TB Magazine Agosto 2009

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Sommario pagina 10 Saremo mai una vera Città Turistica? Ne parliamo con Teo Titi, neo assessore al Turismo della giunta Mennitti, che anticipa al nostro magazine tutte le idee che intende proporre ai suoi colleghi dell’esecutivo. 7

EDITORIALE

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BRINDISINI DEL MESE

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Non restate a guardare!

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BUONE NOTIZIE

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Storie di mare, storie d’amore.

Francesco Ragione, Giuseppe Giurgola, Keys of Dream...

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LE DITA NEL NASO

Di Dario Bresolin. “Quando il Pubblico non funziona, offende i cittadini”.

IMPRESE

Puntoitinformatica

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ALTRE STORIE

In Abruzzo con gli uomini del San Marco

CULTURA

Nell’Archivio Storico, custode delle memorie e delle storie cittadine

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VAMPIRI DI MATTINA

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BRINDISINI STRAORDINARI

CULTURA

L’Ercole Brindisino è tornato. A Napoli.

Il Maestro Cosimo Prontera

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SPAM 0831

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Turista per casa

LIBRI

Tacco e Tabacco di Rosario Tornesello. Come eravamo messi male

Di Stefano La Monica.

La satira di TB. di Mario Lioce.

QUESTO MESE SUL SITO DI TB www.tbmagazine.it SEZIONE VIDEO Genitori e Figli: da comportamenti stupidi non c’è che attendersi comportamenti altrettanto stupidi. SONDAGGI 1) CALCIO: Il Brindisi dei Barretta è da C1? 2) BASKET: L’Enel di Ferrarese è da A1? BRINDISINI STRAORDINARI Segnalateci i nomi di quanti secondo voi sono brindisini straordinari: daremo loro spazio sui prossimi numeri del magazine

QUESTO MESE A PIÈ DI PAGINA SUL MAGAZINE My Way, Frank Sinatra

(su www.tbmagazine.it la versione di Robbie Williams) 4 TB AGOSTO 2009

AND NOW, THE END IS NEAR (E ORA LA FINE È VICINA)


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AND SO I FACE THE FINAL CURTAIN (E QUINDI AFFRONTO L’ULTIMO SIPARIO)


EDITORIALE

TuttoBrindisi Numero 11 - Agosto 2009 Autorizzazione Tribunale di Brindisi: n. 4 del 13/10/1995 Distribuzione gratuita nei principali luoghi di lavoro e di ritrovo dall’1 di ogni mese Direttore Responsabile: FABIO MOLLICA Grafica: SALVATORE ANTONACI Webmaster: ANTONIO TEDESCO Stampa: Tipografia MARTANO Lecce Redazione/Pubblicità Prolungamento Viale Arno, sn 72100 Brindisi Tel/Fax 0831 550246 info@fabiomollica.com posta@tbmagazine.it Hanno scritto su questo numero: Dario Bresolin Iole La Rosa Francesca Alparone Mario Lioce Guido Giampietro Emilio Graziuso Stefano La Monica Tiziana Piliego

Su Facebook Cercateci anche su Facebook. Sono presenti: FABIO MOLLICA DARIO BRESOLIN MARIO LIOCE IOLE LA ROSA GRUPPO AMICI DI TB GRUPPO FAN DI DARIO BRESOLIN FRANCESCA ALPARONE

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Non restate a guardare Se i bimbi brindisini tifano contro Brindisi di Fabio Mollica

Un episodio disgustoso, che ha visto protagonisti ragazzini di minibasket, genitori e dirigenti, può servire per tornare a parlare di cambiamento e valori. «Complimentissimi per l’editoriale del mese scorso. Ho riletto con esattezza perfetta ciò che penso. Avrei scritto pari pari le stesse cose. È una bella sensazione. E non solo per questo penso che la tua voce sia un valore. Grazie». Roberto Romeo

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on è per vanità che pubblico il bellissimo sms inviatomi nei giorni scorsi da Roberto, amico che stimo e persona in gamba. Lo pubblico perché mi dà l’occasione di tornare sul tema che poi dà il titolo a questa rubrica. Ecco, se tutti quelli che si rinoscono in ciò che ogni mese diciamo e scriviamo, se tutti coloro i quali ci fanno i complimenti per le proposte o per le critiche che facciamo, ritrovassero la voglia, il coraggio o soltanto il tempo per dire ad alta voce quanto pensano, e magari per scriverlo e firmarlo, questa città sarebbe sicuramente migliore. Ecco perché invito Roberto e tutti gli altri lettori di TB, ad essere parte integrante di questo giornale e di questa città. Il tempo delle critiche e dei mugugni è finito. Oggi è il tempo dei pensieri gridati ad alta voce, delle proposte e dei progetti. Ed anche se parole e progetti dovessero restare

MY FRIEND, I’LL SAY IT CLEAR (AMICO MIO, LO DIRÒ CHIARAMENTE)

sulla carta, noi comunque la nostra parte l’avremmo fatta. Caro Roberto, nel ringraziarti per il bel complimento, ti rispondo che una voce da sola potrà pure essere un valore, ma un valore scarso. Se invece le voci aumentassero, allora sì che avremmo creato Valore per la nostra città. E sia ben chiaro, non sto pensando solo alla politica. Perché qui è la città intera che ha bisogno di una svolta più profonda. E vi racconto un episodio che mi ha fatto incazzare tantissimo.

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ualche settimana fa, due squadre brindisine di minibasket hanno partecipato ad un torneo internazionale di basket a Matera. Una società si è classificata forse decima o dodicesima. Comunque un bel piazzamento, visto che le squadre partecipanti erano 64. L’altra società brindisina è arrivata in semifinale, ha perso, ed ha disputato la finale per il terzo posto. Mi sarei aspettato che gli altri bambini brindisini (di 9-10 anni), quelli dell’altra società, tifassero per i loro concittadini. Invece hanno tifato per gli avversari (andandosi addirittura a sedere tra i genitori dei bambini della squadra avversaria). E sapete perché è

successo tutto questo? Perché tra le due società, o meglio, tra i dirigenti delle due società brindisine, non corre buon sangue. Può bastare questo a convincere dei bambini a tifare per la squadra di un’altra città? Cosa stanno insegnando i genitori e i dirigenti di queste società ai loro figli e giocatori? Non faccio i nomi delle due squadre, perché ci sono dei bambini di mezzo e perché lo stesso atteggiamento forse sarebbe stato assunto da molte altre società. Dico, da genitore, da sportivo e da brindisino, che quell’episodio è stato disgustoso. E aggiungo che da comportamenti stupidi di genitori, allenatori o dirigenti, degli adulti in genere, non ci possiamo che attendere comportamenti altrettanto stupidi dei nostri figli. E se anche questi ultimi cresceranno con la mente bacata di chi ha gestito questa città negli ultimi 50 anni, allora per un cambiamento vero dovremmo aspettare ancora qualche generazione. A proposito del rapporto figli-genitori, vi consiglio di guardare sul nostro sito (www.tbmagazine.it) un filmato di pochi minuti trovato su Facebook. Spero che lo guardino tutti i genitori. E tutti i dirigenti delle società brindisine. Nessuna esclusa.

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PERSONE

Brindisini del Mese GIUSEPPE GIURGOLA

CANTINE E VINI DA PREMIO Pronto il Pif

Cinque aziende della provincia premiate al concorso enologico internazionale “Selezione del Sindaco”

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ncora una volta le cantine aderenti alla Confcooperative della provincia di Brindisi hanno ottenuto un grande successo in un appuntamento internazionale. Il riferimento è all’ottava edizione del concorso enologico internazionale “Selezione del Sindaco”, dove il territorio brindisino ha conquistato quattro medaglie d’oro e quindici d’argento. Una commissione di esperti ha sottoposto a valutazione organolettica oltre mille campioni di vino pervenuti dai comuni d’Italia che aderiscono all’Associazione nazionale “Città del vino”. La particolarità di questo concorso enologico è che oltre al vino viene assegnato un riconoscimento anche al Sindaco del Comune in cui è stato prodotto. La cerimonia di premiazione si è svolta nei giorni scorsi in Campidoglio ed ha visto la Nomine&Poltrone

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KEYS OF DREAM

Francesco Ragione, presidente del Circolo Ippico Mitrano

l Circolo Ippico Mitrano di Brindisi ha rinnovato le cariche sociali. Alla presidenza è stato riconfermato Francesco Ragione, vice presidente è stato eletto Teo Titi. Sono stati poi nominati segretario-tesoriere Patrizia Carruezzo e consiglieri Bernardo Scarano e Valentina Valentini. Ragione, nel ringraziare i soci per la fiducia che da ben 25 anni gli accordano, ha voluto

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presenza dei responsabili delle cantine e degli amministratori dei comuni interessati. I riconoscimenti sono stati attribuiti a Risveglio Agricolo ed alla Cooperativa San Paolo di Brindisi, alla Cantina sociale di Sandonaci, alle Cantine Due Palme di Cellino San Marco, alla Cantina sociale sanpietrana, a Terre di Puglia-Libera Terre di San Pietro Vernotico ed alla Cantina produttori agricoli di San Pancrazio Salentino. «Questa iniziativa - afferma il presidente provinciale di Confcooperative Marco Pagano (presidente della Cantina sociale di San Donaci) - conferma la scelta vincente di un binomio importante come quello tra ‘vino’ e ‘territorio’. Si tratta di un presupposto importante per contribuire alla crescita delle nostre città».

Il porto di Brindisi ha finalmente il Posto di ispezione frontaliera, realizzato dall’Autorità portuale nel seno di Levante. Nella moderna struttura troveranno ospitalità anche le unità cinofile della Guardia di Finanza, la Sanità marittima ed altri uffici portuali. In passato il porto di Brindisi disponeva di un posto di ispezione frontaliera, ma lo stesso fu chiuso in quanto non più idoneo rispetto alle normative vigenti. Adesso lo scalo potrà tornare ad ospitare traffici mercantili collegati alla movimentazione di animali vivi, di carni macellate e di pellame. “Non è stato semplice superare tante difficoltà - afferma il presidente Giurgola - ma alla fine, anche grazie al deciso intervento del prefetto Domenico Cuttaia, abbiamo raggiunto l’obiettivo. La struttura sarà presidiata, all’occorrenza, da due veterinari dalle ore 6.00 alle ore 24.00, in maniera tale da dare piena funzionalità al Pif. Adesso possiamo dar corso alle trattative con operatori marittimi italiani e stranieri per avviare nuovi traffici che richiedono la presenza del Pif. Abbiamo richieste dalla Turchia, dall’Egitto e da paesi del Nord Africa”.

innanzitutto dare il benvenuto a Teo Titi, figura rappresentativa dell’equitazione brindisina e del Circolo Ippico Mitrano. Titi, infatti, è un cavaliere esperto, già campione regionale di salto ostacoli. Il presidente si è poi soffermato sulla vita del Circolo, che prospera grazie alla linfa vitale di nuovi progetti, all’entusiasmo che si rinnova e si arricchisce ogni giorno, grazie all’energia inesauribile

dei giovani. «In cantiere - dice Ragione - c’è un programma di riqualificazione e di ampliamento delle attività sportive equestri dell’associazione, delle sue strutture e dei suoi mezzi, affinché il Circolo Ippico Mitrano possa continuare ad offrire un’equitazione di qualità, e a trasmettere gli antichi valori della “cavalleria” con lo stile che lo ha contraddistinto nell’ultimo quarto di secolo.

Numeri Uno

Si sono aggiudicati il concorso musicale “Degni di Nota”, dedicato alle band emergenti del territorio brindisino, svoltosi al Gruit, e organizzato dallo staff di Muovidee, con le partnership di Piazzavittoria.net e Confesercenti Brindisi, e col patrocinio del Comune. Per conoscere le band finaliste, e ascoltare i lori brani: www.muovidee.it/music. foto Daniela Errico

I’LL STATE MY CASE, OF WHICH I’M CERTAIN (TI DICO QUAL È LA MIA SITUAZIONE, DELLA QUALE SONO CERTO)


I’VE LIVED A LIFE THAT’S FULL (HO VISSUTO UNA VITA PIENA)

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COVER STORY

SAREMO MAI UNA CITTÁ TURISTICA? Parla Teo Titi, il “tecnico” che Mennitti ha fortemente voluto per il nuovo assessorato al Turismo. «Farò scelte impopolari, ma in questo settore serve una rivoluzione».

di Fabio Mollica

È

la novità più importante (e inattesa) del Mennitti 2: Teo Titi, terza generazione di una delle famiglie storiche dell’imprenditoria portuale brindisina, è stato chiamato dal sindaco ad occuparsi di Turismo. Un assessorato scorporato dalle Attività produttive, a significare che la nuova amministrazione punta molto sul settore. Nella speranza che sia vero, perché di Turismo hanno finora solo parlato, e spesso a vanvera, tutte le precedenti amministrazioni cittadine, sentiamo cosa ha da dire l’assessore appena insediato, uno dei professionisti brindisini che TB qualche mese fa segnalò tra i candidati sindaci che ci sarebbe piaciuto vedere in gara alle elezioni. Titi, partiamo dall’inizio: vista la sua ritrosia ad apparire, ed i suoi impegni di lavoro, ci è parso strano che abbia accettato l’invito di Mennitti. Cosa è successo? Diciamo che il sindaco è stato bravo a cogliere il mio lato debole. Mi ha preso sul sentimentale. Ha detto: «Se la gente valida scappa e si tira indietro di fronte alle responsabilità, allora poi non si può dire che tutto va male». Come dargli torto.

“Cosa promuovi alla Bit se non hai già un progetto?”

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Ed infatti ho deciso di non tirarmi indietro. Io almeno ci provo a migliorare la città dove vivo. Lo faccio per me e per i miei figli. Non voglio apparire come il salvatore della patria, ma dico che tutti noi dovremmo dare un piccolo contributo per la svolta che anche il suo magazine auspica. Di cose da fare ne avrà tante, ma sa che in bilancio per il Turismo, fino all’anno scorso c’erano solo 10mila euro? Questo ancora non lo so, ma se così fosse sarebbe difficile finanche parlare di turismo. Per fare grandi progetti serve una dotazione di base adeguata. Diventa assessore proprio nei giorni in cui sui giornali si “festeggia” il +5% dei passeggeri in aeroporto. Sì, ma quello è soprattutto transito, cioè turisti che non si fermano nella nostra città. È proprio su questo che bisogna lavorare, sulle azioni di marketing. Dobbiamo sfruttare la fortuna di ospitare l’aeroporto di riferimento per tutto il Salento, e in parte della Valle d’Itria, per cercare di mandare messaggi positivi agli utenti e per riuscire ad intercettare parte di quel traffico negli anni futuri. A proposito, qui tutti i politici che si sono occupati di turismo pensano che si faccia promozione del territorio solo andando alla BIT. Ed è una cosa completamente sbagliata. A parte il fatto che mi domando che senso ha andare a fare 4

I’VE TRAVELED EACH AND EV’RY HIGHWAY (HO VIAGGIATO SU TUTTE LE STRADE)


“Prima di prendere ogni decisione, discuterò con le categorie interessate”

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COVER STORY Le cose sono cambiate, le navi nel porto non torneranno più. Allora mettiamo dei pontili e facciamo un porticciolo in città. In concorrenza al Marina di Brindisi? In alternativa. Ma se l’immagina i diportisti che arrivano, ormeggiano e sono già in centro a fare shopping o a due passi dai ristoranti e dagli hotel? Non lo immagino solo io, lo sognano in molti. Bene, io non voglio sogni, ma un programma e degli obiettivi da raggiungere, come si fa in ogni azienda. Eliminando fronzoli e sperpero di risorse economiche per cose che non danno alcun ritorno alla città. Per esempio io la partecipazione alla Bit la eliminerei: che senso ha andarci per mangiare i lampascioni e i tarallini tra brindisini? Con i soldi spesi lì si potrebbero far venire a Brindisi decine di tour operator e operatori che nello stand di Brindisi a Milano non entrerebbero mai.

promozione, se poi la nostra costa è come Beirut. È come spendere soldi per fare pubblicità ad un negozio chiuso. Un assessore non parla così, temo che avrà dei problemi! Io invece spero che Mennitti mi abbia chiamato proprio per dare una svolta. Anche a costo di dire - e fare - cose impopolari. Per esempio? Per esempio che, certo, abbiamo le infrastrutture, ma non le strutture. Gli hotel non fanno sistema tra di loro. I ristoratori non si associano, come avviene in quati tutte le città turistiche. Qui non partiamo da zero, ma da sotto zero. E come intende procedere? Sto preparando un programma, una serie di proposte, che sottoporrò al sindaco e alla giunta, e poi alle categorie interessate. Intendo muovermi seguendo delle linee di lavoro condivise da tutti. A Venezia hanno istituito un “tavolo interassessoriale per l’economia turistica”. Suona male, ma rende bene l’idea che il Turismo non lo può fare, creare o seguire solo un assessorato.

