IL MARE IN MOSTRA

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SETTORE MUSEI E BIBLIOTECHE

IL MARE IN MOSTRA MUSEI DEL MARE, ACQUARI E COLLEZIONI PER LA CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DEL PARTIMONIO MARINO IN CAMPANIA

realizzato con il contributo del Settore Musei e Biblioteche della Regione Campania ideazione, coordinamento editoriale e fotografie Antonio Riccio testi a cura di Thinkin’box - Luciana Ambrosino, Vincenzo Ambrosino, Rosaria Bisceglia “Sezione Navale Museo di San Martino” a cura della dott.ssa Rossana Muzii “Introduzione agli Acquari in Campania” a cura della dott.ssa Flegra Bentivegna “Museo del corallo Ascione” a cura della prof.ssa Caterina Ascione grafica, impaginazione e stampa studio grafico Gianni Ascione - 081.5510178 altre fotografie per gentile concessione di Fabio Menna, Università Parthenope Archivio Museo Navale “Mario Maresca” Archivio privato Prof. Claudio Pensa Fototeca Soprintendenza Speciale per il P.S.A.E. e per il Polo Museale della Città di Napoli Archivio storico Stazione Zoologica Anton Dohrn Archivio Istituto Statale d’Arte di Torre del Greco Archivio storico Museo Ascione ©Copyright REGIONE CAMPANIA - SETTORE MUSEI E BIBLIOTECHE, Napoli 2009 Centro Direzionale, Isola A/6 - 80143 Napoli

Tutti i diritti riservati


INDICE

Prefazione di Loredana Conti 04 Introduzione 06

1. IL MARE E LA CULTURA DELLA NAVIGAZIONE: MUSEI DEL MARE E COLLEZIONI NAVALI IN CAMPANIA • • • • • • • •

Fondazione Thetys - Museo del Mare di Napoli 10 Museo Navale dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, Villa Doria d’Angri 26 Museo Etnografico del Mare di Ischia - Ischia Ponte 36 Museo Navale “Mario Maresca” di Meta 46 Museo del Mare dell’IISS “F. Caracciolo - G. Da Procida” di Procida 54 Collezione Navale del Dipartimento di Ingegneria Navale dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” 62 Biblioteca del CSTN - Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale di Napoli 68 Sezione Navale della Certosa e Museo Nazionale di San Martino - Napoli 76

2. GLI ABITANTI DEL MARE NOSTRUM: ACQUARI IN CAMPANIA Introduzione agli Acquari in Campania di Flegra Bentivegna 88 • Acquario della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli 90 • Museo Vivo del Mare di Pioppi - Pollica 108 • Museo Centro per la conoscenza della biodiversità del Parco Regionale dei Monti Lattari - Castellammare di Stabia 120 3. L’ARTIGIANATO DEL CORALLO: DAL MARE ALLE VETRINE EUROPEE. UN’ECCELLENZA TUTTA CAMPANA

• Museo del corallo dell’Istituto Statale d’Arte di Torre del Greco 130 • Museo del corallo Ascione - Napoli 142


PREFAZIONE

Uomo libero, sempre ti sarà diletto il mare! Il mare è il tuo specchio, dove guardi la tua anima scorrere infinita come le onde e non è meno amaro l’abisso del tuo spirito. Quanto godi a tuffarti in seno alla tua immagine! Come l’abbracci con gli occhi e con le braccia!.

(Charles Baudelaire, L’uomo e il mare, in I fiori del male).

