AntigonArt | N. 3 | MARZO 2019

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ANTIGONART | N. 3 | MARZO 2019

AntigonArt ~ marzo 2019 In questo numero: Storia dell’arte e arti grafiche Maria Lai e l’arte come gioco

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Biblioteca e consigli di lettura In viaggio con Larth e Tanaquilla

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Preistoria. Altri sguardi, nuovi racconti

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Le vostre opere L’arte del Carnevale

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Dama Bianca e Dama Nera

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Cinema Méliès e il cinema magico

p. 15

Elvira Notari: la marescialla della cinepresa

p. 19

Musei, mostre e didattica museale

AntigonArt è la rivista dell’omonima associazione di promozione sociale. Per saperne di più potete contattarci via email (antigonart.aps@gmail.co m), telefonicamente (3383888057) o venirci a trovare sul nostro sito.

Il mondo alla rovescia

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Come giocavano i bambini dell’antichità?

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Interpretiamo la Primavera

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Musica Je veux di Zaz

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Teatro La commedia dell’arte

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Interviste Intervista ai ragazzi di AntigonArt

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ANTIGONART | N. 3 | MARZO 2019 | ARTE E ARTI GRAFICHE

Storia dell’arte e arti grafiche Antigone ci accompagna alla scoperta della storia dell’arte e delle arti grafiche

Maria Lai e l’arte come gioco Carissimi bambini e carissime bambine, Sapevate che marzo è il mese dedicato alle donne? Ma a quali donne ci riferiamo? Le donne non sono solo le mamme, le nonne, le zie… Le donne prima di tutto sono state delle bambine. Oggi vorrei raccontarvi la storia di una bambina speciale che, se fosse qui tra noi oggi, avrebbe spento ben 100 candeline per il suo compleanno! Sono tantissime, vero? Se provaste a fare una sottrazione velocissima (2019 – 100) scoprireste che era nata nel 1919. Ma chi era questa bambina speciale? Il suo nome era Maria Lai, oggi considerata una delle più grandi artiste che il nostro Paese abbia conosciuto in tutto il Novecento. Maria era nata sull’isola più grande del Mediterraneo, la Sardegna, in un piccolo Maria Lai (Fonte) paesino sperduto tra i monti chiamato Ulàssai (attenzione, si pronuncia con l’accento sulla prima A, mi raccomando!). Quando era piccina, purtroppo, era spesso malata, quindi nei mesi più freddi i suoi genitori la mandavano a stare dagli zii, che avevano una casa in campagna vicino al mare: questo significava saltare la scuola per tutto l’inverno.

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Che fortuna! penserete voi: in effetti questo fece emergere fin da subito il lato creativo della piccola Maria. A casa degli zii, infatti, aveva una stanza tutta per sé dalle pareti bianche come tele, pronte ad accogliere le sue opere d’arte, pareti su cui Maria si esercitava a disegnare e scrivere con il carbone e, quando ormai i muri erano pieni, lo zio provvedeva subito a ridipingerli di bianco. MARIA PORTÒ SEMPRE CON SÉ Un’altra cosa che la LE ESPERIENZE DELLA SUA affascinava era creare forme e INFANZIA E QUEI MOMENTI DI immagini di fantasia con nastri SPENSIERATEZZA di stoffa colorati, per lo più stracci, che si divertiva a lanciare in aria e, una volta atterrati al suolo, era impaziente di vedere quali figure fantastiche si sarebbero mostrate di volta in volta.

Maria portò sempre con sé le esperienze della sua infanzia e quei momenti di spensieratezza passati tra i monti dell’Ogliastra e la piana di Gairo, anche quando la famiglia decise di mandarla in città a studiare, inizialmente a Cagliari, poi a Roma, dove frequentò la scuola d’arte e mise finalmente in pratica il suo grande talento artistico. Finiti gli studi secondari, però, era ormai scoppiata la guerra e purtroppo la nostra Maria non riuscì subito a tornare nella sua terra di origine: decise quindi di continuare a studiare e, nel 1943, si iscrisse all’Accademia di belle Arti di Venezia, allieva di un altro grande artista italiano del primo Novecento, Arturo Martini. Quando finalmente la guerra finì, Maria riuscì a tornare in Sardegna, anche se in maniera rocambolesca e con moltissime LA SUA CARRIERA SI DIVISE difficoltà. La sua carriera si divise TRA L’ISOLA E LA PENISOLA, MA tra l’isola e la penisola, ma Maria MANTENNE SEMPRE IL LEGAME CON LE TRADIZIONI mantenne sempre il legame con CHE LA LEGAVANO ALLA SUA le tradizioni della sua terra natia. TERRA NATIA Tutte le opere da lei realizzate, infatti, lo dicono chiaramente: dalle installazioni dei telai (dove il telaio

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e l’arte della tessitura rimandano al lavoro domestico femminile) agli arazzi, dai libri cuciti alle sculture di pane, dalle caprette scolpite sulle pareti rocciose alle piccole statue del presepe di ogni forma, genere e materiale: oggetti e soggetti quotidiani così semplici ma che, plasmati dalle sue mani, diventavano delle vere e proprie opere d’arte caricate di fortissimi significati. Maria Lai era un’artista curiosa, Legarsi alla montagna, 1981 (Fonte) pronta a sperimentare tutte le tecniche e i materiali possibili e inimmaginabili, fino ad arrivare a realizzare, nel settembre del 1981, quella che è forse la sua opera più importante e che più la rappresenta: un’operazione sul territorio in cui l’artista aveva trasformato il suo paese natale, Ulassai, in un’opera d’arte vivente, dove i personaggi che la componevano erano gli stessi abitanti, uomini, donne, bambine, bambini. Tutto nasceva da un’antica leggenda dal nome Sa Rutta de is ‘antigus, ossia “La grotta degli antichi”, che affondava le sue origini in un fatto realmente accaduto. Nel 1861 si era staccato un costone della montagna che aveva travolto un’abitazione nella parte più alta del paese. In quell’occasione morirono tre Legarsi alla montagna, 1981 (Fonte) bambine, ma una di loro riuscì a salvarsi con un nastro celeste in mano. L’artista, traendo ispirazione da questa storia, legò insieme gli abitanti, tutte le porte, le vie e le case con circa 27 km di nastri di stoffa celeste. Questa operazione materiale durò tre giorni: il primo giorno vennero tagliate le stoffe, il secondo giorno vennero distribuite e il terzo vennero legate, coinvolgendo tutti gli abitanti. Sul finire della serata, gli scalatori legarono i nastri al monte Gedili, l’alta vetta che sovrasta il 4


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piccolo paesino, così Ulassai e la sua gente furono legati alla montagna, creando una rete di relazioni tra le persone (ma anche la natura) che andava ben oltre i rancori, le inimicizie e le antipatie, quasi un gioco che aveva riunito tutta la comunità. Ma sapete bambini qual è la cosa più importante da sapere su Maria Lai? Quest’artista non si è mai dimenticata di essere stata bambina e, quando creava e realizzava le sue opere, cercava sempre di cogliere e tirarne fuori gli aspetti più “infantili”, ossia la semplicità e l’essenza delle cose. Ma soprattutto, pensava che l’arte – oltre a essere semplice, in modo da poter essere capita da tutti, quindi anche dai bambini – dovesse anche essere divertente, come un gioco! Per usare le sue stesse parole: “Il gioco è l’arte dei bambini, l’arte è il gioco degli adulti”. Una lezione che intendo tenermi ben stretta. E voi?

Alla prossima!

Perché parliamo di… storia dell’arte? di Sara Migaleddu Perché parlare alle bambine e ai bambini di storia dell’arte? Forse perché viviamo in un paese ricchissimo di storia e di opere d’arte che vengono apprezzate e invidiate da tutti? Sì, ma non solo. Forse perché, visto che l’uomo ha da sempre sentito il bisogno di comunicare tramite l’arte, conoscerla ci permette di riscoprire le nostre origini e la nostra storia? Mmmh, sì ovvio, ma c’è dell’altro. Perché il contatto con l’arte stimola la creatività e allena il senso critico? Sì, anche per questo! Perché l’arte nelle sue forme più varie consente di socializzare e superare le diversità? Sì, certo, anche per questo motivo! La verità è che far conoscere ai più piccoli la storia dell’arte è molto più di tutto ciò. Significa educarli alla meraviglia e all’emozione di fronte alle opere e indirizzare la loro curiosità verso nuovi orizzonti, perché i bambini, molto più degli adulti, sanno interrogare senza paura le opere d’arte e stabilirvi relazioni uniche. In questa rubrica miriamo a fare tutto ciò, ma anche qualcosa in più: vogliamo dare ai più piccoli gli strumenti per osservare e conoscere le opere d’arte e diventarne in questo modo premurosi custodi. Siamo certe che soltanto facendola entrare nella quotidianità dei bambini l’arte riuscirà a far parte anche del loro futuro.

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Biblioteca e consigli di lettura Storie, libri e avventure illustrate lette e recensite per voi dalla nostra Antigone

In viaggio con Larth e Tanaquilla di Edy Giotti e Simona Montagnani; illustrazioni di Andrea Pieri

Ciao bambine e bambini, mi rivolgo in particolare a voi, perché oggi voglio consigliarvi la lettura di un libro che parla di… giochi! Osservando le ragazze di AntigonArt mentre preparavano la visita didattica Come giocavano i bambini dell’antichità?, in programma al Museo Archeologico di Firenze, ho notato che stavano consultando un libriccino davvero molto interessante: si intitola In viaggio con Larth e Tanaquilla. Vita quotidiana di due bambini etruschi e racconta la vita quotidiana di due gemellini, una femmina e un maschio, nati in una piovosa giornata di tanto tempo fa… Sono rimasta sbalordita nello scoprire che i bambini e le bambine etruschi si dedicavano a giochi e attività molto simili a quelli che anche io, in Grecia, ho fatto e amato! I pappatoi di cui si parla nel libro di Larth e Tanaquilla, ad esempio, li ho usati pure io, tantissimo! Questi contenitori, di solito a forma di piccoli simpatici animaletti, servivano per bere il latte: in poche parole, erano gli antenati di quelli che oggi chiamiamo biberon! Ma una volta svuotati, se all’interno vi si inseriva un sassolino o una pallina, ecco che diventavano dei sonagli. Fantastico, non trovate?