Non ci penso nemmeno. Sono stato chiamato in giunta da indipendente e tale rimarrò. Qualche idea a cui ha già pensato? Penso per esempio a degli incentivi per le aziende del settore, a dei premi qualità. Fosse per me liberalizzerei le licenze, specie lungo la costa, come accade in Europa, ma la legge italiana non lo consente. E naturalmente non penso alla costa così come è attualmente, ma ad una litoranea degna di questo nome, con parcheggi, aree di ristoro, piccoli parchi. Ricordo il progetto che presentaste sul primo numero del nuovo TB, quello che parlava della costa nei pressi di Valencia. Ecco, perché non pensare a questo tipo di interventi? E al porto, visto che è il suo pane quotidiano, ha

“Vorrei apire il porto interno alla città: un’unica passeggiata da via del Mare a corso Garibaldi” Esatto. Io voglio coinvolgere tutti gli assessorati: l’Urbanistica, l’assessore alle Grandi Infrastrutture, quello ai Lavori pubblici, alle Attività Produttive, alla Programmazione economica e all’Ecologia. Qui c’è bisogno di una svolta che coinvolge tutti. E se c’è la consapevolezza di volere davvero Brindisi Turistica, ci si siede insieme e si decide insieme. Sintetizzo in due parole: consapevolezza e volontà. Inizia a parlare da politico. 12 TB AGOSTO 2009

già pensato? Io vorrei aprire il porto interno alla città: un’unica passeggiata da via del Mare alle banchine di viale Regina Margherita. Non ci può essere sviluppo se il territorio continuerà ad essere mortificato dalle servitù militari. E poi dedicherei tutto il porto interno alla nautica da diporto, anche perché sono rimaste solo due navi per l’Albania. Su questo anche il presidente dell’Autorità portuale, Giurgola, è d’accordo.

Sono d’accordo, questa potrebbe essere una delle scelte impopolari. Anche perché credo che anche gli operatori del settore alla Bit la pensino più o meno allo stesso modo. Ma in ogni caso penso che di questo argomento, e di tutta la promozione turistica, bisognerà parlare con l’Apt, la Provincia, e con la Regione. Torniamo a Mennitti, anzi al Mennitti 2. Il sindaco dà l’impressione di essere cambiato, più sicuro, più aperto. Lei che impressione ha avuto? A me è riuscito a trasmettere entusiasmo e un senso di trasparenza. Io non sono legato a Mennitti o alla sua lista. Gli ho chiesto indipendenza e me l’ha assicurata. L’aver creato un assessorato ad hoc per il turismo è un segnale importante. Vuol dire che ci crede. Anche perché di turismo finora gli altri avevano solo parlato. Ecco, ho l’impressione che il sindaco, forte dell’esperienza di questi cinque anni, voglia evitare errori e lasciare un segno reale. Vuole fare bene.

BUT MORE, MUCH MORE THAN THIS (MA PIÙ. MOLTO PIÙ DI QUESTO)


OPINIONI

Le dita nel naso

di Dario Bresolin

Quando il “Pubblico” non funziona offende i cittadini

Purtroppo alcuni inqualificabili comportamenti nelle aziende pubbliche sono diventati quasi normali

E

ra accaduto, anni addietro, che ad un mio amico, cittadino eritreo di padre sudanese e madre yemenita, di pelle color cioccolata, occhi neri e capelli neri, fosse stata consegnata una carta di identità in cui, accanto alla foto, comparivano le scritte “capelli castani” ed “occhi celesti”. Fui io ad accorgermene, visto che il cittadino eritreo non era in grado di leggere uno scritto in italiano. Tornammo nell’ufficio che aveva consegnato il documento “improprio” non prima, però, di aver inoltrato una immagine di quella carta di identità al quotidiano più venduto in città e dopo aver consultato gli organi di polizia. Quel documento, se fosse stato esibito ad un controllo, sarebbe risultato “falso” e il cittadino eritreo sarebbe stato forse anche arrestato. Il mio amico si sentì offeso nella sua dignità di persona al punto che disse: “Mi hanno preso in giro perché sono africano?”. Lo rassicurai e riuscii a calmarlo. Portammo queste obiezioni davanti agli impiegati responsabili della “svista” che, ammettendo l’errore e chiedendo scusa al cittadino straniero, risolsero la questione in pochi minuti producendo un nuovo documento con le caratteristiche esatte. Mi colpì una delle motivazioni che avevano causato l’errore: “Il programma del computer

non prevede alcune caratteristiche”. In questi casi è inutile prendersela con gli impiegati o cercare di spiegare cose normalissime. Si fa silenzio e si risolve il problema, augurandosi che sia stato solo l’errore del programma. Ma qualcuno aveva ritenuto “idoneo” quel programma, esatto? Ovviamente il mio amico si preoccupò, lo stesso giorno, di informare tutta la comunità eritrea presente a Brindisi di far fare un controllo dei documenti da una persona fidata. Alcuni di loro furono raggiunti telefonicamente. Non furono segnalati altri casi di errore. Un episodio increscioso anche se non voluto e risolto con grande senso di responsabilità da parte degli addetti. Ma non è sempre così. Nei giorni scorsi la stampa ha parlato di un episodio accaduto alle Poste dove una signora, cittadina albanese, era stata

tempo” con me insieme con il suo direttore ed una pattuglia di carabinieri che era intervenuta su mia richiesta. Quando lo vidi finalmente piangere decisi di non firmare la denuncia. Poi andai via. Il riscontro, ovviamente, fu trovato. Mi rendo conto, ed ormai è un fatto ormai quasi quotidiano, che tutti gli sforzi che il settore “pubblico” compie per educare, formare e rendere opera-

pubblici amministrativi dove è meglio andarci armati di tanta, tantissima pazienza.

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ino a qualche anno fa credevo fosse un fatto generazionale. Oggi mi tocca riscontrare che alcuni inqualificabili comportamenti nelle Aziende pubbliche sono diventati quasi normali, imputabili ad una ormai modificata “filosofia

“L’episodio avvenuto all’ufficio postale

è un incredibile esempio di inciviltà”

offesa dal comportamento davvero insolito di un impiegato di sportello. Una volta era accaduto anche a me, alle Poste Centrali di Milano, dove un meridionale forse pentito e comunque emigrato mi disse: “Non posso perdere tempo con lei”. Avevo da incassare un vaglia e non trovavano riscontro. Ovviamente, nelle due ore successive, quell’impiegato “perse

I DID IT MY WAY (L’HO FATTO ALLA MIA MANIERA)

tivi alcuni suoi addetti, in molti casi non producono i risultati desiderati. Si ha spesso la sensazione che il cittadino, l’utente o il “cliente”, come da qualche anno in qua preferiscono chiamare chi sta da questa parte di un qualunque sportello, sia una sorta di fastidio per chi invece è lì per “servirli”. A volte questa “patologia” investe intere Aziende pubbliche. Per non parlare di particolari settori

aziendale”, troppo garantista e quasi mai orientata all’utente, al punto che chi si comporta davvero normalmente e nel rispetto delle regole può addirittura venire additato come “speciale”. A volte questo accade per inettitudine del soggetto, altre volte per incapacità di chi dirige, altre volte ancora per “metodo”. Però le cose non funzionano e a rimetterci siamo noi che veniamo “offesi” senza

che possiamo quasi mai avere ragione. Invece no. Sarebbe opportuno segnalare tutto ad un giornale, rilevare nomi ed uffici, tentare di parlare con i dirigenti. Insomma, fare casino. E non dimentichiamo mai la tutela e l’aiuto che ci vengono offerti e garantiti dalle forze dell’ordine. A volte questo comportamento suona come uno “schiaffo” meritato ed i risultati si vedono. Altre volte ci chiederanno, meschinamente, di mettere a tacere tutto. Ed è a quel punto che bisogna andarci giù pesanti. Non me ne frega niente che un padre di famiglia possa perdere il suo posto di lavoro se non è capace di adempiere ai compiti per cui è pagato. E se non pagherà l’addetto, toccherà al dirigente. Non può rimanere impunito. Se questo accadesse in un’azienda privata, possiamo esser certi che nell’arco di ventiquattrore il dipendente sarebbe licenziato. Ci sono tanti episodi che potrei raccontarvi, ma credo che ognuno di noi ne abbia altrettanti. È curioso come, ogni quattro anni, ci chiamano al voto come “europei” e poi per il tempo che rimane ci trattano da sudditi”. Ripeto, non è la norma, ma tanti casi isolati fanno numero e diventano poi “statisticamente rilevanti”. E danneggiano coloro che, invece, sanno fare il loro lavoro e hanno rispetto per chi hanno di fronte.

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REGRETS, I’VE HAD A FEW (RIMPIANTI, NE HO AVUTI QUALCUNO)


IMPRESE

PUNTOITINFORMATICA, VENDITA E SERVIZI MIRATI PER LE AZIENDE LOCALI «L’informatica è un mercato molto inflazionato e soprattutto che ha raggiunto in questi anni prezzi popolari anche per il cliente finale e questo significa bassi margini anche per i rivenditori. Entrare in questo business poteva essere molto azzardato visto che questo significava inserirsi in un mercato saturo anche per la presenza dei grossi centri commerciali che in quegli anni ed in questi anni stanno nascendo. Ma l’investimento, rivelatosi vincente, che Puntoitinformatica ha fatto è stato sul post-vendita». Parole di Teodoro Iaia, fondatore di Puntoitinformatica, società brindisina nata nel 2005. Quella che era stata l’idea di una sola persona, oggi è diventato un team affiatato e motivato di collaboratori, uniti nel perseguire importanti obiettivi, che oggi hanno fatto di Puntoitinformatica una bella realtà tutta locale. Che concentra i suoi sforzi sul dopo vendita, quando spesso il consumatore viene abbandonato. «È proprio così - riconosce Iaia - troppo spesso chi acquista tecnologia a volte rimane solo soprattutto dopo la fase di acquisto. Il team di Puntoitinformatica ha garantito da subito ai suoi clienti invece un servizio post-vendita efficiente,

capillare e costante». Ma Puntoitinformatica è soprattutto l’azienda che fornisce, assiste, interagisce e collabora con le piu’ importanti aziende ed istituzioni del territorio. Ed oggi, ai servizi che prevedono contratti di service, siti Web, vendita in e-Commerce mediante il catalogo Grandi Negozi, se n’è aggiunto uno molto importante, si chiama “Zerozerotoner” e consiste nell’adeguamento di legge che tutti i titolari di partita iva sono tenuti a fare per il corretto smaltimento di toner e cartucce derivanti da materiali di stampa, fotocopiatori, fax. «Puntoitinformatica è l’unica azienda sul territorio ad essere referente di Berg s.r.l., e cioè dell’unica azienda in Europa che smaltisce mediante impianti avanzati e tecnologici i materiali esausti, ma soprattutto dell’unica società che ha ottenuto tutti i brevetti e le certificazioni adeguate». I toner in particolare come gli altri scarti da stampa informatica sono ritenuti nocivi ed è stato loro attribuito un codice c.e.r. (codice europeo del rifiuto) che significa che questi materiali non sono assimilabili ai rifiuti urbani. La nuova legge interessa tutti: grandi

L’UNICA A POTER SMALTIRE I TONER A NORMA DI LEGGE aziende, istituzioni, comuni, enti no profit, associazioni di categoria, scuole. Puntoitinformatica sta investendo molto nella comunicazione e nell’informazione per sensibilizzare tutti affinché, oltre ad adempiere ad una legge che prevede l’obbligo allo smaltimento, si possa pensare anche a salvaguardare l’ambiente. Ha organizzato ad esempio il primo convegno nazionale sul tema, ha presentato la soluzione allo Snim 2009, e presto partiranno nuove campagne di sensibilizzazione. Le sanzioni previste dalla normativa per i trasgressori partono da 3.000 euro. La descrizione del servizio offerto da Puntoitinformatica è molto semplice: se

BUT THEN AGAIN, TOO FEW TO MENTION (MA ANCORA, TROPPO POCHI PER CITARLI)

un’azienda si vuole adeguare da sola impiegherà molto tempo, dedicando una persona esclusivamente per assolvere a tutte le complesse pratiche che possono portare via anche diversi giorni, con la probabilità che nella compilazione dei formulari ci possa essere un errore sanzionabile, ed avendo poi il problema di come smaltire correttamente i rifiuti. Con Puntoitinformatica, invece, in 5 minuti un’azienda si adegua in maniera semplice,corretta e senza doversi più preoccupare di nessun altro adempimento in futuro. «Nei prossimi anni - conclude Iaia - il nostro obiettivo sarà sempre e comunque lo stesso: cercare di accontentare le Aziende e i nostri clienti non limitandoci alla semplice vendita,ma offrendo loro una gamma sempre più ampia di servizi e con un team affiatato come il nostro sicuramente non sarà difficile raggiungere quest’obiettivo». Per informazioni: Puntoitinformatica, via Dalmazia 27, Brindisi, tel. 0831 430215, www.puntoitinformatica.com info@puntoitinformatica.com

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PERSONE

Storie di mare, storie d’amore

Giovanni e Giulia, Ottavio e Giovanna, Luigia ed Edoardo: gli amori estivi hanno sempre un sapore diverso

BUONE NOTIZIE di Iole La Rosa

H

o scritto t’amo sulla sabbia, e il vento poco a poco se l’é portato via con sè..., suonavano i juke-box sulle spiagge italiane nell’estate del ‘69. E se i messaggi rimanessero lì per l’eternità? Se non fossero cancellati dal vento e risucchiati alla prima risacca? Migliaia di frasi copiose, ripetute stagione dopo stagione, rimarrebbero a tracciare i sogni più intimi, le forti emozioni, le grandi passioni, i baci rubati, le passeggiate sulla battigia, i giochi, i falò, gli interminabili bagni fino al calar del sole. Amori estivi che, spesso, si perdono nell’immensità del mare, che, come succede per gli acquazzoni estivi, durano non più di una mattinata ma che, svanendo, fermano il tempo per divenire inesorabilmente eterni. Ci si ritrova, anche dopo tanti anni, ad intraprendere un nostalgico viaggio nella memoria. Si rivedono i colori splendenti di un’estate infuocata dall’afa, si percepiscono gli odori delle creme solari, i sapori del mare sotto un sole cocente, della salsedine che profuma la pelle ed i costumi. Sembra quasi di risentire le risate gioiose, le canzoni urlate al vento, gli inseguimenti dentro l’acqua nella speranza di sfuggire all’ennesimo bagno. Se i piccoli granelli