Il mare, per ciò che è sul piano della realtà materiale e per ciò che evoca sul piano delle idee e delle rappresentazioni, è tra gli elementi naturali, forse, quello più ambivalente, ambiguo, indeterminato, ricco di significati anche in contraddizione tra loro. È simbolo di libertà, di avventura; s’identifica con l’idea del viaggiare, del partire e del tornare, della separazione e del ricongiungimento; è teatro di migrazioni, di traffici, di spostamenti; è luogo privilegiato del viaggio come iniziazione, come apprendistato alla vita, come percorso di maturazione, di formazione, di trasformazione. È patrimonio naturale, materia prima, risorsa economica, deposito e fonte del lavoro umano, di tecniche e tradizioni, di saperi empirici e scientifici, di capacità professionali, di mestieri. Le imbarcazioni stesse, di cui l’uomo si è servito per fini pratici, sono state investite di valore simbolico, attraverso la scultura di polene e la pittura di immagini sacre e magiche sulle fiancate. E come non ricordare il gran numero di festività religiose campane dedicate a Madonne ‘marine’. Dire che la Campania è una regione a vocazione marina sembra una affermazione scontata e banale. Ed, infatti, lo è. Si pensi alle varie icone che la rappresentano nell’immaginario collettivo: come Napoli, la Costiera Amalfitana, le isole di Capri, Ischia e Procida. La Campania ha un rapporto così profondo ed intimo con il mare che non è possibile comprendere la sua storia, la sua cultura, i suoi abitanti ed i loro costumi, se non li si collega al mare ed a quanto questo ha dato alla regione nel suo millenario divenire. Eppure, a volte, l’ovvio o – se si vuole - il banale rimane in quell’area del ‘non pensato’, di ‘non detto’ incapace di smuovere gli animi, di generare emozioni, di sollecitare riflessioni, di provocare azioni. Il Mediterraneo, anche nella società postindustriale, conferma il proprio storico ruolo strategico e si impone come oggetto di attenzione scientifica e politica in ambito nazionale ed internazionale. I recenti scenari, poco uniformi e rassicuranti, rendono quest’area una “regione” complessa in grande fermento, il cui ruolo dimensionale trascende la scala locale per concorrere alle dinamiche di un più vasto sistema transregionale. Le componenti naturali e culturali del mondo mediterraneo, che si sono via via sedimentate nel tempo e nello spazio, costituiscono una preziosa e millenaria eredità di fronte alla quale noi, oggi, siamo chiamati essenzialmente ad assolvere due còmpiti: il primo – di tipo, per così dire, conservativo - è che tale ricchezza non vada dimenticata o, ancor peggio, perduta; il secondo – di


tipo valorizzativo – sta nella capacità di far fruttare tale eredità, comprendendo e ridefinendo i ruoli del patrimonio marino. Appare evidente che, in tale prospettiva, il retroterra culturale di ogni singola collettività non può e non deve più essere considerato come una semplice e morta stratificazione, bensì come insieme di forme di vita in grado di riacquistare nuove funzionalità e di arricchirsi di sempre nuovi significati. In Campania esistono variegate e multiformi realtà legate al mare: musei, biblioteche, raccolte e collezioni. L’idea che muove e guida la Regione Campania è quella di creare una rete che racchiuda nelle sue maglie i tesori più affascinanti, i racconti del mare, la simbologia delle decorazioni delle barche, la tradizione di un popolo che vive bagnando la sua storia nel Mar Mediterraneo In altri termini: creare un sistema dei ‘Musei del mare” che sia capace di offrire al visitatore un informazione esaustiva spaziando dall’archivio storico alla cantieristica in legno, dal gabinetto fotografico al modellismo, dagli strumenti della navigazione alla pesca. Il sistema dei “Musei del mare” è qui proposto come una sorta di porta d’ingresso alla conoscenza della cultura del territorio campano, come inizio di un racconto che continua fuori, nelle città ed oltre, coinvolgendo un patrimonio decisamente notevole per quantità e qualità e, per di più, contestualizzato. La sua realizzazione – insieme con un coordinamento strategico regionale – è richiesta da finalità ed obiettivi quali il recupero e la valorizzazione del grande patrimonio storico e culturale marino campano, il favorire la conoscenza del rapporto che ha legato e lega la Campania al mare, il sostegno alla crescita ed allo sviluppo dei Musei del Mare. La realizzazione di un siffatto sistema si pone, pertanto, come passaggio obbligato affinché si possano integrare queste realtà ‘marine’ con la realtà turistica, qualificandone e rinnovandone l’offerta. Dovrà essere un sistema fatto di collegamenti stabili che permetta alle varie istituzioni del settore di dialogare e costruire linguaggi, anche in una prospettiva europea. È, pertanto, necessario che le realtà museali si incontrino e collaborino – in un’ottica di partnership – con i vari enti, centri, istituzioni, associazioni turistiche, culturali ed ambientali del territorio legate, a vario titolo, al tema del mare per dar vita ad una strategia d’impresa comune capace di rispondere alla domanda di un pubblico eterogeneo sempre più attento e di disegnare itinerari che permettano ai visitatori di attraversare la nostra storia, il nostro territorio, il nostro mare in piena consapevolezza delle sue ricchezze ambientali e culturali. Ed in questa avventura oggi noi siamo chiamati ad imbarcarci. Loredana Conti Dirigente Settore Musei e Biblioteche Soprintendente ai Beni Librari della Regione Campania


