Organo dell’ANPI Provinciale di Bologna - Anno XIII - Numero 3 - Settembre-Ottobre 2015
L’ANPI verso il congresso: c’é molto da lavorare Renato Romagnoli *
POSTE ITALIANE Spa - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) ART. 1 comma 2 aut. N. 080016 del 10/03/2008 - DCB - BO
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’autunno da il via all’attività congressuale. Esso segna una svolta nella vita associativa dell’ANPI. Il dibattito, oltre a trattare i temi che sono alla base della nostra esistenza, dovrà dire la propria opinione sul momento politico nel quale ci muoviamo. Il Paese vive una fase, che si potrebbe dire, di complesse incertezze. La crisi economica persistente, s’inserisce in un clima di disagio che investe più o meno gravemente la fisionomia e la struttura dei partiti i quali dovrebbero rappresentare il baluardo del sistema democratico, così com’è delineato nella Carta Costituzionale. > segue a pag. 2
Anni difficili nei quali la speranza del ritorno alla libertà è stata mantenuta viva nonostante la repressione
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L’Università di Bologna dalla fascistizzazione alla Resistenza unitaria
l ricattatorio obbligo di giurare fedeltà al regime dittatoriale respinto dal prof. Bartolo Nigrisoli e pochi altri. Già nel 1925 un nucleo di insigni docenti dette segno di straordinaria vitalità antifascista. Con le leggi razziali ben 39 docenti e studiosi espulsi dai ruoli accademici dell’Alma Mater. Rinascita e consolidamento dei gruppi politici e poi creazione di vere formazioni di lotta armata. > Articolo a pag. 13
Auguri alla scuola
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l mondo della scuola tutto, l’ANPI provinciale di Bologna rivolge il cordiale augurio di buon lavoro nell’anno di studio 2015-2016. Con l’auspicio di fruttuosi risultati previsti dal protocollo Ministero dell’Istruzione - ANPI nazionale sui temi fondamentali della Resistenza e della Costituzione.
Imprimiamo un’accelerazione a tesseramento e proselitismo
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bbiamo superato da non molto metà del percorso annuale che impegna l’intera struttura organizzativa dell’ANPI: il tesseramento accompagnato dal proselitismo. I risultati conseguiti fino allo scorso settembre sono indubbiamente interessanti, per quanto difformi da sezione a sezione. Si vedono infatti numeri ormai vicini ai dati dello scorso anno, altri ancora distanti. Si tratta dunque di imprimere la necessaria accelerazione per arrivare al risultato generale, mobilitando – laddove si registra qualche ritardo – ogni energia e con le opportune iniziative. > segue a pag. 4
Manifestazioni in città e provincia per il 70° Appuntamento a Porta Lame per celebrare la battaglia del 7 novembre > segue a pag. 3
Il secolo di “Bulow” e di “Mimma”
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elle pagine di questo numero della rivista sono contenuti articoli dedicati ad Arrigo Boldrini “Bulow” ed a Irma Bandiera “Mimma”, due figure che appartengono al patrimonio patriottico del nostro Paese, nel centenario della loro nascita. Il 1915 un anno funesto per l’entrata dell’Italia nella prima Guerra Mondiale. Entrambi si sono battuti per la pace. >segue da pag.10
L’ANPI verso il congresso
1945 2015
> segue da pag. 1
Il disinteresse assai diffuso nei confronti della politica attiva, la non partecipazione, che sfocia nell’imporsi elettoralmente, nel qualunquismo populista deve preoccuparci, perché la deriva può facilmente indurre a posizioni tipo “un uomo solo al comando”, la cui nefasta esperienza è già stata vissuta dal popolo italiano. Le ragioni partono fondamentalmente, dalla nascita e dall’impostazione della non politica dei cosiddetti movimenti (leggasi Lega Nord e Cinque Stelle), che fondano esclusivamente il loro programma, nella lotta ai diversi, i primi, e nel contestare ogni cosa, senza fare proposte alternative, i secondi. Il corso naturale dell’ANPI conoscerà cambiamenti, prende spazio a pieno titolo e con le carte in regola la stagione antifascista, con tutte le motivazioni politiche, economiche e sociali, che distinse la scelta resistenziale. Ci sono compiti e obiettivi, diciamo normali, sui quali predisporre la campagna congressuale, ma se ci convinciamo che siamo a una svolta epocale, i problemi da porre e risolvere acquistano nuove dimensioni. Intanto, anzitutto, il lavoro preparatorio dei congressi sezionali, per avere presenti ai relativi lavori, un numero consistente e qualificante di iscritti e dibattiti che affrontino i problemi che il domani ci metterà di fronte, fermi restanti i pilastri del nostro essere, la salvaguardia della Costituzione e il fronte antifascista. Noi siamo, anche numericamente parlando, una forza significativa, ma non sempre riusciamo ad esprimerla in modo adeguato per incidere nella conoscenza della storia e per salvaguardare il principio della memoria. Quindi il problema della conoscenza rimane uno dei pilastri cui porre l’attenzione programmatica e su questo terreno va rivisto il rapporto con
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l’Istituto Storico, (che non esiste o ha basi, anziché di collaborazione, di presunta preminenza o addirittura di contrasto, il che è fuori della logica). Sulla Costituzione, dobbiamo prendere atto che negli ultimi tempi i tentativi di travolgerne molte parti, si sono intensificati. In questa attività c’è una gara a preparare il peggio, nella quale è difficile distinguere la sinistra, vedi Senato, dove si toglie il diritto dell’elettorato. La posizione dell’ANPI è molto chiara: la Costituzione si applica, non si modifica, producendo le normative per renderla attuabile, in tutti i suoi aspetti. Sul piano della concreta realtà, dobbiamo intensificare la nostra presenza didattica nelle varie articolazioni del mondo della scuola - e più in generale del sapere - nel contempo condurre una serrata battaglia perchè gli autori di testi scolastici diano la giusta dimensione e chiarezza sui valori, che nella storia italiana ha rappresentato la Lotta di Liberazione.
Dal cimitero di Amburgo
I resti di nostri soldati riportati a Bologna Il 25 settembre scorso l'ANPI provinciale di Bologna è stata invitata dal Comando Esercito Emilia Romagna alla Messa presso il circolo sottoufficiali di via Urbana, 8 in suffragio dei resti mineralizzati di caduti della Seconda Guerra Mondiale provenienti dal Cimitero militare italiano d'onore di Amburgo in Germania che saranno consegnati alle rispettive famiglie. La nostra Associazione era presente con il Gonfalone delle Medaglie d'Oro e d'Argento al Valor Militare conferite a partigiane e partigiani di città e provincia.
Sul problema dell’antifascismo, deve essere posto maggiore attenzione alla sottovalutazione di troppi, per non dire tutti, di quanti dovrebbero dare corpo attuativa alla Costituzione, che vieta ogni forma che faccia riferimento alla ideologia fascista, applicando le leggi Scelba e Mancino. Intendo: Prefetture; Questure; Magistratura, ognuna nelle parti di competenza. Per quanto riguarda il problema dei nuovi fascismi, il fenomeno non è solo italiano, ma europeo, in qualche caso fino al livello governativo. Troppo comodo riferirsi, per non intervenire, quando la situazione lo richiede, a inadeguatezze delle norme attuative. Se c’è del “vero” ostile ci si dia da fare perché si ovvi alle insufficienze, perché non è facoltà, ma obbligo applicare la Costituzione. In molti aspetti del dibattito politico, dobbiamo dare più ampio spazio ai rapporti con i partiti democratici, naturalmente rimanendo ognuno nel proprio ambito, e con il complesso dell’associazionismo, che tanto spazio, in ogni settore della società civile ha saputo realizzare, cominciando con l’invitarli al nostro congresso. Siamo una forza numerica, facciamola divenire attività politica. Abbiamo una storia alle spalle da tramandare, perché diventi compiutamente patrimonio delle giovani generazioni. I mesi che ci dividono dall’assise nazionale, riempiamoli di presenza incisiva di programmi che uniscono, a partire da quanti hanno a cuore il futuro dell’Italia. Come prassi dei precedenti congressi, apriremo una sottoscrizione di sostegno alle spese che un congresso degno di questo nome comporteranno. Con l’augurio a tutti noi di buon lavoro, diamoci da fare.
Manifestazioni in città e provincia per il 70° della Resistenza e della Lotta di Liberazione
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olge al culmine il denso programma di manifestazioni quest’anno particolarmente organizzate in occasione del 7O° della Resistenza e della Lotta di Liberazione. Molteplici le iniziative in città e nei significativi luoghi degli eventi della provincia. Sabato 7 novembre, alle ore 11, giorno del 1944 in cui fu combattuta l’aspra battaglia di Porta Lame dalla 7ª Brigata GAP contro ingenti forze nazifasciste, l’incontro rievocativo partirà dal giardino di via Azzo Gardino che fu epicentro dell’intera giornata di combattimento, essendo all’epoca il luogo in cui sorgeva la palazzina scelta quale sede del comando partigiano. Allo stato attuale al posto dell’edificio vi è un cippo che ricorda la base partigiana. Nello stesso luogo un cartiglio ricorda il nome di John Klemlen, nome di battaglia “Gianni”, indicato originario della Nuova Zelanda, ma in realtà egli era il tenente dell’aviazione militare sudafricana Samuel Schneider in missione di guerra. Il suo velivolo, colpito dalla contraerea tedesca mentre sorvolava Casalecchio di Reno, fu da lui abbandonato con lancio di paracadute che atterrò nella zona di Calderara. Soccorso da contadini decise di unirsi alla Resistenza entrando a far parte della 7ª GAP. Cadde sul far della sera, colpito dal fuoco nemico. Dodici i partigiani che persero la vita e 15 i feriti. I fascisti della brigata nera e della guardia repubblichina morti furono 19, mentre restò segreto il numero dei tedeschi. Alle ore 11.30 a Porta Lame il presidente dell’ANPI provinciale di Bologna Renato Romagnoli terrà l’orazione solenne alla quale farà seguito alle ore 12 il picchetto militare in onore dei Caduti. Ulteriore battaglia con parte dei gappisti di Porta Lame avvenne il 15 novembre dello stesso anno nel rione bolognina. L’esplorazione degli appar-
Appuntamento a Porta Lame per celebrare la battaglia del 7 novembre tamenti ad opera di una pattuglia di repubblichini venne stroncata dal fuoco dei partigiani. A questo punto scoppiò il combattimento nel quale i tedeschi schierarono alcuni carri armati tigre le cui cannonate demolirono parte del muro di facciata. Una parte dei partigiani riuscirono ad eclissarsi mentre sei persero la vita. Nel successivo 9 dicembre in seguito a spiata venne scoperta l’Infermeria partigiana di via Duca d’Aosta (attuale via Andrea Costa) nella quale erano degenti i feriti di Porta Lame e della bolognina. I 14 partigiani feriti vennero tutti fucilati. A Marzabotto nella ricorrenza dell’Eccidio di Monte Sole, tra le tante iniziative, il 3 ottobre scorso si è tenuto un convegno nella sala consiliare del Comune dal titolo La “Memoria alla base del futuro” che è stato introdotto da Maria Grazia Zepellini ed al quale hanno partecipato i docenti universitari di Bologna Patrizia Dogliani e Cinzia Venturoli ed il prof Paolo Pezzino dell’Università di Pisa. Ha concluso i lavori l’on. Valter Veltroni. Domenica 4 ottobre si è svolta la commemorazione ufficiale in Piazza dei Martiri delle Fosse Ardeatine dove sono intervenuti Valter Cardi, presidente Comitato onoranze ai Caduti di Marzabotto, Romano Franchi sindaco della città, Riccardo Noury portavoce di Amnesty International e Camil
Durakovic sindaco di Sebrenica. Il 10 ottobre al cavalcavia di Casalecchio di Reno si è tenuta la cerimonia di commemorazione dei Caduti trucidati in quel luogo. Quest’anno il ricordo degli assasinii perpetrati dai fascisti al Poligono di tiro a segno della zona Santa Viola è organizzato insieme al liceo Rosa Luxemburg che ha elaborato un progetto su questo luogo della Memoria dove sono stati fucilati oltre 200 tra partigiani e cittadini di diverse provincie che avrà luogo il 30 ottobre p.v. Nel prossimo dicembre sul colle di Sabbiuno di Paderno si onoreranno i 100 partigiani e civili tratti dal carcere di San Giovanni in Monte, fucilati e fatti rotolare nei calanchi fangosi. Il 27 settembre scorso a Ronchidoso di Gaggio Montano si è svolta la commemorazione a ricordo della strage di 67 partigiani e civili della zona. L’orazione è stata tenuta dal Vicario nazionale dell’ANPI Luciano Guerzoni. Nella stessa data A Ca’ Berna (Lizzano in Belvedere) sono stati ricordati i ventotto abitanti e due partigiani sterminati dai tedeschi. Nella stessa giornata domenicale a Ca’ di Guzzo (Casalfiumanese) è stata ricordata, a cura dell’ANPI circondariale di Imola, la battaglia tra partigiani della 36ª Brigata “Bianconcini” ed ingenti forze di paracadutisti ed SS tedesche. Fortissime le perdite da entrambe le parti (20 tra partigiani e civili). I partecipanti alla manifestazione sono saliti per sentieri per visitare il restauro (ancora parziale) dell’edificio finora diroccato. Successivamente alla rotonda della sottostante frazione Belvedere (Castel di Casio) è seguita la celebrazione ufficiale. A Casteldebole (Borgo Panigale) saranno onorati i 20 partigiani della Compagnia comando della 63ª Brigata “Bolero” caduti nella battaglia del 30 ottobre 1944.
