere! Gesù invita, invece, a ricostruire la tela della Creazione e del rapporto tra Dio e l’uomo, ma anche il rapporto tra uomo e uomo e tra uomo, animali e cose. La libertà vera, di cui il Cristo è portatore, è prima di tutto capacità di accorgersi che le meraviglie di Dio, soprattutto il Suo eterno (che significa sempre) Amore Misericordioso sono un aiuto che dà respiro alla sete di infinito che regna nel cuore umano! Buona estate.
32
Tra noi
Cuore buono”
Mariuccia G.
Leggendo il Bollettino della mia Parrocchia – Brescia S. Antonio da Padova – mi ha colpito lo scritto di Pietro Antonini rivolto ai suoi cari parrocchiani pochi giorni prima di morire, il 14 marzo 2011. Io lo ricordo come uno che ci può aiutare intercedendo per noi preso il Padre. Per me è stato un caro amico e lo è tuttora. Mari M. Cari amici… con mia grande gioia è già trascorso un anno dalla mia consacrazione. Volevo condividere con voi questo momento e raccontarvi i sentimenti che ora provo. Sento il grande desiderio di pregare per tutti e affidare tutti alla protezione di Maria che ben conosce le sofferenze umane. Ho avuto la grazia di poter partecipare, per la prima volta, alla Messa dei Consacrati che si è svolta in Duomo con il Vescovo, nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio. Sono stato accompagnato dal nostro don Angelo ed è stata una occasione di grazia e unità. Come ha detto il Vescovo Luciano, invito tutti voi a ringraziare con me il Signore per il dono della vita consacrata. I sacerdoti sono per noi figure di riferimento alle quali ci possiamo affidare come facciamo con il Signore. Volevo ringraziare particolarmente don Faustino e don Angelo e tutti i parrocchiani che mi ricordano e mi vogliono bene. Un abbraccio caloroso
33
Le ricordiamo
Sandrini Rosa Nata a Travagliato nel 1915 Consacrata nel 1948 – Deceduta il 6 marzo 2011
La nostra sorella Rosa, come Figlia di Sant’Angela, ha saputo mettere il Signore al centro della sua vta, indirizzando a Lui tutto il suo operato e apostolato nella nostra Comunità parrocchiale. La sua attenzione è andata pure alla sua numerosa famiglia, che ha servito nei tanti bisogni. Molti la ricordano in particolare come catechista, quando teneva il gruppo dei piccoli nella stanza attigua alla sacristia. Insieme alle altre sorelle era sempre attenta e disponibile nei molti servizi prestati alla parrocchia nei vari ambiti. Fin che le forze glielo hanno concesso, è sempre stata una presenza attiva, nella umiltà e nel nascondimento, tipico del suo stesso carattere. Anche quando le forze sono venute meno, non ha mai lasciato mancare il ricordo nella preghiera delle tante persone che ha educato ed accostato. Con lo stesso stile di Tobia, non ha mai abbandonato la sua fede, che l’ha accompagnata sino alla longeva età di 95 anni. Per questo oggi insieme al saluto finale, vogliamo esprimere anche la gratitudine di tutta la nostra comunità. Il Parroco Don Mario Metelli Donna forte, amava molto Sant’Angela ed è stata sempre entusiasta della sua vocaizone. Responsabile delle Figlie di Sant’Angela, ci ha aiutato a pregare ed a capire il valore della vita consacrata al Signore Gesù.
34
Le ricordiamo Ora, senza accorgersi, è passata dalla terra al Cielo per godere sempre del Suo Sposo GesÚ. La ricorderemo con tanto affetto.
La Responsabile del gruppo Maria V.
Treccani Amelia Nata a Vestone il 01- 07- 1922 Consacrata nel 1963 - Deceduta il 17 maggio 2011
Rubagotti Angela Nata a Rudiano il 30-05-1911 Consacrata nel 1939 - Deceduta il 20 maggio 2011
Guatta Maria Nata a Muscoline il 05-10-1925 Consacrata nel 1953 - Deceduta il 20 maggio 2011
35
Indice
Indice La parola del Superiore (S. Ecc. Mons. Vigilio Mario Olmi) “Secondo i disegni di Dio” pag.
3
La parola della Superiora (Maria Teresa Pezzotti) In cammino
pag.
8
Alle sorelle ammalate (Enrica Lamberti)
pag.
10
Spiritualità Chiesa ed eucaristia: unico corpo del Risorto (Rosa Pollini) Saper tessere relazioni... (Prof. Angelo Metelli)
pag. pag.
12 15
Attualità Immigrati fratelli di sangue (Don Franco Frassine)
pag.
17
Missioni ad extra
pag.
20
Cronaca C’era una volta “La Casa dell’orfana” (Zambelli Sac. Ernesto) Ti segnalo un libro, rubrica a cura di Giusi P. (Nicola Vacca)
pag.
22
pag.
29
Tra noi Buone nuove da Iseo (Fabiana F.) Bisogno d’infinito (Mariuccia G.) “Cuore buono” (Fra Pietro dell’Addolorata)
pag. pag. pag.
31 31 33
Le ricordiamo
pag.
34
36