APPUNTI ALESSANDRINI N.4-09

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Pubblicazione non destinata alla vendita a circolazione interna mediante diffusione on-line

ANNO 3 N. 4 APRILE 2009 ● Newsletter mensile di politica e attualità ● appunti.alessandrini@alice.it

EDITORIALE

Lo scandalo che ha fatto discutere il Piemonte e l’Italia

Come cambia la destra LA NASCITA DEL PDL Marco Ciani ● Appunti Alessandrini ha spesso argomentato intorno alla formazione del PD, dichiarando la propria simpatia per tale esperienza politica. Ora vorremmo tentare un’operazione più ardita, ovvero capire cosa esprima il Popolo della Libertà, nato alla fine di marzo, al netto (o quasi) della sua leadership che pure è causa efficiente della nuova formazione. Innanzitutto è opportuno fare un passo indietro, di circa 15 anni (ma sembra trascorso un secolo) per rammentare che in un’Italia smarritasi nella crisi di Tangentopoli, nel crollo dei partiti che avevano retto le sorti del governo nel dopoguerra e per di più alle prese con gravi problemi economici, si creò ad un certo punto un vuoto politico. I moderati che non si sentivano rappresentati dalla sinistra, dalle leghe o dalla destra tradizionale si trovarono nei fatti privi di un saldo riferimento. In questo scenario (che per alcuni versi ricorda, a parti invertite, la situazione di oggi) si affacciò alla ribalta un partito nuovo con un nome fuori dalle convenzioni, Forza Italia. Solo oggi, alcuni dei consumati politici di allora riconoscono con onestà di non aver capito nulla di quanto stava per accadere. Mentre la sinistra pregustava l’ inevitabile (apparentemente) vittoria alle politiche dopo aver conquistato molti enti locali e tutti i grandi comuni - con la sola eccezione significativa di Milano, i maître à penser di centro e della destra intellettuale schernivano la nuova formazione ed il suo fondatore bollato come un parvenu della politica. (segue a pag.4)

Un caso nuovo di gestione privata del pubblico denaro Dario Fornaro ● Lo scandalo che ruota, da diverse settimane, attorno al “GrinzaneCavour” (un incredibile inviluppo di Langa, letteratura, vini, vip, castelli, feste e filiali innumeri, intitolate al Grinzane medesimo, maritato con le più varie promozioni in Italia e all’estero) ha incendiato un gran pagliaio e fiamme e fumo si scorgono da lontano. Ma, complice forse la stagione piovosa, o non piuttosto le trincee scavate prestamente, torno torno, dalla politica e dai generosi finanziatori, il fuoco della polemica e delle curiosità non è dilagato per le erbe e per le stoppie e non ha raggiunto “fortunatamente” alcun altro fienile. Il babelico edificio del Grinzane (il “Grinzanone”) andrà più o meno in rovina per gli eccessi del suo padrepadrone, ma il sospetto che possano darsi diverse altre minori “Grinzanine” (minori fino ad un certo punto) in giro per il Piemonte, è stato, o si è per conto suo, bloccato. L’estro e l’allegra gestione, economica e amicale, del “patron”, sono probabilmente inarrivabili, irripetibili almeno per dimensione, ma la fungaia di iniziative e manifestazioni, cresciuta all’ombra dei contributi pubblici e intitolata alla promozione del territorio (turismo, folklore, cultura, mercati, gastronomia e chi più ne ha più ne metta) non sembra