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Imprimiamo un’accelerazione a tesseramento e proselitismo
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bbiamo superato da non molto metà del percorso annuale che impegna l’intera struttura organizzativa dell’ANPI: il tesseramento accompagnato dal proselitismo. I risultati conseguiti fino allo scorso settembre sono indubbiamente interessanti, per quanto difformi da sezione a sezione. Si vedono infatti numeri ormai vicini ai dati dello scorso anno, altri ancora distanti. Si tratta dunque di imprimere la necessaria accelerazione per arrivare al risultato generale, mobilitando – laddove si registra qualche ritardo – ogni energia e con le opportune iniziative. Si tratta, in definitiva, di stabilire il contatto con tutti i precedenti iscritti (che per vari motivi non hanno ancora rinnovato la tessera), e ancora più importante, aprire il rapporto personale con le tante persone che abbiamo visto partecipare alle nostre manifestazioni del 70° della Resistenza e della Lotta di Liberazione nazionale. Queste ultime rappresentano il potenziale “bacino”
dell’antifascismo, di cui vi è tanta necessità specialmente in una fase assai delicata in Italia, e diciamo pure in Europa. Un “bacino” che contiene la gioventù, peraltro tormentata da difficoltà sul terreno dell’occupazione, cui l’ANPI si rivolge per infonderle fiducia. La gioventù dei luoghi di lavoro. La gioventù della scuola e dell’Università, con la quale viviamo spesso, condividendoli, momenti di natura culturale, vitali per la difesa e lo sviluppo della democrazia nel Paese. Sono dunque i luoghi da praticare per imprimere sostanza a quella che l’ANPI ha definito la “stagione antifascista”. Avviamoci dunque al termine dell’annuale campagna del tesseramento e proselitismo con migliori risultati. La democrazia lo esige. Diamo conto infine dello stato del tesseramento alla data odierna: 4752 iscritti pari al 70% rispetto al dato complessivo dello scorso anno.
Nelle sezioni ANPI di Imola e Circondario
Un buon passo avanti con 90 nuovi iscritti ed iniziative di valore Bruno Solaroli*
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l 2015, settantesimo anniversario della Resistenza e della Liberazione, per l’ANPI di Imola e del suo Circondario si sta dimostrando un anno eccezionale e di grande interesse. Alle tante iniziative con le quali si è coperto il territorio circondariale è arriso un risultato grande e nettamente superiore agli andamenti degli anni precedenti: ottima partecipazione, calore e adesione alla memoria storica della Resistenza e alla sua proiezione
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sui grandi valori che l’associazione è impegnata a rilanciare e a far vivere, nuove adesioni necessarie per costruire la nuova ANPI antifascista e per avvicendare partigiane e partigiani che per motivi naturali purtroppo ci lasciano. E in particolare grande coinvolgimente e partecipazione delle scuole e nelle scuole: la bella iniziativa dall’originale titolo “Quando un posto diventa un luogo” sostenuta dalle scuole, dalle Amministrazioni comu-
nali, dall’ANPI e dal Centro imolese di Documentazione della Resistenza e dell’Antifascismo (CIDRA), che ha visto la creativa reinaugurazione da parte dei ragazzi e degli studenti di oltre venti monumenti a ricordo, si e’ rivelata uno strumento eccezionale per partecipazione e per efficacia conoscitiva. Tanto e’ che, insieme, i protagonisti stanno facendo il punto anche per vedere come mantenerla in attività, con elementi di novità, anche nel 2016. Ma le iniziative sono state tante e tutte di successo per cui non è possibile fermarsi a commenti singoli È certo che la celebrazione del 70° ci ha fatto fare un passo avanti soprattutto quando al centro abbiamo posto i grandi valori della Resistenza, divenuti principi della Costituzione, particolarmente essenziali oggi. Essere sportello di valori (pace, convivenza ed integrazione, liberta’ e democrazia, solidarieta’ e giustizia, etica e comunita’, umanesimo) non solo serve all’Italia, all’Europa
e al Mondo, non solo combatte le inaccettabili nefandezze delle derive populiste, qualunquiste, neofasciste, ma mostra la vera natura vincente dell’ANPI, quale erede delle conquiste della Resistenza e della Liberazione. Purtroppo pare che questa consapevolezza non ci sia neppure in taluni ambiti dell’ANPI. Troppo spesso appare e prevale un dibattito vecchio, rivolto all’indietro, e si avverte il male della crisi dei partiti. L’abbiamo detto e lo ripetiamo l’ANPI non è un partito e non è un sindacato: è una Forza morale, non moralistica. Una Forza che si fonda e vive sui grandi valori. Una forza unitaria e plurale come fu la Resistenza. E credo che sulla identità e sulla funzione dovrà cimentarsi fruttuosamente l’ormai vicino svolgimento del congresso nazionale, così come ogni struttura dell’associazione dovrà impegnarsi in uno sforzo per una ANPI presente e organizzata ovunque, dinamica, aperta, attraente e utile alle persone e alle comunità locali, nazionali ed europee. Lasciamo ai partiti quello che è dei partiti e così per i sindacati e le associazioni sociali. La esperienza di questo Settantesimo ci insegna anche sul versante delle adesioni e della forza organizzata. Ci si iscrive all’ANPI perche’ ci considerano ancora “i partigiani” o perchè vedono in noi la presenza, vitalità e forza dei grandi valori. E su questo terreno è garantito uno spazio decisivo e fondamentale ai partigiani ancora in campo, anzi sono insostituibili Ad Imola e circondario pur con qualche difetto abbiamo cercato di operare in tal senso. Certo appena appena, ma senza una svolta adeguata e generale a partire dalla dimensione nazionale è impossibile essere e apparire come la nuova ANPI. Noi cercheremo comunque di continuare rafforzando questa impostazione che ci ha portato circa 90 iscritti nuovi. E dobbiamo andare ben oltre per vincere, nell’obiettivo entusiasmante della nuova ANPI antifascista.
Inaugurata a Crespellano la nuova sezione ANPI comunale
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tare dall’unica parte giusta ed impegnarsi per mantenere la memoria degli eventi riguardanti la Resistenza nel nostro territorio”. È con queste parole che il sindaco della Valsamoggia Daniele Ruscigno è intervenuto alla iniziativa di inaugurazione della sede dell’ANPI di Crespellano in Largo Don Dossetti, 10 in pieno centro del paese. Ciò è stato possibile, ha continuato il sindaco, grazie alla razionalizzazione dell’uso degli spazi pubblici affidandoli alle componenti culturali e sociali della comunità locale. Nello stesso immobile sonassegnati locali anche alla Pro Loco ed all’ANT. Enrico Biagi, segretario della sezione ed instancabile animatore, ha ricordato i
quattro “ragazzi” ventenni che nella località periferica “Muffa” furono fucilati dai fascisti il 24 agosto 1944. Durante la cerimonia hanno preso la parola anche la presidente della Municipalità di Crespellano Angela Alimonti ed il presidente dell’ANPI locale il partigiano Anselmo Drusiani. Infine è intervenuto il presidente provinciale dell’associazione Renato Romagnoli ricordando i fratelli Franco e Settimo Del Rio che combatterono insieme a lui nella 7ª GAP e furono trucidati in seguito alla scoperta dell’Infermeria partigiana il 9 dicembre ‘44. “Italiano” ha sottolineato il contributo pagato con la vita dai trentacinque antifascisti e partigiani crespellanesi uccisi durante la dittatura e poi nella Resistenza ed ha ribadito il ruolo prioritario della nostra Associazione: il presidio Antifascista nella società democratica e la salvaguardia della Costituzione nata dalla Lotta di Liberazione nazionale. Alla fine è stato tagliato il nastro e scoperta la targa della sede ANPI.
Crespellano 26 settembre 2015. Da sinistra: Enrico Biagi, Renato Romagnoli, il sindaco Daniele Ruscigno, Anselmo Drusiani e Pietro Ospitali
I dati del tesseramento Nel circondario di Imola siamo a 1285 tessere pari al 96 per cento con 90 nuovi iscritti e con le seguenti sezioni al 100 per cento e oltre: Castel San Pietro Terme, Dozza, Casalfiumanese, Borgo Tossignano,
Fontanelice, Sassoleone. Ad Imola siamo a 853 tessere, ne mancano 16 al 100 per cento con 58 nuovi iscritti. *Presidente ANPI di Imola e Circondario
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penso, di una destra onesta evidente a tutti che svolga seriamente il suo noi che il prossimo ruolo per il bene del Paese. Congresso ANPI Oggi questo non è. E qui si rappresenta la svolta essenafferma al meglio il nostro ziale per l’Associazione. A ruolo. Bologna abbiamo una granDobbiamo innanzitutto de risorsa. Quella di avere salvaguardare la memoria Renato Romagnoli con noi a della Lotta di Liberazione, presiederla in maniera attiportarla alla conoscenza va e proficua; con lui Gildo delle nuove generazioni Bugni segretario provinciaaffinché non venga dimenle. Ed è proprio dall’attività ticata. di quest’anno che emerge il Ma dobbiamo anche essefatto che abbiamo un preAntonio Sciolino* re presenti sul piano polisidente autorevole, critico tico a salvaguardia della quando c’è ne stato bisogno, Costituzione e dei principi costruttivo nelle iniziative. fondamentali che la compongono. Tutto ciò non modifica però l’esigenza rigorosa di valutare L’ANPI non è un partito politico ma a volte è tormentata nei lavori precongressulai la situazione generale a livello da spinte partitiche che non le appartengono. Ma, come di dirigenza. ci ha insegnato William Michelini, gli iscritti si tolgano Allora bisogna pensare ad un futuro “Antifascista” la giacca di appartenenza partitica per indossare quella dell’ANPI, composto da quelle generazioni che negli anni dell’ANPI. Solo così possiamo salvaguardare e far crescere si sono affiancate ai nostri partigiani e ne stanno prosel’Associazione. guendo il cammino. I partigiani ce lo chiedono, è un dovere morale che noi Il compito è arduo. Non si è sufficientemente ancora ... dobbiamo portare avanti. Occorre intervenire affinché i imparato a portare il testimone e tutto quello che compartiti tornino a parlare di Antifascismo. Il fascismo non porta la nostra storia in termini di valori che ci mettono è morto. Riappare continuamente e non si tratta più di al centro della politica nazionale. Valori che hanno portato rigurgiti ma è una tendenza che torna preoccupantemente alla nascita della democrazia e che si sono fusi nella Carta ad emergere, in Italia come in Europa. Costituzionale, esplicativi del nostro ruolo nella società. Le colonne umane che percorrono a piedi lunghe distanze, Siamo un Ente Morale e rappresentiamo la forza critica i treni che portano gli immigrati, il filo spinato che fa da del Paese. Facciamo parte di quanti continuano a lottare confine, i poliziotti che picchiano persone disperate ai conper un Paese più giusto, più democratico, dove la politica fini con l’Ungheria, rappresentano un segno intollerabile torni a rappresentare il suo ruolo positivamente e cioè la di decadenza, una tendenza al razzismo ed al fascismo. rappresentanza piena dei cittadini e non l’imbroglio eleE così Le Pen, Salvini, Farage sono l’emblema di questo vato a ragion d’essere, come le lotte di potere, le mafiosità pericoloso orientamento. varie, e quant’altro di negativo è emerso. Il fascismo dunque non è morto e noi antifascisti abbiaLa politica, quella che ci hanno insegnato ad amare, è mo un ruolo importante per svegliare le coscienze dei l’espressione massima della rappresentanza popolare. I citcittadini. Il nostro compito è anche questo. E ci rende tadini devono tornare a credere nella politica ed esercitare attuali, non solo quindi portatori di memoria ma anche il ruolo importante che la Costituzione ha affidato loro: il democratici che difendono la Costituzione, ne affermano diritto di votare in un Paese democratico. e diffondono i suoi valori e le conquiste sociali che vanno Per questo i partiti, come ha scritto più volte il nostro salvaguardate. presidente Carlo Smuraglia devono autoriformarsi. L’Italia Questa è la nostra prospettiva di Antifascisti e sono fiduha bisogno dei partiti essenziali per la vita democratica, cioso che, pur tra tante difficoltà, riusciremo a portarla nel momento in cui si manifesta un pericoloso populismo avanti. bieco e razzista. Non pochi italiani delusi dalla politica cadono facilmente in questa trappola (vedi anche la metà * Segretario organizzativo degli elettori che non vanno alle urne). E così la Lega dell’ANPI provinciale Nord, che si avvale di vertici al pari delle peggiori destre europee, ed il Movimento 5 Stelle, bloccano un potenziale di voti rendendoli per un verso inutili ma dall’altro pericolosamente sfruttati. È qui la contraddizione. L’Italia ha bisogno di una sinistra che sia tale ed anche, io
Un contributo per l’avvio della fase congressuale
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Sui temi fondamentali Costituzione e Resistenza
A quando l’applicazione del protocollo scuola di Ministero e ANPI?
