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AGENDA LAVORI. SUD
from Apitalia 7-8/2021
I FATTORI INCOGNITI CHE TURBANO L’APE
UN’ANNATA IMPRODUTTIVA E SCOMBUSSOLATA DA ANOMALIE
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di Santo Panzera
AGGIORNARE IL
NON TRASCURATE
ALCUN DETTAGLIO
Nel nostro Sud Italia in piena estate, in preda alle sempre più frequenti ondate anomale di asfissiante caldo africano e sollevati, almeno temporaneamente, da urgenti lavori in apiario, non possiamo non abbandonarci ad alcune riflessioni sulla stagione apistica in corso e su come “fare apicoltura”, in questi ultimi anni, sia diventato sempre più complesso e meno appagante, non solo economicamente. Analizzando il “diario di bordo” di apicoltori di lungo corso, da sempre preziosi punti di riferimento non solo in ambito apistico, emerge un quadro a dir poco allarmante sugli aspetti produttivi e/o di gestione degli alveari, riscontrati in questa annata apistica così particolare. Allo svernamento si è avuta una perdita anomala di alveari oscillante dal 30 al 50% e ben al di sopra di quella fisiologica degli anni scorsi; fenomeno che da molti è stato attribuito alla elevata infestazione da Varroa all’uscita dall’inverno. A febbraiomarzo, periodo in cui normalmente si evidenzia una maggiore deposizione e, a distanza di 3 settimane, un aumento della popolazione delle famiglie, quest’anno invece si è registrata una maggiore deposizione che però non è stata seguita dal prevedibile aumento delle api. Nel tentativo di correre ai ripari, si è ricorsi inutilmente ad ulteriori trattamenti antivarroa e/o massicce nutrizioni, che non hanno scongiurato però ulteriori perdite di alveari. In aprile-maggio gli alveari risultavano completi di api, con covata estesa ed in linea con la stagione, ma con attività di volo ri-
dottissima; le scorte di miele erano appena sufficienti alla sopravvivenza delle api per il successivo mese di giugno, con l’eccezione degli apiari degli apicoltori convertiti agli ibridi di Buckfast (foto a lato), costretti a nutrire affannosamente i propri alveari, ormai alla fame da più settimane. Altri fenomeni evidenziati in primavera e ormai presenti e segnalati negli ultimi 2/3 anni sono: • la poca produzione di cera; • la difficoltà a trovare covata fresca ben nutrita di pappa reale; • la presenza di api “particolarmente” mansuete. Dal nefasto connubio tra queste anomalie “biologiche” ed avversità climatiche è derivata una produzione di miele quasi azzerata, con api che non sono salite a melario e favi esterni del nido rimasti semivuoti. Alcune domande a questo punto sorgono spontanee: nel vero e proprio disastro produttivo registrato quest’anno, quanto hanno contribuito i fattori ambientali (meteo e pesticidi) e quanto invece è risultato determinante l’anomalo comportamento delle api? L’anomala perdita delle api bottinatrici, che si riscontra ormai da qualche anno, da cosa è determinata? Patologie (virus) che accorciano la vita delle api adulte? Nutrizione non adeguata (polline non idoneo e/o insufficiente in fase larvale? Inquinamento dell’ambiente e/o delle piante? Inquinamento genetico con produzioni di api particolarmente “deboli” e di vita breve? In assenza di risposte esaustive, una cosa è certa: fare apicoltura produttiva in queste condizioni risulta insostenibile ed improponibile. Sicuramente, uno dei maggiori pericoli per la sopravvivenza delle api è rappresentato dalla variazione delle stagioni e dal riscaldamento globale, in quanto gli inverni più corti e più caldi determinerebbero uno stress aggiuntivo alle api per l’allungamento della loro finestra di attività di 20/30 giorni, con compromissione del loro stato di salute ed inoltre profonde discrepanze nella sincronicità tra la fase di fioritura e l’attività di volo delle api. Le condizioni climatiche avverse non consentono alle api una buona raccolta di nettare e polline e potrebbero essere possibile causa di carenze e stress nutrizionali, con conseguente debilitazione delle famiglie di api. Alcuni studi evidenziano che : - temperature di 12 °C senza precipitazioni e 16 °C con associate piogge inibiscono l’attività di volo delle api; -con temperature superiori a 34,5°C sono stati osservati