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Api mellifere e impollinatori presidio della biodiversità

API MELLIFERE E IMPOLLINATORI PRESIDIO DELLA BIODIVERSITÀ

Marino Quaranta Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria Centro di ricerca Agricoltura e Ambiente Via di Corticella 133 - 40128 - Bologna, Italy

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In un mondo più ostile, tendenzialmente più caldo, più inquinato, e più invaso da competitori esotici, possiamo immaginare un futuro sostenibile per la biodiversità in generale e per quella delle api?

L’ape mellifera fornisce molteplici prodotti al benessere umano ma il più importante di tutti è quello della impollinazione delle colture agricole per la produzione di frutti e sementi, e delle piante spontanee per il mantenimento della biodiversità in generale. L’ape mellifera è stata a lungo creduta l’unico impollinatore necessario e sufficiente ad assicurare il fabbisogno di impollinazione delle colture agricole. In anni recenti però l’apicoltura è entrata in crisi per molteplici cause, e a questo punto ricercatori e decisori

politici hanno iniziato a chiedersi se, nell’eventualità di una crisi profonda dell’apicoltura e di un conseguente sensibile calo di presenza di ape mellifera nell’ambiente, potessero esservi degli organismi utili per l’impollinazione delle colture, e hanno scoperto che le conoscenze a riguardo sono molto scarse perché è stato trascurato lo studio di questi organismi importanti e negletti nel corso del ventesimo secolo. Vediamo quindi in breve cosa intendiamo per impollinatori e quale apporto essi determinano in termini di valore economico, ambientale ed ecosistemico. Impollinatori sono tutti quegli organismi animali che determinano l’impollinazione cioè la fecondazione delle piante, trasferendo il polline dalle antere maschili ai pistilli femminili presenti nei fiori e determinando così la fecondazione e la produzione di semi e frutti. Le coltivazioni che beneficiano dell’impollinazione entomofila sono soprattutto le colture frutticole, gli ortaggi, le colture industriali in particolare le oleaginose, ed altre. È interessante confrontare il valore economico in termini di fatturato della produzione di miele che in Europa si aggira annualmente intorno a un miliardo di euro, con quello determinato direttamente dall’azione impollinatrice animale, che per le colture europee è stato stimato essere intorno

ai 22 miliardi di euro l’anno; questo rappresenta solo una parte del valore economico determinato dall’impollinazione , non è stato ancora calcolato l’apporto dell’impollinazione in termini di benefici derivati al bestiame, alla flora spontanea e alla biodiversità animale che su essa si sostiene. Altri studi hanno stimato l’apporto economico della impollinazione in altre aree. A livello globale il valore economico dell’impollinazione si aggira intorno a circa 150 miliardi di dollari su 1600 miliardi circa di fatturato globale di colture agroalimentari prodotte. L’impollinazione è quindi uno dei fattori della produzione, come lo sono i fertilizzanti, l’acqua e il lavoro, solo per citarne alcuni, il cui apporto può essere stimato sulla base di opportuni coefficienti ricavati sperimentalmente in base alla fisiologia della riproduzione (grado di autogamia ad esempio) di ciascuna specie vegetale.

Vediamo dunque di capire meglio quali organismi sono impollinatori.

Potenzialmente tutti gli organismi animali lo sono, in particolare rettili, uccelli, pipistrelli, altri mammiferi, ma nel nostro emisfero settentrionale gli impollinatori sono rappresentati soprattutto da insetti. Tra gli impollinatori dobbiamo distinguere organismi più o meno ef-

ficaci. Sono meno efficaci gli impollinatori facoltativi cioè tutti quei gruppi di insetti i cui individui si posano sul fiore per nutrire sé stessi e mantenersi nelle loro attività, ad esempio il volo, o anche che si trovano lì casualmente per riposare. Dobbiamo distinguerli, dicevamo, da quelli obbligati, cioè quelli che visitano il fiore perché da esso ricavano il nutrimento per la prole, cioè il polline. A questo gruppo appartiene l’ape mellifera e tutti gli apoidei solitari, che nel mondo sono rappresentati da oltre 20.000 specie. In Europa vivono circa 2500 specie e l’Italia possiede poco meno della metà del patrimonio di impollinatori selvatici europei, con un migliaio di specie. L’efficacia degli impollinatori è determinata anche dalla propria morfologia, ad esempio le dimensioni, e dall’ecologia, cioè il loro comportamento e modo di relazionarsi nei riguardi del fiore e dell’ambiente. Per esempio, se sono generalisti o specializzati, visitando rispettivamente molti o pochi fiori, il loro grado di socialità che determina la numerosità degli individui presenti nell’ambiente. Il motivo per cui l’ape mellifera è considerata l’impollinatore più efficace è dato proprio dalla sua natura