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el momento in cui la scuola sta affinando gli strumenti di lavoro per rendere il più possibile adeguata la risposta ai bisogni della società nazionale, non nascondendoci l’esistenza di molteplici e gravi problemi, riteniamo utile fare riferimento ai temi fondamentali dello studio sulle materie che hanno attinenza alla formazione intellettuale delle giovani generazioni. Temi fra i quali emergono in tutta la loro importanza, la conoscenza piena della Costituzione repubblicana e dei processi storici che hanno generato la Resistenza, su cui la massima Carta poggia. Come i lettori di questa nostra rivista hanno certo notato non vi è numero nel quale non siano riportati articoli su lezioni in classe o nei siti di eventi trattati sul piano storico. Essi sono il frutto di scelte maturate in scuole stesse, per approfondire – anche con la partecipazione di testimoni diretti degli eventi – singoli aspetti, non disgiunti dal quadro d’insieme appunto storico. Va dunque riconosciuto merito a docenti, dirigenti scolastici, ma anche a singole famiglie le quali, con l’opportuna discrezione, portano a conoscenza temi, itinerari, persone in grado di arricchire il lavoro in classe. Varie sezioni cittadine e comunali dell’ANPI accettano poi di buon grado di mettere a disposizione l’apporto di ex partigiani, staffette donne comprese, le cui testimonianze sono molto apprezzate, in particolare dalle scolaresche. Non va inoltre sottaciuto il contributo organizzativo (ex deportati, associazioni, gruppi giovanili) e finanziario per sostenere il
costo di viaggi spesso anche all’estero (Amministrazioni comunali, famiglie), assai prezioso soprattutto in carenza della funzione ufficiale. Ci preme a questo punto compiere il necessario richiamo ad un impegno specifico del governo: quello sottoscritto nel luglio dello scorso anno dalla titolare del Ministero dell’Istruzione Università Ricerca (MIUR), Stefania Giannini unitamente al presidente dell’ANPI nazionale prof. Carlo Smuraglia, concernente la creazione e lo sviluppo di progetti didattici nelle scuole appunto finalizzati alla divulgazione dei valori della Costituzione repubblicana “ e degli ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale”. Nonché dei punti nodali tali da consentire la conoscenza spe-
cifica dalla Guerra di Liberazione, sia della Resistenza partigiana che delle Forze Armate, con riguardo inoltre alla tragedia dei lager nazisti che tante vittime e sofferenza hanno causato con la deportazione civile e militare. Ricordiamo che la ministra Giannini considerò tale accordo “uno strumento fondamentale per far comprendere a tutti gli studenti il valore della nostra Costituzione e l’importanza della memoria della Resistenza, raccontata anche da chi l’ha vissuta in prima persona”. Dal canto suo il presidente Smuraglia valutò tale accordo “di portata (quasi ) storica”. Tempestivamente il protocollo MIURANPI è stato preso in esame dal gruppo di lavoro regionale dell’ANPI Emilia-Romagna, analizzato in ogni sua parte, assunto per renderlo fruibile ai vari livelli – della scuola in particolare, oltre che della pubblica amministrazione - al fine di rendere concreto lo spessore dell’insegnamento. Il testo integrale del protocollo è disponibile sul sito nazionale dell’ANPI: http://www.anpi.it/media/uploads/ files/2014/07/Protocollo_MIUR_ ANPI_240714.pdf
L’ANPI provinciale di Ravenna ha ritenuto opportuno approfondire le tematiche inerenti il protocollo ANPI- MIUR organizzando un incontro a Cervia, il 10 ottobre (a partire dalle ore 9.30), dal titolo “Buona Scuola e cittadinanza attiva”, che si terrà presso la Sala Musa del Magazzino del Sale. Allo stesso incontro parteciperanno docenti, una rappresentanza di studenti, autorità pubbliche e si enunceranno i criteri e le modalità delle lezioni da tenersi nelle scuole dalle ANPI locali sui temi della lotta di Liberazione e della nascita del nostro Stato di diritto, basato sulla Costituzione. Ad ogni docente e dirigente presente all’iniziativa sarà consegnato l’attestato di partecipazione. L’iniziativa vuole essere un primo momento di incontro per favorire l’attuazione del protocollo stesso è quindi sarebbe significativa la presenza qualificata delle ANPI provinciali della nostra Regione. E’ previsto l’intervento del prof. Roberto Balzani docente di Storia contemporanea all’Ateneo bolognese ed una tavola rotonda con il prof. di Pedagogia all’Università di Bologna Andrea Canevaro, Davide Galassi psicologo, Agostina Melucci dirigente dell’Ufficio scolastico di Ravenna ed il rappresentante della Consulta degli studenti di Ravenna. Le conclusioni saranno svolte da Ivano Artioli del Comitato nazionale ANPI, scrittore e già docente di Diritto.
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Apologia del regime dittatoriale e falsità ad uso di alunni con difficoltà, compresi i figli di stranieri
La Storia mistificata in un testo scolastico Mussolini? “Uomo forte che ha controllato la rabbia della gente”. Le squadracce fasciste? “Riportavano l’ordine e placavano i lavoratori”. Ancora il duce: “Apprezzato ed ammirato in Europa e conquistatore di terre in Africa per usare le materie prime”. Un suo “raro errore: le leggi razziali”. “Non voleva entrare in guerra” ma l’Italia non poteva “stare a guardare” le vittorie di Hitler. Sul periodo 1940-45 in Italia, poche righe reticenti. C’è ancora molto da fare nell’insegnamento Massimo Meliconi
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i siamo già occupati in altri articoli su questo giornale di come alcuni testi scolastici di storia trattano argomenti come il fascismo e la Resistenza, verificando come vi fossero, in molti casi, mancanze, omissioni e interpretazioni discutibili, non solo per noi che siamo dichiaratamente antifascisti, ma per una scuola statale che dovrebbe riconoscersi nei valori espressi dalla Costituzione repubblicana, figlia ed erede riconosciuta dei valori antifascisti e della Resistenza. Qui analizziamo un altro manuale di storia e il modo in cui esso tratta gli argomenti suddetti, ricordando che ci occuperemo soprattutto del periodo in cui Mussolini si impadronì del potere e del successivo ventennio fascista, dal conferimento dell’incarico a Mussolini stesso di formare un nuovo governo da parte del re Vittorio Emanuele III di Savoia, nell’autunno del 1922, fino alla conquista dell’Etiopia nel 1936 e alla successiva entrata nella seconda guerra mondiale il 10 Giugno del 1940, al fianco di Hitler che l’aveva scatenata l’anno prima. In particolare c’è questo testo scolastico, edito da Paravia e scritto da Chiara Curci, intitolato “Storia-Percorsi semplificati - L’età contemporanea”, che quindi si dovrebbe qualificare come adatto per alunni con difficoltà, che
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tratteggia in maniera semplice e sintetica (visto lo scopo didattico), un quadro, prima della presa del potere del Fascismo e del suo capo poi del suo regime, diciamo così, un po’ particolare. Ne diamo subito alcuni esempi: “ Un
uomo forte di nome Benito Mussolini è riuscito a controllare la rabbia della gente” (pag 28), visto che ”tra il 1919 e il 1920 ci sono stati tanti scioperi e manifestazioni” (ibidem). Poi sullo squadrismo “gli squadristi intervenivano quando c’era una forte e violenta
In libreria un volume fotografico sull’amato Sindaco
Giuseppe Dozza, un artefice della rinascita di Bologna
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ol titolo “Giuseppe Dozza – La rinascita della città” è uscito da poco un nuovo album dedicato al popolare sindaco Giuseppe Dozza (19011974), nella collana Archivi Fotografici di Camera Chiara Edizioni. La pubblicazione (pp.127, euro 25,00), ampio formato e ricca di immagini in gran parte inedite in quanto conservate dalla famiglia traccia un rigoroso profilo politico e umano dell’indimenticabile figura di amministratore pubblico. Il quale – dopo la militanza antifascista nella clandestinità durante la dittatura, nell’emigrazione politica nel Centro estero del PCI in Francia, nella Resistenza a Bologna col ruolo di membro del Triumvirato insurrezionale – il 21 aprile 1945, giorno della Liberazione, assunse di fatto
il compito, affidatogli dal Comitato di Liberazione e ratificato dal Governo militare alleato della 5 a Armata, di affrontare gli immani problemi generati dalla guerra fascista. Compito svolto per ventuno anni, vale a dire fino al 1966. È scomparso il 28 dicembre 1974 ed il giorno seguente una enorme folla, ascoltando in piazza Maggiore il saluto estremo dell’allora Sindaco Renato Zanngheri, testimoniò l’affetto generale per l’uomo che era tutt’uno con la città. Il nuovo album fa seguito al precedente dello stesso editore, intitolato “Quando Dozza giocava centravanti – Lo sport e la rinascita di Bologna nel dopoguerra” (pp.159 euro 19,50), messo in libreria nel 2014. L’attuale volume reca, nell’ordine, scritti
discussione tra gli operai e i lavoratori“ (sic!). Insomma, le squadracce fasciste riportavano un po’ d’ordine e … placavano i lavoratori in questo paese immerso nel caos. Dopo aver riconosciuto che il leader socialista e deputato Giacomo Matteotti fu rapito e ucciso dai fascisti, il testo racconta sommariamente com’era l’Italia sotto la dittatura fascista: “I giovani erano protagonisti, in tutti i libri di scuola si parlava di coraggio, di forza fisica e di guerra” (pag.29), poi l’economia era in crisi, ma ”Mussolini ha lottato contro la crisi economica… ha assunto molti disoccupati per bonificare le paludi del Lazio… ha fatto costruire nuove città e ha migliorato la rete ferroviaria” (pag 29). Le magnifiche sorti progressive del regime proseguono con “la politica estera in Africa” (pag. 30) visto che “i capi di Stato europei apprezzavano Mussolini…era ammirato.. e ha conquistato nuove terre in Africa per usare le materie prime…” (ibidem).
L’unica nota di vero biasimo è il capitoletto che riguarda le leggi razziali del 1938, a quanto pare un raro errore del regime. Poi l’Italia entra in guerra, anche se “ Mussolini non voleva entrare in guerra … tuttavia, in un anno e mezzo, la Germania ha conquistato tanti stati, mentre l’Italia stava a guardare”… (pag. 44). Si sono qui estrapolati alcuni brani per esemplificare il tono generale del testo, che nella sua semplicità, fornisce un quadro del ventennio a volte edulcorato e in certi punti francamente apologetico, con qualche grossolana falsità storica. La tesi che gli squadristi fascisti fossero una specie di tutori dell’ordine volontari è inaccettabile, poi la conquista dell’Etiopia (e le operazioni coloniali in Libia) , al netto dei terribili massacri della popolazione anche con gas asfissianti compiuti e vistosamente ignorati da buona parte dei nostri libri di testo di storia. Si può aggiungere che fu un’operazione costosissima e il regime non trovò nes-
suna materia prima, più che altro fu venduta dalla propaganda l’idea della soluzione al problema dell’emigrazione, con risultati di fatto fallimentari. Per non parlare del fatto che Mussolini volle a tutti i costi entrare nella seconda guerra mondiale, nella folle speranza di partecipare, a vittoria ottenuta, alla spartizione del bottino. Sul periodo 1943-45 il testo si limita a dire che l’Italia era divisa in due, e che c’erano a nord dei gruppi i quali combattevano i fascisti e i nazisti che si chiamavano partigiani (pag 46). Che degli alunni, magari con difficoltà, o magari figli di genitori stranieri che devono imparare la nostra lingua e che quindi hanno bisogno di sintesi, debbano leggere testi di storia con questa impostazione ci dà una ulteriore dimostrazione di come ci sia molta strada ancora da fare sullo studio del ventennio fascista e della Resistenza nelle nostre scuole.
Bologna, 1945. nella Sala Rossa di Palazzo d’Accorsio, il sindaco Dozza consegna, l’attestato di benemerenza ai rappresentanti delle Armate polacche, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna che hanno partecipato alla liberazione della città
del sindaco Virginio Merola, Valerio Varesi, Enzo Biagi, Michele Smargiassi, Vittorio Lotti, Luigi Arbizzani, Paola Furlan, Giuseppe Dozza, Franco Vannini, Mauro Roda, Gilberto Veronesi, Renato Zangheri. Termina il contributo di Virginio Merola
con la seguente riflessione: “…Oggi, personalmente, nel ruolo di attuale sindaco di Bologna mi appassiona ancora di più parlare e scrivere di lui io seduto alla sua scrivania e nella stanza in cui lavorava, che oggi è il luogo dove io lavoro. È una emozione ed una responsabilità che
sento tutte le mattine quando mi accingo ad affrontare i problemi e le questioni dell’oggi, senza dimenticare la sua lezione che è ancora tanto attuale.” V.R.