deficit nei processi di apprendimento e memorizzazione, con perdita del senso di orientamento delle api operaie; - concentrazioni pari all’1,5% di CO2 e temperature superiori a 35 °C all’interno dell’arnia inducono nelle api un’aspettativa di vita molto più breve rispetto alla media; - le perturbazioni climatiche e/o atmosferiche inducono anomalie di comportamento per alcune specializzazioni all’interno della colonia. Alle carenze di polline all’interno della colonia risulta più sensibile la sotto-casta delle nutrici, che hanno la capacità di comunicare tale carenza alle bottinatrici attraverso il contatto e/o la trofallassi, allo scopo di stimolarne l’attività di bottinamento. È accertato che le api possono sopravvivere con una dieta di soli carboidrati ma, l’aggiunta di proteine, oltre ad essere fondamentale per un corretto sviluppo dell’organismo, garantisce un aumento di longevità. Una dieta povera di proteine induce nelle api una diminuzione della risposta immunitaria individuale e sociale, in quanto riduce l’attività metabolica degli emociti, l’attività della glucoso-ossidasi ed inoltre la massa del corpo grasso. Il corpo grasso è un tessuto di riserva distribuito in tutto il corpo dell’insetto, dove risulta suddiviso in uno strato periviscerale che avvolge gli organi, e uno strato parietale posto al di sotto della cute; esso consente di immagazzinare sostanze nutritizie elaborate (lipidi, proteine, car-
boidrati), rendendole disponibili alle api nei momenti di difficoltà (inverno ed avversità climatiche), garantendo loro un buono stato di salute e maggiore longevità. La funzione di riserva del corpo grasso è fondamentale durante la fase larvale, in quanto una larva sottoalimentata non potrà dare vita ad un’ape adulta sana ed efficiente. Le larve di ape infatti devono accumulare una quantità di sostanze nutritizie sufficienti per sopravvivere, oltre che durante la metamorfosi, anche per la durata della vita da adulte, in quanto le api adulte si limitano a mobilizzare le sostanze di riserva stoccate nel corpo grasso. Le dimensioni delle cellule del corpo grasso (trofociti) aumentano durante la fase larvale, per l’intensa sintesi proteica in atto; esse diminuiscono durante la fase pupale, in quanto vengono usate le sostanze stoccate per la metamorfosi; il corpo grasso infine diminuisce nella fase adulta, nel passaggio dallo stadio di nutrice a quello di bottinatrice e quando vi è una carenza di polline, in quanto le nutrici, per alimentare la covata, devono utilizzare le sostanze in esso stoccate. Le api svernanti devono avere la possibilità di formare, nel periodo estivo-autunnale, un corpo grasso ben assortito, così da poter garantire alla famiglia la forza necessaria per svernare. Infatti, in inverno, le api per produrre calore a partire dagli alimenti zuccherini, utilizzano sostanze catalizzatrici, come vitamine ed oligoelementi che, qualora non siano contenute nel cibo, devono essere mobilizzate dal corpo grasso, con influenze negative sulla loro longevità. Nel corpo grasso viene sintetizzata ed accumulata la vitellogenina, una lipoproteina che ha un ruolo chiave per la sopravvivenza delle api invernali in quanto, con l’interruzione della deposizione della regina per il sopraggiungere dell’inverno, le giovani nutrici avranno sempre meno api da accudire, per cui accumulano vitellogenina in modo da assicurare alla colonia le riserve necessarie per il superamento dell’inverno. Altre funzioni della vitellogenina comprendono: • contrasto allo stress ossidativo ed all’invecchiamento dei tessuti; • buon funzionamento del sistema immunitario dell’ape per la formazione di cellule immunitarie nell’emolinfa (peptidi antimicrobici); • possibile ruolo nel superamento degli effetti tossici dei pesticidi. Risulta evidente come nell’ape, una carenza dello stato nutrizionale e in particolare di quello proteico, dovuta a cambiamenti climatici, sofferenze della vegetazione, pressione antropica con conseguente riduzione di abbondanza e diversità delle risorse ambientali per perdita degli habitat naturali ed il diffondersi delle monocolture, si riflette pesantemente sullo sviluppo del suo sistema immunitario, sul suo stato di salute e sulla sua longevità.