Resistenza n. 1 anno 2011

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Organo dell’ANPI Provinciale di Bologna - Anno VII - Numero 1 - Gennaio 2011

L’intervista

La nostra forza in difesa della Costituzione Repubblicana

Nuovi protagonisti ai congressi: la voce giovane, speranza, fiducia Federica Trenti*

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POSTE ITALIANE Spa - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) ART. 1 comma 2 aut. N. 080016 del 10/03/2008 - DCB - BO

Luca Sancini

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i chiude un anno difficile, il 2010, tra fibrillazioni politiche e sempre meno risorse per le associazioni. Come sta l'ANPI? Ne parliamo con il Presidente William Michelini. Il riscontro che arriva dalla partecipazione dei cittadini agli appuntamenti è stato ottimo. Sia il 21 aprile sia il 25 aprile, in piazza c'erano migliaia di persone a testimoniare quanto sia integro e vivo il legame tra la gente con la Resistenza. Così è stato per le visite ai campi di concentramento, i ricordi ai cippi dei cadu> segue a pag. 2

Il 12 e 13 febbraio a Bologna Congresso provinciale ANPI

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12 Dicembre 2010. Due giovani della sezione ANPI di Casalecchio di Reno partecipano all’anniversario dell’Eccidio di Sabbiuno di Paderno. (Foto di Gianni Pagani)

tenente alle giovani generazioni. Invitate autorità civili e militari, forze politiche dell'area antifascista, sindacati, dell'associazionismo. Relazione introduttiva sul tema "La nuova stagione dell'ANPI" di William Michelini, cui seguirà il dibattito, al termine del quale si vota per il rinnovo delle cariche e del documento conclusivo dei lavori.

conclusione dei congressi delle sezioni ANPI di città e provincia si svolgerà, il 12 e 13 febbraio prossimo al Circolo Benassi di viale Sergio Cavina - quartiere Savena (non gennaio come erroneamente apparso in precedenza), l'assise provinciale dell'Associazione. Sono 170 i delegati, dei quali una significativa quota appar- La tessera ANPI 2011

artecipando ad un congresso dell'ANPI mi viene da pensare con dolore che non è questa l'Italia per la quale si è combattuta una guerra di Liberazione; non per questa società così corrotta e involuta, così incapace di futuro, è stato pagato il prezzo di combattere una dittatura, di respingere l'occupazione tedesca nel quadro di una terribile guerra. Recentemente ho letto questa frase tratta da un libro di testo delle scuole tedesche: I giovani non sono responsabili per quello che è accaduto nel passato. Ma sono responsabili per quello che ne verrà fatto nel corso della storia. Penso sia una frase meravigliosa, una frase severa, che richiama alla responsabilità e che dice: quanto è accaduto, ti riguarda. Ti interessa. Oggi come allora, anche se in un contesto diverso, mi sa che è tornato il > segue a pag. 2

Auguri per un 2011 decisamente migliore L’ANPI provinciale di Bologna e Resistenza augurano agli iscritti con le rispettive famiglie, a tutti i sinceri democratici un cordiale augurio di un 2011 decisamente migliore. L’auspicio è stato al centro di un amichevole incontro nella sede bolognese dell’associazione partigiani e antifascisti in via San Felice 25, cui hanno partecipato rappresentanze delle istituzioni pubbliche, di partiti, sindacali, delle Forze Armate.


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Intervista: nostra forza > segue da pag. 1

ti, i convegni. E anche per le cerimonie degli eccidi, ad esempio a Casalecchio e Sabbiuno. C'è un sentimento molto forte e ancora diffuso ma va coltivato anche nelle nuove generazioni. Che restano sempre tra gli interlocutori privilegiati delle vostre iniziative. Infatti come ogni anno sono proseguiti le visite e i concorsi nelle scuole primarie e superiori che si basano su lavori di ricerca fatti dai ragazzi che ogni anno devono sviluppare un tema riferito a più ampi aspetti della memoria resistenziale. Toccando ambiti anche come la ricostruzione del dopoguerra: così con il raccogliere ricordi e informazioni tra i nonni e i genitori si sviluppano momenti anche di storia locale. Questo succede soprattutto nei Comuni della provincia dove tra l'altro la Resistenza bolognese fu protagonista di episodi e azioni memorabili. Dicembre è stato il mese della rabbia degli studenti. In tanti anche a Bologna sono scesi in piazza. Gli studenti hanno mille ragioni per protestare ma devono stare attenti alle provocazioni. Devono capire che i saccheggi o le violenze allontanano i cittadini da una protesta che invece è giusta. Mi piace sempre ricordare che a noi, ai tempi della clandestinità, ci era ordinato di fare le scritte contro la guerra e il fascismo sull'asfalto ed evitare così di sporcare i muri delle case per non fare arrabbiare la gente. Sono cose che vanno tenute in conto: bisogna allargare il fronte della protesta, non rinchiudersi e isolarsi con atti non condivisi dagli altri. Avere forza ma anche intelligenza. La manifestazione del 22 dicembre a Roma è andata meglio, ora ci sarà da continuare ma restando su quella linea di condotta. Intanto sono arrivate proposte e dichiarazioni dalla Destra che invece alimentano un clima di scontro. Si è tornati a parlare di arresti pre-

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ventivi, non si sentiva dai tempi del Fascismo in Italia. Che ne pensa ? Fare gli arresti preventivi è un'operazione prettamente fascista, non avrei altri aggettivi da trovare. Succedeva ai tempi del regime: quando Benito Mussolini veniva a Bologna, a centinaia gli antifascisti schedati venivano preventivamente rinchiusi in carcere nei giorni immediatamente precedenti. Ho sentito dare degli assassini ai manifestanti. Ci sono tracce di fascismo nelle teste di alcuni ministri.

Salviamo l’Unità Nazionale

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’unità dell’Italia riconquistata dalla Resistenza vittoriosa contro il fascismo ed il nazismo è un bene irrinunciabile per il presente ed il futuro del Paese. L’ANPI è in campo contro il secessionismo leghista ammantato di federalismo e contro politiche governative ad esso corrive e, al tempo stesso, esasperatamente centraliste e taglieggiatrici dei poteri locali e regionali e delle loro risorse finanziarie necessarie per le politiche sociali. L’ANPI ribadisce la necessità imprescindibile del rispetto e dell’attuazione del dettato costituzionale in materia di autonomie locali e si batte affinché, in coerenza, si attui il federalismo fiscale e, con la riforma del Parlamento, si riduca il numero dei parlamentari e si preveda l’istituzione di una Camera in cui siano rappresentati i poteri locali. (dal Documento politico-programmatico per il 15° Congresso Nazionale dell’ANPI)

Parliamo di numeri. Come sta andando il tesseramento e il dibattito ? Stando ai dati riferiti a fine novembre dell’anno appena concluso, gli aderen-

ti sono complessivamente oltre 6200. Decisamente interessanti sono i dati dei nuovi iscritti. abbiamo portato nella nostra organizzazione 1.019 antifascisti, di cui 547 uomini e 472 donne. Ottantanove sono ragazzi dai 18 a ai 25 anni e 266 le altre persone sotto i 40 anni. Vengono da tutti gli strati sociali della società, dall'artigiano all'imprenditore, dallo studente all'operaio, dal medico all'insegnante. Sono forze giovani e capaci e penso che ad esempio tra loro, magari tra chi ha una certa esperienza di direzione e coordinamento all'interno della sua professione, possa rappresentare a breve il nerbo della nuova dirigenza dell'ANPI. Il nostro futuro è tutto da discutere anche per via di una sempre maggiore debolezza finanziaria dovuta alle mancate risorse che ci spettano da parte delle istituzioni pubbliche, principalmente dal governo; parliamo di un 75% in meno. C'è un tentativo di affossare così associazioni come l'ANPI. Noi sentiamo molta fiducia in chi si iscrive all'ANPI, ma non siamo l'ombelico del mondo, sono i partiti che devono fare le scelte politiche. Si apre il 2011 e per Bologna sarà un ritorno alla normalità con le elezioni del sindaco. Come affronterete questa fase ? Innanzitutto vorremmo sottolineare la correttezza di rapporti tra noi e il commissario straordinario in Comune Anna Maria Cancellieri, un buon rapporto che ci ha consentito anche di veder accettato completamente tutto il nostro programma di celebrazioni per il 2011. Sulle primarie del centrosinistra come ANPI non prenderemo posizione a favore di nessun candidato, ma siamo pronti a discutere i rispettivi programmi qualora essi volessero presentarcelo. Non abbiamo intenzione invece di confrontarci con il PDL di Berlusconi. Ma ai candidati prima e al prossimo sindaco poi, cosa chiederà l'ANPI ? Di essere più vicino ai problemi veri della città. Credo che certe condizioni >


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storiche siano irripetibili. Noi vivemmo un periodo dove fu altissima la partecipazione popolare a ricostruire una città distrutta. Nacque così quel senso di coinvolgimento alla crescita della città, a contribuire ad una migliore qualità della vita: penso alle tante Case del Popolo costruite dai lavoratori nel loro tempo libero. Oggi sentiamo una sorta di menefreghismo diffuso, una meno clamorosa, o addirittura una mancata partecipazione popolare alla vita della città. La nostra speranza allora è che la nuova Amministrazione sappia dare una spinta soprattutto in questo senso: riprendere un contatto vero con i problemi dei cittadini: dal traffico, alla casa, alle nuove povertà, all’occupazione con particolare riferimento ai giovani, all’incoraggiamento allo sviluppo di imprenditoria avanzata, e saper poi così coinvolgere maggiormente tutti.

Centofiori di Corticella

Memory Party tre spettacoli contro l’autoritarismo

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l prossimo 28 gennaio alle ore 21.00 presso la Sala Centofiori di via Gorky 16 a Corticella, sarà presentato il progetto teatrale Memory Party, articolato in tre spettacoli curati da Fulvio Ianneo, dedicato a Gisi Fleishmann, Ana Wiernik e Rosario Parata, tre vite simbolo di una umanità che reagisce alle crudeltà imposte dal potere autoritario e spietato. All’importante iniziativa culturale, organizzata in occasione della Giornata della Memoria, ha dato il patrocinio, tra gli altri, l’ANPI provinciale ed il Comune di Bologna. Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti: Fulvio Ianneo info@teatroreon.it tel. 331 5262544

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La voce giovane > segue da pag. 1

momento di farci e di porre la domanda nella cui risposta si compirono tanti destini: da che parte vuoi stare? Noi, oggi, la mia generazione, quelle più grandi e le più giovani, non dobbiamo dimenticare ciò che è stato. Grazie all'ANPI che continua a lavorare, ad esserci rappresentando gli insegnamenti degli antifascisti. Grazie per queste nostre tessere e per averci scritto sopra antifascista, ce ne ricordiamo nei momenti di sconforto che purtroppo non mancano in questi tempi, il nostro panorama non brilla. Un altro tipo di prepotenza ci invade, un'oppressione diversa, assurda quanto persistente. Sessantacinque anni fa i partigiani desideravano un Paese ed una vita degna di essere vissuta, un Paese all'altezza dei loro sogni e per esso lottarono, pur nella totale incertezza di poter vivere dentro quel sogno. Ma ebbero delle speranze, un futuro di là dalla guerra, da scoprire e fiducia in esso, di là dalle bombe. Ecco, io vorrei che le parole sogno, speranza, fiducia, fossero ricchezza anche degli sguardi del mio tempo. Vorrei, ma qualcosa si è rotto. Mio nonno diceva che la vita è una ruota che gira, beh, quella ruota non gira più bene, stride da far paura. Il livello esecrabile – al quale, per diversi aspetti, è venuta ad abituare certa politica negli ultimi venti anni culmina in assuefazione cui è urgente opporre, con gli strumenti della Costituzione, la capacità di contrastare le innumerevoli offese e di impedire l'indebolimento dei punti fermi della democrazia. Vogliono indurci a pensare che i valori, le regole, la legge siano cose fuori tempo. Se questo è il clima percepito nel Paese, significa che il tempo di lottare è già stamattina. Non è anacronistico parlare di antifascismo, non è fuori tempo parlare di Liberazione. Anacronistici e fuori tempo sono l'ignoranza, per esempio la secessione è anacronistica. Una ban-

Giovani e lavoro. Sicurezza sul lavoro

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agli occhi di tutti lo svilimento in atto del lavoro sempre più privato di diritti, la sua perdita di centralità e dignità. I più colpiti sono i giovani, condannati ad un precariato tale da non permettere loro di costruire un progetto di vita. Per non parlare del fenomeno sempre più diffuso degli incidenti e dei morti nei luoghi di lavoro che denunciano una situazione di grave inapplicazione delle regole. Il lavoro diviene in questi casi una rischiosa avventura nel buio. Tutto ciò è in palese e profondo contrasto con la Costituzione che tanta importanza ha conferito al lavoro da renderlo fondamento della Repubblica. (dal Documento politico-programmatico per il 15° Congresso Nazionale dell’ANPI)

diera incendiata non è solo anacronistica, ma è un gesto fuori dal mondo e lontano da ogni grazia. La mafia è anacronistica così come la presidenza del Consiglio dei Ministri retta da una persona che offende ripetutamente le istituzioni. Una scuola che non da agli uomini e alle donne del domani le stesse possibilità è anacronistica. Lo so, dovrei scrivere che tutto questo "dovrebbe" essere anacronistico. Ma il condizionale, ora come ora, mi sa di rassegnazione, di ineluttabilità, di tempo ancora a disposizione nell'attesa che cambino le cose. Ed io credo che di tempo per aspettare non ce ne possiamo permettere più. *L’autrice è una giovane che ha partecipato al congresso della sezione ANPI di Crespellano. Il testo è del suo intervento nel dibattito