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E poi ho scoperto di avere altre cose in comune con Larth e Tanaquilla: il lancio degli astragali, i giochi con le noci, le trottole, le bambole, con cui noi bambine imparavamo a prenderci cura dei piccoli, e le spade con cui i bambini imparavano l’arte della guerra. Sfogliando il libro, leggendo il breve e piacevole racconto e osservando le simpatiche illustrazioni, ho iniziato a riflettere su una cosa che voglio assolutamente condividere con voi: Domenica 17 marzo, alle ore 10:30, saremo al utilizzando “cianfrusaglie” Museo Archeologico Nazionale di Firenze per Come giocavano i bambini dell’antichità?, una raccolte qua e là, voi, visita didattica per famiglie con bambini dai 5 bambine e bambini, avete la agli 11 anni. Per tutte le info, venite a trovarci straordinaria capacità, che è sul sito. anche la vostra bellezza, di inventare e fare dei giochi che sembrano restare come fuori dal tempo e che si somigliano anche a distanza di millenni. Il gioco fa parte della nostra vita (dovrebbe farne parte anche quando cresciamo) così come ha fatto e farà parte della vita dei bambini di ogni tempo e di ogni parte della Terra. Col gioco impariamo a conoscere il mondo, sperimentando, fallendo e riprovando: il gioco soddisfa la nostra curiosità, ci aiuta a mettere alla prova le nostre capacità motorie, affettive e cognitive. Unisce immaginazione e azione. Non smettete mai di giocare come avete fatto da bambini. Lo diceva anche il mio compatriota e filosofo Platone: tanto migliore sarà l’adulto quanto meglio avrà giocato il bambino. Buona lettura,

Bibliografia e sitografia F. Altea, Il metodo di Rosa e Carolina Agazzi. Un valore educativo intatto nel tempo, Armando, Roma 2011; J. Piaget, B. Inhelder, La psicologia del bambino, Einaudi, Torino 2001; Platone, Repubblica, libro VIII; D.W. Winnicot, Gioco e realtà, Armando, Roma 2005; Sito web di Archeokids, il blog che racconta l’archeologia ai bambini.

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Preistoria. Altri sguardi, nuovi racconti di Elisabetta Serafini; illustrazioni di Caterina di Paolo (Settenove edizioni, 2018)

Ciao, ciao, ciao! Non sto più nella pelle: ho fatto una scoperta e ve la devo raccontare! Ho incontrato Margaret, la protagonista e narratrice del libro Preistoria. Altri sguardi, nuovi racconti. E, sapete, ho scoperto che lavoro fa… siete curiosi? Vi do qualche indizio: adora stare all’aria aperta, curiosare in giro, stare a contatto con la natura e le piace farsi trasportare in un passato davvero lontano… quanto lontano? Nella preistoria! Dai, l’ultimo indizio: è una cercatrice di reperti o meglio detta…? Archeologa! SÌ! Leggendo il suo racconto ho imparato tante cose, persino il significato di parole difficilissime come paleontologia, paleoantropologia, ittiosauro, plesiosauro, pterosauro, paleolitico, mesolitico, neolitico: è stato semplice, perché il modo in cui Margaret spiega è veramente molto chiaro. Soprattutto perché le definizioni di queste “parolone” sono scritte a margine come appunti presi a mano su un libro di scuola! Ma la parte del racconto che più mi ha colpita è stata

Un esempio di note a margine nel libro Preistoria. Altri sguardi, nuovi racconti.

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quella in cui Margaret decide di dedicarsi alle persone di cui nessuno aveva mai raccontato davvero la vita: donne, bambini e bambine. Eh sì, perché purtroppo, nei libri di preistoria su cui Margaret studiava, si parlava solo di uomini primitivi. Mentre di donne, bambine e bambini, non c’era neanche un’immagine. Eppure in quei libri, di illustrazioni che mostravano uomini intenti in varie attività, dalla caccia all’accendere il fuoco, ce ne erano tantissime. E allora perché solo uomini?

L’evoluzione della donna in un’illustrazione tratta dal libro Preistoria. Altri sguardi, nuovi racconti (Fonte)

Alcuni le spiegarono che la parola “uomini” comprende sia maschi che femmine. Beh, la risposta non convinse Margaret, per niente! Così iniziò a interessarsi a proposito di cosa facessero le donne mentre gli uomini andavano a caccia… Ciò che le sue ricerche hanno rivelato è davvero straordinario, a dir poco sorprendente! Ma non voglio anticiparvi niente. Vi consiglio di immergervi nella lettura di questo bellissimo e utilissimo libro (ci sono anche tantissimi strumenti di approfondimento sul sito web della casa editrice), che insegna a guardare le cose da punti di vista diversi, a porsi domande e cercare risposte. Queste risposte, è vero, alle volte sono molto ben nascoste, ma con un pizzico di fortuna e tanta buona volontà, osservando attentamente, si possono scovare! Corro subito a raccontare questa storia anche alle ragazze di AntigonArt: chissà che non le possa aiutare a preparare una delle loro 9


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tante attività, in particolare Storie dall’antichità di fanciulle coraggiose, il laboratorio per famiglie che si terrà al Museo Archeologico di Dicomano il 10 marzo. Buone scoperte a tutti!

Domenica 10 marzo, alle 16:30, saremo al Museo Archeologico Comprensoriale di Dicomano per Storie dall’antichità di fanciulle coraggiose, una visita didattica per famiglie con bambini dai 5 agli 11 anni dedicata ad alcune figure femminili del passato. Il nostro modo di onorare la Giornata Internazionale della Donna! Ingresso gratuito. Per tutte le info, venite a trovarci sul sito.

Perché parliamo di… letteratura per bambini? di Serena Stagi La letteratura per bambini e ragazzi è il settore più vivo e florido dell’editoria, ma la passione per i libri che impariamo a coltivare da piccoli non ci accompagna fino all’età adulta e, ahimè, l’Italia resta uno dei paesi europei in cui si legge meno. Eppure leggere, e soprattutto iniziare a farlo fin dalla più tenera età, è il vizio migliore che ci sia. Perché i libri, quelli buoni, aiutano a sviluppare le facoltà mentali, a riflettere ed esercitare il proprio senso critico, ci accompagnano per mano fino a metà strada, lasciandoci la possibilità di arrivare fino in fondo contando soltanto sulle nostre forze. I libri educano all’empatia, alle emozioni, alla sensibilità: sono una vera e propria palestra per l’intelligenza emotiva dei più piccoli (e dei più grandi, se riescono a non perdere il vizio). E leggere non è soltanto una saggia decisione! Leggere significa avvicinare lo sguardo e il cuore a un caleidoscopio di storie, colori, prospettive, voci ed emozioni che ci aiutano a vedere il mondo al di là delle apparenze. Leggere può e deve essere divertente, rilassante, stimolare la fantasia, l’immaginazione, moltiplicare le possibilità del reale e portarci là dove da soli, forse, non giungeremmo mai. Là dove non dovremmo mai disimparare a tornare.

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Non solo musei: le vostre opere Disegni, dipinti, racconti e opere d’arte creati da voi bambini e bambine

L’arte del Carnevale Ciao a tutte e a tutti, avete mai pensato che le opere d’arte contemporanea potessero essere di ispirazione a delle decorazioni di Carnevale realizzate da voi bambini? Beh, vi assicuro che è possibile! Ho visto i bimbi del gruppo doposcuola Movimenti d’Arte della scuola Primaria di Londa, impegnati proprio nella creazione di queste decorazioni carnevalesche, ispirate a grandi artisti contemporanei. Anche se, a pensarci bene, chiamarle decorazioni mi sembra assolutamente riduttivo: sono diventate esse stesse delle opere d’arte, dei veri e propri capolavori! Date un’occhiata! Non siete d’accordo anche voi?

UNO.

A sinistra una delle opere dei bambini del doposcuola di Londa, a destra una delle serigrafie di Andy Warhol che l’ha ispirata.

UNO. Ispirato a Andy Warhol, alle sue serigrafie riprodotte in serie, dove il soggetto

rimane sempre lo stesso e a cambiare sono solo i colori. E quando si accostano colori anche molto diversi tra loro, il risultato è ancora più interessante.

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DUE.

A sinistra l’opera dei bambini, a destra una delle opere di Massimo Kaufmann.

DUE.

Ispirato a Massimo Kaufmann. La realizzazione di tante linee parallele, tutte uguali per dimensione, ma diverse per colore, sono state un esercizio di precisione e pazienza per i bambini; i coriandoli, tirati a caso sul cartellone, si sono posati dove precedentemente avevamo messo la colla: precisione e casualità si sono uniti per dar vita a un’opera coloratissima!

TRE.

A sinistra l’opera dei bambini, a destra un quadro di Jackson Pollock.