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Bulow: partigiano sempre, un padre della Costituzione Ivano Artioli*
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il centenario della nascita di Arrigo Boldrini “Bulow” (6 settembre 1915 – 22 gennaio 2008) e nell’occasione ci sono state celebrazioni pubbliche. A Ravenna, alla festa de l’Unità, con documenti e immagini e interventi è stata ricordata l’intelligente Resistenza di cui fu animatore e protagonista in pianura e nelle valli. La sua 28ª Brigata GAP fu tanto forte e presente sul territorio che, allorché gli Alleati da Cervia mossero verso Ravenna, Bulow intervenne e li convinse a non bombardare, per evitare la distruzione dell’ingente patrimonio artistico e culturale, perché l’avrebbero liberata loro la città: i partigiani. E così fecero ed è per questo che Ravenna è la preziosa “capitale” bizantina di sempre. A questa parte di storia è stato fatto riferimento anche nella celebrazione a Roma nel palazzo di Montecitorio il 15 settembre. Sono intervenuti Laura Boldrini presidente della Camera, Pietro Grasso presidente del Senato, il nostro presidente ANPI Carlo Smuraglia, Giorgio Napolitano presidente emerito della Repubblica e il professor Alberto De Bernardi. Pubblico numeroso: oltre a delegazioni ANPI nazionali e a nomi storici dell’antifascismo c’erano sindaco, prefetto, questore di Ravenna. Bulow
partecipava sempre alle celebrazioni patriottiche. E s’impegnava affinché la storia del Novecento entrasse nei programmi scolastici delle medie e medie superiori e che la Resistenza venisse ben trattata. Non come succedeva ai docenti che “arrivavano lunghi” a fine anno e per la Lotta di Liberazione non c’era più tempo prima degli scrutini. Ma “Bulow” non aveva per la Resistenza il criterio esclusivo e protettivo che si ha verso una cosa preziosa da mettere in bacheca. Lì. Ferma. Bella. Intoccabile. Tutt’altro! La rese attiva nell’equilibrio difficile per non farla né di un partito, né di un altro, né di un altro ancora. La Resistenza per “Bulow” stava oltre le contingenze. “Bulow” come partigiano e come parlamentare non entra nelle categorie di Claudio Pavone. Quelle, per interderci, del saggio “Una guerra civile” che tripartisce la Resistenza in guerra civile, guerra di classe, guerra patriottica. Certo, era iscritto al PCI, in un certo periodo legato a Mosca, ma collaborò con gli Alleati e con i Gruppi di Combattimento del rinato Esercito italiano; in particolare con il “Cremona” (da cui i “cremonini”) del generale Clemente Primieri. Valorosi combattenti sul Reno e sul Senio e liberatori insieme alla 28ª brigata. E Roma, 15 settembre 2015. Palazzo di Montecitorio. Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati interviene per ricordare Arrigo Boldrini nel centenario della sua nascita. A sinistra il presidente merito della Repubblica Giorgio Napolitano
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Arrigo Boldrini ritratto a Ravenna durante il conferimento della medaglia al Valor Militare all’indomani della liberazione di Ravenna.
poi “Bulow” stesso, e per sua penna, sempre avversò la definizione di Resistenza come guerra civile, pur affermando che eccessi cruenti ci furono e non vanno nascosti se la si vuole (la Resistenza) fondativa di coscienze civiche anti-fasciste. Quegli eccessi che il presidente Smuraglia definisce “i lati oscuri”. Piuttosto Bobbio. Norberto Bobbio, senatore a vita, di fronte alla domanda se “Bulow” fosse da collocare tra i delusi dalla vittoria della Resistenza rispose di no. I delusi furono quelli che volevano la Resistenza come inizio di una rivoluzione del tipo bolscevico e che (ancor oggi) continuano a lamentare la “Resistenza tradita”. Bulow non era tra questi. Lui fu uno dei padri della Costituzione che è il prodotto dell’unità tra le parti, e non della prevaricazione armata di una sull’altra. Fu unitario, indubbiamente. Un uomo che considerò la Resistenza una tappa verso un’Italia nuova da costruire con la politica in democrazia. Più che per una cultura reducista Bulow fu per una cultura che guarda al mondo che cambia sapendo che dalla Resistenza vengono principi universali. Senza età. Né confini. Lo mostrano i suoi contatti continui con le Resistenze europee e il sostegno dell’ANPI alla nascita della Comunità Europea. Un progetto ANPI oggi attualissimo e che va verso la costruzione di una comune coscienza antifascista per i futuri Stati Uniti d’Europa. *Coordinatore ANPI Emilia Romagna
Solennizzato il centenario della nascita di Irma Bandiera
Quanto dobbiamo al silenzio di “Mimma”
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rma era bella e sempre molto elegante, nata in una famiglia dove si stava bene. Angelo, suo padre, era capo mastro e costruttore edile. Combatté nella prima guerra mondiale e tornato a casa maturò presto sentimenti antifascisti. Aveva una sorella, Nastia, sposata con Sergio Marchesini, un droghiere con negozio in via Vittorio Veneto 13. La famiglia Bandiera abitava lì vicino, in via Gorizia 19. Essa amava farsi fotografare. Di lei abbiamo più immagini di quante ne abbiamo delle altre partigiane, molte delle quali non hanno, purtroppo per noi, un volto. Irma andava spesso a San Giobbe di Funo (Argelato), dalla nonna Filomena e dagli zii, anche loro droghieri, e qui passava molto tempo. Lei e la sua famiglia erano degli “sfollati pendolari”, un’affermazione questa che mi ha fatto pensare a quanto nelle condizioni di ognuno, di ogni famiglia, ci fosse di instabile e occasionale nel tempo di guerra, di come le cose potessero cambiare da un giorno all’altro. Andava lì perché stava bene in quella casa. La nonna e gli zii possedevano metà della borgata. Subito dopo l’8 settembre 1943 Irma cominciò a darsi da fare per aiutare i soldati sbandati e cominciò a interessarsi sempre più di politica, chiedendo via via di essere coinvolta direttamente nella Resistenza. Era particolarmente interessata da quanto sentiì dire: “la nostra guerra è una guerra alla guerra”. A Funo Irma conobbe anche Ena Frazzoni che era già impegnata nell’organizzazione e nel coordinamento delle staffette che poi fecero capo al
CUMER - Comando unico militare Emilia Romagna. Nella vita di Irma c’era un fidanzato, Federico, militare a Creta (isola greca del Dodecanneso), fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre. La nave carica di soldati italiani prigionieri su cui era imbarcato per la deportazione in Germania fu bombardata da aerei inglesi e affondò al Pireo. Federico fu dato per disperso. Mimma e la sua famiglia fecero ricerche senza frutto,
Nel centenario della nascita di Irma Bandiera, mercoledì 8 aprile scorso nella sala “Tassinari” del Comune di Bologna, si è tenuta una iniziativa a lei dedicata nell’ambito del Programma del 70° anniversario della Liberazione. Mauria Bergonzini, responsabile del Coordinamento donne ANPI provinciale di Bologna, ha presentato la relazione di cui riportiamo di seguito uno stralcio anche attraverso il Vaticano. Nell’agosto del ‘44 la Resistenza era particolarmente attiva nella zona, nella convinzione di un prossima e definitiva offensiva degli Alleati. Il 5 agosto i partigiani giustiziarono un ufficiale tedesco e un comandante delle Brigate Nere repubblichine. Alla mezzanotte del 6 agosto a Funo cominciò una tremenda rappresaglia durante la quale vennero arrestati tre partigiani, portati alle scuole di San Giorgio. La sera del 7 agosto anche Irma fu arrestata a casa dello zio, insieme ad altri due, rinchiusa nelle scuole di San Giorgio, ma isolata dai compagni. La notte dell’8 agosto, i partigiani fecero saltare con la dinamite la Casa del fascio di Argelato. Nel pomeriggio del 9 successivo i fascisti fucilarono sei partigiani sulle macerie della Casa del fascio, incendiarono 37 case alle Larghe di Funo e uccisero anche due contadini, fratelli, mentre stavano lavorando nei campi. Più tardi, sempre nello stesso giorno vennero fucilati altri quattro partigiani. Fu poi il prof. Francesco Flora, illustre docente di letteratura italiana della nostra Università, antifascista, allievo di Benedetto Croce, a dettare l’epigrafe per la lapide in ricordo dei Caduti. Irma invece fu portata a Bologna. Probabilmente i fascisti sapevano parecchie cose su di lei e credevano di ottenere informazioni. I famigliari la cercarono alle Caserme Rosse di via Corticella e sperarono anche fosse fra i detenuti liberati dall’azione dei gappisti a San Giovanni in Monte, il 9
Irma Bandiera, “Mimma”, a Bologna con il suo cagnolino
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Irma Bandiera “Mimma” > segue da pag. 11
agosto. La madre continuò a cercarla inutilmente, insieme alla sorella, in Questura e al comando tedesco di via Santa Chiara 6/3. Irma resistette alla tortura fino alla fine, senza parlare, salvando in tal modo molti suoi compagni. La mattina del 14 agosto una cliente informò il cognato che il corpo inanimato di Irma era vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario, lasciato in vista per una giornata, come monito. Poi fu portato all’Istituto di Medicina Legale dove un custode amico della Resistenza scattò le foto del viso di Irma devastata dalle torture. Venne infine sepolta alla Certosa, accompagnata dai famigliari e qualche amica. A lei fu intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che operava nella periferia nord di Bologna ed un GDD (Gruppo di Difesa della Donna per l’assistenza ai combattenti della libertà). Alla fine della guerra fu decorata di Medaglia d’Oro, insieme ad altre 18 partigiane in Italia. Irma diventò subito un modello per le donne partigiane e di lei molto
Irma Bandiera, prima a sinistra, assieme ad una amica davanti al cancello della casa dove abitava la sua famiglia in via Gorizia
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L’immagine sorridente di Irma Bandiera utilizzata in molte pubblicazioni, al partire dal dopoguerra
riferirono i GDD. Lo divenne anche Edera De Giovanni di cui si raccontava nei fogli clandestini, proposta subito anche lei come esempio di eroismo nazionale. Proprio al nome di Edera nel luglio 1944 il Comitato provinciale di Milano dei GDD intitolò un organismo (o un programma di lavoro) “Promozione di lavoro Edera Francesca” incitando “ad una fraterna ed eroica emulazione combattiva”. I nomi di Edera ed Irma si trovano spesso insieme. Una significativa traccia appare in un documento inglese del PWB (il dipartimento della guerra psicologica) del 13 gennaio 1945, dedicato “Alle condizioni nell’Italia occupata” dove si riferisce delle “Donne patriote” e addirittura dei GDD. Ma di nomi si fanno solo quelli di Edera e di Irma: “A Bologna una studentessa, Mimma, e una giovane lavoratrice Edera furono fucilate per aver preso parte ad attività patriottiche”. Si tratta di documenti ufficiali che settimanalmente davano conto al Ministero degli esteri inglese di quanto avveniva nell’Italia occupata. Termina così: “I patrioti sanno di
poter contare sulle loro donne.” Irma è ricordata come una staffetta Era una staffetta, il ruolo con cui per tradizione e - per comodità sono ricordate le donne partigiane. Giovanna Zangrandi, bolognese, studentessa al Liceo Galvani, partigiana nel Veneto, nel suo romanzo autobiografico “I giorni veri” chiama le staffette “scalcinate soldatesse dei pedali”. Vanno in bicicletta, ma sono delle soldatesse: Giovanna Zangrandi sapeva, per esperienza, che quella era una fatica e un rischio da soldato. Anna Bravo, attraverso i documenti dei GDD, ci fa scoprire come le donne combattenti avessero l’ambizione di darsi un ruolo meglio definito e più esplicitamente professionale. Per questo nei documenti parlavano di sé come agenti di informazioni e di collegamento, porta-ordini, infermiere, segnalatrici, incaricate all’intendenza, cucitrici, cicliste, cuoche, telefoniste, vivandiere, portaferiti o gappiste e sappiste, in base alla brigata di riferimento. Mai solo come staffette. Compagne corriere, vengono chiamate, nell’ottobre 1944, in una “Lettera del Partito comunista alle compagne staffette, lettera in cui si esalta il ruolo e si specificano compiti e comportamenti. “È vero che il tuo contributo non appare, che il tuo lavoro è ignorato, ma proprio per questo è ancora più meritevole”! Le osservazioni di Anna Bravo e la lettura dei documenti dei GDD mi hanno fatto ricordare il fastidio con cui Olga Prati accolse la mia proposta di organizzare la presentazione di un libro di Aldo Cazzullo dedicato ad una staffetta. “Basta con le staffette”, mi disse. Era irritata da questo nome “staffetta” che per le sue orecchie e per la sua storia era riduttivo, convenzionale e stereotipato perché le donne erano state staffette e tanto, tanto altro ancora. Non se ne fece niente !