investita da ombra di dubbio. Dubbio non di malversazione – non siamo così diffidenti – ma di perdita o nascondimento di ogni prassi di resoconto, di ogni abitudine alla rendicontazione, di ogni commisurazione, a posteriori, dei costi (reali) e dei benefici (supposti). Ciò che si fa, i quattrini che si impegnano, per la promozione del territorio, godono di una “liberatoria” assoluta: un cavallo al quale, per convenzione, non si guardano né i denti né i conti. Chi ha mai visto che al termine di una “grande mostra di pittura” (o di una arcana mostra fotografica, o di che altro si rivolgeva al pubblico) gli organizzatori diano qualche riscontro in termini di visitatori paganti, e di entrate per servizi connessi, rispetto ai costi (quali e quanti) sostenuti per il lancio e l’effettuazione della manifestazione? La sensazione è che si tratti per lo più, in buona sostanza, di gestioni fuori bilancio (sotto il profilo della ragioneria pubblica) o addirittura senza bilancio (nel privato): non nel senso che manchino i “conti della serva”, ma che siano trattenuti concordemente nell’ambito della più rigida riservatezza. Il motto sembra essere: chiudere in bellezza, archiviare in gloria e passare al più presto al prossimo “evento” e ai prossimi pubblici stanziamenti, cospicui e possibilmente distratti.


QUI ALESSANDRIAL

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La risorsa dei parchi urbani e la loro non facile gestione

Il caso di Novi e il Forte Acqui al Cristo richiamano trasparenza e partecipazione Carlo Piccini ● Da alcune settimane una polemica furoreggia a proposito del possibile progetto di attrezzare ad “Adventure Park” il Parco Castello di Novi Ligure. A scatenare la polemica il giornalista Gigi Moncalvo, neocandidato Sindaco per il PDL, che dal suo sito web attacca preventivamente il progetto, puntando il dito contro l’attuale amministrazione novese e contro le eventuali società private interessate al progetto. ”Chi si aggiudicherà un bene pubblico lo recinterà per scopi privati, farà pagare un biglietto di ingresso. E’ un copione già visto, restare 50 anni senza risolvere il problema, farlo marcire, creare il massimo degrado e poi chiedere soccorso ai privati togliendo ai cittadini un bene di loro proprietà” (da IL PICCOLO del 30/03/2009). E’ parola di Gigi Moncalvo, non di un vetero-comunista d’antan. Certo, nell’immaginario collettivo e soprattutto in quello alessandrino ci si aspetterebbe, forse preconcettualmente, un candidato del PDL ideologicamente ben disposto verso il mondo imprenditoriale. Vero anche che siamo in pre-campagna elettorale, ma ciò che più ci colpisce non è tanto il caso specifico. Piuttosto il pensiero va a quell’ incommensurabile monumento risorgimentale, che tutta Europa ci invidia, che è la Cittadella di Alessandria ed a quale destino l’attende, dal momento che i militari l’hanno lasciata e dovrà essere gestita dalle amministrazioni locali. Tanto per capirci, solo per un singolo taglio d’erba si parla di un costo di 6-7 mila euro. Speriamo almeno di poter smentire Moncalvo e che la Cittadella non debba prima marcire per 50 anni… Ma al di là delle battute ciniche, il problema è serio. E’ giusto o no affrontare questi casi con l’ausilio dei privati ?

APPUNTI ALESSANDRINI

Una veduta aerea del Forte Aqui In scala ridotta un esempio Alessandria lo sta già affrontando da una decina d’anni, con alterne vicende. Si tratta di uno dei tre forti “minori” della città, il Forte Acqui (gli altri sono il Forte Bormida e il Forte Ferrovia), che è fruibile al pubblico dal 1998. In attesa che il Parco Ghandi (l’attuale aeroporto) esca dal libro dei sogni, il parco di Forte Acqui è attualmente l’area verde attrezzata più grande della città. Peccato solo che la maggioranza degli Alessandrini non ci abbia mai messo piede. Fino al 1998 l’area non era accessibile, ma in occasione del primo Palio del Barbarossa si spesero 200 milioni di vecchie lire per la messa in sicurezza e l’apertura al pubblico. Tra il 2000 e il 2002 una parte fu ceduta alla Protezione Civile Comunale, mentre per la parte interna furono stipulate delle convenzioni tra la Circoscrizione Sud, che ne ha tuttora la gestione, ed alcune associazioni private. Una di queste, occupandosi di attività equestre, per timore di danni agli animali e/o di fuga degli stessi dal parco, salvo manifestazioni specifiche da concordarsi preventivamente, era costretta a tenere spesso i cancelli chiusi, come possono testimoniare molti abitanti del Cristo e come dimostra il fatto che la maggioranza degli Alessandrini non conosca neppure l’esistenza della loro principale area verde. 2

