Supplemento mensile di Appunti Alessandrini
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ANNO 2 N. 2 FEBBRAIO 2010 ●
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Il Premio Nobel per la pace che (quasi) nessuno vuole ricevere ospite alla Casa Bianca
La dittatura comunista cinese e l’insistente richiesta di libertà proveniente dal Tibet occupato Walter Fiocchi ●
Il Dalai Lama arriva a Washington e il Dipartimento di Stato aveva annunciato che non sarebbe stato ricevuto dal Presidente Obama. Una decisione che aveva sollevato non poche polemiche e molte delusioni: un Nobel per la Pace che rifiuta di ricevere un altro Nobel non giova di certo all’immagine. Ma dopo poche ore il Dipartimento di Stato ha cambiato idea e ha comunicato che i due si vedranno, perché «gli Stati Uniti pensano che egli sia una figura religiosa e culturale internazionalmente riverita, oltre che un premio Nobel». Questa volta dunque l’incontro "scomodo" ci sarà intorno a metà febbraio. Nell’annunciare le intenzioni di Obama, il portavoce ha sottolineato che già durante la sua visita in Cina lo scorso autunno il presidente aveva comunicato ai leader cinesi l’intenzione di incontrare il Dalai Lama. L'attuale amministrazione Usa tiene certamente molto ai rapporti con Pechino: prima di una visita in Cina, Hillary Clinton aveva affermato che la difesa dei diritti umani non deve «interferire con la crisi economica globale, con la crisi dei cambiamenti climatici e con quella della sicurezza». Per gli Usa è anche importante non irritare la Cina per coinvolgerla nel dialogo sulla minaccia nucleare posta dalla Corea del Nord e dall'Iran. Del resto neppure l’Italia e l’Europa hanno titolo per muovere critiche all’amministrazione americana: durante la visita del Dalai Lama in Italia le autorità italiane hanno evitato ogni incontro (salvo rare eccezioni), proprio per evitare stress diplomatici e, soprattutto, commerciali con i cinesi.
Neppure il Papa in quell’occasione lo incontrò, e in Europa solo la Merkel e Sarkozy non hanno dato peso agli strali cinesi. Ma diciamo in breve chi è Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama. Il suo nome vuol dire “Oceano di saggezza”. La reincarnazione è da sempre lo strumento della successione: quando un Dalai Lama muore, le sue funzioni vengono ereditate da un Reggente, che guida la ricerca della sua reincarnazione tramite le premonizioni, i responsi degli oracoli ed i segni divini. Il potenziale candidato viene sottoposto ad una serie di prove atte a ricordare la vita precedente. Tenzin Gyatso risiede in India dal 1959, a causa dell'occupazione cinese del 1950.
In India si è stabilita anche l'amministrazione del Governo tibetano in esilio. Tenzin Gyatso ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1989 per la resistenza non violenta contro la Cina. Possiamo aggiungere che il buddismo tibetano non è che una delle tante correnti del buddismo, che è nato in India ma dove si è praticamente estinto dal XVI secolo per confluire in correnti induiste e tantriche. Il Dalai Lama non è quindi rappresentante del buddismo come tale, ma solo del buddismo tibetano. D’altra parte è indubbio che il Dalai Lama viene usato da anni, almeno da alcuni establishment politici, non in quanto figura religiosa, ma in chiave anticinese.
Questo il Dalai Lama lo sa benissimo e usa a sua volta tali strumentalizzazioni per i propri scopi di sensibilizzazione, cercando di far avanzare la sua agenda politica, perché certamente ha un’agenda politica; come c’è un’agenda politica sul Tibet da parte della Cina, per cui uno Stato che apre al Dalai Lama assume il problema anche nelle sue implicazioni politiche, e non soltanto nella sua dimensione religiosa. Ciò che spesso sfugge in occidente è che la dialettica tra Tibet e Cina non è “diritti umani contro politica”, ma “politica contro politica”. Il problema è che il Dalai Lama non avendo separato la politica dalla religione, riveste un ruolo politico e religioso insieme. Di conseguenza usa la sua figura religiosa per una causa politica. Non quella del buddismo nel mondo, ma la causa politica del grande Tibet. Il Dalai Lama per Tibet intende il “grande Tibet”, un quarto del territorio cinese, ma abitato da meno di sei milioni di tibetani. Sei milioni di tibetani su un miliardo e 400 mila cinesi rappresentano lo 0,4 per cento della popolazione. Pechino è disposta a parlare solo della regione autonoma del Tibet, pari a circa la metà del Tibet storico.
Ma c’è la questione del tipo di autonomia che il Dalai Lama richiede; ha chiesto il ritiro delle truppe cinesi dal Tibet, ma quale stato sovrano ritira le truppe da un territorio suo? Come si vede, i termini del problema sono eminentemente politici. Ciò non toglie certamente valore, però, al tema del rispetto dei diritti umani in Cina, non solo per i tibetani ma per tutti i cinesi. Insomma, dietro alla decisione di incontrare o non incontrare il Dalai Lama è sempre la realpolitik che ha la meglio. Taiwan stessa, bastione per eccellenza dell’opposizione alla Cina in Asia, ha usato in passato il Dalai Lama in modo strumentale, per dar fastidio alla Cina. Ma ora che la situazione è complessivamente migliorata, Taiwan ha abbandonato questa politica e ha preso le distanze da Sua Santità (il Dalai Lama viene designato con questo titolo). Del resto, non sono pochi i commentatori che accusano il leader tibetano di avere ostacolato la causa dell’indipendenza del suo paese, e c’è perfino chi sostiene che l’invasione cinese abbia liberato i contadini da un regime feudale. Insomma, poiché è chiaro che il Dalai Lama agisce per fini non soltanto spirituali, ma anche direttamente politici sarebbe utile un po’ più di senso critico e meno retorica. Anche la nostra storia ci dice che funzionari pubblici, sovrani, vescovi o condottieri, pur illuminati dalla grazia, per i loro disegni di potere hanno combinato non pochi guai, come e peggio del Dalai Lama. San Luigi IX re di Francia, ad esempio, fu certamente santo, ma trascinò il suo popolo in due crociate rovinose.
L’attore Richard Gere, il più celebre sostenitore delle campagne pro Tibet Noi poi abbiamo un premier che per sua stessa ammissione non può non aspirare all’onore degli altari, per il sacrificio diuturno della sua vita e per la sua predicazione di amore. La commistione di politica e religione rende certamente la figura del Dalai Lama controversa e da non mitizzare, ma è certamente più seria.
IL FUTURO DELLA LIBERTA’ DI STAMPA? SENZA AVVENIRE
Ap ● Supplemento ANNO 2 N.2 Febbraio 2010 Coordinatore: Agostino Pietrasanta Staff: Marco Ciani ● Walter Fiocchi Dario Fornaro ● Roberto Massaro Carlo Piccini Per ricevere questa Newsletter manda una mail all’indirizzo
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