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ANNO 3 N.10 OTTOBRE 2009 ● Newsletter mensile di politica e attualità ● appunti.alessandrini@alice.it
EDITORIALE
ESCLUSIVA Ap intervista gli aspiranti segretari del PD
Primarie nel Partito Democratico
PERCHÉ OSPITIAMO TRE INTERVISTE Carlo Piccini ● Scrivo con molto piacere un editoriale di accompagnamento alle interviste dei tre candidati nazionali alle primarie del PD. Lo considero un onore e soprattutto una bella responsabilità. E proprio dal senso di “responsabilità” vorrei partire nella mia riflessione. Lo spunto arriva trasversalmente dai dibattiti cui ho assistito come semplice uditore (non ho alcuna delega e non rappresento alcuna mozione) alla convenzione provinciale del PD svoltasi il 2-3 ottobre scorso. Senso di responsabilità invocato da molti, inteso come risposta ad una chiamata che ormai da due anni il comunque sempre vasto elettorato di centrosinistra (senza trattino) rivolge al PD, nell’attesa che la si finisca con la lunga fase transitoria, con la percezione (mettiamola così…) di lotte fratricide sommerse, con la dipendenza da consenso che tormenta e a volte distrae dalle questioni vere, con la conseguente ricerca continua della dose individuale di conferme e l’ormai elevato rischio di overdose da primarie. Intendiamoci: le primarie sono e restano uno strumento di democrazia partecipativa davvero straordinario, come del resto lo sono stati i referendum. Appunto. Passato il 25 ottobre non bisognerà fargli fare la stessa fine dei referendum… (segue a pag.4)
Gli elettori del PD sceglieranno il prossimo 25 ottobre Archiviati a settembre i risultati relativi a 7.221 congressi locali dove hanno votato 466.573 iscritti al Partito Democratico (il 56% degli aventi diritto), Bersani è in testa con il 55% dei consensi, seguito da Franceschini con il 37% e Marino con l’8% . Ma non è detta l’ultima parola. Nelle settimane che rimangono al prossimo round, i tre concorrenti per la segreteria del maggior partito di opposizione gireranno l’Italia per raccogliere il maggior consenso possibile in vista della seconda fase, quella che culminerà con le Primarie del 25 ottobre. In quell’occasione potranno recarsi a votare tutti gli elettori del PD sia iscritti che non iscritti; di conseguenza potrebbe anche uscire dalle urne del PD un risultato diverso. In concomitanza col dibattito congressuale del PD, la newsletter come tale, al di là delle scelte dei singoli componenti lo staff, non prende posizione per nessuno dei tre candidati. Tuttavia, interessata programmaticamente al dibattito politico, ed in specie a quello interno al PD, pubblica in esclusiva un’intervista ai singoli candidati, con la proposta di quattro domande del tutto uguali. Il lettore sarà facilitato in tal modo a giudicare il confronto dialettico che si sta verificando. Sulla base di queste premesse abbiamo chiesto ai tre pretendenti di rispondere ai seguenti quesiti: 1 - Il Partito Democratico (PD), un cantiere di realizzazione lunga e difficile: su quali presupposti, con quali obiettivi essenziali e quali snodi ideali da chiarire?
