AZUR
Magazine
©
2014
INFORMATORE EDITORIALE 2014
Arte Moderna e Contemporanea, Viaggi, Attualità
Montecarlo - Principato di Monaco Place du Casinò Photo effeci edizioni
EFFECI EDIZIONI Francesco Chetta editore Azur Art Magazine 2014 pag. 3
Art Magazine Informatore editoriale 2014 In questo numero l’editore Testi critici a cura di Luca Beatrice Mariarosaria Belgiovine Francesco Poli Francesco Chetta George Pali Federica Pasini Jean Charles Spina Elena Cicchetti Yara Buyda
Speciale VENTICINQUESIMO
ARTE PADOVA 2014 pag. 24
The Touchable Art VESNA PAVAN pag. 22 - 44
Ritmi Veneziani
Gianmaria Potenza dalla Russia alla Lituania pag. 14
Trofeo La Vela d’Oro per l’arte pag. 114 Cesenatico L’arte nel Tempo
AFRO
Pittore internazionale pag. 40 di Luca Beatrice
Gelsomino Casula pag. 114 2014 pag. 4 Azur Art Magazine
Belgiovine
Spina
Pali
Pasini
Grandi Mostre Fondazione Roma Museo WARHOL - O NEIL Palazzo Cipolla Roma 18 aprile - 28 settembre 2014 pag. 36
Fondazione SALONIA pag. 28
Oltre la pittura:
Fontana, Castellani, Manzoni, Bonalumi pag. 32
KLIMT pag. 6 ALLE ORIGINI DI UN MITO Palazzo Reale, Milano 12 marzo - 13 luglio 2014 Curatore mostra *Alfred Weidinger
Promo Video Art expò
A cura di Jean Charles Spinà, George Pali, Federica Pasini
Gli Artisti
pag. 114
Promo Video Art expò PINO CARCELLI CONCY VANNY MIRKO RONCELLI MARIO MASOLI DELFINA PORCU GIOVANNA CHERCHI
Profili d’artista pag. 114 VESNA PAVAN DAYSE RODRIGUES GIULIANA PATTARELLO ROBERTO VERGA ADELA SIMONA BURTA ANTONIO CANOVA GELSOMINO CASULA ANTONIA AGLIERI RINELLA FRANCESCA FIORE
LISBETH Dal Pozzo YARA BUYDA GIACOMO ROSSI MARIA FARISE’ MAX PRAT MAXTIN LENA GENTILE SANTA INGENERI ORSINI GIULIANO TROMBINI Azur Art Magazine 2014 pag. 5
Astrazione fotografica Dayse Rodrigues pag. 43
AZUR
Art Magazine INFORMATORE EDITORIALE Azur Art Magazine è realizzato da: effeci edizioni d’arte Via Vittorio Emanuele, 32 26841 Casalpusterlengo Lodi Italie tel. + 39 340 5820407 Numero unico
informatore editoriale luglio 2014
distribuzione gratuita a cura di Effeci edizioni d’arte
Redazione: Effeci edizioni d’arte via Vittorio Emanuele, 32 26841 Casalpusterlengo Lodi Mail: redazioneartivisive@gmail.com Direttore artistico editoriale: Francesco Chetta Impaginazione grafica a cura di Effeci edizioni Testi critici a cura di Luca Beatrice, Mariarosaria Belgiovine, Francesco Poli, Francesco Chetta, George Pali, Federica Pasini Jean Charles Spina, Elena Cicchetti
Stampa: Press Up per conto effeci edizione d’arte Luglio 2014 Creazione grafica by Francesco Chetta © Copyright 2014 effeci edizioni d’arte Italia La collaborazione critica sul catalogo con testi critici, curati dai relativi autori, è a titolo gratuito. Tutte le riproduzioni: loghi, foto, compreso i testi critici, è vietata la loro riproduzione e diffusione con qualsiasi mezzo. E’ consentito previa richiesta scritta, ed autorizzata dall’editore alcune parti di esse. I trasgressori saranno perseguiti a termini di legge in materia di diritti d’autore. Nota: Alcune immagini sono tratte da siti internet e quindi di pubblico dominio: qualora il loro uso violasse eventuali diritti d’autore, lo si comunichi all’editore che provvederà alla pronta rimozione, ed eventuali spettanze di legge.
Azur Art Magazine 2014 pag. 6
EDITORIALE
IL MERCATO DELL’ARTE
Collezionismo o elemento d’arredo Il mercato dell’arte è spesso indirizzato all’investimento di opere di artisti storici, trascurandone il primario messaggio d’informazione e bellezza visiva cui molte discipline legate alle arti visive vi sono legate; domanda spesso rivoltami da molti artisti. Pur riconoscendo lode e merito ai grandi maestri della storia dell’arte il cui possesso di quest’ultime è riservato solo ai Musei e a grandi magnati dell’economia, va ricordato che l’arte visiva minore o maggiore che sia emerge dalle altre espressioni di comunicazione come letteratura e musica, soprattutto per la bellezza cromatica e formale che ci offre con la costante visione quotidiana: in effetti l’acquisto di un opera deve soddisfare il gusto personale dell’acquirente e una volta collocato alla parete di casa dello studio o dove si ritiene opportuno saremo ripagati nel tempo della somma pagata. Naturalmente è importante che l’acquirente deve valutarne il suo valore reale di mercato documentandosi sul percorso espositivo dell’opera e dell’artista, oppure rivolgendosi o affidandosi ad operatori seri e qualificati. Il mercato dell’arte oggi giorno offre di tutto e per tutte le tasche ma è molto importante acquistare un opera che soddisfi il gusto personale e che ogni volta che la si osservi pur passandoci fugacemente vicino ci riservi sempre quell’emozione percepita dal primo momento che l’abbiamo osservata. La giusta collocazione di un opera pittorica o scultorea è molto importante valorizzerà sia l’opera sia l’ambiente che l’accoglie. Cosa molto importante è non confondere l’arte con Giovanfrancesco Gonzaga Galleria Il Salotto la decorazione . Francessco Chetta ARTE PADOVA 2010
photos by Kanados archivio effeci Azur Art Magazine 2014 pag. 7
KLIMT ALLE ORIGINI DI UN MITO Palazzo Reale, Milano 12 marzo - 13 luglio 2014 Curatore mostra *Alfred Weidinger *Alfred Weidinger. è ritenuto il maggiore studioso della vita del maestro
Gustav Klimt Madre con due bambini (La famiglia) 1909/10 - Olio su tela, cm 90 x 90 Vienna, Museo Belvedere, inv. 10501 (legato Peter Parzer, Vienna) Courtesy Ufficio stampa Arthemisia Group Milano Azur Art Magazine 2014 pag. 8
Venti gli oli di Gustav Klimt che il pubblico ha avuto modo di ammirare nel corso della grande mostra inaugurata il 12 marzo che prosegue fino al 13 luglio 2014 al Palazzo Reale di Milano. Una straordinaria raccolta, se si pensa che sono soltanto 100 al mondo sono verosimilmente i dipinti e gli affreschi del maestro di cui si ha notizia e che il Museo Belvedere di Vienna, in occasione del 150° anniversario della nascita di Klimt, ha esposto un totale di 40 oli nella grande mostra del 2012 che dava conto della formazione, dello sviluppo e dell’apice della carriera artistica del genio austriaco. Un appuntamento questo della mostra di Klimt, che gli appasionati del grande artista austriaco, hanno potuto osservare le sue opere. La mostra, è stata organizzata dal Comune di Milano, in collaborazione col Museo Belvedere di Vienna. Il percorso espositivo è stato curato da Alfred Weidinger ed Eva di Stefano, due affermati studiosi dell’opera klimtiana.