eusociale che la fa considerare la società “perfetta” tra gli apoidei, e che determina per ogni famiglia un altissimo numero di bottinatrici, quindi di individui presenti nell’ambiente. In contrapposizione con l’ape mellifera, la maggior parte delle specie di apoidei selvatici sono solitarie quindi ogni specie è presente nell’ambiente con pochi individui. Pertanto, per assicurare un adeguato grado di impollinazione laddove l’ape mellifera dovesse essere poco rappresentata, bisogna garantire un alto numero di specie presenti. Nella presentazione vengono illustrate immagini di impollinatori appartenenti a taxa di imenotteri apoidei, lepidotteri diurni, ditteri sirfidi, coleotteri e altri imenotteri non apoidei. Gli imenotteri apoidei, comunemente conosciuti come api selvatiche, sono gli impollinatori più efficienti in quanto si sono evoluti insieme alle piante con fiori a partire da circa 120 milioni di anni fa. La coevoluzione ha portato quindi i fiori a essere sempre più appariscenti e offrire ricompense alimentari, tra cui il polline, per risultare attrattivi per gli insetti impollinatori. Questi dal canto loro hanno evoluto strutture del corpo sempre più efficienti

per trasportare il polline dal fiore ai loro nidi, in particolare una folta e fitta peluria del corpo, delle robuste setole sulle zampe posteriori, un volo sempre più rapido, e ligule sempre più lunghe per visitare fiori dalla corolla profonda. Una delle chiavi di maggior successo per alcune specie è stata la conquista della socialità. Questa si è particolarmente sviluppata nella famiglia degli Apidi, cui appartengono anche i bombi, ove raggiunge il massimo grado nell’ape mellifera, e nella famiglia degli Alittidi. Le modalità di nidificazione adottate dagli apoidei sono un aspetto importante da conoscere della loro biologia, sia per poterli studiare, sia per comprendere la loro fragilità e i metodi e le politiche di conservazione necessarie per proteggerli. La maggior parte delle specie di api selvatiche nidifica nel suolo, e soltanto una parte anche al di sopra del suolo, in gallerie che scavano essi stessi o trovano già presenti nell’ambiente. Per questo la sottrazione di suolo da parte dell’uomo con le sue attività economiche, in particolare agricoltura e urbanizzazione, costituiscono un grave pericolo per gli impollinatori in quanto sottraggono proprio

quello che è il bene che essi trovano meno disponibile in natura e cioè lo spazio per nidificare.

Una valutazione dello Stato di salute del patrimonio di impollinatori in Italia, raffrontato con quello di altre realtà, con valori e dati.

Si è iniziato a parlare di crisi e declino degli impollinatori e dell’impollinazione già dalla fine degli anni ‘80 quando in Europa l’apicoltura ha iniziato a subire forti danni per l’invasione dell’acaro Varroa. Questa crisi, preceduta da quella preesistente degli agrofarmaci e dell’uso del suolo, e seguita da ulteriori invasioni negli anni 2000, e la crisi sempre più evidente dovuta ai cambiamenti climatici, hanno reso coscienti ricercatori e decisori politici che le conoscenze scientifiche insufficienti sugli organismi pronubi non consentivano di rispondere alla domanda di conservazione della biodiversità. Successivamente, a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite sullo stato dell’ambiente e sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, i governi del mondo si sono fatti carico delle difficoltà della biodiversità,

dell’ambiente naturale e dell’impollinazione nel mondo, e ad emanare richieste di provvedimenti a livello continentale, giungendo a creare allo scopo una apposita piattaforma di concertazione tra scienziati e governi (IPBES - Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici). Altre iniziative internazionali importanti, a seguire, sono state le “Iniziative per gli Impollinatori” come la EPI – European Pollinators Initiative, che ha stabilito tre Priorità:

Priorità I: migliorare le conoscenze sul declino degli impollinatori, le sue cause e le sue conseguenze. Priorità II: affrontare le cause del declino degli impollinatori. Priorità III: sensibilizzare, impegnare la società nel suo insieme a promuovere la collaborazione.

La prima priorità impegna particolarmente la comunità scientifica, che è chiamata a rispondere a specifiche domande di ricerca.

