Parodia a scale Anila Resuli
Parodia a scale Anila Resuli
Prima edizione: marzo 2009
Ebook Š Edizioni foglia
forma a scatola mnemonica odi l'urlo, il silenzio dei passi, l'urna tormentata della bocca spalancata a udire dimenticanze e scarti; l'uscio qui, sorveglia già gli occhi, l'onda spessa che sulle finestre prende vita e chiama: dove odi suoni, dove? – dimmi.
Parodia #1 Ed ogni primavera conto le dita nelle unghie, per masticarle a briciole - e me ne vergogno - nel piantare melanconici sguardi alle ossa; perdonarmi talvolta, come nei gusci di uova a strappare sempre gli stessi fogli - fummo qui diversamente da ieri tremendamente giullari con volti immondi.
Parodia #2
Singolo e stretto i l c i g l i o - ti dirò - sorveglia la pupilla e stenta a credere che l'orizzonte abbia piÚ chiavi di lettura - s'inebria il fiato e mendica due parole sole nel ventre; il grembo distingue il colore della pelle e sembra partire su strade ferme col dimenticare.
Un germe ha del nome il parto, la sequenza delle pupille in chiusura continua nascita avvolta da nascita in una morte sola - e lĂŹ spiego: mi sovvieni di parole in distici a salire e corrompere il palato con la lingua nel sale e le gambe, addormentate giĂ nel collo piegano testa e cadono giĂš, fossero pigre in un punto solo.
Parodia #3
Parodia #4 Singola la mano destra ha meno dita di ieri - piani stiamo sui balconi ad ascoltare giornali nei parchi a pensare - diversi si è cosÏ poco lontani cosÏ silenziosi: strumenti distesi sul fondo del caffè.
Parodia #5 Il lobo s'allarga come camera disgiunta agli angoli delle fotografie: t u s c a l tro stai come vaso cinese ai piedi del letto e non mi porgi polsi ma vino e labbra sanguinanti e appena risvegliato ti si fa sera.
Fidarsi che la parola fuoriesca dalla gola al dente sfidare l'eco l'immagine che noi fossimo umani - sobrie figure pronte a cadere e mescolare le radici e finire sempre con la lingua conca al palato - non è peccato nÊ gioia. Apri le dita e conta: quanti fiati impari oggi di te, mi dirai domani.
Parodia #6
E' greve la sera sugli occhi e le bocche disgiunte - in un respiro disgeli di primavera col color d'occhi sotto le foglie verdastro sulla pelle - un'ala d'ape circonda e chiede alle ciglia di ballare; con i piedi qui in cerchio misto al tuo sapore, la lingua infiamma.
Parodia #7
Parodia #8
Amata virgola dopo virgola su un ciglio appena, ramifica il tuo canto il braccio il piede alle scale pari con foglio e penna, ridai tepore alle cose come inchini lenti nel tuo odore; sai forse dove arrivò inverno notte dopo sera chÊ lÏ io torno.
Parodia #9
Ingabbia gli odori il vento ch'adorna la voce di strade, di pietre; inganna le mani - cosĂŹ sul petto s'inchina lo sguardo sul foglio sul mento e non anima la luce ma in ombra clandestina rifugia gli occhi altrove.
Parodia #10
Si stanca la mano del labbro appena schiuso sul capezzolo - la forma distanza gli occhi e la bugia fa della notte pianti disattenti sulla sabbia - s'asciuga la lacrima: il mento ricorda un tremolio bruciato sulle parole d'inverno.
Parodia #11
Così poca è la luna: si è cicale pesanti sull'anca del mare e corrono gli occhi all'onda dipesa da onda (a finire si è scaltri come l'amore) come tegole continue sotto il piovere primaverile; m'insegni - qui - dove l'inizio ebbe fine a stare simili sulle panche al sole.
Parodia #12
Profilo sporgente a forma di foglia sugli occhi regge poco il ricordo - il limite è un cielo sparso a forma di mandorla, un riso calmo tra i denti - le tiepide cortezze del mento e lo sguardo non cela uno due tre dita di colore in vita e canditi di pietre intorno.