Anni difficili nei quali la speranza del ritorno alla libertà è stata mantenuta viva nonostante la repressione
L’Università di Bologna dalla fascistizzazione alla Resistenza unitaria
Il simbolo dell’Ateneo
Il ricattatorio obbligo di giurare fedeltà al regime dittatoriale respinto dal prof. Bartolo Nigrisoli e pochi altri. Già nel 1925 un nucleo di insigni docenti dette segno di straordinaria vitalità antifascista. Con le leggi razziali ben 39 docenti e studiosi espulsi dai ruoli accademici dell’Alma Mater. Rinascita e consolidamento dei gruppi politici patriottici e poi creazione di vere e proprie formazioni di lotta armata Le aule, gli istituti, i laboratori dell’Università di Bologna sono stati punti di riferimento, sia nel corso del ventennio della dittatura fascista e con ancor più incisività durante i nefasti mesi dell’occupazione nazista cui erano asserviti i repubblichini, per alimentare la speranza in un mondo migliore, libero e democratico. Giova oggi, nel 70° della fine della spaventosa guerra hitleriana su scala europea, che tanti lutti e sofferenze ha provocato, anche in Italia, ricordare e valorizzare maggiormente il contributo di docenti, studenti, impiegati e tecnici del nostro Ateneo.
Va intanto sottolineato come la fascistizzazione dei centri di cultura, cui il regime dittatoriale ha dedicato da subito e per tutto il suo corso, risorse ingenti e corruzione a tutto spiano, se da un lato ha conseguito indubbi successi, dall’altro ha subito sconfitte brucianti. È, quest’ultima, il caso, della fortissima partecipazione attiva di insigni maestri della Scuola felsinea, di numerosi allievi, di personale degli uffici, alla Resistenza. Sia per moto proprio che con lo stimolo politico dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale Emilia Romagna.
Luciano Bergonzini*
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l mese di luglio 1944, ricordato l’Istituto del Radio dell’operaio comu- Mario Bastia. Nell’Università esistevadai protagonisti della “Operazione nista Rino Pancaldi, in seguito svilup- no numerosi punti di riferimento sorti, Radium”, (anche in “Resistenza”, pata e portata felicemente a termine per lo più per iniziative di docenti n°. 2, giugno 2015 – ndr), è inoltre il dal Partito d’Azione, in particolare da affiancati da studenti impegnati all’imomento di avvio di quell’imnizio nell’azione di propaganportante svolta politica che conda e proselitismo, in seguito sentirà di giungere nell’estate al con funzioni di reclutamento compimento della rappresentanper le formazioni partigiane. za più estesa dei massimi orgaIl principale era quello creani direttivi della Resistenza: il tosi attorno al prof. Armando Comitato di Liberazione e il Businco, direttore dell’Istituto Comando unico militare. In predi Anatomia patologica. Altro cedenza l’accordo riguardava i gruppo esisteva nell’Istituto comunisti, i socialisti ed il Partito di Statistica della Facoltà di d’Azione e fu da questo CLN Economia e Commercio, diretto ancora incompleto che venne l’idal prof. Paolo Fortunati, creaniziativa dell’Operazione, avviata La sede della Biblioteca dell’Università di Bologna, ristruttura- tore ed animatore del “Gruppo dapprima con una missione presso ta e riportata agli antichi splendori > segue a pag. 14
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condanne per aver sostenuto la stessa causa. Nell’ottobre-novembre 1938, con l’apintellettuali Antonio Labriola”. Altro plicazione delle leggi razziali, i provancora, presso l’Istituto di Geografia, vedimenti a carico dei docenti ebrei, ad opera del Partito d’Azione di Mario colpirono 39 insigni studiosi e docenBastia e Massezio Masia in particolare, ti di più Istituti del nostro Ateneo era stata installata ed era operante una ed immediatamente espulsi dai ruoli. stazione rice-trasmittente in collegaNon si può tacere neppure il commento con gli Alleati, che si avvalse mento del Rettore del tempo: “Forse il della collaborazione di giovani docenti, massimo merito, tra i tanti, di Benito tecnici e bibliotecari. Mussolini, quello di avere forgiato una La Resistenza cattolica, per sua parte, si razza, già ricca di caratteri superiori, e avvaleva oltrecché di prestigiosi uomini di averne costituito un istrumento di come Angelo Salizzoni e Angelo Senin, potenza”. anche del sostegno dei Padri domeniVenendo ai venti mesi dell’occani. Tra i liberali le figure cupazione nazista e della di maggior spicco erano l’avv. Resistenza, importanti iniziaAntonio Zoccoli, che diverrà tive si aggiunsero: quelle anipresidente del CLN regionamate, d’intesa con il CLN, dal le e stretto collaboratore di prof. Oscar Scaglietti direttore Giuseppe Dozza, quest’ultimo del Centro ortopedico militapoi sindaco della Liberazione, re “Putti” di San Michele in nonché del comandante miliBosco; quelle portate a comtare Ilio Barontini (Dario), e pimento dai tecnici ed operai l’avv. Tito Carnacini, insigne al fine della protezione dei studioso del nostro Ateneo. macchinari e delle scorte di Va ricordato il precedente imprese industriali minacciate del gruppo formatosi attordi requisizione e le tante inino al prof. Carlo Ludovico ziative tese alla salvaguardia Ragghianti, comprendente intellettuali di ispirazione Torre della Specola di Palazzo Poggi, la sede centrale dell’Università di del patrimonio artistico nonché degli impianti di pubblica socialista ed azionista. Bologna in via Zamboni 33. utilità la cui distruzione era Il compimento dell’unità già stata progettata dai nazisti stessi. ne della dignità accademica e per lo democratica nella forma più estesa aveva anche consentito di organizza- svolgimento dell’attività didattica, solo I costi di queste operazioni furono re con maggiore razionalità le forze pochi ebbero la forza di dire no. Più gravi, enormi: ricordiamo lo stermidisponibili, in continua espansione. volte è stato ricordato che a Bologna nio del gruppo dirigente del Partito L’Università continuava però a restare solo Bartolo Nigrisoli oppose il suo d’Azione con la fucilazione del 23 un settore operativo, molto difficile diniego e fu estromesso. In vero altri settembre 1944, il martirio di Mario e delicato. Assai pesanti erano anco- cinque docenti, incaricati o assistenti, Jacchia; la morte di Mario Bastia e dei suoi compagni nella battaglia dell’Ura in questo campo gli effetti della rifutarono l’imposizione. niversità del 20 ottobre 1944. Ma tanti Il 1931 fu anche l’anno dell’offesa squafascistazione, portata a compimento già nel 1925 da Arpinati e Gentile. La dristica al più grande degli interpreti altri, troppi purtroppo, perdettero la Repubblica sociale non aveva raccolto musicali del secolo: Arturo Toscanini, vita. particolari consensi nell’Università, ma preso a schiaffi dai fascisti, causa il suo Molti docenti e medici svolsero una aveva però stimolato il disimpegno, rifiuto di eseguire l’inno “Giovinezza”, parte attiva nel movimento di libedisseminato la sfiducia in tanti che, mentre si dirigeva al Teatro Comunale razione. Tra questi il dott. Giuseppe pur coinvolti nel regime, non erano per l’esecuzione di un concerto com- Beltrame, direttore del servizio sanitario del CLN e del CUMER. Egli disponibili a seguirne le sorti e tanto memorativo di Martucci. potè avvalersi della collaborazione di Nel 1936, l’avv. Libero Battistelli, meno, in presenza dello stato d’occupazione nazista, dell’inasprirsi della della Scuola bolognese andò volontario numerosi medici ed infermieri in serviolenza. I segnali di una condizione in Spagna a morire per la Repubblica vizio presso ospedali e case di cura e tre studenti della nostra Università della città. Dopo le battaglia del 7 di insofferenza erano palesi. Non si deve dimenticare infatti che furono arrestati e colpiti da pesanti novembre ‘44 di Porta Lame e della proprio nella fase di istituzionalizzazione del fascismo, l’opposizione democratica aveva dato segni di una straordinaria vitalità. Nel maggio 1925, al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile si erano contrapposti, aderendo al contromanifesto del filosofo Benedetto Croce, insigni studiosi del nostro Ateneo. Ma il fascismo avanzava e l’opposizione, per quanto autorevole, restò isolata, mal tollerata, spenta, tanto che nel 1931, quando il regime potè imporre, come ultimo e perentorio atto, il giuramento di fedeltà come condizione per la conservazio-
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Bolognina del 15 successivo, sostenuta dalla 7ª GAP, i centri furono purtroppo segnalati dallo spionaggio ai fascisti e ne seguì un nuovo massacro. Tra gli altri, quello dell’Infermeria partigiana del Ravore, in via Duca d’Aosta (attualmente Andrea Costa) dove, il 9 dicembre 1944, furono catturati e poi fucilati, il 13 successivo, 14 gappisti feriti. Ma l’assistenza ai patrioti, a quanti erano vittime della violenza e della guerra, non subì invece interruzioni negli ospedali cittadini per merito dei medici, infermieri, del personale religioso, delle crocerossine, dei portantini. Sarebbe interminabile l’elenco dei medici e degli studenti universitari caduti o che ebbero parte attiva nella Resistenza. Il 23 luglio 1945, nell’orazione di apertura dell’anno accademico dell’Università di Bologna, restituita alla libertà, il Rettore, prof. Edoardo Volterra, ricordava anche l’attività patriottica di professori e studenti svolta in altre zone del nostro Paese. Aprendo le porte dell’Ateneo così disse Volterra: “La ripresa dell’attività dell’Univer-
Perfetta osmosi tra Esercito e Società civile
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migliori auguri di buon lavoro sono stati espressi al Generale Cesare Alimenti che ha avvicendato il Generale Antonio Li Gobbi – cui è stato espresso un caloroso ringraziamento per l’opera svolta durante il suo mandato – nell’incarico di Comandante militare Esercito Emilia Romagna, nel corso di una cerimonia svoltasi il 2 settembre scorso nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio. All’incontro hanno partecipato il sindaco Virginio Merola, che ha salutato a nome della città i due alti gradi militari, assieme ad altre autorità cittadine e
Un esauriente quadro della fascistizzazione e della Resistenza nell’Ateneo bolognese è stato esposto dal prof. Luciano Bergonzini, docente nell’Istituto di Statistica dell’Università, scrittore e saggista, il 12 dicembre 1988 nel convegno di studi sulla “Operazione Radium” svoltosi nella Sala dell’VIII Centenario dell’Ateneo stesso. Dalle pagine del pregevole lavoro di ricerca attingiamo ampi brani, certi di affidare ai giovani lettori utili elementi di riflessione e di indirizzo di lavoro. Nella foto Luciano Bergonzini all’età di 23 anni nella foto contenuta nel suo tesserino universitario di studente della Facoltà di Economia e Commercio a Bologna nel 1942
sità di Bologna avviene in uno dei momenti più tragici e più grandiosi della nostra storia. Momento tragico in quanto usciamo dalla più immane e spietata guerra che l’umanità abbia mai combattuto... con i nostri morti, mutilati, dispersi, deportati, perseguitati. Momento grandioso, perché oggi regionali. È stata invitata inoltre una rappresentanza dell’ANPI provinciale che in continuità mantiene con le Forze Armate un proficuo rapporto, anche nel Comitato provinciale della Resistenza e della Lotta di Liberazione di Bologna. Nella circostanza è stata sottolineata dagli alti gradi “l’osmosi tra Comando militare e società civile” manifestata
si stanno gettando le basi per realizzare in tutto il mondo quei principi democratici, a cui i più eletti spiriti di quest’ultimo secolo hanno guardato come al supremo ideale dell’umanità, in cui milioni di esseri hanno creduto con tutte le loro forze e per i quali cittadini di tutti i paesi hanno sacrificato la vita o gli hanni migliori. Questi principi non sono più soltanto un’aspirazione utopistica, essi s’impongono ormai come una realtà concreta”.
in diverse circostanze della storia di Bologna. Va poi ricordata a questo proposito la costante presenza del picchetto militare d’onore in armi in manifestazioni celebrative della Resistenza. La presidenza ANPI ricorda che nel labaro dell’associazione è appuntato il medagliere dei decorati al Valor Militare coi rispettivi nominativi. Tra di essi vi è quello di Alberto Li Gobbi, decorato di Medaglia d’Oro per il suo contributo alla Lotta di Liberazione, padre del generale Antonio Li Gobbi.
Nella foto da sinistra: il Generale Cesare Alimenti, il Comandante delle Forze di Difesa Interregionale Nord Italia, Generale Bruno Stano ed il Generale Antonio Li Gobbi.