Palazzo Reale Milano
Piazza del Duomo, 12 Milano Info: Tel. 02 0202
Gustav Klimt Adamo ed Eva (incompiuto) 1917/18 Olio su tela, cm 173 x 60 Vienna, Museo Belvedere Courtesy Ufficio stampa Arthemisia Group (Mi)
Azur Art Magazine 2014 pag. 9
Gustav Klimt “Il Bacio” 1907-1908 Olio su tela, cm. 180x180 Museo Österreichische Galerie Belvedere, Vienna
INFORMAZIONI SULLA MOSTRA INFOLINE E PREVENDITA VISITATORI SINGOLI
Telefono: 02 54917 (dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 17:00) Online: www.ticket.it/klimt www.ticketone.it/ INFOLINE E PRENOTAZIONI GRUPPI E SCUOLE Ufficio Gruppi: tel. 02 542727 (dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 17:00) Prenotazione telefonica obbligatoria ORARI Lunedì: 14.30 – 19.30 martedì, mercoledì e domenica 9.30 – 19.30 giovedì, venerdì e sabato 9.30 – 22.30 Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura BIGLIETTI Intero: € 11,00 Ridotto: € 9,50Ridotto speciale: € 5,50
Gustav Klimt “Salomè” 1909 Olio su tela, cm 178 x 46 Venezia, Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Courtesy Ufficio stampa Arthemisia Group Milano
Azur Art Magazine 2014 pag. 10
GUSTAV KLIMT Adele Bloch-Bauer I
Gustav Klimt “RItratto dI Adele Bloch-Bauer I” - Olio su tela, cm. 138x138 1907 New Galerie, New York
Azur Magazine 2014 Azur ArtArt Magazine 2014 pag.pag. 11 11
Gianmaria Potenza
Azur Art Magazine 2014 pag. 12 AzurArt ArtMagazine Magazine 2014 12 Azur 2014 pag. pag. 12
Gianmaria Potenza ASTROLABIO Bronzo 2013 Azur Art Magazine 2014 pag. 13
Azur Art Magazine 2014 pag. 13
Gianmaria Potenza
Ritmi Veneziani
Dalla Russia alla Lituania
Azur Art Magazine 2014 pag. 14
Gianmaria Potenza Azur Art Magazine 2014 pag. 15
Gianmaria Potenza
Ritmi veneziani al National Art Museum
M.K. Ciurlionis di Kaunas Lituania Dal 24 aprile al 24 agosto 2014, il Museo Nazionale d’Arte M.K. Ciurlionis di Kaunas ospiterà presso la splendida galleria M. Zilinsko la mostra ontologica dell’artista veneziano Gianmaria Potenza dove la creatività è protagonista e dove l’arte antica ed artigiana si incontra con la ricerca ed il nuovo. I visitatori potranno visionare oltre centoventi opere che vanno dai bronzi a fusione alle tavole in legno dipinte a cera, a tempera e smalto. Alcune delle opere saranno esposte nei cortili cinquecenteschi dell’Università di Vilnius a partire dal mese di luglio, in occasione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea. (Ndr)
Il maestro Gianmaria Potenza , Arte Padova 2013 Azur Art Magazine 2014 pag. 16
Gianmaria Potenza “Piume� bronzo cm. 220 - Arte Padova 2013
Azur Art Magazine 2014 pag. 17
55° MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE
LA BIENNALE DI VENEZIA Serie “Gufi”, area espositiva di fronte al Palazzo Grassi - Ca’ Rezzonico Canal Grande
I Gufi Giano di Gianmaria Potenza, bronzo
Azur Art Magazine 2014 pag. 18
Gianmaria Potenza “Gufo� bronzo patinato - h. cm. 27
Azur Art Magazine 2014 pag. 19
Gianmaria Potenza “Piume” bronzo - A h cm. 65, - 2° B h cm. 45 Azur Art Magazine 2014 pag. 20
Gianmaria Potenza
Italia - Venezia 1936
Biografia Gianmaria Potenza è nato a Venezia il 9 dicembre 1936. Compie gli studi artistici presso l’Istituto d’Arte di Venezia sotto l’illuminata guida di Giorgio Wenter Marini. Praticando varie forme d’arte: spaziando dalla pittura alla scultura al mosaico. Il suo esordio lo vede presente gia dal 1952 esponendo alcune opere in una collettiva presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, dove più avanti effettuerà la sua prima personale (1958). Nel 1954 e nel 1956, è invitato ad esporre alla Biennale d’Arte di Venezia, dove le sue opere saranno presenti successivamente nel 1958, 1960, 1966, 1968, 1986, 1995, 2009, 2013. Ha eseguito anche opere monumentali gigantesche, destinate a piazze giardini quali sedi di banche, chiese, navi, uffici pubblici e privati, alberghi, collaborazione con architetti di fama mondiale. Il suo estro creativo lo conduce a confrontarsi con una forma architettonica, nuova scavalcando i valori classici rappresentativi della oggettività figurale quale concezione temporale dello spazio e della forma. Nel 1968 da vita alla Vetreria La Murrina il cui design di arredi e oggetti e noto. Suoi sono alcuni arredi e paramenti Sacri per la Santa Sede al Pontificio di Paolo VI. Numerose esposizioni personali e collettive conducono l’arte di Gianmaria Potenza ad essere apprezzata e diffusa a livello Internazionale. Opere sue si trovano in importanti Musei e Collezioni pubbliche e private di tutto il Mondo. Ricordiamo il suo recente Tour espositivo svolto nel 2012, in Russia al Museo Erarta di San Pietroburgo dove le sue opere sono state oggetto di grandi apprezzamenti da parte di collezionisti, stampa e della critica.
Gianmaria Potenza “Il Mastino” bronzo - h cm. 52x62x85 Azur Art Magazine 2014 pag. 21
Gianmaria Potenza Azur Art Magazine 20142014 pag. pag. 22 22 Azur Art Magazine
Gianmaria Potenza Azur ArtArt Magazine 20142014 pag.pag. 23 23 Azur Magazine
Vesna Pavan
Pittrice e art designer di origine friulana, nel corso degli anni Vesna Pavan è diventata milanese d’adozione. Milano è la metropoli in cui il suo fermento artistico cresce a dismisura. Il complesso percorso formativo di Vesna Pavan può essere compendiato come segue. Ha frequentato la Scuola d’Arte Mosaico a Spilimbergo in seguito ha approfondito gli studi nell’ambito della Gestalt con una riflessione sul lavoro interiore. Vesna è, quindi, cresciuta attraverso gli studi artistici, Teatrali, psicologici, di Breathwork, di cromoterapia e non è tutto. Per diversi anni è stata l’assistente di studio del fotografo Emanuel Van Holsten così da sviluppare l’amore e la conoscenza per l’arte fotografica.Tutti questi interessi, nel tempo, le hanno permesso di vedere, scoprire e comprendere le varie sfaccettature dell’essere umano ed il senso profondo dell’espressività femminile. Ogni suo studio è sempre accompagnato dall’esperienza in prima persona. La sua arte è frutto parallelo delle sue esperienze, così afferma: “Io sono la mia arte e la mia arte mi rappresenta”. Al 1992 risale l’esordio artistico di Vesna Pavan, Fondatrice del cromatismo pavaniano.
Vesna Pavan “Butterfly” cm. 50x80 - Collezione Skin Photo by Emanuel Van Holsten
Vesna Pavan “Red Lip” cm. 50x70 - Collezione Skin Azur Art Magazine 2014 pag. 24
kin
The Touchable Art
Vesna Pavan “Black Passion” cm. 50x70 - Collezione Skin Azur Art Magazine 2014 pag. 25
SPECIALE FIERE
Fiere di Padova
ARTE
14 - 17 NOVEMBRE 2014
XV° MOSTRA MERCATO D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Padova 2014 è organizata da
NEF
Nord Est Fair
Padova Italia +39 0498800305
photos archivio effeci
www.artepadova.org
Rabarama - Vecchiato Art Gallery Arte Padova 2010
Uno dei due grandi padiglioni di Arte Padova, Padiglione 8
Padiglione 8 Galleria Allegrini Arte Padova 2010 foto archivio effeci Azur Art Magazine 2014 pag. 26
PADOVA
festeggia il venticinquesimo! Venticinque anni: un traguardo importante, che verrà festeggiato con un fitto calendario di eventi speciali. L’appuntamento con Arte Padova, la mostra-mercato d’arte moderna e contemporanea, in programma dal 14 al 17 novembre 2014 presso i padiglioni di Padova Fiere, si preannuncia quest’anno ancora più ricca di sorprese e novità. Cinque giorni all’insegna della cultura e dell’investimento nell’arte attesi ogni anno da un numero considerevole di operatori, visitatori, investitori e collezionisti provenienti da ogni angolo di Italia ed Europa. 150 espositori, selezionati tra le più importanti e rinomate gallerie d’arte nazionali, e tra i migliori artisti italiani e stranieri, offriranno a tutti gli appassionati una antologia di opere come sempre di altissimo livello.
Visitatori ad Arte Padova 2013 Arte Padova giunta al suo venticinquesimo anno, al fianco delle gallerie, gli artisti, gli editori, e tutto lo staff dell’organizzazione Nef, guidata dall’instancabile promoter Nicola Rossi. Nel corso di questi anni, Arte Padova, è cresciuta sempre più, sia sul livello espositivo, che qualitativo, con un crescente numero di rinomate gallerie presentate, qualificandosi a livello nazionale tra le migliori vetrine dell’arte moderna e contemporanea. Arte Padova ha sempre saputo presentarsi al collezionismo con una nutrita Ricordo con enorme piacere la mia prima visita nel 1994, nei vecchi padiglioni 4 e 5, rimasi così soddisfatto, al punto di condurmi ad essere presente gli anni successivi con la mia ex galleria New Art Promotion. F. C.