TRE. Ispirato a Jackson Pollock. I bimbi conoscevano già molto bene l’artista, poiché

l’anno scorso, allo spettacolo finale del percorso di doposcuola, hanno addirittura messo in scena una sua performance dal vivo, davanti ai genitori increduli e commossi. Così, facendo uno slalom di linee intorno a delle semplici maschere, il risultato è stato un intreccio colorato, che ricorda proprio le opere di Pollock.

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Dama Bianca e Dama Nera Racconto di Davide (Scuola primaria di Ramini, classe V)

C’era una volta, in una terra lontana, due castelli. Uno nero della Dama Nera che indossava un vestito nero che le calzava a pennello e portava sempre una borsetta a forma di chicco di caffè, dove teneva i suoi soldi; la Dama era magrolina e anche molto agitata, perché beveva sempre il caffè, il latte invece lo odiava. L’altro castello era della Dama Bianca, che invece aveva un vestito ampio e bianco e portava una coroncina dello stesso colore, con al centro una tazza di latte. Lei era pigra, per via del sonno causato dal latte, e anche paffutella, con due guance carnose. Un giorno, in un tribunale, stavano trattando per l’alleanza con il popolo del Miele. L’idea piaceva alla Dama Bianca ma la Dama Nera era contraria, perché non gradiva affatto le cose dolci. Quando tornarono ai loro castelli, la Dama Nera chiamò il primo ufficiale Chicco di caffè e gli ordinò di invadere il popolo del Miele. Ogni uomo dell’esercito del caffè aveva una pettorina nera e galoppava con un cavallo bruno. I soldati avevano dei congegni che sparavano del caffè concentrato senza zucchero e una lancia con sopra dei chicchi di caffè amarissimi, cosicché potevano prendere la mira e sparare nella bocca dei nemici una cosa molto amara. Quando i soldati del caffè uscirono dal castello, trovarono una truppa del popolo della Dama Bianca. La truppa bianca era molto numerosa e ogni uomo cavalcava un destriero bianco. I membri della forza armata avevano una tanichetta da cui potevano lanciare del latte incandescente. La parte esterna della loro armatura era rovente, tanto che se la toccavi la mano prendeva fuoco. Tra di loro si scatenò una battaglia, fino all’ultimo sangue, senza risparmi. Gli uomini bianchi non

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avevano paura di niente , perché erano stati addestrati a non temere la morte. Gli uomini del caffè invece temevano il loro decesso, perché nella loro religione ogni essere del popolo era un santo. Quindi facevano in modo di non farsi colpire dalle armi nemiche e di ferire possibilmente più bianchi con le loro armi. Dopo la lotta tra spari all’amarezza e lancia latte, nessuno uscì vincitore. In seguito, dopo la battaglia, le due dame furono attaccate dalle navi spaziali del pianeta Biscotto. Le navi del pianeta Biscotto avevano la forma dei biscotti Gocciole, con le gocce di cioccolato come finestrini e sparavano bombe di Pan di stelle. Questi mezzi erano fragranti e si rompevano facilmente. Al loro interno c’erano una cabina di comando e delle botole segrete per proteggere gli uomini. Si scatenò la guerra, così le due dame si allearono e corsero fino al popolo di Miele per chiedere aiuto. Stranamente, le tre dame dei popoli si fusero e diventarono Caffè Latte con un po’ di Miele. Con questa armonia sconfissero le navi biscotto, perché, visto che i biscotti sono friabili, il Caffè Latte le rese mollicce e dovettero ritornare al loro pianeta. Da quel giorno fu costruito un bar, dove lavoravano le tre dame. Il bar era spazioso, con delle pareti color caffè latte e con una dozzina di tavoli rotondi per i clienti normali e a quelli più potenti erano riservati tavoli rettangolari, dove a capo tavola sedevano i comandanti. In un lato lungo del bar c’era il bancone, dove servivano le tre dame e dove c’erano le macchine per servire la bevanda regina: Il “caffellatte caldo caldo e dolce”. Ogni mattina la gente dei tre popoli si riuniva per fare colazione. Questi tre popoli impararono a non agire più separatamente per conto loro, ma prima di ogni mossa si riunivano e ne discutevano assieme, per decidere del loro futuro.

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Ciak, si gira! Parliamo di cinema Tra film, attori, cinema e musei alla scoperta della Settima Arte

Méliès e il cinema magico Cari bambini e bambine, la scorsa volta abbiamo parlato del precinema (ricordate?), oggi invece facciamo un salto in avanti! Avete mai sentito parlare di un certo Georges Méliès? In caso di risposta negativa, eccomi qua a raccontarvi chi era e cosa ha fatto di incredibile nella sua carriera! Era un personaggio molto particolare, esuberante e sempre pieno di idee (personalmente mi ha incuriosito tantissimo!) vissuto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. È considerato il secondo Il regista Georges Méliès (Fonte) padre del cinema, dopo i famosi fratelli Auguste e Louis Lumière che, nel 1895, inventarono il Cinematografo. A Méliès si deve l’invenzione del montaggio, il primo di tutti i trucchi di quest’arte, che permette di creare una narrazione, una storia, attraverso l’unione e la successione di diverse inquadrature. Sapete come è riuscito nell’impresa? Un aneddoto molto simpatico racconta che un giorno, mentre era a fare delle riprese in esterno, la sua macchina da presa si inceppò per pochi istanti, poi ripartì. Inizialmente Méliès non si accorse di niente, ma quando tornò nel suo studio a sviluppare la pellicola si rese conto che al posto di una carrozza

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improvvisamente appariva un carro funebre e al posto di alcune donne vi erano invece degli uomini. Una magia! Vera o non vera, questa storia ci aiuta a capire quali fossero le intenzioni dell’artista. Méliès amava questo genere di cose: egli era infatti un prestigiatore, metteva in scena divertenti spettacoli illusionistici per le strade di Parigi e, quando comprese il potenziale della macchina da presa, decise di inserire nel suo cinema trucchi e giochi di magia, impossibili da rendere dal vero. In questo modo sarebbe riuscito a fare ciò che gli era negato sul palco teatrale. Nei suoi film si può così assistere a sparizioni, personaggi che si sdoppiano, oggetti inanimati che si muovono, corpi che si ingrandiscono o rimpiccioliscono! Immaginate quanto potesse essere incredibile in quegli anni? A cavallo tra Ottocento e Novecento, questo genere di imprese risultava veramente sorprendente: nessuno prima di allora aveva assistito a qualcosa di simile e neanche avrebbe mai potuto immaginare di farlo! Méliès si mise subito all’opera e creò film su film che ebbero immediato successo. Una delle sue opere più famose è Viaggio sulla luna del 1902, ne avete mai sentito parlare? L’ho visto giusto qualche giorno fa e l’ho trovato fantastico, dovevo assolutamente parlarne con qualcuno e sono sicura che anche voi apprezzerete e condividerete il mio pensiero. È stato il primo film a conoscere un successo mondiale e si rifà al romanzo di Jules Verne Dalla terra alla Luna. Racconta di un gruppo di astronomi che vogliono lanciare un satellite, dalla curiosa forma di proiettile, sulla Luna, che ha le sembianze di un volto umano. Il tiro va a segno, ma il satellite si conficca in un La locandina del film Viaggio sulla occhio dell’astro, che quindi appare luna del 1902 (Fonte) particolarmente irritato per l’accaduto. I viaggiatori della navicella scendono sul suolo lunare, ma vengono

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catturati dai Seleniti (gli abitanti del posto) e presentati al loro re. Prontamente però riescono a fuggire, risalire velocemente sul proiettile e ripartire, facendo ricadere la navicella sulla Terra, dove vengono accolti da un gruppo di persone in festa. Méliès seppe qui sfruttare al meglio tutti i suoi trucchi magici e gli effetti speciali, il che rese tutto ancora più fantastico e incredibile, al di là della storia, che capirete bene essere assolutamente assurda e irrealistica. Il film è breve, dura circa 15 minuti, e lo potete trovare comodamente su YouTube, quindi andate a vederlo, che aspettate? Ma sapete qual è la cosa veramente interessante di questa opera? È colorata! O meglio, alcune delle sue versioni sono a colori. Ebbene sì. Lo so, siamo abituati a pensare al cinema degli esordi come esclusivamente in bianco e nero, ma così non è. Già all’epoca la colorazione era un tema che interessava e stuzzicava le menti di molti e Un fotografamma a colori tratto da Viaggio sulla Luna del 1902 (Fonte) infatti in tanti cercarono un modo per eliminare la monocromia (cioè l’uso di un solo colore) nel cinema delle origini. In breve tempo si giunse a un’idea grandiosa: la colorazione a mano applicata direttamente sulla pellicola. Questa tecnica faceva di ogni copia un’opera singola, unica, diversa da qualsiasi altra. Solitamente questo lavoro – che richiedeva, come ben immaginerete, molta precisione e tanta, ma tanta, pazienza – era affidato a donne dalle mani piccole e leggere. L’operazione, chiamata pochoir, prevedeva prima di tutto il ritaglio delle sagome degli oggetti o dei corpi che si volevano colorare, poi queste venivano sovrapposte a una copia in bianco e nero e infine si imprimeva il colore con piccoli pennelli o tamponcini di velluto. Un po’ come facciamo con gli stencil! Il loro lavoro però veniva fatto fotogramma

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per fotogramma e, pensate, in 10 minuti ci saranno circa 100 mila fotogrammi. Che lavoro, ragazzi! Spero che questa storia vi sia piaciuta tanto quanto a me! Mi metto subito a studiare ancora un po’ così tra un mese sarò di nuovo pronta per raccontarvi qualcosa di divertente e interessante sul cinema, sono sicura che questa arte ha ancora tantissime sorprese per tutti noi! Alla prossima!