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di sabbia potessero parlare, se l’onda del mare, come accade nei film fantastici, con le sembianze di un vecchio saggio, raccontasse dei dolci suoni, dei baci, delle parole sussurrate sulla spiaggia, chissà quanti libri d’amore potrebbero essere scritti; storie speciali di una sola stagione ma anche favole di amori straordinari nati e mai finiti, che durano “per sempre”. Giovanni e Giulia: ieri in Pineta, oggi alla Conca “L’anno, a noi mortali, si presenta con quattro stagioni e 365 giorni, ma io di questi, quando tu ritorni,

ne sfrutto solo una stagione e giorni trenta. Gli altri, se non fosse per i sogni

ciò che Giovanni Pedio scriveva alla sua amata Giulia, tutte le volte che lei ripartiva

“Fu il classico colpo di fulmine. Mi fidanzai con lui... lui però non lo sapeva e neanche immaginava” ed il letargo, li passerei ad asciugare le lacrime che spargo”. Leggendo questi versi si può immaginare

Nelle foto in alto, da sinistra, due immagini d’epoca di Glauco e Clelia Riotta; Giovanni e Giulia Pedio con i nipoti SIlvia e Mattia; Giovanna e Ottavio, Luigi e Edoardo Vitali con le figlie Elena e Annalisa

per Milano. Questo amore, a tutt’oggi vitale ed energico, germogliato all’età di tredici anni, sui lidi brindisini di un tempo, è stato coltivato estate dopo estate, tra i giochi, le nuotate, i tuffi dai trampolini, le partite a pallone. Il tutto contornato dagli splendidi squarci di spiagge e mare cristallino, luoghi che, oggi, possiamo solo immaginare e sognare attraverso i racconti di chi li ha goduti e calpestati. “L’avventura iniziava ancor prima di raggiungere i lidi”, ci racconta Giovanni, “dalla Stazione Marittima partivano delle barche a motore che ci portavano sulle spiagge, ricordo ancora… prima fermata Sant’Apollinare, seconda Pineta, terza Fiume Piccolo”. “C’erano anche dei barcaioli che imbarcavano sei, sette persone a viaggio e permettevano ai passeggeri di remare... io prendevo sempre le barchette e mi divertiva tanto vogare”, aggiunge Giulia. “Mi colpì perché era diversa dalle altre ragazze…”, Giovanni ricorda quanto fosse difficile riuscire ad incontrare la bella Giulia e parlare con lei, in quanto super

I DID WHAT I HAD TO DO (HO FATTO QUELLO CHE DOVEVO FARE)


controllata dalla zia Ida. “Io e mia sorella salivamo in Pineta, Giovanni si stendeva sotto un albero in modo che, al giro di controllo della zia, non potesse essere avvistato”. La gioia, la felicità, si spegnevano al termine della stagione estiva e a Giulia restava solamente il ricordo del suo amore, delle belle spiagge e del “sorriso dei brindisini”. I due giovani innamorati si scambiavano dolcissime lettere, grazie alle quali riuscivano a tener vivo il rapporto amoroso durante i mesi invernali. Oggi, Nonna Giulia e Nonno Giovanni, si recano al mare presso la “conca” e ricordano, con il sorriso sul volto, le grandi gioie della loro vita. Giovanne Ottavio: “Chiedilo in autunno” Auguro lo stesso epilogo ad un’altra coppia “estiva”, Giovanna e Ottavio Pica, la cui storia è la testimonianza di come l’estate porta con sé la magia dell’amore. I due giovani, nell’estate del 1996, s’incontrano e s’innamorano. Terminata la stagione, però, nonostante entrambi abitino a Brindisi, tornano alla propria vita, alle amicizie invernali, permettendo che il tempo trascorra senza un incontro, senza un saluto. Al sopraggiungere della nuova stagione, ancora, la scintilla e così per tre anni vivono esperienze fantastiche in compagnia degli amici, complici del loro amore e delle tenerezze. Nonostante tempi e spazi siano ormai cambiati, anche la giovane coppia, s’incontra in gran segreto al “pic-nic”, zona così soprannominata dai ragazzi che frequentano la spiaggia di Sant’Anna. Ricordano i giochi sulla spiaggia, le partite a pallone ma soprattutto, a detta di Ottavio, “una passeggiata sul pontile e sulla spiaggia, la sera della festa di Sant’Anna, mano per la mano con la luna che illuminava il mare”. Al giungere delle prime piogge di fine agosto l’incantesimo

svanisce… Fino a quando, l’estate del quarto anno Ottavio decide di fare sul serio “mi propose un fidanzamento ufficiale”, racconta Giovanna, “io, nonostante fossi felice in quel momento, gli dissi va bene… però richiedimelo in autunno!” Le nozze si sono celebrate lo scorso anno. Ovviamente nel mese di giugno! Fidanzato senza saperlo La simpatica Luigia, invece, l’estate del 1973, presso il Lido Risorgimento, rimane folgorata da Edoardo e ci racconta, in compagnia delle figlie: “È stato un colpo di fulmine, mi fidanzai con lui la stessa estate… lui, però, non lo sapeva e neanche immaginava”. Qualche mese più tardi l’amore è stato corrisposto e, tra qualche giorno, Edoardo e Luigia Vitali diventeranno nonni di un attesissimo nipotino… auguri! Glauco e Clelia: “E apparve lei, una Dea” Il colpo di fulmine non ha risparmiato il dolcissimo Glauco Riotta che ci racconta: “Era l’estate del 1953, ricordo benissimo il momento in cui ho visto per la prima volta Clelia. Appena diciottenne, mi trovavo in spiaggia con alcuni amici ed apparve lei, una Dea, si è trattato di un colpo di fulmine e l’ho amata da subito”. Clelia, in principio un po’ restia e diffidente, una sedicenne d’altri tempi, è stata conquistata dal fascino del bravo ragazzo, dalla sua affettuosità, dalla spigliatezza ed è nato un grande amore, “è stato il mio primo ed unico amore”, così ci racconta, incantandoci con il suo splendido sguardo. I due giovani, sorridenti e fieri andavano incontro alla vita, alle soddisfazioni, ai traguardi professionali, con la passione e la tenacia che ha caratterizzato la loro unione: ingegnere molto stimato lui, amata professoressa lei. Dalla stagione dell’allegria, delle frivolezze, dei sorrisi

AND SAW IT THROUGH WITHOUT EXEMPTION (HO VISTO TUTTO SENZA RISPARMI-

spensierati, iniziava l’avventura: inusuali viaggi su postali, splendidi itinerari studiati personalmente, percorsi singolari e affascinanti. Trasferimenti per lavoro da una città all’altra, fino all’approdo definitivo a Brindisi, l’arrivo di un figlio e, così come accade spesso lungo il percorso della vita, le difficoltà da affrontare, “i problemi, anche quelli di salute, ci hanno unito sempre di più, facendoci comprendere quanto l’uno sia fondamentale per l’altro”. Per ritrovarsi, in un caldo pomeriggio d’estate, a raccontare la loro lunga storia d’amore, con un tenero intervallo di ricerca affannosa delle foto che riproducono le immagini della meravigliosa estate custodite nella mente e nei cuori. Il primo bacio, l’ultimo abbraccio L’ultima testimonianza è con la storia di una ragazza e di un ragazzo (che, per scelta, rimarranno anonimi), che s’incontrano e si perdono l’una nell’altro. Il “colpo al cuore”, iniziato con un bacio sulla spiaggia, crea una sintonia reciproca perfetta, un grande amore, sbocciato quasi per caso, che permette loro di intraprendere un percorso di vita insieme. Si conoscono durante l’estate, tra giochi, divertimento e risate e continuano a scambiarsi lunghissime e coinvolgenti lettere di quelle che conservi per sempre - anche dopo l’inizio della scuola e dell’università. Tra peripezie e grandissimi sacrifici i due riescono ad incontrarsi, nonostante la distanza e la segretezza del rapporto. Ancora oggi, ricordando gli episodi e le buffe vicissitudini, Lei sorride, con gioia. Trascorrono tanti anni e la storia d’amore è tragicamente interrotta dal sopraggiungere di una malattia che trascina Lui alla morte. Lei non potrà mai dimenticare il momento in cui, per la prima volta, Lui le diede un bacio; così come ricorderà, per

sempre, il suo ultimo abbraccio e l’incessante trillo del telefono che, il giorno della sua morte, misteriosamente, squillava senza che ci fosse qualcuno dall’altro capo a rispondere. “Forse era Lui!?”, è ciò che sentiva di dirci ma, per timore di esternare l’inquietante pensiero, ha solamente fatto intendere. Prima di abbandonare questo mondo Lui desiderava sfiorarla, voleva sentire la sua voce, salutarla per l’ultima volta, portando con sé parte di Lei. Oggi Lei ha una vita felice: un marito affettuoso che ama, figli, tante opportunità che le permettono di star bene. Nel cuore, però, insieme alle mille esperienze vissute, c’è sempre un posto riservato a Lui ed al pensiero di ciò che poteva essere e che non le è stato concesso di scoprire. Dopo più di 30 anni, mentre racconta, in questa calda estate del 2009, asciuga timide lacrime, che brillano alla luce del sole, seguite da un malinconico sorriso, che manifesta, insieme alla nostalgia, la gioia di aver vissuto e di poter ricordare un grande “Amore”. Gli amori nati sulle spiagge hanno sempre qualcosa di speciale. E’ come se fossero accompagnati, costantemente, da una musica soave, da suoni melodiosi che non si comprende da dove provengano. Il fascino del mare, del cielo stellato, di un falò sulla spiaggia ha contribuito a far esplodere emozioni nate, a volte, per gioco, spesso frutto della spensieratezza, delle vacanze e della passione giovanile. Brevi, o lunghi, intervalli di gaiezza e di serenità che, dal momento in cui si vivono, entrano a far parte, definitivamente, della vita d’ogni singolo individuo. Riempiono il cuore e l’anima di tanti uomini e tante donne che, al termine di questa lettura, mi auguro, possano concedersi qualche minuto per socchiudere lentamente gli occhi ed emozionarsi ancora.

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UOMINI

ALTRE STORIE

U

di Tiziana Piliego

n grazie che viaggia tra due cuori, quello delle popolazioni abruzzesi colpite dal sisma dello scorso 6 aprile, e quello dei fucilieri del Reggimento San Marco. Pubblichiamo alcuni passi di una lettera gentilmente concessa dall’ufficio Pubblica Informazione della Forza da Sbarco, per aprire una finestra su una presenza consolidata nella nostra provincia, una presenza silenziosa quanto operosa, quella appunto della Forza da Sbarco. Uomini e donne di questa Forza, sono dal primo giorno successivo al terremoto, in Abruzzo. Forniscono supporto logistico, medico, psicologico. Dietro quelle mimetiche da uomini duri, si nascondono persone semplici, professionisti, ma soprattutto cuori generosi e disposti a farsi carico dei bisogni del prossimo. Chi è stato nelle zone colpite dal sisma, racconta di un popolo, quello abruzzese, dignitoso e coraggioso, pur nella precarietà nella quale è, suo malgrado, costretto a vivere. Questa gente riesce ad entrare subito in sintonia con i nostri militari. Loro, i fucilieri di Marina, diventano angeli e quella gente diventa la loro missione. Ecco perché ogni avvicendamento, porta con sé lacrime e tristezza, ma lascia affetto e ricordi indelebili. Un luogo comune molto diffuso, associa i militari, soprattutto quelli in mimetica come i fucilieri, solo alla guerra. Basta questo per capire che non è così. Attualmente al “Campo Globo” in località Pile (L’Aquila), sono dislocati una cinquantina di uomini del San Marco, all’inizio erano quasi il doppio. A supporto c’è una cucina da campo in grado di preparare 1500 pasti caldi al giorno. L’opera dei fucilieri, si è rivelata fondamentale dal primo giorno, tanto da meritarsi gli elogi di quanti, esponenti politici e altre personalità, hanno visitato la tendopoli di “Campo Globo”. Nei primi giorni subito dopo il terremoto, il personale della Forza da Sbarco allestì un campo ribattezzato poi dagli abruzzesi Campo San Marco, con ogni genere di servizio. C’era persino uno shelter medico, una sorta di grande ambulatorio progettato da personale della Forza da Sbarco, da fare invidia ad un ospedale. Quando Bertolaso lo ha visto, ha insistito perché fosse mostrato anche al capo del Governo. Berlusconi non credeva ai suoi occhi, non poteva immaginare che la Marina fosse in grado di fare cose del genere. La lettera che pubblichiamo è solo una delle tante recapitate ai nostri militari. Dimostrazioni di affetto che si esternano con gli abbracci e i baci ad ogni partenza, c’è chi si commuove e spera di poter rivedere quelle divise al più presto. “Questa esperienza lascia il segno - dice chi è stato in quei luoghi - non si può dimenticare”. 18 TB AGOSTO 2009

“Grazie ragazzi, grazie di tutto.

La vita è bella, e ricomincia tutto”

È stata persino stampata una maglietta per così dire celebrativa. Alcuni dei nostri militari hanno avuto l’idea: una maglia con il logo del San Marco e sul retro la data della scossa del 6 aprile con l’immagine segnalata dal sismografo in quel momento. Un ricordo triste e doloroso per chi insieme alla casa ha perso anche il lavoro o i familiari. Ma questa cosa ha ridato la spinta per rinascere. L’azienda che ha realizzato le magliette, poi acquistate dai militari per se e per gli amici abruzzesi, ha ripreso l’attività, evitando la chiusura. La stessa azienda ha continuato a lavorare su altri fronti.

Il successo dei cuochi del San Marco è un’altra storia. È straordinario come questa gente con le risorse finanziarie messe a disposizione dalla Protezione Civile, sia stata in grado di preparare pranzi e cene da leccarsi i baffi. Si potrebbero raccontare mille altre storie del vissuto quotidiano. Chissà se non torneremo a farlo. Loro, i fucilieri sono ancora lì e ci resteranno finché ci sarà bisogno, anche se non se ne parla più. La Forza da Sbarco è un gioiello della Marina Militare Italiana che poche altre marine possono vantare. Uomini e donne pronti ad intervenire in ogni situazione, come recita il loro motto “per mare e per terram”.

I PLANNED EACH CHARTED COURSE (HO PROGRAMMATO OGNI PERCORSO)


IN ABRUZZO COL SAN MARCO o a L’Aquila dal primo Gli uomini della Forza da Sbarco son esi ringraziano giorno post-terremoto. E gli abruzz

Le foto e le lettere pubblicate in queste pagine sono state gentilmente messe a disposizione dal’Ufficio Pubblica Informazione della Forza da Sbarco

EACH CAREFUL STEP ALONG THE BYWAY (OGNI PASSO ATTENTO LUNGO LA STRADA)

LA SCHEDA

Sempre pronti Dal 1972 quello che tutti conoscono come Battaglione San Marco, è di stanza a Brindisi, ma pochi brindisini ne conoscono le attività. Molti mariti, figli, fratelli, hanno sposato la causa del San Marco. Dal ‘72 ad oggi il Battaglione ha subito varie trasformazioni. Oggi è una realtà strutturata a livello di Brigata, con 2100 uomini. Negli anni, diverse sono state le attività della Forza da Sbarco. Dal 1965 gli uomini, e ora anche le donne del leone alato, sono stati impegnati in diversi teatri operativi: Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Albania, Kosovo, Golfo Persico, Iraq, Afghanistan; ed in Patria, per le operazioni “Strade Sicure” e “Strade Pulite”. Tanti sono stati gli interventi in occasione di calamità naturali, quali alluvioni e terremoti. I ricordi della Forza da Sbarco, sono oggi racchiusi nella Sala Storica realizzata presso il Castello Svevo. Nata grazie alla passione per la storia ed all’attaccamento al Reparto del Capitano di Corvetta Antonio Pantaleo, oltre alle tante donazioni fatte dai Fucilieri e dai veterani del San Marco. La Sala Storica, già in precedenza ospitata presso la Caserma Carlotto, è, dal 4 dicembre scorso, nella splendida cornice del Castello Svevo, divenendo così patrimonio di tutta la città. Dal 6 luglio scorso, la Forza da Sbarco ha un nuovo comandante, il Contrammiraglio Eduardo Serra, brindisino come il suo predecessore Claudio Confessore: «Ho iniziato questa avventura con grande entusiasmo, anche se professionalmente non sono cresciuto nella componente anfibia, conosco il San Marco fin da piccolo, i miei genitori tuttora abitano qui, vicino al Castello. Le varie operazioni alle quali ho partecipato, Libano nel ’82-’83, Somalia nel ’94 e poi incarichi presso lo Stato Maggiore Marina, mi hanno avvicinato a questa realtà. In questo momento la Forza da Sbarco rappresenta una componente fondamentale per la Marina, le Forze Armate e la Nazione. Ormai operiamo in maniera efficace in tutti i contesti internazionali integrandoci perfettamente nell’ambito di dispositivi multinazionali”. Quando gli chiediamo cosa si aspetta da questa esperienza, viene fuori quello che lui stesso definisce “aspetto romantico” della cosa e cioè il grande senso di appartenenza che contraddistingue i fucilieri. «Spero di poter essere riconosciuto a pieno titolo dagli uomini del San Marco, uno di loro. Metterò la mia esperienza a disposizione, nella convinzione di poter ancora imparare molto”.