Parodia #13
Guarda - il sapore delle cose ha forma triangolare sulla lingua ché quasi si fa cerchio l'occhio sul mondo - il mio piacere distingue sulla mano il mento del braccio che incatena il bacio - la parola amore sa d'essere e dove mi porterà non è qui di strada - a saperci insieme, mi farò ubriaca.
Parodia #14
La percezione ha gli occhi piccoli a noci schiuse sulle dita e conta coi denti le lingue che attorcigliano la parola e ci divide già nel suono da rasoio quadrato sulle ciglia tra biglie odor caffè tra tavoli al bar.
Parodia #15
Cos'era poco, fu infame nei vicoli stretti e usci in fila indiana schiusi nelle bocche nei seni - nelle ore si fa sempre buio sulle tegole - e i diametri dei nostri passi aggravano cosĂŹ calmi gli occhi attorno.
Parodia #16
Stanca sai il cadere dei corpi con l'un l'altro a zig zag come fossimo diversi nelle costole - tu nella mia dimeni fogli e non finire e smembra la mente ciò che fu fame; - carne con la carne dimentica - ingoia il fiato e sveglia: il ventre t i e n e una vita sola.
Parodia #17
L'osso dimena e il chiodo buca; l'occhio distorce la vena in bilico: retti con lingue allungate a poche punte verso nord siamo piedi e lacci distinti su strade a vegliare - senza nomi numeri pari gravidi ma salvi (di diversa ombra una luna stasera).
Parodia #18
Pigra una scala dietro l'altra insegna al passo le grotte negli occhi distinte come ogni vita sulla punta dei piedi ed una ad una si conta con noi la malattia del giorno ch'oggi ha un altro nome; chiama dunque: l'autunno insegna un'unica volta di cadere alle foglie.
Parodia #19
Corri corri su ogni stelo c'è un gambo che indietreggia - rosso porpora il tuo passo m'inchina il sangue alle cosce - e sa che ad est vi è luce abbastanza chÊ intatto il fiato dove tange il ginocchio il collo, si scopre in lacrime; so che sarai qui domani a levar piedi agli alberi che piÚ non scoprano o l t r e il sole.
Parodia #20
L'inno delle poche maree distoglie il frangersi dell'onda dove lo spigolo è meno e il piÚ delle volte s'ordina in coppie da tre e batte le ciglia le mani in croce e f i n g e un canto alterno al grido che tu spegni e vai.
Parodia #21
Il nocciolo schiude il frutto con pedante angoscia che non cada ma viva - angolo dopo angolo gli alberi s'attendono nei tacchi e nelle dita e con voglia nipponica studiano - fiori di ciliegio danno colore alle labbra e si migra - si dice ai ponti - si va e oltre ancora sapremo dove sapremo come sarĂ primavera.
Parodia #22
Scorre l'acqua sul gradino, spezza l'ombra della tenda e schiude la finestra; il bordo cambia direzione e in fuga centripeta corrode - sempre d'odor nuovo tinge e richiama: la luce tra pi첫 pietre ritorna voce.
Parodia #23
Piangi madre: sarò stelo consumato su un unico gambo il giorno della veglia e non avrò dimora e scaltra la pena sarà piega e seni su braccia appena a strappi; le ginocchia il tuo dio me le ha rese a briciole e immobile qui attendo di cambiar ombra.
Parodia #24
Muschio appena e l'occhio avvampa di gocce e semi - cosĂŹ brevi da scandirle in fila senza numero - e appena si scorre, stona il rosario con la stoffa e la gente ferma sta dietro le borse le anche e le goffe bambine non sanno parlare ma squadrano - vecchie signore correggono il passo e, credimi, cosĂŹ fa notte.
Parodia #25
Il divano s'aggrava sotto il corpo e l'angolo buio, sorregge l'occhio alla finestra vicina; e stinco piegato la ragnatela sobria distanzia le pieghe le rughe e sta ferma lĂŹ a guardare; io tengo l'occhio socchiuso alla bocca e distendo la mano come un fermacarte dell'anima.
Parodia #26
Dove l'occhio è fuga e il sangue mania, ogni attimo che cola - un delirio appena - schiaccia le dita e sa di mordere il peso delle cose e il gocciolare rende dell'acqua la paura di fermare il tik tak che accompagna l'uscio a chiudersi; ma le cose non parlano se non a gesti: si rischia entrambi che sia un'ultima volta amore.