Perché parliamo di… cinema? di Giorgia Stornanti Perché parlare di cinema a bambini e ragazzi? Forse non è un caso che la cosiddetta “settima arte”, la più giovane di tutte (in fondo ha “soltanto” 124 anni, spiccioli in confronto ad arti millenarie come scultura e pittura!), piaccia tanto ai più giovani. Sì, perché proprio come loro, è dinamica, in continuo movimento e non smette mai di crescere, nonché sempre al passo con i tempi. Il cinema è un’arte amata da tutti, che coinvolge, appassiona e soprattutto permette di imparare moltissime cose divertendosi. Per esempio, lo sapevate che il primo film con il sonoro in sincrono (cosa per nulla scontata nel lontano 1928) fu Steamboat Willie di Walt Disney, che ha per protagonista Mickey Mouse, il simpatico topo da noi meglio conosciuto come Topolino? O che Biancaneve e i sette nani fu il primo lungometraggio animato della storia del cinema, nel 1937? Questi, come molti altri cartoni animati, hanno segnato la storia del cinema mondiale… Altro che “roba da bambini”! Allo stesso modo non bisogna pensare che i vecchi film siano adatti solo alle nostre nonne! Molti film muti in bianco e nero, che magari al primo sguardo potrebbero sembrare noiosi e non suscitare nessun interesse nei più giovani, possono invece nascondere delle piacevolissime e divertentissime sorprese. Basta un po’ di curiosità per scoprire mondi nuovi e sconosciuti! Allora facciamo come il nostro eroe Topolino a bordo del suo battello e salpiamo verso quel mare sconfinato e meraviglioso che è il cinema!

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Elvira Notari: la Marescialla della cinepresa E rieccomi qui, so che non vi aspettavate di risentirmi tanto presto (a una sola pagina di distanza!), ma non posso aspettare il prossimo numero: ho scoperto qualcosa che voglio subito condividere con voi! Quando vi ho detto che le pellicole in bianco e nero venivano colorate a mano dalle donne mi sono subito domandata chi fossero mai queste artiste tanto brave da dipingere cose così piccole. Ebbene, facendo un po’ di ricerche ho scoperto che una di loro ha avuto una vita molto entusiasmante e non si è accontentata di colorare i film: lei i film li voleva fare! Il nome di questa donna è Elvira Notari, vissuta tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento (1875-1946). Nonostante sia stata una figura molto importante del mondo del cinema italiano, oggi sono in pochi a ricordarsi di lei e della sua storia e proprio per questo mi sembra giusto ricordarla. Elvira era una donna molto decisa: sapeva quello che voleva e come ottenerlo! Da giovanissima aveva iniziato a lavorare nel nuovissimo mondo del cinema proprio colorando le pellicole e ben presto, con il marito, fondò a Napoli la Dora Film, una casa cinematografica. Elvira ritratta insieme al marito

Ma di che si occupava? Ma che Nicola (Fonte) domande, producevano film! Ben presto la Dora Film divenne una delle case cinematografiche più importanti d’Europa. Elvira scriveva le battute degli attori e delle attrici, li aiutava nella recitazione, poi sistemava la scenografia, organizzava la scena, comandava tutti i tecnici e infine era

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lei a dire: CIAK, SI GIRA! E finché la scena non era di suo gradimento gli attori ripetevano e ripetevano la parte. Sul set tutti la chiamavano la Marescialla perché dirigeva tutto lei, era caparbia e non si arrendeva davanti agli ostacoli. E vi assicuro che di ostacoli ne incontrò molti. Infatti a quei tempi non era facile per una donna lavorare e affermarsi nel mondo del lavoro. Non erano molte le donne che lavoravano fuori di casa; certo, c’erano maestre, infermiere e Una vignetta tratta dalla storia di Elvira tessitrici, e molte donne che raccontata in Cattive ragazze di Assia Petricelli. lavoravano per necessità, ma pochissime avevano le opportunità e i mezzi per buttarsi nel mondo dell’arte e dell’imprenditoria. Oh, ma che sbadata! Non vi ho ricordato una cosa importantissima: i film ai quei tempi erano muti, non si sentivano le voci degli attori. Tuttavia, nei cinema in cui venivano proiettati, c’erano spesso un’orchestra e un cantante così da allietare la visione e coinvolgere ancora di più gli spettatori. E quando al cinema veniva proiettato un film diretto da Elvira la sala era sempre piena. Vi state chiedendo come facessero i film muti a divertire ed emozionare il pubblico? I film di Elvira ci riuscivano perché mostravano Napoli così com’era, gli attori sembravano – e a volte lo erano davvero – persone comuni e le loro storie erano le storie di tutti. Per molti spettatori era come vedere la propria vita al cinema. Nei suoi film, Elvira raccontava storie vere, perché voleva emozionare gli spettatori raccontando il mondo reale. Questa era una grande novità per il cinema! Pensate che i suoi lavori ebbero molto successo anche negli Stati Uniti, perché lì erano emigrati tantissimi italiani che rimediavano alla nostalgia di casa guardando i suoi film.

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Si trattava di pellicole talmente innovative che a molti non piacquero. Ai ricchi non piacevano perché raccontavano storie, spesso tristi, della povera gente e quindi li criticavano perché erano troppo realistici. Poi, durante la dittatura fascista (dal 1925 al 1943) ne fu vietata la proiezione perché i personaggi creati da Elvira non rispettavano le regole di comportamento imposte in quel periodo. Per esempio le protagoniste femminili erano Un’altra vignetta tratta dalla storia di Elvira raccontata in Cattive ragazze. sempre donne che lavoravano, artiste che cercavano di inseguire i propri sogni e che non assomigliavano affatto all’ideale femminile promosso dalla dittatura: una donna ubbidiente che si dedicava soltanto alla casa e alla famiglia. Per questo, durante i lunghi anni della dittatura, i film di Elvira si potevano vedere soltanto di nascosto e ciò era molto pericoloso: fu così che vennero pian piano dimenticati. Oggi per fortuna possiamo rivederli, ma attenzione! Sono molto diversi dai film che vediamo al cinema. Sono certa che vi sembrerà strano vedere gli attori che si muovono lentamente e non sentire le loro voci, ma con un po’ di fantasia e con il giusto sottofondo musicale potreste provare a immaginare i loro dialoghi e interpretare voi i sentimenti degli attori. Provateci e fatemi sapere!

Bibliografia e sitografia A. Petricelli, S. Riccardi, Cattive ragazze: 15 storie di donne audaci e creative, Sinnos, Roma 2017; C. Ricci, Il cinema in penombra di Elvira Notari, LFA Publisher, Napoli 2016; Elvira Notari: Il sogno del cinema; Enciclopedia delle Donne.

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Mostre, musei e didattica museale Tantissime mostre e musei tutti da scoprire in compagnia di Antigone

Il mondo alla rovescia Care bambine e cari bambini, ed eccoci qua… tra qualche giorno sarà Carnevale, non vedete l’ora, vero? Avete già scelto il vostro travestimento? Avete fatto le scorte di stelle filanti e coriandoli? Io sono prontissima, ho già scelto la mia maschera e ho in mente un sacco di scherzi! Non sarete mica stupiti che anche io, un’eroina dell’antica Grecia, stia per festeggiare il Carnevale come voi? Beh, dovete sapere che il Carnevale è una festa IL CARNEVALE È UNA FESTA antichissima, ha più di duemila ANTICHISSIMA: HA PIÙ DI DUEMILA ANNI! anni! Tantissimi popoli del passato la celebravano proprio come facciamo noi: indossando maschere mostruose, gioielli vistosi e strani costumi per diventare, almeno per un giorno, qualcun altro. Gli Egizi, i Greci, i Romani e anche gli Etruschi avevano dei riti legati in qualche modo a questo periodo dell’anno: l’arrivo della primavera! Dopo il freddo inverno, era importante celebrare la nuova stagione e il risveglio della natura con feste e riti sacri. Per esempio, proprio in questo periodo, nella mia amata terra natia onoravamo il dio Dioniso realizzando una festa con bellissimi spettacoli teatrali: le commedie e le tragedie… se siete dei lettori attenti vi ricorderete che ve ne ho già parlato nei mesi scorsi!