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CULTURA

IL CUSTODE DELLE MEMORIE E DELLE STORIE CITTADINE TESORI NASCOSTI di Francesca Alparone

A

vete mai pensato di avvicinarvi al passato nel modo più immediato e tangibile possibile? Come? Attraverso la lettura dei documenti originali. Io l’ho fatto, il mio interesse riguardava una ricerca, come tante se ne fanno, sulla storia di un monumento, ma ho scelto il posto dove effettuare la mia ricerca, l’Archivio di Stato. Esso ha il delicato ed affascinante compito de “la gestione della memoria” . Dal 1990 l’archivio di Stato di Brindisi ha sede nell’ex convento di Santa Teresa, fatto costruire dai Carmelitani Scalzi nella seconda metà del ‘600, ubicato nell’omonima Piazza. Quale miglior posto poteva essere scelto per la meditazione e la contemplazione! Dall’ampio corridoio che percorre un po’ tutto il piano di sopra, si può ammirare il porto. Seduta nella sala lettura, immersa tra i fascicoli pieni di documenti che raccontano spaccati di vita brindisina tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento, in quella struttura dalle volte a crociera, accompagnata dal garrire delle rondini, sollevando lo sguardo, scorgo i tetti di una città dal fascino mediterraneo, una città qualsiasi, in un qualsiasi periodo storico: tetti bagnati dalla bianca e abbagliante luce del sole. Solo la voce delle operose fatine (Cristina Grandieri, Annamaria Spagnolo, Maria Ventricella) che hanno aiutato, agevolato e accompagnato la mia ricerca, con competenza, perizia e professionalità, rompe il sogno riportandomi alla realtà. La sala studio è una delle stanze adibite, assieme alla sala consultazione e copie, come la biblioteca, alla lettura, studio e

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ricerca di documenti che non solo abbiano acquisito un’importanza storica, ma anche, di quelli che continuano ad avere nel tempo valore certificativo o di attestazione di diritti (come avviene per la sala consultazione e copie). “L’istituto brindisino - ci dice Francesca Casamassima - (ad interim prende le veci della direttrice Francesca Savoia, andata in pensione) - è al primo posto in Italia, per numero di utenti come richieste di consultazione amministrativa, riguardante il catasto terreni e fabbricati, per Brindisi e provincia”, e ancora racconta: «Dal 1980, l’Istituto ha organizzato laboratori didattici in un’ottica di programma, volta ad instaurare contatti sempre più stretti col mondo della scuola per sensibilizzare e stimolare l’attenzione, verso il patrimonio documentario. Questo è stato reso possibile dalla sinergia con la scuola che ha ampliato gli interessi disciplinari e pedagogici in tal senso. I risultati dell’attività didattica si sono concretizzati fino ad ora nei vari esempi di produzioni, alcune originali, come la trasformazione di un atto notarile, in un testo teatrale o nella produzione di poesie e disegni. L’interesse di alcuni docenti dell’Ateneo leccese per il lavoro svolto dall’Archivio, ha reso possibile far rientrare anche l’università tra i fruitori del programma didattico attraverso incontri con gli studenti sia per indagini mirate, attinenti alle materie di studio, sia per approfondimenti di problemi relativi alla ricerca archivistica in vista della compilazione delle tesi di laurea”. Sin dall’inizio degli anni Ottanta i valenti operatori dell’Archivio, sotto la guida dei vari direttori che si sono succeduti, hanno operato per la diffusione del patrimonio archivistico, non solo attraverso l’attività didattica, come detto, ma anche attraverso l’organizzazione di mostre tematiche realizzate con il finanziamento del Ministero

Foto di Viviana Rampino

NELL’ARCHIVIO STORICO, ESSENZA DELLA NOSTRA IDENTITÁ per i Beni e le Attività Culturali o con la collaborazione di altri partners, come enti locali, ordini professionali e scuole. Dall’82 sono state realizzate ben 35 mostre documentali, alcune delle quali sono state corredate da cataloghi. Il prossimo lavoro sarà allestito in settembre, in una mostra organizzata in occasione de Le Giornate Europee del Patrimonio, dal titolo “L’Archivio in vetrina, rassegna del patrimonio archivistico e bibliografico dell’archivio di Stato di Brindisi”. «Organizzare una mostra è un lavoro molto impegnativo» ci dice Elena Lenzi, una degli operatori che assiduamente è stata nello lo staff organizzativo dell’allestimento delle varie

mostre e delle pubblicazioni, «sono ore e ore di lavoro, spesso supportate solo dalla buona volontà e della passione; è molto difficile trovare i fondi necessari, il Ministero per i beni e le attività culturali ha stretto i cordoni della borsa e quindi ci troviamo a perdere mesi e mesi per l’organizzazione, ma a tenere poi aperto, solo per due giorni, perché non possiamo pagare i custodi per la sorveglianza nelle ore serali». Una struttura che si regge grazie alla buona gestione dell’amministrazione interna e dello staff di operatori dedito e appassionato al proprio lavoro, anche se si trova ad operare nelle ristrettezze: grave deficienza strutturale per una città, in quanto l’Archivio ne rappresenta il carattere squisitamente etico, l’essenza stessa della sua identità storica. Appare ed è, a chi lo consideri, come il conservatore effettivo, materiale e morale, dei diritti e dei doveri reciproci della collettività e dei singoli, “l’eminente custode delle tradizioni e delle prove delle civiltà”. Francesca Alparone

BUT MORE, MUCH MORE THAN THIS, I DID IT MY WAY (MA PIÙ, MOLTO PIÙ DI QUESTO, L’HO FATTO ALLA MIA MANIERA)


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CULTURA

L’ERCOLE BRINDISINO È TORNATO. A NAPOLI Visitando il Museo Ribezzo (ribattezzato Mapri) abbiamo scoperto che la statua è scomparsa. Sarà tornata in un magazzino partenopeo impolverato. Ecco perché è importante chiederne la restituzione

COSE NOSTRE di Guido Giampietro

L

a mia recente visita al Museo Archeologico Provinciale “Ribezzo” è scaturita da una duplice motivazione. La prima - la riscoperta del museo, vale a dire la riscoperta d’uno dei pezzi del “servizio buono” che la città può esibire al forestiero - ha suscitato in me un’emozione paragonabile a quella che si avverte allorché una persona cara rientra in famiglia dopo una prolungata assenza. La seconda, invece, è legata allo “zahir”. Cioè, a quella sensazione che, secondo lo scrittore Borges, si

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prova quando si è stabilito il contatto con qualcosa che “finisce per occupare a poco a poco il nostro pensiero, fino al punto che non riusciamo più a concentrarci su nient’altro…”. Per eliminare sul nascere la suspense dico subito che il mio zahir è l’Ercole brindisino! Sì, proprio la stessa statua marmorea che, per graziosa concessione del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, rimase esposta nel nostro Museo dal 29 ottobre 2003 al 29 settembre 2004. Ad onor del vero quella concessione non fu per nulla graziosa, ma per chi ricorda gli antefatti, forzosamente provocata. Infatti, dopo aver a lungo insistito con tutto l’establishment nazionalculturale di quel tempo per ottenere la restituzione del reperto, alla fine ci

si dovette accontentare d’un prestito temporaneo. Eppure quella statua era stata ritrovata nel 1762 proprio qui, a due passi dalla chiesa di S. Paolo e a ridosso delle Sciabiche. Più brindisina di così! E da qui era partita per essere donata al Re di Napoli Ferdinando IV. A conferma che è nel Dna dei brindisini il gene della liberalità tout court sia che si tratti di antichità (colonne, statue, ecc.) che di attività imprenditoriali in genere… Nei mesi in cui il giovinetto Ercole (o il patrizio brindisino che, secondo una recente ipotesi di lettura, sotto quelle spoglie si sarebbe fatto immortalare intorno alla seconda metà del II sec. d.C.) tornò a respirare l’aria del suo paese natio (dopo essere stato ad ammuffire per oltre due secoli nei

sotterranei del più titolato Museo partenopeo) da più parti si diffuse come venticello rossiniano - l’idea birichina di non restituire a Napoli la statua. Poi, sulla vicenda, opportunamente cadde il silenzio. Infatti, se si mirava a far “dimenticare” a Napoli l’Ercole brindisino (così lo chiamano anche loro!) bisognava fare il minor chiasso mediatico possibile. In tal modo i napoletani se ne sarebbero dimenticati, o avrebbero fatto credere d’essersene dimenticati. E tutti, come nelle favole, avremmo finito per vivere felici e contenti. Ma torniamo allo zahir, al chiodo fisso per qualcosa a cui si tiene e che nello stesso tempo si ha il timore d’aver perduto per sempre. In tutto il lungo periodo dei lavori al Museo ho fanta-

YES, THERE WERE TIMES, I’M SURE YOU KNEW (SÌ, CI SONO STATE VOLTE, SONO SICURO CHE LO HAI SAPUTO)


sticato sulla sistemazione che sarebbe stata data alla statua. L’avrebbero posta sotto il porticato sì da attirare subito l’attenzione di brindisini e forestieri? O l’avrebbero sistemata all’ingresso, quasi a voler rimarcare l’importanza della tenzone culturale e culturalmente vinta con l’ex capitale Napoli? Con lo sguardo del curioso ma anche con un fastidioso affanno dello spirito mi sono recato al Museo ed è per questo che non sono stato in grado d’apprezzare subito la bontà dei lavori che vi sono stati eseguiti. In realtà ero lì per l’Ercole, il padre di Brento, il mitico fondatore della nostra città e questo faceva passare in second’ordine ogni altro pensiero. Ebbene, non ho trovato l’Ercole né all’esterno né all’ingresso. E nemmeno nel piano inferiore o nella grande sala del piano terra. Si è riaffacciata la speranza allorché, superando impegnative pendenze, sono giunto nell’area della Brindisi romana. È questa la sua giusta collocazione, mi sono detto. Certamente l’avranno posizionato accanto alla statua di Clodia Anthianilla, altra brindisina nonché poetessa emerita. Invece, di Ercole, nemmeno l’ombra! Anzi, no. In un pannello nominato “Sculture ideali” figura una succinta descrizione della nostra statuetta sotto la quale si legge: “Statua marmorea raffigurante Eracle (“Ercole brindisino”). Età anonima. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6382”. Sono consapevole che, oggigiorno, la restituzione di un’opera d’arte può creare pericolosi precedenti. E so anche che le uniche, parsimoniose, eccezioni che vengono fatte riguardano i trafugamenti avvenuti in tempo di guerra (come le opere depredate dai nazisti o la stele di Axum da poco restituita dall’Italia al Governo Etiope) e le vendite illegali ai musei ad opera dei trafficanti d’arte (è questo il caso in cui, al contrario, reperti custoditi nel Paul Getty Museum di Malibu stanno rientrando in Italia). Per il resto si fa orecchio da mercanti… d’arte! E tuttavia, accanto al principio della “proprietà culturale” oramai acquisita (come i gruppi marmorei del Partenone al British Museum o il tesoro

di Troia al Museo Puškin di Mosca) rimane pur sempre valido il principio della “proprietà territoriale”. Quello in virtù del quale il Tar del Lazio recentemente ha decretato la restituzione della Venere di Cirene a Gheddafi perché “l’area in cui è stata fortuitamente trovata l’opera, all’epoca, faceva parte del territorio libico”. E dunque proprio a questo principio della territorialità ci si deve appellare per riavere l’Ercole a Brindisi, rafforzandolo col non trascurabile particolare che, a Napoli, l’opera continua a non essere visibile. Vale la pena, perciò, di tornare alla carica senza, con questo, ipotizzare nei confronti dei napoletani guerreschi scenari da secchia rapita. Anche perché, con il tempo, possono cambiare le situazioni, le persone e, soprattutto, le idee. Insomma, bisogna insistere, a costo d’andare a scomodare l’ultimo discendente dei Borbone, il principe Carlo, per un’azione d’intercessione nei confronti della Direzione del Museo di Napoli... Infatti, non è per colpa del suo avo se l’Ercole non è rimasto a Brindisi? E, se proprio tutto dovesse andare storto, ci si dovrebbe almeno muovere perché all’Ercole venga tolto l’appellativo di “brindisino” e venga cancellata anche l’omonima via dallo stradario della nostra città. Questo per evitare che al danno si aggiunga la beffa… Qualcuno potrebbe essere dell’avviso che non valga la pena imbarcarsi in una simile impresa dal momento che non si tratta poi d’un’opera d’eccelsa fattura artistica. Ma, se rinunciassimo anche solo a tentare, finiremmo per dare l’ennesimo schiaffo alla nostra identità storica e culturale e non renderemmo un buon esempio alle generazioni future. Insomma, non facciamo che Brindisi, a forza di cedere sempre e non recriminare mai (o facendolo molto fievolmente), finisca per diventare come Alessandria, la città “senza vestigia” di Kavafis. La città in cui “un passato cancellato e un torbido presente si mescolano in un’inconfondibile atmosfera di mistero ed eros”. Guido Giampietro

WHEN I BIT OFF MORE THAN I COULD CHEW (HO INGOIATO PIÙ DI QUELLO CHE POTESSI MASTICARE)

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COME ERAVAMO MESSI MALE

Dal libro di Rosario Tornesello, “Tacco e Tabacco”, lo spaccato della Brindisi degli anni ‘90, quella nota solo per il contrabbando di sigarette. Vi proponiamo il capitolo 7, che contiene l’intervista al sostituto procuratore Leonardo Leone De Castris

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LIBRI

D

ottor Leonardo Leone De Castris, tra Procura ordinaria e Direzione Distrettuale Antimafia lei ha seguito Brindisi, con i suoi delitti e le sue tragedie, per oltre vent’anni e fino al novembre 2008, quando ha assunto la guida della Procura di Rossano Calabro. Il lavoro fatto, sul fronte investigativo e giudiziario, è di una mole impressionante per lo sviluppo rapido impresso dagli eventi alla necessità di adeguare l’azione di contrasto a una criminalità in vorticosa ascesa. E tutto questo all’interno di un quadro sociale segnato da complessità e contraddizioni palesi e laceranti. Secondo lei, dove si sarebbe potuto incidere di più, pur considerato che la criminalità organizzata è ora, di fatto, notevolmente ridimensionata?

