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ANNO 1 N. 3 DICEMBRE 2007 ● Newsletter mensile di politica e attualità ● appunti.alessandrini@alice.it
EDITORIALE
L’assordante grido quotidiano che ricopre il mondo
Nuove prospettive politiche CATTOLICI NEL PARTITO DEMOCRATICO Agostino Pietrasanta ● I primi passi del Partito democratico (PD) dovrebbero riproporre, in presenza di una classe dirigente adeguata, la questione del cattolicesimo democratico. Si tratta di una riproposta che presuppone una verifica. In particolare sulla attualità o meno del progetto che ha dato vita, senso e risultato alla cultura politica di riferimento. Per questo sarà opportuno individuare, con lo schematismo che lo spazio mi impone, i fondamentali di tale progetto e valutare una loro possibile attualità, dal momento che la loro prima definizione conta ormai un tempo lungo poco meno di un secolo, e precisamente dalla fondazione del P.P.I. di Luigi Sturzo (1919). I fondamentali sono sostanzialmente tre: aconfessionalità (oggi si direbbe laicità della politica), popolarismo, democrazia. Il problema sta nel verificare se oggi questi fondamentali hanno ancora un senso e la possibilità di aggiornamento. Vediamo intanto la questione della aconfessionalità: non c’è dubbio che gli eredi del cattolicesimo democratico possono dare un contributo alla realizzazione del PD se saranno protagonisti di un pensiero di cultura politica che risponda ai presupposti di netta distinzione tra la fedeltà ai principi etici non negoziabili e la loro traduzione o realizzazione storica. (segue a pag.4)
Lo smarrimento di norme e valori di convivenza può accrescere la voglia di un nuovo fascismo don Walter Fiocchi ● Chi persiste nell’informarsi rischia la depressione: constata, di fatto, di vivere in un mondo estremamente violento. Bruciano ancora le immagini dei funerali del Maresciallo Daniele Paladini di Novi Ligure, morto da poco in un attentato nei pressi di Kabul, in Afganistan. Non solo nel ricco, sazio e assediato Occidente, dunque. E’ tutto il villaggio umano che è intriso di violenza. Periodici omicidi. Orribili delitti familiari. Episodi di bullismo a scuola. La densa e caliginosa nebbia di terrorismo che ricopre ogni angolo del mondo. Degenerazione violenta di movimenti dei tifosi del calcio italiano. Tutto ciò non fa più notizia, se non c’è un esito cruento. O la responsabilità di uno straniero. O il caso quotidiano di violenza sessuale. Si constata così un enorme mosaico di violenza fisica e psicologica. L’alto livello di civilizzazione e di sicurezza personale e sociale altre epoche hanno conosciuto violenze più efferate e più frequenti - non ci libera dal senso di insicurezza e minaccia. La nostra cultura ha fatto crescere nel suo seno l’assioma di Protagora «L’uomo è la misura di tutte le cose», ritenendolo erroneamente la radice di un autentico Umanesimo. Questa concezione ha portato gli uomini a centrarsi su se stessi e sul proprio personale benessere. Come spiegare la violenza che domina la società? È indubbio lo scarso valore dato alla vita dell'uomo. C’è una concezione che lo vede padrone del mondo, centro dell'universo, capace di disporre la
realtà esterna a proprio piacimento. Ad agire per ribaltare tutto quanto la società aveva costruito nell'ambito della morale, del diritto, delle regole. Il bisogno di uscire fuori dai parametri ordinari, di evadere a qualunque costo, ha portato all'uso della droga, alla violenza come mezzo di ribellione ai quadri sociali esistenti, al disprezzo per la vita. Questo clima ha arrecato un affievolimento anche dei vincoli familiari, alla violenza generalizzata. Anche contro se stessi. La fine delle ideologie, l'indebolimento delle fedi religiose, la secolarizzazione, fanno sì che ci si senta smarriti nei confronti delle norme e dei valori. Tutti finiamo per orientarci ad un edonismo spicciolo, ad una ricerca ossessiva del piacere e del divertimento, ai soldi, alla carriera, al potere. «Se Dio non esiste, tutto è permesso» diceva Dostoevskij. Così tendiamo a rimuovere, con un'aggressività che a volte sconfina nel crimine, ogni ostacolo che si frappone alla realizzazione del nostro desiderio. A ciò aggiungiamo il fatto di vivere in società sempre più solitarie ed anonime (segue a pagina. 4)
A TUTTI I LETTORI LO STAFF DI APPUNTI ALESSANDRINI AUGURA LIETE FESTIVITA’!