Arte Padova 2009 Gianmaria Potenza Azur Art Magazine 2014 pag. 27
PADOVA 2013 Studio Gianmaria Potenza Arte Padova 2013
Foto Copyright Archivio effeci edizioni
Azur Art Magazine 2014 pag. 28
Nicola Rossi e Francesco Chetta Arte Padova 2009
Arte Collezionismo - Arte Padova 2008
Francesco Chetta editore insieme con
ARTE PADOVA dal 1997
Arte Padova 2008 Galleria Lazzaro by Corsi l’editore F. Chetta con Sandra Lazzaro Arte Padova 2008 Il Prof. Segato critico e storico d’arte, con la gallerista Mariarosaria Belgiovine. Stand “Acca in Arte”
Arte Padova 1999 Stand New Art Promotion di F. Chetta, con Arricivida, Cibra, Segato e Belgiovine, Arte Padova 2009 Azur Art Magazine Belgiovine 2014 pag. 29 Athos Faccincani e Mariarosaria
Fondazione SALONIA Messina Descrizione dell’installazione artistica di Villa Melania che sarà presentata alla 56. Esposizione Internazionale d’arte La Biennale di Venezia, Installazione naturalistica con interventi antropici su scale traballanti del Maestro Dimitri Salonia Michele Panarello, una persona di mia fiducia che di solito si occupa dei lavori diallestimento all’interno della Sala Prometeo di Villa Melania, in occasione degli eventi organizzati dalla Fondazione Salonia, lasciò un brutto, grigio ponteggio di ferro nel mezzo della sala, che impediva il passaggio. Anche esteticamente era un elemento che non si inserisce (perfettamente) nell’architettura dell’edificio. Ebbi un lampo, e pensai di sfruttare l’occasione e la distrazione di Panarello, per abbellire il grigio ponteggio con dei toni rossi, tavole di carpenteria, vecchie lampade di illuminazione stradale, pupi siciliani, scale di legno, e con elementi che rappresentano la storia della Sicilia e dell’arte siciliana. Ho inserito anche oggetti del vivere quotidiano dei nostri nonni, tra i quali vecchi ombrelli e scale traballanti, per evidenziare la precarietà e la bellezza delle cose perdute, e allo stesso tempo l’armonia dei colori, delle forme e delle strutture di legno, di ferro, cartone e umili oggetti d’arte povera, raccolti nella spazzatura. Ho recuperato anche una sedia rotta, una bellissima sedia di fine ottocento, sfondata da un disattento e pesante individuo. Lo stesso Panarello mi aiutava ad allestire la struttura: forse ho scoperto un nuovo talento. In occasione degli ultimi interventi con Riccardo De Leo, dopo la serata della “Bella Epoque”, un manichino, frantumato in due pezzi, si adagiava alla base del ponteggio, attonito, in attesa di un altro intervento, che non sarà mai definitivo. Opere incompiute sono anche le tele, sistemate su un cavalletto, con l’impressione di un ritratto appena accennato, anzi non ancora iniziato. L’installazione vuole essere un’occasione di poesia e di bellezza, oltre che di partecipazione. I suoi elementi diventano evocativi di luoghi, concetti, ricordi. Io non voglio creare nulla di nuovo, ma voglio servirmi solo di ciò che già esiste: un grigio ponteggio di ferro, una tavola di carpenteria, un lampione di illuminazione stradale, una grata di ferro tondo arrugginito, un vecchio ombrello rotto, un cavalletto, una tela, una scala, un manichino, dei bellissimi pupi siciliani, un bastone, una canna di bambù. La particolarità dell’installazione è la precarietà e la metamorfosi, con interventi antropici che modificano e plasmano continuamente la struttura, che vive e si rinnova spontaneamente. Così come è precaria la vita di oggi, che è sempre in continua metamorfosi, e che cerca di rifugiarsi talvolta nella memoria e nelle tradizioni, modificando il suo essere e il suo divenire. Sfilano teorie di oggetti, inutili e importanti, pieni di sogni e di storia, accostati per armonia e per suggestioni, per un mero e reale compiacimento estetico, e descrivono una realtà caotica e disgregata, unita dalla logica dell’irrazionale e dell’assurdo. Calze di seta e guanti di velluto, neri e sgualciti, che indicano il cielo. Accovacciato, per terra, dentro il ponteggio, un cane di passaggio, distratto, accanto al manichino, con il suo lucido vestito rosso, senza merletti, né orli, né cuciture, forse strappato da un passante infastidito. Quel muro imbrattato e dipinto dai bambini, che non può essere asportato o rimosso, come non possono essere lavati i vestiti tinteggiati dai colori acrilici. Molto stimolante l’incontro con Pietro De Salvo, un degno e fiero esponente della Scuola Coloristica Siciliana e del Gruppo 90, il quale, con molto entusiasmo, ha aggiunto, quà e là, macchie di colore. Nel caos delle forme, non programmate, né preventivamente disegnate, c’è sempre un filo conduttore guidato dal gusto estetico e dall’idea di Bellezza, ma soprattutto dall’improvvisazione di tutti coloro che, spettatori e attori, vorranno intervenire, anche dopo la definitiva installazione. Dimitri Salonia, in occasione di un evento organizzato nel capannone di Villa Melania, si arrampicò sulla struttura precaria che ha ideato, e nel mezzo dell’espressione della sua forza creativa ha commentato: “Sono un istrione, se io cadessi in questo momento da questa scala traballante, il mio corpo si schianterebbe come un uccello ferito che non sa più volare. Le mie braccia si aprirebbero alla ricerca di un appiglio mentre il pensiero volerebbe verso più sicuri orizzonti per sempre, salvato dalla mia caduta. Ma io mi tengo aggrappato a questi legni, per non volare. È questo il senso e il fine dell’installazione artistica con interventi antropici su traballanti scale di legno”.
Azur Art Magazine 2014 pag. 30
Installazione del maestro Dimitri Salonia che sarà , presentata, alla 56. Esposizione Internazionale d’arte La Biennale di Venezia 2015
Azur Art Magazine 2014 pag. 31
Fondazione SALONIA Messina
Installazione del maestro Dimitri Salonia che sarà , presentata, alla 56. Esposizione Internazionale d’arte La Biennale di Venezia 2015
Azur Art Magazine 2014 pag. 32
Incantesimi del Poeta Mediterraneo e Maestro del colore
Dimitri Salonia La barca nella grotta
Omaggio a Troisi
Dimitri Salonia “La Barca nella grotta” acrilici su carta, cm 35x45 2013
(Opera ispirata alla famosa grotta, del film “Il postino” di Massimo Troisi - Le Balate di Pollara - Salina, Isole Eolie)
I colori dell'installazione per il Ventennale di Troisi Quei fiori gialli della pianta di Cristo, che si difende con le sue spine, lunghe e appuntite. Il rosso brillante, violento delle reti vissute, dipinte di sangue, abbandonate e perse, tra le rocce strappate da onde distratte, ma ricucite da mani sempre meno esperte e vecchie. Quei rossi accesi dei legni curvi di barche, che non navigano più, sostituiti da lucidi e lisci scafi di vetroresina, freddi e grigi, senza storia né incanto. Negli aridi anfratti di roccia, di tufo, si insinuano e si aggrappano, per sete d'acqua e di sale, le radici di verdi piante dell'odorosa nepetella, di artemisia o di oleastro e anche del fico d'india. E penzolano da precari sostegni le rosseggianti scocche di dolci pomodori, non ancore colte, in attesa dell'inverno, accarezzate dal sole a picco che le brucia e le fa maturare, breve posto per gli uccelli di passaggio. Anche un fiore blu, o viola, potrebbe affacciarsi sull'azzurro di quelle limpide acque, che si sprofondano in scuri antri di pietra, nel buio degli abissi, tane di pesci ciechi. E tante piante succulente, che rifiutano l'acqua, e fioriscono una sola volta, prima di morire. I nodi e le cime, sapientemente annodati e intrecciati dalle dita nodose dei vecchi pescatori. Galleria Italia 2014 Pag. 36pag. 33 Azur Art Magazine 2014
FONTANA BONALUMI MANZONI CASTELLANI
OLTRE LA PITTURA
di Francesco Poli