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Soggetto teatrale su Gustavo Trombetti compagno di cella con Gramsci a Turi Cesare Bianchi
Scorcio del carcere per antifascisti di Turi (Bari)
i ferro e di fuoco: Si tratta di un piccolo volume edito nel giugno scorso da Minerva Edizioni, Bologna. Piccolo, inteso come formato tascabile e comunque capace di accogliere nelle sue circa cento pagine un lungo articolato racconto, supportato da una robusta costruzione narrativa, densa di stimolanti suggestioni letterarie ancorché sociopolitiche. Il tutto nasce in collegamento alla realizzazione di una pièce teatrale, nata da una idea di Ivano Marescotti di portare in teatro, e non solo, la vita di un uomo straordinario, ma scarsamente ricordato nel panorama delle grandi personalità della città. E’ Gustavo Trombetti, nato nel 1905 a Osteria Grande (Castel San Pietro), morto nel 1991, nella clandestinità dirigente della FGCI e successivamente della Federazione comunista di
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Bologna, partigiano con il nome di battaglia “Sergio”. Fondatore nel 1945 della più grande cooperativa italiana di ristorazione, la CAMST della quale per molti anni fu presidente. Una vita intera dedicata al mondo del lavoro. A metà degli anni Trenta nell’emigrazione politica vive a Parigi dove opera presso il Centro estero del PCI. Ritornato a Bologna viene individuato dallo spionaggio fascista ed arrestato dall’OVRA (Organizzazione volontaria repressione antifascismo), deferito e processato dal Tribunale Speciale, condannato a dieci anni di carcere e rinchiuso nel penitenziario di Turi in provincia di Bari. Qui conosce Antonio Gramsci di cui sarà compagno di cella, amico fedele e sostegno nelle sofferenze della prigionia. Grazie ad un espediente ideato da Gramsci e attuato con la collaborazione di Tatiana
Tessera ad honorem a Mario Giovannini
Per i suoi alti meriti, la sezione ANPI Bolognina gli ha consegnato la tessera ad honorem 2015, nel 70° della Liberazione. Figlio di Augusta Guizzardi e fratello di Gorizia, la prima stretta collaboratrice di Ilio Barontini, la seconda ne fu staffetta. Gorizia sposò nel dopoBologna, 1946, Palazzo d’Accursio. Giuseppe Dozza assieme a suoi guerra il partigiano collaboratori: Mario Giovannini (a sinistra) e Mauro Fantazzini (a Cesare Masina, a cui nel 2013 il Comune destra)
Armando Sarti
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ario Giovannini, classe 1924, partigiano, nome di battaglia “Muchacho” durante la Resistenza, è stato segretario del comandante del CUMER (Comando Unico Militare Emilia-Romagna) Ilio Barontini, nome di battaglia “Dario”, e – subito dopo la Liberazione - chiamato dal sindaco di Bologna Giuseppe Dozza a lavorare al suo fianco in Comune col delicato compito di suo segretario.
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Schucht (sorella di sua moglie Giulia) e di Gustavo, i trentadue Quaderni dal carcere sono giunti sino a noi. Gli autori Salvatore Alongi (archivista e ricercatore), Loriano Macchiavelli (scrittore), Mauro Maggiorani (storico), affermano testualmente che non intendono tessere la biografia dell’uomo (altrove e meglio prodotta), ma scrivere un soggetto teatrale costruito attorno ad alcuni tra i momenti cruciali della sua vita. “Di ferro e di fuoco” una storia coinvolgente che dice molto di più di quanto promette il titolo stesso. E’ una storia che ti coglie di sorpresa anche per la sua essenzialità, per la sua piena, misteriosa e tragica lievità, nonché per la forza che fa vivere indelebilmente terribili realtà come la guerra, la fame, il carcere duro.
di Bologna ha dedicato una via nel nuovo comparto dell’ex Mercato Ortofrutticolo, alla Bolognina. Mario ha sposato nel 1947 la figlia di Dozza, Luce, ed a seguito del matrimonio doverosamente lasciò l’incarico di segretario del sindaco, accettando la richiesta di andare a lavorare a Roma per nuovi compiti nella CGIL nazionale. Mario Giovannini ha svolto il suo ruolo di partigiano nella base di via di Corticella 115, alla Bolognina, all’epoca casa cantoniera della Provincia, di cui il padre Giovanni era dipendente. Questo luogo si trova davanti all’Ippodromo Arcoveggio, di fronte all’attuale via Sario Bassanelli, in cui è situata la sede decentrata dell’Istituto Aldini. L’ubicazione del CUMER rimase segretissima durante i venti mesi dell’occupazione nazista e della ferocia dei repubblichini, un luogo protetto e riservato allora ma ignoto a tutti, ed a molti ancora oggi. Nell’orto della base fu celato con le opportune attenzioni l’archivio del CUMER stesso, materiale che fu recuperato all’indomani della Liberazione. Giovannini rimase ferito da una scheggia nel bombardamento aereo del 12 ottobre 1944 e con lui la madre ed il fratello Nino. Bologna quel giorno contò 400 morti ed oltre 1000 feriti. Le Caserme Rosse, distanti poche centinaia di metri, obiettivo di numerose bombe sganciate da 36 fortezze volanti americane, pesantemente colpite cessarono di essere il campo di prigionia e transito verso la deportazione nei lager tedeschi. La funzione iniziale era stata di caserma dell’esercito italiano, poi quella tragica avviata subito dopo l’8 settembre 1943. Riteniamo queste poche righe certo non esaustive del profilo di Mario Giovannini nella Resistenza e nel dopoguerra, peraltro l’ANPI Bolognina ritenendole doverose, ed è fiera di annoverarlo fra i propri iscritti, per i suoi alti ed importanti meriti.
A Castel Guelfo dedicata una targa al partigiano Massimo Villa
Bettola di Castel Guelfo (Bologna). La targa che ricorda il sacrifico di Massimo Villa
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l 13 aprile, in località Bettola presso Castel Guelfo di Bologna, è stata inaugurata una targa in memoria del partigiano Massimo Villa ucciso dai nazisti in fuga dalla nostra terra il 14 aprile 1945, mentre Imola veniva liberata. Alla cerimonia, oltre ai famigliari, hanno partecipato la sindaco Cristina Carpeggiani, l’assessore Anna Venturini e il presidente dell’ANPI di Imola on. Bruno Solaroli. La sindaco ha dichiarato che Castel Guelfo è onorato che nel suo territorio venga ricordato chi ha dato la vita per gli ideali di giustizia, libertà e democrazia; mentre un famigliare, dopo aver ringraziato il Comune e i suoi operatori, l’ANPI e i tecnici della Provincia, ha ricordato la figura del partigiano. Muratore nella fabbrica metalmeccanica di materiale bellico, quindi militarizzata Cogne, attivo nella diffusione della stampa clandestina e nell’organizzazione dello sciopero del 1° Maggio ’44. Fu poi collettore per la raccolta tra la gente di contributi per la famiglia di Maria Zanotti uccisa in piazza ad Imola dai fascisti il 29 aprile ‘44, durante una manifestazione di
donne contro la guerra e per aiutare la distribuzione di generi alimentari alla popolazione al fine di combattere la fame. Con lei venne colpita Livia Venturini, che dopo una dolorosa degenza, in ospedale cessò di vivere il 13 giugno successivo. Riconosciuto partigiano col grado di sottotenente, Massimo Villa fu rastrellato assieme ad altri compagni da nazisti che fuggivano e ucciso per rappresaglia dopo che era riuscito a far mettere in salvo un altro prigioniero. Aveva compiuto 47 anni il giorno prima. Dovevano essere molto alti i suoi ideali e valori se a quell’età, sposato e con sette figli, non aveva esitato a combattere per quello in cui credeva. L’on. Solaroli ha ricordato come sia necessario far vivere gli ideali della Resistenza tra le giovani generazioni e tutte le iniziative dell’ANPI in occasione del 70° della Liberazione con gli studenti delle scuole medie e superiori. A Massimo Villa è dedicata anche una strada nel quartiere Zolino di Imola.
È mancata a Persiceto la partigiana Dina Toselli
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deceduta a metà settembre. Dina Toselli. Partigiana, a 18 anni nel battaglione “ Antonio Marzocchi” della 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”, vennne rastrellata la mattina del 5 dicembre 1944 con altre 250 fra uomini e donne persicetani. Fra questi c’erano il padre Aldo e il fratello Dino, assassinati da lì a poco dai nazifascisti a Sabbiuno di Paderno. Dopo una breve detenzione nel carcere bolognese di San Giovanni in Monte, Dina fu deportata nel campo di concentramento di Bolzano insieme ad altre partigiane persicetane. La liberazione la raggiunse ai primi di maggio del 1945. La sezione ANPI di Persiceto la ricorda con affetto e riconoscenza.
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Cordoglio per la scomparsa di Luigi Crescimbeni, il partigiano “Tre” della 2ª Brigata SAP “Paolo”
“Gigi”, compagno sincero vero amico della gente Protagonista della Resistenza a San Giorgio di Piano la sua testimonianza essenziale ed onesta era assai apprezzata dal mondo della scuola. Pubblico amministratore e figura di primo piano nel volontariato solidale
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artigiano, amministratore pub- incarico che ricoprirà in assoluta gra- gnesi, caduto in combattimento pochi blico, dirigente dell’ANPI pro- tuità per tanti anni. E’ stato eletto giorni prima, il 5 ottobre. segretario provinciale dell’ANPI nel Ha svolto inoltre un compito imporvinciale di Bologna, Luigi Crescimbeni nasce a San Giorgio 1994 ruolo ricoperto per vent’anni e da tante recando testimonianza della di Piano il 23 settembre 1925. Operaio cui si è dimesso per ragioni di salute. Resistenza nelle scuole del territorio nello stabilimento metalmeccani- Non era difficile parlare con lui di assieme a Cesarina Gruppioni, “Lola” co “Barbieri” di Castel Maggiore. Il politica, poiché era sempre attento alle il suo nome di battaglia, che perse 25 luglio 1943 partecipa all’azione di vicende del nostro Paese, con spirito la sorella Jolanda e la madre Luigia apertura dell’ammasso del grano in critico ma sempre in maniera concreta Silvagni per mano tedesca nel podere Dardi alla vigilia della Liberazione. paese con conseguente equa distribu- e costruttiva. zione del cereale a cittadini e contadi- Molto legato ai suoi compagni del Essa cucì lo stendardo del gruppo partigiano nel quale militava ni. Dopo l’8 settembre con Luigi. aderisce alla Resistenza. Crescimbeni è stato molto L’incontro con Araldo impegnato nella salvaTolomelli, responsabiguardia e nell’utilizzo le dei gruppi partigiani del Parco della Memoria della zona favorisce la Casone partigiano di San sua entrata nella Squadra Pietro in Casale, inauguradi Azione Patriottica to il 25 aprile 2006 - dedi(SAP) della 2ª Brigata cato alla memoria del parGaribaldi “Paolo” di San tigiano Alfonsino Saccenti Giorgio e ben presto gli - frutto della collaboraviene affidato il comzione tra undici Comuni pito di organizzatore. Il della zona e l’ANPI. Di suo nome di battaglia è particolare interesse natu“Tre”. ralistico per la ricchezza e Nell’autunno 1944 parla varietà della flora e della tecipò al disarmo del San Giorgio di Piano, 13 maggio 1945. Corteo popolare con alla testa i partigiani fauna, la struttura si trova presidio fascista del terdel Battaglione “Tampellini”, dopo l’inaugurazione della “Casa del Patriota”. In nell’ambito di un’oasi di ritorio ed al recupero evidenza il torresotto, simbolo storico del paese. circa 10 ettari. Si tratta delle armi. Fece parte di un isolotto al centro di del gruppo di sabotaggio che paralizzò con l’esplosivo una offici- Battaglione “Tampellini”, dedicato una zona un tempo paludosa dove ha na meccanica costretta a lavorare per a due fratelli della vicina Argelato: avuto sede il comando della 2ª Brigata Renato, 20 anni, fornaio, militante Garibaldi “Paolo” ed è stato luogo di gli invasori nazisti. Nel dopoguerra è stato amministrato- della 2ª “Paolo”, fucilato dai fascisti il scontro violentissimo il 22 aprile 1945 re locale e vice sindaco del Comune; 9 ottobre 1944 a Funo e Galliano, anni con i tedeschi in ritirata. negli anni ottanta presidente della 18, muratore, 66ª Brigata Garibaldi Nel Casone Luigi ha incontrato numeCasa Protetta “Francesco Ramponi” “Jacchia” operante sulle alture bolo- rose classi di studenti spiegando loro
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gli eventi accaduti nella zona e della storia nazionale durante la Lotta di Liberazione ed i valori che hanno dato vita alla nostra Repubblica. Nel giugno del 2009 grazie al suo impegno venne inaugurato il “Sentiero della Costituzione” nel Parco della Pace in via Fosse Ardeatine a San Giorgio. In esso quattro pannelli contengono i primi dodici articoli della Costituzione repubblicana, i principi fondamentali della convivenza civile. Come lo chiamava lui: “Un vero investimento a difesa dei valori della Democrazia”. Luigi era molto attento ai rapporti con le Istituzioni e con i rappresentanti delle Forze Armate con i quali ha sempre mantenuto feconde relazioni di collaborazione nelle celebrazioni della Resistenza. Fermamente convinto com’era dell’importanza dell’attribuzione del riconoscimento militare alla Lotta di Liberazione. La presidenza e la segreteria nazionale ANPI hanno inviato il seguente messaggio alla famiglia Crescimbeni ed alle ANPI di San Giorgio di Piano e di Bentivoglio: “Con profonda commozione ci uniamo al dolore della Famiglia e della sezione ANPI San Giorgio di Piano per la scomparsa di Luigi Crescimbeni “Tre”, partigiano del Battaglione “Tampellini” della 2ª Brigata Garibaldi “Paolo” e dirigente della nostra Associazione. Ricordiamo l’antifascista e il combattente della lotta di Liberazione, tra gli organizzatori dei giovani clandestini comunisti e delle SAP, il valente amministratore pubblico e l’infaticabile testimone di democrazia. È un momento triste che tuttavia ci esorta ancor di più, in Sua memoria, a proseguire nel quotidiano impegno di coltivare e trasmettere alle nuove generazioni gli ideali di libertà, giustizia e solidarietà sanciti nella nostra Costituzione, nata dalla Resistenza. Le più sentite condoglianze e la nostra affettuosa vicinanza alla moglie Luisa, ai figli Giuseppe e Paolo, e agli iscritti e dirigenti delle sezioni ANPI San Giorgio di Piano e Bentivoglio.”