QUI ALESSANDRIAL
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Come evolve il progetto del “porto secco” alessandrino
Dopo anni di discussioni pare ormai superata l’ipotesi del Distripark Dario Fornaro ● Per quel che ultimamente si riesce a intravvedere nell’alluvione di notizie e dichiarazioni che da alcuni anni fanno ribollire il fronte politico-mediatico della logistica, e movimentano il progetto del “porto secco” mandrogno, ciò che di logistico si farà, nei prossimi 35 anni, ad Alessandria, si farà essenzialmente nel vecchio e glorioso Scalo/Smistamento ferroviario e ad opera preminente dei padroni di casa, cioè RFI-Rete Ferroviaria Italiana e Trenitalia. Si trasferirebbe, cioè, verso orizzonti indefiniti, nel tempo e nello spazio, l’ipotesi della famosa piattaforma logistica, meglio conosciuta come Distripark, di Cantalupo.
aSLALA Srla Nata nel novembre del 2003, conta un capitale sociale di 980 mila Euro, suddiviso tra 21 soci pubblici, o assimilati, liguri e piemontesi. Promotore iniziale e attuale presidente: Fabrizio Palenzona. La sigla SLALA sta per “Sistema Logistico dell’Arco Ligure e Alessandrino”. Nei giorni scorsi è stata deliberata la trasformazione di SLALA da società a “fondazione”.
APLA Spaa Anche la PLA (Piattaforma Logistica Alessandrina) SpA, con le polemiche dimissioni del Presidente Mauro Bressan e di altri due consiglieri, appare alla vigilia di varianti nella compagine e/o nell’oggetto sociale.
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RFI e Trenitalia protagonisti della logistica alessandrina Nata, in chiusura della Giunta Calvo, con la proposta elaborata da ET - Energia e Territorio nella primavera del 2002. Convalidata da SLALA - Sistema Logistico dell’Arco Ligure e Alessandrino. Trasfusa nella PLA - Piattaforma Logistica Alessandrina, dalla Giunta Scagni. E, da ultimo, rimessa in discussione, all’insegna di un dichiarato maggior realismo, dalla Giunta Fabbio. In effetti, a parte qualche equivoco iniziale e un saltuario ricorso allo smistamento per arricchire l’immagine del Distripark, quest’ultimo aveva poco a spartire con lo Scalo, se non la derivazione di un paio di binari, per qualche chilometro, per alimentare, via ferro, le attività della ben distinta piattaforma logistica. Il Distripark, partito con grande battage, correva tuttavia con due importanti handicap. Richiedeva, per come era collocato, rilevanti interventi, sia per costi che per tempi, di collegamento viabilistico e ferroviario. Ma soprattutto basava le sue certezze di successo, sull’esplosione dei traffici container accreditato al Porto di Genova. Negli anni scorsi, e ancora adesso con gli exploit di Marta Vincenzi, neo-sindaco di Genova, si parlava e si parla di milioni di container (TEU) come noccioline e indipendentemente, o quasi, dai pesanti condizionamenti che gravano su quel porto e rendono impervio passare dalla teoria alla pratica.
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TEU o “Twenty Equivalent Unit”, vale a dire il container medio/standard da 20 piedi di lunghezza, assunto internazionalmente come unità di conto dei container movimentati e ad essa riconducendo i più piccoli (10 piedi) e i più grandi (30, 40, 45 piedi): per tutti la sezione comunque unica e quadrata (8x8). Per rianimare il dibattito, incastratosi sul Terzo Valico, Supermarta Vincenzi ha rilanciato i 10 milioni di TEU per il 2015. Bel traguardo, per i prossimi 8 anni, se pensiamo che nel 2002 eravamo a 1.531.254, nel 2006 a 1.657.153 e le proiezioni per l’anno in corso, sulla base dei primi 10 mesi, parlano di 1.867.000 TEU. Bel traguardo, se pensiamo che 10 milioni di TEU sono il traffico 2006 di tutti i (25) porti italiani. Si è dato anche il caso, in questi ultimi anni, che le Ferrovie dello Stato, pur alle prese con una montagna di problemi, o forse proprio per questo, cioè per trovare nuovi spazi di business, abbiano ripensato alla loro presenza nel panorama logistico nazionale, decidendo di dismettere una serie di scali non più strategici e di potenziare e arricchire funzionalmente quelli dotati di un reale futuro. Alessandria è tra questi e tra i più importanti. Per farci che cosa? Presumibilmente per qualificare e implementare una logistica tipicamente “ferroviaria”, visto che per fare dell’intermodalità l’apparato viabilistico circostante è del tutto inadeguato e richiederebbe massicci interventi di penetrazione stradale e di revisione urbanistica. Nulla si può davvero escludere quanto a sviluppi futuri. Per intanto si può anche concludere, provvisoriamente, che forse le cose vanno…come dovevano andare.