INTRODUZIONE

Il territorio e le sue risorse sono da tempo stati assunti quali elementi sempre più centrali delle moderne politiche di promozione culturale ed i musei, quali istituzioni volte alla ricerca ed alla custodia delle testimonianze materiali ed immateriali dell‘uomo, devono oggi saper cogliere sempre meglio le specificità del contesto in cui sono collocati. Si tratta di conferire memoria storica ad una tradizione che in Campania vede fortemente legata la popolazione al mare, quale elemento fondamentale di scambi commerciali, di conoscenza di popoli e di culture, e di riconoscere il profondo valore ambientale e paesaggistico che una fondamentale risorsa naturale assume nella crescente consapevolezza che il progresso dell’uomo è imprescindibilmente legato ad uno sviluppo organico e sostenibile. Ecco perché l’idea di riservare attenzione alla realtà dei “musei del mare” della Campania, ossia a quell’insieme di strutture, talvolta di antica istituzione, in altri casi frutto di recente iniziativa privata, che testimoniano il grande rapporto che i campani tutti hanno con il mare, a cui sono legati profondi elementi della nostra memoria collettiva. Il libro, attraverso le sue tre sezioni, intende offrire al lettore un originale excursus del nostro patrimonio museale marino. E così, nella prima sezione, “Il mare e la cultura della navigazione: musei del mare e collezioni navali”, avremo l’occasione di conoscere il ruolo fondamentale assolto dal mare nella circolazione di merci e uomini; i libri, gli archivi, i documenti, fedeli custodi di storie e vicende marine; i materiali, gli strumenti e le tecniche per la navigazione; le antiche carte geografiche, i portolani; le raffigurazioni pittoriche della fatica dei pescatori in mare, scene di lavoro e di ozio; la forza dei simboli marini e tutta la religiosità e ritualità legate al mare. Nella sezione “Gli abitanti del mare nostrum: acquari in Campania” ci immergeremo nelle profondità marine dove incontreremo pesci, cefalopodi, tartarughe, ippocampi, alghe e veri e propri giardini fioriti di Gorgonie, Madreporari e Cerianti. Ed, infine, nella sezione “L’artigianato del corallo: dal mare alle vetrine europee. Un’eccellenza tutta campana” ammireremo cammei, gioielli, manufatti in madreperla, amorini ed immagini sacre: tesori di un artigianato che sconfina nell’arte. Occorre, peraltro, porre in evidenza anche un altro aspetto, di non minore importanza, che si ricollega a quegli inquietanti fenomeni di alterazione dell’equilibrio marino così come si stanno verificando ormai da decenni: intendiamo riferirci ai noti fenomeni dell’inquinamento marino, delle invasioni biologiche, del surriscaldamento, i quali hanno prodotto e tuttora stanno producendo