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La nuova stagione dell’ANPI

Noi anziani diciamo ai giovani... Ermenegildo Bugni*

'ANPI ha aperto le proprie sedi alla attiva partecipazione degli antifascisti, questo fa ben sperare e ci da fiducia sulla buona continuità del nostro impegno affinché il Paese possa superare questo negativo momento in cui si evidenzia una forte tendenza al potere autoritario e plebiscitario, deleterio per ogni forma di democrazia. Certamente stiamo vivendo una nuova realtà associativa ed i congressi sezionali, in via di svolgimento, mostrano qualità di partecipazione e di interventi; questi ultimi in qualche occasione non privi di una dialettica piuttosto accesa che certamente avrà un adeguato riscontro chiarificatore al congresso provinciale. In altre parole Statuto alla mano, verrà ribadito che l'ANPI non intende cadere in polemiche partitiche riaffermando il suo ruolo di difensore della democrazia costituzionale. Nella nostra città siamo presenti con

dodici sezioni e ne contiamo quaranta in provincia. Gli anziani partigiani iscritti sono 1377 mentre i soci non partigiani li contiamo nel numero di 4846 per un totale di 6223 associati. Fra i dirigenti dell’ANPI vi sono ormai tanti antifascisti delle nuove generazioni, quindi le prospettive di lasciare il testimone in buone mani ci sono tutte. Molti di coloro che si iscrivono alla nostra Associazione, trovano le motivazioni nell’adesione concreta ai valori dell’antifascismo, contro una destra presuntuosa e arrogante, portatrice di autoritarismo e disfattismo populista. Mi auguro che l'ANPI, solida organizzazione veramente democratica, con la lievitazione delle adesioni, possa migliorare le capacità di convincimento per arricchire le ragioni di una storia che mai deve essere dimenticata. È necessario fare sì che il popolo italiano non dimentichi gli anni ’20, ‘30 e ‘40 ed il “meraviglioso” documento elaborato e scritto nell’im-

La tessera ANPI 2011 dell’avv. Berti Arnoaldi

della Brigata “Giustizia e Libertà” con anzianità dal giugno 1944. Inoltre desidero regolare i conti con il versamento della tessera, dell’abbonamento a “Patria Indipendente” e la quota per la sottoscrizione nazionale per il 15° congresso nazionale. Verserò intanto una integrazione volontaria di euro 100. Sempre insieme. Ti abbraccio”

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l presidente dell’ANPI provinciale Lino (William) Michelini ha ricevuto dall’avv. Francesco Berti Arnoaldi Veli la seguente lettera. “Caro Lino ancora vivo il nostro Aldo Aniasi, la FIAP decise di confermare la piena possibilità, per i partigiani, di appartenere senza alcuna incompatibilità alla FIAP e all’ANPI. Io aderii anche all’ANPI, ma non mi pare di avere avuto una tessera di riconoscimento. Ho ricevuto il documento politico-programmatico per il 15° congresso ANPI e ti prego di farmi avere dalla segreteria di Bologna la regolare tessera per la quale ti do in quanto necessità i miei dati personali e di partigiano

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Risposta di William Michelini Caro Francesco, leggo con grande piacere la lettera con la quale annunci di porre attenzione al documento politico-programmatico per il 15° congresso dell’ANPI. Sono convinto che da tale interesse sorgerà un tuo utile contributo per la vita e l’attività della nostra associazione. Altrettanta

mediato dopoguerra dall’insieme delle forze politiche che dettero vita ed energie alla Lotta di Liberazione, affinché le varie ragioni dei cittadini di questo Paese confluissero in un unico insieme di regole, che si chiama Costituzione. Teniamone particolarmente conto in questo momento in cui viene osteggiata da coloro che hanno una scarsa etica morale e mescolano autoritarismo, lievitazione di ingiustizie e privilegi e scarsa considerazione verso la povertà, l'amore, la dignità. Ribadisco che l'ANPI, che ebbe l'onore di essere con i suoi uomini fra gli artefici della Costituzione repubblicana, ne è il maggiore sostenitore ed è per tale motivo che ha aperto le sue porte alle nuove generazioni. Lasciare il nostro testimone a loro, questo è il nostro desiderio, perché tutto non svanisca nell'oblio e nella menzogna. È a voi giovani che ci appelliamo affinché il vostro futuro e quello della Nazione sappia tenere conto della storia che noi partigiani abbiamo intensamente (e dolorosamente) vissuta. *responsabile organizzazione dell’ANPI provinciale

soddisfazione ci procura la tua adesione alla nuova campagna di tesseramento 2011 ed alla sottoscrizione nazionale, nonché per l’abbonamento a “Patria Indipendente”. Per parte nostra, ti comunico che abbiamo già provveduto ad inserirti nell’indirizzario del nostro periodico provinciale “Resistenza”. Sappiamo della tua passione di uomo della Resistenza, che rivesti con autorevolezza fin dai tempi della Lotta di Liberazione e in seguito di dirigente della FIAP - assieme all’indimenticato Aldo Aniasi - sempre all’insegna dell’unità delle forze democratiche e antifasciste. Nella certezza che saremo concordi nell’iniziativa per trasmettere alle nuove generazioni i valori che ci animarono in gioventù, ti saluto cordialmente e contraccambio l’abbraccio.


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Amministrare il bilancio dell’ANPI con criteri e strumenti al passo coi tempi

La crescente attività necessita di risorse Un appello agli iscritti ed agli organismi del movimento democratico Renato Romagnoli

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no dei temi alla base della discussione in atto nei congressi di sezione e di quello provinciale dell’ANPI è quello del finanziamento delle nostre attività, che in carattere con la nuova impostazione organizzativa dell’Associazione, e rappresenta il filo conduttore della relazione finanziaria proposta all’esame e all’approvazione dei delegati. La necessità di più ampie capacità economiche, derivano dal bisogno di essere in controtendenza nei confronti dell’andamento dell’economia in generale e delle misure restrittive, che senza senso logico, il governo impone a settori fondamentali del vivere civile delle strutture periferiche dello Stato: poteri locali; insegnamento; ricerca e a quanto di vitale serve al progresso. La stessa struttura nazionale dell’Associazione è posta nelle condizioni di non poter svolgere adeguatamente il proprio insostituibile ruolo nella società. Vanno quindi rivisti e programmati su nuovi criteri due cardini della nostra amministrazione: il libero contributo per l’adesione; l’autofinanziamento quale principio fondamentale dell’autonomia politica di cui siamo gelosi custodi. Tutto ciò è un derivato dell’impegno nostro a salvaguardia della conquista basilare della Lotta di Liberazione: la libertà. Se la deriva autoritaria ha raggiunto limiti, oltre ai quali si arriverebbe alla dittatura vera e propria, dall’altro il senso diffuso di questo pericolo, pone alla cittadinanza più attenta e vigile a vedere nell’ANPI, un argine solido di sicuro riferimento e affidamento.

Questo si aspettano da noi i cittadini: essere sempre più presenti e attivi ma ciò ha anche un prezzo, che dobbiamo essere in grado di affrontare. Vediamo come stanno le cose. Il bilancio consuntivo 2010 reca cifre in rosso che evidenziano un deficit che consideriamo però molto positivo, perché prodotto da spese altamente produttive, sul piano dei contenuti della nostra presenza sul territorio, una presenza altamente significativa sul presente assai problematico che la società civile sta vivendo. Le sempre più numerose iniziative che chiedono il nostro intervento, anche finanziario, che non possiamo far mancare sul piano provinciale, così come nonché il doveroso sostegno all’opera della struttura nazionale. Ciò a maggior ragione essendo stati ridotti dal 2009 al 2010 i contributi statali a un quarto del valore, vale a dire da 160.000 Euro a quarantamila, per cui va sostenuto, dalle province più forti l’onere relativo alla organizzazione del congresso nazionale (Torino, 24-27 marzo 2011) con congrua sottoscrizione. In concreto come possiamo procedere, ai fini conseguenti del risultato che ci proponiamo? La strada da percorrere, considerata la premessa, è fondamentalmente unica, nel rigoroso rispetto della nostra identità: da un lato l’impegno generoso di ogni iscritto, secondo possibilità; dall’altro la ricerca in ambito democratico di sponsorizzazioni oneste che non inquinino la nostra adamantina identità. La risposta sta quindi in noi stessi, a quanto molte sezioni dimostrano già

nel concreto del loro operare. Esaminando infatti la media pro-capite delle quote tessere, noi troviamo sensibili differenze nelle stesse, che vanno dagli oltre 20 euro ai 6. Abbiamo potuto verificare che tali disuguaglianze non derivano da sostanziali capacità sul piano economico da zona a zona, quanto invece dalla sottovalutazione del problema. Va altresì detto – per quanti non sanno – che Comune e Provincia di Bologna, nonostante i tagli inflitti ai rispettivi bilanci, sostengono in gran parte l’onere del costo delle manifestazioni attraverso il finanziamento del Comitato provinciale della Resistenza e della Lotta di Liberazione e molti comuni della provincia, si comportano similmente. Un contributo a sostegno delle iniziative che organizzazioni democratiche, specie giovanili, e nostre sezioni più attive, sviluppano lodevolmente mese dopo mese nel corso degli anni, pensiamo debba venire da settori economici e produttivi che il movimento democratico si è dato, costruendo e valorizzando capacità imprenditoriale. Su questa linea d’impostazione va indirizzata l’attività futura che deve vedere l’Associazione riconosciuta come un motore, non solo ideale, per la storia passata, ma elemento propositivo per invertire l’attuale deriva densa di pericoli mortali per la democrazia.

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Sono oltre mille I nuovi iscritti ANPI con il titolo di antifascisti

Granarolo Emilia, Imola, Marzabotto, Monterenzio, Ozzano Emilia, S. Agata Bolognese, S. Giorgio di Piano, S. Giovanni in Persiceto, S. Pietro in Casale, Sasso Marconi, Zola Predosa Totale nuovi iscritti: 1025

e adesioni all’ANPI provinciale di Bologna hanno conseguito notevoli risultati. Il 2010 si è concluso con i dati che seguono. Sezioni di: Bologna Ufficio, Bologna Barca, Bologna Bologna Bolognina, Corticella, Bologna Porto, Bologna San Donato, Bologna San Vitale, Bologna Saragozza, Bologna Saragozza Pratello, Bologna Savena, Bologna SPI-CGIL, Anzola Emilia, Baricella, Bazzano, Calderara di Reno, Casalecchio di Reno, Castello di Serravalle, Castel Maggiore, Castel S. Pietro Terme, Castenaso, Castiglione dei Pepoli, Crespellano, Galliera,

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Sesso Uomini: 548 Donne: 477

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Le proposte dei giovani nei congressi dell’Imolese

’ANPI come memoria dei valori della Resistenza e baluardo della democrazia e a difesa della Costituzione, ma non solo: la nuova ANPI come stimolo al nuovo e punto forte di ancoraggio per rinsaldare l’unità del Paese e per porsi come punto di riferimento per i giovani. Sono questi i principali temi che stanno emergendo nei congressi della zona imolese. Essi hanno rimarcato la vitalità dell’associazione e la eccellente qualità delle iniziative. Si sono già svolti i congressi delle sezioni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice, di Dozza e Castel Guelfo, Castel del Rio, Mordano e Bubano. Il congresso della sezione di Imola è programmato per sabato 22

Età 18-25 anni: 89 26-40 anni: 267 41-60 anni: 429 61-75 anni: 198 76-90 anni: 42

Professione Agricoltore: 3 Residenza Artigiano: 15 Autista/Autotrasportatore/Ferroviere: 9 Provincia di Bologna: 936 Altre province: 89 Bibliotecario: 8

Gabrio Salieri

gennaio c.m. e vedrà anche la partecipazione di delegati delle altre sezioni della zona, rappresentate al congresso del coordinamento territoriale. L’argomento che emerge con più forza nei congressi e nelle iniziative dell’ANPI è quello dei giovani: l’ANPI, di fronte all’attuale situazione politica, sociale ed economica oggi rappresenta l’organizzazione unitaria

cui 26 donne e 48 uomini. La suddivisione per età: 7 con meno di 20 anni, 17 fra i 20 e i 29 anni, 12 fra i 30 e i 39 anni, 11 fra i 40 e i 49 anni, 11 fra fine 2010 i nuovi iscritti i 50 e i 59 anni, 8 fra i 60 e i 69 anni, all’ ANPI di Imola - 6 fra i 70 e i 79 anni e 8 oltre gli 80 già compresi nella scheda provin- anni. Le professioni: 1 agente di comciale sovrastante - mercio, 2 allenatori, 2 artigiani, 1 sono risultati complessivamente 74, di autotrasportatore, 1 casalinga, 1 cen-

