Cara Martina, pensiamo sia importante in questo momento esserti vicini non solo attraverso le riflessioni che troverai qui sotto, ma anche attraverso il nostro “pensarti”, in questo momento importante. Dedica un poco del tuo tempo durante questo hike per ascoltare il silenzio prima, e il tuo cuore dopo. Sono degli scritti, dei pensieri che ti potranno aiutare nel mettere appunto magari le ultime cose. Ti auguriamo di vivere questo momento intensamente; è un momento dedicato solo a te stessa, vivilo. Anna, Enrico, Stefano, Laura STRADA Un invito al silenzio
La marcia è un percorso attraverso il silenzio, allietato dalle sonorità dell’ambiente; è difficile immaginare a quali temibili distrazioni andrebbe incontro chi si mettesse a passeggiare lungo lo svincolo di un’autostrada. Chi va a piedi prende per i campi proprio per sfuggire al rumore delle auto o al martellamento delle autoradio. È teso a percepire i suoni dell’universo … Il silenzio è una modalità del sentire, un sentimento che afferra l’individuo. … Il silenzio suona come la firma di un luogo, sostanza quasi tangibile la cui presenza riempie lo spazio e s’impone costantemente all’attenzione … Non è la scomparsa dei suoni che fa il silenzio, ma la qualità dell’ascolto, il leggero pulsare della vita che anima lo spazio … Il mondo risuona senza sosta degli strumenti della tecnica, il cui uso accompagna la vita personale e collettiva. La modernità è l’avvento del rumore: dovunque c’è sempre un telefonino che suona. L’unico silenzio che le nostre società conoscono è quello, provvisorio, dell’avaria, della crisi della macchina, dell’arresto della trasmissione. È una pausa della tecnicità piuttosto che l’emergere di un’interiorità … Alleato alla bellezza di un paesaggio, il silenzio è una strada che conduce a se stessi. Un momento di sospensione del tempo in cui si apre un passaggio che concede all’uomo la possibilità di ritrovare il suo posto, di raggiungere la pace … La punteggiatura del silenzio gustato in diversi momenti dell’esistenza mediante il ricorso alla campagna o al monastero, al deserto o alla foresta, o semplicemente al giardino, al parco, appare un ritorno alla sorgente, un tempo di riposo prima di ritrovare il rumore, inteso nel senso sia letterale sia figurato di un’immersione nella civiltà urbana. Il silenzio produce allora un’acuta sensazione di esistere. Segna un denudamento che permette di fare il punto, di raccogliere le idee, di ritrovare un’unità interiore, di risolversi a una decisione difficile. Il silenzio sfronda la persona e la rende di nuovo disponibile, debella il caos nel quale si dibatte (David Le Breton, Il mondo a piedi. Elogio della marcia, Feltrinelli, Milano 2001). La strada, il camminare sono immagini che evocano profondamente la vita. Camminando l’uomo si apre sempre più a nuove esplorazioni e a nuove conquiste, si spinge oltre i propri limiti. Il cammino però è anche segnato dalla fatica, dall’incertezza e dall’imprevisto, dalla difficoltà di intravedere il futuro, dalla tentazione di fermarsi o di tornare indietro. Il cammino poi, pur rimanendo un fatto molto personale, è sempre anche con gli altri: ci si può aiutare di più o di meno; ci si può incoraggiare o lasciar prendere dalla paura. Il nostro camminare possiamo ritrovarlo nell’esperienza biblica del popolo d’Israele. Uscito dall’Egitto, è in marcia verso la terra promessa. Alle spalle c’è un’esperienza di liberazione dalla schiavitù, vissuta nella consapevolezza che Dio si è fatto vicino. Guardando al futuro, c’è la speranza della nuova terra, che però rischia di essere sopraffatta dalla paura e dal rimpianto del passato Egitto dove almeno c’era di che nutrirsi. Il