effetti devastanti sulla biodiversità e sull’equilibrio marini, la cui salvaguardia è ormai al centro dell’attenzione dell’intero mondo scientifico, politico e culturale. Con lo spirito di chi, conoscendo il profondo legame che unisce la nostra regione – in generale – e la città di Napoli – in particolare – con il mare, avverte il bisogno e la necessità di agire per la valorizzazione di una memoria storica e la tutela di un patrimonio ambientale tanto rilevanti quanto preziosi; con questo medesimo spirito abbiamo inteso operare nell’intraprendere questa iniziativa, convinti del fatto che la conoscenza e l’attenzione al fattore marino sia un buon modo di educare ed educarsi per un futuro migliore. Il libro è stato, quindi, ideato e realizzato con l’intento, all’interno del generale obiettivo di favorire la creazione di sistemi culturali del Mediterraneo, di sviluppare una specifica azione di promozione della realtà museale marina campana, cercando di offrire le linee ed i principi del rapporto uomo-mare attraverso una molteplicità di reperti e contesti sociali e naturali.



1. Il mare e la cultura della navigazione: musei del mare e collezioni navali in Campania


Fondazione Thetys - Museo del Mare Napoli


Un po’ di storia Si affacciano sul bel golfo di Pozzuoli le sale del Museo del Mare, adiacenti alle aule dello storico Istituto Tecnico Nautico “Duca degli Abruzzi” di Napoli. L’istituto Nautico trae origine dal Collegio di San Giuseppe a Chiaia, scuola gesuita fondata nel 1623 nei pressi dell’omonima chiesa nel quartiere napoletano di Chiaia, grazie alle donazioni prima di Giulio Cesare Guadagno e poi del principe Scipione Cosso. Quando a Napoli come in altri regni europei i Gesuiti furono espulsi, il re stabilì che gli Istituti dell’ordine venissero destinati a scopi più utili alle classi popolari e, perciò, il Collegio di San Giu-


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seppe a Chiaia divenne una scuola di nautica per “i figli orfani dei marinai di Santa Lucia, del Molo Piccolo, della Marinella ecc. sotto la direzione di un buono e vecchio piloto (…)” [Da La Regia Scuola dei Pilotini di Napoli, Napoli 1869, ristampato a cura del Museo del Mare di Napoli nel 2003].

La destinazione dell’Istituto ed il suo nome mutarono nell’arco di qualche decennio: diventò prima Collegio dei Pilotini con lo scopo di formare militari per la marina e, subito dopo l’Unità, diventò Convitto Caracciolo, fu aggregato al Regio Istituto Tecnico “Della Porta” ed acquistò la propria autonomia nel 1904. Le vicende dell’Istituto Tecnico Nautico “Duca degli Abruzzi” e del Museo del Mare di Napoli

sono strettamente legate: gran parte delle collezioni museali, infatti, proviene dalle aule, dai laboratori e dallo spazio adibito a museo nella sede di via Tarsia dove fino al 1980, anno dell’ultimo terribile terremoto che ha scosso la città di Napoli, era collocato l’Istituto Nautico. Il museo nasce nel 1992 quando, in occasione delle Colombiadi, la scuola si apre al territorio esponendo le proprie collezioni e l’Istituto viene ampliato con l’aggiunta di una nuova ala, destinando il piano ammezzato a museo grazie all’impegno di studenti ed insegnanti coordinati dal professor Mussari, ex insegnante di fisica della scuola ed attualmente appassionato curatore del museo. Alle collezioni della scuola, che



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costituiscono il nucleo da cui nasce il Museo del Mare, si aggiungeranno nel tempo diversi pezzi donati da privati, grazie alla costante opera di ricerca, raccolta e valorizzazione del patrimonio marinaro campano del curatore. Nel 2007 nasce la “Fondazione Thetys - Museo del Mare” e nel 2008 il museo viene riconosciuto di interesse regionale.

