Pubblicato su HYSTRIO gennaio 2011. Per un teatro tecnologico internazionale. Anna Maria Monteverdi Uno stile ambivalente e mimetico Teatro e digitale, per usare una terminologia cara a McLuhan, si stanno ibridando, anzi forse oggi siamo già alla seconda generazione tecnologica che sta dando vita a un teatro-chimera, ovvero un teatro dal doppio codice genetico in cui saltano le gerarchie e le specificità del mezzo per approdare a una nuova scrittura scenica caratterizzata da un libero nomadismo e mimetismo di linguaggi. Le immagini in movimento, le animazioni, i sistemi interattivi, i programmi informatici per una gestione live del materiale audiovisuale in questa generalizzata computerizzazione della cultura producono una fenomenologia teatrale mutante. Zygmunt Bauman individua nel concetto di “ambivalenza” -che romperebbe la pratica del modello strutturale normativo, dell’ordine classificatorio- uno dei principi dominanti dell’età contemporanea. Ambivalenza delle tecnologie in atto quale potenzialità di scambio tra linguaggi: Masbedo, Big Art Group, Dumb Type e Motus sono emblematici di questa “tendenza ambivalente” del teatro. Privilegiano infatti, la libertà espressiva di un nuovo genere tecno-artistico affrancato dai vincoli e dalle convenzioni del singolo mezzo e derivante indistintamente dal videoclip, dalle installazioni, dai concerti, dal vjing, dalla graphic art, fino al cinema di animazione e persino alla videogame art. Nelle performance dei giapponesi Dumb Type la partecipazione dello spettatore è di natura immersiva, ricca cioè, di stimolazioni sensoriali multiple, come se fosse un’installazione audiovisiva. Motus sperimenta da sempre la contemporaneità di teatro-cinema in scena (da Twin rooms a X-racconti crudeli della giovinezza) e introduce anche la grafica animata (Rumore rosa); gli statunitensi Big Art Group con il ciclo di spettacoli definito “real time film”( Flicker, House of no more) ricreano un vero set cinematografico (usando un green screen) con la messa in mostra degli effetti da truquage. Masbedo (i video-maker Bedogni-Masazza) traslocano dal video al teatro tematiche esistenziali profonde: citando le pionieristiche e promiscue esperienze video performative di Nam June Paik, ma anche quelle successive di Laurie Anderson, Peter Gabriel e Metamkine, Masbedo allestiscono le loro performance a partire da originarie videocreazioni per poi arricchirle –alterandole in realtà, radicalmente- con una componente musicale live (Schegge d’incanto in fondo al dubbio, Glima). Gigantismo e Architectural mapping Caratterizza la scena degli ultimi anni il fenomeno del gigantismo: enormi superfici schermiche sono presenti in By Gorky di New Riga Theater, in Madre assassina di Teatrino clandestino, in Ta’ziyé di Abbas Kiarostami che recupera un antico rito iraniano; multipli e giganteschi sono i dispositivi per le proiezioni dell’Ospite di Motus, claustrofobico è il cubo di schermi per (a+b)3 di Mutaimago, enorme è il cilindro a specchi per la Damnation de Faust e la gabbia di plexiglass in Metamorphosis della Fura dels Baus. Oggi sta prendendo campo una nuova arte media-performativa che usa come fondale scenografico le ipersuperfici urbane e le gigantesche facciate dei palazzi già adoperate per la pubblicità di grande formato: animating space o architectural mapping è la tecnica che fa interagire la realtà architettonica e la sua ricostruzione digitale e ne modifica la percezione visiva sovrapponendosi ad essa, inserendo personaggi digitali che si arrampicano virtualmente su edifici e finestre a ritmo di musica. Ne sono artefici: Urban screen, AntiVJ, Rose Bond, NuFormer, Apparati effimeri, Claudio Sinatti e Giacomo Verde, fondatore con Enzo Gentile di White Doors Vj. Intermedialità e teatro Sul versante dell’intermedialità è emblematica l'operazione replicativa degli spettacoli della Socìetas Raffaello Sanzio, tra (ri)generazione di frammenti teatrali, costellazioni visive, videoinstallazioni, concerti che fuoriescono dal corpo ciclico della Tragedia Endogonidia grazie ai videomaker Carloni e Franceschetti vicini al cinema d’animazione, e al musicista Scott Gibbons. Anche Roberto Paci Dalò, fondatore di Giardini Pensili, ha sperimentato questa particolare modalità processuale aperta che permette di modificare l'operabase, trasferirla su altri network o interconnetterla