Francofonia, film di A. Sokourov (2015)

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Francofonia

Angela Todisco


Alexandr N. Sokurov e Francofonia «Je me suis demandé: comment pourrais-je créer un hymne à ce monde? […] Je n’ai jamais été intéressé par la mort, la guerre et la destruction. Francofonia n’est pas un film sur la guerre, la mort ou les pertes. C’est la vie qui m’intéresse. La création, pas la destruction. Dans le contexte de mon film, ça se traduit par la question: «Comment les Français ont-ils réussi à préserver les collections du Louvre?» […] «Je suis convaincu que les tableaux peuvent discuter avec nous. Mais pas tous – seulement les peintures originales, réellement capables de transmettre un sentiment vivant» […] De quel «pessimisme» parlez-vous ? Nous sommes restés en vie, non? La Russie est vivante! Nous avons la culture et l’art. Tant qu’il y a de la vie, il y a de l’espoir. Ne l’oubliez pas! Je suis assis en face de vous, je suis vivant. Plutôt que de «pessimisme », il serait plus juste de parler «de chagrin et de douleur», en tant que principe artistique – qui, lui, est indéniablement présent dans le film. Un tel film serait impossible sans un sentiment de tristesse profonde». [http://www.lecourrierderussie.com/culture/2015/09/francofonia-louvre-occupation-nazie-alexandre-sokourov/]

Angela Todisco


Alexandr N. Sokurov: il cinema e l’arte «Il cinema non significa niente per me, se non c’è una base culturale. Non mi considero come un autore di opere d’arte, mi considero come un allievo al quale solo un pittore, un musicista, uno scrittore può insegnare: per me non ci sono altri maestri. E questi li trovo dentro un museo. […] Nel cinema si è legati alla storia, invece per me i personaggi di un museo esistono, sono vivi. […] Il cinema deve molto al pittura, ma molto di più alla scultura, alle arti plastiche. Lavoro con un attore come con una scultura vivente, una vita scolpita. […] Il cinema non esiste come arte, ma esiste solo la nostra aspirazione alla pittura, alla storia dell’arte, alla letteratura. E quanto più forte è il nostro amore per l’arte, tanto più forte è l’aspirazione artistica che chiediamo al cinema». (da: Les visiteurs du Louvre de G. Caillat, making of du film (dvd2)

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Paolo Veronese, Nozze di Cana, 1563, 666x990, MusĂŠe du Louvre, Paris

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Il Titolo e le affiches

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Il Titolo e le affiches

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Il Titolo e le affiches

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Il Titolo e le affiches

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Il Titolo e le affiches

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Il Titolo e le affiches

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La Francophonie

Il francese è la quinta lingua più parlata nel mondo per numero di parlanti e la seconda più insegnata come lingua straniera dopo l'inglese. È, insieme all'inglese, l'unica lingua del mondo diffusa in tutti e cinque i continenti. Angela Todisco


La Francophonie

Francophonie: l'insieme dei popoli o comunitĂ che utilizzano la lingua francese completamente (lingua madre), parzialmente (lingua ufficiale o amministrativa) o raramente (lingua di insegnamento).

Angela Todisco


La Francophonie

Francophonie: l'insieme dei popoli o comunitĂ che utilizzano la lingua francese completamente (lingua madre), parzialmente (lingua ufficiale o amministrativa) o raramente (lingua di insegnamento). Francophonie: l'insieme dei governi, dei Paesi o delle istituzioni ufficiali che hanno in comune l'uso del francese nei loro lavori o nei loro scambi commerciali. Angela Todisco


La Francophonie L’OIF (Organisation Internationale de la Francophonie), creata nel 1970, è un'importante organizzazione internazionale composta da 56 Stati, il cui scopo è quello di promuovere: • la lingua francese, •

lo sviluppo economico e gli scambi commerciali tra i paesi membri,

la cultura e la ricerca scientifica,

i diritti civili e la pace,

obiettivi ben riassunti nel motto dell'Organizzazione: "Egalité, complémentarité, solidarité». Angela Todisco


E per Sokourov?

Prima della battaglia di Waterloo (1815), il francese era la lingua degli intellettuali e dei diplomatici; e anche dopo, il francese rimane la lingua della nobiltà russa. Scena del primo incontro tra Jaujard e von Wolff-Metternich: Von Wolff-Metternich in ottimo francese chiede a Jaujard se parli tedesco, e questi risponde: “Je suis trés français”. Angela Todisco


E per Sokourov?

È un invito a difendere/preservare la cultura francese, la «francesità»?

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E per Sokourov?