Le collezioni Il Museo del Mare di Napoli si articola in quattro sale all’interno delle quali sono esposti reperti che raccontano oltre due secoli di navigazione e di didattica della navigazione. Il Museo nasce con l’intento di conservare, valorizzare e diffondere il patrimonio materiale ed immateriale della tradizione marinara campana: modelli di navi, attrezzi in uso dai marinai, strumenti per la navigazione astronomica, apparati per la radionavigazione, carte nautiche ed una importante biblioteca formano l’interessante, ricco ed in certi casi unico patrimonio che il professor Mussari, curatore del museo, ha raccolto e restaurato in questi anni.


La Sala delle Navi Nella Sala delle Navi sono esposti diversi modelli in scala che per anni sono stati indispensabili strumenti del corredo didattico degli studenti dell’Istituto Nautico e che, una volta diventati obsoleti, si sono trasformati letteralmente in pezzi da museo, non prima però di un intervento di restauro. Tra brigantini, vascelli e golette, spicca il modello accuratamente restaurato di un gozzo sorrentino a menaide del XVIII secolo, riproduzione dell’opera dei maestri d’ascia della costiera sorrentina, la cui arte, tramandata oralmente, ha origini lontane e caratteristiche che ricorrono nei principali porti del Mediterraneo. Il gozzo a menaide era impiegato per la pesca del pesce azzurro con la rete a menaide, un tipo di rete per la cattura di pesci di piccola taglia, da cui il nome dell’imbarcazione. La riproduzione in scala è curata in ogni particolare ed in fase di restauro sono venuti alla luce dettagli di pregevole fattura che raccontano il mondo marinaro dell’epoca: ai motivi religiosi locali, un Sant’Agostino sullo specchio di prua ed un bassorilievo raffigurante le anime del purgatorio su


quello di poppa, si affiancano, infatti, icone legate alla superstizione, come gli occhi apotropaici detti della buona rotta o l’immagine sul retro dello specchio di poppa, di un Vesuvio in eruzione, riprodotto per esorcizzare la catastrofe più temuta. La bellezza del modello di gozzo sorrentino esposto nel Museo del Mare è attribuibile al fatto che si tratta di un cosiddetto modello di cantiere, che veniva presentato per promuovere ed illustrare l’imbarcazione ai potenziali committenti. Oltre a barche e navi tipiche del mare nostrum, la sala espone una bellissima riproduzione del Wasa, vascello reale da guerra svedese costruito nel XVII secolo, colato a picco nel porto di Stoccolma e che negli anni ‘50 è stato fatto riemergere, restaurato ed esposto nel Wasamuseum di Stoccolma. Il modello esposto presso il Museo del Mare di Napoli è frutto del minuzioso ed appassionato lavoro di un operaio, Benedetto Provvido, che l’ha ricostruito fedelmente anche grazie ad una costante corrispondenza con il museo svedese per poter riprodurre l’imbarcazione nei minimi particolari.




Macchine e strumenti per la navigazione Il restauro, non solo dei modelli in scala ma anche di macchine e strumenti per la navigazione, è parte integrante delle attività del Museo del Mare: uno dei restauri più complessi è stato quello che ha dato nuova vita ad una pompa ad aria per immersione risalente ai primi anni del ‘900, donata al Museo da un anziano palombaro assieme all’antica attrezzatura da immersione. L’opera di restauro ha dato nel tempo nuova luce anche agli strumenti esposti nella Sala Navigazione: questa sezione del patrimonio museale comprende sia antichi sussidi didattici – è il caso di alcuni modelli planetari ottocenteschi utilizzati per simulare i moti terrestre e lunare intorno al sole – sia strumenti per la navigazione, che spazia da una varia collezione di bussole e sestanti alla più moderna girobussola risalente al secondo dopoguerra. La girobussola è un particolare tipo di bussola la cui invenzione si colloca agli inizi del XX secolo ed il cui funzionamento non si basa sul campo magnetico terrestre, ma sulle proprietà giroscopiche.