Quattro grandi Artisti della scena artistica milanese degli anni 50/60 Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, questi artisti, in stretta interrelazione con le esperienze europee e americane più avanzate, sono tra i principali esponenti italiani di quel processo di cambiamento che contribuirà in maniera decisiva all’affermarsi di una nuova fase delle ricerche plastiche. Di questa svolta radicale che avrà sviluppi in molte direzioni (dal coinvolgimento diretto dello spazio e dei materiali della realtà, con modalità minimaliste e processuali, all’intensificazione dei rapporti fra arte e vita fino a forme estreme di concettualizzazione) viene messo a fuoco qui un aspetto specifico della produzione di cruciale importanza e cioè quello della produzione di opere realizzate non solo con materiali “classici”(tele colori) ma anche con elementi e procedure sperimentali. Sono opere che si proponngono di andare n“oltre la pittura” nel senso del superamento di una concezione tradizionale della pittura, in particolare quella informale allora dominante (che gli americani definivano “Painterly”) caratterizzata da un enfatizzazione delle Lucio Fontana “Concetto spaziale” idropittura su tela rossa cm. 46 x 38 1962 pulsioni soggettive e dell’espressività individuale e delle valenze esistenziali. Questa innovazione avviene in direzione di un’ inedita apertura della superficie alla concreta dimensione dello spazio tridimensionale, di un raffreddamento degli effetti strettamente pittorici in chiave monocromatica e di una accentuazione della percezione del quadro come oggetto fisico. Precursore indiscusso è Lucio Fontana la cui opera va ben al di là dei limiti di un inquadramento nella tendenza informale. Fin dagli anni ’30, nella sua complessa ricerca, vitalmente tesa a sperimentare nuove soluzioni plastiche, si possono (molto in sintesi) individuare due componenti di fondo che vengono sviluppate nel tempo con assoluta libertà, contemporaneamente e in dialettica fra loro, sempre all’interno della sua concezione spazialista: quella con valenze neobarocche e decorative, e quella più riduttiva e ‘concettuale’ che privilegia tendenzialmente il monocromo con interventi di buchi e tagli di natura più essenziale. Ed è, in particolare questo genere di lavori che influenza maggiormente gli artisti della generazione più giovane come Manzoni, Castellani e Bonalumi, che considerano Fontana un maestro e con cui espongono in molte occasioni. Anche se di breve durata, l’esperienza che riunisce in modo emblematico questi artisti (insieme ad altri, tra cui il gruppo internazionale Zero) intorno ad una problematica di ricerca radicalmente nuova ed è quella della rivista milanese Azimuth, fondata nel settembre del 1958 da Castellani e Manzoni (con la collaborazione di Agnetti) che uscirà in soli due numeri. Tra i testi pubblicati, oltre a quello di Guido Ballo dedicato a Fontana (il solo di carattere monografico) i più significativi sono le dichiarazioni programmatiche di Castellani, Continuità e nuovo, e di Manzoni, Libera dimensione (entrambi nel n. 2, 1960) Azur Art Magazine 2014 pag. 34
Zero) intorno ad una problematica di ricerca radicalmente nuova ed è quella della rivista milanese Azimuth, fondata nel settembre del 1958 da Castellani e Manzoni (con la collaborazione di Agnetti) che uscirà in soli due numeri. Tra i testi pubblicati, oltre a quello di Guido Ballo dedicato a Fontana (il solo di carattere monografico) i più significativi sono le dichiarazioni programmatiche di Castellani, Continuità e nuovo, e di Manzoni, Libera dimensione (entrambi nel n. 2, 1960) e l’importante contributo del critico Udo Kultermann, Nuova concezione della pittura. Lo scritto di quest’ultimo è in stretto rapporto con la fondamentale mostra “Monocrome Malerei” (Kunstmuseum di Leverkusen, 1960), in cui il critico presenta le più significative espressioni di pittura monocroma con opere di molti artisti tra cui Yves Klein, Ad Reinhardt, Arnulf Reiner, Otto Piene, Jef Verheyen, Fontana, Manzoni e Castellani. Il più giovane Bonalumi non è presente anche se va sottolineato che i tre artisti già dal ’58 -’59 fanno gruppo presentandosi insieme in un ciclo di mostre alla Galleria Pater di Milano, alla Galleria del Prisma di Milano, alla Galleria Appia Antica di Roma, ed alle Gallerie Casper di Losanna. Per precisare qui, sia pure brevemente il senso della ricerca di Castellani e Manzoni, possiamo partire proprio dai loro testi pubblicati su “Azimuth”. Castellani, nella sua mirata analisi dell’arte delle avanguardie, colloca come punto di riferimento iniziale e fondamentale della sua idea di “nuova concezione artistica” l’opera di Mondrian: “… iniziando a considerare l’opera d’arte come oggetto autonomo a se stante, le nega implicitamente la funzione del rappresentare (…) Mondrian dà perciò l’avvio a una dinamica dialettica il cui sviluppo, reso possibile dall’apporto di esperienze anche contraddit-
Agostino Bonalumi “ Rosso “ tela estroflessa e acrilico cm. 80 x 60
torie, porta oggi all’affermazione delle possibilità di una forma d’arte ridotta alla semanticità del suo linguaggio …” è questa forma d’arte, lontana da ogni connotazione soggettivistica, per Castellani > può basare su un solo criterio compositivo possibile “non implicante una scelta di elementi eterogenei e finiti”. Questo criterio è “il solo che, attraverso il possesso di un’entità elementare, linea, ritmo, indefinitamente ripetibile,
Enrico Castellani “Superfice rossa“ acrilico su tela
Azur Art Magazine 2014 pag. 35
superficie monocroma, sia necessaria per dare alle opere stesse concretezze di infinito e possa subire la coniugazione del tempo, sola dimensione concepibile, metro e giustificazione della nostra esigenza spirituale”. Castellani realizza la sua prima Superficie (Superficie nera in rilievo) nel 1059, adottando una tecnica particolare che rimarrà costante, con variazioni relative, in tutti gli sviluppi successivi della sua ricerca, anche nei lavori che coinvolgono in forma più ampia la dimensione ambientale (tele sagomate, angolari, dittici, trittici, e veri e propri ambienti). 20080 x 60 2009, Per creare le sue superfici trapuntate a modulazione tridimensionale variata ma tendenzialmente seriale, l’artista utilizza dei chiodi piantati e disposti in modo ordinato nella parte retrostante la tela. Questo procedimento operativo, che evidenzia la specifica fisicità del supporto, è finalizzato principalmente alla definizione concreta di una fredda strutturalità spazio – temporale e non alla stimolazione di effetti ottico – percettivi nel senso dell’arte programmata.
Ogni opera è sempre rigorosamente monocroma: nera, rossa, gialla, con argento o alluminio, e soprattutto bianca. “il bianco - ha dichiarato l’artista in una intervista del 1983 – per me non è un colore, ma l’assenza di colore. Il bianco è il colore, ovvero il non colore, che rende più sensibile questa oggettivazione.” E veniamo ora a Manzoni e al suo testo Libera dimensione, in cui l’artista giustifica così la realizzazione dei suoi Achromes e delle sue Linee: “il verificarsi di nuove condizioni, il proporsi di nuovi problemi, comportano, con la necessità di nuove soluzioni, nuovi metodi, nuove misure (…) Per questo io non riesco a capire i pittori che, pur dicendosi interessati ai problemi moderni, si pongono a tutt’oggi di fronte a un quadro, come se questo fosse una superficie da riempire di colori e forme, secondo un gusto più o meno apprezzabile (…) perché invece non vuotare questo recipiente? Perché non liberare questa superficie? Perché non cercare di scoprire il significato illimitato di uno spazio totale? Di una luce Enrico Castellani “Superfice bianca“ acrilico su tela cm. 100 x 100 2009 pura ed assoluta? Alludere, esprimere, rappresentare sono oggi problemi inesistenti (…) : un quadro vale solo in quanto è, essere totale; non bisogna di nulla; essere soltanto (…) l’infinibilità è rigorosamente monocroma, o meglio ancora di nessun colore (…) una superficie bianca che è una superficie bianca e basta, una superficie incolore che è una superficie incolore (…) Questa superficie indefinita (unicamente viva) se nella contingenza materiale dell’opera non può essere infinita, è però senz’altro indefinibile, ripetibile all’infinito, senza soluzione di continuità; e ciò appare ancor più chiaramente nelle linee; qui non esiste nemmeno più il possibile equivoco del quadro …” i primi Achromes sono presentarti nella sua prima personale alla Galleria Pater di Milano nel 1958 sono quadri realizzati con del caolino che ricopre grezze superfici formate da pezze quadrate combinate in modo abbastanza regolare fra loro, oppure da delle tele con varie piegature orizzontali o verticali. tica viene poi elaborata anche in successivi cicli di lavoro dove il materiale tela viene sostituito sono quadri realizzati con del caolino che ricopre grezze superfici formate da pezze quadrate combinate in modo abbastanza regolare fra loro, oppure da delle tele con varie piegature orizzontali o verticali.