È un invito a difendere/preservare la cultura europea? («Cosa sarebbero Parigi e la Francia senza il Louvre e cosa sarebbero San Pietroburgo e la Russia senza l’Ermitage»). o la bellezza? («La bellezza salverà il mondo», scriveva lo scrittore russo Dostoevskij) Ma difenderla da cosa? E poi il mondo è davvero in grado di salvare la bellezza? E quale bellezza? Angela Todisco


E per Sokourov?

O è un omaggio alla Francia, alle sue idee rivoluzionarie di libertà e uguaglianza? («Marianne», Napoleone).

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Titoli di testa o titoli di coda? Dirk: «Parliamo senza immagine» Sokourov: «Cosa saremmo senza l’Europa?» Sokourov: «Sono qui, circondato dai libri, che parlo da solo» Dirk: «Non voglio parlare del passato. Parliamo del presente»

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«Perché mi guarda così? Si direbbe che sappia che cosa ci attende. Ce lo dirà lui. Chi altro potrebbe, se non lui? Anton Pavlovic... Anche lui non parla. Si è addormentato. Dorme, dorme... dorme profondamente. Non si risveglierà tanto presto. Anche lui si è addormentato. Nel momento peggiore. Signor Cechov?... Anton Pavlovic!... Signor Cechov, si svegli. Il secolo è iniziato. Angela Todisco


«È iniziato... il Ventesimo secolo. A chi mi rivolgerò? Chi c'è? Ah... ecco... il popolo. Che volti... che anime... Angeli... Bambini. Crudeli... come possono essere i bambini... soprattutto quando i genitori dormono. È così, che cominciò il Ventesimo secolo: i nostri padri si addormentarono... Rieccola. Appena arrivo qui, ecco che lei mi corre appresso.» Angela Todisco


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Thèodore Géricault , La zattera della Medusa, 1818-1819, 4,91 m x 7,16 m; Musée du Louvre, Paris Angela Todisco


«E allora, l’opera più significativa del Louvre, più interessante persino della Gioconda o della Nike di Samotracia, per il regista russo diventa La zattera della Medusa di Géricault, su cui l’occhio della sua videocamera indugia a lungo, a sottolineare il destino incerto di un continente carico di storia e di cultura, ma incapace di arrestare il processo della propria decadenza economica e politica». Giaime Andrea Alonge Angela Todisco


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«Sballottare l’arte sull’oceano è disumano. Il mare... l’oceano. Guardo, e ricordo Cechov: "Il mare s'ingrossava, su ogni onda se ne infrangeva un'altra e... non c'era in loro né coscienza né morale.” Le forze del mare... e della Storia sono così: senza coscienza ... senza morale. Cosa m'importa di questo oceano? Che viva pure la sua vita, e noi la nostra. A cosa ci serve conoscere questa forza? Noi abbiamo le nostre città, i nostri cieli, i nostri comodi appartamenti ... la vita ... la bellezza ... Un popolo ... è circondato ... all'oceano. Un essere umano... ha un oceano... in sé. Penso molto... a questa città, negli ultimi tempi. Da qualche parte, c'è il Louvre. Dov'è il Louvre?» Angela Todisco


«Anche la più felice delle città ... non è al riparo... da un disastro. All'inizio ... dell’estate del 1940 ... l'esercito nemico entrò a Parigi. Era il 14 giugno. La città era deserta. Sì, la città era deserta. Il governo era partito, dichiarando la bella Parigi "città aperta". I francesi, quei pazzi di cinema... filmeranno nonostante tutto. Ed ecco il nuovo padrone.» Angela Todisco


«Dov'è il Louvre? Eccolo. Quanto sta bene, là dov'è. Mi ha sempre affascinato che stia là. Architettura ammirevole. Angela Todisco


«Il Louvre... il Louvre. E se questo museo... fosse più prezioso... della stessa Francia? Chi vorrebbe una Francia... senza il Louvre? O una Russia... senza l‘Ermitage? Chi saremmo noi senza i musei? Spesso... ci sembra... che i musei si prendano gioco di ciò che li circonda... finché non ne vengono disturbati. Ma i musei possono anche custodire i peggiori segreti del potere... e delle persone» Angela Todisco


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Musèion «Il termine greco mousei=on sottintende il vocabolo i(ero/n, ‘santuario’, e serviva ad indicare un luogo dedicato al culto delle Muse, le divinità preposte alla danza, alla musica, al canto e alla poesia, ed ispiravano l’uomo infondendogli la memoria e sviluppandone la creatività intellettuale. La sfera di influenza delle Muse fu così ampia da determinare una vasta applicazione della parola mousèion, la quale giunse a comprendere anche le istituzioni e le attività cultuali ed educative promotrici della conservazione e della trasmissione del patrimonio artistico e letterario. Numerosi Mouseia sono attestati in Grecia sin dall’epoca arcaica e classica. Ad Atene le espressioni più alte dell’importanza culturale delle Muse furono i Musei dell’Accademia di Platone e del Peripato di Aristotele. Ad Alessandria d’Egitto il Museo diventa un ‘tiaso’ di dotti che hanno come elemento di unione il culto delle Muse» [M. Berti – V. Costa, La Biblioteca di Alessandria. Storia di un paradiso perduto, Ed. Tored, Tivoli 2010, pp. 82-83] Angela Todisco