cammino infatti è nel deserto, luogo arido e senza risorse, dove viene messa alla luce la vera natura di ogni uomo che nella precarietà è obbligato a manifestarsi nella sua vera natura sia agli occhi di Dio che degli altri. Con le pietre si costruisce un edificio, con le strade si coprono distanze e ci si avvicina ad una mèta. In entrambi i casi ci vuole tempo e fatica, gradualità e pazienza. Così è dell’amicizia: non la si trova per caso, come un minerale sul greto del torrente. L’amicizia si costruisce come una casa, disponendo le pietre l’una sull’altra. La si vive percorrendola come una strada, passo dopo passo: una strada a volte piana a volte in salita, che ora invita ora tace, ora alletta ora stanca, ma fa comunque sognare un arrivo, una cima, un incontro, una pienezza. COMUNITÀ Comunità secondo il vangelo Se dei cristiani vivono in gruppo, hanno come primo intento quello di essere tutti insieme una risposta a quella proposta di amore che il Cristo ha rivolto a tutti i cristiani: ci si riunisce insieme a vivere, spingendosi il più lontano possibile, il vero amore di Cristo, il vero amore degli altri. Una debolezza per il gruppo sarebbe quella di accontentarsi dell’amicizia, del cameratismo, dell’affetto: deve essere l’amore di Cristo a cementarci gli uni gli altri. La fortuna del gruppo sta nell’incontrare persone che sono decise ad amarsi insieme fino in fondo, senza cedere ad inutili indulgenze degli uni verso gli altri. Il gruppo può rischiare la consuetudine, l’invecchiamento, se riduce i rapporti a gentilezza. Una delle regole è il principio: “chi perde, vince”; nessuno ha dei diritti sul gruppo, ma il gruppo deve assumersi i diritti di ognuno. L’amore non fa rivendicazioni. Naturalmente bisogna mettersi in testa che unità non vuol dire uniformità: esiste, più o meno, senza la tentazione dell’unità confortevole, in cui tutti avrebbero voglia di fare tutto nello stesso modo e nello stesso momento. Dobbiamo invece cercare di vedere la personalità di ognuno nel Signore e di sbarazzarci di tutti i pregiudizi che si hanno sugli altri. Non esistono ricette per essere persone che amano; bisogna scendere fino al cuore di Cristo per scoprirne il modo. Tutto il resto non è che un espediente. Madeleine Delbrel, Comunità secondo il vangelo, Gribaudi 1996 SERVIZIO “Nel diventare con la Partenza Rover-Scout, nell’essere Capo, si supera la soglia della maturità e si diviene Adulto Scout. Il ragazzo ed il giovane pensano al presente, l’uomo guarda al futuro, pensa a cosa ha fatto ed a cosa farà nella vita e quando riguarderà gli anni vissuti si chiederà se gli ha sprecati o usati al meglio. A volte un moribondo dice: “Ho cercato di fare sempre il mio dovere”. Ognuno di noi dovrà affrontare quei momenti: potremo dire anche noi che in ogni caso abbiamo fatto il nostro dovere? Abbiamo usato al meglio quel meraviglioso corpo, la mente e l’anima che il Creatore ci ha, non dato, ma prestato? L’anima è l’Amore che si esprime usandola con il corpo e la mente, per il bene degli altri. Abbiamo la possibilità di scegliere tra due strade nella vita: noi stessi ed il Servizio. Il Servizio comporta Sacrificio, ma è proprio il test di un vero uomo. Il senso del servizio ci fa considerare il punto di vista dell’altro, sacrificare parte delle nostre idee per aiutare l’altro ed incontrarlo a mezza strada. Ciò porta alla pace, mentre l’egoismo non ha mai portato né alla pace, né al bene. Per questo il Servizio è l’obiettivo del Rover-Scout, del Capo e dell’Adulto Scout nella sua vita”. (da una chiacchierata di B.-P . prima di una Veglia nel 1928) La Veglia è un esame di coscienza fatto di domande alle quali ogni uomo e donna scout che partecipa risponde dentro di sé. Ogni punto va meditato con cura prima di passare al successivo. Via via che s’invecchia, il tempo trascorre veloce. Relativamente parlando, la vita dura solo per un breve tempo e finisce presto. Anzi può finire domani: stanotte stessa io posso essere morto. 1. Sto facendo il miglior uso della vita che Dio mi ha dato? 2. Sto sciupandola senza fare nulla che valga, cioè sprecandola?