Io penso che si sia raccolto poco solo in un ambito: quello della pubblica amministrazione. Se c’è un settore dove giudiziariamente si è inciso di meno, è quello. E non perché ci fossero collusioni con gli ambienti della criminalità organizzata tali da rendere complessi interventi di particolare intensità e portata. Per carità: non nego che qualche politico sia potuto entrare in contatto con esponenti dei clan mafiosi, ma di certo non c’è stata alcuna collusione come sistema. Questo lo escludo. Tuttavia quello dei reati nella pubblica amministrazione, che sono pure sintomatici di un modo di gestire e sentire la “cosa pubblica” in un determinato contesto socio-culturale, è un settore in cui da Tangentopoli in poi, e quindi dalla prima metà degli anni Novanta, si è registrata una vera e propria Caporetto. Di fatto le riforme legislative hanno determinato un accorciamento dei tempi della prescrizione, e la stessa possibilità di arrivare all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare è molto limitata. Dico questo, sia ben inteso, non perché penso che la carcerazione preventiva rappresenti un modo per ricercare la prova attraverso il meccanismo delle confessioni e della chiamata in correità, ma perché le modifiche normative rendono estremamente complessa l’acquisizione della prova. Detto questo, va aggiunto che si tratta di un problema che non è legato solo a Brindisi. Qual era il quadro della situazione al suo arrivo in città?

Sono arrivato nell’87 e ho visto di tutto. La nascita e poi l’esplosione, tra il ’90 e il ’92, della criminalità organizzata, della Sacra Corona Unita. La sensazione è che si sia arrivati in tempo; che l’attività di contrasto, investigativa e giudiziaria, abbia consentito di circoscrivere un fenomeno che avrebbe potuto essere ben più dirompente di quanto non sia effettivamente stato. Forse un ruolo l’ha anche avuto il terreno sociale in cui stava attecchendo quel particolare movimento

criminale, cresciuto in un ambiente in confusa evoluzione e tuttavia non permeato da una cultura della connivenza, sebbene in una seconda fase abbia conosciuto fenomeni di “convenienza alla convivenza”.

Quel che si dice di questi fenomeni in regioni come la Sicilia, la Calabria e la Campania è che lì la società sia attraversata da una certa mentalità. Mi spiego: non è che nell’insieme si possa parlare di “società mafiosa”, sia chiaro; ma il fatto che da almeno due secoli si viva fianco a fianco con certe dinamiche - storicamente originatesi intorno all’800 - fa sì che ci siano le condizioni per una forma di rige-

noi senza alcun tipo di conflitto. In quella particolare fase storica la Scu era di molto indebolita; siamo all’inizio della seconda metà degli anni Novanta, e gli albanesi portavano una proposta contrattuale cui “non si poteva dire di no”: droga a prezzi bassissimi. Soprattutto eroina. Questi gruppi erano capaci di bypassare completamente il Salento e la criminalità locale: parlavano con le cosche mafiose della Sicilia, con i calabresi che in Lombardia avevano in mano lo snodo nazionale dei flussi di sostanze stupefacenti. Così i gruppi brindisini hanno trovato un’irresistibile convenienza commerciale a inserirsi

“Sul fronte criminalità si è lavorato bene, meno sui reati nella Pubblica Ammnistrazione” nerazione automatica, per cui - ottenuti importanti risultati sul fronte investigativo e giudiziario - subito si forma la fila per occupare il posto di capi e gregari dei clan colpiti. Ecco: a Brindisi non è stato così. A far data dalla fine degli anni ’90 la strutturazione gerarchica si è sgretolata; la fine del contrabbando, serbatoio enorme per la criminalità, ha inciso in maniera importante ed evidente. L’esposizione a Est. Quanto ha inciso sulle vicende locali la configurazione territoriale?

Molto. Soprattutto il contatto con la criminalità albanese e la possibilità per i nostri, fino al 2000, di ottenere rifugio e assistenza in Montenegro. La condizione di monopolio acquisita dagli albanesi e la forza contrattuale su cui potevano contare nello scenario internazionale del traffico di sostanze stupefacenti ha consentito a quelle organizzazioni di approdare da

in questi traffici e a stringere alleanze. Anche per accordi finalizzati alla gestione degli sbarchi di immigrati clandestini. Gli albanesi mettevano i gommoni e una capillare organizzazione lì; i nostri, invece, il servizio “taxi” per lo smistamento qui. La riprova? Tutti hanno dichiarato di aver pagato dall’altra parte dell’Adriatico, sulle coste dell’Est, il pedaggio per il trasporto. La divisione dei proventi era fatta in un secondo momento. E questo dimostra l’accordo di tipo commerciale che c’era dietro, quali fossero i ruoli di ognuno e dove stessero le stanze del comando. Così la partita si è giocata su uno scenario sovranazionale, dove avrebbe potuto essere difficile riannodare i fili di un’azione di contrasto efficace e non evanescente o, peggio, smarrita tra i mille rivoli di un potere diffuso e sparso anche in zone intricate e quasi inaccessibili. Senza

spingere l’analisi sulla valutazione di ben più ampi contesti geo-politici ed economici, quali sono state le leve su cui si è agito in casa nostra per sconfiggere e ridurre in ambiti fisiologici la presenza del crimine più o meno organizzato?

Direi due, soprattutto: primo, il contrasto operato dallo Stato, con una tempestività (e quindi con un’efficacia) che altrove non è stato possibile mettere in campo più per ragioni storiche e contingenti che per capacità investigativa; secondo, la perdita del controllo del territorio da parte delle organizzazioni locali dovuto all’affacciarsi proprio della criminalità albanese. Queste

due cose insieme hanno determinato il fenomeno del pentitismo, della corsa alla collaborazione con la giustizia. Il contrasto sul fronte investigativo e giudiziario faceva terra bruciata tutt’intorno ai clan; la presenza dei gruppi stranieri metteva in discussione lo stesso concetto di supremazia in un ambito circoscritto come quello del Salento. Ed è stata quest’azione duplice e concomitante, alla fine, il vero colpo di grazia. Perché a quel punto nessuno si fidava più di nessuno in un contesto in cui proprio i vincoli di segretezza e solidarietà e l’idea di granitica compattezza giocano un ruolo determinante tanto all’interno, per il mantenimento della struttura associativa, quanto all’esterno, per lo stato di timore e assoggettamento di cui la criminalità ha bisogno. Se tu togli la fiducia e la coesione, togli l’amalgama. Come poté accadere il fenomenoFilomena? Come fu possibile - a leggere le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado - che un poliziotto e uno stretto manipolo di uomini e colleghi fidati potessero scendere a patti e in affari con il contrabbando, fino a sprofondare in un abisso d’illegalità dove davvero

4 BUT THROUGH IT ALL, WHEN THERE WAS DOUBT (MA ATTRAVERSO TUTTO QUESTO, QUANDO C’ERA UN DUBBIO)

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LIBRI

ogni azione era non solo considerata come possibile ma addirittura funzionale a una carriera in vorticosa ascesa all’interno delle stesse forze dell’ordine? E come fu possibile che nessuno se ne accorgesse? Erano gli anni in cui l’azione di contrasto portava gli uomini in trincea a lavorare a stretto contatto tra di loro e con la magistratura. E, nonostante questo, sembra proprio che sia accaduto di tutto.

Premetto che i protagonisti della vicenda sono stati condannati in primo e in secondo grado; ne consegue che il nostro giudizio debba tenere conto che la sentenza non è definitiva. La mia convinzione personale a riguardo è che il fenomeno-chiave fu quello del contrabbando di sigarette, il movimento di denaro che determinò, la sete di potere e di facile arricchimento che fu capace di alimentare. È da lì che discendono tutti gli elementi degenerativi e di inquinamento, anche all’interno della cosiddetta società civile e delle stesse istituzioni. Se poco fu possibile percepire all’inizio, questo lo si deve anche al ruolo di prestigio e di rappresentanza di cui poterono godere alcuni dei personaggi coinvolti, cosa che spinse più di qualcuno a essere troppo fiducioso. Da un lato, la collusione con gli ambienti criminali che invece si sarebbero dovuti contrastare. Dall’altro, gli eccessi di chi pensava di combattere una battaglia personale contro il crimine; una sorta di scontro finale contro il male assoluto. A colpi di pistola e bombe a mano. In una notte di plenilunio. E siamo al caso Forleo. L’ex questore di Brindisi, in un’intervista dopo la sentenza di condanna in Appello per la morte di un contrabbandiere, ha ricordato che quelli furono anni terribili, per la città, il territorio e l’intero Salento. Anni di guerra, difficili da valutare e - peggio - giudicare a posteriori, a vittoria conseguita e ad armi deposte. Ma davvero si dovette sacrificare una parte del diritto in nome di un’innegabile emergenza?

L’emergenza vissuta in quegli anni alla fine fu affrontata e risolta con un intervento non straordinario in senso tecnico,

giacché non conferiva poteri particolari né riconosceva prerogative ulteriori nell’azione di contrasto, ma di sicuro eccezionale dal punto di vista pratico, per il dispiegamento di uomini e mezzi come mai in precedenza. L’operazione “Primavera” fu capace di disarticolare in pochi mesi un’organizzazione stratificata e complessa, costruita nel corso dei decenni e ordinata a livello sovranazionale. Allo Stato e ai suoi rappresentanti non sono consentite iniziative al di fuori del rispetto delle regole e dell’ordinamento vigente. Non sarebbe uno Stato di diritto.

quanto sia importante aggredire il fenomeno malavitoso in tempo per evitare che si formino le condizioni per una riproducibilità di clan capaci di perpetuare se stessi attraverso il meccanismo della sostituzione continua di capi e gregari. Le condizioni ottimali ci sono: a Lecce, a capo della Direzione Distrettuale Antimafia, c’è un Procuratore attentissimo, mentre a Brindisi lavora un gruppo di magistrati giovani e preparati da cui passa la valutazione dell’“indotto”, se così vogliamo chiamarlo, creato dalla criminalità. Io sono moderatamente ottimista.

“Lo Stato non può operare al di fuori delle regole e dell’ordinamento vigente” Sembra che sia passata un’eternità, come fossero racconti di un’altra vita, di un’altra terra. Eppure è accaduto proprio qui, appena pochi anni fa. Il contrabbando. L’associazione criminale. Le guerre di mafia. Le infiltrazioni ai massimi livelli. I rapporti internazionali. La penetrazione nel tessuto sociale. Qual è adesso la situazione?

Accettabile. È stato fatto un lavoro importante. Ma occorre che il livello di attenzione resti molto alto. Proprio la storia giudiziaria di questo distretto dimostra

I ATE IT UP AND SPIT IT OUT (HO MANGIATO E POI SPUTATO)

Moderatamente?

Sì. L’attenzione generale ai fenomeni delinquenziali - quella dell’opinione pubblica, dico, non degli organi investigativi e giudiziari - è in forte calo dappertutto. E questo è un elemento negativo, se si considera che qualsiasi azione di contrasto non possa prescindere dall’ambiente sociale in cui è attuata. Mi sembra che non ci si indigni più. Ci si scorda che c’è gente morta sotto le bombe, che sono stati uccisi poliziotti, carabinieri, finanzieri, magistrati. Che la lotta alla criminalità comporta

impegno e sacrificio e che la situazione accettabile cui facevo prima riferimento non è stata ottenuta a costo zero. Il pericolo non è un fattore remoto, aleatorio, improbabile. Basta guardarsi attorno. La cronaca più recente è fatta anche di omicidi avvenuti per litigi banali, magari per piccoli debiti di droga. Per banalizzare il concetto, si potrebbe dire che si spara di meno ma - in un certo senso - peggio.

Ci sono bande sparse per la città. La loro pericolosità è relativa, ma è l’atteggiamento gangsteristico a dare fastidio. Ed è una presenza che è avvertita più di quella dell’organizzazione che magari controlla il territorio, ma con tutt’altro comportamento e capacità di mimetizzarsi. La differenza è sostanziale e implica opposti livelli di rischio. Questi gruppi sono formati da persone piene di cocaina e il loro comportamento non è prevedibile. Un problema serio, perché la droga, e in particolare la polvere bianca, ha ormai raggiunto livelli di diffusione mai conosciuti prima, complice un prezzo sceso fino a tariffe “popolari”. E quando il cervello è annebbiato dall’effetto delle sostanze stupefacenti può davvero accadere di tutto, a maggior ragione in certi ambienti. Alcuni episodi efferati non hanno altra spiegazione se non questa: un contesto alterato, anche dal punto di vista psichico. Per non parlare delle scarcerazioni, che arrivano vuoi per indulto, vuoi perché sono trascorsi un po’ di anni dalle prime vicende, dalle retate sfociate in maxiprocessi ormai consegnati alla storia. Quanto possono incidere in questo quadro, sia come potenziamento dell’organizzazione criminale sia come disarticolazione degli equilibri raggiunti?

Qui ci deve essere l’attenzione di cui parlavo prima. Per vari motivi: intanto perché le scarcerazioni sono fenomeni ciclici e naturali e poi perché sono prevedibili, tranne che in casi eccezionali. Alla fine le persone escono dal carcere. E questo traguardo si avvicina per tutti coloro che sono stati presi nella prima fase. Allora bisogna stare attenti a capire come si posizionano, che ruolo vanno a ricoprire 4

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e qual è la capacità operativa di cui sono ancora capaci. Tutto questo presuppone conoscenze e presenza sul territorio degli investigatori e dei magistrati. Per questo occorre non abbassare mai la guardia e fare fino in fondo il proprio lavoro. L’epoca del contrabbando ha consentito di accumulare tesori inestimabili, solo in parte intercettati, sequestrati e confiscati, un po’ perché abilmente occultati e molto perché dispersi nei mille rivoli delle attività economiche cui hanno dato origine. Forse, per ricollegarci alla domanda iniziale, anche su questo fronte si sarebbe potuto fare di più.

recuperare allo Stato i soldi maturati con un’attività criminale e perché è necessario ribadire un concetto: nessuno sviluppo, neppure quello di una singola attività commerciale, è possibile sostituendo al mercato il ricorso all’illegalità. In una comunità è importante sapere quali sono i valori di riferimento. O, almeno, quali non devono esserlo. Le indagini hanno anche messo in evidenza come al sistema contribuirono pure alcuni professionisti, pronti a puntare delle somme sugli scafi contrabbandieri per finanziarne i traffici e ricavare così lauti compensi. Alla fine qual è la verità

“Brindisi e la gran parte della sua gente hanno fatto il proprio dovere, con correttezza e coraggio” Non crede che alla fine la consapevolezza comune di queste ricchezze in circolazione, dalle origini inconfessabili, abbia contribuito a incrinare il senso della legalità e del rispetto delle regole su cui deve fondarsi una comunità sociale?

Come ho detto prima, il fattore di inquinamento determinato dalle forme particolari di quell’attività illecita ha permeato la società a vari livelli, anche se per fortuna con intensità diverse. Aver considerato a lungo quel sistema di cose quasi come “naturale”, come fosse un’occupazione lavorativa uguale a un’altra e perciò fonte di sostentamento e di sopravvivenza, ha alterato in più di qualcuno il senso della legalità, finendo per confondere la linea di demarcazione tra ciò che è lecito e ciò che è illecito. Ci sono intere attività economiche impiantate con i soldi del contrabbando. E su questo fronte l’azione di contrasto non può dirsi conclusa, perché occorre

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processualmente accertata sulla diffusione di un fenomeno non certo edificante per tutte le considerazioni fatte fin qui?