Così i risultati nell’area territoriale

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Casalinga: 11 Commerciante: 8 Dirigente d’azienda: 25 Disoccupato: 8 Forze dell’Ordine: 1 Giornalista: 17 Impiegato: 258 Imprenditore: 6 Infermiere/medico/farmacista: 21 Insegnante/educatore: 82 Libero professionista: 137 Magistrato: 1 Operaio: 49 Operatore culturale: 4 Pensionato: 240 Precario: 3 Ricercatore: 7 Sindacalista: 8 Studente: 104

ed indipendente che offre loro la speranza nel futuro, a partire dalla memoria della gloriosa stagione dell’Antifascismo e della Lotta di Liberazione. La Resistenza oggi, ha sottolineato con forza un nuovo iscritto durante il congresso di Dozza Imolese è quella contro il lavoro precario, per l’università e la formazione e per la libertà e per l’unità del Paese. Da qui la sollecitazione, proprio ai giovani, a realizzare iniziative concrete promosse dall’ANPI al fine di unire le istituzioni, le scuole e la cittadinanza anche oltre le fondamentali celebrazioni del 25 Aprile, tanto più in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

tralinista, 1 cooperante, un dirigente, 2 disoccupati, 3 educatori, 1 giornalista, 12 impiegati, 1 infermiere, 1 informatico, 4 insegnanti, 2 liberi professionisti, 3 operai, 1 operatrice culturale, 15 pensionati, 1 quadro direttivo, 1 ricercatore, 1 sindacalista, 14


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Castel San Pietro Terme

Più giovani al congresso dell’attivismo resistente

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n vitale congresso dell’ANPI, quello di Castel San Pietro Terme che si è tenuto nella Sala Sassi del Comune. Tra i partecipanti Ennio Frabboni, eletto presidente della sezione, Gianluigi Amadei, rappresentante provinciale, il sindaco Sara Brunori, e diversi giovani dell’ attivismo resistente, senza dimenticare tutti gli altri, che presenziando hanno dato senso al Congresso. In primo piano nel dibattito: resistere, nel mondo del lavoro, contro il precariato, nel mondo della scuola, contro il progetto di disfacimento della scuola pubblica, nel mondo dell’associazionismo, contro il tentativo di affossare l’iniziativa parte-

cipativa della gente. Si veda ad esempio il decreto legge 78, che vieta il finanziamento comunale delle attività sportive e culturali, a meno che si istituiscano tasse di scopo, o il tentativo di ostacolare l’ANPI riducendone consistentemente i finanziamenti sulla base di un arbitraria attribuzione di quasi il 70% meno dei suoi iscritti. È necessario che i giovani prendano coscienza di tutto ciò; i giovani c’erano, una rappresentanza più ampia dell’anno scorso, come giustamente osservato da uno di loro. L’ANPI si conferma importante; la lotta di oggi è ricca di valori, contro gli egoismi, i particolarismi. Ed agli ex partigiani ed ai nuovi antifascisti

Il congresso della sezione ANPI di Castel San Pietro. Da sinistra: il sindaco Sara Brunori, Ennio Frabboni, eletto presidente, Gianluigi Amadei della presidenza dell’ANPI provinciale.

spetta il compito di essere attivi ed attenti a scuotere le coscienze, monitorando costantemente la vita pubblica per i diritti costituzionali e per una sana vita democratica. Decima di Persiceto

Fruttuoso incontro tra ANPI e giovani

S Miseria morale

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no sfregio di stampo nazifascista è stato compiuto settimane addietro sul monumento dedicato ai patrioti abruzzesi della Brigata “Maiella” che parteciparono nella primavera 1945 ai combattimenti per la liberazione di Bologna. L’insieme dei tre bloc-

chi di pietra calcarea si ispira al profilo del massiccio appenninico - dalle cui falde sono stati ricavati e trasportati nella nostra città in dono imperituro – ed è stato collocato nel parco d’angolo viale Leninvia Marx, Quartiere Savena. Il delinquenziale insulto è stato sprezzantemente condannato dai cittadini e dall’ANPI.

ollecitato da un gruppo di giovani si è svolto a Decima di Persiceto, nella sede dell’ARCI, un incontro con rappresentati dell’ANPI: tema il ruolo dei partigiani durante la Lotta di Liberazione e, negli anni successivi, la Repubblica e la Costituzione, ed in particolare la attuale difficile fase della vita nazionale. I giovani hanno motivato la loro iniziativa con la volontà di contribuire nelle forme più efficaci a portare avanti gli ideali democratici. Alla riunione hanno partecipato anche tre rappresentanti di cittadini stranieri immigrati, i quali hanno arricchito la discussione che ha riguardato anche il tema del razzismo e la necessità di combatterlo ove e come si manifesti.

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Partigiani sovietici affluiti nella 36ª Brigata Garibaldi “Alessandro Bianconcini”, a Ca’ di Malanca in territorio Monte Romano (Brisighella), provincia di Ravenna. Sono con loro il commissario politico Guido Gualandi “Moro” (terzo da destra alle spalle); accosciati: a sinistra Ernesto Venzi “Nino”, a destra con gli occhiali lo jugoslavo Vincenzo Mlakar “Vinko”; foto scattata nell’agosto 1944.

norando la memoria del piloNel nome di John Klemlen Bologna democratica ta alleato John Klemlen e antifascista li ha stretti in un unico affettuoso abbraccio (nella realtà Samuel Schneider), uno dei caduti nella battaglia di Porta Lame, ed al cui nome è stato dedicato il giardino in riva al canale Cavaticcio, Bologna democratica e antifascista ha inteso abbracciare idealmente con affetto e riconoscenza il gran numero di giovani straGiovani militari di diverse etnie, nazionalità, religioni, catturati dai nieri che scelsero di far parte della tedeschi invasori delle rispettive patrie o costretti a servire nella Resistenza in città, nella provincia ed in zone vicine confinanti con Wehrmacht scelsero di guadagnare la libertà. Molti di essi persero la vita l’Imolese nelle quali operavano nostre formazioni. Vennero con noi ragazzi Antonio Sciolino di diverse etnie, nazionalità, religioni, coi quali era inizialmente faticoso intendersi con le parole, ma poi – è Consistente il numero dei sovietici, venivano a mancare in combattimenstato detto alla celebrazione del 7 tra prigionieri di guerra e cittadini to o sotto la tortura di un nemico novembre scorso - sapemmo, recipro- catturati in patria dai tedeschi e feroce. Infine l’entusiasmo quando la camente, stabilire l’utile, caloroso, fra- deportati in Italia quale manodopera libertà venne conquistata. Resistenza è coatta impiegata in opere di fortifica- andata alla ricerca dei loro nomi: sono terno rapporto. I campi di concentramento in Italia zioni. Di essi circa 5 mila, riusciti ad in queste pagine (l’elenco è purtroppo per prigionieri alleati contenevano evadere, entrarono a far parte di briga- incompleto), in parte appena accenattorno agli 80 mila uomini. Le vie di te partigiane nelle regioni del centro- nati quando, non di rado, infatti, fuga degli anglo-americani erano nord, 425 persero la vita in combatti- stranieri preferivano mantenere riserdirette a al sud con l’obiettivo di var- menti, rappresaglie, eccidi. In Emilia- vate le generalità per ragioni di sicucare le linee del fronte o al nord con Romagna furono circa 900 i sovietici rezza. Lo ha fatto anche Samuel proposito di riparare in Svizzera. Parte (132 in provincia di Bologna) e di essi Schneider pilota sudafricano dichiaratosi neozelandese, così come i nostri di essi, assistiti e protetti da famiglie, 82 caduti. Abbiamo condiviso – è ancora la voce partigiani lo facevano con nomi detti specie nelle case coloniche - al pari di nostri soldati e ufficiali – si unirono ai del ricordo - rischi, fame, freddo, “di battaglia”. paure, gioie, dolore cocente quando ci primi gruppi della Resistenza.

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I nostri fratelli stranieri che divennero partigiani

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I loro nomi:

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Collado Martinez Carlo, classe 1919 nato a S. José di Costarica, venuto a Adriashevski Vladimirovic Niko- studiare nella Facoltà di Medicina laj, soldato sovietico fuggito dalla pri- dell'Università di Bologna, presso la gionia tedesca. Partigiano della 5ª quale si laureò con una ricerca sui Brigata Matteotti “Otello Bonvicini” tumori cerebrali. Componente di un di pianura, operante tra Medicina e gruppo clandestino antifascista nel Molinella, dall’1 luglio 1944 alla Policlinico Sant’Orsola, dopo un Liberazione. primo arresto da parte della brigata nera si aggregò alla 63ª Brigata Abramov Anatoli, soldato Garibaldi “Bole-ro” opesovietico fuggito dalla prirante sulla fascia collinare gionia tedesca. Partigiano della Bazzanese. della 2ª Brigata Garibaldi Catturato a Rasiglio “Paolo” nella zona di S. (Sasso Marconi) con altri Pietro in Casale. Scoperto il dodici compagni da un 27 dicembre 1944 mentre reparto delle SS tedesche stava asportando armi dalnell’ambito del combatl’arsenale locale della timento dell’8-9 ottobre Wehrmacht ingaggiò lo 1944, assieme ad essi scontro a fuoco. Esaurite le L’olandese Willy Bechers venne ucciso al cavalcavia munizioni si dette alla di Casalecchio di Reno. morte facendo esplodere una bomba a mano. Diegnisov Ivan Gregorievic, nazionalità sovietica, nato a Celiebink nel Beckers Wilhelm, “Willy, anche 1923. Fatto prigioniero dalla “Giuseppe Longo”, classe 1922 nato a Wehrmacht e portato in Italia è fuggiHeerlen (Olanda). Dopo l'occupazione to e si è dato alla macchia in Romagna. tedesca arruolato forzosamente nel- Catturato dai tedeschi il 10 settembre l'aeronautica militare Luftwaffe impe- 1944 durante un rastrellamento. gnata nelle campagne d’ Africa e poi Si presume sia stato fucilato a d’Italia. Ferito a Salerno, ricoverato Bologna. all'ospedale militare di Bologna. Disertore si unì alla 63ª Brigata Ghioiev Aleksander, “Sandro”, Garibaldi “Bolero” (battaglione nato nel 1911 a Mosca, ferroviere. “Monaldo”), operante nella zona colli- Volontario nel 1941 nell’Armata nare tra Reno e Bazzanese. Egli militò Rossa catturato nel 1942 sotto anche nella zona di Montefiorino. Stalingrado. Prigioniero ai lavori forDopo la Liberazione si unì in matri- zati in Italia. Ad Imola in contatto con monio con la staffetta bolognese la Resistenza. Nella 48ª poi nella 36ª Aventina Zagnolini Brigata Garibaldi “A. Bianconcini” Montefiorino (Modena), giugno 1944. Partigiani del gruppo comando del Battaglione russo d’assalto. Con loro Osvaldo Clò, “Bologna”, anni 18, secondo da destra, originario di Monteveglio. (Foto e archivio Corti, Montefiorino).

combatté a Monte Bastia e di Monte Battaglia. Con altri partigiani varca la linea della 5ª Armata USA. Gli americani lo mettono in un campo di concentramento come prigioniero nemico. Tramite la Missione militare sovietica in Italia viene liberato e rimpatriato. Nuovamente nell'Armata Rossa è destinato al fronte antigiapponese. Gimma o Gimm, soldato sovietico prigioniero dei tedeschi e portato in Italia. Disertò nell’estate 1944 con altri compatrioti e si unì alla 36ª Brigata Garibaldi “A. Bianconcini”. Partecipò il 29 settembre 1944 alla battaglia di Ca’ di Guzzo (Castel del Rio); con i compatrioti Nicolaj e Michel riuscirono a rompere l’accerchiamento nemico ed a mettersi in salvo. Qualche tempo dopo a Casalecchio dei Conti (Castel San Pietro) i tre giovani persero la vita in uno scontro a fuoco coi tedeschi. Goven Joseph, soldato cecoslovacco incorporato nella Wehrmacht, abbandonò il reparto assieme all'ufficiale austriaco Erich Mestale ed entrò a far parte della Resistenza a Castel Maggiore. Perse la vita assieme a diversi partigiani nella battaglia del 14 ottobre 1944 attorno a Casa Guernelli in località Sabbiuno di Piano tra i quali il comandante Franco Franchini “Romagna”. Qui i tedeschi fucilarono 35 persone trovate nei pressi compresi due disertori, un polacco ed un tedesco i cui nomi sono rimasti ignoti. Gregorj, soldato dell’Armata Rossa fatto prigioniero dai tedeschi in Patria, portato in stato di servaggio in Italia, fuggito ed entrato a far parte della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”, caduto nella battaglia di Casteldebole il 30 ottobre 1944, con il compatriota capitano Karaton. Hans. soldato tedesco. Catturato dai

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partigiani della 62ª Brigata Garibaldi “Camicie rosse” operante nelle medie valli del Savena, Idice, Sillaro, chiese ed ottenne di aggregarsi alla formazione, nella quale combatté valorosamente. Nell'ottobre 1944 con la compagnia comandata da Rino Coriambi varcò il fronte della Linea Gotica. Heinz, nazionalità tedesca, disertore della Wehrmacht di stanza a Bologna, nella vita civile giocoliere del Circo equestre Busch. Entrò a far parte della 7ª Brigata GAP “Gianni”. Trovato nei pressi del cancello di ingresso della base clandestina nell’ex macello comunale di via Azzo Gardino dal gappista Orlando Bovina “Repubblica”, di sentinella, siccome era in divisa militare, venne sul momento fatto prigioniero. Interrogato, raccontò che un tenente del suo reparto gli comunicò l’avvenuta esecuzione capitale in Germania dei genitori per attività antinazista. Lui stesso sospettato dall’ufficiale, lo abbatté a baionettate e si dette alla fuga. Trovò rifugio in un albergo con l’aiuto di una donna; scoperto ed arrestato dalla polizia politica Gestapo riuscì nuovamente a sottrarsi ai rigori, liberandosi di due guardie. Messo alla prova dai gappisti Heinz guadagnò la piena fiducia dei compagni. Durante il combattimento dell’intero 7 novembre 1944, nella base accanto a Porta Lame rimase ferito ad una spalla. Ricoverato in una base partigiana alla Casa Buia (verso Corticella), nel corso di un rastrellamento tedesco venne catturato. Opponendosi all’ingiunzione degli ex kameraden di scavarsi la buca, prima fu ferocemente bastonato quindi fucilato sul posto. Hoff (Giok), soldato scozzese, scappato alla fine del 1943 da un treno in sosta sulla Direttissima con destinazione Germania, assieme ai commilitoni Steves e Bob , ambedue neozelandesi, all’ indiano sihk, Sad ed al pilo-

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ta sud-africano di origine tedesca Hermes. Tutti si unirono al primo nucleo armato della Brigata “Stella rossa- Lupo” dislocato a Ca' di Germino e Brigadello (Vado – Monzuno). Nell’autunno 1944 riuscirono a varcare la Linea Gotica ed a rientrare nei rispettivi reparti originari. Jacques, soldato francese prigioniero dei tedeschi venne liberato da partigiani della 36ª Brigata Garibaldi “A. Bianconcini” a Coniale, appennino tosco-romagnolo (Fiorenzuola). Partecipò alla battaglia di Ca' di Guzzo (Castel del Rio) del 27 settembre 1944, sul finire della quale decise di restare nella casa per soccorrere i compagni feriti, condividendone così la sorte estrema.