Musèion «Ma un approccio «musealizzato» simile a quello odierno sarebbe stato inimmaginabile per un Greco di età classica. L’arte figurativa era parte integrante della vita quotidiana, pubblica e privata, consueta come i canti del simposio, la narrazione degli aedi o la visione di una tragedia. […] La fruizione museale dell’opera d’arte presuppone la consapevolezza di un «antico» con cui non si sente più continuità, inteso come qualcosa di prezioso perché inesorabilmente perduto. […] Un gusto più schiettamente malinconico e talvolta antiquario per il passato comincia però a sorgere già in epoca ellenistica. […] Un paio di secoli dopo, a Roma, si assiste al primo consistente sviluppo del collezionismo d’arte. Dopo la conquista e l’annessione dell’Ellade, l’ansia di acquisire un nuovo prestigio culturale fa maturare nelle élites repubblicane una vera e propria passione per tutto ciò che è greco. Nasce così, tra l’altro, la moda delle copie o riproduzioni delle più celebri sculture greche. […] Durante l’Umanesimo nascono le collezioni private delle grandi famiglie aristocratiche e patrizie, che dimostrarono una spiccata tendenza all’accumulo di qualunque cosa avesse sapore classico. […] Nostalgia e appropriazione culturale; rimpianto del passato e riuso dei modelli: questi i due movimenti che attraversano tutta l’età moderna sino a trasformarsi nello struggente canto malinconico del Classicismo tedesco (Winckelmann) e nell’evoluzione dalla collezione privata al museo pubblico». [AA.VV., Alla fonte delle Muse, Bollati Boringhieri, Torino 2007, pp. 249-252] Angela Todisco


Nascita del Museo moderno Diderot nella Enciclopédie (1751): «Le raccolte di quadri, come io le immagino, quelle in cui non si ammettano opere incerte, alterate, svisate e i cui possessori consentano l’ingresso non soltanto agli artisti, ma a tutti quelli che vogliano realmente istruirsi, senza eccezione di condizione; le collezioni dunque nelle quali si raccolgono e si accostano, seguendo una sorta di metodo, le opere belle, divengono infine per le arti e per la nazione delle scuole, nelle quali gli amatori d’arte possono apprendere nozioni, gli artisti fare utili osservazioni ed il pubblico riceverne alcune idee giuste». Vandalismo e iconoclastia rivoluzionaria contro ogni immagine del passato neofeudale. 1791: l'Assemblea Nazionale vota la statalizzazione delle raccolte reali, dei beni e delle proprietà ecclesiastiche e afferma per la prima volta il carattere integralmente pubblico del patrimonio storico artistico. 1793: creazione al Louvre del Musée Révolutionnaire e inizio dell'epoca dell'amministrazione statale del patrimonio artistico. Angela Todisco


Perché il Louvre? «È il più visitato del mondo. Si distingue perché non nasce dal proprio territorio circostante, ma ha una più grande ambizione. È un palazzo reale antico sino alla Rivoluzione. Nasce l’idea di museo quando il re Luigi XV va a Versailles. Diventa museo alla fine del 1793. Ma il vero momento fondativo è quando nel 1794 le armate sciamano per l’Europa e fanno razzie di opere d’arte. Il Louvre si basa sulla seguente ideologia: la Francia ha il diritto di appropriarsi delle opere d’arte del mondo perché è l’unico luogo dove c’è la libertà.» Salvatore Settis

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Perché il Louvre «Francofonia conserva in sé nella trama o piuttosto dietro la trama l’impronta di nascita del Luovre, come museo centrale d’Europa, all’insegna politica dell’uguaglianza e della libertà dei cittadini, cioè di un’arte per tutti. Quindi la memoria del Louvre è questa. C’è il legame tra l’iconoclastia e il risarcimento delle opere d’arte, la conservazione e la perdita della memoria. C’è l’idea che non esiste arte senza storia e che l’arte è un prezioso serbatoio della memoria e che il museo sia un prezioso serbatoio della memoria collettiva. Credo che quello che il film ci racconta, le riflessioni che ci invita a fare ruotino dietro l’idea del Museo come memoria, dell’arte come riflesso della comunità degli umani e del cinema come mezzo più efficace per raccontare oggi questa storia per poterla raccontare anche domani» Salvatore Settis

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