3. Sto lavorando a qualcosa che non fa del bene a nessuno? 4. Sto cercando troppo il mio personale godimento, o guadagno, o promozione senza cercare di aiutare gli altri? 5. Chi ho aiutato nella mia vita? 6. Chi ho offeso o danneggiato nella mia vita? Non ricevo paga o ricompensa per il Servizio che svolgo, ma è questo che fa di me un uomo libero quando lo svolgo. Non sto lavorando per un datore di lavoro, ma per Dio e la mia coscienza. Ciò significa che sono un Uomo. La Branca Rover del Movimento Scout è una “FRATERNITÀ DI SERVIZIO” e quindi, avendola vissuta tutta sino alla Partenza, avrò la possibilità di svolgere un Servizio in molte forme che altrimenti non avrei a disposizione, specialmente come Capo in una delle Unità o in altri incarichi nel Movimento. Il Servizio non è solo per il tempo libero. Devo essere costantemente alla ricerca di occasioni di Servizio in ogni momento della mia vita di Adulto Scout. 7. Intendo prendere la Partenza solo per considerare ultimata la mia vita Scout e cominciare a divertirmi? 8. Sono deciso a mettere nella mia vita un Servizio svolto in autentico spirito di abnegazione? 9. Qual è il tipo di Servizio che sono più adatto a svolgere? Poiché il successo del mio Servizio dipenderà in larga misura dalla mia personalità, devo darmi una disciplina in modo da rappresentare una influenza positiva per gli altri. Ricorda: “Ciò che SEI grida così forte che non riesco a sentire ciò che DICI”. 10. Sono deciso a rinunciare alle cattive abitudini prese in passato? 11. Quali sono i punti deboli del mio carattere? 12. Sono in ogni senso un uomo d’onore, fiducioso e degno di fiducia? 13. Sono fedele a Dio, alle Autorità, al mio Paese, ai miei datori di lavoro, ai miei sottoposti, ai miei amici ed a me stesso? 14. Sono di buon carattere, allegro e cortese verso gli altri? 15. Sono sobrio, pulito nei miei atti e nelle mie parole? 16. Ho il coraggio e la pazienza per resistere quando le cose vanno contro di me? 17. Ho un mio giudizio personale, o permetto a me stesso di essere trascinato dalla persuasione di altri? 18. Ho una volontà abbastanza ferma da tenermi lontano dalle tentazioni dell’intemperanza e dell’ impurità? Prendo qui e adesso la decisione, con l’aiuto di Dio, di fare del mio meglio per correggere o abbandonare tutti questi miei difetti. Possa Dio darmi la forza di andare avanti da qui in poi come un uomo/donna vero, un buon cittadino, un buon Adulto Scout e un vanto per il mio Paese. Cerca di immaginare quali cose conteranno quando ti volgerai indietro guardando agli anni da te vissuti. Li hai sciupati in cose di nessuna importanza, o li hai utilizzati al meglio? Questo è ciò che conta. Il nostro dovere è quello di sviluppare ed utilizzare al meglio il corpo, la mente, l’anima meravigliosi che il Creatore ci ha dato, o meglio prestato. Col nostro corpo possiamo dilettarci in giochi. Con la nostra mente possiamo darci a varie forme di piacere. Ciò è solo una forma di egoismo. Ma qual è il posto dell’anima in tutto ciò? L’anima è l’amore che è in noi, che si esprime impiegando la mente ed il corpo a vantaggio degli altri. Perciò dovremmo, certo, rendere il nostro corpo e la nostra mente più sani, in forma e puliti possibile, per poter meglio servire Iddio. Ciò significa impiegarli a vantaggio degli altri, grazie allo spirito di Amore che è in noi, cioè la nostra anima. Avete quindi nella vita la scelta tra due alternative: l’egoismo o il servizio. da “Guida da te la tua canoa” – B.P.