1920. Militò dall’1 aprile 1944 nella 9ª Brigata Santa Justa fino alla Liberazione. Kieselov Kirillovic Alexey, anni 17, soldato russo, prigioniero dei tedeschi e portato in Italia. Fuggito e aggregatosi alla Brigata Matteotti di Montagna “Toni”, caduto in combattimento il 2 ottobre 1944 a Capugnano (Porretta Terme).

Kitarovic Vinka, classe 1926, studentessa, croata di Sibenik (Sebenico), deportata in Italia per attività antifascista, destinazione Bologna, assieme alle compagne di istituto Marija Separovic e Visnja Gavela. Affidata ad un istituto privato di correzione di Santa Viola è riuscita a fuggire ed a entrare nella Resistenza. Con lo pseudonimo “Lina” è stata staffetta della 7ª GAP, poi Joseph, soldato cecosloinviata per ragioni di sicuvacco disertore della rezza a Modena ha militaLa croata Kitarovic Wehrmacht. Combattè to nella Brigata Garibaldi nella 36ª Brigata Garibaldi “Walter Tabacchi”, col “A. Bianconcini” in 'agosto 1944 a Monte Bastia e Carzolano. nome di battaglia “Vera”. Ha fatto Ferito ad una gamba, venne curato e parte in seguito dell’Ufficio di collegamento del CUMER. ospitato da una famiglia contadina. Jvosevic Vojka, “Anna”, da Jovan. Giovane di nazionalità jugoslava, si collegò col movimento clandestino antifascista a Bologna nella primavera del 1944. Svolse attività nel Servizio sanitario del Comando Unico Militare Emilia-Romagna (CUMER). Karaton capitano sovietico prigioniero dei tedeschi evase e si aggregò alla Brigata "Stella rossa – Lupo” operante sulla media montagna tra Reno e Setta, al comando di una quarantina di connazionali. Entrò in seguito a far parte della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”. Fu tra i protagonisti della battaglia del 30 ottobre 1944 a Casteldebole, nella quale perse la vita assieme al connazionale Grigori. Karuavs Aleoso, da Nocem, nato nel

Klemlen John, pilota dell’aviazione militare neozelandese. Falsa identità di copertura , in realtà era Samuel Schneider, pilota della Sud African AirForce, abbattuto dalla contraerea tedesca nel cielo presso Bologna, nascosto dai contadini ed aggregatosi alla 7ª Brigata GAP “Gianni”, perse la vita nella battaglia del 7 novembre 1944 a Porta Lame lungo il canale Cavaticcio durante la sortita dalla palazzina della base del Macello comunale. Kocker Leo, da Massimiliano ed Erminia Ferri; n. il 5/8/1897 a Salisburgo (Austria). Nel 1943 residente a Castelfranco Emilia (MO). Commerciante. Ebreo. Fu arrestato il 25/11/44 a Castelfranco Emilia molto probabilmente perché ebreo - e


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Montefiorino (Modena), ancora un gruppo di partigiani russi, in posa durante la fase della repubblica. (Archivio Botti Modena). Le immagini sono tratte dal volume fotografico “Montagne della libertà”, Comune di Montefiorino – Istituto storico della Resistenza di Modena, 1994, pp.159

associato alle carceri di S. Giovanni in Monte (Bologna). Come risulta dai registri del carcere, il 14/12/1944 fu prelevato dalle SS, con altri detenuti, condotto a Sabbiuno di Paderno (Bologna) e qui fucilato. Kolia, militare sovietico nella 36ª Brigata Garibaldi “A. Bianconcini”. Perse la vita durante la battaglia di Ca' di Guzzo (Castel del Rio) del 27 settembre 1944. Konovalenko Grigori, militare sovietico arruolato coattamente nella Wehrmacht tedesca. Disertore con altri suoi compagni si aggregò al battaglione Sugano della Brigata “Stella rossa – Lupo”, che decise di spostarsi nell’Appennino modenese. Terminata l’epopea della Repubblica di Montefiorino, quando la formazione si approssimò ad attraversare la linea del fronte tedesco- americano in un violento scontro a fuoco col nemico il 2 agosto 1944 cadde con l’arma in pugno.

Miscia. militare sovietico, fuggito dalla prigionia tedesca sulla montagna tosco-romagnola si unì alla 36ª Brigata Garibaldi “A. Bianconcini”. Cadde nella battaglia di Cà di Guzzo (Castel del Rio) il 27 settembre 1944.

Krisckianis Reimkold, anni 36, nazionalità russo-lituana, ucciso dai tedeschi il 12 aprile 1944. Sepolto a Castelmaggiore (Bologna). Lepeyre Jaques, “Napoleon”, nato ad Orleans (Francia), residente a Parigi, disertò dalla Wehrmacht e si unì alla Brigata “Giustizia e Libertà – Montagna”, fucilato dai tedeschi a Castelluccio di Moscheda il 29 settembre 1944. Maryan Jlja, classe 1917, nato a Fodonu (Jugoslavia); ivi residente. Prestò servizio militare con il grado di sottotenente nell’esercito jugoslavo dal 1936 al 1941. Catturato dai tedeschi e portato in Italia evase e si aggregò alla 63ª Brigata Garibaldi “Bolero” e operò a Ponte Ronca (Zola Predosa) e Bologna fino alla liberazione

Kostantinoff Dimitri, nato nel 1914 a Ginevra (Svizzera), medico, nel 1943 residente a Pianoro. Collaborò con la Brigata “Stella Rossa-Lupo”. Riconosciuto benemerito dal settembre 1943.

Marussa Andrevic Filip; Misca (o Miscia); Vassiliev (o Wassilev), tre sovietici prigionieri dei tedeschi ed unitisi alla 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”. Catturati dalle SS nella battaglia di Rasiglio (Sasso Marconi) dell’8 ottobre 1944 e uccisi al cavalcavia di Casalecchio di Reno il giorno 10 successivo assieme ad altre dieci persone tra partigiani e civili.

Kovacs Giuseppe, nato nel 1916 a Maltò (Ungheria), laureato in Medicina. Militò nella 8ª Brigata Giustizia e Libertà “Massenzio Masia”.

Matkern Karl, anni 22, nazionalità russo-lituana, ucciso dai tedeschi il 12 ottobre 1944 a Castelmaggiore (Bologna) dove è seppellito.

Mlakar Vincenzo “Vinko”, di Lubiana, classe 1923, studente universitario, partigiano nel Fronte di liberazione sloveno contro l’occupazione fascista. Catturato nel 1942, in carcere a Padova e a Bologna (S. Giovanni in Monte), internato a Bentivoglio (Bologna). Entra in contatto con la SAP locale. Trasferito in montagna prima nella 66ª Brigata “Jacchia” poi nella 36ª Brigata Garibaldi “A. Bianconcini”, partecipa ai combattimenti di Monte Carzolano e Monte Bastia. Varcate le linee del fronte, rientra in patria a far parte dell’Esercito popolare jugoslavo di liberazione. Moscard Paul Henri, “ Francesino”; nato nel 1922 a Parigi. Arruolato coattamente nell'esercito tedesco, disertò nell'estate 1944 ed entrò a far parte della Brigata Matteotti “Toni”Montagna operante nell’alta valle del Reno. In uno scontro con le SS presso Castelluccio (Porretta Terme) fu catturato e fucilato sul posto con altri quattro compagni italiani. Mostel Erich, classe 1924, nato ad Altheim (Austria), ufficiale della 362ª Divisione di fanteria della Wehrmacht tedesca, catturato sulla via di Saliceto da partigiani del distaccamento di Castelmaggiore della 7ª Brigata GAP. Chiese subito di essere accolto nella Resistenza locale. Partecipò a diverse azioni dei gappisti. Naidionov Mikhail, sovietico, militò nella Brigata Matteotti -Montagna “Toni”. Nakicenovic Ljuba, “Luisa”, anni 23, nata a Kutti (Jugoslavia), studen-

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tessa in Medicina e Chirurgia nell’Università di Bologna. Partigiana della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”. Nibalungo Grigori, soldato russo, prigioniero della Wehrmacht, fuggito il 1 luglio 1944 ed entrato a far parte della 5ª Brigata Matteotti “Otello Bonvicini” operante nella pianura tra Medicina e Molinella Olandese, disertore della Wehrmacht nella quale, come i compatrioti dopo l’occupazione tedesca dell’Olanda, era stato forzosamente incorporato. Aggregatosi alla 7ª Brigata Garibaldi GAP “Gianni”, partecipò alla battaglia di Porta Lame del 7 novembre

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Ponomarenko Pietro, nato nel 1919 a Karkow (Ucraina), soldato sovietico fuggito l’1 aprile 1944 dalla prigionia tedesca. Militò nella 2ª Brigata Garibaldi “Paolo” nella zona di San Pietro in Casale fino alla Liberazione.

nella Brigata Matteotti – Montagna “Toni”. Vucinic Zarko, “Gianni”, nato nel 1919 a Sagua in Moravia (Jugoslavia), commerciante. Militò nella 7ª Brigata GAP Gianni in Bologna città. Il cecoslovacco Warzog

Sad, indiano Sihk nato a Nuova Delhi (India), carrista nell'VIII Armata inglese, prigioniero dei tedeschi nel sud Italia, fuggì dal treno diretto al nord sulla Direttissima Firenze-Bologna. Accolto nella Brigata “Stella rossa – Lupo” partecipò ai combattimenti tra Reno e Setta. Nell'autunno 1944 varcò le linee del fronte assieme a commilitoni e rientrò nel reparto di appartenenza. Sadavich Carl; nato a Vienna, austriaco, disertore della Wehrmacht nell’estate 1944, combattente della 36ª Brigata Garibaldi “A. Bianconcini”, cadde a Santa Maria di Purocielo (Brisighella ) il 10 ottobre 1944. Sakellaropoulos Ottone, “Greco”, nato a Patrasso (Grecia) nel 1920, studente universitario nella facoltà di Medicina e Chirurgia a Bologna, militò nell'8ª Brigata Giustizia e Libertà “Masia”.

L’indiano Sad nella “Stella rossa-Lupo”

1944 nell’area del canale Cavaticcio, riportando ferite. Ricoverato nella infermeria clandestina di via Duca d’Aosta (oggi via Andrea Costa) in prossimità del canale Ravone. In seguito a delazione la struttura sanitaria venne individuata; i fascisti fecero irruzione, catturarono tredici partigiani italiani ivi degenti e un ufficiale medico austriaco dell’aeronautica militare tedesca Luftwaffe: tutti fucilati il 13 dicembre al Poligono di Tiro a segno.

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Sakolof Anatoli, nato in Russia, militò nella 5ª Brigata Matteotti di Pianura “Otello Bonvicini” operante tra Medicina e Molinella. Subsch o Subek, militare cecoslovacco, con l’invasione della sua patria costretto ad arruolarsi nella Werhmacht, disertò in Emilia Romagna e si unì alla 36ª Brigata Garibaldi “A. Bianconcini” operante sulla montagna tosco-romagnola Cadde nel combattimento di Cà di Guzzo (Castel del Rio) il 28 settembre 1944. Trifonov Nikolai, sovietico, militò

Warzog Franz “Franco”, classe 1915, cecoslovacco, disertò dalla Wehrmacht a Fivizzano (Massa Carrara) e si aggregò alla Resistenza Lunigiana e nell’Appennino tosco-emiliano; unito in matrimonio con Lina Torri, 1921 a Lizzano in Belvedere. Wengler Johann, classe 1921, nato a Kirchanschoring (Austria), meccanico carrista. Disertò ad Asia di San Pietro in Casale, si unì alla 2ª Brigata Garibaldi “Paolo”e morì in uno scontro armato con i fascisti in frazione Massumatico il 19 aprile 1945. Zydek Wilhelm, polacco, nato in Slesia nel 1902, fuggì dal servaggio tedesco e militò nella 36ª Brigata Garibaldi “Alessandro Bianconcini” sull'Appennino tosco-romagnolo. *

La ricerca ha avuto come punti di riferimento: il dizionario biografico “Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945)”, a cura di Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri; voll. 6 editi dal 1985 al 2005. “Stella Rossa a Montesole” di Giampiero Lippi (1989). “Le montagne della libertà” di Angela Remaggi, Claudio Silingardi, Carlo Federico Teodoro, volume fotografico, Comune di Montefiorino – Istituto storico della Resistenza di Modena, 1994, pp.159 (A.S.)


