APPUNTI ALESSANDRINI N.6-08

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Pubblicazione non destinata alla vendita a circolazione interna mediante diffusione on-line

ANNO 2 N. 6 GIUGNO 2008 ● Newsletter mensile di politica e attualità ●  appunti.alessandrini@alice.it

EDITORIALE

“Operazione dietrofront” sui rifiuti?

QUI ALESSANDRIA

Sulle radici dell’Europa PER UN’IDENTITÀ POSITIVA Agostino Pietrasanta ●

Secondo Alcide De Gasperi, gli obiettivi di cultura politica che hanno costituito il fondamento delle istituzioni contemporanee, si radicano in una sostanziale ispirazione religiosa. Non si tratta di una posizione isolata, ma negli scritti del grande statista viene specificato che lo stesso dibattito che ha caratterizzato la cultura dell’ottantanove in Francia (1789, ovviamente) fonda il trinomio “libertà, fraternità ed uguaglianza” sullo spirito dell’amore, introdotto nella storia, dal Vangelo di Cristo. Le degenerazioni che, nella successiva storia d’Europa, si sono verificate, anche in conseguenza dei criteri adottati per l’innovazione e dei relativi tentativi di realizzazione, non tolgono nulla alla forza dei principi che hanno fondato il processo. Questo non significa che le esperienze della suddetta degenerazione possano essere ridotte a semplici incidenti di percorso. Fanno invece testimonianza della dirompente invasività di culture nichiliste, di proposte totalitarie, di derive autoritarie, tanto anti/cristiane da seminare odio, separazione e guerra, al contrario della solidarietà e della pace che dai principi di riferimento sarebbero dovuti derivare. La conclusione che se ne dovrebbe trarre, porta al richiamo di quei principi, per un’ adeguata e conseguente riproposta che ne riscatta la loro forza positiva. (segue a pag.4)

Dario Fornaro ●

Da quasi un anno, dalla sonora vittoria elettorale, la nuova Giunta comunale annuncia, con cadenza mensile, il “dietrofront” sulla raccolta differenziata dei rifiuti col vigente sistema del cd. porta-a-porta. Il fatto che ai tuoni ricorrenti non abbia ancora fatto seguito il canonico temporale, non induce tuttavia a ritenere che si tratti di un calcolato decalage post-elettorale. Anche se il DNA democristiano (dunque prudente, dunque poco incline ai colpi di teatro) sia alquanto rappresentato in Giunta, c’è purtroppo da pagare dazio ai feticci programmatici (ZTL, porta a porta,..) della campagna elettorale e ai pasdaran che quei feticci agitarono con studiata truculenza. Nessuno spazio alla discussione, nessuno spiraglio al motivato ripensamento (neppure in epoca di neo-bonaccia berlusconiana): “aug! abbiamo detto!” La macchina del porta-a-porta avrebbe certo bisogno di un check-up, di una analisi/revisione bipartisan finalizzata a correggere, strada facendo, le eventuali anomalie manifestatesi sul piano tecnico, economico e organizzativo. Di interventi, cioè, su un sistema che complessivamente ormai funziona e non di inconsulte risoluzioni tipo, come si dice, buttare il bambino con l’acqua sporca. Non di chiamate alla revolución in nome di risparmi di gestione, vagheggiando nello stesso tempo soluzioni ancor più dubbie e costose (i cassonetti a scomparsa, la rottamazione e il riacquisto delle attrezzature e dei mezzi d’opera, etc.). Ma l’elemento più sfuggente, e tuttavia più grave, nella proclamata “operazione dietrofront”, è quello

diseducativo sul piano civico e ambientale. Far sapere, cioè, ai tanti cittadini che si sono impegnati – magari dopo qualche iniziale perplessità – nella differenziazione domiciliare e nei traguardi di separazione raggiunti, che il loro comportamento è stato sì encomiabile, ma anche un po’ superfluo (si può fare meglio con meno sforzo) può indurre contraccolpi teorico-pratici di scetticismo e di disaffezione ambientale nel successivo approccio ai rifiuti. Per non dire, sul piano collettivo, della difficoltà crescente di integrare convenientemente sistemi di raccolta e smaltimento che, invece di tendere a uniformarsi tecnicamente, vanno a soggiacere ad uno strambo e caotico federalismo di matrice localistica. Già siamo un popolo geneticamente sensibile – pur con le opportune varianti e distinzioni – al “chi ce lo fa fare”: manca ancora che alcuni Pubblici Poteri ci incoraggino all’anarchia per beghe di schieramento. Si apprende, da ultimo, che una Lista Civica alessandrina promuove, tra i cittadini, una raccolta di firme a sostegno/difesa del porta-a-porta. Iniziativa plausibile, prima o poi, ma che, giocata ora, non agevola certo il tentativo (sempre che qualcuno ci tenga!) di “ragionare” con la Giunta in vista di qualche ipotesi di “onorevole compromesso” che salvi l’impianto della “domiciliare” immettendovi qualche variante, politicamente sostenuta e tecnicamente sostenibile. In questo senso un beau geste intempestivo può rinsaldare quelle determinazioni avverse che si vorrebbero invece attenuare o trasformare con mutuo buon senso. Ah la politica!


