Ornette Coleman
Ornette Coleman un’idea armolodica
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Programma
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Siamo arrivati al terzo anno con Concerti Contemporanei e dopo "Settimana Stockhausen, giorni di ascolto e concerti con Karlheinz Stockhausen, 6>13 novembre 2004" e "Heiner Goebbels, concerti e visioni, con un Saluto a Scelsi, nel centenario della nascita di Giacinto Scelsi, 7>10 ottobre 2005" oggi proponiamo un altro ritratto: Ornette Coleman, un'idea armolodica.
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Armolodica ragione
Un'immersione nella sua musica: tre concerti preparati e proposti da Ornette, con musiche scritte e riviste appositamente per Bologna, Reggio Emilia e Modena, con una formazione inedita per questo progetto regionale; un incontro con l'autore; un film. Un quadro di questo musicista (classe 1930) che proietta anche oggi la sua visione e dipinge la musica inventando i tessuti e impastando con i colori della sua vita, un'esistenza dedicata alla ricerca: una ricerca che guarda dentro per trovare fuori. Ecco un'idea, è la mia melodia, ora provate a seguirmi, a sorprendermi, a suonare anche la vostra melodia, forse, e anche, eco della mia: è piÚ semplice
Evidenti sinergie tra dichiarate differenze: AngelicA (nel ruolo di coordinamento e progettazione) insieme a Fondazione Teatro Comunale di Bologna, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia - REC Festival d'Autunno e Fondazione Teatro Comunale di Modena, stimolati dal sostegno dell'Assessorato alla Cultura della Regione Emilia Romagna, e dal contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Potremmo trasferire per un attimo un' armolodica ragione ai soggetti che presentano questo evento, quasi come fossero (espressione di) musiche diverse in una sintesi che riesce a essere tale perchè hanno trovato un motivo comune. Tutto, prima o poi, arriva a maturazione. Ma la musica può molto di più, è un grande grande grande accordo. Massimo Simonini
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di quanto si pensi, l'insieme è efficace, siamo continuamente invitati a partecipare, cor-risponde alla nostra espressione; come trovare più voci in una, più espressioni più possibilità, quasi un esempio di future mescolanze. Ornette dice anche questo e ci tiene a non parlare di 'stile': "Music is not a style", mi racconta nella sua casa a New York, e altre riflessioni scorrono, quasi sconnesse ma collegate da un'intima convinzione: il potere che ha la musica; e spinto da un'idea che arriva all'improvviso e riassume quanto c'è ancora da dire, da fare per cambiare, per far nascere un 'nuovo suono', che a sua volta trasforma la realtà.
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“Qual è il suono di un suono?” “Il tempo porta via il nostro tempo.” “Io chiamo l’idea melodia. L’idea è il più celato atto religioso che avvenga in un corpo “Cerco di suonare emozione pura” Onette Coleman
Benché Coleman abbia diretto una grande varietà di formazioni, dai duetti alle orchestre di musica sinfonica, elettrica e acustica, la sua concezione musicale di fondo è sempre stata notevolmente coerente. Il suo interesse principale è quello di scrivere e suonare musica che consenta a tutti i musicisti di dare libero corso alla loro immaginazione e alle loro idee. Il suo sistema musicale, detto “armolodia”, che ora chiama anche “grammatica sonora”, è un notevole esercizio di democrazia applicata. A tutte le voci viene dato uguale peso, tutti i musicisti sono liberi di dare grandi contributi individuali nell’attento ascolto reciproco, dando e nel contempo prendendo spazio alla rispettiva creatività di ciascuno.
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Per oltre cinquant’anni il sassofonista e compositore Ornette Coleman ha giocato un ruolo fondamentale nella musica. Inventore di ciò che è stato definito il “free jazz”, Coleman appartiene a quella rara genìa di artisti e pensatori la cui influenza si estende ben oltre il dominio del mezzo d’espressione prescelto. Ponendo incessantemente il suo notevole virtuosismo al servizio della melodia e dell’emozione, l’artista ha sempre avuto e continua ad avere un forte impatto sul modo di suonare, improvvisare e comporre dei musicisti, sulle modalità di ascolto degli amanti della musica e sul colore e suono della musica di tutto il mondo.