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Protagonisti della Lotta di Liberazione chiamati nelle scuole

Lezioni in aula e sul campo per acquisire compiutamente la visione critica della realtà

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stadio ormai avanzato dell’anno scolastico 2010-2011, quindi con i programmi di lavoro in pieno sviluppo, è ora tempo degli arricchimenti e dell’approfondimento delle materie di studio. Ci riferiamo in questa nota ai temi della storia locale, nel quadro di quella nazionale. Da vari istituti e singole classi pervengono al Comitato provinciale della Resistenza e della Lotta di Liberazione, nonché alla presidenza dell’ANPI, da parte di dirigenti di Istituti comprensivi e di singoli docenti, richieste di collaborazione. Ciò in termini di partecipazione diretta alle lezioni in classe o sul campo di esperti – meglio ancora di protagonisti degli eventi oggetto di studio – e di supporto economico laddove la attuale, grama, condizione della scuola italiana induce a farlo. Tale supporto, globalmente inteso, da tempo produce risultati di ottimo livello circa la preparazione intellettuale degli adolescenti, grazie in particolare al solido impegno degli insegnanti. Ne da prova, appunto, la prosecuzione anno dopo anno delle proposte di cui si è detto. Vediamo di seguito alcuni esempi dei programmi di lavoro, anche imperniati sul 150° dell’Unità d’Italia. Gaggio Montano, Istituto comprensivo “Salvo D’Acquisto”, concorso riservato alle classi quinte della scuola primaria e terze della scuola secondaria. Le classi produrranno lavori di analisi e di ricerca su alcuni aspetti sociali, economici e di vita quotidiana che hanno caratterizzato il periodo storico e che hanno portato alla costitu-

zione dello Stato Unitario. I temi possibili di approfondimento: figure del Risorgimento e legame con nomi di via e piazze; miti e memoria nel territorio; importanza dell’istruzione nel processo di unificazione del Paese: quando nonni e bisnonni andavano a

Scuola: esigenza di un futuro di qualità

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a scuola, in tutti i suoi gradi, da quella per l’infanzia all’Università, è ormai ridotta ad una sorta di “fabbrica” del precariato. Penalizzati sono nel contempo insegnanti e studenti. Da un’istruzione di qualità deriva il futuro economico e civile del Paese. L’ANPI ribadisce la necessità di un insegnamento più strutturato e rigoroso della storia dell’Antifascismo e della Resistenza, fondativi della Carta Costituzionale. Il consolidamento della democrazia passa anche dalla formazione di cittadini consapevoli della propria storia, in particolare quindi di quella che ha prodotto la democrazia, con dispendio di sacrifici e sangue, e con un investimento adeguato di idee, progetti e responsabilità. (dal Documento politico-programmatico per il 15° Congresso Nazionale dell’ANPI)

connessi alla seconda guerra mondiale. Riola, Scuola primaria “G. Bontà”, concorso 2 giugno riservato alla classe 5ª. Le forme di governo centrali e locali. La nostra Repubblica, come, perché e quando è nata. Il governo locale: Regioni, Provincie, Comuni. Il funzionamento politico-amministrativo del Comune: una giornata in Comune con il sindaco e gli assessori. E ancora: la dignità umana e il diverso modo in cui si esprime e deve essere tutelata a seconda del sesso e dell’età. Riola Ponte (Grizzana Morandi), Istituto comprensivo statale, concorso 2 Giugno riservato alle classi III A e III B della Scuola media, con lezioni in aula e uscite sul territorio. Gli obiettivi: capacità di lettura di diverse fonti, consapevolezza del passato storico, conoscenza dei diritti umani, riflessione sulla Costituzione. Di conseguenza: conoscenza dei fatti storici legati alla Resistenza ed all’occupazione straniera in Italia, loro significato a livello storico e culturale. Luoghi della Resistenza e della guerra, ruolo della popolazione civile, Comitati di liberazione nazionale e nascita della Costituzione; dittatura, totalitarismo, antifascismo, Resistenza, partigiano, guerra civile. Gli strumenti di supporto: giornali, dizionari ed enciclopedie, audiovisivi, lettura e scrittura guidata, intervista al protagonista. La verifica del lavoro avviene attraverso osservazione, discussione, lettura, autocorrezione, riflessione: finalizzati ad incoraggiare gli alunni ad una visione critica della realtà.

scuola; prime infrastrutture locali; storia della ferrovia Porrettana; gli eventi

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Lezioni in aula > segue da pag. 13

Castel di Casio-Granaglione, Istituto comprensivo con sede in Berzantina. Richiesta di supporto tecnico-economico per la realizzazione di produzioni scritto-grafico-fotografiche relative alle seguenti tematiche storiche: Unità d’Italia, la Costituzione (Scuola secondaria di Primo Grado). La Resistenza, la Costituzione, il lavoro nel nostro territorio negli anni dell’immediato dopoguerra, emigrazione (Scuola Primaria). Nel corso dell’anno scolastico i docenti delle diverse scuole chiederanno interventi per poter sviluppare insieme ai discenti percorsi di Storia locale. Lo scopo: conoscere ed operare con le fonti storiche di vario tipo, mettere in relazione presente e passato, cogliere i cambiamenti nel tempo e riflettere sulle cause che li hanno determinati, conoscere caratteristiche e storia del proprio territorio per apprezzarne l’unicità e l’importanza, effettuare relazioni fra storia locale, nazionale ed internazionale. La richiesta di collaborazione nasce dalla necessità di valorizzare lo studio della Storia

L’ANPI risponde ad un anonimo messaggio

Lettera disinformata di un “nostalgico” che si dice “sconvolto”

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ono un quarantenne appassionato di storia. Ho appena finito di leggere l'ultimo libro di Giampaolo Pansa “I vinti non dimenticano” e ne sono rimasto letteralmente sconvolto. Facendo parte del consiglio scolastico dell'Istituto frequentato da mia figlia, sicuramente proporrò la discussione del libro sopra indicato durante l'ora di storia. Inoltre vi mando in allegato le 4.541 vittime massacrate nella mia terra dai vostri eroi.

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locale, disciplina fondamentale per la costruzione dell’identità personale degli alunni e per sviluppare atteggiamenti di partecipazione attiva e consapevole alla vita della comunità di appartenenza. Vado-Monzuno, Istituto comprensivo., Progetto (in preparazione) della tradizionale festa di fine anno dedicata soprattutto al 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Richiesta di un contributo analogo a quello degli anni passati come segno di apprezzamento per una iniziativa che coinvolge alunni, insegnanti, genitori, Amministrazione comunale, associazioni del territorio. Invito all’ANPI ad inviare un proprio rappresentante. Bologna, Scuola primaria “Edmondo De Amicis”. È in programma una escursione delle due classi quinte al Parco storico didattico di Monte Sole (sommità dell’area dominata dalla Brigata “Stella Rossa-Lupo”tra Reno e Setta in cui i tedeschi compirono la strage degli abitanti – ndr) da tenersi nel mese di maggio. “Si desidera la guida del signor Alessandro Masi, nonno di un alunno che da sempre mostra interesse e collaborazione alla vita scolastica. Cinque anni fa fu organizzata una gita a Fossoli (il campo di

La Resistenza fonte ispiratrice della democrazia

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’autore del messaggio, pervenuto all’ANPI via posta elettronica in data 28 ottobre 2010, non si è firmato. Pessima scelta, inoltre per niente educativa. Padrone ognuno di ispirarsi a fonti attendibili o meno, serie o faziose. Certo è che ignorare (di proposito o per carenza culturale?) quanto la storiografia rigorosa ha prodotto, e sta producendo, sulla realtà della guerra e della Lotta di Liberazione impedisce di capire cosa è realmente avvenuto nei terribili anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Si documenti l’autore della missiva, la dittatura fascista ha trascinato l’Italia in guerre di aggressione infinite: ripresa in Libia, Etiopia, Spagna, Albania, poi (accordandosi ad Hitler) Francia, Jugoslavia, Grecia, Unione

transito verso la deportazione nei lager tedeschi – ndr ), grazie al supporto dell’ANPI e con la guida del signor Franco Varini. Fu un’esperienza indimenticabile e coinvolgente. Potremmo, anche in questa occasione, - scrive l’insegnante referente dei docenti – usufruire del vostro appoggio?”.

La sezione Barca nelle scuole e gemellaggio con Rovereto

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n significativo incontro è in programma il 22 gennaio c.m. a Folgaria (Trento). La sezione bolognese ANPI “Gianna Tarozzi” della zona Barca e quella trentina di Rovereto danno vita ad un incontro per sancire il loro gemellaggio, dal quale nasceranno iniziative molteplici. Intensa attività dell’ANPI Barca in >

Sovietica. Gran brutta cosa la guerra. Quaranta milioni di morti, militari e civili. In Italia la Lotta di Liberazione – partigiani e soldati delle rinnovate Forze Armate – ha consentito il riscatto del nostro Paese di fronte al mondo, di conquistare la democrazia e la Costituzione repubblicana. Tutto questo va insegnato nelle scuole per formare solide coscienze nelle giovani generazioni. La Resistenza, emiliana compresa, avendo deposto le armi il 25 aprile 1945, ha continuato ad offrire un contributo di inestimabile valore, dalla ricostruzione in avanti. Post scriptum. Si dia, il genitore quarantenne, qualche minuto per andare in Piazza Nettuno: avrà di che utilmente riflettere Riceviamo via e-mail questo messaggio del tutto anonimo, del quale l’autore evidentemente si vergognava.


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collaborazione con le scuole. Con mia grande gioia il 23 dicembre scorso, con il nostro coro abbiamo cantato nell’Aula Magna della scuola “De Amicis” di via Galliera, assieme agli studenti delle due quinte classi. In aprile all’Istituto tecnico industriale “Odone Belluzzi” (via Casarini) il collegio dei docenti ha deliberato di indire un’assemblea generale sul tema della Costituzione della Repubblica invitandovi partigiani, docenti universitari, magistrati. Questi di seguito gli incontri per il Giorno della Memoria: - sabato 22, scuola media “G. Dozza” (via De Carolis), incontro con studenti e docenti e proiezione di un film; - venerdì 28 gennaio, scuola media “Irnerio” (via Finelli), incontro degli studenti e docenti con il giudice Matilde Betti e Franco Varini partigiano e deportato; - lunedì 31, scuole “Zanotti” (via Del Giorgione), incontro con studenti e docenti con Libero Mancuso (ex magistrato), Armando Gasiani partigiano ed ex deportato a Mathausen, Silvano Orsini prigioniero dei tedeschi dopo

La lezione infinita dettata da Marzabotto “...per me è del tutto indifferente ammazzare ottanta o mille persone” Erich Muhsfeldt, Oberschaerfuhrer SS (citato da Miklos Nyiszli, Sono stato l'assistente del dr. Mengele). Vladimiro Longhi* Roberto Dall'Olio**

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l sindaco di Bentivoglio ed io in qualità di presidente dell'ANPI del nostro comune, siamo stati alla manifestazione di Marzabotto per testimoniare con la nostra presenza il valore assoluto ed intaccabile della memoria delle stragi nazifasciste avvenute nel nostro Paese dopo l'8 settembre '43. È stata una celebrazioni particolare. Niente ritualità, testi-

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l’8 settembre 1943. Nel mese di febbraio a Fossoli (campo di concentramento) e Memoriale di Carpi con circa 100 studenti delle scuole medie “G. Dozza” (via De Carolis). Nel mese di maggio, visita al Parco di Monte Sole: con 50 alunni delle scuole elementari “E. De Amicis” (5ª A e 5ª B e le maestre) e con 100 studenti delle scuole “Irnerio”. (Alessandro Masi)

“Tonino” e “Gianni” ricordati alle scuole Aldini Valeriani e Sirani

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o scorso 10 gennaio all’Istituto tecnico “Aldini-Valeriani” e “Sirani” per iniziativa delle sezioni ANPI della Bolognina e Lame e del Comitato Antifascista del Navile è stato onorato il ricordo di

monianze di israeliani (un ebreo viennese che ha perso tutti i congiunti, si è salvato dallo sterminio e dopo la guerra è emigrato in Israele dove ha poi perso un figlio aviatore civile colpito dai razzi dei palestinesi), palestinesi (un ragazzo che ha visto fucilare parenti e fratelli dall'esercito israeliano), un ex militare italiano sopravvissuto ad Auschwitz: Apprezzate le parole delle autorità e l'orazione ufficiale dell'on. Rosy Bindi, molto sentita e partecipata. Unico neo: nessun messaggio dal Governo (incredibile!...) e solo un esile telegramma della seconda carica dello Stato il sen. Schifani. A parte il commosso saluto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. È davvero con questa latitanza del Governo che si può costruire una memoria condivisa nel Paese del sole! Davvero ... complimenti! Lasciamo profondamente commossi da

Emilio Bussolari “Tonino” di anni 29 e di Efrem Benati “Gianni” di anni 18, rispettivamente bidello e studente dell’Istituto. I due erano partigiani e militavano nel battaglione Tarzan della 7ª Brigata Garibaldi GAP ”Gianni” ed incapparono nel grande rastrellamento del 4-7 dicembre 1944, da parte di alcuni reparti delle SS tedesche e paracadutisti della Divisione aviotrasportata “Hermann Goering” guidati da fascisti locali, riguardante una vasta area compresa tra Anzola Emilia e Amola di San Giovanni in Persiceto nel corso del quale furono catturati circa 300 persone. “Tonino” venne fucilato il 14 dicembre e “Gianni” il 23 successivo a Sabbiuno di Paderno assieme ad un centinaio di persone provenienti in gran parte dalle carceri di San Giovanni in Monte e dal rastrellamento stesso. A loro ricordo, alla presenza di varie autorità, di 80 studenti e di alcuni docenti della scuola, sono state scoperte le loro fotografie affisse sopra l’aula di torneria che prende il nome dei due Caduti.

questa memorabile mattina una breve sintesi in versi: Marzabotto urla Marzabotto urla / il suo dolore contenuto nella piazza gremita / a fianco della chiesa dove ci sono l'Italia / il mondo le montagne / e un ponte sul fiume di sangue / sospeso sulla pace il tempo corso / degli orologi dice sessantasei / gli anni passati i cuori dicono / che nulla è passato sempre lì coraggio / e dolore stanno in memore / luce di stagioni / che sanno tornare.