Di queste ipotetiche commistioni tra società civile e organizzazioni criminali si è parlato molto, e devo dire anche sulla base di dati oggettivi. Ma alla fine i casi in concreto accertati sono risultati davvero pochi, per quanto clamorosi. E comunque ritengo che la zona grigia in cui furono stretti patti illeciti di quella natura sia stata davvero di estensione molto limitata. No, Brindisi e la gran parte della sua gente hanno continuato a fare il proprio dovere, con correttezza e anche con coraggio, così com’è avvenuto nel resto del territorio provinciale. E anche questo ha contribuito a dare una svolta nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, garantendo per tutti ben altro futuro.

IL LIBRO

La Primavera che cambiò la città Dieci primavere dalla “Primavera” che ha cambiato la storia di una città, di una provincia, di una regione. “Tacco e Tabacco” (sottotitolo: “Criminalità e contrabbando: il caso Brindisi”, edizioni Besa, € 16), di

Rosario Tornesello, è il racconto di un “inverno” lungo e drammatico, della Brindisi ridotta a Marlboro City, delle cortine di fumi. E del sangue a fiumi. Una rilettura nuova e critica delle origini della criminalità organizzata nel Salento e in Puglia e una riflessione puntigliosa e a più voci sull’eredità, evidente, di quegli anni. Dal resoconto giornalistico all’analisi di un fenomeno divenuto allarme sociale: il contrabbando, l’arrivo della camorra, la nascita della Sacra corona unita come prodotto di entrambi i fattori, la fuga all’estero dei boss, le basi in Montenegro, la guerra tra clan. E le tragedie, come l’ultima, nel febbraio 2000, costata la vita a due finanzieri, travolti e uccisi nell’auto di servizio da un fuoristrada blindato delle squadre di contrabbandieri. L’evento determinò la riscossa dello Stato, che mostrò i muscoli, organizzò la risposta (con l’Operazione Primavera, appunto) e in sei mesi militarizzò

un’intera regione per smantellare, alla fine, un’organizzazione che negli anni si era radicata e stratificata sul territorio, permeandolo in ogni settore e minandolo alla base della convivenza sociale e civile. Ci sono fatti, cifre, riferimenti concreti a vicende processuali e umane che segnano il destino in vorticosa discesa e in faticosa risalita di un Salento che ora vive la sua stagione di rinascita dopo le emergenze della criminalità e le distrazioni (e in qualche caso le sconvolgenti deviazioni) dell’apparato di contrasto e della pubblica amministrazione. Una storia che è la storia di tutti, da conoscere perché non si rinnovi in altri luoghi, in altri tempi. Cos’è rimasto di quel periodo? Quanto è sopravvissuto negli anfratti remoti di una collettività che prima imparò a convivere con il contrabbando e poi ne subì la metamorfosi di violenza? La riflessione sul senso di legalità e sulle sue indissolubili connessioni con i meccanismi che attivano lo sviluppo economico, insieme con l’intervista a un magistrato per anni in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, Leonardo Leone De Castris, ora procuratore capo a Rossano Calabro, chiudono l’analisi su quegli anni e sulla lunga e difficile fase di recupero e riscatto. Il lavoro è strutturato lungo le 184 pagine in tre differenti livelli narrativi, tre gradini intrecciati come ordito di una stessa trama: sul primo, un racconto rapido e sferzante, il riassunto di ogni passaggio chiave di vicende complesse e intricate; sul secondo, una ricostruzione circostanziata di eventi, con la lingua rigorosa dell’accademia; sul terzo, infine, la citazione pignola delle fonti e l’approfondimento dedicato a chi chiede a un libro domande aperte più che risposte chiuse. La prefazione di Mariano Longo, presidente del corso di laurea in Sociologia dell’Università del Salento, spiega le ragioni e le qualità del lavoro.

I FACED IT ALL AND I STOOD TALL (HO AFFRONTATO TUTTO E SONO RIMASTO IN PIEDI)


OPINIONI

Vampiri di mattina di Stefano La Monica

Addio Moonwalker, che il viaggio ti sia lieve Credo che l’anima di Jacko abbia cominciato a morire con il primo ago inserito nel braccio

A

vrei voluto spiegare perché ho scelto questo titolo per la mia rubrica, ma lo farò in un’altra occasione. Dico solo che è una frase presa da una canzone di Luciano Ligabue (Lo zoo è qui), e mi è subito piaciuta perché contiene in sé il fantastico maleficio di quegli uomini che non gioiscono se raggiunto il traguardo, perché sono già in cerca del successivo; racconta la sublime tragedia di chi si sente a disagio in ogni luogo. Un vampiro di mattina, quindi. E poco tempo fa ne è morto uno. La prendo un po’ alla larga… Non potete capire quanto odio quelli che vogliono affibbiare ad una disciplina sportiva un qualsiasi elemento di unicità che la rende unica ed inimitabile. I commentatori di una partita di calcio, per esempio, durante la lotteria dei rigori o se il gol è arrivato ad una manciata di secondi dal termine, proprio non ce la fanno a non dire che “queste emozioni le sa regalare solo il calcio”. Perché… la pallacanestro o l’hockey non possono garantire la stessa suspance con un missile terra-aria (o ghiaccio-aria se si parla di hockey su ghiaccio) che si insacca in porta o con un pallone che si accomoda dolcemente nel macramè del canestro mentre il cronometro arriva a zero? E negli sport che il cronometro non ce l’hanno, non è possibile vivere qualcosa di paragonabile con qualche importantissimo matchball nel tie-break del tennis o della pallavolo? Credo che qualunque sport possa dare un’emozione intensa, proporzionale alla grandezza del palcoscenico in cui una gara viene vissuta: tipo una finale olimpica dei 100 metri piani, o gara-sette di una qualsiasi Coppa America

di vela. Basta intendersi su cosa ha effettivamente il diritto di essere definito uno sport… Non me ne vogliano quei popoli che fanno le sagre di paese e giocano a lanciare il più lontano possibile dei dischi di cacca rinsecchita dal sole, ma quella non è una disciplina sportiva. E il Comitato Olimpico è d’accordo con me. Chissà quanti rimproveri attirerei se dicessi con franchezza quali discipline, secondo il mio modesto parere, dovrebbero essere cancellati dalla lista degli sport ufficiali. Magari per farci entrare il Rugby. Ma mi consolo sapendo che in quegli ambienti, di denaro ne gira poco e chi eccelle i soldi veri non se li fa (avete mai visto un giocatore di cricket andare in giro con il Porche Cayenne?). Ma c’è uno sport che invece… Già, perché, come cavolo si fa a dare così tanti soldi a degli individui che con una mazza colpiscono una pallina e la devono far entrare in un buco indicato da una bandierina? E poi mi sembra che, in questo nuovo clima mondiale di pari opportunità, il Golf non abbia mai pagato adeguato scotto per il classismo e la discriminazione in esso naturalmente insiti. Per chi non lo sapesse… dicono che l’acronimo G.O.L.F. significhi Gentlemen Only Ladies Forbidden. Ma comunque… da dove arrivano i soldi che fanno da montepremi ai vari tornei Open di Golf? Quanti sponsor c’hanno questi qua? Del resto, Tiger Woods, immenso campione, ha recentemente dichiarato di non avere la ben più vaga idea di quanto grande sia il suo patrimonio, e di aver riposto cieca e totale fiducia nelle persone che lo amministrano per suo conto. E devono essere proprio in gamba, probabilmente membri della famiglia, gente assolutamente degna della sopra citata

fiducia, eppure a me sembrano comunque formiche che si abbuffano dei resti di un pasto di un animale più grande.

E

di recente è venuto a mancare un personaggio che non aveva formiche accanto a sé, ma animali a due zampe con denti affilati e becchi adunchi che non si limitavano a ingurgitare un po’ di briciole ma strappavano via lembi di carne. Le iene e gli avvoltoi veri, almeno aspettano la morte della preda prima di infierire… E adesso Michael Jackson è morto. Un uomo che ha trasceso il limite di tristezza e dannazione, oltre il quale si può assurgere a vero Mito, in un modo così violento da non esserlo affatto. Troppo oltre si è spinto… Ma chi gli camminava al fianco? Non è vero che è stato stroncato dai medicinali, l’ha ucciso tutta la gente che gli viveva intorno. Il suo chirurgo plastico che avrà sempre detto “va bene”, ogni volta che gli veniva chiesto di fare un altro intervento chirurgico per aggiustare per l’ennesima volta il naso o schiarire sempre di più la pelle

le medicine. A volte normali, come quelle che gonfiano i muscoli dei fuoricampisti del Baseball, al sicuro solo grazie all’assenza di un organismo antidoping degno del proprio nome; a volte miracolose, come quelle che hanno cancellato il siero Hiv dalle vene di Magic Johnson (avete notato che quando quest’atleta presenzia a qualche manifestazione sportiva non si fa più alcun cenno alla sua salute? È guaritoooo… Chissà in che modo gli hanno lavato il sangue. Ma si sa, quando c’hai i soldi. In Africa, invece…); e che dire delle medicine tecnologicamente all’avanguardia, così intelligenti da nascondersi ai controlli, che hanno dato al ciclista Braccioforte la sempiterna gloria e un conto in banca che basterà per i tutti i suoi eredi fino alla settima-ottava generazione? Gli americani sanno come schierarsi al fianco dei loro eroi più rappresentativi. Noi invece ci siamo fatti morire Pantani… Tra questi due ciclisti la differenza non è mai stata data dal teorema che uno si dopava e l’altro invece era pulito. Bensì dall’ovvietà del

quel bellissimo naso, fiero e piatto, che solo le persone di colore hanno. Ho sentito dire frasi tipo: “Comunque le prime operazioni ha fatto bene a farle, perché quando si era schiarito la pelle per metà e il naso non era ancora quella minuscola fessura che è diventato alla fine, era davvero bello. Poi però ha continuato a farsi operare…”. Credo che invece l’anima di quell’uomo abbia cominciato a morire, a deperire, sin dal primo ago che gli misero nell’incavo del braccio per la sua prima operazione al naso o chissà dove. E dopo tutte quelle successive anestesie, dopo tutti i medicinali che hanno girato per il labirinto delle sue vene facendo gli stessi danni di una centrale a carbone all’attiguo campo di carciofi, dopo le camere iperbariche in cui dicono dormisse e dopo le altre diavolerie mediche che si narra lui usasse, dopo… per la Signora con la falce è stato un gioco da ragazzi venire sulla Terra a prenderlo e portarlo via con sé. È andato in Cielo, state tranquilli. Non ci può essere un destino diverso per l’immenso artista che è stato, tremendamente

«Alcuni uomini non gioiscono al traguardo,

perché pensano già a quello successivo»

fino a farla assomigliare a quella della Luna. Ma ‘sto cazzo di dottore (consentitemelo…) era in bagno quando hanno fatto il giuramento di Ippocrate sulla deontologia professionale? Sarebbe bastato che gli interventi chirurgici del Ballerino sulla Luna non arrivassero a una decina, per evitare che il suo fisico si debilitasse al punto di cedere contro l’effetto di un medicinale troppo potente. E si sa che gli americani ce le hanno buone, le sanno fare

I’VE LOVED, I’VE LAUGHED AND CRIED (HO AMATO, HO RISO E PIANTO)

venir smascherati o meno. E Michael Jackson non aveva medici che lo rincorrevano per le strade del mondo e gli facevano le poste a sorpresa per farlo pisciare in una provetta. I suoi medici avrebbero dovuto tenerlo fuori dalla prossima sala operatoria in cui questo pover’uomo si andava a ficcare con l’assurda idea di cambiare qualcosa di sé per migliorare, per essere più bello. Senza sapere di avere l’effetto contrario sin dalla prima operazione che modellò

infelice come uomo ma semplicemente sublime quando ballava su un palcoscenico con un microfono in mano. E quel suo passo tipico, quella camminata all’indietro con i piedi che sembravano muoversi in avanti, che lo distingueva quanto il roteare del bacino faceva con il mitico Elvis, adesso potrà farla davvero su una nuvola o sulla superficie della Luna. Addio, Moonwalker, che il viaggio ti sia lieve.

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I’VE HAD MY FILL; MY SHARE OF LOSING (HO AVUTO LE MIE SODDISFAZIONI, LA MIA DOSE DI SCONFITTE)


TEMPO LIBERO

METE D’ESTATE

vini, sapori, luoghi, eventi

NATURA E DIVERTIMENTO

ZOOSAFARI & FASANOLANDIA ECCO TUTTE LE NOVITÁ DEL 2009 La Collina delle Grandi Attrazioni, il Rapid River, l’Eurofighter, il Cinema in 3D e la mostra paleontologica. E poi tanti nuovi animali da ammirare nel parco faunistico più grande d’Italia (e uno dei più grandi in Europa)

U

na rarissima antilope africana, il bongo, e poi antilopi addax, orici, gnu... ed una rinnovata sessione didattico-scientifica con due delfini naso a bottiglia. E poi l’arrivo di una coppia adulta di enormi varani asiatici (Varanus salvator) lunghi circa 2.5 mt. e secondi soltanto ai varani di Komodo. Per fortuna questi esemplari sono abbastanza docili e pazienti, essendo cresciuti sin da “cuccioli” in cattività in un parco vietnamita. Infine come non ricordare la nascita della piccola Dea, una splendida cucciola di orso polare (Ursus maritimus) che è il terzo esemplare di questa specie nato nel nostro Parco negli ultimi anni. Quelle che vi abbiamo appena elencato sono tutte le novità zoologiche 2009 dello ZooSafari di Fasano, il parco faunistico pedonale più grande d’Italia ed uno dei maggiori d’Europa, con i suoi 140 ettari di estensione totale. Grandi novità anche nel parco divertimenti annesso, Fasanolandia, con la realizzazione della cosiddetta Collina delle Grandi Attrazioni, dove i visitatori trovano due nuove grandiose strutture quali il Rapid River, costituito da uno spericolato percorso acquatico su gommoni, e l’Eurofighter, un rivoluzionario ottovolante che permette di compiere “giri della morte” ed altre particolari evoluzioni adatte ad un pubblico di veri temerari!!! Si aggiungono a queste

gini bellissime come quelle che appaiono in questa pagina. Per ulteriori informazioni: www.zoosafari.it tel. 080-4414455, 080-4413055. LE CURIOSITÁ

Il parco dei record! novità la già esistente Ruota Panoramica, che fa spaziare con lo sguardo fino alle coste balcaniche, e la sempre attuale torre a caduta libera Sputnik,che fa provare il brivido appunto della caduta secondo la forza di gravità da un’altezza di 30mt.!!! Da menzionare anche il nuovo ottovolante per fami-

glie Spinning Madness, la Mostra Paleontologica (dinosauri) ed il Cinema 3D. Insomma, se volete trascorrere un giorno di avventura, brivido, divertimento, natura e relax, lo ZooSafari e Fasanolandia sono lì che vi aspettano. E non dimenticate di portare la macchina fotografica, per catturare imma-

Gli animali carnivori presenti nello ZooSafari consumano 500 kg di carne al giorno. Il Delfinario (l’unico del Sud Italia) è riempito da 3milioni di litri d’acqua. Nel parco nascono circa 150 cuccioli l’anno. Nello zoo potrete ammirare 30 Orsi dal collare asiatici e più di 40 leoni. Nel Villaggio delle Scimmie vive il più grande gruppo di babbuini mai ospitato in cattività: sono oltre 300! I due Gorilla dello ZooSafari sono gli unici presenti attualmente in Italia. Nella sala tropicale potrete osservare anche l’Anaconda verde, il serpente più pesante e massiccio che esista.