Sound Grammar è la prima uscita discografica della nuova etichetta di Coleman, anch’essa chiamata "Sound Grammar" ed è il primo album uscito in più di dieci anni; è anche il suo primo album dal vivo dopo vent’anni e la prima registrazione del suo gruppo piu recente che ora ha tre anni di vita. Il suono di questo gruppo, composto da Ornette Coleman al sassofono, tromba e violino, da suo figlio Denardo Coleman alla batteria, da Tony Falanga e Greg Cohen al contrabbasso, non ha paragoni sulla scena musicale e nella carriera di Ornette.
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Registrato durante un concerto dal vivo in Germania, alla fine del 2005, Sound Grammar presenta sei nuove composizioni di Coleman e due ritrovate: “Song X”, uscita per la prima volta nell’omonimo album del 1985 e “Turnaround”, dal classico LP del 1959 “Tomorrow is The question”. Coleman spiega: “Quando sono invitato a suonare scrivo un intero programma ex novo, in modo tale che non dobbiamo interpretare qualcosa che io ho già suonato ed i miei musicisti no. Voglio che si trovino nelle stesse condizioni in cui sono io. Lo faccio solo a fini egualitari, non perché voglio essere un grande compositore.” Ornette continua a spiegare: “La grammatica del suono sta alla musica come le lettere stanno al linguaggio.”
Tuttavia, il cammino verso l’odierna acclamazione universale non è sempre stato privo di ostacoli. Coleman nacque il 9 marzo 1930 in una sperduta cittadina del Texas, Fort Worth. Suo padre morì quando lui aveva sette anni. Sua madre, cucitrice, dovette lavorare duramente per comprare il primo sassofono del quattordicenne Coleman. Autodidatta, Coleman apprese a suonare a prima vista da un manuale per pianoforte e presto cominciò a far musica con band locali di rhythm & blues. Per quanto la musica di Coleman si sia evoluta nella sperimentazione e nella ricerca, il profondo influsso del blues e le radici africane d’origine delle "bar band" della sua giovinezza non ha mai abbandonato la sua opera. Il suo affrancamento dal circuito honky-tonk locale giunse quando l’artista aveva vent’anni, con l’ingaggio nella band di Pee Wee Crayton. Nel periodo in cui il gruppo raggiunse Los Angeles, Crayton avrebbe realmente pagato Coleman per non fare assoli. In Downbeat, nel 1960, Coleman disse a Robert Tynan: “La maggior parte
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Per la sua visione essenziale ed innovativa, Ornette Coleman è stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra i quali il MacArthur “Genius” Award, l’investitura alla American Academy of Arts and Letter, le lauree ad honorem dell’Università di Pennsylvania, del Bard College, della New School for Social Research e della Berkley School of Music...
dei musicisti non mi accettavano perché dicevano che non conoscevo i cambi e che non ero intonato.” Coleman sapeva di non essere solo nella ricerca di un suono che esprimesse la realtà come lui la percepiva. Le competitive sessioni di bebop durante le incisioni erano completamente incentrate sulla più alta forma di espressione di sé. Egli disse: “Potevo mettermi a suonare nota per nota come Charlie Parker, ma era solo una questione di metodo. Così ho provato ad immaginarmi come uscire da questa situazione.”
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Los Angeles si confermò come il laboratorio per quello che poi sarebbe diventato il free jazz. Inseguendo con tenacia i suoni della sua testa, Ornette si manteneva facendo l’addetto agli ascensori nei grandi magazzini Bullocks e studiando armonia nelle pause. Allora cominciò a formarsi intorno a lui un nucleo di musicisti che sarebbero in seguito spesso ricomparsi nella sua vita: uno smilzo adolescente alla tromba, Don Cherry ed un cherubico suonatore dallo stile pensoso al contrabasso, Charlie Haden, che in Ornette trovò il complice dei suoi sogni. Anche i batteristi Ed Blackwell e Billy Higgins si unirono alle intense sessioni di ricerca, nonostante l’assenza di serate dal vivo.
Semplicemente persistendo, la creatività di Coleman è stata in grado di attirare molti musicisti. Il bassista bebop Red Mitchell (un vecchio collega di Cherry) aveva accompagnato il sassofonista alla Contemporary Records di Lester Koenig con l’iniziale intenzione di vendere qualcuna delle composizioni di Ornette. Avendo compreso le difficoltà che i musicisti avevano nel suonare quella musica, Koenig chiese a Coleman se poteva eseguire da sé i propri motivi. Tutto questo portò, nel 1958, all’album "Something Else" e l’anno successivo a "Tomorrow Is The Question". Un altro sostenitore era il pianista e direttore musicale del Modern Jazz Quartet, John Lewis,
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Coleman ricorda con affetto i suoi primi collaboratori: “Don, Billy e Charlie salirono a bordo e molto rapidamente divennero un gruppo di musicisti creativi come mai avevo udito fino ad allora. Avrei trascorso tutto il tempo scrivendo nuova musica, di solito lo facevamo per ogni spettacolo, e loro l’avrebbero suonata come se l’avessero fatto per tutta la vita. Come gruppo e come esseri umani abbiamo trovato una relazione veramente speciale rispetto al nostro comune senso umano e della creazione artistica: era realmente qualcosa di diverso. Don & Billy mi mancano moltissimo, sia come musicisti che come amici.”