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Anche gli antichi Romani credevano in un dio simile a Dioniso, lo chiamavano Bacco e in suo onore organizzavano delle feste divertentissime, i Baccanali. In questa occasione tutti i cittadini di Roma indossavano le maschere e iniziavano a ballare e bere per le strade della città. Sapevate che i Romani erano dei gran festaioli? Avevano sempre una buona scusa per divertirsi e far festa, così, oltre ai Baccanali, festeggiavano anche i Saturnalia per ringraziare il dio Saturno. Durante i giorni di festa si organizzavano canti, balli e banchetti per celebrare il mito della cosiddetta età dell’oro, cioè quando gli uomini vivevano accanto agli dei nell’abbondanza e senza GLI SCHIAVI DIVENTAVANO conoscere né la carestia né la RICCHI PADRONI, LE LEGGI povertà. Così, proprio per VENIVANO SOSPESE, SI ricordare questo mito, gli uomini FACEVANO SCHERZI E QUASI davano vita a un mondo diverso TUTTO ERA CONCESSO! in cui tutto veniva ribaltato: gli schiavi diventavano ricchi padroni, le leggi venivano sospese, si facevano scherzi e quasi tutto era concesso! Ma tranquilli, durava soltanto per pochi giorni, e poi tutto tornava alla normalità. Durante tutto l’anno la gente aspettava con ansia questa festa per poter indossare, anche solo per un giorno, i panni di qualcun altro e potersi esprimere liberamente attraverso canti, danze, musiche e feste di ogni genere. Questi festeggiamenti erano così divertenti che continuarono anche nel Medioevo! All’epoca veniva chiamata la Festa dei Pazzi e in ANCHE NEL MEDIOEVO IL questa occasione tutte le persone CARNEVALE ERA UNA FESTA IN si riunivano nelle piazze per CUI TUTTO È SOTTOSOPRA E SI ballare e cantare. Molti di loro PUÒ ESSERE UN PO’ PAZZERELLI! indossavano anche dei travestimenti: i ricchi si vestivano da poveri, gli uomini si vestivano da donne e per gioco veniva eletto un 23


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Papa che attraversava le vie della città in groppa a un cavallo! Insomma, anche nel Medioevo il Carnevale era una festa in cui tutto è sottosopra e si può essere un po’ pazzerelli! Ma non era soltanto questo: il Carnevale aveva anche un legame con le stagioni. Infatti tra febbraio e marzo si celebrava la fine dell’inverno e si pregava affinché la primavera portasse con sé un raccolto buono e abbondante. Come avete visto, fare festa non piaceva soltanto agli antichi Romani, sapete chi altro amava tanto festeggiare il Carnevale? I DURANTE IL RINASCIMENTO, fiorentini del Rinascimento! TUTTA FIRENZE PARTECIPAVA Ebbene sì, anche loro, copiando ALLA FESTA, RICCHI, POVERI, un po’ quello che facevano i BAMBINI E ADULTI… TUTTI INSIEME! Romani, costruivano dei carri ricoperti di festoni, statue e tende coloratissime per fare il giro della città e celebrare con musica, canti e danze questa festa antichissima! Tutta la città partecipava alla festa, ricchi, poveri, bambini e adulti… tutti insieme! Il 10 febbraio, proprio per dare il via alle celebrazioni di Carnevale, ho accompagnato le ragazze di AntigonArt in una divertentissima visita didattica al Museo Archeologico Comprensoriale di Dicomano. Si intitolava Il mondo alla rovescia ed era dedicata alla lunga, lunghissima storia di questa festa. Alla fine ci siamo persino divertiti a creare una maschera alla rovescia! E voi come festeggiate il Carnevale? Avete già visto i carri mascherati in giro per la città? Se poteste tornare indietro nel tempo, in che periodo della storia preferiste festeggiare il Carnevale? Vorreste salire sul carro insieme a Lorenzo il Magnifico?

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Una foto scattata durante la visita didattica Il mondo alla rovescia.


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Oppure preferireste indossare strani travestimenti come facevano i popoli più antichi? Quale sarà il mio travestimento? Ovviamente sarò la Regina di Tebe! Buon Carnevale a tutti,

Perché parliamo di… didattica museale? di Giovanna Grasso Girare per musei pieni di quadri, sculture, oggetti a prima vista incomprensibili può sembrare incredibilmente noioso e disorientante. Mal di testa e stanchezza sono i tipici sintomi del visitatore inconsapevole. Ma con un poco di zucchero anche la medicina più amara può diventare gradevole, persino divertente! Infatti, ci sono diversi modi per visitare un museo e non è affatto noioso entrarvi, anzi, si possono scoprire cose e vivere avventure meravigliose. Basta pronunciare una parolina “magica”, anzi due: didattica museale! Significa imparare le cose attraverso l’esperienza, mettendo in relazione le opere che sono esposte nel museo con il visitatore. In questo modo si possono educare i piccoli visitatori, e non solo, alla creatività, privilegiando il fare come momento di conoscenza. Quando vi trovate in un museo davanti ad un’opera d’arte, provate a usare anche voi questi due semplici trucchetti: 1. Osservare: significa guardare nei minimi dettagli un’opera, come con una grande lente d’ingrandimento, e provare ad indovinare la tecnica che l’artista ha utilizzato. Vi accorgerete che ci sono tantissimi modi per dipingere un quadro o realizzare una scultura (tempera, olio, inchiostro, affresco, marmo, bronzo, ecc.) e che si possono utilizzare strumenti sempre diversi (pennelli, mani, scalpelli, pezzi di stoffa, sacchi, martelli, ecc); 2. Domandarsi: scatena la tua fantasia e prova a chiederti perché l’artista ha deciso di rappresentare quel soggetto e cosa vuole comunicare. L’opera d’arte non ha un messaggio segreto nascosto che solo pochissime persone possono capire; al posto delle parole usa i colori, la luce e le forme per “parlare” con noi. Se seguirete questi stratagemmi, sarete sulla buona strada per diventare dei perfetti “osservatori” di opere d’arte. Allenate quindi le vostre pupille e buona osservazione a tutti!

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Come giocavano i bambini dell’antichità? Ciao a tutti, sono sempre io… Antigone giramondo! Domenica scorsa mi sono svegliata di buon umore e ho deciso di fare una passeggiata alla scoperta delle meravigliose campagne toscane. A un certo punto mi sono seduta vicino a un piccolo fiume e, mentre mi godevo il paesaggio, ho sentito il chiassoso vocio di un gruppetto di bambini intenti a giocare. Li osservavo mentre correvano, lanciavano la palla, si nascondevano e, per un attimo, mi sono ricordata di quando ero piccola come loro… Pensavo che i bimbi di oggi facessero solo giochi moderni ALCUNI GIOCATTOLI, SEPPUR invece ho scoperto che ancora si DI MATERIALI DIVERSI, SONO divertono alla vecchia maniera e MOLTO SIMILI A QUELLI DEI ve lo dice una persona che di MIEI TEMPI! giochi antichi se ne intende! E ho capito anche che alcuni giocattoli, seppur di materiali diversi, sono molto simili a quelli dei miei tempi! Ad esempio ai neonati dell’antichità veniva donato il SONAGLIO. Sì, avete capito bene, il sonaglio! Certo, quello antico non era di plastica, né di colori sfavillanti, ma era di terracotta e poteva avere le forme più disparate! Il mio era a forma di gatto, quello di mia sorella Ismene invece aveva una forma umana. Inoltre per dare il latte si usavano i POPPATOI, piccoli contenitori in terracotta con un beccuccio (simili al biberon) al cui interno si trovava una pallina che, una volta poppato il latte, tintinnava producendo un suono davvero piacevole.

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Alcuni di questi oggetti sono presenti anche al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, in particolare in una teca esposta al piano terra, dove sono conservati alcuni giochi e oggetti di bambini dell’antichità greco-romana. Nella foto qui accanto, i sonagli sono i primi due da sinistra: quello a forma di gatto (da Cipro, 1600-1450 a.C.) e quello a forma umana (sempre da Cipro, età arcaica). Il Due sonagli e un poppatoio esposti al Museo Archeologico di Firenze (Fonte) terzo oggetto è invece un poppatoio con beccuccio. Un altro oggetto molto importante che a un bambino piccolo non poteva mancare, soprattutto quando si allontanava da casa, era la BULLA. Si trattava di una collana con un piccolo ciondolo/contenitore che veniva indossato per farsi riconoscere in caso di sparizione! Una volta cresciuti, le bambine giocavano con le BAMBOLE che, simili alle vostre Barbie, avevano gambe e braccia snodabili, invece i maschi si dilettavano con ANIMALETTI in terracotta e PICCOLI CARRETTI. Anche se secondo me ognuno dovrebbe giocare col gioco che preferisce: Carretto e piccola tartaruga presenti al quand’eravamo piccoli io e i miei fratelli Museo Archeologico di Firenze (Fonte) ci scambiavamo i giocattoli in continuazione. Nella foto qua sopra a destra sono ritratti un carretto, proveniente da Bisenzio, risalente all’VIII secolo a.C., e una piccola tartaruga

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proveniente da Rodi, forse di età ellenistica, entrambi presenti nella vetrina dei giochi del Museo Archeologico di Firenze, al piano terreno. Poi c’era un gioco che amavo particolarmente fare con mia sorella: il CAVALLUCCIO! Lei saliva sulla mia schiena e io la portavo in giro simulando la cavalcata di un cavallo. Era un vero spasso e sono certa che ancora oggi molti bambini si divertono a farlo! Nella foto qui a destra potete ammirare una piccola scultura in terracotta di età ellenistica che ritrae proprio due fanciulle impegnate nel gioco del cavalluccio, anche questa esposta al Museo Archeologico di Firenze. Statuetta in terracotta presente al Museo Archeologico di Firenze (Fonte)

Nella foto qua sotto, ecco la vetrina dei giochi che tante volte abbiamo nominato! La trovate dopo aver attraversato tutto il percorso espositivo del piano terra del Museo, poco prima di arrivare alle scale che portano al primo piano. Di fronte c’è un grande leone di pietra: la riconoscerete subito, non potete sbagliare! Poi, arrivati alla sera, ai bambini La vetrina dei giochi al piano terra del Museo Archeologico di Firenze (Fonte) venivano raccontate storie di luoghi popolati da creature fantastiche ed eroi leggendari: Perseo, Ercole, Chimera, Sfinge, Scilla e molti altri. Mi direte: “Non sono le stesse storie che ancora oggi vengono narrate ai bambini prima di andare a letto?”. Ebbene sì, anche al giorno d’oggi i miti dell’antichità riscuotono un certo successo e stimolano la fantasia di tutti quelli che li ascoltano, a casa, a scuola o davanti alle opere dei musei. 28