Oggi cosa è cambiato? Dal 2009 la convenzione con l’associazione equestre è stata azzerata e se ne stanno perfezionando delle nuove, in particolare una con un circolo (privato) che in cambio dell’apertura del parco al pubblico e della manutenzione ordinaria, potrà gestire un bar all’interno. Ma torniamo alla domanda. E’ giusto o no affrontare questi casi con l’ausilio dei privati? Se la presenza dei privati si riduce a ciò che è successo al Forte Acqui negli ultimi anni, ha ragione Moncalvo, certamente no. E allora? A certe condizioni forse sì e le condizioni sono principalmente due: Trasparenza e Partecipazione. Trasparenza perché tutti i cittadini devono essere portati a conoscenza dei diritti e dei doveri di chiunque si assuma l’onore e l’onere dei gestire un bene pubblico a fruizione pubblica. Partecipazione perché fruendone consapevolmente tutti possano vigilare sul rispetto delle regole e denuncino puntualmente le eventuali violazioni di chi gestisce in convenzione quel dato bene pubblico. Allora sì che i cittadini sarebbero davvero proprietari di quei beni e non ci sarebbe bisogno né di vigilanze ambientali, né di ronde in divisa. La vigilanza la possono fare i cittadini stessi. Tutti, non solo delegando qualcuno in divisa. Dunque proprio il Forte Acqui ci ridà oggi l’opportunità di sperimentare la maturità sociale degli Alessandrini nella co-gestione partecipata di un bene pubblico. E forse sarà la misura di questa maturità a dirci quanto noi tutti, cittadini ed amministratori, potremo davvero meritare di gestire un domani, davanti a tutta l’Europa, un bene pubblico, unico e straordinario, come la Cittadella di Alessandria.

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L’INTERVISTAL

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La lotta alla mafia, i giovani, l’esperienza con “Libera”

Il difficile cammino verso la giustizia, i diritti, la pace e la verità A cura di Roberto Massaro ● 21 marzo, giornata della memoria e dell'impegno contro tutte le mafie. Quest’anno la manifestazione si è svolta tra Napoli e Casal di Principe. Come è andata ? Sono stati momenti forti, emozionanti, sia a Casal di Principe che a Napoli, al di là dei numeri e della grande partecipazione. La Giornata della memoria non è infatti un evento fine a se stesso, ma il “raccolto” di una semina che viene fatta ogni giorno dell’anno, nelle scuole, nei beni confiscati, nelle università, nelle coscienze delle persone. Un momento per ritrovarci insieme, stringerci attorno ai famigliari delle vittime, e riprendere il nostro cammino con forza, orgogliosi dei risultati raggiunti ma consapevoli del tanto che ancora c’è da fare. Solo così la memoria riesce a stimolare l’impegno per la giustizia. Ma le giornate di Napoli e Casal di Principe avevano anche un altro obbiettivo, che mi pare sia stato centrato: valorizzare il positivo, fare vedere che c’è una Campania diversa da quella della camorra, delle ecomafie, della corruzione e dei silenzi complici o intimoriti. Una Campania che vuole cambiare e che si mette in gioco nel cambiamento. Una Campania che vuole portare con orgoglio il nome della propria terra. Pace, giustizia, diritti e voglia di verità e legalità, sono temi ricorrenti nei suoi messaggi alle giovani generazioni: si tratta di obiettivi o di punti di partenza? Sono valori di una ricerca potenzialmente infinita. C’è sempre un “oltre” e un “di più” nel cammino verso la giustizia, i diritti, la pace e la verità. Questo “approssimarci per difetto” potrebbe a prima vista scoraggiare, in realtà è la premessa della nostra libertà e della nostra responsabilità.