D’Artagnan, “i ricordi servono se innestati nel presente”
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icordo del partigiano D’Artagnan, Alberto Cotti di Persiceto, scomparso il 24 giugno scorso. “Tutto ciò che oggi è goduto come un diritto naturale, senza un atto d’origine, si sappia che invece ha avuto un inizio e un prezzo. Chi c’era sa quanto sia alto, e vuole dirlo a chi è venuto dopo, o non ricorda”. Così scriveva Alberto Cotti, firmandosi con il suo nome e cognome, nel presentare il volumetto di ricordi pubblicato nel 1994 dal Comune di San Giovanni in Persiceto. Subito dopo l’autore, sdoppiandosi, assumeva di nuovo il suo nome di battaglia, e firmandosi D’Artagnan scriveva: “Caro compagno Armando, in tutte le occasioni che abbiamo avuto di incontrarci, di vederci, di parlarci, dalla fine della lotta partigiana, sempre a noi tutti, combattenti al tuo fianco, hai fatto insistentemente pressione perché ognuno lasciasse uno scritto, un ricordo, una testimonianza della nostra lotta, dei nostri sacrifici, dei nostri lutti per quegli ideali di libertà e di giustizia cui ognuno di noi aspirava”. Inquadrato da piccolo come tutti i suoi coetanei nella divisa da balilla, Alberto Cotti aveva marciato, avanti e indietro, ogni domenica mattina per l’adunata settimanale obbligatoria. I ragazzini crescevano con il fez in testa e i fucilini di latta; da adolescenti, poi, le esercitazioni militari si intensificavano e occupavano anche il sabato pomeriggio. Nello sviluppo della loro personalità i maschi dovevano attraversare una serie di tappe scandite da successivi passaggi gerarchici: avanguardisti, giovani fascisti, premilitari (ma anche le donne erano irreggimentate in formazioni analoghe). La generazione di Cotti (nato nel 1921) era destinata
Alberto Cotti in una foto del periodo partigiano
a grandi imprese, a continuare la politica di aggressione coloniale in Africa, a costruire l’Impero, a marciare alla conquista del mondo… Emigrato a Roma nel 1937 per lavorare come modellista (il padre e un fratello lavoravano già là), fa il servizio militare a Napoli nel 1941, viene mandato ad invadere l’Unione Sovietica col terrificante esito che sappiamo nel 1942, ed è fra i fortunati che non muoiono nella ritirata del 1943. Nel luglio 1943, tornato a Roma, assiste alle manifestazioni per la caduta di Mussolini senza prendervi parte; è scettico, dopo l’esperienza in Russia, ma non ha le idee chiare. L’8 Settembre viene diffusa la notizia dell’armistizio, ma Badoglio, i generali e il re sono già scappati, e l’esercito italiano rimane da solo, con i quadri intermedi, contro i tedeschi. Qui matura la scelta di Alberto Cotti, assistendo e partecipando il 9 settembre alla battaglia di Porta San Paolo in Roma, nella quale reparti dell’esercito italiano e civili ostacolano l’ingresso dei tedeschi, > segue a pag. 20
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Bruno Veronesi di Marzabotto operaio di cartiera partigiano a 18 anni
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i ha lasciati Bruno Veronesi, presidente onorario dell’ANPI di Marzabotto, aveva 89 anni. Operaio della locale cartiera fu tra gli organizzatori dello sciopero politicosindacale dell’1 marzo 1944 in tutto il bolognese. Partigiano nella Brigata “Stella Rossa”, nome di battaglia “Boby”, dopo il feroce rastrellamento nazista del maggio successivo raggiunse la zona di Castelnuovo presso Bisano (Monterenzio) dove si aggregò alla 62ª
Brigata Garibaldi “Camicie Rosse”, di cui poi divenne vice commissario politico. Successivamente, in autunno, varcata la linea del fronte si arruolò al Gruppo di combattimento “Cremona” dell’Esercito italiano schierato sul fronte del Senio nella pianura ravennate. La sua figura è stata onorata nell’estremo saluto pronunciato dal sindaco Franco Franchi. A nome dell’Amministrazione comunale e mio personale, vorrei, innanzitutto,
D’Artagnan
ta di “Armando” che si era lì accampata. Attaccati varie volte riuscirono sempre a sganciarsi ed ai primi di ottobre raggiunsero Castelluccio (Lizzano in Belvedere) dove si aggiunsero altri partigiani assieme ai quali liberarono i paesi della zona e, successivamente. si affiancarono agli Alleati. D’Artagnan partigiano e Alberto Cotti, artigiano modellista, amministratore della Partecipanza Agraria, maestro di
rivolgere a Massimo, a Cinzia, ad Alessandro ed a tutti i familiari, i più affettuosi sentimenti di solidarietà e di vicinanza per l’improvvisa scomparsa del
scherma, consigliere comunale, sapevano bene che i ricordi non servono a niente se non si innestano nel presente. Cotti-D’Artagnan interpretava il suo ruolo di presidente dell’Anpi persicetana non come quello di uno che andava a piantare le bandierine ad ogni anniversario, per tuffarsi nel passato già passato, ma come quello di un cittadino curioso e attento alle trasformazioni sociali. Cercava sempre di stimolare una riflessione, sia quando aveva a che fare con un pubblico adulto, sia quando interveniva di fronte a giovani e studenti per raccontare con semplicità episodi della sua vita. In questa capacità di aver sempre presenti, anche da anziano, quegli obiettivi di libertà e giustizia per cui aveva combattuto, era sempre rimasto D’Artagnan, il partigiano. Caro compagno anche noi che ti abbiamo conosciuto ti ricordiamo pensando al presente, a quei valori e quegli ideali, quei diritti e quei servizi che tu hai sempre difeso, con coerenza, contro ogni degrado. Sezione ANPI Persiceto Partigiani di San Giovanni in Persiceto operanti
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riuscendo a resistere a lungo, finché non rimasero senza munizioni. Nei giorni successivi Alberto torna a Persiceto e contatta i primi gruppi clandestini che stanno mettendo in piedi l’organizzazione della Resistenza. Nasce il partigiano D’Artagnan, dal nome del celebre moschettiere inventato dallo scrittore francese Alexandre Dumas (padre). Diventa l’identità di Cotti, fino alla Liberazione, quando le due personalità, finalmente, possono per la prima volta convivere nello stesso cittadino, non più “regnicolo”, non più soggetto passivo di ordini calati dall’alto, ma uomo libero, dotato di diritti e di responsabilità. A fine luglio ’44 decise di raggiungere Montefiorino con l’intenzione di entrare a far parte della Divisione Modena Montagna comandata da Mario Ricci “Armando”. In realtà la “zona libera” era stata già attaccata dai tedeschi e lui i primi di agosto a nella Divisione Modena-Montagna “Armando” Rocchetta (Modena) si unì alla briga- (Archivio Biblioteca Persiceto)
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carissimo Bruno. Espressioni di cordoglio che estendo ai compagni dell’ANPI di Marzabotto di cui Bruno era presidente onorario Quando nell’Aprile di quattro anni fa presentammo in sala consiliare il suo libro, “Una vita partigiana” - anche allora era presente l’Accademia Corale Reno di canto popolare, alla quale era molto legato - tratteggiammo Bruno come un protagonista di quella generazione che, da una condizione di miseria e di privazioni, non solo ha combattuto per liberare il nostro paese dai nazifascisti, non solo ha ricostruito un paese completamente distrutto dalla guerra, ma ha creato le premesse per realizzare valori universali come la libertà e la democrazia. Giovanissimo, da subito, contribuisce alla sussistenza della propria famiglia di idee socialiste, poi, in qualità di lavoratore dell’officina Morara di Marzabotto, insieme ad altri compagni, inizia la militanza nelle file del Partito Comunista, fino a decidere di raggiungere i partigiani, prima la Brigata Stella Rossa, poi la 62ª Brigata Garibaldi, più vicina alle sue convinzioni politiche. Durante la lotta partigiana, Bruno scrive che “la diversità non costituiva un presupposto per l’inimicizia o la discriminazione, ma una qualità da cui poter trarre risorsa“. Quanto sarebbe utile al giorno d’oggi se le diversità sociali, culturali, somatiche, politiche, non fossero viste come qualcosa da cui difendersi, bensì come una risorsa preziosa per il miglioramento del bene comune? Bruno ci ha aiutato a capire quanto fosse intimo il legame tra l’insorgenza partigiana e le famiglie dei civili che la sostenevano attivamente. Ciò conferma che lo sterminio avvenuto a Monte Sole tra il 29 settembre ed il 5 ottobre 1944 è la conseguenza di quell’ideologia che ha sconvolto il mondo intero è che l’obiettivo era proprio quello di spezzare il sostegno delle comunità civili ai partigiani. Se il nostro paese, oggi, nonostante tutto, riesce a mantenere saldi i principi di unità e coesione e non viene travolto dall’indifferenza, dalla frantumazione sociale e dai tanti egoismi, lo dobbiamo a chi, prima di noi ci ha insegnato che
esistono certo i diritti, ma anche i doveri, che ci sono si le necessità individuali, ma che è altrettanto importante sapere di fare parte di una collettività, che esiste un interesse generale che dovrebbe sempre prevalere. E questo, lui, lo ha fatto con coerenza, responsabilità e con continuità, come volontario per la realizzazione di opere importanti, come ad esempio la partecipazione alla costruzione del Centro sportivo di Lama di Reno o la presenza attiva alla feste locali, alle tante iniziative politiche, sindacali, culturali del nostro territorio. Questa non è un’azione superata, rivolta al passato, anzi, se guardiamo a quello che accade tutti i giorni, di fronte a tragedie immani, causate in gran parte dalle tante guerre di oggi che provocano un esodo epocale, operare per la cultura e per l’educazione alla pace è attualissimo per fare crescere il germe dell’accoglienza e dell’inclusione, contro la paura di chi viene da lontano, da chi appartiene ad un’altra razza. Tutti i giorni assistiamo ad eventi nega-
tivi, come la corruzione e l’illegalità che favoriscono il disimpegno e la sfiducia nelle persone. Per sconfiggere questa china pericolosa dobbiamo davvero continuare, con le innovazioni che il tempo richiede, sul cammino tracciato da questi uomini, perché vogliamo guardare al futuro con speranza e generosità. Penso che questo sia il modo migliore per ricordare Bruno, cioè continuare sulla strada tracciata per l’emancipazione, l’equità, l’antifascismo, la solidarietà, per rendere il nostro paese sempre più unito e più giusto.
Ci ha lasciati Rino Coriambri
Nello stesso periodo è scomparso il partigiano Rino Coriambi, operaio, nome di battaglia “Bax”, Medaglia d’Argento al Valor Militare, uno dei “ragazzi” di Lama di Reno che ha condiviso la stessa esperienza di lotta di Bruno Veronesi.
L’eredità di “Tarzan” nel ricordo dei nipoti
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nipoti Greta e Simone Aristidi annunciano che il 5 agosto scorso è venuto a mancare il loro unico nonno Amleto. Era nato il 19 maggio 1923. In situazioni come queste si ha sempre la sensazione che le parole siano vuote e che non possano esprimere appieno la persona che siamo qui a ricordare, con il nostro amore e la nostra forza. Parliamo di un uomo con grandi valori di libertà, giustizia e solidarietà. Quando nel 1943-45 ha partecipato alla Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale come partigiano, col nome di battaglia “Tarzan” e in seguito il 25 Aprile 1984 ha ricevuto il Diploma
d’Onore di “Combattente per la Libertà d'Italia” dal Presidente della Repubblica Pertini e l'allora ministro della Difesa Spadolini. Pochi anni dopo il 29 febbraio 1988 gli e è stato conferito -per il ruolo di comandante di Compagnia svolto durante la Lotta armata - a titolo onorifico il grado di sottotenente (ai sensi della legge 8 agosto 1980 n.434, con Decreto Ministeriale) dal successivo ministro della Difesa Valerio Zanone. Parliamo di un uomo che ha creduto nella famiglia, oltre che all’onorevole passato in guerra, ha sempre > segue a pag. 22
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Una delle tre studentesse di Sibenik deportate a Bologna, evasa con Vinka Kitarovic ed entrata nella 4ª Brigata partigiana
Marija Separovic, croata staffetta . . .“sordomuta” Con tale sotterfugio ella riuscì a svolgere il rischioso compito nell’area di Castenaso, evitando in tal modo di far conoscere l’origine. Ad essa il ringraziamento del comune.