salutò Coleman come “l’unica cosa realmente nuova nel jazz da Charlie Parker nella metà degli anni quaranta.” Fu Lewis a procurare gli inviti a Cherry e Coleman per studiare al workshop estivo di Lennox, in Massachussetts e a presentarli al produttore Neshui Ertegun, dando avvio in tal modo a quella che sarebbe diventata una breve ma fertile collaborazione con la Atlantic Records.
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L’energia e l’elettricità formatasi attorno ad Ornette e ai suoi musicisti esplose durante il suo ormai leggendario ingaggio al Five Spot Jazz Club di New York alla fine del 1959. Alimentata dalle voci sull’approccio non ortodosso del giovane texano, una grande aspettativa precedeva gli spettacoli e quando le due settimane iniziali si estesero a sei, il rivoluzionario quartetto di Coleman divenne l’evento da non perdere di tutta la stagione. Alla serata d’apertura presenziò una parte rilevante dell’intelligentia artistica di Manhattan. La critica s’infuriò e inveì. Tuttavia, Robert Palmer, scrittore e collega di lunga data di Coleman, osservava nelle sue note al cofanetto (Atlantic) "Beauty Is A Rare Thing": “Il fruitore di oggi ascolterà questi pezzi in quanto sono lavori ben concepiti e superbamente realizzati nel linguaggio appropriato e si chiederà
All’apice del freewheeling, nei pieni anni sessanta, la perfezione di "The Shape of Jazz To Come" (1959) con la sua ode senza tempo, “Lonley Woman”, aveva cristallizzato l’energia e l’ottimismo dell’epoca. La filosofia e la musica di Coleman erano in sintonia con i tempi. Il sassofonista aveva nuovamente scosso e ha scioccato il mondo musicale con una pietra miliare, il suo esplosivo doppio quartetto Free Jazz, che aveva come protagonisti l’ancia di Eric Dolphy, la tromba di Freddie Hubbard, il contrabasso di Scott LaFaro, oltre a Cherry, Haden, Higgins & Blackwell. Dopo il suo divorzio dall’Atlantic, Ornette trascorse tre anni a studiare tromba e violino e ad ampliare la portata delle sue composizioni fino ad includere quartetti d’archi, quintetti di fiati ed opere sinfoniche. La storia degli artisti afro-americani che hanno trovato un più caloroso apprezzamento oltreoceano è lunga. A metà degli anni sessanta, Ornette intraprese un periodo di nomadismo in Europa. Realizzò i suoi primi concerti fuori dall’America in Inghilterra e in Scandinavia.Europa.
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quale potesse essere stato l’oggetto di tutta la controversia.”
Per i fans del jazz europeo queste erano quasi sacre visitazioni che finalmente portavano alla luce il vangelo del free jazz. Le registrazioni che ne risultarono, della Blue Note, "At The Golden Circle" Volumi 1 & 2 ancor oggi continuano ad essere adorate reliquie.