FEDE Nella sua ricerca di Dio l’uomo pensa troppo, riflette troppo, parla troppo. Anche quando guarda questa danza che chiamiamo creazione non fa altro che pensare, parlare (a se stesso e agli altri), riflettere, analizzare, filosofare. Parole, parole, parole. Rumore, rumore, rumore. Taci e osserva la danza. Non devi far altro che guardare: una stella, un fiore, una foglia che cade, un uccello, un sasso... Ogni frammento della danza va bene. Guarda. Ascolta. Odora. Tocca. Gusta. E non ti ci vorrà molto a vedere lui, il Danzatore stesso! Quando guardi un albero e vedi un miracolo.., allora, finalmente, hai visto un albero! Il tuo cuore non si è mai riempito di una meraviglia senza parole nell’udire il canto di un uccello? La religione è indispensabile alla felicità Se vuoi veramente intraprendere la tua strada verso il successo, cioè verso la felicità, non devi soltanto evitare di farti ingannare dai ciarlatani antireligiosi, ma devi dare una base religiosa alla tua vita. Non si tratta solo di frequentare la chiesa o di conoscere la storia della Bibbia o di comprendere la teologia. Molti uomini sono sinceramente religiosi quasi senza saperlo e senza avere studiato. La religione molto brevemente esposta significa: Primo: Sapere chi e cosa è Dio Secondo: Utilizzare al meglio la vita che Egli ci ha dato e fare quanto Egli aspetta da noi. Ciò consiste soprattutto nel fare qualcosa per gli altri. Questo dovrebbe essere il tuo credo, non come argomento di meditazione riservato alle domeniche, ma come qualcosa che tu devi vivere in ogni ora e fase della tua vita quotidiana. Come passi per raggiungere i due punti suddetti ed evitare l'ateismo ci sono due cose che ti raccomando di fare. La prima è di leggere quell'antico e meraviglioso libro che è la Bibbia, nella quale scoprirai, oltre alla rivelazione divina, un compendio meravigliosamente interessante di storia, di poesia e di morale. La seconda è di leggere un altro vecchio libro meraviglioso: quello della natura, e di vedere e studiare tutto quanto puoi delle bellezze e dei misteri che essa ti offre per la tua gioia. E quindi rifletti al modo con cui puoi meglio servire Dio finché ancora possiedi la vita che Egli ti ha prestato. Tratto da “La strada verso il successo” B. P. SCELTA L’importanza del lavoro come autorealizzazione La domanda “cosa farai da grande?” concerne il lavoro. Quale sarà il tuo lavoro? Quali saranno i tuoi compiti? In realtà queste non sono domande che riguardano solo il tipo di impiego o l’ammontare del salario; sono, ben più incisivamente, domande sulla vita […] L’opposto del lavoro non è lo svago, il gioco o il divertimento, ma l’indolenza, la carenza di investimento se finalizzato ad attività future. Ma il sonno, come divertimento, può anche essere una forma di fuga, di oblio deliberatamente ricercato per fuggire da se stessi e non al fine di rigenerarsi. Ora, come il sonno può diventare una perdita di tempo, così – al contrario – lo svago, il gioco o il divertimento possono essere un genuino investimento di sé e non uno spreco. […] Il lavoro è fatica applicata a un fine. Il lavoro più gratificante consiste nel dirigere i propri sforzi verso quegli obiettivi che noi stessi abbiamo scelto come espressione del nostro carattere. Il volontariato, se è genuino e produce servizi veramente utili, offre a questo proposito il più tipico esempio di gratificazione. I giovani hanno bisogno di far esperienza di questo ambito, il volontariato è un buon modello per la nostra vita lavorativa. Tratto da “Il libro delle virtù, William J. Bennet
Cambio stagione (Carmen Consoli feat. Ron) Dicembre cordiale e insolito ritorno.. dando vita all'improvvisa urgenza di cambiamento. Il tempo a volte è ostile ed altre complice.. soggettiva interpretazione ma spesso torna utile perchè può dare modo di arrivare.. a mettersi in gioco. Primavera lieve e indolente superba.. quindici anni, capelli arruffati in segno di ribellione.. Il tempo a volte è ostile ed altre complice.. l'arma più efficace è l'attesa Questo è quanto diceva mio padre: "Se avrai calma e lucidità non subirai il fascino di comode scelte. Se avrai buon senso e volontà trascurerai l'abitudine per metterti in gioco".