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Ai miei tempi i giochi e i giocattoli erano molto importanti per i bambini ma, al contrario di adesso, non si potevano conservare nello scatolone di una cantina e lasciarli come ricordo per il futuro. Quando si diventava “grandi” (già in adolescenza) si diceva addio ai giocattoli dell’infanzia e si lasciavano come dono al tempio delle divinità. Nel mondo antico, infatti, i giocattoli e i giochi non erano soltanto strumenti utilizzati per svagarsi dai doveri scolastici e familiari durante il tempo libero, ma avevano un ruolo fondamentale quando giungeva il momento di diventare grandi. Il rituale durante il quale le ragazze portavano al tempio la loro bambola preferita e i ragazzi la loro bulla, era importantissimo, anche se, ahimè, si diceva “addio” ai giochi. Ma tranquilli, proprio per il suo valore rituale, si trattava di un addio simbolico: una volta cresciuti e diventati adulti non si NEL MONDO ANTICO I smetteva del tutto di giocare, GIOCATTOLI AVEVANO UN RUOLO ma si imparavano attività un FONDAMENTALE QUANDO pochino più complesse, come ARRIVAVA IL MOMENTO PER il gioco dei dadi e delle pedine BAMBINE E BAMBINI DI DIVENTARE GRANDI (simile agli scacchi di oggi). Ma lo sapete che, addirittura, già gli antichi Egizi facevano un gioco con le pedine? Lo chiamavano senet. Non saprei spiegarvelo, a dir la verità, le regole sono molto difficili. Anzi, se ci fosse qualche giovane esploratore che volesse spiegarlo a me, ne sarei molto felice! In ogni caso credo di aver capito che era simile alla nostra dama. Addentrandomi nella sezione egizia del Museo Archeologico di Firenze – che vi consiglio caldamente di visitare perché è ricca di oggetti straordinari – ho scoperto che le fanciulle giocavano con delle palline, simili alle nostre biglie di vetro, e che già allora esistevano i dadi: al Museo ce ne sono alcuni a forma di tronco piramidale! Se siete curiosi e vi va di vedere dal vivo questi e altri giochi, vi conviene andare al Museo Archeologico Nazionale di Firenze! Potreste provare anche voi, come è successo a me, una strana ma piacevole sensazione: quando visito un museo, è come se la mia storia si incontrasse 29


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con quelle di altre donne, altri uomini, bambini e bambine come lo sono stata io. Non li conosco, ma li sento incredibilmente vicini, perché posso osservare oggetti da loro utilizzati, manipolati e conservati. Oggetti non poi tanto diversi da quelli che usiamo noi oggi. E così, penso che tutto sommato, sì, la specie umana si è evoluta molto, ma certe cose rimangono e si tramandano nel tempo, anche a distanza di secoli e millenni. Ora vi lascio o rischio di lasciarmi sopraffare dalla malinconia, ma non dimenticate che a breve ci sarà una visita didattica, organizzata dalle ragazze di AntigonArt, in cui potrete non solo osservare gli oggetti di cui vi ho parlato, ma anche sperimentare in prima persona il meraviglioso mondo dei giochi che, come avrete capito, non ha età! Buona visita e buon divertimento,

Bibliografia MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA, SEZIONE DIDATTICA, Giochi e passatempi nell’antico Egitto, Ciclostilato a cura della Sezione Didattica – Soprintendenza Archeologica per la Toscana, Via della Pergola 65 – Firenze

Domenica 17 marzo, alle ore 10:30, saremo al Museo Archeologico Nazionale di Firenze per Come giocavano i bambini dell’antichità?, una visita didattica per famiglie con bambini dai 5 agli 11 anni. Per info e iscrizioni venite a trovarci sul sito! C’è tempo fino a sabato 16 marzo. Vi aspettiamo!

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Interpretiamo la Primavera Ciao a tutti! Avete notato che le rondini sono ritornate a volare nel cielo azzurro, il sole è caldo, la natura rifiorisce e si può giocare di nuovo all’aria aperta? Significa che è finalmente arrivata la PRIMAVERA! È la stagione che si trova tra il freddo inverno e la calda estate e va dal 21 marzo al 21 giugno. Il suo nome ha origine antiche: deriverebbe, infatti, da una lingua antichissima, il sanscrito, e ADESSO TOCCA A TE! Vai sul nostro significa appunto “ardere”, sito per scaricare il pdf di questa sezione, “risplendere”. Non a caso stampala e completa le attività proposte con durante questa stagione, le le tue risposte e i tuoi disegni. Poi, se ti va, ore di luce iniziano pian chiedi a un adulto di fotografare o scannerizzare i tuoi lavori e mandarceli via piano ad aumentare, fino email ad antigonart.aps@gmail.com. Io non all’arrivo del primo giorno vedo l’ora di vedere le vostre opere! Quelle che d’estate, il 21 giugno, in cui riceveremo saranno pubblicate sul prossimo si verifica un fenomeno numero di AntigonArt. chiamato solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno, in cui le ore di luce sono più numerose di quelle del buio… è bello sapere che abbiamo più tempo per giocare! Nell’antichità, nel mondo latino, la dea della Primavera era Flora (che significa appunto “fiore”) che regolava la fioritura dei cereali e delle piante. Flora è poi associata alla Ninfa greca Clori, dea della Primavera e dei fiori. Ti svelo un segreto: se capiti alla Galleria degli Uffizi a Firenze, in una delle numerose sale, le puoi vedere rappresentate in un grande dipinto. Sapresti riconoscerle?

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Sandro Botticelli, Primavera, 1478 ca. Tempera su tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi.

Ti do un indizio: l’opera si intitola proprio Primavera ed è stata dipinta da Sandro Botticelli, un famosissimo pittore fiorentino del Quattrocento. Le due dee sono rappresentate su un grandissimo prato fiorito. → OSSERVA la varietà e la quantità di fiori presenti sul prato… tutte le volte che provo a contarli, devo sempre ricominciare da capo. Vi sono infatti rappresentate più di 500 specie diverse, un numero altissimo. Margherite, viole, gelsomini, rose e tante altre! Tutte a comporre un giardino coloratissimo e profumatissimo.

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→ Sapresti disegnare anche tu un prato fiorito? Fai come

Botticelli, usa il riquadro qua sopra e realizza il tuo giardino. Ricorda, ogni fiore deve essere diverso dall’altro.

Ma torniamo alla nostra ricerca. Chi sono, secondo te, Flora e Clori? OSSERVIAMO ancora una volta l’opera. Parlando di primavera, le nostre dee non possono che essere i due personaggi rappresentati sulla destra. Sapresti dire perché? E chi è quella strana figura blu? → INTERPRETA i tre personaggi, usa la tua fantasia e scrivi qua sotto le tue impressioni:

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Come puoi vedere, nel dipinto sono presenti anche altri personaggi. Non c’è interazione tra di loro, sembrano tutti presi dalle proprie azioni. → OSSERVA e INTERPRETA:

→ Chi sono i personaggi rappresentati? Cosa stanno facendo, secondo te?

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Proprio come abbiamo fatto noi, tanti critici d’arte si sono fatti delle domande sul vero significato dell’opera. C’è chi ha ipotizzato che potrebbe trattarsi di un corteo di giovani fiorentini mascherati per il Carnevale, chi di una raffigurazione dei mesi, chi di una rappresentazione di personaggi della cultura fiorentina dell’epoca. Tra le varie interpretazioni c’è qualcuno (Ernst Gombrich) che pensa che l’opera di Botticelli rappresenti la nascita e lo sviluppo dell’amore, nei suoi diversi gradi. Immaginiamo il dipinto come una storia e iniziamo a “leggere” l’opera da destra: i tre personaggi rappresentati sono Zefiro, personificazione del vento, che insegue la nostra ninfa Clori, che grazie all’amore diventa appunto Flora. I tre rappresenterebbero la nascita e la forza irrazionale dell’amore… quando perdiamo completamente la testa per qualcuno. Con la mediazione di Venere, il personaggio rappresentato al centro, l’amore diventa più maturo, seguendo tre regole speciali: saper dare, saper ricevere e saper restituire, rappresentate dalle Grazie, le tre figure danzanti. Infine, si giunge all’amore perfetto, raffigurato dal dio Mercurio, il personaggio a sinistra, rappresentato nell’intento di scacciare via le nubi. Come vedi, l’opera è piena di significati nascosti. Sembra una semplice descrizione della primavera, ma in realtà nasconde significati ben più profondi. → E tu come interpreteresti la primavera? → Nella pagina successiva, in verticale o in orizzontale, prova a realizzare un disegno con un significato nascosto e segreto, proprio come ha fatto Botticelli:

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ADESSO TOCCA A TE! Vai sul nostro sito per scaricare il pdf di questa sezione, stampala e completa le attività proposte con le tue risposte e i tuoi disegni. Poi, se ti va, chiedi a un adulto di fotografare o scannerizzare i tuoi lavori e mandarceli via email ad antigonart.aps@gmail.com. Io non vedo l’ora di vedere le vostre opere! Quelle che riceveremo saranno pubblicate sul prossimo numero di AntigonArt.

Sabato 16 marzo, alle ore 16:30, saremo alla Biblioteca Comunale di Borgo San Lorenzo per Prato fiorito: un laboratorio rivolto ai più piccoli (3-6 anni) e tutto dedicato alla primavera. Partiremo dalla lettura animata, poi i piccoli partecipanti dovranno muoversi e ballare per dipingere tutti insieme un prato fiorito e coloratissimo. La partecipazione è gratuita, ma è obbligatorio prenotare. Per ulteriori informazioni e le modalità di prenotazione clicca qui.

