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un pallone da basket, montate su grandi light box di diverse dimensioni, da un metro a 50 cm di diametro. Situate in diversi punti di una stanza che ricorda una grotta molto buia, sono accessibili da una piccola rampa che conduce il pubblico all’interno della camera oscura. Al buio iniziale subentra la musica composta da suoni provenienti dall’Istituto Colosimo di Napoli, che sovrapponendosi al silenzio racconta dei suoni dell’ambiente e delle strade che circondano il non vedente al momento dell’intervista. Come da copione, i lightbox s’illuminano a turno, accendendosi e spegnendosi, e dando a ognuno degli intervistati un’occasione per parlare. Nasce quindi una storia attraverso una sequenza di frasi che prendono la forma di una conversazione in cui ciascuno dei 20 partecipanti di Blind Vision racconta la propria cecità, creando un mosaico di voci maestoso, misterioso e stimolante. L’abbinamento di immagini luminose e interviste è una pratica piuttosto consueta nel mondo della medicina. Vengono in mente le radiografie agganciate a scatole luminose durante le consultazioni medico-paziente. E come i migliori medici, Annalaura interroga i suoi soggetti immedesimandosi con i loro problemi al tempo stesso, prendendosene cura, con occasionali lacrime e abbracci. È evidente che il sorriso di Annalaura è autentico e profondo come il suo interesse. Anche se non abbiamo modo di vedere cosa accade durante l’intervista, le parole emanate dai light box raccontano di un interlocutore sincero e sensibile. L’opera fornisce una visione collettiva di un’esperienza personale. Annalaura ha fotografato persone provenienti da diverse classi sociali ed ambienti: celebrità, politici, detenuti, senzatetto, vittime di violenza domestica, artisti, professionisti, immigrati. Ogni progetto è il risultato di giorni, settimane e mesi di lavoro dediti allo sviluppo e allo studio delle storie raccontate dal gruppo di turno, con la finalità di proporre un metodo alternativo di osservare il mondo attraverso i canali della percezione utilizzati da persone non vedenti e ipovedenti. Lo scopo dell’artista è chiaramente anche quello di restituire dignità a persone che vengono spesso respinte in quanto “anomale”, e riaffermare il loro ruolo all’interno della società. Molti infatti ricoprono posizioni professionali di rilievo. Ci sono avvocati, traduttori, professori, commercialisti, scrittori, giornalisti, musicisti. Nella dolcezza del colloquio documentato da Annalaura, si apprendono i dettagli di una vita. La maggior parte dei protagonisti si muovono autonomamente. Molti hanno messo su famiglie. Blind Vision trasmette il messaggio che i non vedenti hanno un modo di vivere e percepire il mondo che non è anormale, ma semplicemente diverso. Come mi disse la curatrice Raisa Clavijo nel corso di una conversazione, ogni incontro genera una sorta di radiografia della vita di un individuo, illuminando diversi aspetti della società contemporanea come la politica, la religione, il tempo libero, le difficoltà e via dicendo, dando un punto di vista diverso su come si convive con la cecità.

are put on large light boxes, and this is what we see in the exhibition. The light boxes are of different sizes, ranging from one meter to 50 centimeters in diameter. They are located in different parts of the room, which remind one of a cave—a very dark cave. In fact, there is a small ramp that ushers people into the interior of the dark chamber. Initially, the room is in absolute darkness. Music then rises over the silence, made with sounds from the environment of the Istituto Colosimo, which include the sounds of the blind interviewee’s environment and those of the street outside. As part of the script, the light boxes illuminate in turn and speak phrases from the interviews. One turns on and then off and waits until its next opportunity to speak. A story is constructed through the phrases as a conversation in which each of the 20 participants in Blind Vision tells his or her experience of dealing with blindness. This becomes a grand ensemble—awesome, mysterious and inspiring. Such pairings of illuminated images with interviews are ubiquitous in the medical realm. X-rays clipped onto light boxes with physician-to-patient consultations come to mind. And like the very best doctors, Annalaura simultaneously questions and empathizes with her subjects, taking great care, with some interludes coming to tears and a hug. It is clear that Annalaura’s smile is as genuine and deep as her interest. Though we do not see the video interview in the exhibition, one still senses that the words we hear coming from the light boxes are built on, and also imply, a sympathetic listener. The work provides a macro view of each person’s unique experience. Annalaura has photographed people from a wide range of social classes and backgrounds: celebrities and politicians, inmates, the homeless, victims of domestic violence, artists, professionals and immigrants. With each project, she works for many days, sometimes weeks and even months, with the group she selects to develop and study their stories. Blind Vision’s central purpose is to propose an alternative way to view the world via the channels of perception used by blind and visually impaired people. The artist’s purpose is clearly also to return dignity to people who are often dismissed to some degree for their “abnormality” and to endorse their roles in society. Many hold professional positions as attorneys, translators, professors, accountants, writers, journalists and musicians, among other professions. In the gentleness of the documented interview, we learn the details of a life. Most of the profiled subjects are autonomous, and many have raised families. Blind Vision transmits the message that the blind have an alternative way of living and perceiving the world that is not abnormal, but different. As curator Raisa Clavijo told me in a conversation, each interaction generates a kind of X-ray of the individual’s experience, illuminating facets of contemporary society, such as life, politics, religion, leisure and struggle, to name a few. Each interaction gives a different point of view of a life lived with blindness. 51


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