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L’INTERVISTAL
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Il neopersonalismo come risposta alla crisi della democrazia
Laicità, etica, bene comune al centro di una rinnovata azione politica A cura di Agostino Pietrasanta ● Appunti Alessandrini ha intervistato il gesuita Padre Bartolomeo Sorge, certamente uno dei massimi intellettuali cattolici italiani viventi. Lei è ritornato più volte, negli ultimi tempi, sul tema del “neopersonalismo” richiamandone il carattere laico e solidale. Può chiarire schematicamente ai nostri lettori, cosa intende con questa espressione? Oggi è in crisi la «democrazia rappresentativa» che ci siamo dati dopo la caduta del fascismo. Si avverte la necessità di passare a una «democrazia deliberativa», che consenta una partecipazione democratica più responsabile, colmando la pericolosa distanza tra cittadini e istituzioni, che alimenta il cancro dell’«antipolitica». Occorre dunque una nuova cultura politica. Le tradizioni politiche che hanno fatto l’Italia (cattolicodemocratica, socialista e liberale) sono chiamate a trascendersi in una sintesi superiore, per passare dall’individualismo a una concezione integrale di persona, dalla solidarietà puramente formale alla fraternità, dalla laicità come opposizione a una nuova laicità come collaborazione. I rapporti della Chiesa con importanti protagonisti della cultura laica stanno marcando, soprattutto sui temi “eticamente sensibili”, parecchie difficoltà. Quali considerazioni ritiene di poter proporre? Occorre distinguere il piano dei principi etici da quello dell’azione politica. I principi e i valori in sé non sono «negoziabili», ma la loro traduzione politica è soggetta alle condizioni di tempo e di luogo, al consenso e alla crescita del costume. E’ la natura stessa della politica a non consentire che quelle esigenze assolute si traducano immediatamente in leggi, ma impone la necessaria gradualità richiesta dalle situazioni storiche concrete.
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dimensioni del bene comune che oggi, oltre ai beni economici e ai servizi sociali, abbraccia anche le relazioni interpersonali e i beni relazionali. Ritorna, perciò, la necessità di una nuova cultura politica, fondata sull’approfondimento dei valori fondamentali (persona, solidarietà, laicità), su cui poggia la nostra Costituzione.
ALe settimane socialiA Padre BARTOLOMEO SORGE Ora, ricercare il consenso democratico non significa affidare al criterio della maggioranza la verifica della verità di un valore, bensì assumersi la responsabilità di far crescere il costume civile, che è il compito dell’etica politica. Per il cristiano significa operare, in senso evangelico, come seme e lievito all’interno della società. «Il fedele laico – dice il Compendio della dottrina sociale – è chiamato a individuare, nelle concrete situazioni politiche, i passi realisticamente possibili per dare attuazione ai principi e ai valori morali propri della vita sociale. […] consapevole che la dimensione storica in cui l’uomo vive impone di verificare la presenza di situazioni non perfette e spesso rapidamente mutevoli» (n. 568). Ritorna, con una certa insistenza, il dibattito sul “bene comune”. Anche alla luce dell’ultima “settimana sociale”, quale il suo parere? Nella società pluralistica e frammentata, bisogna imparare a vivere uniti nel rispetto delle diversità per costruire la pace e una convivenza giusta e fraterna. Ciò avviene grazie alla convergenza sul bene comune. Questo, però, accanto a una dimensione etica, ha sempre una dimensione storica. Quindi, mutando il contesto storico, occorre ripensare la stessa categoria di bene comune. E’ quanto ha fatto la recente Settimana Sociale, mettendo in luce le nuove
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Nate nel 1907, in cento anni ne sono state celebrate 45. I temi dell’ultimo periodo (dopo il 1991) riguardano, in particolare, l’Europa, gli scenari internazionali ed il bene comune Il cattolicesimo democratico oggi: ritiene possibile una sua riproposizione attualizzata, soprattutto in considerazione dei primi passi del Partito democratico? Il PD è in linea con la intuizione del popolarismo sturziano. Certo, il rischio che i cattolici democratici vengano fagocitati esiste. Ma perché dovrebbe essere impossibile approfondire oggi l’incontro tra gli eredi di quelle tradizioni politiche che, 60 anni fa, si sono ritrovate concordi sui medesimi valori? Il PD dunque è una scelta pienamente legittima per i cattolici. Non necessariamente l’unica. Occorre seguire con attenzione quanto di nuovo e di diverso sta fermentando, come il fenomeno del cosiddetto «cattolicesimo di popolo», sebbene un giudizio oggi sia del tutto prematuro.