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A ritmo di musica con Antigone La nostra Antigone condivide con noi i suoi consigli su canzoni e artisti musicali

Je veux di Zaz

Cari bambini e bambine, oggi voglio consigliarvi un pezzo di una giovane cantautrice francese dal nome un po’ buffo: lei si chiama Zaz e questa è la sua Je veux (che in francese significa “Io voglio”)! Lo sapevate che la felicità sta nelle piccole cose? Ascoltatela e lo scoprirete!

JE VEUX DI ZAZ (ASCOLTALA) Donnez-moi une suite au Ritz, je n’en veux pas

Datemi una suite al Ritz, io non ne voglio

Des bijoux de chez Chanel, je n’en veux pas

Dei gioielli di Chanel, io non ne voglio Datemi una limousine, cosa me ne farei?

Donnez-moi une limousine, j’en ferais quoi?

(Papalapapapala)

(Papalapapapala)

Offritemi del personale, cosa me ne farei

Offrez-moi du personnel, j’en ferais quoi?

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Un maniero a Neufchâtel, non fa per me

Un manoir à Neuchâtel, ce n’est pas pour moi

Offritemi la torre Eiffel, cosa me ne farei?

Offrez-moi la tour Eiffel, j’en ferais quoi?

(Papalapapapala)

(Papalapapapala) Io voglio l’amore, la gioia, il buon umore

Je veux de l’amour, de la joie, de la bonne humeur

Non è il vostro denaro che farà la mia felicità

C’n’est pas votre argent qui f’ra mon bonheur

Io, io voglio morire con la mano sul cuore

Moi, j’veux crever la main sur le cœur

Andiamo, insieme, a scoprire la mia libertà

Allons, ensemble, découvrir ma liberté Oubliez donc tous vos clichés

E quindi dimenticate, tutte le vostre abitudini

Bienvenue dans ma réalité

Benvenuti nella mia realtà

Sono stufa delle vostre buone maniere, è troppo per me!

J’en ai marre d’vos bonnes manières, c’est trop pour moi!

Io mangio con le mani e sono così

Moi je mange avec les mains et je suis comme ça

Parlo forte e sono sincera, scusatemi

Je parle fort et je suis franche, excusez-moi

È finita l'ipocrisia, io, me ne vado!

Fini l’hypocrisie, moi, je me casse de là!

in ogni caso, non ve ne voglio

Sono stufa delle ciance, guardatemi

J’en ai marre des langues de bois, regardez-moi D’ toute manière, je vous en veux pas

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ANTIGONART | N. 3 | MARZO 2019 | MUSICA

Et je suis comme ça, je suis comme ça

E sono così, sono così

(Papalapapapala)

(Papalapapapala)

Je veux de l’amour, de la joie, de la bonne humeur

Io voglio l’amore, la gioia, il buon umore Non è il vostro denaro che farà la mia felicità

C’n’est pas votre argent qui f’ra mon bonheur

Io, io voglio morire con la mano sul cuore

Moi, j’veux crever la main sur le cœur

Andiamo, insieme, a scoprire la mia libertà

Allons, ensemble, découvrir ma liberté Oubliez donc tous vos clichés

E quindi dimenticate, tutte le vostre abitudini

Bienvenue dans ma réalité

Benvenuti nella mia realtà

Je veux de l’amour, de la joie, de la bonne humeur

Io voglio l’amore, la gioia, il buon umore

C’n’est pas votre argent qui f’ra mon bonheur

Non è il vostro denaro che farà la mia felicità Io, io voglio morire con la mano sul cuore

Moi, j’veux crever la main sur le cœur

Andiamo, insieme, a scoprire la mia libertà

Allons, ensemble, découvrir ma liberté Oubliez donc tous vos clichés

E quindi dimenticate, tutte le vostre abitudini

Bienvenue dans ma réalité

Benvenuti nella mia realtà

Je veux de l’amour, de la joie, de la bonne humeur

Io voglio dell’amore, della gioia, del buon umore

C’n’est pas votre argent qui f’ra mon bonheur

Non è il vostro denaro che farà la mia felicità

Moi, j’veux crever la main sur le cœur

Io, io voglio morire con la mano sul cuore

Allons, ensemble, découvrir ma liberté

Andiamo, insieme, a scoprire la mia libertà

Oubliez donc tous vos clichés

E quindi dimenticate, tutte le vostre abitudini

Bienvenue dans ma réalité.

Benvenuti nella mia realtà.

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ANTIGONART | N. 3 | MARZO 2019 | MUSICA

A me piace tantissimo! E voi che ne pensate? Buon ascolto,

Zaz nella copertina del singolo Je veux (Fonte)

Perché parliamo di… musica? di Antonella Longhitano Perché parlare alle bambine e ai bambini di musica? Semplice: tutti la amano! Sfidiamo qualcuno a dire il contrario… Bastano un battito di mani, uno schiocco di dita, e il corpo non riesce a trattenersi: non può fare altro che muoversi, scatenarsi, liberarsi al ritmo della melodia! Oppure basta un semplice accordo di note ed ecco che la nostra mente si rilassa, la rabbia si dissolve pian pianino e il cuore batte più lentamente fino a… dormire beatamente! Questa è la magia della musica, ma se poi si aggiungono le parole ascoltare non basta più: dobbiamo cantare e liberare il nostro talento vocale! E poi la musica è il linguaggio universale per eccellenza, unisce, aggrega, fa bene al cervello e al cuore. Grazie alle canzoni i bambini (e anche gli adulti) imparano storie, vivono emozioni, si sentono più felici. È proprio così! La musica ci rende più felici ed è per questo che ci piacerebbe condividere con voi lettori questa felicità. Ogni mese vi consiglieremo alcune canzoni da ascoltare, vi parleremo di grandi artisti musicali e condivideremo con voi curiosità dello straordinario mondo delle sette note.

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ANTIGONART | N. 3 | MARZO 2019 | TEATRO

Su il sipario! Tutti a teatro Opere, spettacoli e giochi teatrali per bambini e ragazzi di tutte le età

La commedia dell’arte Bambini, che bello sta arrivando il Carnevale! Sapete qual è la cosa che amo di più di questa festa? Le maschere, perché mi ricordano quelle che si usavano a teatro nella mia Grecia! Infatti le maschere di Carnevale derivano proprio dal teatro, lo sapevate? Oggi ci si traveste da principessa, da supereroe o da personaggio dei cartoni animati ma le più famose maschere di Carnevale derivano da antichi personaggi teatrali, inventati nel lontano 1500. Le conoscete? Arlecchino, Colombina, Pulcinella, Pantalone… Ce ne sono tantissime! Queste maschere nascono con la Commedia dell’Arte, una nuova forma di teatro molto diversa dalla commedia greca o dal teatro che si vedeva nelle corti dei ricchi signori: è un teatro di strada QUESTE MASCHERE NASCONO CON che prende vita nelle piazze, LA COMMEDIA DELL’ARTE, UNA in mezzo alla gente comune, NUOVA FORMA DI TEATRO MOLTO DIVERSA DALLA COMMEDIA GRECA usa parole semplici e O DAL TEATRO CHE SI VEDEVA dialettali proprio come NELLE CORTI DEI RICCHI SIGNORI: piaceva al popolo e tratta È UN TEATRO DI STRADA temi della vita quotidiana, ma in maniera divertente e giocosa. Gli attori erano girovaghi che vagavano di villaggio in villaggio, con il loro carrozzone pieno di meraviglie, per far conoscere a tutti la propria arte.

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Non avevano un vero e proprio copione da seguire, c'era soltanto una trama generale della storia e poi improvvisavano le scene cercando di far ridere il più possibile il pubblico, creando ogni giorno spettacoli unici. Esistono tantissime storie diverse, ma i personaggi sono sempre gli stessi e vivono mille avventure divertentissime. Andiamo a conoscere alcuni di loro! ARLECCHINO.

La maschera più famosa di tutte è un servo furbo, buffo e dispettoso sempre pronto a imbrogliare il suo padrone per avere più cibo perché è sempre affamato! È molto allegro e si muove saltellando e facendo tantissime capriole e acrobazie. Ne combina di tutti i colori proprio come il suo costume! Ma lo sapete come mai indossa questo vestito coloratissimo? Inizialmente il suo vestito era tutto bianco, ma essendo molto pasticcione lo strappava spesso e lo rattoppava con pezzi di stoffa diversi tra loro, fino a trasformarsi nell’abito variopinto che tutti conosciamo. COLOMBINA.

Colombina (Fonte)

Arlecchino (Fonte)

È la fidanzata di Arlecchino, una servetta vivace, chiacchierona e un po’ pettegola ma molto scaltra e intelligente, che sa risolvere con destrezza le situazioni più spinose. Il vecchio Pantalone, il padrone di Arlecchino è innamorato di lei ma lei resta sempre fedele al suo amato. È una delle maschere più importanti della Commedia dell’Arte ed è proprio grazie al suo personaggio che le donne iniziano a essere ammesse nelle compagnie teatrali! Prima del Cinquecento tutti i ruoli erano interpretati dagli uomini, vi ricordate? Beh era ora, dico io!

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PANTALONE .

È il padrone di Arlecchino, un vecchio mercante veneziano burbero e molto avaro che fa patire la fame ai suoi servi, infatti Arlecchino se le inventa proprio tutte per mangiare di più! È un gran brontolone ma in fondo in fondo è buono e molto saggio. Ma perché si chiama Pantalone? Non sappiamo bene da dove derivi questo strano nome, ma i pantaloni si chiamano così proprio grazie a lui! Infatti indossa sempre dei lunghi pantaloni rossi, un mantello nero e delle buffe pantofole a punta.

Pantalone (Fonte)

BALANZONE .