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L’INTERVISTAL

Il difficile percorso per realizzare le indicazioni del Concilio

L’attuale situazione vista da uno storico esponente della Sinistra cristiana A cura di Walter Fiocchi ● Walter Fiocchi ha intervistato per Ap Raniero LA VALLE, figura di assoluto rilievo della cosiddetta “Sinistra cristiana”. Lei è stato uno dei protagonisti dell’incontro tra mondo cattolico e sinistra storica in Italia. Cosa rimane di quella esperienza? Quando si è realizzato l’incontro tra una parte rilevante del mondo cattolico e protestante e la sinistra storica in Italia, c’erano motivazioni forti che spingevano in quella direzione entrambi i protagonisti. Per i cristiani il problema era di preservare la democrazia includendovi le forze popolari organizzate dal partito comunista, fino ad allora tenute fuori dal sistema, e di promuovere uno sviluppo dell’ordine economico-sociale che l’unità politica dei cattolici nella DC non riusciva più a garantire. La sinistra, allora prevalentemente rappresentata dal PCI, aveva un interesse reale per quelli che chiamava “i valori” del mondo cattolico, a cominciare dalla pace e dalla cura per il “destino dell’uomo”, e voleva rompere la “conventio ad excludendum” che la teneva lontano dal governo del Paese. Oggi nessuna di quelle due condizioni esiste più. Scomparsi la DC e il PCI, i cattolici ancora reperibili nella vita politica non sembrano in grado di concepire e perseguire obiettivi generali di salvezza e incremento della democrazia, e la sinistra non dimostra il minimo interesse per gli ideali politici provenienti dall’esperienza religiosa. Il riferimento cristiano è ormai presente nella vita pubblica solo attraverso le rivendicazioni della istituzione ecclesiastica, riguardanti temi eticamente sensibili, come si dice, o interessi temporalistici a cui la sinistra si sente del tutto estranea, salvo ad addivenire a compromessi di potere.

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Quanto al Partito democratico la sua ragione sociale, di imitazione anglosassone, è precisamente il ripudio di ogni ideologia e della stessa politica, ciò che non consente né il formarsi né l’esplicarsi dal suo seno di una speciale proposta cristiana.

Quale presenza del cattolico in politica? Nella situazione attuale non è proponibile la questione della presenza del “cattolico”, senza ulteriori qualificazioni, in politica. Quella dei cattolici non è una categoria politica, quindi non ha senso parlare dei cattolici in politica come di una espressione unitaria e rappresentativa dell’intero mondo cattolico. La stagione dell’unità politica dei cattolici è conclusa, e la comunità cristiana non è un partito (non lo è più) ma una Chiesa. D’altra parte cattolici sono individualmente presenti nell’uno e nell’altro schieramento, e la CEI non è priva di influenza tanto sulle istituzioni che sull’elettorato, sia credente che ateo. Quella che invece manca, tanto più nell’attuale assetto bipartitico, è la presenza di soggetti politici che in una visione politica, apertamente dichiarata, di sinistra, mettano in gioco motivazioni e ispirazioni cristiane. Si tratta di una tradizione che sotto vari nomi ha attraversato diverse fasi della recente storia italiana, offrendo sempre apporti di decisiva importanza per la vita e il progresso del Paese. Dalle posizioni antitemporaliste e antintegriste dell’ultima fase dell’Opera dei Congressi e dell’”Avvenire d’Italia” di Rocco d’Adria, alla battaglia anticlericomoderata, proporzionalista e antifascista di Sturzo, ai partigiani cristiani, al lavoro costituente di Dossetti, Moro, Fanfani, Lazzati, La Pira, alla sinistra cristiana di Ossicini e Rodano, alla sinistra democristiana di Mattei,