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La Musica riportò Coleman alla West Coast. Una composizione orchestrale di venti minuti, “Sun Suite”, fu eseguita al Greek Theatre di Berkeley da 25 membri della San Francisco Symphony Orchestra, nel 1968; il promotore di rock indipendente Bill Graham gli procurò un ingaggio al San Francisco's Fillmore West e al New York's Fillmore East, qui in locandina con John Coltrane che a quell’epoca studiava con Ornette. Una delle preoccupazioni di Ornette è sempre stata quella di trovare uno spazio alla portata delle proprie possibilità economiche, sicuro e controllabile, nel quale lavorare liberamente. Coleman ed altri artisti trovarono un tale rifugio nel trasandato, grigio, deserto della SoHo postindustriale della New York City dei tardi anni sessanta. Al 131 di Prince Street Ornette creò l’Artist House, uno spazio per la performance ed una galleria che era parte integrante di una vivace comunità di artisti. Proseguendo la ricerca nell’ambito della composizione, Coleman utilizzò una sovvenzione della Guggenheim Foundation per scrivere una sinfonia, “Skies of
Nel 1973, Coleman e lo scrittore e clarinettista Robert Palmer si recarono in Marocco con un piccolo gruppo di amici per lavorare con i Maestri Musicisti dello Joujouka nel loro villaggio sulle montagne. L’unione di musica e spiritualità vissute nell’esistenza quotidiana, costituì per loro una potente fonte d’ispirazione. Di ritorno a New York, Coleman, ricaricato, prese le mosse del suo ulteriore, radicale, cambiamento – l’elettrificazione della sua musica - formando Prime Time: spring funky band saltellante e armolodica, che comprendeva Jamalaadeen Tacuma al basso elettrico, Ronald Shannon Jackson alla batteria e, infine, James Blood Ulmer alla chitarra. La band registrò due album per l’etichetta Artists House, "Dancing In Your Head" e "Body Meta" e l’indimenticabile "Of Human Feelings" per le edizioni Island's Antilles. Stanco di passare da una etichetta all'altra senza nessun uomo fidato alla guida, Coleman arruolò Denardo come suo manager. Il disco
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America”, che debuttò al Newport Jazz Festival il 4 luglio1972. Coleman afferma nelle sue note di copertina: “Sotto i cieli americani in questo secolo sono avvenuti molti più cambiamenti che in nessun altro paese... Quando si raggiungerà il millennio, ai nostri discendenti importerà qualcosa degli indiani d’America, i cui cieli diedero così tanto?”.
seguente si dimostrò uno dei suoi lavori più commerciali: "Song X", del 1986, realizzato in collaborazione con il chitarrista Pat Metheny. Sempre alla ricerca di un contesto lavorativo salubre, nel 1985 i Coleman acquistarono un edificio che aveva già ospitato una vecchia scuola privata nel Lower East Side di Manhattan. Grande quanto un intero isolato, la vecchia P.S.4 di Rivington Street avrebbe dovuto accogliere un Harmolodic Institute, dotato di spazi per gli spettacoli e dormitori. Sebbene l’edificio costituisse una grande risorsa per le prove, alla fine l’idea si rivelò troppo ambiziosa.
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Più semplice ed opportuna fu la collaborazione, alla fine degli anni ottanta, con il nuovo centro culturale "Caravan of Dreams" nella nativa Fort Worth. Coleman inaugurò l’apertura del locale con una serie di eventi, tra cui “Skies Of America.” In tale occasione fu fondata anche una nuova etichetta musicale. Ornette ricorda: “Ho detto, cominciamo con qualcosa di veramente speciale.” Il risultato fu "In all Languages", una trionfale sintesi antologica e, in qualche modo, la chiusura del cerchio. In questo album Coleman accosta diverse versioni degli stessi brani musicali eseguiti rispettivamente dalle formazioni del ’57 e dell’87: "The Original Quartet" con Cherry, Haden e Higgins e "Prime Time", con il quale, per l’occasione, eseguì la reinterpre-
tazione del suono.
Nei primi anni novanta Ornette fondò l’etichetta "Harmolodic" ed iniziò una collaborazione con la Polygram. Nel corso del decennio la joint-venture pubblicò un buon numero di opere, cominciando da "Tone Dialing" per terminare con una "coppia coordinata" di CD, "Sound Museum" e "Four Women". Piuttosto che semplici concerti, le performance di Coleman da questo momento diventarono grandi eventi multimediali che riflettevano la comunità urbana che li ospitava. Il prototipo di questi ambiziosi progetti fu realizzato in Italia, a Reggio Emilia, nel 1990, quando il primo evento, della durata di quattro giorni, occupò il centro storico della città con l’esecuzione di “Skies Of America” e i concerti del "PrimeTime" e dell’ "Original Quartet".
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La figura di Ornette si trasferì nella coscienza di un pubblico più vasto alla fine degli anni ottanta, quando si esibì con i "Greateful Dead" e registrò con il loro chitarrista Jerry Garcia. Legioni di fans si sintonizzarono con la forma della libera improvvisazione, correlata al collage progressivo di "Prime Time". L’album "Virgin Beauty" (CBS/Portrait), uscito nel 1988 per la Virgin, è testimone della stima e dell’affetto reciproco che univano Coleman e l’ultimo Garcia.