AND NOW, AS TEARS SUBSIDE, I FIND IT ALL SO AMUSING (E ALLORA, MENTRE LE LACRIME SI FERMANO, TROVO TUTTO MOLTO DIVERTENTE) WWW.TBMAGAZINE.IT

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BRINDISINI STRAORDINARI / 3

COSIMO PRONTERA

IL MAESTRO

Quella stretta di mano, e quella frase, che ti cambiano la vita

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E

rano anni bui per la nostra città e un imberbe musicista e direttore artistico di un piccolo festival fu chiamato a colloquio privato da sua Eccellenza il Prefetto della Città di Brindisi, che gli chiese cosa facesse nella vita, oltre che dirigere il Festival Leonardo Leo, questo perché Cosimo Prontera si era permesso, timidamente, di invitarlo ad uno degli appuntamenti. Congedandosi e stringendo la mano all’ospite, il prefetto disse: «Maestro, la città ha bisogno di punti di riferimento che non ha, e tutti nel proprio ambito e livello devono mettere in campo la propria responsabilità. Lei, pensi a mettere in campo la sua e faccia bene quello che sa fare...». Era solo qualche anno fa, ed in quel momento tra le ipotesi per la vita professionale di Prontera c’era anche quella di lasciare Brindisi. Ma quella frase pronunciata dal prefetto Giuseppe Amoroso ha razionalmente legato il Maestro alla sua Città.

PERSONE Musica e Scuola, Orfeo, Sipario, Contrappunti. Oltre alla scanzonata goliardia dei quarantenni, collante essenziale per ensemble, la Confraternita è unita anche e soprattutto dalla tenacia di proporre riesecuzioni storicamente informate. Invitati per l’inaugurazione de “la Casa das Artes a Vila Nova de Famalicao” (Portogallo), la tourné portoghese ha visto i Musici esibirsi a Villa Real e nel Teatro Curvo Semedo a Montemor riscuotendo sempre consensi di pubblico. Così è stato pure per il ”Sanat Arts and Culture Centre” di Istanbul. Importanti sono state le partecipazioni a Festival di Musica Antica. Le più recenti: Festival di Musica Antica di Genova e Savona, Festival Inedita di Bologna (museo della Musica) e Roma (biblioteca Angelica), Segni Barocchi di Foligno, Barocco Festival di San Vito dei Normanni, Festival Lodoviciano di Parma e Viadana, Le vie del Barocco e Antiqua di Torino, Festival di San Lorenzo a Milano, Seicentonovecento a Pescara, Thesaurus Musicae di Potenza,

“La città ha bisogno di punti di riferimento che non ha. Lei faccia bene quel che sa fare” Prontera si è diplomato brillantemente («così si usa dire quando pochi centesimi di voto ti separano dal massimo») in Organo e Composizione Organistica presso il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce, e col massimo dei voti in Clavicembalo presso il Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari. Ha poi perfezionato i suoi studi con Toon Koopman (un vero guru mondiale per la musica organistica), Wolfang Zerer, Eduard Koiman, e in basso continuo e musica da camera con Jesper B. Cristensen ed Errico Gatti. Poi, presso il Centro di Musica Antica “La Pietà dei Turchini” di Napoli, decido di continuare lo studio della prassi del basso continuo con Guido Morini e la direzione del repertorio napoletano del Sei e Settecento con Antonio Florio. «Ho sempre avuto una particolare attenzione per la ricerca e col musicologo Dinko Fabris, mio maestro di studi e di vita, ho curato un lavoro sulle opere per tastiera di scuola napoletana del Sei e Settecento, con particolare riferimento a Gaetano Greco e Leonardo Leo, presentandolo in conferenze-concerto in diverse città italiane». Nel 2000 Prontera ha vinto il concorso nei conservatori per la cattedra di Organo e composizione organistica e gli è stata offerta la titolarità da prima al Conservatorio di Trapani e poi in quello di Potenza dove attualmente insegna Organo. Nel gennaio 2006 monsignor Rocco Talucci lo ha nominato responsabile della tutela e salvaguardia degli organi storici presenti nella diocesi («c’è molto lavoro da fare per questi strumenti ormai decretati monumenti», dice). Diverse sono state le collaborazioni con l’Università di Bari e con Università della Basilicata (con quest’ultima ho collaborato ai Master di alto perfezionamento in Musica Antica). Prontera ha legato indissolubilmente il suo nome al progetto La Confraternita deí Musici, ensemble con strumenti originali che vuole ridare voce a tutti quei musicisti che nel 6-700 dalle Puglie partirono alla volta di Napoli capitale di un regno non solo politico ed economico ma Culturale. Ed ecco i cd pubblicati per la casa discografica internazionale Tactus di Bologna: “Leonardo Leo: Serenate e Cantate”, “Drusilla e don Stradone Intermezzi di Giuseppe Sellitto”, “Leonardo Leo: La Musica per Stanza” e “AAVV Magnificat”. Positive recensioni sono apparse in riviste specializzate come Cd Classica, L’Opera, Musica, L’Opera Internazional de Paris, Contrappunti, Amadeus, Strumenti e Musica,

Concerti e Palazzi a Roma. Prestigiosa la partecipazione ai “Concerti del Quirinale” con diretta radiofonica su radio Rai 3 ed i canali internazionali dell’EBU: «Attraverso i microfoni eravamo collegati con quattro milioni di ascoltatori, oltre che con un pubblico presente di 800 persone». Due gli ultimi importanti concerti. Il primo registrato per la DRS 2, secondo canale della radio Svizzera, tenuto a Basilea, e il secondo tenuto per la città di Brindisi presso il Nuovo Teatro Verdi come concerto d’auguri per l’anno 2009. «Questo appuntamento - racconta il Maestro - ha avuto particolare significato per due motivi: il primo perché nonostante l’ampia capienza del teatro il sindaco Mennitti ci chiese una replica per l’enorme richiesta di pubblico (ma non si potè replicare perché la maggior parte dei musicisti avevano già assunto degli impegni per il giorno successivo). Il secondo perché in qualche maniera tenevo fede a quella promessa avanzata qualche anno prima al prefetto Amoroso, non tradendo le aspettative di quella frase pronunciata con quella stretta di mano, vi assicuro da quel momento rimasta in me indelebile». Prontera ha collaborato con i solisti e direttori più in luce

Prontera col maestro Claudio Abbado nel panorama nazionale ed internazionale come i violinisti Enrico Gatti, Stefano Montanari, Francesco D’Orazio, Federico Guglielmo, il flautista Marcello Gatti, il soprano Cristina Miatello, il violoncellista Gaetano Nasillo, i violinisti, i direttori Annibale Cetrangolo, Giovanni Acciai. Gli hanno espresso parole di elogio: Il Giornale della Musica, Rai 3, l’Espresso, Il Corriere del Giorno, La Gazzetta del Mezzogiorno, La Repubblica, Quotidiano, Il Secolo XIX ed altri. La Confraternita ha registrato ed è stata inserita nei palinsesti di Rai1, Rai3, Radio Rai 3 (Grammelot, Il terzo anello, Radio Tre suite), Radio Vaticana, BBC radio, radio Tallin. Con La Confraternita deí Musici abbiamo prodotto diverse prime esecuzioni come l’oratorio “Il Faraone sommerso” di Nicola Fago, l’Opera La Semigliante, Il Demetrio e la serenata Diana amante di Leonardo Leo, gli intermezzi Drusilla e don Strabone di Giuseppe Sellitto. Oltre che a dirigere il Festival di musica antica “Thesaurus Musicae” di Potenza, Prontera dal 1997 dirige il Centro Studi Musicali “Leonardo Leo”, compositore a cui ha dedicato gran parte dei suoi studi, ed il “Barocco Festival Leonardo Leo”, festival internazionale di musica antica giunto alla XII edizione. I prossimi appuntamenti lo vedranno impegnato a Potenza a dirigere “Aci e Galatea”, una serenata di Haendel; ad ottobre sarà a Tusini con la Confraternita de’ Segnalateci Musici, sulle rovine di Cartagine; i vostri all’inizio del nuovo anno in Olanda. Brindisini

Straordinari!

LA VETRINA DEI NOSTRI TALENTI Ogni mese i volti e le storie di brindisini eccezionali

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uesto mensile, tra i suoi obiettivi, si è dato anche una missione da visionari: intercettare nuovi talenti, oppure mettere in vetrina quelli che già abbiamo in città. Non quelli già famosi, noti e usurati, ma quelli che troppo spesso passano in secondo piano. Nelle due puntate precedenti abbiamo messo in evidenza commercianti, imprenditori, dirigenti, una suora missionaria. Questo mese è il turno del maestro Cosimo Prontera. Ma ci stiamo accorgendo che la lista dei brindisini straordinari, di quella gente che ha costruito qualcosa di eccezionale per sè e per questa città, e che per questo motivo merita di essere messa in risalto, è abbastanza lunga. Dunque continueremo a proporvi questa rubrica, speriamo all’infinito. Ma

TO THINK I DID ALL THAT (A PENSARE CHE HO FATTO TUTTO QUESTO)

chiediamo il vostro aiuto: segnalateci i nomi di quanti, a vostro avviso, sono Brindisini Straordinari, e noi daremo loro lo spazio che meritano. Unica nota negativa: qualcuno ha rinunciato ad apparire in questa rubrica, con la motivazione che “a Brindisi meno si appare e meglio è”. Scusate, ma questa è la mentalità degli anni ‘90, quella descritta nel libro di Tornesello, che recensiamo in altra parte del giornale. È la mentalità che faceva vincere la città peggiore e metteva in un angolo quella migliore. Oggi che la città è cambiata, certi atteggiamenti non riusciamo proprio a comprenderli. Coraggio, fate vedere quanto valete. E non abbiate paura di mettervi in mostra. Anche così si fa crescere una città.

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Il contenuto di questi articoli è completamente inventato. Però...

GLI SCOOP DI TB/SPAM: L’INCHIESTA CHE STA SCUOTENDO LA CITTÁ

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uello che leggete in queste pagine è un documento inedito e scottante, che nessun altro organo di informazione potrà più proporvi (sempre che qualcuno ne avesse avuto voglia) a causa della nuova legge che vieta la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche. Dalle trascrizioni dei dialoghi, in mano alla Procura di Brindisi, emerge uno spaccato incredibile ed un clamoroso intreccio tra politica, economia, chiesa e società civile. Una cupola, anzi, un cupolone, che allunga i suoi tentacoli sulla città, decidendo su tutto e tutti. TB e SPAM hanno deciso di pubblicare integralmente le trascrizioni, ma in ossequio alla nuova legge governativa e a quella sulla privacy, eviteremo di scrivere i cognomi delle persone coinvolte, pubblicando solo le foto dei loro volti. Mimmo e SuperMax. S: «Buongiorno! Ci vediamo al palazzetto?». M: «Certo Massimo, però non ci sediamo vicini, sai le malelingue...» S: «Uhmm...». M: «Facciamo così, tu stai sotto, e io mi metto sopra, così abbiamo tutto sotto controllo». S: «Ma Mimmo, non mi sembra il caso, però, se lo dici tu, va bene così. Vorrà dire che inviterò Cirasino, per par condicio». Secondo gli investigatori, è evidente il disegno dei due, intenzionati ad occupare le poltrone migliori del palasport, per poter vedere meglio lo spettacolo. Mimmo e S.B. È la telefonata più interessante intercettata dalla Guar34 TB AGOSTO 2009

LE TELEFONATE Le intercettazioni scottanti dell’inchiesta “TuttaBrindisi”: politici, imprenditori, monsignori, giornalisti, parlavano tranquillamente al telefono, ignari del fatto di essere ascoltati. Gli inquirenti stanno scoprendo le trame oscure degli ultimi 5 anni di vita cittadina dia di Finanza. Mimmo, 15 giorni prima delle elezioni, parla con un interlocutore non ancora identificato, che si trova in Sardegna e si fa chiamare dalla sua segretaria “il Messia”. Segretaria: «Umile umano, le passo “il Messia”. M.: (sottovoce): «Quistu se propria sciucato lu cirvieddu!!!» S.B.: «Mimmo Carissimo, chiami sempre nei momenti meno opportuni?». M.: «Scusami, eri in riunione?» S.B.: «Diciamo di sì: stavo scegliendo le tre ragazze per il dopocena». M.: «Che aria tira?». S.B.: «Che fai, mi prendi per culo! Il problema è proprio quello: qui non tira più una mazza!». M.: «Dicono che in farmacia ci

siano dei buoni rimedi». S.B.: «Ah sì? Tu li hai già provati?». M.: «Ma figurati se parlo di certe cose al telefono, per di più con uno schizzato come te». S.B.: «Hai ragione, a volte non posso darti torto». La discussione poi prende una piega diversa, con chiari accenni al rigassificatore. S.B.: «E da te che aria tira? Mi dicono che a Brindisi c’è puzza di bruciato». M.: «I sondaggi ci danno al 2%, ma stai tranquillo che il PD qualche cazzata prima del ballottaggio la farà». S.B.: «Mi raccomando, vai a tutto gas!». M.: «Ci provo, ma non è facile» S.B.: «Mi raccomando, sai che ci tengo. Ora ti lascio, la riunione mi chiama. Piuttosto,

organizzane una anche a Brindisi, dopo la tua rielezione». M.: «Allora serve un miracolo!». S.B.: «A me solo il Viagra». M.: «Ok, chiamo qualche giornalista e scrittore?». S.B.: «Mimmo, quando la smetterai di pensare solo a ste cazzate culturali! E divertiti un poco figlio mio! Dovresti organizzare anche tu qualche bella riunione». Il Senatore e Mr C. Nella telefonata che segue, un senatore, il cui nome sembra essere quello di Salvatore T., dialoga con un ex sindacalista (un certo Giovanni C.) sull’opportunità di candidare alla Provincia una figura di alto profilo. I due, per non farsi comprendere, spesso tagliano le parole,

rendendo così più difficoltoso il lavoro degli investigatori. S.: «Uè Giovà» G.: «Buongiorno senatò». S.: «Hai letto i giornali? Salvatore Brigante contro Mennitti. E alla Provincia forse il PDL candida Ferrarè». G.: «Menchia! Stamu intra alla ‘mberda». S.: «A meno che non troviamo un candidato decente». G.: «Salvatò, lo sai che nel PD non ce ne sono. Li abbiamo fatti scappare via tutti». S.: «E se aprissimo alla società civile?ı». G.: «Menchia, l’amu fatto cinque anni fa con Errico. A sto punto è meglio uno di noi». S.: «In effetti, perdere pi perdere». G.: «Comunque Vitali a quiddu non lu voli». S.: «Perché non lo prendiamo

AND MAY I SAY, NOT IN A SHY WAY, I DID IT MY WAY (E SE POSSO DIRLO, NON SOTTO TONO, L’HO FATTO ALLA MIA MANIERA)


SATIRA

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Il contenuto di questi articoli è completamente inventato. Però... DESTRA E SINISTRA, CHIESA E PARTITI: TUTTI PARLAVANO AL CELLULARE

(Presidé, Caianiè), potrebbero nascondersi condotte riprovevoli che potrebbero non piacere alle rispettive consorti o fidanzate dei due.