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Vanoni, Pistelli e Granelli, alla Sinistra Indipendente eletta nelle liste del PCI, all’estrema lezione dalla prigionia e al martirio di Aldo Moro. La ripresa di questa tradizione, nell’attuale deserto, potrebbe aprire nuove prospettive alla democrazia italiana. Quando non c’è più né sinistra né cattolicesimo politico, dei gruppi di sinistra cristiana potrebbero rimettere in gioco un altro pensiero politico, un’altra scala di priorità, un’altra visione dell’economia, un’altra concezione del lavoro e della dignità umana, un’altra più gelosa tutela dei diritti e delle libertà fondamentali e della stessa Costituzione, un’altra scienza della costruzione politica della pace. Il primo compito di tali gruppi, che potrebbero prendere vita sia nel territorio che nelle rappresentanze, sarebbe quello della formazione al pensiero politico nonché della elaborazione e invenzione culturale in vista di un contributo di idee e di proposte all’azione politica e alla stessa legislazione. Il secondo sarebbe quello della partecipazione diretta all’attività politica, ai suoi diversi livelli, e alla vita delle istituzioni. Una ripresa del nome e della realtà di una Sinistra cristiana, senza alcuna dissimulazione di nome e di identità, pur rompendo un tabù di ciò che è oggi considerato “politicamente corretto”, sarebbe culturalmente e anche religiosamente fondata. Né essa dovrebbe prestare il fianco alle obiezioni che giustamente si potrebbero fare in nome della critica a proposte di tipo confessionale, integralistico o clericale. Si tratterebbe infatti di una opzione politica chiaramente di parte (di sinistra, fin nel nome), benché non settaria, che in alcun modo pretenderebbe di coinvolgere né la totalità del mondo cattolico, né le responsabilità della Chiesa.

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Se esiste anche per i cattolici, come dice un’affermazione non confutata da nessuno del Concilio Vaticano II, una “legittima molteplicità e diversità di opinioni su come la società temporale debba essere ordinata”, allora non fa alcuna difficoltà se dei cittadini cristiani, “anche in gruppo difendono in modo onesto il loro punto di vista”, e anzi la Chiesa invita a rispettarli (Gaudium et Spes, n. 75), fermo restando che “altri fedeli altrettanto sinceramente potranno espri-mere un giudizio diverso”, senza che mai “le soluzioni proposte da un lato o dall’altro” possano rivendicare esclusivamente a proprio favore l’autorità della Chiesa (Gaudium et Spes, n. 43). Come si potrebbe realizzare l’indicazione della Chiesa/istituzione nel difficile confronto fra le parti protagoniste della vicenda nazionale? Che dei cristiani “anche associati” possano in modo non confessionale partecipare alla vita politica è un fatto acquisito fin dalla esperienza che ne fece il Partito popolare sturziano fino al punto da non farsi carico della “questione romana”. Per quanto invece riguarda la sinistra cristiana, né l’ispirazione religiosa (e più ancora, evangelica) sarebbe discriminante per alcuno, perché chiunque altro potrebbe unirsi all’impresa giungendo per altri percorsi, pur lontani dalla fede, alle medesime visioni politiche e a un convergente perseguimento del bene comune. E mai potrebbe immaginarsi per siffatti gruppi né una pretesa “vocazione maggioritaria”, né una qualsiasi velleità di correre da soli. Al contrario il pluralismo, l’apprezzamento delle differenze, la ricerca delle alleanze e la mediazione in vista di soluzioni comuni (che sono sempre più avanzate di ogni soluzione immaginata da soli), sarebbero nelle stesso codice genetico di una sinistra cristianamente connotata. Una tale iniziativa reggerebbe ugualmente al vaglio della laicità. Soprattutto a partire dal Concilio, è diventato chiaro che l’opposizione non è tra laico e divino, tra laico e credente, tra laico e religioso, tra laicato e clero, tra laici e monaci, tra laico ed ecclesiale.

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vincoli della legge e ha spalancato per tutti gli uomini una prospettiva che va ben oltre la natura. Si può avere cura dell’embrione e perfino degli zigoti crio-conservati e dimenticarsi dell’uomo vivente, che “è la gloria di Dio”. Cosa rimane del Concilio Vaticano II nella attuale visione politica della Chiesa?