I due eventi, prodotti a ridosso l’uno dell’altro, nel 1997, a Parigi e a New York, furono singolarmente adattati alla cultura delle rispettive città ospitanti. In Francia, "Prime time" ha eseguito i brani di "Tone Dialing" con ballerini e video installazioni. Un’intera serata è stata riservata al duo, consegnando alle scene l’intenso scambio musicale tra Coleman e il pianista tedesco Joachim Kuhn, una combinazione che sarà registrata più tardi, nello stesso anno, su "Colors". Il filosofo francese Jacques Derrida apriva lo show con una conferenza.
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Un ingaggio di quattro serate al Lincoln Center di New York ha visto Kurt Masur dirigere il debutto newyorkese di “Skies of America”, eseguito dalla New York Philharmonic insieme a "Prime Time". Seguiva un raffinato concerto in trio con Higgins & Haden, che portava in scena del materiale completamente nuovo e una serata con "Prime Time" al completo, con video proiezioni e un’apparizione dell’ospite Lou Reed. A San Francisco "Tone Dialing" ha offerto un intrattenimento complesso, che includeva i ballerini, un video schermo di oltre 15 metri sul quale erano proiettate immagini d’arte locale ed il filosofo Vincent Harding che improvvisava un componimento poetico. Ma il momento più caldo della serata è giunto quando il famoso "body artist" Fakir e il suo gruppo hanno trafitto i loro
volti e corpi con barrette di metallo, trasformandosi in sculture viventi.
Metafisico, filosofo ed eterno studente, Ornette Coleman continua a confondere la categorizzazione. Ad un età in cui i più riposano sugli allori o ritornano sui loro classici, egli e la sua sconfinata creatività continuano ad espandersi. “La maggior parte della gente mi vede solo come un sassofonista e come un artista jazz”, ha affermato una volta. “Ma voglio essere considerato un compositore che potrebbe oltrepassare tutti i confini”. Con "Sound Grammar" egli si avvicina a passi da gigante all’obiettivo finale di tutta una vita.
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Oggi, alla tenera età di 76 anni, Ornette continua a ricercare, studiare, imparare, interrogare e comporre nuova musica per ogni suo nuovo concerto. Al suo più recente quartetto, documentato in "Sound Grammar", si è aggiunto solo il bassista Al McDowell in occasione del recente concerto alla Carnegie Hall di New York. Il New York Times ne parlò con entusiasmo: “Ed ecco cos’è stato il sound di Mr. Coleman: ancora una volta inusitato e provocatorio, qualcosa dotato di un proprio respiro e forza vitale.”
photo: Austin Trevitt
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La Fondazione del Teatro Comunale di Bologna Presidente Sergio Cofferati Sindaco di Bologna Vice Presidente Giorgio Forni Consiglieri Giancarlo Giusti Gaetano Maccaferri Anna Majani Giordano Montecchi Federico Stame Revisori dei conti Luca Mazzanti Massimo Moscatelli Leonello Venceslai
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Sono Sostenitori della Fondazione Teatro Comunale Le seguenti Aziende: ALFA WASSERMANN SpA
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ASCOM Associazione dei Commercianti degli Operatori Turistici e dei Servizi della Provincia di Bologna CONFINDUSTRIA BOLOGNA Associazione Industriali della Provincia di Bologna Socio Fondatore Originario COLDIRETTI Federazione Provinciale Coltivatori Diretti
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Direttore musicale di palcoscenico: Roberto Polastri Maestri collaboratori: Mario Benotto (altro maestro del coro), Andrea Bonato, Stefano Conticello, Cristina Giardini, Nicoletta Mezzini, Pietro Veneri (maestro suggeritore) Responsabile servizio elettricisti: Daniele Naldi Scenografo realizzatore: Stefano Iannetta Responsabile servizio attrezzisti: Giordano Mazzocchi Responsabile servizio costumi: Claudia Pernigotti Responsabile servizio audio/video: Claudio Pitzalis Capo macchinisti: Andrea Alessandrini, Cleto Tani Responsabile servizio costruzioni: Mariano Prodomo Responsabile movimentazioni e logistica: Alfredo Covili
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Direttore artistico Daniele Abbado Consiglio di Amministrazione Paride Bonetta (vice presidente), Emerenzio Barbieri Alberto Bigi Umberto Bonafini Bruno Franchi Paola Silvi.
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Traduzioni dall’inglese Roberta Reali Progetto grafico catalogo Concetta Nasone, Massimo Golfieri Stampa Grafiche Morandi - Fusignano (RA)
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