Piero Manzoni “Achrome“ tela grinza e caolino cm 35 x 80 1958-59 Azur Art Magazine 2014 pag. 36
Agostino Bonalumi “ Bianco “ tela estroflessa e acrilico cm. 80 x 60 2009
Questa idea monocromatica viene poi elaborata anche in successivi cicli di lavoro dove il materiale tela viene sostituito direttamente da altri materiali bianchi, di più evidente espressività fisica, come quadrati o batuffoli di cotone, blocchetti di polistirolo o lana di vetro. Sempre nella categoria degli Achromes si possono inserire le michette di pane colorate in bianco che, come vuole la leggenda, sarebbero state realizzate come ritratti del panettiere dell’artista. Come Manzoni e Castellani, anche Agostino Bonalumi ha avuto una primissima fase di carattere informale materico. E a partire dal 1959/60 che inizia a sviluppare la sua nuova linea di ricerca, in parallelo con quella di Castellani ma con caratteristiche e sviluppi diversi. Nei suoi quadri-oggetto, anch’essi monocromi, la classica bidimensionalità della tela si articola in rilievi tridimensionali, attraverso interventi ed “estroflessione” con libere configurazioni essenzialmente geometriche e modulari, ma anche con particolari elaborazioni curve. Tutte le sue opere si intitolano semplicemente col nome del colore protagonista. Molto preciso ed acuto è il seguente commento di Klaus Wolbert: “sebbene le sue pitture oggetto che chiama estroflessioni mantengano generalmente l’ortogonalità del quadro, la tela non è più solamente una superficie di supporto per interventi pittorici: diventa un fenomeno formale in sé Bonalumi inarca parte della sua tela in avanti verso lo spazio; vi installa speciali sottostrutture che donano rilievo plastico, permettendole di catturare la luce e gettare ombra da sola; inoltre rafforza l’effetto così ottenuto, usando sempre un unico colore, piatto, omogeneo, privo di sfumature per la tela, che diventa così monocroma.
Con le estroflessioni Bonalumi riesce a plasmare creazioni artistiche che costituiscono, nel seno più forte, oggetti autonomi, dati fattivi e fortemente chiusi in se, che comprendono spazio, colore, luce e ombra senza illustrare questi in modo fittivo ed illusorio. Al tempo stesso, però, questi oggetti sono anche belli in senso ideale: hanno una perfezione così impeccabile da avvicinarli all’assoluto (…) le Estroflessioni sono sia radicali nella conzione formale, sia ideali nella pretesa estetica... Francesco Poli Courtesy Galleria Mazzoleni
Piero Manzoni “Achrome“ panno cucito cm 74,5 x 55 1960-61
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By ARTHEMISIA
GROUP
Andy Warhol “Blue Shot Marilyn” 1964 Collezione Brant Foundation , © The Brant Foundation, Greenwich (CT) USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2014
Palazzo Cipolla Roma 18 aprile - 28 settembre 2014
Infoline e prevendita singoli e gruppi 06 98373328 - informazioni 24 ore su 24 Orari Lunedì dalle 14.00 alle 20.00 Da martedì a domenica dalle 10.00 alle 20.00 www.ticket.it/warholroma. Azur Art Magazine 2014 pag. 38
Grandi Mostre Fondazione Roma Museo
ANDY WARHOL
Forte dei numerosi consensi della critica e dei 225.000 visitatori che lʼhanno visitata, dopo la tappa milanese a Palazzo Reale arriva a Roma la prima grande monografica dedicata al padre della Pop Art, Andy Warhol, Dal 18 aprile al 28 settembre 2014 al Museo Fondazione Roma, Palazzo Cipolla saranno esposte 150, opere dellʼartista americano, provenienti dalla The Brant Foundation, di cui è fondatore e Presidente il curatore della mostra Peter Brant, amico di Warhol e noto collezionista, la cui curatela è accompagnata dal contributo di Francesco Bonami. Promossa dalla Fondazione Roma, dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma e dal Comune di Milano-Cultura, lʼesposizione è prodotta e organizzata da Arthemisia Group e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE. Andy Warhol non solo è stato il più acuminato interprete della società di massa e del consumismo, folgorante sociologo dellʼAmerica anni ʻ60 ma ha saputo trasformare in arte i feticci dellʼimmaginario collettivo americano, anticipando lʼinstaurarsi del potere dei mass media. Lui ha trasformato in icone la Coca Cola come Elvis Presley, la Campbellʼs Soup come Liz Taylor e Marilyn Monroe, il biglietto del dollaro come Jackie Kennedy.
Fondazione Roma Museo Lo spazio espositivo Fondazione Roma Museo, nasce nel 1999 per volontà e su impulso del Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, Presidente della Fondazione Roma. Dal 1999 ad oggi il Museo ha realizzato oltre quaranta mostre temporanee, in collaborazione con i più prestigiosi poli museali internazionali.
Andy Warhol “Diamond Dust Shoes” 1980 Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA
© The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2014
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Grandi Mostre Fondazione Roma Museo
TERRY O'NEILL
Palazzo Cipolla Roma 18 aprile - 28 settembre 2014
Il Museo Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, dal 18 aprile al 28 settembre 2014, in concomitanza con la mostra dedicata ad Andy Warhol, ospita le opere del grande fotografo Terry O’Neill con una retrospettiva intitolata Terry O’Neill. Pop Icons. Una carrellata di ritratti che raccontano attraverso i volti dei miti del cinema, della musica, della moda, della politica e dello sport, la carriera artistica del fotografo britannico. La mostra promossa dalla Fondazione Roma, prodotta e organizzata da Arthemisia Group e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, offre un’ulteriore testimonianza di come il culto della celebrità, leitmotiv degli anni ’60 - ’70, abbia notevolmente influenzato il lavoro degli artisti dell’epoca. Inaspettatamente il lavoro di O’Neill può essere accostato a quello di Andy Warhol ossessionato per le immagini e la notorietà, le cui opere sono esposte contemporaneamente a quelle del fotografo.
Terry O’Neill e Warhol hanno ritratto entrambi, in maniera
stupefacente, gli stessi personaggi leggendari come Elvis Presley ed Elizabeth Taylor, per citarne solo alcuni. Tutti e due hanno cercato di cogliere ed esaltare l’essenza di ciascuno dei loro soggetti esprimendone la grandiosità e consacrandoli a icone senza tempo.
Bruce Springsteen walking on Sunset Strip, Los Angeles, 1975, 78 x 57 cm, © Terry O'Neill
Mick Jagger at the BBC Studios, Londra / London,
www.ticket.it/warholroma.
The Rolling Stones in Hanover Square, Londra London, 1964, 54,9 x 73 cm, © Terry O'Neill Azur Art Magazine 2014 pag. 40
Paul McCartney alle nozze di Ringo Starr Londra 1981 cm. 99 x 73,1 © Terry O'Neill
Elvis Presley - Las Vegas, 1971 cm. 81 x 58 © Terry O’Neill
The Beatles in Abbey Road Studios recording their first album Please Please Me LLondon, 1963 cm. 54,9 x 73 © Terry O'Neill
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AFRO Pittore Internazionale
di Luca Beatrice
Sono passati ben ventu-
no anni dalla memorabile mostra che la Galleria Mazzoleni (allora Nuova Gissi) organizzò a Torino sull’itinerario astratto di Afro, compreso tra il 1948 e il 1975. Per l’occasione venne prodotto un ricco catalogo (Mazzotta editore) contenente diversi testi critici, tutti d’accordo a sottolineare l’importanza di questo artista nel panorama italiano e internazionale. Eppure all’epoca si era appena consumato un torto piuttosto grave nei confronti del pittore friulano: il mancato inserimento nella mostra Italian Art in the 20th Century – Painting and Sculpture 19001988, curata da Celant e Rosenthal alla Royal Academy di Londra nel 1989, che avrebbe do- Afro “Floridoro” olio su tela, cm. 51 x 64, 1964 vuto sancire il definitivo ingresso della nostra arte nel gotha internazionale, al culmine del decennio più fortunato del dopoguerra, quando la Transavanguardia trionfa nel mondo e l’Arte Povera torna ai fasti dei suoi inizi. Da quella che sembrò una grave miopia critica, il destino di Afro è cambiato e negli ultimi anni egli è unanimemente considerato tra i tre-quattro artisti italiani davvero importanti, ancor più se si considera che il periodo in cui ha agito più complesso e articolato dei decenni successivi, doe l’”asticella” della qualità era posizionata in alto ed era difficile spiccare un salto da primatisti. Allora infatti le istanze di cambiamento si susseguivano rapidamente l’una all’altra, sovrapponendosi, elidendosi, contraddicendosi e, soprattutto, rischiando di durare appena il tempo di un mattino, e l’arte non poteva non sintonizzarsi sulle medesime lunghezze d’onda. Il fermento intellettuale era frutto di sostanziale condivisione tra gli artisti; da lì la tendenza a presentarsi in gruppi organizzati attorno a un critico e una teoria di riferimento, Afro, a parte l’adesione agli Otto di Lionello Venturi nel 1952, preferisce invece correre da solo. Semplificando, Afro può essere considerato un artista informale, sapendo che non si tratti di un movimento ben definito ma di una sensibilità se non planetaria, almeno praticata in buona parte dell’Europa, negli Stati Uniti e persino in Giappone.