2 - Come giudicare la pluralità degli apporti di valore e di programma che si confrontano all’interno del processo di costituzione del PD? 3 - Come si rapporta ai suoi concorrenti per la segreteria? Quali dialettiche, quali collaborazioni? 4 - Una parola sulla conduzione del partito, dopo una sua eventuale vittoria: quale spazio prevede per gli altri concorrenti alla segreteria? Quali strade per un’attività di reciproca legittimazione e convergenza? ***
“Un senso a questa storia” ● Intervista a cura di Lodovico Como
1 - Qualsiasi riflessione sul Partito Democratico, in questo momento, non può prescindere da una seria considerazione della crisi economica che stiamo attraversando, crisi che, come abbiamo scritto nella mozione, si colloca in un “nuovo mondo”, che ha bisogno di nuove categorie per essere compreso e interpretato. La crisi economica, se non viene governata, si può tramutare in una (segue a pag.2)
profonda crisi sociale capace di minare alla base la nostra democrazia, già indebolita ed esposta a venti populisti e xenofobi. Questa è la sfida che il Partito Democratico deve affrontare, ponendosi tre obiettivi essenziali. a) Essere un partito popolare, capace di reinterpretare le radici cattolico-popolari e socialiste per costruire una società solidale e aperta, con la priorità di andare incontro ai più deboli e alle situazioni di sofferenza. b) essere un grande partito del lavoro che rappresenti i ceti produttivi (insieme, lavoratori e imprese) e difenda la dignità del lavoro come fattore fondante della democrazia. c) Essere un partito aperto, organizzato e partecipato. I giovani, i cittadini che vedono nel PD non solo una proposta elettorale, ma uno spazio di impegno e di crescita umana e civile, devono poterci incontrare nel loro quartiere, sul posto di lavoro, nelle piazze. Sugli snodi ideali, credo che si debba fare chiarezza sulla cosiddetta vocazione maggioritaria, che è la compiuta realizzazione dell’esperienza ulivista: intendo dire bipolarismo, un partito restituito al protagonismo dei cittadini nella quotidianità, un partito di centrosinistra motore di un’alleanza riformatrice e di governo nitidamente alternativa al centrodestra. 2 - Per un grande partito il pluralismo è una ricchezza, non un limite. Giustamente parlate di “processo di costituzione” del PD: ecco, sul punto di partenza abbiamo trovato la convergenza, ed è nato il PD. Ora, con questo congresso e con tutto quello che verrà dopo continueremo il percorso di costruzione di un partito moderno e riformista, che per sua natura deve essere dinamico ma nel contempo capace di produrre sintesi politiche da tradurre in azioni concrete sul territorio. Certo, il pluralismo ci spinge ad affrontare con responsabilità i nodi legati al rapporto tra politica, scienza, tecnica ed etica. Il pluralismo non può diventare anarchia e la libertà di coscienza non può diventare un alibi.
APPUNTI ALESSANDRINI
Si deve pervenire alla decisione, ma non possiamo piegare problematiche complesse alle necessità delle platee mediatiche. 3 - È evidente che ogni tipo di confronto dialettico, se affrontato con trasparenza, sfocia in una collaborazione che non può che arricchire il dibattito non solo tra me e i miei concorrenti, ma a vantaggio dell’intera comunità del partito. Dobbiamo darci delle regole per confrontarci con rispetto e profondità, ma poi dobbiamo decidere. Così facendo trasmetteremo al Paese un segnale di civiltà e di laicità. Questa fase sicuramente accentua le differenze, ma non c’è dubbio che dopo questo periodo la dialettica si trasformerà in collaborazione. L’importante è che non manchi mai l’affetto per la ditta e che abbiamo sempre ben chiaro che il partito è uno strumento e che la sua missione sta fuori di lui. 4 - Continuo a ritenere valido quello che ho detto presentando la mia candidatura: sono il candidato di nessuno e credo che ci sia bisogno di tutti. In caso di vittoria, è evidente, saremo di fronte a una maggioranza e a una minoranza ma l’appartenenza all’una o all’altra non può costituire una discriminante nella conduzione del partito. A maggior ragione di questo grande partito plurale che stiamo costruendo. Di nuovo, il criterio guida in cui riconoscerci e legittimarci resta quello che ho indicato poc’anzi: non stiamo vivendo una competizione autoreferenziale, stiamo parlando al Paese e tutti insieme dovremo metterci in ascolto delle risposte che il Paese ci darà. Non credo che ci possa essere una convergenza più auspicabile.
Pierluigi Bersani
Nato nel 1951 a Bettola (Piacenza), laureato in filosofia, sposato con due figlie, ha svolto attività amministrativa e politica. E’ stato, tra l’altro, Presidente della Regione Emilia Romagna, deputato italiano ed europeo e più volte Ministro. Sostenitori: D’Alema, Bindi, Letta, Follini, Turco, Russo Iervolino.