Primo: contare gli impollinatori

Nel 2016 l’IPBES ha pubblicato un poderoso rapporto in cui ha evidenziato, tra l’altro, la necessità di raccogliere dati di alta qualità a lungo termine su impollinatori e impollinazione a livello nazionale, al fine di indirizzare le risposte per affrontare il declino. Il mondo accademico e i decisori politici sono dunque d’accordo sulla necessità di stimolare le ricerche con particolare riguardo alla contabilità di specie e di popolazioni, e la loro distribuzione, non limitandosi ad una fotografia dello stato attuale ma intraprendendo una vera e propria azione di monitoraggio su scala continentale di queste popolazioni per lungo tempo a venire.

Secondo: individuare le minacce e le specie minacciate

Nel 2014 la pubblicazione della Lista rossa europea delle api selvatiche ha fornito un’immagine di dove in Europa si concentra maggiormente la biodiversità di questo gruppo di impollinatori e anche di dove sono distribuite le principali minacce, e ha anche fornito un elenco di specie minacciate quantificando la percentuale delle specie minacciate intorno al 9,2%. Tuttavia il risultato più scioccante di questo rapporto è stato

constatare che su oltre la metà delle specie europee (56,7%) non era possibile fornire un giudizio di minaccia di estinzione a causa della insufficienza di dati a disposizione, in particolare sui trend di popolazione.

Terzo: monitorare le popolazioni

Ben vengano quindi i progetti che finanziano le indagini a livello nazionale come i progetti AMA e BeeNet, che fotografano lo stato attuale delle popolazioni in un quadriennio, ma se non si dà continuità a queste misurazioni non è possibile stabilire il grado di pericolo effettivo che corrono le specie e tantomeno quindi le corrette politiche di conservazione.

Ma è possibile fare una stima da aggiornare periodicamente di quanti sono gli impollinatori italiani, la loro distribuzione e il loro trend di popolazione e come risulta posizionata l’Italia rispetto a paesi del Nord Europa? Per questo l’Unione Europea ha dato incarico ad un gruppo di esperti di progettare un monitoraggio di tutti gli impollinatori in tutti e 27 i paesi membri. In seguito, nel 2021, la commissione ha finanziato un progetto pilota (Pro-

getto SPRING) destinato a testare questo monitoraggio sul 10% dei siti che sono stati reputati necessari dagli esperti per ottenere dati significativi. Il nostro paese presenta dati di partenza tra i migliori come numero di specie nel panorama europeo. Abbiamo il maggior numero di specie di farfalle e di mosche sirfidi e siamo tra i primi paesi per quanto riguarda il numero di specie di api. Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno persino portato ad un aumento del numero di specie conosciute che non deve ingannare, perché è frutto soltanto della migliorata conoscenza delle specie della fauna mentre il rischio di estinzione di molte di esse permane. Abbiamo il dovere di conservare per le generazioni successive questo patrimonio affidatoci dalla natura.

In che modo possiamo concorrere a generare un processo sostenibile in agricoltura e nell’ambiente? Cosa possono fare in particolare gli agricoltori e gli apicoltori, custodi da sempre della biodiversità?

Le successive priorità individuate nella European Pollinators Initiative impegnano tutti noi e la sfera politica in generale.

Quarto: la conservazione

Conservare la biodiversità è compito di ciascuno di noi. Purtroppo, quando di mezzo ci va la propria attività economica, non è facile trovare un equilibrio tra la giusta aspettativa di remunerazione e una perdita di patrimonio naturale che non è immediatamente visibile. L’apicoltore, ad esempio, si è sempre considerato baluardo contro la perdita di biodiversità, consapevole del ruolo pronubo dell’ape mellifera, ed è comprensibile che possa oggi sentirsi disorientato quando gli viene detto che difendersi da predatori di api come i calabroni può comportare a sua volta una perdita di biodiversità, oppure se viene messo addirittura sul banco degli imputati prefigurando una, per ora non dimostrata, nocività dell’ape mellifera nei confronti delle api selvatiche.

Quinto: divulgazione e sensibilizzazione

Il bandolo della matassa può essere trovato forse nel buon senso, nelle buone pratiche. Allevatori, coltivatori, operatori economici dei vari settori devono condurre la propria attività nel rispetto delle buone re-

gole volte ad una produzione sostenibile, restando per quanto possibile aggiornati sulle novità provenienti dalla ricerca scientifica e agendo in definitiva come parte di un tutto. Il CREA e alcune università italiane da anni agiscono di concerto per approfondire la conoscenza e sensibilizzare gli operatori economici e l’opinione pubblica sulla centralità del ruolo degli organismi pronubi nel mantenimento della biodiversità in generale. Il CREA dal 2016 ha attivato corsi per l’introduzione alla conoscenza degli apoidei ed è previsto, nell’immediato futuro, un aumento dell’attività didattica.

http://www.apiselvatiche.it http://www.beewatching.it http://www.stopvelutina.it http://www.crea.gov.it

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