Raniero LA VALLE L’opposizione è tra laico e sacro: cioè tra ciò che è umano, storico, profano, comune, e come tale abitato dal Dio incarnato, e ciò che è separato, assoluto, indisponibile, sottratto alla condizione e all’uso comune, tolto alla vista e attingibile solo attraverso mediatori sacri, e che non è il divino ma è in sostanza l’apartheid e la prigione di Dio. In questa più matura percezione della laicità, essa non consiste nel licenziare Dio per assumere il mondo, secondo l’ipotesi della modernità, ma consiste nel prendersi cura del mondo proprio sull’esempio e la spinta di Dio e secondo le sue preferenze, che sono i servi, i poveri, i bambini, le donne, gli stranieri, i profughi, i migranti e quanti altri dalla cultura e dalla prassi politica dominanti sono considerati “minori”. Un giudizio sulla situazione ecclesiale oggi. Mi pare che ci sia una sproporzione nel modo in cui sono annunciati certi messaggi e ne sono trascurati altri, una specie di daltonismo ecclesiastico per il quale la Chiesa da un lato fa propria l’idea del Concilio che ci sia una “gerarchia delle verità”, dall’altro sbaglia poi nel collocare sulla scala gerarchica queste verità. Si può difendere la vita, ma non essere più capaci di dire parole di vita. Ci si può appellare alla legge naturale, in quanto a tutti comune, dimenticando che c’è una cosa ancora più comune, che è l’amore universale di Dio rivelatosi nella risurrezione di Gesù, che ha rotto i

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La cosa più importante del Concilio Vaticano II è stata quella di cambiare non la visione politica della Chiesa, ma la visione che la Chiesa aveva di se stessa, guarendola dalla sindrome di perfezione, di autoreferenzialità, di autosufficienza, dall’idea di essere il luogo esclusivo della presenza di Dio, della disseminazione del Verbo, della pedagogia dello Spirito. Questo significato del Concilio è oggi sotto attacco. C’è un rimpianto delle vecchie sicurezze, del vecchio monopolio della verità, della perduta sovranità spirituale, e qualcuno crede che se la Chiesa romana tornasse a dire che al di fuori di lei non c’è salvezza, non ci sono altre religioni e altre Chiese, non c’è la vera ragione, non c’è il vero diritto, e il mondo è perduto, allora tornerebbero gli antichi splendori e magari, come dicono i lefebvriani, le chiese tornerebbero a riempirsi, i seminari farebbero il pieno, i conventi tornerebbero al “tutto esaurito” e le piazze sarebbero sempre gremite di folle ansiose di difendere la famiglia e di pregare in latino. Naturalmente è un’illusione e, ancora di più, un sogno di potere. Rispetto al Concilio, sarebbe una Chiesa della restaurazione. Ma, come ho scritto nel libro “Se questo è un Dio”, ci sono buoni motivi, di ragione e di fede, per dire che non prevarrà. RANIERO LA VALLE Parlamentare nella Sinistra Indipendente dal 1976 al 1992. Ha diretto Il Popolo e L’Avvenire d’Italia, per il quale ha seguito il Concilio. Tra gli artefici della legge sull’obiezione di coscienza ha fondato e dirige “Vasti, che cos’è umano?” scuola di ricerca e critica antropologica

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PER UN’IDENTITÀ POSITIVA

Scale crom atiche

(Editoriale - continua da pagina 1)

Intanto se libertà dev’essere, questa non può che porsi in riferimento alla promozione integrale della persona. La libertà non può ridursi ad una esperienza individuale, non può ridursi (lo hanno affermato i padri costituenti) alla sola possibilità di fare ciò che non danneggia gli altri. Va finalizzata alla solidarietà, perché anche i più deboli possano essere liberi, possano essere promossi come persone, possano raggiungere il livello della dignità di uomini. Ne consegue che la libertà, in questa prospettiva, si coniuga col principio di solidarietà ispirata dal valore della fraternità o, se volete, dalla fratellanza di ispirazione evangelica. Per questo l’enfatizzazione del merito diventa indispensabile, perché diventa lo strumento proprio del servizio. Il consumismo e le sue logiche degenerate hanno offuscato questa dinamica perché hanno fatto della capacità e del merito individuali, lo strumento del benessere dei più forti e dei più fortunati. In effetti la interpretazione corretta delle ragioni del merito, sempre secondo il trinomio di riferimento (libertà, fraternità, uguaglianza) va nella direzione della promozione dei capaci e meritevoli perché la loro azione sia al servizio di tutti, al servizio della comunità. Ora, se di identità culturale dell’Europa si vuol parlare, se si vuole enfatizzare il suo elemento distintivo, questo sta appunto nella stretta correlazione fra libertà e solidarietà,

