L'OPINIONE
Come deve essere la Protezione civile del futuro? Nelle more di una riforma che, una volta emanati i decreti attuativi della legge delega di riordino del settore, rivisiterà l’attuale sistema, il dibattito è in corso e tante sono le idee, le proposte e le riflessioni. Sul tema ha voluto esprimersi dalle nostre colonne il parlamentare Lorenzo Dellai, che per due mandati, dal 99’ al 2012, ha guidato la Provincia Autonoma di Trento ■ di Lorenzo Dellai*
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Una nuova idea di Protezione civile fondata sul volontariato e sulla sussidiarietà istituzionale
l cambiamento climatico, con i suoi effetti sull'andamento delle precipitazioni, aggrava la già delicata condizione del nostro territorio. Ciò rende ancor più necessaria ed urgente una riflessione di sistema su come un territorio si gestisce sia in prevenzione che in emergenza. E' tempo di riaprire il ragionamento sulla Protezione civile; ma occorre farlo partendo dalla testa e non dalla coda. In altre parole, evitando la stucchevole, ricorrente scena della lite sulle responsabilità a valle degli eventi calamitosi. Partire dalla testa e non dalla coda, significa innanzitutto capire che la Protezione civile non si esaurisce in un apparato al quale ci si affida ogni volta che succede qualcosa. E' invece un "modo di essere" della comunità civile e della rete istituzionale. Così come i sistemi pubblici di welfare sarebbero impotenti senza la rete della solidarietà interpretata dalle persone e dalle organizzazioni formali e informali della società, allo stesso modo la Protezione civile non può funzionare senza una dif■ Lorenzo Dellai
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■ Piccoli Vigili del Fuoco Volontari del distretto di Trento
fusa cultura del territorio e senza una ripartizione delle responsabilità ispirata al valore della prossimità e al principio della sussidiarietà. Servono - certo - grandi piani nazionali (anche con il supporto europeo) per gli interventi strutturali nel campo idraulico e geologico e tecnologie previsionali sempre più affinate. Ma serve - nello stesso tempo - rafforzare, implementare e qualificare una rete capillare di presidio del territorio, per poterlo monitorare e manutenere ogni giorno e per intervenire con immediatezza e competenza nelle fasi di emergenza. Tutto questo non si può fare senza due condizioni essenziali. In primo luogo, un volontariato organizzato, formato, rispettato e radicato. In secondo luogo, una responsabilità chiara, definita ed "esigibile" degli Enti Locali e delle Regioni. ■ In Trentino non esiste dicotomia tra interventi di Protezione civile e Soccorso tecnico urgente. Nella foto, Vigili del Fuoco Volontari del Corpo di Revò (alta Valle di Non) intervengono sull’incendio di una canna fumaria
La Protezione civile non si esaurisce in un apparato al quale ci si affida ogni volta che succede qualcosa. È invece un “modo di essere” della comunità civile e della rete istituzionale
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■ Previsione e monitoraggio ambientale
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Le due cose, peraltro, funzionano solamente assieme. Non può esistere una vera rete di volontariato di Protezione civile senza un riferimento costante alle istituzioni pubbliche del territorio. Il problema è che l'Italia - come ricorda sempre Giuseppe Zamberletti - rappresenta un’anomalia nel panorama europeo. Solo da noi il Corpo dei Vigili del Fuoco - che di ogni Protezione civile costituisce l'architrave portante, benché non esclusiva - è gestito dalla Stato. Questo assetto "centralistico" con le sue dinamiche di sindacalizzazione esasperata e con il suo essere fortemente "romano centrico" - ha ormai messo in grave difficoltà quel poco di vero volontariato pompieristico che eroicamente resiste in Italia. Parallelamente, le molte organizzazioni volontarie di Protezione civile, nate un po' a macchia di leopardo in tutte le realtà locali, non riescono a decollare come "sistema" proprio perché sono slegate dal rapporto col "soccorso tecnico urgente" rappresentato dai Vigili del Fuoco. Si tratta di una situazione che mortifica tante energie umane, comporta standard di intervento non certo eccellenti e produce anche
■ Onna (L’Aquila), 2009. Lorenzo Dellai, allora presidente della Provincia Autonoma di Trento, in visita al borgo distrutto dal sisma
diseconomie sul piano finanziario. Uno dei grandi progetti politici per la prossima legislatura dovrebbe riguardare questa problematica, sempre più vitale per i cittadini: rifondare la Protezione civile assumendo come modello ciò che da sempre accade in Europa e che - in Italia - è funzionante nelle Province Autonome di Trento e Bolzano. Servono almeno dieci anni di duro lavoro, poiché si tratta di far crescere una cultura; di formare alcune centinaia di migliaia di cittadini vo-
lontari, ivi compresi i ragazzi, futuri volontari effettivi; di riorganizzare apparati centralizzati come il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; di far maturare nei Comuni e nelle Regioni adeguate consapevolezze tecniche e politiche, partendo magari con alcune sperimentazioni nelle realtà più pronte e più disponibili. Sarebbe un grande progetto, importante non solo perché finalizzato a creare condizioni di maggiore sicurezza ma anche perché - attraverso questa idea di Protezione civile - passa anche il rafforzamento di uno spirito di responsabilità diffusa, necessario per ricostruire quei legami di comunità e di cittadinanza attiva senza i quali la democrazia si svuota di valori e di calore. La valenza di sistema - oltre che la difficoltà - di questo percorso giustifica a mio parere il ripristino - nel prossimo Governo - di un forte presidio politico-istituzionale in tale campo: aver cancellato a suo tempo la figura del Ministro della Protezione civile è stato un errore che va superato, a maggior ragione in presenza di un progetto così ambizioso e complesso. *Deputato, già Sindaco e Presidente della Provincia Autonoma di Trento
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