N
ella Resistenza italiana molti sono stati gli apporti di stranieri, (soldati alleati evasi dalla prigionia, deportati da altri paesi), dei quali in questo 70° è doveroso un particolare ricordo. Innanzitutto un breve cenno storico, tratteggiando di una giovane staffetta croata. In Jugoslavia il 27 marzo 1941 (Europa già squassata dalla guerra scatenata dalla Germania nazista nel 1939, cui Mussolini si accodò trascinando l’anno seguente il nostro Paese nel disastro) un colpo di stato militare abbatté il governo filofascista di Belgrado. Hitler inviperito perché dopo aver lui piegato con la potente macchina bellica il vecchio continente si trovava ad essere disturbato nella preparazione della “Operazione Barbarossa”, ovvero l’aggressione all’ Unione Sovietica, decise seduta stante di invadere il
L’eredità di “Tarzan” > segue da pag. 21
lavorato duramente presso il Comune di Bologna ricevendo anche il meritato Diploma di Benemerenza con Medaglia di Bronzo dal sindaco Renato Zangheri, per l’assidua opera svolta durante lunghi anni al servizio della cittadinanza fino al 1 gennaio 1973. Ha garantito sicurezza alla moglie e al figlio, che al suo fianco poterono crescere con la certezza di un capo famiglia sempre presente e amorevole, le cui semplici regole di vita e valori morali hanno dato le linee guida ai
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Marija Separovic all’età di 19 anni in una foto dopo la fine della guerra
regno affacciato sull’Adriatico, il che avvenne pochi giorni dopo, il 6 aprile. Chiamando all’iniziativa il complice
suoi figli e ai figli dei figli, trasmettendo e preservando i valori fondamentali, veri e puri. Parliamo di un uomo, che era un Super Nonno, un Super Tarzan, che a modo suo ci ha sempre dimostrato un amore unico e vero. Potremmo citarvi decine di aneddoti ma forse lui avrebbe preferito raccontarveli a voce, con i suoi continui “et capè” (hai capito?). Grazie nonno per tutto ciò che hai fatto, per ciò che ci hai insegnato, Grazie per quel che eri, grazie per aver mostrato a noi il tuo grande cuore pronto ad aiutare sempre i tuoi cari, grazie per aver mostrato a noi quella
italiano, dettandogli – lo riferiscono i documenti segreti - compiti e modalità. Il duce italiano mandò esercito e camicie nere, ma non solo: nel territorio occupato di Croazia, Montenegro (patria d’origine di Elena, moglie del re Vittorio Emanuele III) e una quota della Slovenia, proclamò anche una specie di monarca, l’italiano Aimone di Savoia-Aosta. Operazioni tutt’altro che facili, poiché al dissolvimento delle forze armate jugoslave fece seguito un combattivo movimento partigiano che, malgrado le atrocità commesse dall’invasore, i mortali campi di concentramento, fu vittorioso. Sulla popolazione fu imposta – con la collaborazione dei criminali ustascia di Ante Pavelic - una violenta, ancorché grottesca, “italianizzazione”: nella scuola col divieto di studiare e parlare nella lingua d’origine, negli atti amministrativi, nella toponomastica, negli stampati, nelle conversazioni in pubblico, nella pubblicità, nelle attività sportive. Con il dissolvimento delle Forze Armate italiane conseguenti l’armistizio, interi reparti di militari italiani e loro ufficiali entrarono a far parte della Resistenza jugoslava. Una particolare ed efficace forma di Resistenza nacque nelle scuole (ne ha scritto su questa rivista Vinka Kitarovic), che la polizia fascista ha tentato, invano peraltro, di stroncare,
parte del tuo carattere più burbera che ti rendeva unico e speciale, grazie! Ti vedremo sempre, negli occhi di papà, in qualche suo atteggiamento, nelle foto, nelle innumerevoli canzoni che solo tu ci hai insegnato e preserveremo come tesoro, ti vedremo sempre fra le mura di questa casa e nella tua amata vigna, ti vedremo sempre nell’amore infinito della nonna, dopo quasi 63 anni di matrimonio assieme, in lei ci sarai sempre anche tu, ti vedremo sempre nel nostro cuore, nei nostri ricordi perché “Non esiste separazione definitiva fino a quando c’è il ricordo”.
nell’abitazione di anche con l’arma Ottavio Baffè, poi della deportazione. in quella dei fratelli Accadde a Sibenik Giacomino, Gianni (Sebenico), litora- • Elisabeth Fraller € 10 e Vincenzo Masi. le croato. In città e • ANPI Barca € 100 di contributo al giornale Trascorso il necessanegli istituti scolasti- • ANPI di Persiceto ricorda i partigiani Alberto Cotti “D’Artagnan” e Dina Toselli € 50 rio periodo, diciamo ci circolavano incescosì, di acclimatasantemente volantini • Il nipote Nino in memoria di Massimo Villa: € 20 incitanti all’opposi- • La moglie ed i familiari di Amleto Aristidi sottoscrivono in sua memoria € 60 mento, esse furono destinate a comzione agli invaso- • La famiglia di Bruno Veronesi a ricordo di “Boby” versa € 50. piti di staffette in ri ed alla libertà. Attraverso la rete dello spionaggio Informata del motivo del loro forza- posti diversi. Marija a Villanova di vennero individuati studenti ginnasiali to soggiorno, la bolognese ne dette Castenaso dove era stata costituita la appartenenti alla SKOJ, l’Unione della comunicazione al gruppo antifascista 4ª Brigata Garibaldi. Non conoscendella zona: Giorgio Scarabelli, Linceo do alla lettera la lingua italiana, né Gioventù Comunista. Nell’autunno 1942, la terza settimana Graziosi, Bruno Tubertini, i quali tanto meno parlarla, la giovane croata di ottobre, caddero nella rete repres- prospettarono l’idea della fuga appena dovette fingersi sordomuta, nei casi in siva le amiche studentesse Marija se ne fossero maturato le condizioni. La cui, durante i suoi movimenti relativi Separovic, Vinka Kitarovic, sedicen- speranza delle giovani croate di poter ai compiti affidatagli, fosse da chiunni, e la coetanea di anni 17, Visnija tornare a casa sorsero il 25 luglio 1943 que interpellata per qualsiasi motivo. Gavela. Quindici giorni di carcere con la caduta della dittatura fascista, Vinka in città, inserita nei selezionatisnell’ambito di “stringenti” interroga- purtroppo sfumata nuovamente l’8 simi ranghi della 7ª Brigata Garibaldi tori e, visto infruttuoso il risultato, settembre successivo con l’Armistizio GAP, ed in seguito per motivi di deportazione in Italia. In quel viaggio Italia Alleati, ma ancora una volta sicurezza trasferita a Modena nella 65ª via mare che approdò a Trieste furono invano. Anzi le cose peggiorarono poi- Brigata “Walter Tabacchi”, successiundici le ragazze ed i ragazzi strappati ché anche qui i nazisti si impadroniro- vamente nella stessa città con funalle rispettive famiglie: quattro desti- no del Paese. La fortuna arrise invece a zioni di staffetta di collegamento del nati in provincia di Milano, quattro Visnija, la cui facoltosa famiglia aveva CUMER, Comando Unico Militare in quella di Roma, le tre citate prima brigato a Sibenik riuscendo ad ottener- Emilia Romagna. Con la Liberazione è rientrata in famiglia, è tornata in a Bologna. Queste ultime destinate ne il ritorno. Le due ragazze riuscirono a guadaseguito a Bologna dove si è sposata ed all’istituto privato “per la rieducazione delle fanciulle traviate”. Era in una gnare la libertà poco meno di un ha avuto una figlia, Jadranka, ed ha villa, all’epoca di aperta campagna mese dopo, il 5 ottobre, durante un lavorato nella Cooperativa Fornaciai. ubicata in via della Viola, zona di bombardamento aereo sui non distanti Nel gruppo dirigente dell’ANPI proSanta Viola. Era gestito dal titolare apparati ferroviari. La famiglia Piazzi, vinciale, essa ha dedicato molti anni Angelo Piazzi, a sua volta padre di le “ fanciulle traviate” e il personale di della sua vita a rendere testimonianza una femmina e di un maschio ( “un servizio corsero all’aperto ad acquat- nelle scuole del costo della democrazia po’ freddini i fratelli” racconta Vinka; tarsi nei fossati. Ad un segno discreto conquistata. il capofamiglia “con noi comprensivo” della donna divenuta amica, Marija e A Marija Separovic il Comune di a parere di Marija). Con la necessaria Vinka pian piano si allontanarono, e Castenaso ha espresso il caloroso rincautela, prese contatti con le croate una con la loro accompagnatrice raggiun- graziamento “per il contributo dato inserviente, visto che non apparteneva- sero una base della nascente Resistenza alla Liberazione del Paese”. Finita la no alla casistica delle ospiti dell’istitu- bolognese, una casa colonica a Ponte guerra è tornata in Patria. to, cioè prostitute, ladruncole, deboli Ronca di Zola Predosa. E in seguito il trasferimento a Bologna, prima di mente e quant’altro.
Sottoscrizioni per “Resistenza”
RESISTENZA Organo dell’A.N.P.I. Provinciale di Bologna Via San Felice 25 40122 Bologna Tel. 051.231736 - Fax 051.235615
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Corre veloce la bici corre il sorriso corre lo sguardo corre la vita La sua fronte limpida Corre veloce nella pianura emiliana lo sguardo fiero sul viso magro la bicicletta di Mimma. tramutano la baldanza degli aguzCorre il sorriso zini corre lo sguardo in livore e astio maligno. corre la vita. Ripetutamente fustigata, non parla. Pedala Mimma con l’antico furore Il corpo vibra, sussulta, si contorce, che fu di Artemide, di Atena. ma Mimma non parla. Percorre audace la strada Loro che avevano fatto parlare uomini trasporta armi, documenti, nomi. Collega gli aiuti, gli ordini, le infor- robusti come tori cocciuti come muli mazioni. non possono nulla contro questa donna Nella luce dell’occaso esile brillano i suoi occhi apparentemente gracile. come il fuoco titanico di Prometeo, quale sfida alla ferocia nazifascista. Mimma non parla, li guarda con muto disprezzo. La catturano così il sette agosto Sette giorni e sette notti di tormenti, millenovecentoquarantaquattro di unghie strappate, di carne fustigata mentre torna a casa ma Mimma non parla. da una missione Mimma si limita a fissarli con il coraggio nel cuore e i piani cifrati nella borsa. Un branco di squadristi la circonda le intima di parlare di rivelare i nomi dei compagni partigiani ma Mimma non parla! Con l’orizzonte emiliano tinto di nero s’arresta il sorriso di Mimma s’arresta la vita. La interrogano. Ma Mimma non risponde. Lia Marchesini, nipote di Irma Bandiera, Con sonoro silenzio assieme ad Antonio Grimaldi presso non rivela nulla, l’ANPI provinciale di Bologna il 10 settembre scorso non parla.
con quei suoi grandi occhi ancora pieni di forza. I carnefici mal sopportano la fierezza indomita del suo sguardo la purezza adamantina del suo martirio. Così stizziti l’accecano. È il quattordici agosto millenovecentoquarantaquattro quando la scaraventano sul marciapiede della sua casa al Meloncello. Dacci un nome e ti salverai! Ma Mimma non parla. Davanti a loro ancora silenzio, un silenzio eroico, divino, impavido di chi non ha paura. La finiscono con una raffica di mitra. Muore Mimma. Il silenzio trafigge l’aria tiepida del mattino bolognese. L’ammazzano la Mimma, lasciano il suo corpo per terra. E così facendo consegnano alla Storia il nome della loro più sonante sconfitta: Irma Bandiera staffetta partigiana della 7a G.A.P. Medaglia d’oro al valor militare. Antonio Luigi Grimaldi
Giovedì 10 settembre scorso si è tenuto nella sede all’ANPI provinciale di Bologna un incontro per ricordare Irma Bandiera, partigiana, Medaglia d’0ro al Valor Miliatre alla Memoria. L’occasione è nata dalla poesia scritta dal pugliese dott. Antonio Grimaldi, pneumologo e poeta pugliese, che venendo a conoscere la storia di “Mimma” si è ispirato a lei scrivendo un testo poetico in suo ricordo. Il segretario dell’ANPI Gildo Bugni lo ha accolto assieme ai suoi familiari per ricevere in consegna la stampa della poesia dalle mani stesse dell’autore stesso giunto appositamente a Bologna dalla sua città San Severo di Foggia. All’iniziativa ha partecipato Lia Marchesini nipote di Irma Bandiera.
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