*sindaco **assessore alla cultura di Bentivoglio

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roveniente dai colli bolognesi a sud-ovest della città, dove per mesi la 63ª Brigata Garibaldi comandata da Corrado Masetti, nome di battaglia “Bolero”, si era saldamente radicata nel tessuto sociale contadino e dei paesi lungo la provinciale bazzanese il distaccamento Comando, stava dirigendosi a Bologna, completo di armi e munizioni. Era la notte tra il 29 ed il 30 ottobre 1944. Le basi partigiane della città andavano popolandosi ritenendo il CUMER che l’offensiva degli eserciti alleati - la 8ª Armata inglese sul fronte adriatico e la 5ª statunitense su quello tirrenico il cui fronte appenninico ormai si affacciava sulla pianura bolognese – fosse imminente. Si trattava di salvaguardare le strutture socia-

li, economiche, produttive, logistiche della città dall’opera dei guastatori tedeschi in ritirata. Ma gli eventi furono del tutto diversi. L’avvicinamento a Bologna fu oltremodo difficoltoso, costò sangue dei reparti della Resistenza in vari luoghi della nostra provincia. Come a Casteldebole, borgata in prossimità del fiume Reno già uscito dal percorso montano, tra Borgo Panigale e Tripoli di Casalecchio. La Brigata aveva già combattuto aspramente a Rasiglio (Sasso Marconi), subendo gravi perdite, ed a Monte Capra, facendosi inoltre largo, durante il tragitto a Ponte Rivabella di Monte San Pietro dove sbaragliò il posto di blocco nemico. Infine la tragica conclusione.

Onorati a Casteldebole i Caduti partigiani della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero” ed i cittadini vittime della barbaria

La libertà e la democrazia nacquero anche sul greto arroventato del Reno Massimo Meliconi

Resta indelebile, a sessantasei anni dal terribile evento, il ricordo della battaglia di Casteldebole. Se ne è parlato nella scuola media locale agli allievi e ai docenti (testimonianze di due ex partigiani) e con la manifestazione celebrativa cui hanno partecipato rappresentanze dell’ANPI, del Comune con il sub commissario Raffaele Ricciardi, della Provincia con l’assessore Marco Pondrelli, della Regione Emilia-Romagna con il consigliere Marco Monari, il quale ha pronunciato un appassionato intervento. Il ruolo delle donne nella Lotta di Liberazione è stato illustrato da una mostra fotografica tematica.

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l 29 ottobre 1944, un reparto di ventuno partigiani della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero” arriva a Casteldebole, ( vedasi Casteldebole in fiamme a cura di Mauro Maggiorani, edizioni ANPI) sulla riva del Reno, con l’obiettivo di attraversare il corso d'acqua e poi puntare decisamente verso la città, per raggiungere le basi prefissate. C’è un traghetto, ma non è possibile utilizzarlo a causa della violenta piena del fiume. Così venti partigiani si rifugiano nel capanno di una cava nella golena per trascorrere la notte; il ventunesimo, Alessandro Ventura, del posto, ha colto l’occasione per recarsi a casa sua ad abbracciare la famiglia. La mattina del 30 - a causa di una spiata – il capanno viene attaccato in forze da un reparto di circa duecento SS e paracadutisti acquartierati nella zona.

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Alla battaglia si unisce anche una batteria antiaerea tedesca, che martella ad alzo zero la posizione dei partigiani.

Ritratto di Corrado Masetti “Bolero” comandante della 63ª Brigata Garibaldi a lui intitolata

Una posizione impossibile da difendere e contro un nemico dieci volte più numeroso i partigiani non hanno scampo: muoiono tutti e venti, alcuni di essi feriti, spietatamente abbattuti. Il ventunesimo partigiano Alessandro Ventura accorre al fragore delle armi da fuoco e da posizione esterna all’accerchiamento spara a sua volta su un gruppo di nemici uccidendo un ufficiale tedesco e ferendo due soldati, poi riesce a fuggire. Il giovane verrà catturato cinque mesi più tardi il 28 marzo 1945 e fucilato il 18 aprile, quattro giorni prima della liberazione di Bologna al Poligono di Tiro a segno di via Agucchi. Assieme a lui è condannato a morte un gruppo di partigiani durante un processo-farsa dal tribunale repubblichino. I loro nomi: Benfenati Federico “Bill”, anni 20, tornitore di Casalecchio di Reno;


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Otello Bonvicini, anni 30, barbiere, di Bologna; Cabras Salvatore, anni 36, di Bologna; i fratelli Gruppi Cesarino, anni 20, meccanico, e Gruppi Pietro, anni 18, meccanico di Casalecchio di Reno; Ventura Alessandro “Fra Diavolo”, anni 17, operaio, di Bologna. L’accusa speciosa per tutti: appartenenza a banda armata e alto tradimento. Quando i traditori della Patria, al soldo dell’occupante nazista, sono proprio i componenti del tribunale fascista. Nello scontro di Casteldebole vengono ammazzati anche cinque civili locali, rastrellati a caso, falciati dalle mitraglia tedesca, colpevoli unicamente di trovarsi troppo vicino al luogo dello scontro. Sono Alfredo Galli, anni 51, Raffaele Merighi, anni 62, Augusto Pedrini, anni 59, Nello Santandrea, anni 62, ed Enrico Sgarzi, anni 69. La tragica mattina del 30 aprile non conclude però questa terribile vicenda. Inizia la rappresaglia contro la popolazione civile di Casteldebole, vuoi per vendicare il camerata ucciso, vuoi per-

I venti eroi, le età, i mestieri Hanno sparato fino all’esaurimento di tutte le loro munizioni, cadendo l’uno dopo l’altro sotto i colpi della forza preponderante del nemico. Questi i nomi dei venti eroi della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”, le loro giovani età, i loro mestieri di lavoratori Adani Gino, anni 20, garzone, di Zola Predosa; Calari Monaldo, “Enrico”, anni 30, calzolaio, commissario politico, di Bologna; D’Errico Pasquale, anni 23, carabiniere, di San Giorgio Jonico (Taranto); Fanti Renzo, anni 22, studente di Bologna; Franceschini Enrico, “Leone”, anni 20, meccanico, di Casalecchio di Reno; Gregorj e Karaton, soldato e ufficiale dell’Armata Rossa fuggiti dalla prigionia tedesca; Masetti

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Rasiglio. Ca’ Cavallazzo, la base partigiana attaccata dai tedeschi l’8 ottobre 1944.

ché il colpire senza pietà le popolazioni inermi era parte integrante della strategia nazista. Li comanda il maggiore delle SS Walther Reder, austriaco, proprio lui, il boia di Marzabotto, riconosciuto da Corrado, “Bolero”, anni 39, calzolaio, comandante della 63ª Brigata, di Zola Predosa; Magagnoli Giuseppe “Grillo”, anni 18, meccanico, di Bologna; Marchioni Mario “Barbarossa”, anni 20, macellaio, di Bologna; Masetti Arvedo, “Pirata”, anni 23, meccanico, di Zola Predosa; Migliori Marino, “Maciste”, anni 19, colono, di Bologna; Murotti Aldo, anni 23, operaio, di Zola Predosa; Pedrini Attilio, anni 22, coltivatore diretto, di Sala Bolognese; Poli Ubaldo, “Piccolo”, anni 26, ferraiolo, di Zola Predosa; Rondina Luigi Antonio, “Gim”, anni 18, imbianchino, di Bologna; Seghi Wolfango, anni 18, apprendista cuoco, di Bologna; Spisni Secondo, “Mom”, anni 23, falegname, di Castelmaggiore; Testoni Costantino, anni 21, meccanico, di Zola Predosa; Venturoli Franco, “Mazzini”, anni 18, fornaio, di Bologna.

un testimone, Giuseppe Mignani, risparmiato in quanto invalido, privo di una gamba, che racconta in una denuncia ai carabinieri del comandante nazista come di un uomo con un braccio solo, che parlava italiano, impossibile confondersi. Il fascicolo che accusava Reder, che ha sempre negato di aver preso parte all’eccidio, per lunghi anni carcerato in Italia, con condanna all’ergastolo, prima di essere graziato nel 1985 dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, “dormì” letteralmente per anni fino al 1967, quando la sua pratica fu archiviata dal Tribunale militare di La Spezia, tal ché la strage di Casteldebole risulta, a tutt’oggi, compiuta da “ignoti” soldati tedeschi. La denuncia di Mignani è riapparsa nel tristemente famoso “Armadio della vergogna”. Oggi, se si digita Walther Reder sul computer e si arriva a Wikipedia, si vedrà che dell’eccidio di Casteldebole non si fa menzione. Tornando al racconto dell’eccidio, le SS di Reder rastrellano il paese e radunano un centinaio di persone in un cortile e la mattina del 31 ottobre, le mitragliatrici sono pronte. All’ultimo momento Reder viene dissuaso da un > segue a pag. 18

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L’intervento del consigliere regionale Marco Monari (PD)

Il patrimonio antifascista dell’Emilia Romagna

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ffrirono i loro giovani per avere una certezza, una fede, la trovarono in un nome: libertà. Sono parole di Enzo Biagi, pubblicate sul suo primo giornale, Patrioti, nell’aprile del 1945. Parole che dovrebbero essere lette, dettate, proclamate in ogni scuola, scritte sui quaderni dei nostri ragazzi, nel cuore ampio del nostro Paese. Se sentiamo il bisogno di dirlo, di chiederlo con tanta forza, è perché sappiamo che oggi, purtroppo, sempre più a rischio è la nostra democrazia. Qualche settimana fa, il Capo dello Stato ha ribadito che “Gli ideali che ispirarono allora quanti scelsero consapevolmente di partecipare alla Resistenza contro la dittatura fascista e condussero alla rinascita delle istituzioni democratiche conservano intatta la loro attualità e sono alla base dei valori di pace, libertà e giustizia solennemente sanciti dalla Costituzione repubblicana”. La malattia dell’individualismo più sfrenato, la mancanza di una prospettiva comune, il disimpegno fanno si che il popolo sia indotto ad accettare di avere un duce. Deleghi all’uomo forte il proprio destino. E dietro al duce, in realtà, non c’è un popolo, ma un assembramento di individui in lotta tra loro. Individualismo, razzismo, distruzione della coesione sociale, sono le malattie alla base del successo del Mein Kampf (La mia battaglia) il testo

Sul greto del Reno > segue da pag. 17

ufficiale della Wehrmacht e rinuncia allo sterminio totale. Sceglie però dieci uomini validi, li fa legare con fil di ferro a colonne e a pali del telegrafo e li fa fucilare a intervalli di dieci minuti. I nomi delle vittime, sia impiccate col filo di ferro, sia fucilati sono i seguenti: Mario Baiesi, anni 18, Ugo

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hitleriano che ha teorizzato il nazionalsocialismo. Scontro, divisione, disuguaglianza è la triade che sfida oggi pace, libertà e giustizia. Essere antifascisti oggi, significa dunque battersi attivamente contro queste malattie. Posso dire con orgoglio che la Regione Emilia-Romagna è da sempre e costituzionalmente antifascista. Nel complesso delle sue politiche si batte costantemente per la coesione sociale: il nostro sistema di welfare, lo stato sociale, mira con convinzione – e con risultati invidiati a livello europeo – a tenere unita la società. L’impegno della Regione contro la crisi economica – con ammortizzatori sociali finanziati “in casa” anche per le categorie dimenticate dallo Stato – sta permettendo a decine di migliaia di lavoratori di non rimanere soli. L’investimento

costante per garantire a tutti i cittadini pari diritti non solo teorici, ma esigibili presso i nostri servizi – a partire, per esempio, da un sistema sanitario pubblico al vertice nazionale della qualità e con i conti in ordine – significa garantire l’uguaglianza e l’inclusione, combattendo lo scontro e la divisione, contro ogni isolamento, contro ogni solitudine. Tutto ciò in un contesto in cui sempre più grandi sono le difficoltà finanziarie a causa della crisi, certo, ma anche dei ben noti tagli alla spesa: forse sarebbe necessario rendersi conto che una cifra in una tabella, in un elenco di uscite, spesso non è un dato statistico, ma uno dei tasselli che tiene unita la società e difende il lavoro ed il sacrificio di generazioni intere.”