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“Liberiamo il futuro” ● Intervista a cura di Roberto Massaro
1 - Questo Paese ha bisogno di una prospettiva, di guardare con un serio ottimismo al domani. Per questo lo slogan della nostra campagna, “Liberiamo il futuro”, guarda proprio alle sfide che abbiamo davanti, sfide difficili ma anche esaltanti. Il Partito Democratico ha il dovere di ridare fiducia agli italiani e tutte le nostre politiche, tutte le nostre proposte devono essere costruite per questo scopo. Troppe volte la politica è distratta e non guarda ai problemi più sentiti dai cittadini. Ma nonostante un sentimento anche comprensibile di delusione, i cittadini sono attenti alle novità che la politica è in grado di proporre. Penso per esempio alle primarie, al successo e alla passione che hanno suscitato, a dimostrazione che le persone hanno voglia di partecipare, di essere coinvolte. C’è infatti una grande voglia di cambiamento che va fatta emergere. Ed il 25 ottobre, giorno in cui si voterà il segretario del Pd, sarà un grande evento non solo per il nostro partito ma per l’intera democrazia italiana. 2 - Il Partito Democratico si pone di fronte alle sfide degli ultimi anni senza preconcetti ma con la volontà di guardare avanti e di offrire una alternativa ai cittadini. Il Pd fonda la propria forza sulla diversità delle culture. La pluralità di culture non ci deve spaventare è al contrario una ricchezza che dobbiamo valorizzare. Questo però non significa indeterminatezza nelle scelte. (segue a pag.3)
Ap ● PER UN DIBATTITO POLITICO
“Vivi il PD, cambia l’Italia” ● Intervista a cura di Giorgio Abonante
Io confermo che il Pd deve tener fermi valori come quello della laicità dello Stato, dei diritti di libertà di tutti. Sarà mia responsabilità fare in modo che la varietà di posizioni che animano il nostro partito si trasformi in un messaggio forte e condiviso. 3 - Solamente con l’apporto di tutti potremo raggiungere i miglior risultati possibili. Ricordiamoci che stiamo parlando di un dibattito all’interno di un partito del quale tutti - almeno a parole - condividono il progetto di costruire una grande forza politica capace di tenere insieme diverse culture e sensibilità. Senza questa ambizione il Partito democratico rischia di perdere la sua ragion d’essere. A questo proposito voglio parlar chiaro, perché gli italiani vogliono sentirsi dire dei sì o dei no privi d’ambiguità. È quello che io sto cercando di fare per esempio parlando del rinnovamento della nostra classe dirigente, soprattutto nel Mezzogiorno. Questo rinnovamento serve e mi impegno a farlo. 4 - Lo ripeto dal giorno in cui ho deciso di candidarmi alla segreteria del Partito: chiunque vinca le primarie dovrà rappresentare il segretario di ognuno di noi.
Dario Franceschini
Nato nel 1958 a Ferrara è un politico, avvocato e scrittore italiano. Già esponente PPI e poi della Margherita, è stato vicesegretario nazionale del PD. Dopo le dimissioni di Walter Veltroni, il 21 febbraio 2009, è eletto segretario. I suoi principali supporter sono: Veltroni, Fassino, Serracchiani, Marini, Melandri, Treu, Morando.