Parodia #27
E si scruta come la pietra dona curvatura all'acqua che stona e scava il sole nella terra d'olivi - oltre cresce il mare con l'onda grave e stranita nel pudore nelle guance, come una femmina sorpresa dal braccio dell'amante; vivi pietrifichiamo l'amore chÊ la tela sprona diversamente e forse qui si è oltre bugiardi e dismisura.
Parodia #28
DĂ forma parola e verso un albero e il frutto percorre le radici: tornare alla terra riecheggia torbide memorie e ghiandole che succhiano strappi e segni che tanto sogni non furono, se non tra fogli e pietre; ci insegnammo ancora a mentire come l'uscio cambia angolatura alla luce per renderci un piĂš buio possibile.
Parodia #29
Il palco s'affretta a chiudersi e le risa strappano lo sguardo appena e nelle mani s'altera il respiro delle finestre e nascondersi sotto le scarpe ha piĂš profumo che cambiar voce; indietreggia un poco e sono lĂŹ: cosĂŹ squadra pure l'aria si fa cartone dove gettare le mondezze l'anca usata per l'amore il sesso tanto fermo da coprire l'odore e le orme tinte di primavera.
Parodia #30
Si vive da corpi e il nome tatuato non ha forma se non a scatola da tv - inodore l'anima s'assomiglia al rumore del mare ma senza onde; contiamo cosĂŹ poche volte i passi sopra le pagine ma al contrario non si nota che l'ombra stessa di noi privi umani di calco o neve e gli occhi (per colore) rinnegano la pupilla e scavano giĂš come vecchi giĂš come schiavi sempre all'interno di una stessa luce.
Parodia #31
La casa ha forma di mandorla con soffitta e quadri congiunti nel punto pi첫 esile e il capello distorce la lunghezza delle mura sotto gli strati distraendo il colore nuovo dal vecchio in agenda; si distingue appena l'ombra del tiglio e il rosario sul muro non rimanda alla fede ma al tempo scostante e fa da pianta e cresce.
Parodia #32
Mi sembro cosÏ di contare e dividere i mobili come disegni aperti dietro le ombre - una è scarpiera con dentro sandali estivi che giocano a salve con ditali capovolti come a sventrarli del colore; secondo è il tavolo sotto il cappotto che rischia di somigliarti nel naso che s'allunga alla finestra e forma un nodo e terzo un ciondolo che fa da parete al quadro cavato come una pala usata con gli abiti del fiume - nell'acqua s'annusa lo sfinimento e la pioggia contratta in un radicchio della memoria.
Parodia #33
S'assottiglia la morte nella forma pi첫 distinta dei giorni come un meccanismo sfinito d'un ticchettio appena che sa d'ardere in soffitta; sfamato talmente poco il corpo s'addensa di gole e lingue in cerchi appesi alla bocca per stringere la pelle e scindere.
Parodia #34
Scava e corrode; corpo dopo corpo cicla disumane forme, scompone e contrae i lobi allo stomaco e i denti alle caviglie si snodano per sentirne l'odore la fame l'occhio cosÏ deformato che ha patine rosee per coprirne il cerchio di quella che è la memoria la storia il tanfo un senso composto che ci dà essere ed esserci qui somiglia alla terra ai suoi nodi negli alberi per darvi vita e fine.
Parodia #35
E solo quand'è luce e dintorni di corolle s'aggravano di bocche - smistate le lacrime - addorna l'autunno le foglie e la ferita sgola preme dimentica il parto dell'ultimo figlio sviscerato dal sangue delle donne delle madri con gli occhi stanchi. La nascita chiamò l'inverno e durò a lungo sopra i pini; sempre verdi quelli si guardavano e s'odoravano di stralci di pelle intorno.
Parodia #36
Sigilla le mani sul petto e schioda la memoria dalle viscere: nel grembo la vita è ubriaca di te e fresca la terra aspetta di tornare ai mari - non siamo forse gli stessi d'essere mescolati alle foglie gli stessi distacchi e presenti quasi senza soglie quasi miseri e vecchi dentro lo stesso odore.