Il sub Commissario Raffaele Ricciardi, rappresentante del Comune di Bologna, interviene alla cerimonia in ricordo della battaglia di Casteldebole del 24 ottobre scorso assieme ad altre autorità civili ed ai rappresentanti di sezioni ANPI. (Foto di Gianni Pagani)

Borelli, anni 44, Alfonso Calzati, anni 42, Giuseppe Casagrande, anni 38, Afro Fiorini, anni 34, Vincenzo Gamberini, anni 30, Medardo Lambertini, anni 42, Marco Marchesini, Filippo Montanari, anni 48, Giordano Perini, anni 38. I tedeschi incendiano il paese e obbligano i sopravvissuti ad abbandonare le loro case. Rimangono solo le fiamme e i corpi dei Caduti, nella golena o appesi ai pali del telegrafo. Uccisi due

volte, se possibile, quando Walther Reder, nel 1986, mentre si godeva nella sua Austria la grazia ottenuta da Craxi l’anno prima, in un comunicato al settimanale austriaco Die ganze Woche (Per tutta la settimana), dichiarava "Non ho bisogno di giustificarmi di niente" e ritrattava la richiesta di perdono avanzata nel 1964 agli abitanti di Marzabotto attribuendone l'iniziativa al suo avvocato difensore.


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Il 13 dicembre 1944 quattordici partigiani feriti assassinati dalla brigata nera

La strage dell’infermeria Organizzato dal servizio sanitario della Resistenza bolognese il luogo di cura clandestino venne scoperto per delazione. I giovani combattenti della libertà vennero sottoposti a tre giorni di tortura infine passati per le armi Giancarlo Grazia

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nche quello della Resistenza aveva una proprio servizio di assistenza sanitaria. Fu Ilio Barontini, "Dario", comandante del Comando Unico Militare Emilia-Romagna (CUMER) a disporne la costituzione ed a proporre quale coordinatore responsabile il dott. Giuseppe Beltrame,"Pino". Sorse così e si sviluppò una rete di protezione che aveva molteplici riferimenti negli ospedali del Bolognese dove numerosi medici e infermieri curarono, a rischio della propria vita, molti patrioti feriti. Nell'estate del 1944, con l'intensificarsi della lotta partigiana e, di conseguenza, con la necessità di assistere un maggior numero di feriti, il Comando decise di allestire una infermeria clandestina in città per provvedere alle prime cure e, quando fosse stato necessario, allo smistamento dei feriti stessi negli ospedali per interventi chirurgici e trattamenti specialistici. La ricerca di un luogo idoneo portò ad una villetta situata in una stradina laterale a via Duca d'Aosta (oggi via Andrea Costa), nei pressi della chiesa del Ravone. Era un luogo appartato, silenzioso e poco frequentato. E così si decise. Rigorosissime le regole della clandestinità: le persiane delle finestre dovevano restare chiuse sì da fare sembrare l'edificio totalmente disabitato; i movimenti delle persone per i rifornimenti di medicinali e viveri dovevano essere fatti in modo da non destare sospetti. Il trasporto dei feriti doveva essere effettuato in orari e con appropriate modalità da persone di assoluta fiducia. I feriti erano assistiti da un medico e da una infermiera; un'altra

persona provvedeva alla cucina ed ai collegamenti con l'esterno. Venne allestita anche una base di appoggio in un vicino edificio di via del Carso. Non mancavano medicinali, materiali di medicazione e attrezzature chirurgiche forniti da ditte produttrici (FARMAC, SAMO) collegate alla Resistenza e da ospedali della città. In quella piccola ma efficientissima infermeria vennero curati numerosi partigiani che poterono riprendere il loro posto nella lotta clandestina. Tutto andò per il meglio fino alla metà

Un acquerello raffigurante la palazzina sede dell’infermeria partigiana di via Duca d’Aosta 77 (ora via Andrea Costa) che oggi non esiste più. (autore Plutarco, 27 agosto 1946).

di novembre quando, a seguito delle battaglie di Porta Lame del giorno 7 e della Bolognina della settimana dopo, il giorno 15, si dovettero ricoverare quattordici partigiani della 7a Brigata “GAP", alcuni dei quali feriti gravemente. Con loro anche un giovane austriaco ufficiale medico della Luftwaffe che aveva disertato ed era passato nelle file della Resistenza insieme ad un altro soldato tedesco che fungeva da infermiere. Non fu immediatamente possibile effettuare il trasferimento negli ospedali, vuoi per le condizioni dei feriti, vuoi perché i tedeschi e i fascisti avevano intensificato la sorveglianza in città. Si erano perciò venute a creare nuove e del tutto impreviste condizioni sia dal punto di vista dell'attività propriamente medica che da quello della sicurezza. Era notevolmente aumentato il numero delle presenze all'interno della villetta: tra feriti, personale sanitario, addetti ai collegamenti e al rifornimento di medicinali e viveri, si contavano ormai una ventina di persone. Ad aggravare la situazione negli ultimi giorni si erano verificati alcuni fatti preoccupanti. Una pattuglia delle SS aveva fatto irruzione in un ospedale arrestando alcuni ricoverati. In quello stesso reparto si trovavano anche tre partigiani trasferiti dall'infermeria; si temeva per la loro sorte e anche per i rischi che potevano derivarne per l'infermeria stessa. Segnalazioni preoccupanti erano venute anche da altri ospedali dove i controlli dei nazifascisti si facevano sempre più stretti. In effetti la sorte dell'infermeria partigiana era già segnata. Un'infame delazione portò il 9 dicembre 1944 alla cattura dei gappisti ricoverati nell'infermeria. Insieme ai 14 partigiani vennero arrestati anche l'ufficiale austriaco e il disertore tedesco. Si salvarono fortunosamente il medico italiano, l'infermiera e la staffetta. I partigiani feriti vennero con estrema brutalità caricati su un camion e portati alla caserma "Magarotti" (nella via > segue a pag. 20

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Strage infermeria > segue da pag. 19

omonima, attualmente via dei Bersaglieri), dove aveva sede il comando della brigata nera fascista. Il suppli-

La tortura e il patibolo Brini Arrigo “Volpe”, anni 20, meccanico, da Medicina, 7ª Brigata Garibaldi GAP “Gianni”, ferito nella battaglia della Bolognina; Canella Giancarlo, anni 18, da Budrio, 4ª Brigata Garibaldi “Remigio Venturoli”; i fratelli Dal Rio Franco “Bob”, anni 18, operaio meccanico ferito alla Bolognina e Dal Rio Settimo “Inverno”, anni 21, falegname, ferito a Porta Lame, ambedue da Crespellano, entrambi della 7ª GAP; Fiorini Ardilio “Rino”, anni 23, fabbro, di Bologna, 7ª GAP, ferito alla Bolognina; Lazzari Gian Luigi, anni 18, operaio, da Granarolo, 4ª Brigata Garibaldi “Remigio Venturoli”, ferito alla Bolognina; Mazza Rossano “Franco”, anni 18, operaio meccanico, di Bologna, 7ª GAP, ferito alla Bolognina; Panzarini Lino “Pippo”, anni 34, gelataio, di Bologna, 7ª GAP, ferito in uno scontro a fuoco; Raimondi Enrico ”Americano”, anni 26, fornaio di Bologna, 7ª GAP, ferito nella sortita dalla base del

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zio durò tre giorni e quattro notti. Un testimone oculare raccontò che i feriti, denudati e legati ad una cancellata, esposti al freddo invernale, vennero a lungo fustigati a sangue e torturati, costretti ad assistere al supplizio dei loro compagni. Da nessuno di essi

Macello comunale; Roversi Luciano “Filo”, anni 23, di Bologna, già della regia Marina Militare, battaglione fratelli “Bruno e Vanes Pinardi” della 1ª Brigata “Irma Bandiera”, degente; Turrini Riniero “Maresciallo”, anni 22, mezzadro, di Bologna, 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”, ferito alla Bolognina; Zanichelli Giorgio, anni 22, colono poi impiegato, da San Pietro in Casale, distaccamento GAP di Castelmaggiore, ferito nell’attacco ai nazifascisti a Porta Lame dopo la sortita dalla base dell’Ospedale Maggiore di via Riva Reno. Oltre ai partigiani italiani furono catturati nell’infermeria e con essi torturati ed uccisi gli aggregati alla 7ª GAP “Nicolaj” ed “Olandese”, il primo già prigioniero sovietico e il secondo incorporato forzosamente nella Wehrmacht in seguito all’occupazione della sua patria (di loro non si sono mai conosciute le generalità). Nella stessa retata incappò anche il giovane ufficiale medico tedesco, disertore dell’aeronautica militare Luftwaffe, che immediatamente subì la violenza dei nemici aggressori e del quale non si seppe più la sorte.

venne una parola che compromettesse l'organizzazione partigiana. Questo aumentò la rabbia dei loro carnefici che infierirono sui loro corpi martoriati al punto di riaprire sadicamente con la lama dei pugnali le ferite che stavano rimarginandosi. Fu una sofferenza inimmaginabile. Il quarto giorno vennero portati al poligono di tiro Licia Agucchi e qui fucilati. Era il 13 dicembre 1944. Dopo la liberazione, nel 1946, i loro nomi vennero ricordati in una lapide murata sul fronte della villetta che li aveva accolti. Ma nel 1957 la villetta venne abbattuta per fare posto ad una nuova costruzione e anche la lapide andò distrutta. Negli anni successivi il Comune di Bologna e l’ANPI provvidero a ripristinare una nuova lapide nella quale insieme ai nomi dei partigiani caduti viene ricordata la gloriosa infermeria partigiana. *** Dopo la liberazione Pino Beltrame fu assessore all’Igiene e Sanità del Comune di Bologna a fianco di Giuseppe Dozza. Ricoprì tale incarico per molti anni guadagnandosi la stima e l’apprezzamento dei bolognesi che più volte lo rielessero nel Consiglio comunale.

Nella foto: il 12 dicembre scorso un folto gruppo di cittadini del Quartiere Saragozza ha reso omaggio alle vittime dell’Infermeria partigiana al numero 77 di via Andrea Costa. Prima della deposizione della corona dell’ANPI, in un raccolto silenzio sono stati letti uno per uno i nomi dei 14 Martiri. Successivamente Giancarlo Grazia ha ricordato la sorte di questi giovani che, già feriti nelle battaglie di Porta Lame e della Bolognina, dovettero subire indicibili torture nella caserma repubblichina di via Magarotti (ora via dei Bersaglieri) per essere poi fucilati al poligono di via Agucchi. Alla manifestazione era presente anche Paolo Panzarini figlio di uno dei Caduti, Lino, ferito nel combattimento di Porta Lame. (G.) (Foto di Arrigo Tolomelli)


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Un libro postumo di Luciano Bergonzini, docente universitario, con i suoi racconti dopo i lunghi anni di storico della Lotta di Liberazione

Nel 1945 eravamo tutti “figli” di Hemingway Nazario Sauro Onofri

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u con grande sorpresa che uno, al massimo due anni orsono, venni a sapere dell’esistenza di questi racconti di Luciano Bergonzini. Mi erano del tutto ignoti, mentre io mi illudevo di essere uno dei pochi amici di Luciano che sapeva tutto di lui e del suo passato. Così come ritenevo di conoscere tutto quello che aveva scritto o che aveva in animo di scrivere. Parlavamo spesso dei nostri progetti culturali privati, molti dei quali poi realizzati, anche se non pochi sono rimasti allo stato di intenzione. In breve, questa la storia della nostra amicizia e del tipo di rapporti che avevamo. Lo conobbi uno o due giorni dopo la Liberazione di Bologna quando rientrò a casa in divisa militare con la scritta rossa “Press” (Stampa) sulla spalla sinistra. Lavorava nel giornale del rinato Esercito italiano che si chiamava Patria. Mi parlò a lungo della sua attività di cronista-combattente ed io lo aggiornai su quanto era avvenuto nel mondo giornalistico bolognese il giorno della Liberazione e dei giornali usciti, anche se fatti alla garibaldina. Avevano visto la luce solo per un giorno perché il comando alleato proibì subito l’uscita dei quotidiani, sia di partito sia indipendenti. Io avevo lavorato a “Giustizia e libertà” l’organo del Partito d’Azione, nella cui brigata cittadina - la 8ª “Masia” - avevo militato durante i venti mesi della Resistenza. Luciano - smessa la mimetica e con il congedo in tasca - iniziò a lavorare nel quotidiano Rinascita, l’organo del Comitato di liberazione nazionale, per

passare, nei primi mesi del 1946, a “Il Progresso d’Italia”, il quotidiano della sinistra bolognese. Quanto a me, per qualche tempo tornai nel mio banco al liceo e non ci incontrammo per anni. Ci rivedemmo e cominciammo a frequentarci all’inizio degli anni Cinquanta quando - dopo brevi passaggi a “La Squilla” il settimanale del PSI e a “La Voce dei lavoratori”, il periodico della Camera del lavoro andai a lavorare a Il Progresso. L’amicizia con Luciano fu immediata, cordiale e totale. Dopo aver chiuso il giornale, attorno alla mezzanotte, non andavamo a letto e facevamo le ore

Chi era il... “padre” Ernest Hemingway (1898 - 1961), narratore e giornalista americano, nato a Oak Park (Illinois, USA), premio Nobel 1954 per la letteratura. Suoi romanzi famosi: “Di là dal fiume e tra gli alberi” e “Addio alle armi” entrambi riferiti alla sua esperienza nella guerra del 1915-18 in Italia, "Il vecchio ed il mare", "Fiesta" e soprattutto il più letto nel mondo "Per chi suona la campana" sulla guerra civile spagnola di cui fu diretto testimone parteggiando per i repubblicani. Simpatizzò per la rivoluzione cubana dei "barbudos" e fu amico di Fidel Castro. A 64 anni di età, convinto di essere minato da una grave malattia, si uccise senza lasciare una parola di saluto a nessuno.