APPUNTI ALESSANDRINI
1 - Il Partito Democratico è nato per cercare di porre rimedio alla crisi delle forze politiche di centrosinistra, eredi delle grandi tradizioni politiche socialiste, liberali e cattoliche attraverso un progetto innovativo in grado di ridefinire i confini ingessati del quadro istituzionale italiano e consolidare il bipolarismo. Le premesse rimangono le stesse come anche gli obiettivi. Lanciare un grande ed ambizioso progetto di cambiamento che sappia trasmettere alla società quei valori in cui crediamo da sempre e ai cittadini quelle proposte concrete che possano davvero incontrare i bisogni di tutti giorni. 2 - Le differenze di sensibilità all’interno di un partito sono un valore se trovano una sintesi e soprattutto se quella sintesi diventa “la” posizione in grado di rappresentarle tutte e da tutti riconosciuta. Pensiamo ad esempio alle troppe voci ascoltate sui temi eticamente sensibili e sulle politiche del lavoro: tante opinioni, mai una posizione vera e riconosciuta. Se non sei riconoscibile con chiarezza gli elettori si rivolgono ad altri o si rifugiano nell'astensione. 3 - Innanzitutto bisogna chiarire che chi vincerà le primarie dovrà essere rispettato da tutti perché dal 26 ottobre in poi il Partito Democratico avrà un gruppo dirigente legittimato dal congresso e dal voto degli elettori. E’ importante che questa fase venga vissuta in modo sereno perché ciò che succede oggi sarà la base del nostro futuro.
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Il consenso che verrà riconosciuto alla proposta che abbiamo avanzato sarà trattato per dare valore aggiunto al Partito sugli argomenti che più ci stanno a cuore ma soprattutto per far passare l’idea che la laicità come metodo, come guida all’interno e all’esterno, può davvero essere la chiave di volta. 4 - Rispetto reciproco, voglia di condividere esperienza e sfide per il futuro, entusiasmo nel tentare di rilanciare il centro sinistra e, attraverso il Partito Democratico, tutto il sistema Italia. Abbiamo obiettivi da raggiungere difficili e affascinanti. I dirigenti storici devono capire che il rapporto di scambio fra Partito e società è una condizione necessaria per la vitalità del sistema che vogliamo riformare. E che se si enunciano concetti e valori come apertura, rinnovamento, trasparenza e merito si devono poi confermare nella pratica di tutti i giorni. Ci basterebbe concretizzare ciò che ci diciamo da tempo per rilanciare il nostro Partito. Occorre inoltre non dimenticare l’autonomia dei territori, l’organizzazione a rete, le potenzialità dei forum tematici, tutte modalità che possono aiutare il gruppo dirigente a guidare il Partito trovando temi e strumenti costantemente sincronizzati alla realtà. Sulla forma Partito e sulle regole interne occorrerebbe mettersi d'accordo con una piattaforma condivisa: sembra sterile e poco produttivo il dibattito su Partito solido o liquido. Sul programma, spero ci si convinca tutti sulla necessità di puntare sull'economia verde con un no secco al nucleare.
Ignazio Marino
Nato nel 1955 a Genova, chirurgo e docente di fama internazionale. Ha esercitato anche nelle prestigiose sedi di Cambridge e Pittsburgh. Ha fondato in Sicilia il primo centro per i trapianti di fegato nel 1999. Senatore dal 2006, prima con i DS, quindi con il PD. Punta sul merito e i diritti civili, sulla salute, la laicità e l'ambiente.
Ap ● PER UN DIBATTITO POLITICO
PERCHÉ OSPITIAMO TRE INTERVISTE (Editoriale - continua da pagina 1)
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Le cose buone, le primarie come la cioccolata, non vanno abusate e non bastano a colmare le carenze d’affetto da parte dell’elettorato. Comunque vada ciascuno si assuma quindi la sua dose di responsabilità. E la porti fino in fondo! “Semplificazione” è stato un altro slogan congressuale invocato direi da tutte le mozioni. Norberto Bobbio ammoniva che “la democrazia vive di buone leggi e di buoni costumi”. Ci permettiamo di estendere: “e di buoni regolamenti”. Se facciamo un bilancio tra energie spese e risultato ottenuto nella prima fase congressuale di circolo (scegliere i tre candidati), a livello di “efficacia, efficienza ed economicità” forse c’è ancora molto da fare, pur senza negare che l’occasione è stata una valida esca per stimolare dibattito e confronto tra la base degli iscritti. Tanti interventi hanno poi richiamato contenuti diversi e condivisi, in cui è stata palese la diffusa sensazione di riconoscimento e di forte identificazione, ma che pochi hanno saputo riassumere nella sua reale definizione. Lo faccio io ora, da cattolico democratico: “laicità”. Termine troppo spesso deviato dal suo reale significato e che nulla spartisce con l’anticlericalismo. Vi prego, basta con questa distorsione del termine.