Il dottore sapientone che crede di sapere tutto e ha sempre una lunghissima e noiosissima risposta alle domande che gli fanno le altre maschere. Vestito in modo molto elegante, si dà un sacco di arie e usa tanti paroloni difficili per impressionare gli amici e sembrare più intelligente, ma vi svelo un segreto: è tutto fumo e niente arrosto! Balanzone (Fonte)

PULCINELLA.

La maschera napoletana famosa in tutto il mondo ha un costume tutto bianco inconfondibile e una maschera nera dal grosso naso adunco. Proprio dal suo naso a becco e dalla sua voce stridula deriva il suo nome: somiglia a un piccolo pulcino! È un servo come Arlecchino, ma al contrario di quest’ultimo è molto pigro, ama il dolce far niente ed è molto goloso, come dimostra il suo grosso pancione! È un gran chiacchierone infatti ancora oggi esiste il detto “è il segreto di Pulcinella” Pulcinella (Fonte) che indica una cosa che sanno tutti: Pulcinella proprio non ce la fa a mantenere un segreto!

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Queste sono solo le più famose delle mille maschere che popolavano la Commedia dell’Arte, che ancora oggi, dopo più di 500 anni, restano nei nostri cuori e che durante il Carnevale riprendono vita nei travestimenti di grandi e piccini. Guai a dire che sono antiche! Hanno un bel caratterino, potrebbero offendersi! Buon Carnevale e alla prossima!

Perché parliamo di… teatro? di Talitha Medici Perché il teatro? E perché il teatro per bambini? Col teatro si imparano la dizione per pronunciare correttamente le parole, come rappresentare le emozioni dei personaggi di una storia, come costruire e interpretare un personaggio. Il teatro è un’attività ludico-didattica perché attraverso il gioco si può accrescere la propria autostima, si impara a relazionarsi con i compagni senza perdere la propria individualità, ci si può sentire parte di un gruppo. È tutto vero ma il teatro va oltre. Il teatro non deve sfornare macchinette automatiche belle da vedere e da ascoltare. Deve essere il luogo dove poter combinare e sperimentare le infinite possibilità della creatività e avere come collante la relazione tra esseri umani/personaggi. Esseri umani un po’ strambi poiché possono trasformarsi in oggetti, animali, personaggi noti, personaggi fantastici. Tutto questo grazie all’utilizzo della preziosa macchina che abbiamo a disposizione: il nostro corpo! Partiamo dal nostro corpo per conoscerlo meglio, studiarlo nelle sue molteplici possibilità di movimento, per costruire le scene, i personaggi, le storie, per diventare una coreografia di emozioni in movimento. Non siete curiosi di scoprire com’è possibile realizzare tutto questo? Preparatevi a un’esplosione di creatività!

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Botta & Risposta con Antigone Antigone, reporter d’eccezione, a caccia dei segreti degli intervistati del mese

Intervista ai ragazzi di AntigonArt – Parte 2 Cari bambini e bambine, vi ricordate che nello scorso numero della rivista ho intervistato alcune delle ragazze che hanno fondato e collaborano con AntigonArt? Beh, in questi giorni sono riuscita a raccogliere altre testimonianze. Antigone: Ciao, ragazzi! Sono molto curiosa di sapere perché avete deciso di dare il vostro contributo all’associazione… Costanza: Questa Associazione è la creazione, tra le altre, di mia sorella Caterina, ecco spiegata in parte la mia presenza qui! La mia passione si stacca un po’ da quello che tu, Antigone, rappresenti, e dagli interessi delle altre associate. Io mi dedico al cinema, alla sua storia e al suo presente in vista, un giorno, di trovare un impiego nel mondo della critica. Penso che la cinematografia sia molto importante per tutti noi, per i più piccoli come per gli adulti, perché permette a chi ci entra in contatto di provare tante differenti emozioni. Con i film si ride, si piange, si pensa, si cresce. È un’arte, anche se molto più giovane rispetto alle altre, a suo modo complessa e instabile, e a parer mio molto, molto affascinante. Antigone: Non posso che concordare! Non lo conoscevo, ma il cinema è diventato subito una delle mie grande passioni. Ma questa è un’altra storia. E tu, Alessandra? Alessandra: Io ho una grande passione per gli esseri umani. Mi piacciono proprio tutti! E per questo cerco di trovare del tempo per studiare, scoprire e conoscere tante persone e culture diverse tra loro. Da 46


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piccola avrei voluto fare la dottoressa, la cuoca, la missionaria, la contadina e mille altri lavori, ma crescendo mi sono resa conto che la cosa che più di tutte volevo diventare era l’Animatrice sociale. Così con un po’ di impegno ci sono riuscita! Ho lavorato in asili nido, in ludoteche, nelle scuole e in altri posti dove c’è bisogno di fare grandi sorrisi per stare bene. Ho scoperto che usando l’arte e il teatro le persone possono tirare fuori tante cose belle e così mi sono appassionata a questi due mondi. Poi un giorno ho incontrato le ragazze di AntigonArt e grazie a loro ho imparato moltissime cose nuove. Ci siamo piaciute così tanto che abbiamo iniziato a fare un sacco di attività insieme. Così adesso facciamo divertire i bambini attraverso dei bellissimi laboratori sia a scuola che in tanti altri posti. E non è finita qui… Abbiamo in mente ancora tantissime cose da fare; continuate a seguirci e ne vedrete delle belle! Antigone: Oh, ci puoi contare! Non vedo l’ora di scoprire cos’avete in serbo per noi! Ma parlando di cose che da scoprire: AntigonArt non è composta da sole donne! Ci sono anche dei ragazzi e anche piuttosto importanti, non è così? Lorenzo, Giuseppe, cosa vi ha spinto a collaborare all’associazione? Lorenzo: Ho avuto fin da piccolo la passione per la storia, l’arte e l’archeologia e da grande avrei voluto essere un archeologo; ma non uno qualunque, un archeologo subacqueo. Ahimè, non lo sono diventato, oggi sono un barman. Ma fidati, Antigone, anche questa è arte. Forse ti starai chiedendo: e la passione per l’arte, l’archeologia e la storia dov’è andata a finire? Grazie a mia moglie Caterina e alle altre ragazze di AntigonArt, posso avere tutta l’arte che voglio e se hanno bisogno di me, WHAAAM! Mi unisco alla compagnia, mi carico sulle spalle la nostra piccola Ginevra, e via, insieme ad altri piccoli esploratori andiamo a vivere grandi emozioni. Antigone: Da quel che ho capito, anche tu Giuseppe sei un appassionato di archeologia, non è vero? Giuseppe: Eccome, l’archeologia è la mia più grande passione. Molto spesso la figura dell’archeologo viene banalizzata dai luoghi comuni: si pensa subito a un Indiana Jones o a una Lara Croft alla ricerca

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di reperti rari e preziosi in luoghi sperduti. L’archeologo non è nemmeno un topo di biblioteca, relegato tra tomi e fascicoli polverosi da spulciare. Piccone, pala e carriola sono, invece, gli attrezzi del mestiere e fedeli alleati degli archeologi che scavano sotto il sole e le intemperie per riportare alla luce le ricchezze del nostro patrimonio archeologico. Un lavoro faticoso eppure ricco di soddisfazioni e soprattutto amato e ammirato dai bambini, rapiti dai racconti dell’antichità rivelati dai beni ritrovati. Ed è proprio in questo contesto che nasce il mio incontro e la mia collaborazione con le operatrici di AntigonArt che, grazie ai numerosi laboratori realizzati al Museo Archeologico di Firenze e non solo, uniscono l’archeologia alla capacità immaginifica dei bambini nel ricostruire le scene e le realtà da noi prospettate durante i laboratori. Proviamo a raccontare l’archeologia ai bambini come si raccontano le storie di draghi, cavalieri e folletti. L’obiettivo rimane sempre quello di un’educazione ludica senza, però, banalizzare. I bambini devono imparare a conoscere la storia delle civiltà passate, a osservare con curiosità e interesse i monumenti e le opere d’arte che li circondano, a percepire la straordinaria ricchezza del patrimonio artistico come qualcosa di familiare che fa parte del loro vissuto e necessita di cure e attenzione. Antigone: Beh, devo dire che ho già voglia di prendere pala e piccone e mettermi subito al lavoro. Ma per ora meglio lasciare che se ne occupi chi è del mestiere, non vorrei combinare guai come mio solito! Grazie a tutti per aver risposto alle mie domande e alla prossima!

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AntigonArt ~ marzo 2019 Credits:       

Maria Lai e l’arte come gioco di Francesca Porcu In viaggio con Larth e Tanaquilla di Caterina Zaru Preistoria. Altri sguardi, nuovi racconti di Caterina Zaru L’arte del Carnevale di Caterina Zaru Dama Bianca e Dama Nera di Davide Méliès e il cinema magico di Costanza Zaru Elvira Notari: la marescialla della cinepresa di Sara Migaleddu

 Il mondo alla rovescia di Sara Migaleddu  Come giocavano i bambini dell’antichità? di Antonella Longhitano e Caterina Zaru

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Interpretiamo la Primavera di Giovanna Grasso Je veux di Zaz di Antonella Longhitano La commedia dell’arte di Giorgia Stornanti Intervista ai ragazzi di AntigonArt dei ragazzi di AntigonArt

 Disegni di Veronica Grassi  Grafica e impaginazione di Serena Stagi  Font: Dalek Pinpoint, Olympus Vuoi leggere i numeri precedenti? Clicca qui. AntigonArt è la rivista dell’omonima associazione di promozione sociale. Per saperne di più potete contattarci via email (antigonart.aps@gmail.com), telefonicamente (3383888057) o venirci a trovare sul nostro sito.

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