Parodia #37
T'immagini talvolta come un bicchiere di plastica sotto un ombrello spiovente con la pioggia che scroscia le menti e il sapore delle cose acquisisce un ricordo superfluo dell'andare in coda alle stesse manie e la forza giĂ stacca le narici ai piedi cosĂŹ stretti e stretti e mendici - ne nego il fiato e con un due tre conto, cerchio la pelle con l'acqua e sotto la pioggia ritorno.
Parodia #38
Piedi gambe biciclette appesi tutti nelle rotaie indecise della città - non v'è voce alcuna se non gocciole di pietra ad ogni angolo e stridente il cielo sprona il passo e l'occhio in fuga s'arrende al rumore dei giornali contro il fumo contro le cosce stesse dei palazzi dimessi delle distanze dei fili telefonici ed il tam-tam della gente delle ore e nulla ancora se non il fischio del mattino quand'è già notte.
Parodia #39
Piove; oltre i muri delle case si fa buio; d'inverno sgola il cielo e i suoni allargati si parlano quasi a gesti per non sentire l'odore delle foglie a cadere sulle braccia - l'anima ha poco spazio per infrangere e consumarsi sola sotto la stessa luna di ieri che deridendo sorbiva le ore le ore dopo le ore e il pianto goccia su goccia specchia l'amore della terra l'ombra l'estinguersi dell'essere sotto le proprie vesti e partire.
Parodia #40
E un bacio ancora uno stampo aggiunto all'anima: ti porto oltre gli occhi l'orbita distanzia e trascina dove non vi sono vie d'uscita se non il confine della palpebra staccata appena dal sonno.
Parodia #41
Mai soli come un cordone ombelicale unito alla nascita come alla morte non v'è spazio abbastanza per gli occhi e come sfere gli sguardi creano ombre distanti da noi voi armati di fiato e candele rosse e nere - l'orizzonte aldilà la collina ha mare intorno e mare ancora; temi forse il corpo rinasca in altra forma che non sia questa - cosÏ ricordiamoci appesi oltre le ginocchia, le lenti asciutte alle pupille le mani in grembo e silenzio da morirne ancora.
Parodia #42
Color ginepro il ramo al collo pare un cappio sorretto dal cielo per pietà - fossimo ancora ebbri e distesi sui nostri corpi a tramandare la memoria così così ancora a patire - il limbo è la vita stessa delle cose l'essenza del perdere ciò che dato inguaiato al labbro si ridà sottoforma di suono - e qui è qui - come lo stesso colore sul muro delle case - in fila lo sguardo incrocio di uno e un altro e un'altra forma da spargere per dirsi pensiero.
Parodia #43
L'assenzio sul bicchiere denuda le crepe e la rotondità di donna della tua ombra - poco loquace come la forma degli occhi rettangolare sul muro a pieghe rosse e bianche; come quadri dipinti noi insieme si è la goccia che tentenna sul labbro e circonda il mento poi tende a svanire; forse non abbiamo bocche tanto slavate e profonde per spalancarne l'urlo che scava un pendolo cordiale e bugiardo come un timbro sul muro.
Parodia #44
Un grido assorto come un battito di falena sulla nuca che schiaccia il petto e l'espande, distrae le ciglia aggroviglia in nodi i pensieri e spinge le cavità del sentire a camminare sulle scale a chiocciola e girare le braccia come bambole di carillon; è cosÏ lento il tutto che confonde i passi con gli spazi vuoti un'edera che porta a morire un muro l'anima a prescindere tornando indietro.
Parodia #45
Come a trascinare nelle nostre parole l'eco nel mare che affonda un grembo gravido sotto le palpebre, intimidiamo le cosce all'amore e l'ora, dunque, ha meno dita da stringere ha meno da dire.
Parodia #46
Voci tramandate in indelebili forme con volti appesi agli occhi a guardare il cielo come gitane ebbre e schive nel dire il fato - e sto qui cosĂŹ poco neutra e maniacale come i vespri di primavera che odono genti di mare, filastrocche bambine coi piedi nell'acqua, per dormire.
Parodia #47
Il ticchettio sulle mura a picco ricorda nei gesti inquilini dissonanze e strappi ma l'ombra cade giù nei vicoli delle scale giù per le vene - corpi abbastanza asciutti rallegro - ed è notte fonda ed è sera.
Tutti i diritti dei testi riservati all’autore Copertina © Anila Resuli Ebook © Edizioni foglia