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Non esiste un atto di nascita ufficiale per l’Informale e neppure una fine, considerando che gli ultimi bagliori travalicano di parecchio gli anni Settanta, evolvendosi in altri linguaggi e altre forme. Al suo interno vanno comprese temperature molto diverse, dall’Espressionismo Astratto al Naturalismo, dal Postcubismo Afro “Per Colorado” 1967, tecnica mista su tavola, cm. 31,2 x 48 all’astrazione lirica, dall’informale segnico con echi surreali alla proto-Body Art. Nell’Italia degli anni Cinquanta è certamente la tendenza più praticata, eppure sono pochi i pittori capaci di produrre opere di autentico respiro internazionale, in grado di confrontarsi soprattutto con la nascente arte americana. Uno di questi è certamente Emilio Vedova. L’altro, altrettanto sicuramente, Afro. “Veneto e cosmopolita” lo definisce Erich Steingraeber (Afro era friulano di nascita, forse la qualifica si adatta meglio a Vedova ma rende comunque l’idea). Si può senza meno affermare che proprio Vedova e Afro, insieme ad Alberto Burri e Lucio Fontana , costituiscono le quattro punte dell’attacco dell’arte italiana tra l’immediato dopoguerra e i primi anni Sessanta, in quel quindicennio dove si registra la nascita dell’arte contemporanea vera e propria, oltre al superamento del localismo e all’abbandono del piccolo maestro. A questo straordinario “quartetto” forse andrebbe aggiunto Piero Manzoni, ma la sua parabola fu troppo breve e il lavoro mai sopraggiunto a maturità. Il percorso di Afro, dal 1950 al 1975, in cui smette di lavorare, morirà nel 1976 pochi mesi dopo il sessantaquattresimo compleanno, è accompagnato da una serie di date ed eventi decisivi per la sua carriera. Proprio nel 1950 ha l’occasione di esporre per la prima volta a New York nella nuova galleria Catherine Viviano, nata in Italia ma trasferitasi a Chicago da bambina, che aprendo con una collettiva di cinque italiani (oltre ad Afro, Cagli, Guttuso, Morlotti e Pizzinato) dimostra quanto la nostra arte allora suscitasse interesse oltre oceano. Il complesso di inferiorità degli americani verso la pittura europea sta per finire e l’asse del contemporaneo si sta spostando definitivamente da Parigi a Manhattan. Se la prima generazione di espressionisti astratti è impregnata dell’estetica del Vecchio Continente –a cominciare da Gorky, la cui pittura Afro conosce proprio nel 1950, due anni dopo la morte dell’armeno, che gli trasmise una seduzione tanto forte che fu proprio lui a scrivere un testo critico per la mostra alla Galleria L’Obelisco di Roma nel 1957- la nascente Action Painting è destinata in breve a diventare l’arte del decennio: aggressiva, virulenta, soggettiva e ipertrofica è la pittura americana per eccellenza, con un suo stile ben preciso e finalmente originale che affronta senza timore le grandi dimensioni spesso negate agli europei, con le sue star (in particolare Pollock), e i suoi teorici (Harold Rosenberg). Dei cinque presentati a New York dalla Viviano, solo Afro mantiene un rapporto stabile con la galleria e una continuità espositiva negli USA. Troppo “italiani” gli altri, troppo impregnati di quel realismo che gli americani non considerano quando non sia parte integrante della storia. L’impatto di Afro con gli Stati Uniti lo spinge a superare definitivamente l’influenza della prima stagione romana (l’Afro figurativo degli anni Trenta-primi Quaranta va in soffitta) e le questioni del dibattito post-cubista sulla necessità di un grado di realismo nell’arte, sollecitato da Picasso dopo Guernica. Piuttosto, Afro rivolge lo sguardo al Surrealismo, sull’esempio di Gorky (e in parte di Klee) cui non interessava certo l’approccio iconografico, ma quella libertà di movimento nell’universo dei segni e dei gesti sconfinante nelle teorie dell’automatismo psichico. Afro mostra regolarmente in America ed è il primo artista giovane della sua generazione a essere presente con continuità in una platea internazionale. Il 1952, anno della seconda personale a New York, è anche quello della fondazione del Gruppo degli Otto, con il quale è invitato alla Biennale di Venezia. In questo periodo la figura c’è ancora ma, come ha sottolineato Fabrizio D’Amico “Afro cerca adesso una pittura che s’allenti e si slabbri nello spazio; e una figura in cui gli incidenti, gli imprevisti slittamenti, gli scarti non più bilanciati delle forme costituiscano una ormai non più preventivabile norma costitutiva”. Fino al 1954, dunque, l’immagine filtra da sotto la fitta trama di segni e gesti, anche se l’artista si sforza di non renderla più centrale nella composizione.
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Si vedano Il fagotto (1950), Ragazzo con il toro (1954), e soprattutto, l’”Afro metropolitano”, certamente sedotto dall’impatto con lo skyline americano, che dedica alla città diversi lavori, come Chicago Watefront (1953) e La città morta (1953). Nel 1955 Afro è presente alla prima edizione di Documenta, la mostra che si terrà ogni cinque anni a Kassel, in Germania. Nel 1956 partecipa con una sala personale alla Biennale di Venezia e vince il premio come miglior pittore italiano. Annota Francesco Tedeschi che ad aver proposto Afro era stato l’americano Andrew Ritchie, mentre i critici italiani sembravano essersi opposti alla sua premiazione. Per un artista che nel frattempo aveva ricevuto l’attenzione di Dore Ashton su “Art Digest”, è il segno del superamento della dimensione provinciale e la possibilità reale di un confronto internazionale. Delle undici opere esposte a Venezia, questa Afro “Nero bruno, 1962, tecnica mista su carta intelata, cm. 70 x 100 mostra ripropone Doppia figura (1954). La seconda decisiva svolta stilistica di Afro data intorno al 1957, periodo in cui frequenta abitualmente il pittore Toti Scialoja. Complice anche l’incontro e la frequentazione romana con Alberto Burri che, tornando dagli Stati Uniti, lo spinge a sperimentare nuovi materiali come la colla vinavil. Sono peraltro gli anni in cui Burri è definitivamente approdato all’anomalia materica, segno di un desiderio di libertà, dell’uscita progressiva dalle tematiche dell’Informale del dopoguerra e dell’interrogarsi sul superamento dalla pittura, oltre al difficile allontanamento dalla tradizione, croce e delizia dell’arte italiana. I lavori realizzati nell’ultima parte dei Cinquanta registrano l’accentuarsi del lirismo e l’ampliamento delle dimensioni –Pietra serena (1957). L’opera simbolo del periodo è certamente Il giardino della speranza, intervento murale realizzato al Palazzo dell’Unesco di Parigi nel 1958, dove accantona definitivamente il cubismo, attua una riduzione della tavolozza tendente alla monocromia mostrando la piena libertà del proprio flusso emotivo. Nel 1959, ancora una volta invitato a Documenta e inserito da James Sweeney nella collezione Guggenheim di New York, ospita Willelm De Kooning nel suo studio a Roma. Alla fine degli anni Cinquanta Afro ha dunque messo in fila una serie di occasioni espositive di primo livello ed è uno degli artisti italiani più conosciuti in America, destinato ad ampliare la carriera internazionale in Germania, oltre che con le partecipazioni a Kassel con due importanti antologiche a Berlino e Darmstadt. Il periodo che si sta aprendo è ulteriormente ricco, a dimostrazione di un’individualità capace di riassumere le innumerevoli esperienze maturate. Dal 1960 Afro, sulla soglia dei cinquant’anni, è un artista di qualità non ordinaria. Oggi definiremmo il suo linguaggio globale, certo libero, pienamente inserito nel dibattito delle avanguardie oltreconfine. Il calligrafismo di derivazione surreale ha lasciato il posto al trionfo del gesto, ampio e vitalistico. Mai come in questo frangente Afro utilizza il rosso, quasi per una conquistata capacità di seduzione. Le sue tele – alcuni gioielli di piccolo/medio formato come il Rosso del 1960, la Composizione del 1961, Per Colorado del 1967, insieme ai dipinti più grandi dall’importante storia espositiva, La grande clessidra (1967) o Tela scoperta 2 (1967) – dialogano con i maestri americani (in particolare con Franz Kline e Robert Motherwell). Molto attivo, Afro ritiene di fondamentale importanza il disegno, soprattutto quello in bianco e nero, palestra per le opere di ampio respiro ma anche pienamente autonome, che gli consentono di sperimentare liberamente ogni sorta di intuizione, riallacciandosi alle calligrafie dell’automatismo psichico e stabilendo un ideale ponte con le esperienze dei giapponesi Gutai (di cui la mostra presenta un’esaustiva campionatura) Ad Afro non resta molto temAfro “Rosso” tecnica mista su tela cm. 60 x 80 1960 po da vivere. Le opere dei Settanta formano una sorta di percorso interrotto, che il pittore sviluppa recuperando il significato del termine decorazione, liberandolo dal significato negativo. Dedica uno sguardo retrospettivo alla prima stagione romana tentando di restituire allo spazio dipinto quell’equilibrio messo in crisi dal dominio del segno. Sembra osservare con attenzione Morandi, nella composizione e nella tavolozza (Senza titolo, 1974). Soprattutto scopre Matisse. E’ atteggiamento tipico dell’artista maturo il desiderio della sintesi, abbandonati i furori e gli ardimenti sperimentali. Come è accaduto in seguito anche con Burri e, di recente, con Carla Accardi, i lavori tardivi dichiarano il bisogno di armonia, pacificazione, leggerezza e ironia. Alcuni peraltro, di qualità straordinaria, come la Via Etnea (1974), più volte scelto quale manifesto dell’ultimo Afro. (Luca Beatrice) Azur Art Magazine 2014 pag. 44
DAYSE RODRIGUES
Dayse Rodrigues “DSC N 2218
Contatti - Edro Studio Art & Creation Via XXX APRILE 79 / A - Monte Castello Mercato Saraceno - FC Cell. + 39 335 6174980 Mail - ednadayse@libero.it www.dayserodrigues.com
Azur 4545 AzurArt ArtMagazine Magazine2014 2014pag. pag.