con altri linguaggi –concerti tecnoscenici che diventano video, film, opere radiofoniche, cd musicali, libri, dvd, siti web– come per Terra di nessuno, Italia anno zero in una continua reinvenzione del segno artistico che è uno sperimentare le infinite possibilità del digitale. Rimediando il vecchio teatro. Robert Lepage propone un’estetica teatrale dal gusto antico: i suoi spettacoli tecnologici ricordano infatti, sia le scene mobili del Rinascimento e del Barocco sia quei teatri di inizio secolo che sperimentavano le rudimentali tecniche dell'animazione luminosa promuovendo una primordiale forma di teatro ottico. Per Andersen Project Lepage mostra come si possa arrivare alla stessa illusione percettiva della realtà virtuale
usando mezzi artigianali ed effetti ottici: un “panorama” praticabile e rialzato permette un’efficace integrazione di corpo e immagine, restituendo l’illusione di profondità. Nel lavoro artistico di Lepage dove non è il teatro che si meccanizza ma è la macchina che si teatralizza, la tecnica è metafora di una condizione esistenziale di mutabilità perenne, di un processo di memoria e di conoscenza, di un nuovo sguardo inteso come illuminante esperienza interiore. Il teatro e (è) la rete The Builders Association in Supervision e Continuous city si è occupata di controllo elettronico e di mediasfera. L’incubo mediatico dscritto da Orwell in 1984 si materializza in un inquietante schermo che trattiene, come un badge di identificazione da cui la scenografia prende forma, una traccia elettronica delle azioni e degli spostamenti dei personaggi; perseguitati da un invisibile occhio satellite che li raddoppia, i personaggi incarnano l'incubo psicotico della videosorveglianza. In Continuous city il tema è la grande rete mondiale che ha cambiato il paesaggio e il vivere quotidiano, così come ha ampliato l’orizzonte delle nostre relazioni: lo spazio delle pratiche sociali è diventato secondo Manuel Castells, uno “spazio di flussi” dove la comunità relazionale non coincide più con quela territoriale. I tedeschi Rimini Protokoll addestrano il pubblico a usare a teatro la tecnologia e la rete per acquisire consapevolezza delle conseguenze delle scelte individuali che quotidianamente svolgiamo, dando alle nostre azioni una visibilità da “google map”. Teatro e interattività. Con i nuovi media si assiste a una performance live dell'attore-danzatore che usa il corpo come hyper instrument, potendo gestire in modo interattivo e in tempo reale, input provenienti da diverse periferiche e animare oggetti, ambienti, grafica, immagini, suoni, personaggi 3D. Il suo corpo interfacciato fa funzionare per “contagio tecnologico” l'intero spettacolo: grazie ai sensori la qualità dinamica dei gesti umani è trasmessa ai personaggi sintetici. Altroteatro, Palindrome, Konic thtr, Aiep e Troika Ranch Company usano elettrodi e sensori applicati sulla pelle che registrano pulsazioni cardiache, calore, alterazioni di temperatura, contrazioni muscolari, mentre un software traduce il segnale per controllare e modulare suoni campionati e immagini video: il performer “interpreta” il segnale elettrico, i media diventano parte integrante della performance live. Roberto Latini fondatore di Fortebraccio Teatro mette in scena Ubu incatenato incatenando lui stesso a un’armatura esoscheletrica con cui gestisce immagini 3D e altera la propria voce. Tecnologia indossabile anche per Francesca Della Monica in Racconti del mandala a cura del compositore Mauro Lupone per Xlabfactory. La performer col movimento delle braccia attiva un flusso dinamico di immagini e suoni che seguono l’iperdrammaturgia di Andrea Balzola. Antunez Roca sin da Afasia fino alle più recenti performance, gestisce in scena da solo e in tempo reale, grazie a un dress skeleton l'intero apparato teatrale informatizzato (dalle luci al suono, al digital multimedia). E’ un rovesciamento dei ruoli: la macchina, che ha spezzato le sue ultime determinazioni artificiali per essere corpo, diventa protagonista mentre l’attore, sorta di “Supermarionetta”, il suo deuteragonista. Bibliografia : A.M.Monteverdi, Nuovi media, nuovo teatro, FrancoAngeli, Milano, 2010 A.M.Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage, Pisa, Bfs, 2005. A.M.Monteverdi, A.Balzola, Le arti multimediali digitali, Garzanti, Milano, 2010 (3ed.; anche in e-book)