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Don Luigi CIOTTI Mi spaventa chi si sente arrivato, chi ritiene di aver fatto e capito tutto, come mi lasciano perplesso le persone che riducono tutto a un calcolo di rischi e benefici e si dicono disposte a fare solo nella garanzia di un risultato. Per fortuna sono tendenze di cui la maggior parte dei giovani è ancora immune. Loro hanno “fisiologicamente” bisogno di grandi sfide, spazi in cui dispiegare un’energia che va certo accompagnata ma non ingabbiata. E qui entra in gioco la responsabilità educativa degli adulti, la nostra capacità di relazione e la nostra credibilità. Perché quell’energia deve apprendere la continuità, la capacità di fare anche quando non si è sorretti dall’entusiasmo, anche quando la strada è in salita. Se è vero che la speranza si chiama impegno, mi piace ripetere che dobbiamo avere speranza anche “nelle curve”, quando il cammino si fa tortuoso. Magistrati, testimoni di giustizia, servitori dello Stato, parenti delle vittime innocenti di mafia. Come condividere, con coloro che stanno quotidianamente in prima linea, questa battaglia per la libertà di tutti? Costruendo il “noi”, soggetto plurale che regge il cambiamento. La lotta alle mafie deve essere fatta non a parole ma con i fatti, simultaneamente e su più piani. 3

Quello della repressione, grazie all’impegno di magistratura e forze dell’ordine. Quello educativo, attraverso i percorsi nelle scuole e la testimonianza dei famigliari delle vittime. Quello culturale, con un’informazione accurata e libera, capace di denuncia, analisi, approfondimento. Quello sociale sui beni confiscati, per dimostrare che è possibile creare opportunità anche in contesti dove la presenza e la mentalità mafiosa sono profondamente radicate. Ma tutto questo presuppone un forte impegno politico. Le mafie non si vincono rincorrendo le emergenze criminali. Bisogna, come disse il prefetto Dalla Chiesa, «dare come diritti ciò che le mafie offrono come favori». Cioè punti di riferimento e opportunità, formazione e posti di lavoro. Il lavoro di Libera consiste anche nel mettere insieme questi “pezzi”, nello stimolare progetti articolati in cui chi opera nei più diversi ambiti – associazioni e scuole, giornalismo e cultura, istituzioni e amministrazioni – possa portare le sue energie, le sue competenze, la sua voglia di cambiamento. Luigi CIOTTI Nato a Pieve di Cadore (BL) nel 1945 emigra con la famiglia a Torino. Ordinato sacerdote nel 1972 dal cardinale Pellegrino, che come parrocchia gli affida la strada. Nel 1966 fonda il "Gruppo Abele", organizzazione che opera all'interno delle carceri minorili ed aiuta le vittime della droga; nel 1986 Ciotti diventa il 1° presidente della Lega italiana per la lotta contro l'Aids (LILA). Nel’93 pubblica il 1° numero di "Narcomafie" e nel ‘95 fonda "Libera", una rete impegnata nella lotta alle mafie, di cui è tuttora presidente. Luigi Ciotti è anche autore di libri a carattere educativo, di impegno sociale e di riflessione spirituale.

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LA NASCITA DEL PDL

L’esame

(Editoriale - continua da pagina 1)