Riappropriamoci del significato di laicità intesa come riconoscimento reciproco di tutte le visioni non violente della nostra società, come spontanea rinuncia al predominio dell’una sulle altre in forza di protezioni violente o autoritarie, in un'Italia che ha messo mano risolutamente alla questione del potere, della sua concezione e della sua gestione, soprattutto nella dimensione pubblica. Laicità intesa come libertà, come rispetto di ogni individuo o gruppo nel praticare organizzandosi la propria ideologia, filosofia o professare apertamente la propria Fede, senza violare i diritti altrui. Laicità come luogo aperto in cui le credenze si formano, si rafforzano nel dibattito e si evolvono per spontaneo consenso, rispondendo ad una chiamata e mettendo a servizio del prossimo i propri talenti, senza relativismi. Laicità come confronto paritetico tra verità che si ritiene di possedere e che si vogliono divulgare. Perché ospitiamo le tre interviste a Marino, Bersani e Franceschini? Semplicemente per queste ragioni. E lo facciamo responsabilmente e laicamente, convinti che solamente con l’apporto di tutti sia possibile raggiungere i migliori risultati possibili, non solo per il PD, ma soprattutto per l’Italia e per l’Europa che chiamano.
APPUNTI ALESSANDRINI Ap ● per un dibattito politico
Sense of Humor
ANNO 3 N.10 Ottobre 2009 Coordinatore: Agostino Pietrasanta Staff: Marco Ciani ● Walter Fiocchi Dario Fornaro ● Roberto Massaro Carlo Piccini
Elezioni primarie
primarie o ultimarie?
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Le prime elezioni primarie furono tenute dal Partito Democratico (americano) in Pennsylvania il 9 settembre 1842. Dopo la guerra civile americana (1861-1865) si susseguirono negli Stati del Sud e dalla fine del XIX secolo divennero negli USA un’istituzione generalizzata. Le primarie consistono in una competizione elettorale attraverso la quale gli elettori o i militanti di un partito politico - anche non iscritti - decidono chi sarà il candidato del partito (o dello coalizione) per la successiva elezione di una carica pubblica. Lo scopo è consentire la massima partecipazione alla scelta dei candidati. Il primo caso di elezioni primarie di rilievo nazionale si è avuto il 16 ottobre 2005 per scegliere il candidato Presidente del Consiglio della coalizione di centrosinistra (L'Unione) alle politiche dell’anno successivo. 4.311.000 persone votarono in 9.816 seggi elettorali. Prevalse Prodi con il 74% dei consensi, seguito da Bertinotti (15%); Mastella (5%), Di Pietro (3%) e Pecoraro Scanio (2%). Il 14 ottobre 2007 si è svolta l'elezione del segretario nazionale del nascente Partito Democratico. In 11.204 seggi si sono espressi 3,5 milioni di persone. Primo Veltroni con il 76% dei consensi, seguito da Bindi con il 13% e Letta con l’11%. Altre primarie si sono tenute nel frattempo anche per scegliere candidati a importanti cariche locali, dai Presidenti di Regione ai Sindaci. Il prossimo 25 ottobre, iscritti e semplici sostenitori del PD saranno invece chiamati ad eleggere il Segretario nazionale e regionale del partito e le rispettive assemblee. Sarà eletto segretario chi ottiene la maggioranza assoluta dei voti. Se nessuno dei 3 candidati raggiungesse la maggioranza assoluta, l’Assemblea Nazionale (o Regionale), con ballottaggio a scrutinio segreto, deciderà il segretario votando tra i 2 che hanno conseguito i maggiori consensi. Candidati a Segretario Nazionale del PD sono: Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino. Candidati a Segretario del PD Piemonte sono invece: Gianfranco Morgando (collegato con Bersani), Cesare Damiano (con Franceschini) e Roberto Tricarico (con Marino).
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