ANoteA Bartolomeo Sorge è nato a Rio Marina (LI) nel 1929. Già Direttore di La Civiltà Cattolica e dell’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe. Dal 1997 è Direttore della rivista Aggiornamenti Sociali e dal 1999 è Direttore della rivista Popoli
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CATTOLICI NEL PARTITO DEMOCRATICO (Editoriale - continua da pagina 1)
Al riguardo non basta, oggi, un’autonomia dei cattolici in politica capace di non coinvolgere la Chiesa nelle scelte di parte. Ciò poteva essere sufficiente negli anni del progetto popolare/sturziano. I temi eticamente sensibili esigono invece, ed in più, una capacità di descrivere un compito della politica che, nel possibile e nel concreto persegua il massimo possibile di fedeltà al principio di valore, individuandone i parametri capaci di convincere da una parte la Chiesa e dall’altra le componenti laico/democratiche. Il compito potrebbe essere più arduo di quello di Sturzo. Per una classe dirigente che non mi sembra in grado di uguagliarlo, la sfida appare quasi “titanica”. Seconda questione, il popolarismo. Si potrebbe individuare nella riconosciuta centralità della società civile e nel suo primato sulle istituzioni, dal momento che le seconde sarebbero a servizio della prima. Il gran parlare che si fa però oggi di società civile non aiuta a capire. Non vorrei che si riducesse la “società civile” ai “comitati elettorali” o ai gruppi di contestazione che si pongono in rapporto di rivalsa
Diffondi e fai conoscere
Appunti Alessandrini
L’era della violenza (continua da pagina 1)
nei confronti dei partiti politici. Ora io credo che anche i “comitati elettorali” possano costituire una rappresentanza, ma non la sola a fronte di una ricchezza del volontariato di vario genere ed ispirazione e che, almeno dal punto di vista quantitativo, costituisce una pagina inedita del nostro tempo. A questo volontariato va dato spazio e parola, anche nelle scelte istituzionali. Terza questione, la democrazia. Qui l’incontro del cattolicesimo democratico e della democrazia laica, nel nuovo partito, costituisce né più, né meno che l’incontro degli eredi dei redattori più autorevoli della Costituzione. Di coloro cioè che hanno inteso la democrazia non solo come capacità di stabilire regole condivise di convivenza, ma che hanno anche ritenuto necessario, nello spirito di solidarietà, contribuire alla capacità di tutti ad essere protagonisti, grazie alla promozione del merito di ciascuno, indipendentemente dalle possibilità economiche. Forse su quest’ultimo punto basterà aggiornare i programmi; il principio resta fondante. Saremo in grado di affrontare la sfida che si prospetta?
ASENSE OF HUMORA RIFORME ELETTORALI
e soggetti ad un potere sempre più impersonale che ci fa sentire iner inermi, entità insignificanti nella grande equazione dell'economia mondiale. Il dio--Mercato è il moloch che educa alla violenza e il vero nome dell’insicurezza è Prec Precarietà. Non da oggi diciamo che proporre la sola guerra come soluzione dei pr problemi di larga fetta dell’umanità, è terreno di cultura per nuova e più aspra violenza. Non da oggi diciamo che costruire le proprie fortune, creando e costruendo mediatic mediaticamente un “nemico” da combattere e abbattere ad ogni costo, ha un terribile impatto educativo sulla s società. Non da oggi diciamo che la “caccia all’untore” in cui è stato tr trasformato il gigantesco e ineliminab ineliminabile fenomeno migratorio non può che far crescere il rrazzismo e insieme la fiducia nella violenza e nella forza bruta! Portiamo la peste della violenza dentro di noi e la denu denunciamo in chi non ha casa né lavoro né pane né dignità riconosciuta. Giorgio Bocca afferma che il des desiderio di pena di morte, di chiusura delle le frontiere, di de deportazione in massa degli stranieri, di fiducia cieca nella forz forza, la trasformazione della soli solidarietà in buonismo è “voglia di fascismo”. La rinuncia a pensare, per affida affidarsi ad una cultura fatta di slogan, la scelta del della menzogna come principio di azione politica, il rinasce rinascente culto della personalità mi fanno pensare che forse non ha torto… . APPUNTI ALESSANDRINI Ap ● per un dibattito politico ANNO 1 N.3 Dicembre 2007 Coordinatore: Agostino Pietrasanta Staff: Marco Ciani ● Walter Fiocchi Dario Fornaro ● Roberto Massaro Carlo Piccini Per ricevere questa Newsletter manda una mail all’indirizzo
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