Invece l’impossibile accadde. La coalizione di destra vinse. La cosa più sbalorditiva fu che quasi nessuno, prima di quell’evento, avesse intuito quanto l’Italia fosse cambiata in profondità. Ancor meno si intese che era possibile condurre una battaglia elettorale e vincere con metodi nuovi per la nostra tradizione sostenendo una campagna in stile americano e puntando su immagine, comunicazione, marketing applicato alla politica, sovraesposizione della leadership, quali paradigmi mutuati da sofisticate tecniche di promozione aziendale e poi trasfuse nell’agone della competizione tra partiti. Riguardo ai contenuti venne resuscitata la potente suggestione dell’anticomunismo unito ad una ridondanza del concetto di libertà giocato in chiave antipolitica e antistatalista, richiamo che produsse in molti la speranza di una imminente rivoluzione liberale. Perciò quando si insediò il nuovo esecutivo, che aveva elevato alla dignità di forze di governo l’MSI e la Lega, la miopia del precedente establishment produsse un altro errore fatale: considerare Forza Italia un partito finto, di plastica, legato in modo inscindibile alle fortune ipoteticamente transitorie del suo presidente e quindi destinato, di lì a poco, a tramontare. Essendosi regolati per mezzo secolo su rendite di posizione dipendenti dal binomio comunismo/anticomunismo (o, specularmente, fascismo/ antifascismo) a quel punto storicamente superate, i vecchi attori si ritrovarono spiazzati. Questa fu in sintesi – al di là, lo ripetiamo, delle vicende de l suo ideatore, con tutti i corollari legati con doppio filo al conflitto di interessi, ai processi, all’enorme concentrazione di potere, alle derive leaderistiche ed antiparlamentari, alle battute imbarazzanti – il nucleo della vicenda intorno al quale si costruì il PDL; ieri Polo e oggi Popolo della Libertà. Venendo all’attualità, quel che sembra prendere forma nel Congresso è un partito di notevole dimensione, solido, strutturato sul territorio anche grazie all’apporto di AN, integrato nel consesso delle forze europee che si riconoscono nel

PPE, con una politica sociale che pur tra mille richiami all’impresa risulta spesso orientata ad una partecipazione attiva dello stato in economia e con una visione sui temi etici che appare decisamente condizionata dall’altra sponda del Tevere. Per la sua particolare morfologia questo tipo di destra non può essere definita liberale perché difetta di una limpida propensione al bilanciamento reciproco dei poteri; né, per altri, complessi motivi, neo-democristiana (come ammesso dallo stesso Berlusconi); neppure di stampo gollista da cui la distingue in modo sostanziale il diverso rapporto con la laicità; e nemmeno anglosassone per mancanza di un deciso orientamento liberista. Insomma sarà una destra all’italiana, un po’ come accade per la sinistra nazionale. Obiettivamente, ci ha un po’ stupito che anche (ma non solo) durante il Congresso i maggiori stimoli nel senso di un avanzamento verso una connotazione repubblicana moderna, laica e aperta siano giunti dal massimo rappresentante della destra post-fascista, vale a dire il presidente della Camera Fini. Posizione temporaneamente solitaria. Ciò nonostante, se questo tentativo di correzione si dimostrerà utile a portare in futuro il nuovo soggetto ad un approdo autenticamente liberale, risolvendo le numerose anomalie che l’attuale leadership trascina con sé, avrà, per poco che possa contare, la nostra puntuale attenzione ed il nostro incoraggiamento.

SENZA PAROLE

Bizzarro ●

Secondo un aneddoto di qualche tempo fa, il celeberrimo scienziato Albert Einstein, mentre teneva un corso all’università, distribuì un foglio contenente alcuni problemi di fisica agli studenti che si accingevano a sostenere un esame. Dopo una prima iniziale valutazione dei quesiti sottoposti, gli assistenti del professore, vincendo l’imbarazzo, si rivolsero al loro superiore, osservando sommessamente: “Scusi se ci permettiamo di farglielo notare, ma i problemi di questo compito…sono esattamente gli stessi contenuti nella prova che abbiamo distribuito qualche mese fa”. Al che il premio Nobel, scoppiando in una fragorosa risata rispose: “Egregi collaboratori, voi avete perfettamente ragione. Le domande di fisica contenute nel compito d’esame sono esattamente le stesse di alcuni mesi fa. Il fatto è che, nel frattempo, ho cambiato le risposte!”. APPUNTI ALESSANDRINI Ap ● per un dibattito politico ANNO 3 N.4 Aprile 2009 Coordinatore: Agostino Pietrasanta Staff: Marco Ciani ● Walter Fiocchi Dario Fornaro ● Roberto Massaro Carlo Piccini Per ricevere questa Newsletter manda una mail all’indirizzo

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