La foto. Luciano Bergonzini, partigiano della 36ª Brigata Garibaldi “Alessandro Bianconcini”, nell’ottobre 1944 a Bisano di Monterenzio (Bologna), già liberato, a pochi chilometri dalla linea del fronte.

piccole a discorrere di tutto e di tutti. Fu così che cominciammo a spiegarci vicendevolmente i saggi che volevamo scrivere e li leggevamo per primi una volta finiti. Liberi ognuno di accettare o no le osservazioni dell’altro. Lunghe, quasi infinite le discussioni sulla letteratura contemporanea. Dopo la fine del conflitto erano arrivati tutti gli autori americani - ed erano quasi tutti del Novecento - che non avevamo letto durante la dittatura, a cominciare da Hemingway. Per me e per Luciano fu una scoperta epocale e in breve diventammo, non solo noi, ma quasi tutti i giovani che volevano scrivere, “figli” del grande scrittore americano. Quanti di quei “figli” di Hemingway siano divenuti adulti non sono in grado di dire. Non lo divenne Giacomo Fontana che ebbe un grande successo con “Nazzareno”, un libro oggi del tutto dimenticato come il suo autore. Un buon successo, ma di breve durata, premiò anche Luciano con “Un fucile per Saba”, un racconto ben scritto su una vicenda bellica. Numerosi a Bologna gli autori di racconti brevi, dei quali non ricordo i nomi. Tra questi vi ero pure io che pubblicai qualche scritto su quotidiani e settimanali che non ebbero storia. Rinunciai quando compresi che non era il mio “genere” e cestinai, senza > segue a pag. 22

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Contributi dei lettori a sostegno di Resistenza In ricordo di Sauro Ballardini

Il “Topo” partigiano e Maestro di Belle Arti

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e ne andato Sauro Ballardini, “Topo” nella Resistenza bolognese, grande uomo, sia come partigiano che come artista. Nacque a Faenza il 7 settembre 1925 ed il soprannome “Topo” gli fu affibbiato quando giocava da ala sinistra nella squadra della sua città; l’ala destra era

Figli di Hemingway > segue da pag. 21

rimpianti, gli appunti e i lavori abbozzati. Se ricordo bene, “Un fucile per Saba” fu l’ultimo scritto di narrativa di Luciano. Poi cambiò “genere” anche lui e scrisse solo saggi di storia e di economia. Sia io che altri suoi amici attribuimmo la cosa al fatto che, dopo la fine de Il Progresso, Luciano aveva abbandonato il giornalismo e iniziato

Quella valigetta bianca... “Prendi la valigetta”, sono le ultime parole che Luciano mi ha detto. Nella valigetta, di plastica bianca col manico rosso, c’erano questi venti racconti ai quali lavorava da un paio d’anni, dopo il lungo impegno per “La svastica a Bologna”. Era arrivato ormai alla rilettura e alle tante piccole, minute, leggere rifiniture. Sono venti pezzi di un unico racconto fatto da storie di persone e di vite diverse, di “quelli che non si arrese-

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Edmondo Fabbri poi commissario tecnico della nazionale di calcio italiana. Nell’ottobre 1943 fu chiamato alle armi con la sua classe ma le sue tradizioni repubblicane gli impedirono di servire l’esercito di Salò. A Bologna, dove si trovava al campo di aviazione, conobbe Bruno Corticelli “Marco”, vice comandante della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero” e Franco Franchini “Romagna” comandante del distaccamento della 7ª GAP di Castelmaggiore, e subito aderì alla Resistenza divenendo commissario politico del distaccamento stesso. Il 14 ottobre 1944 Sauro partecipò ad > segue a pag. 23

la carriera universitaria nella Facoltà di Economia e Commercio. Dopo una parentesi lunghissima e la sua scomparsa, la figlia Mauria ha tratto inaspettatamente da un cassetto dimenticato questa serie di racconti quasi certamente scritti in epoche diverse - che riaprono un discorso chiuso da oltre mezzo secolo. Dopo di che - ma saranno i lettori a sciogliere il nodo - il problema è quello di sapere se è stato un errore averli dimenticati per tanto tempo o se potevano continuare a dormire. ro”. […] Grazie all’ANPI di Bologna, a William Michelini, come sempre per primo, ad Andrea Marchi, a Mauro Maggiorani, a Werther Romani, e a tutte le amiche e gli amici dell’ISREBO che hanno voluto aprire la valigetta e che ogni giorno, nonostante i tempi e la modestia delle risorse, vanno avanti nella ricerca, nella formazione, nella divulgazione. A Sauro Onofri non dico grazie, tanto lo sa che gli voglio bene. Mauria Bergonzini

Sottoscrizioni per “Resistenza” Giancarlo Grazia e Laura Arbizzani ricordando il compagno partigiano e l'amico carissimo Sauro Ballardini “Topo” sono vicini a Jeannine, Elio e Andrea e sottoscrivono 100 euro per Resistenza. La sezione ANPI di Corticella 100 euro a ricordo di Sauro Ballardini. Giovanni Pulini e Roberta Borsari di Bologna 20 euro. La sezione ANPI di Ozzano Emilia 300 euro. Tagliavini Sergio 40 euro. La sezione ANPI di Galliera 100 euro.

A me sono piaciuti perché sono ben scritti e ricreano il clima degli anni del dopoguerra, un momento molto importante nella storia del nostro Paese. Non potrei però dire se sono il prodotto di un “figlio” di Hemingway o non piuttosto di una penna raffinata. In ogni caso, occorrerebbe un esame filologico che non ho fatto, ma che, prima o poi, bisognerà pur fare. Inoltre, credo proprio che sia il caso di cominciare a chiederci: “Hemingway! Chi era costui?”. E se fu veramente il padre di molti scrittori della generazione uscita dalla guerra. Luciano Bergonzini, Venti racconti partigiani, a cura di Werther Romani, Collana “La terra e il tempo” dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea della provincia di Bologna “Luciano Bergonzini”, Edizioni Aspasia, Bologna 2010, pagg. 137, Euro 10,00. Il volume è stato pubblicato con la collaborazione del Comitato provinciale della Resistenza e della Lotta di Liberazione, con il contributo dell’ANPI provinciale ed il sostegno della famiglia Bergonzini.


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una azione che portò alla liberazione di un gruppo di partigiani rinchiusi da un reparto fascista nella casa colonica della famiglia Guernelli a Sabbiuno di pianura. Durante lo scontro il comandante “Romagna” venne ferito a morte. Poche ore dopo, per vendetta a causa delle pesanti perdite subite seguì la rappresaglia dei nazifascisti nei confronti di abitanti del luogo: 33 persone vennero trucidate sul posto. Sauro era presente anche alla battaglia di Porta Lame. Il 7 novembre 1944 fu uno dei trecento partigiani che, usciti dalla base dell’Ospedale Maggiore di via Riva Reno, attaccarono alle spalle tedeschi e brigata nera, infliggendo loro severe perdite in uomini e veicoli. Dopo alcuni giorni tornò a Faenza facendo il viaggio a piedi. Nella sua città natale assunse un ruolo importante nella Resistenza, oltrepassando spesso il fronte per portare messaggi fino all’arrivo degli alleati (il 18 dicembre 1944), distinguendosi poi nell’organizzazione dell’ANPI locale. Il 21 aprile 1945 entrando a Bologna disse: “Sono molto contento di trovare la città liberata dai partigiani che presidiano tutti i luoghi importanti della città.” Nel 1946 espatriò in Jugoslavia a Sarajevo dove si mise in contatto con il Ministero del Lavoro per cercare di risolvere i numerosi problemi del-

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Una rara foto di Sauro Ballardini davanti ad un casolare nei pressi di Molinella assieme alla sorella Maria, staffetta partigiana, all’indomani della Liberazione di Bologna.

l’emigrazione in quel difficile momento storico. In quel periodo si dette il nome di copertura Athos Bovina. Dopo la rottura dei rapporti tra Tito e Stalin, nel 1951 venne arrestato dalla polizia politica jugoslava e condannato come cominformista, (da Cominform, ovvero Comitato Informazione, titolo succeduto a Comintern, ovvero Comitato Internazionale, entrambi strumenti di stretta osservanza stalinista) insieme ad un gruppo di compagni, al termine di un processo farsa, non avendo abiurato la militanza nel PCI. Scontò sette anni

di carcere duro a Srmska Mitrovica e venne scarcerato, dopo il disgelo tra Jugoslavia e URSS, per il probabile intervento di Luigi Longo nel 1957. Finalmente libero si trasferì nell’allora capitale cecoslovacca Praga dove si laureò all’Accademia delle Belle Arti ottenendo il ruolo di docente di restauro e di arte monumentale. Suo è un grande mosaico di straordinaria bellezza che si trova in un ingresso della metropolitana praghese. A Praga conobbe Jeannine Saillant e dal loro matrimonio nacquero due figli, Andrea ed Elio. In questa fase si guadagnò l’amicizia di Manzù e Guttuso che lo andarono a trovare in Cecoslovacchia. Rientrato a Bologna nel 1981 riprese la sua attività artistica, organizzando diverse mostre per l’Istituto dei beni culturali, e la militanza nelle file dell’ANPI di Bologna assumendo il ruolo di membro del Consiglio Direttivo. Da allora si è sempre impegnato proponendo la testimonianza della sua ricca e difficile esperienza: partigiana prima e di esule poi, portandola anche nelle scuole dove spesso veniva chiamato a parlare. Noi tutti ce lo ricordiamo come una persona di grande umanità, sempre disponibile e molto legato a suoi compagni di lotta con i quali ha condiviso fino all’ultimo gli ideali di libertà e democrazia.

Mosaico realizzato nel 1974 da Sauro Ballardini, professore all’Accademia di Belle Arti di Praga, che si trova nell’atrio della stazione “Florenc” della metropolitana è dedicato alla vittoriosa battaglia di Sokolovo (Ucraina) combattuta l’8 -9 marzo 1943 contro i nazisti dal Primo battaglione cecoslovacco assieme all’Armata Rossa.

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Dai il 5 per 1000 all’ANPI Attribuirlo all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è semplice nei modelli CUD, 730-1 e Unico per la dichiarazione dei redditi del 2011 nel quadro “Scelta per la destinazione del cinque per mille dell’Irpef” apponi la tua firma solo nel primo dei tre spazi previsti, quello con la dicitura: “Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art.10, c.1, lett.a), del D.Lgs. n.460 del 1997”. Sotto la firma inserisci il Codice Fiscale dell’ANPI 00776550584 È importante firmare anche se il calcolo della tua Irpef è pari a zero o a credito. La ripartizione delle somme tra i beneficiari viene calcolata in proporzione al numero di sottoscrizioni ricevute da ciascun soggetto. Quindi firma e fai firmare in favore dell’ANPI.

Brani di storia viva bolognese

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ra le numerose manifestazioni rievocative di episodi della Lotta di Liberazione in città ed in provincia vi è stata quella della battaglia di Porta Lame svoltasi il 7 novembre 1944. Di particolare significato la inaugurazione del giardino realizzato dal Comune di Bologna nell’area dell’ex macello comunale, tra via Azzogardino ed il canale Cavaticcio, dedicato al pilota John Klemlen (in realtà Samuel Schneider della South African Air Force) che, nell’estate ‘44 decollato dalla base aerea di Rimini e salvatosi dall’abbattimento del suo caccia “Spitfire” nella

campagna presso Bologna, scelse di continuare a combattere il nazifascismo coi partigiani della 7ª GAP. Perse la vita durante la battaglia. Al centro del giardino, è stato costruito un cippo recante una formella in ceramica con la foto della palazzina sinistrata dal cannoneggiamento tedesco. All’incontro, coi numerosi cittadini, sindaci coi gonfaloni di varie municipalità, il Comune di Bologna è stato rappresentato dal sub commissario straordinario Michele Formiglio, la Provincia dall’assessore Giuseppe De Biase e la Comunità ebraica dal presidente Guido Ottolenghi.

RESISTENZA Organo dell’A.N.P.I. Provinciale di Bologna Via San Felice 25 - 40122 Bologna Tel. 051.231736 - Fax 051.235615 info@anpi-anppia-bo.it www.anpi-anppia-bo.it

Comitato di redazione Remigio Barbieri (redattore), Ermenegildo Bugni (coordinatore), Paola Coltelli, Giancarlo Grazia, Massimo Meliconi, Lino Michelini, Nazario Sauro Onofri, Gabrio Salieri, Renato Sasdelli

Direttore responsabile Ezio Antonioni

Segretario di redazione Antonio Sciolino

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Analoga cerimonia, con la posa di corone di alloro alle lapidi del Cassero di Porta Lame recanti i nomi dei caduti partigiani. Ha reso loro gli onori militari un picchetto in armi del 121° Reggimento Artiglieria Contraerea di stanza nella nostra città. (Foto Gianni Pagani) Precisazione. - Il libretto titolato 2000 km in bicicletta per combattere i nazifascisti di Cesare Cesari e recensito da Luca Piras (Resistenza n. 5, novembre 2010) è stato edito a cura di Cesare Bianchi Con la collaborazione di Cooperativa Manifesta Registrazione al Tribunale di Bologna n. 7331 del 9 maggio 2003 Stampa: Tipografia Moderna s.r.l. Via dei Lapidari 1/2, 40129 Bologna Tel. 051.326518 - Fax 051.326689


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