Riecheggiano le estati tiepide di agosto. Dei trent’anni ricordo l'insolenza e l'indecisione.. il tempo a volte è ostile ed altre complice.. l'arma più efficace è l'attesa. Questo è quanto mi diceva mio padre: "Se avrai calma e lucidità non subirai il fascino di comode scelte. Se avrai buon senso e volontà trascurerai l'abitudine.." promettimi che eviterai mediocri vie di mezzo.. accomodanti e che non soddisfano. (concilianti e che non ti appartengono) La fortuna abbraccia gli audaci e non è pura coincidenza.. "Se avrai calma e lucidità non subirai il fascino di comode scelte. Se avrai buon senso e volontà trascurerai l'abitudine per metterti in gioco."
AMORE I tempi dell’amore L’amore di un essere umano per un altro è forse la prova più ardua, per ciascuno di noi, la testimonianza più alta di noi stessi; l’opera suprema di cui le altre non sono che la preparazione. E’ per questo che tutti gli esseri giovani, nuovi in ogni cosa, non sanno ancora amare; hanno da imparare … Ogni noviziato è un tempo di clausura. Così per colui che ama, l’amore non è per molto tempo e fino all’inoltrarsi della vita che solitudine sempre più intensa e profonda. Amare non è fin dall’inizio darsi, unirsi a un altro. Cosa sarebbe l’unione di due esseri ancora imprecisi, incompiuti, dipendenti? L’amore è l’occasione unica di maturare, di prendere forma, di divenire un mondo per l’amore dell’essere amato. E’ un’alta esigenza, un’ambizione sconfinata che fa di colui che ama un eletto chiamato dall’immensità. Quando l’amore si presenta, i giovani non dovrebbero vedervi che l’obbligo di lavorare su se stessi. Perdersi in un’altra persona, darsi a un’altra, tutte le maniere di unirsi, non sono ancora per loro. Prima è loro necessario tesaurizzare, accumulare molto. Il dono di sé è un compimento. R. M. Rilke, Lettere a un giovane poeta, La Locusta, Vicenza 1979, 48-49. Povertà e ricchezza dell’amore Quello che l’uomo cerca di più, in profondità, è un incontro che sia comunione autentica, in cui si condivida il meglio di sé. Abbiamo un’enorme sete d’amore, e nel contempo abbiamo terribilmente paura (per lo meno se vogliamo andare fino in fondo), perché amare richiede che ci si sveli, si abbandoni la propria corazza, e si lascino emergere alla superficie della coscienza le fragilità, i segreti. Insomma, è condividere ciò che ciascuno porta nel proprio intimo. Gli altri non vedono che l’apparenza, mentre nelle profondità si cela un segreto. L’amore punta alla trasparenza (senza mai raggiungerla) e sogna di offrire questo segreto. A partire da qui tutte le possibilità sono aperte, compresa quella dell’intimità più autentica. Infatti noi siamo naturalmente portati a pensare che l’amore sia dono, e che di conseguenza sia ricco. Ma è anche povero. E quando amo confesso la mia povertà, faccio appello alle ricchezze dell’altro, soprattutto a quella ricchezza unica che egli è in se stesso, cioè l’esperienza della sua povertà personale. Perché, in modo misterioso, due povertà, se messe in comune, si trasformano in ricchezza. Si ha sempre bisogno di uno sguardo di amore per nascere e l’amore più vero è un amore disarmato e al servizio dell’altro. M-R. Bous, Imparare ad amare, Qiqajon, Bose 2008, 31-32