FUSION VOGUE Fine Art Made in Italy of
Photo Emanuel Van Holsten
VESNA PAVAN
Lady Pavan Awards and exhibition: Alcuni dei numerosi riconoscimenti ricevuti dalla Pavan, nel corso della sua brillante carriera e ricerca artistica: Premio Artista dell’anno a Cesenatico 2009, Premio Artiste de Montmartre 2010, Mandelieu Cannes, Premio Grandi firme dell’arte contemporanea, 1°premio ”Art Design, Premio New figuration, Premio della Critica 2008, Premio Michelangelo 2009, Premio della Cultura 2008, e molti altri. Le sue personali riscuotono sempre un grande consenso da parte della criitica specializzata, e dai visitatori. Personale Galleria Le Patio e alla fiera Vernice Art Fair di Forli, Arte Padova 2012, Arte Genova 2013, Galle- Vesna Pavan “Liquid Dollar ” cm. 70x100 - Collezione Fusion ria Colorida, Arte e Emaçào (Arte ed Emozione), Lisbona (Portogallo) Museo della Triennale, libreria Skirà, Milano, Libreria Rizzoli, Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, 55° Salone internazionale Belle Arti, Palazzo dei Congressi Berziers (Francia) Salone Internazionale di Cannes, Galleria Bosco, Carrousel du Louvre, Parigi, Galleria Spazio Museale Dott. Sabrina Falzone, Il potere dell’Immaginazione, Milano Espace Encan, Biennale Internazionale Arts Atlantic La Rochelle ( Francia), Milano, Roma, Firenze, Pisa, Venezia, Genova, Taormina, Palermo, Londra, Parigi, Cannes Praga, Amsterdam, Innsbruck, New York, Montecarlo Principato di Monaco, Miami e altre importanti città. Nel 2014 il critico Luca Beatrice, ha curato una sua personale alla Fondazione Maimeri Milano: Fusion e Skin Azur Art Magazine 2014 pag. 46
Vesna Pavan “Vanity� Ciclo Fusion, acrilici su tela Azur Art Magazine 2014 pag. 47 Azur Art Magazine 2014 pag. 47
Vesna Pavan “Vogue� Fusion/Vogue - forex vinile con smalto ed inserti preziosi, cm. 65x100 2013 Azur Art Magazine 2014 pag. 48
Vesna Pavan “Money Money� ciclo Fusion, smalti e cm. 50x70 2013
www.vesnapavan.net - mail vesna4art@yahoo.it Azur Art Magazine 2014 pag. 49
DAYSE RODRIGUES
L’estremo concetto del colore “Astrazione fotografica”
Nella storia dell’arte i temi centrali sembrano essere quello dell’insopprimibile urgenza dell’artista di dare espressione, fin dall’infanzia, al proprio talento creativo e, connesso con questo, quello che della precoce rivelazione di tale talento e del suo poteDayse Rodrigues “Foglia Notturna” re di attrarre magneticamente l’attenzione degli altri. Dayse Rodrigues è un’Artista, una vera e propria creatrice d’arte, in quanto spazia da pitture a sculture, piccoli oggetti arrivando persino al designer di gioielli. La sua dimensione l’ha scoperta fin dall’infanzia e come sostengono Otto Kurz e Ernst Kris, valido è l’aneddoto che ha lo scopo di sottolineare la precocità con cui il vero genio mette alla prova la propria tempra. Da sottolineare il fatto che la nostra artista si crea autonomamente tutte le basi operative per le sue opere: dal legno marino all’attaccatura della tela, fino a passare dalla mestica al colore…un inchino a questa vivace Creativa con la C maiuscola. Dayse Rodrigues nelle sue elaborazioni fotografiche portate all’estremo concetto del colore, può essere considerata degna continuatrice degli esperimenti dei “Rayogrammi” di Man Ray degli anni 20 del Novecento. Infatti quest’ultimo inseriva sulla carta fotografica oggetti come spilli, pizzi, ecc. e impressionando il supporto, divenendo così sperimentazioni artistiche; ma la nostra artista, va ben al di là di una semplice impressione su carta, anzi, riporta con la pittura le evoluzioni coloristiche di raggi fotografici colorati e con accurata dimestichezza cerca di far emergere sempre quel particolare che noi, ignari fruitori, non riusciremmo a notare. Lucio Fontana nel 1947 portò alla Triennale di Milano un tubo luminoso formante un grande arabesco che rievocava la scia dei movimenti di una torcia vibrata nell’aria; quella stessa torcia che Dayse Rodrigues sembra utilizzare nelle sue opere a ben dire “ipercinetiche-pittoriali”. Dan Flavin dagli anni ’60 in poi utilizza sempre il tubo luminoso nelle sue varie istallazioni e la nostra artista sembra con una visionarietà innata evolve dall’utilizzo di tubi luminosi con fluidi schiocchi di colore emergenti da un nero quasi caustico e invade oltre ad attrarci inconsciamente verso una purificazione del pigmento…uno sguardo del passato che diviene immediatamente futuro. Federica Pasini
Federica Pasini e l’artista Dayse Rodrigues nel corso di una mostra Azur Art Magazine 2014 pag. 50 Azur Art Magazine 2014 pag. 50
“Dayse Rodrigues, grande interprete del linguaggio informale contemporaneo. Nelle sue cromatiche opere, si osserva una magia surreale, custode di mille segreti. Nell’operato pittorico di Dayse, osserviamo essenzialmente, una silente nota spirituale, che ci conduce nello sconfinato spazio della psiche umana, spesso richiamata nelle sue tele. Una pittura quella di Dayse Rodrigues, fortemente meditativa, che attraversa il pensiero dell’osservatore, trasportandolo in un Oasi di meditazione e pace interiore. ...Essenzialmente nelle sue perfomance artistiche, notiamo quella giusta gestualità espressiva del tutto personale, frutto di costante applicazione nella sua quotidiana ricerca, impostata con gusto formale, nello studio di nuovi obiettivi pittorici, nel voler rappresentare artisticamente, sogni e forme nella loro naturale espressione, filtrate dalla sua fantasia creativa.” Francesco Chetta
Dayse Rodrigues
Hanno scritto di lei: Federica Pasini, Lorenzo Piemonti, Maurizio Gnali, Lia Briganti, Francesco Chetta, Giorgio Palombi, Ricardo Melotti, Michela Turra, Alberto Grossi, Mariarosaria Belgiovine, Rossanna Ricci, Pierangela Ezzo, Cecilia Cei, Giorgio Pilla, Donat Conenna, Graziella Melania Geraci e molti altri ancora.
Dayse Rodrigues dr4 2013, 70x90cm anno 2012 astrazione fotografica Azur Art Magazine 2014 Azur Art Magazine 2014 pag. 51 pag. 51
DAYSE RODRIGUES “Astrazione fotografica”
astrazione fotografica 70x90 , anno 2013 DR10
Dayse Rodrigues vacanze 2012-2013 539 Art Magazine 201452pag. 52 AzurAzur Art Magazine 2014 pag.