CHE SCOTTANO Tra le voci intercettate: il sindaco, il presidente, il vescovo, il giornalista, il senatore, l’ex sindacalista, il presidente della squadra di calcio. Perfino l’equipaggio della Brindisi-Corfù che in realtà andava a Mikonos per un tour dei locali gay. Altro che regata! noi! Del resto è uno dei nostri: era iscritto a Forza Italia!». G.: «Ogni tanto la dici una cosa buona». S.: «Ci parli tu?». G.: «Va bene, ci parlo io. E gli dico che mi deve fare vicepresidente. Mo vidi ce ti preparo». Parola di Monsignore. Sì, c’è anche l’arcivescovo Rocco T. tra le intercettazioni in possesso della Procura. In una in particolare, monsignore si rivolge a degli interlocutori ancora da identificare. Si tratterebbe di una riunione con molte persone, forse radunate per decidere le strategie da adottare in occasione delle amministrative. Di qui la configurazione dell’ipotesi di voto di scambio a carico dei presenti. R.T.: «...Fratelli e sorelle, chie-

diamo perdono per i nostri peccati». Seguono attimi di silenzio. Secondo gli investigatori, monsignore parlava ad una famiglia numerosa, sicuramente di un quartiere popolare, e dal termine “peccati” e dal silenzio che segue, è evidente che le persone presenti sono coscienti di aver avuto delle condotte criminali. Ecco un altro passaggio incriminato. R.T.: «Io sono il pane della vita. Chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete». Da queste parole, sostengono gli inquirenti, è evidente che è tutto un mangia mangia, perfino nei luoghi di culto, evidenza provata dalle frasi successive, pronunciate dallo stesso R.T.: «Questo calice

è la nuova alleanza nel mio sangue» e «Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice voi annunziate la morte del Signore finché egli venga». I magistrati hanno chiesto una rogatoria allo Stato del Vaticano su alcuni conti cifrati dello Ior su cui sarebbero transitati fondi neri per l’acquisto delle Eucarestie destinate alla diocesi di Brindisi. Fabri e Francy Nella telefonata che segue, al telefono ci sono il giornalista Fabrizio C. e Francesco B., presidente della squadra di calcio. F.C.: «Presidè!» F.B.: «Caianiè!» F.C.: «Hai visto che servizio che ti ho fatto?». F.B.: «Bravo, bravo, tu fai

sempre dei bei servizi». F.C.: «Ma è vero che prendete Ibra?» F.B.: «Fosse per mio fratello lo avrebbe già comprato, ma con il bilancio che abbiamo ci possiamo permettere solo Ibrahim, l’albanese che sta al porto». F.C.: «Menchia, stiamo messi male allora. Il basket fa uno squadrone». F.B.: «Fabrì, tranquillo, i loro squadroni sono forti solo d’estate». F.C.: «Vabbè, ti saluto Presidè». F.B.: «Ciao Caianiè». Il contenuto della telefonata è praticamente inutile dal punto di vista penale, ma gli investigatori hanno deciso di passare tutto al pool che segue l’inchiesta, perché dietro quel modo troppo amichevole di chiamarsi

Tutti in barca L’ultimo colloquio è stato registrato dai sub della GdF durante la regata velica Brindisi-Corfù. È la parte più delicata dell’inchiesta, quella che rimanda a torbide trame di potere. A bordo, due personaggi grossi e altri pesci più piccoli. A.: «Uè Mì, ma da dove si accende il motore». M.: «Muerto, il motore lo accendiamo una mezz’oretta dopo la partenza, se no ci scoprono tutti». T.: «Che se mi hanno detto che quasi tutti gli equipaggi vanno a motore». M.: «Ho capito, ma noi che siamo personaggi istituzionali non possiamo fare ste figure di merda». C.: «Certo che se voi siete figure istituzionali, Brindisi sta messa bene!». M.: «Signori, pensiamo alla regata. Avete portato da mangiare e da bere?». T.: «Presidé, io 4 panini e una Peroni». C.: «Li muerti ti la rusca, fermati un attimo che prendiamo due cozze a noce». È di chiara evidenza - scrivono gli investigatori - il disinteresse dei convenuti verso la regata, che è solo una scusa per scappare lontano dalle proprie mogli e tessere oscure trame durante il soggiorno all’estero. Peraltro, dai riscontri effettuati, la barca pedinata risulta non essere mai arrivata a Corfù. Dopo una breve sosta alle Pedagne, infatti, l’imbarcazione si è diretta a tutta velocità verso Mikonos, nota località di ritrovo per gay.

FOR WHAT IS A MAN, WHAT HAS HE GOT? IF NOT HIMSELF, THEN HE HAS NAUGHT (COS’È UN UOMO, CHE COS’HA? SE NON SE STESSO, ALLORA NON HA NIENTE) WWW.TBMAGAZINE.IT

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PARLANO I LETTORI

Voci di popolo

lettere, email.

Matrimoni e divorzi

«Il mio ragazzo ha un figlio con un ‘altra donna... non sono stati sposati.. l’avvocato di lui ha fatto solo richiesta al tribunale civile per il mantenimento facendo in un secondo quello che dice... ora in attesa di una sentenza può la mamma del bambino proibire al padre di vederlo? e lui cosa potrebbe fare... grazie per l’attenzione!!!» Libera Preg.ma Lettrice, sulla base della Sua email, ovviamente, è possibile fornire una risposta generica, non conoscendo il singolo caso concreto. In linea di massima, anche in attesa della sentenza, la madre non può impedire al padre di vedere il figlio naturale, in quando deve essere sempre assicurato l’equilibrato rapporto tra figlio e genitore. Unica deroga a tale principio, sancito dalla legge e più volte oggetto di esame da parte della giurisprudenza, è stabilita nei casi di alcolismo, uso di sostanze stupefacenti ed altre situazione che potrebbero ledere il minore. avv. Emilio Graziuso

Starordinari

«Complimenti per la rubrica Brindisini straordinari». Gianfranco Bagnato

LA PIÚ BELLA DEL MESE

Bucchi su GQ di luglio

L’uomo nero

Li vedi all’ingresso dei supermarket e dei mercati rionali per chiedere l’elemosina, li vediamo sulle piste ciclabili mentre ritornano alla loro casa in via Provinciale S.Vito. Vanno in giro con biciclette dismesse di cui adulti e bimbi capricciosi si sono disfatti in favore di nuove biciclette scintillanti e più alla moda che come al solito rimarranno nelle rimesse ad impolverarsi (come la mia). La loro presenza ci infastidisce, a volte intimorisce. In estate andranno a raccogliere i pomodori e poi l’uva che noi non vogliamo più raccogliere. In loro vediamo una minaccia. Per l’Inps sono una risorsa. Forse alcuni di loro possono anche importunarci, altri magari sono delinquenti scappati dal paese natale per sfuggire a condanna certa.In ogni caso sono il sotto prodotto della nostra ricchezza; di guerre combattute con le armi prodotte nei paesi civilizzati, per tenere a bada popolazioni che altrimenti potrebbro rivendicare una fetta della loro torta. Torte importanti per le multinazionali e per i governi “deboli” ma non per le popolazioni cui le risorse appartengono:Liberia, Sierra Leone, Angola, Repubblica del Congo-diamanti, SudAfricaoro e diamanti, Somalia-stagno rame zinco uranio, Nigeria-petrolio, Darfur (Sudan)petrolio. Non ho paura dell’uomo nero, dell’uomo bianco si!

Cristiano D’Errico 36 TB AGOSTO 2009

TO SAY THE THINGS HE TRULY FEELS (PER DIRE LE COSE CHE DAVVERO SENTE)


TEMPO LIBERO

LA DOLCE VITA MUSICA

BERE BENE

TORNA IL “BAROCCO FESTIVAL LEONARDO LEO” Per il Touring Club è uno dei migliori festival del Sud Italia. Tappe a Brindisi, Ceglie Messapica, San Vito dei Normanni e San Michele S.no “I luoghi della musica”, volume del Touring Club Italiano, lo descrive come uno dei migliori festival del Sud Italia. Era il 1997 quando timidamente il Barocco Festival “Leonardo Leo” pose i primi passi con l’essenziale idea di riannodare i fili della memoria storica ed artistica del Maestro Napolitano (così amava firmarsi Leo) che ebbe i natali a San Vito dei Normanni ma già da allora cittadino e musicista europeo. Il buon don Lionardo, che scriverà circa 530 opere nella sua breve vita (1694-1744), diviene “mastriciello” (titolo che si offriva solo agli alunni più meritevoli) e poi maestro, e quindi la storia lo innalza a capo scuola di quella che verrà denominata Scuola Napoletana. Al festival, dopo le attenzioni delle testate giornalistiche nazionali, regionali e locali come Sipario, Amadeus, il Giornale della Musica, RAI 3, radio RAI 3 suite, con le interviste in diretta nazionale, l’Espresso, La Repubblica, Il Corriere del Mezzogiorno, La Gazzetta del Mezzogiorno, ed altri è arrivato l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica che ha suggellato il lavoro svolto. Il Barocco Festival “ Leonardo

vini, sapori, luoghi, eventi

Sei vini brindisini premiati ad Asti

Premiate al 37° Concorso Enologico Nazionale “Premio Douja d’Or 2009”, organizzato dalla Camera di Commercio di Asti, le aziende della provincia di Brindisi e i loro vini: Cantina cooperativa della riforma fondiaria Mesagne (Brindisi Rosato 2008 Belloluogo), Cantina sociale cooperativa di San Donaci (Salice Salentino Rosato 2008 Anticaia), Cantine Due Palme di Cellino San Marco (Salice Salentino Rosso 2007, Salice Salentino Rosso Riserva 2005 Selvarossa, Salice Salentino Bianco 2008 Tinaia, Brindisi Rosso 2007). La premiazione dei vincitori del Concorso Enologico Nazionale è prevista all’inaugurazione del 43° Salone Nazionale di Vini Selezionati - Douja d’Or ad Asti nei giorni 11 e 12 settembre 2009. MOSTRE

Milo Manara e Brindisi Portfolio

Leo” festival internazionale di musica antica, sarà inaugurato il 23 agosto e si concluderà il 4 settembre. Le città interessate saranno:

San Vito dei Normanni (23, 28 agosto e 4 settembre); Brindisi (25 e 29 agosto); San Michele Salentino (27 agosto); Ceglie Messapica (2 settembre).

AND NOT THE WORDS OF ONE WHO KNEELS (E NON LE PAROLE DI UNO CHE SI INGINOCCHIA)

Due belle mostre da vedere in città nel corso dell’estate. La prima, a Palazzo Nervegna, Cinemanara, che raccoglie 75 opere originali di Milo Manara, universalmente noto come uno dei maggiori fumettisti italiani per il fascino sensuale delle sue tavole (la mostra rimarrà aperta fino al 27 settembre, ogni giorno, dalle ore 9 alle 13 e dalle 17 alle 21). La seconda mostra che segnaliamo è Brindisi Porfolio, promossa dall’associazione fotografica Cantierimmagine, in corso fino al 30 settembre nell’ex Convento Santa Chiara. Potrete ammirare gli scatti di 20 fotografi locali che hanno immortalato la città da angolazioni differenti e originali

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OPINIONI

Turista per casa

di Mario Lioce

Disuguaglianza e povertà: il caso dei trasporti

Il mancato accesso a servizi di fondamentale importanza limita le opportunità di sviluppo di un territorio

N

elle scorse settimane mi sono imbattuto in alcune ricerche che trattavano della percezione della povertà. Partendo da alcune difficoltà di accesso a determinati servizi, questa ricerca poneva al campione di riferimento una domanda sulla percezione soggettiva delle proprie condizioni economiche. Contrariamente a quanto la nostra prospettiva potrebbe indurci a pensare, è stato sorprendente constatare come nel Nord la percezione della povertà sia più diffusa della povertà stessa, mentre l’opposto avviene nel Mezzogiorno. Risulta evidente come ci si trovi di fronte ad una questione di aspettative. Nel Nord le aspettative in merito alla possibilità di accedere ai servizi sono alte e, quindi, il mancato raggiungimento di quello che si avverte come un diritto produce un senso di “disuguaglianza”. Questa disuguaglianza viene interpretata come il prodotto della povertà e diventa così una condizione inaccettabile dalla quale smarcarsi in ogni modo. Al contrario, come un male endemico inestirpabile, le nostre aspettative di gente del Meridione sono sopite, cronicamente sotto il livello di guardia. Mischiare concetti quali povertà e disuguaglianza diviene addirittura un elemento di confusione che svia circa le contromisure da adottare per combattere il fenomeno. Mi rendo conto che fino ad ora le

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mie parole possano sembrare una disquisizione retorica ed ampollosa e allora cercherò di produrre un esempio che possa renderle concrete. Sono certo che molti di voi ricorderanno quale caos a livello politico e mediatico si creò diversi mesi fa all’annuncio di Trenitalia di non far più fermare a Brindisi i treni Eurostar. Nello stesso momento Alitalia decise di tagliare alcuni voli lungo arterie strategiche quali Roma e Milano. A tutto ciò si sommarono le iniziative di alcune compagnie low cost che decisero unilateralmente di sopprimere alcune tratte frutto di precedenti accordi con gli organi competenti. Il rischio di venire tagliati fuori dal resto del mondo produsse una levata di scudi bipartisan. Forze politiche, imprenditoriali e sociali fecero sentire all’unisono l’indignazione

Altan su L’Espresso Brindisi Milano. Motrici vetuste e carrozze dei vecchi treni Espresso travestite da Eurostar, frequenti casi di malfunzionamento,

due compagnie. Le stesse compagnie low cost, in barba agli accordi, mettono e levano a loro piacimento tratte che spesso

«Su voli e treni subiamo da mesi ogni angheria,

ma l’arte del subire strozza ogni volontà di reazione» di una città che rischiava di vedere vanificati i suoi sforzi di sviluppo e di apertura all’esterno. E tutti si illusero, nella convinzione che tale reazione avesse prodotto i risultati attesi. Sono trascorsi solo pochi mesi e tutti hanno taciuto distratti nonostante il diabolico piano temuto si sia realizzato, seppure sotto altre forme e sembianze rispetto a quanto era stato minacciato. Per comprendere lo stato in cui versa la rete dei nostri trasporti è sufficiente analizzare quanto e come è mutata la linea

prenotazioni in prima classe che per guasti vengono spostate in seconda, bar ristorante eliminato e sostituito da uno squallido carrellino, numerose percorrenze che obbligano anche a due cambi (Bari e Bologna). Non varia di molto la situazione degli aerei: tagli di voli, penalizzanti spostamenti degli orari rispetto al passato, continui ritardi e disservizi e, grazie alla mancata integrazione delle procedure di Alitalia e Airone, un continuo ed avvilente clima da resa dei conti tra i dipendenti delle

rivelano indirizzi strategici incongruenti se non bizzarri. È manifesto come la nemesi del profitto a tutti i costi ha prodotto effetti deleteri anche sul sistema dei trasporti, ostinandosi ottusamente a non considerare strategico il ruolo di una rete efficiente dei trasporti per uno sviluppo territoriale diffuso. Si ignora deliberatamente la revisione critica della politica dei trasporti attuata finora, visione che interpreta in prospettiva il modello di organizzazione economica e territoriale indotto

dall’avvento del cosiddetto capitalismo flessibile. Si continuano a programmare gli investimenti sulla mera osservazione dei flussi, non valutando invece gli effetti che l’offerta potrebbe esercitare sull’orientamento dello sviluppo economico e quindi della domanda futura. Viene insomma limitata la possibilità che i trasporti concorrano a risolvere i problemi di sviluppo economico e territoriale, che non necessariamente si manifestano nell’immediato come problemi di traffico. Ma qualcuno ha protestato? Coloro che sono obbligati a frequenti spostamenti hanno percezione del loro stato di disuguaglianza ma l’atavica arte del subire strozza in gola ogni volontà di reazione. La necessità di dover fare rapidamente rotta verso politiche di sviluppo economico del nostro territorio è chiara a tutti, occorre però capire quali siano le direttrici da percorrere. E comunque, qualsiasi modello di sviluppo scelto non potrà permettersi di prescindere da un efficiente sistema dei trasporti in grado di proiettarci in una dimensione nazionale e sovranazionale. È come se ci trovassimo in una classe in cui contrariamente a noi quasi tutti i bambini hanno libri nuovi, un grembiule più lindo e recente e genitori attenti ed amorevoli: se non ci applichiamo subito e più degli altri rischiamo di essere scordati per sempre all’ultimo banco.

THE RECORD SHOWS I TOOK THE BLOWS, AND DID IT MY WAY! (LA STORIA MOSTRA CHE LE HO PRESE, E L’HO FATTO ALLA MIA MANIERA)


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