tra promozione del merito e assunzione di una responsabilità dei migliori a servizio di tutti. Se ne traggono due valutazioni conclusive. La prima. L’identità è sempre un fatto positivo e nasce nel confronto, anche dialettico, con identità diverse. Non solo. Si impone se si svolge in tutte le sue conseguenze e se realizza tutte le sue potenzialità. La sicurezza delle proposte non si chiude al confronto, perché non lo teme. Nell’attuale passaggio di inevitabile confronto della cultura e delle istituzioni europee con altre culture ed altre istituzioni, forse si paga l’errore di aver perso non solo e non tanto le radici cristiane della solidarietà, ma di averle offuscate nelle spire di una realizzazione consumistica, e dunque surrettizia, del merito. La seconda. Posta la possibilità (o la necessità) di una promozione solidale del merito ne consegue che su di esso si vincono le battaglie della concorrenza con le culture diverse dalla nostra e dunque con le economie delle nazioni oggi emergenti. Il confronto è aperto non sulla strada delle chiusure, ma su quella della capacità. L’identità dell’Europa, forse la ritroveremo qui: nella riscoperta di radici che si sono espresse nella tolleranza e che oggi possono tradursi nel riconoscimento delle altrui capacità, per rendere più visibili, nel confronto, proprio le nostre.

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SENSE OF HUMOR

ANNO 2 N.6 Giugno 2008 Coordinatore: Agostino Pietrasanta Staff: Marco Ciani ● Walter Fiocchi Dario Fornaro ● Roberto Massaro Carlo Piccini Per ricev ere questa Newsletter manda una mail all’indirizzo

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Marco Ciani ●

In questi giorni ruba la scena politica alessandrina. Non è un amministratore, ma un metallo grigio. Il cromo è il principale inquinante riscontrato alla Fraschetta. Fa tremare gli spinettesi e le amministrazioni comunali (attuale e precedente) e quella provinciale, con un exassessore all’ambiente casualmente dimissionario. Il cromo tiene in apprensione i lavoratori degli stabilimenti interessati alle fughe di inquinanti ed è fonte di articoli, azioni legali, nascite di comitati, documenti sindacali e richieste di commissioni di indagine. Prima silenzio assoluto. Ora invece che è scoppiata la bomba, si odono tutti i 12 semitoni della scala cromatica! Quante di queste durissime prese di posizione rimarranno solo flatus vocis? Il cromo, come quasi tutti gli elementi chimici, mostra due facce. E’ un veleno potentissimo, ma è anche necessario per il corretto metabolismo degli zuccheri nel corpo umano. Anche il nostro Paese presenta due volti. Quello del genio italico che ha dato i natali a Leonardo e Michelangelo. Ma anche i tratti di Provenzano e Gelli. E così su tutte le questioni gli italiani e chi li rappresenta si mostrano bivalenti. Parliamo di sicurezza? Si va dall’impunità fino alle squadre razziste. Di rifiuti? Si passa dalle montagne di monnezza al dichiarare le discariche zona militare. Cromo, in greco significa colore (chroma). Colore come il verde della natura, ma anche delle camicie padane ormai passate dal vetusto “Roma ladrona” al più attuale “Rom ladron”. Come l’azzurro del cielo non inquinato dalla diossina sprigionata dai rifiuti bruciati a Napoli. Come il rosso dell’amore e della passione. Ma anche come il colore del massimo allarme in tempi di insicurezza diffusa. O dei conti di molte famiglie. Come il giallo del sole d’estate e del calore. E pure, per tornare a noi, come il giallo dei cristalli di cromo sulle pareti di qualche laboratorio a Spinetta. Tanti colori, come i colori della pelle della persone. O come l’iride dei loro occhi. Questione di cromosomi? Certo! E i loro sogni? Di tanti colori. E tanti diversi significati. Senza dei quali il mondo sarebbe grigio. Grigio appunto…come il cromo!

Questa Newsletter non é una testata giornalistica, pertanto non deve essere considerato un prodotto editoriale soggetto alla disciplina della legge n. 62 del 7.3.2001

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