Dayse Rodrigues
Dayse Rodrigues “534� Azur Art Magazine 2014 Azur Art Magazine 2014 pag. 53 pag. 53
Azur pag. 54 54 AzurArt ArtMagazine Magazine 2014 pag.
Truka Red ceramica, smalti e oro, cm. 30 2013
GIORGIO LAVERI
Galleria Mazzoleni Torino
AGOSTINO BONALUMI
Azur Art Magazine Azur Art Magazine2014 2014pag. pag.55 55
Vieste La perla bianca
del Gargano a cura di Francesco Chetta
Pizzomunno
Azur Art Magazine 2014 pag. 56
“Opere d’arte della natura” Reportage fotografico a cura di Sarah Chetta - digital camera Nikon D 3000
© Copyright 2014 effeci edizioni
Azur Art Magazine 2014 pag. 57
Azur Art Magazine 2014 pag. 58
© Reportage fotografico a cura di Sarah Chetta - Nikon D 300 S Copyright 2014
Vieste la perla bianca del Gargano, è posta all’estrema punta del promontorio del Gargano declinando dolcemente verso le sue coste, da circa una cincquantina di metri di altitudine. Vieste splendida cittadina, fiera delle sue pittoresche insenature, in cima alla città vecchia, vi è collocato il Castello Svevo, adiacente in zona, vicino alla Basilica Cattedrale romanica di si può osservare, ora divenuto macabro monumenla to, a ricorVieste la città vecchia, vista dall’ininsenatura di marina piccola, dove in passato vi era il porto do delle migliaia di vittime ingiustamente trucidate su quella pietra, La Chianca amara così chiamata l’enorme pietra della roccia, dove venne commesso il barbaro e sanguinario evento, a opera del famigerato e sanguinario turco Draguth Rais nel luglio del 1554. Il borgo antico della vecchia città di Vieste, con la Cattedrale e la zona medievale si estende con un continuo sali e scendi, attraverso stradine strette e tortuose, tra le case bianche, questa zona è eretta sul promontorio roccioso selvaggio della punta estrema della cittadina, (vedi foto sotto) numerose le piccole abitazioni, attaccate una spesso con caratteristici archi, in questa zona non mancano i piccoli negozi con artigianato locale le trattorie dove gustare piatti tipici.
IL’enorme monolito carsico/ calcareo di PIZZOMUNNO alto circa 25 mt., che erge alla riva dell’omonima spiaggia, situata a pochi passi dal centro di Vieste. “Una tra le antiche leggendae tramandate dai cittadini viestani, narra la storia di amore di due giovani innamorati: il giovane pescatore Pizzomunno e la sua amata Cristalda, una bellissima fanciulla dai lunghi capelli dorati” Tra i due giovani correva un etereo amore spassionato, lui Pizzomunno era solito recarsi quotidianamente per andare in mare a pescare con la sua barca, ormeggiata adiacente l’attuale piccola baia di Pizzomunno.
La splendida spiaggia con Pizzomunno. Sotto estremità con il Trabucco dell’Isola Chianca, nelle limpide e trasparenti acque della costa garganica in prossimità di Vieste
© Reportage fotografico a cura di Sarah Chetta - Nikon D 300 S Copyright 2014
Ma verosimilmente la storia ci narra, che sovente il giovane Pizzomunno, veniva ammaliato dal lirico canto delle sirene, che molto adoravano la sua personalità; un bel ragazzo alto e prestante, dall’animo spensierato e attraente, ma fortemente innamorato e fedele alla sua Cristalda, tanto da non curare i continui richiami delle sirene. Questo naturale comportamento del giovane Pizzomunno, ha generato una grande gelosia nelle sirene, da condurre quest’ultime ad rivalersi contro la sua bella amata Cristalda, trascinandola per sempre nel profondo del mare, così da sottrarla eternamente alla sua vita, e punendo lui pietrificandolo nell’attuale monolite che porta il suo nome. ...”La leggenda ci descrive inoltre, che i giovani amanti si incontrino ogni cento anni, rivivendo la loro storia d’amore, tragicamente interrotta, nel sol tempo di una notte.” *Cristalda la leggenda vuole soprannominata Vesta... Vieste (Ndr)
Azur Art Magazine 2014 pag. 59
Spettacolare alba ripresa all’’Isola Chiancha (Vieste) sotto, lato a Nord Owest dell’Isola sotto particolare dell’Architiello e la Torre di San Felice visto da Nord - foto di Sarah Chetta pag. 64 vista panoramica
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Numerose le grotte erose dal mare nella chiara roccia calcarea tipica del Gargano. Nel corso dei millenni, la nautra ha generato delle cavità e formazioni rocciose dalle varie forme piu o meno strane e misteriose, tra quelle più suggestive in località San Felice di Vieste, vi troviamo il famoso Architiello, scavato dall’erosione salina e il continuo frangere del mare. Queste grotte si sono evolute nel corso dei millenni a causa di naturali fenomeni carsici, ma soprattutto, per mezzo dell’azione corrosiva del mare e vento. I nomi di queste suggestive grotte, per lo più attribuiti dai loro scopritori, dislocate lungo la costa fino alla baia delle Zagare (Mattinata) La grotta dei Pipistrelli, dei Contrabbandieri, la grotta Sfondata, dei Serpenti, quella dei Due Occhi, la grotta Rotonda, la grotta Viola, la grotta Smeralda, la grotta dei Colombi, delle Sirene, la grotta Campana grande e Campana piccola, del Faraone, quella dell’acqua calda, delle due Stanze, della Tavolozza, dei marmi, dei Pomodori, la San Nicola ed altre ancora. In una di queste grotte, in particolare ed in una data posizione, si osserva sulla roccia, un immagine di un monaco, riconducibile all’immagine di San Pio di Pietralcina.
Alcune di queste si possono osservare anche dall’interno, con le imbarcazioni che trasportano i turisti in gita sul litorale, Valentina I° e Valentina II°, Paloma, Desirè, Francesco I° Chi si reca in vacanza a Vieste o zone limitrofe, da non perdere la visita delle grotte, sono semplicemente stupende. Munirsi di cappello e Key Way in barca non si sa mai! e macchina fotografica. Azur Art Magazine 2014 pag. 61
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Architiello di San Felice Una opera d’arte scolpita dalla natura, unica al mondo Loc. Baia di San Felice - Vieste
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Š Photo Copyright 2014 effeci edizioni Francesco Chetta editore 2014 pag. 63
Da vedere La rinomata baia di San Felice, lambita dalle cerulee ed incontaminate acque cristalline del mare di Vieste, è in questo paradiso della natura che si localizza quella pittoresca bellezza scultorea creata dalla natura: il famoso Architiello di San Felice, inconfondibile per la sua unica e rara bellezza architettonica scolpito dall’innarestabile forza della natura, nella carsica e calcarea roccia, della costa del Gargano, l’Architiello insieme ai due faraglioni della Baia delle Zagare a Mattinata, primeggiano per l’indiscusso fascino naturalistico, tra le località turistiche più rinomate. Ma il misterioso fascino dell’ArBaia di San Felice, l’Architiello - Vieste foto di Sarah Chetta chitiello, non terminerà mai di stupire il turista, si narra di una antica leggenda che l’Architiello, fu scavato appositamente nelle rocce calcaree da Tritoni e Ninfee, rendendo omaggio al Dio Nettuno, e Anfitrite. Il viaggio nell’incontaminata e selvaggia costa del Gargano continua con un incredibile alternarsi di infinite baie e grotte, a circa 10 km. a nord di Vieste direzione Peschici, si erge imponente la piccola e splendida Isola della Chianca, raggiungibile dalla terraferma, in un preciso punto anche a piedi, in quanto il fondale in occasione di bassa marea, non supera mediamente il metro di altezza, alla punta dell’Isola direzione Sud, vi è un Trabucco, mentre nella costa a terra, vi sono due grotte, a pochi km. a sud di Vieste, troviamo l’Isola dello Scoglio di Portonovo e la Baia di Vignanonica l’isolotto di Baia Campi, si prosegue doppiando Capo Vieste, la parte del promontorio più protesa verso il mare, e navigando tra una baia e l’altra, ci si arriva alla famosa e rinomata spiaggia di Pugnochiuso, superata Pugnochiuso ci si arriva a Cala
Particolare di un Trabucco da pesca loc. San Lorenzo Vieste - foto di Sarah Chetta
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Vieste città vecchia, vista dal mare in prossimità dell’isolotto del faro di San Eufemia sotto uno dei pochi Trabucchi viestani, loc. San Lorenzo - foto di Sarah Chetta
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Isola Chiancha (Vieste) foto di Sarah Chetta Foto sotto - Scoglio di Portonuovo (Vieste) foto di Sarah Chetta
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Scoglio del Faraone al largo di Baia Campi Foto sotto - Scoglio di Portonuovo (Vieste) foto di Sarah Chetta
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