Tra gli strumenti più interessanti è esposto un pezzo unico in Italia: si tratta dello sferotrigonometro di Nausbach del 1861, ovvero di un calcolatore analogico per la risoluzione di problemi di trigonometria sferica in astronomia navale. Di sicuro effetto è l’allestimento di un timone in mogano con la chiesuola contente una bussola a liquido entrambi risalenti al XIX secolo: salendo su una pedana posta davanti al timone che è collocato di fronte ad una delle finestre della Sala Navigazione a pochi metri dal mare di Bagnoli, si ha l’immediata sensazione di essersi calati nei panni di un eroico comandante, di un ardito pirata d’altri tempi. La Sala Marconi espone una vasta gamma di apparati per le comunicazioni radio e la radionavigazione, ormai del tutto superate dal sistema GPS: tra telegrafi, telescriventi, ricetrasmittenti e microfoni retrò c’è anche un esempio di radio a galena, ovvero un tipo di ricevitore radio così semplice che tra gli anni ’20 e ’40 del XX secolo veniva costruito in casa e nel corso della Seconda Guerra Mondiale utilizzato per captare le frequenze di Radio Londra.


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Mettendo insieme una serie di pezzi della collezione risalenti ai primi del ‘900, il Museo del Mare di Napoli intende ricreare, nella stessa sala, una radio composta da strumenti uguali a quelli che si trovavano sul transatlantico più famoso e sfortunato del mondo, il Titanic. Il Museo del Mare di Napoli è inoltre fornito di una biblioteca composta prevalentemente da volumi di architettura navale e macchine marine, alcuni dei quali unici, e di una raccolta di carte nautiche: nella maggior parte dei casi si tratta di testi di valore storico, risalenti al XIX secolo, e per questo non possono essere presi in prestito ma solo consultati all’interno del Museo.


Le mostre

Gli ex voto

La mission del Museo del Mare di Napoli è mantenere un costante dialogo con la città, con chi vive o ha vissuto di attività legate al mare e con i giovani che vogliono conoscere la storia e le tradizioni della vita marinara; in definitiva le attività del Museo sono finalizzate ad un’incessante opera di ricostruzione e di valorizzazione della memoria storica marinara napoletana e campana. Attraverso l’organizzazione di mostre, visitate da studenti di scuole di diverso ordine e grado, il Museo del Mare racconta ai giovani visitatori storie talvolta dimenticate, a loro spesso sconosciute e si propone sempre nuovo con diorami, allestimenti e restauri sempre diversi. Dagli ex voto marinari ai cantieri di età borbonica, dalle barche da lavoro campane del XVIII secolo alla mostra sulla storia di pirati e corsari, alcuni studi ed approfondimenti sono diventati mostre virtuali visitabili on-line, mentre, in altri casi, sono state realizzate esposizioni nelle sale del Museo o itineranti.

Il Museo del Mare ha raccolto ed esposto in occasione della mostra allestita nel 2002, una serie di ex voto marinari datati tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo e conservati in diverse chiese del territorio flegreo (Coroglio, Pozzuoli, Monte di Procida) e della zona di Torre del Greco. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di quadri di modesta fattura che raffigurano l’evento tragico, il pericolo scampato per cui il fedele ha ottenuto la grazia: in quasi tutti gli esempi viene rappresentata una nave avvolta dalle onde, in difficoltà tra i marosi e sovrastata dall’immagine stereotipata della madonna o dei santi a cui l’ex voto è destinato e che rivolgono il loro occhio benevolo all’imbarcazione. Gli ex voto sono un esempio che aiuta a ricostruire alcune caratteristiche proprie della religiosità marinara, una religiosità dal tratto quasi concreto: in tempi in cui l’eventualità di perdere la vita in mare non era poi tanto remota, la reazione tipica al pericolo di morte trovava espressione in un intenso e costante dialogo con la divinità.


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La Nave Asilo “Caracciolo” La storia della Nave Asilo “Caracciolo” e dell’innovativa esperienza condotta dall’educatrice Giulia Civita agli inizi del secolo scorso, viene raccontata attraverso una ricca raccolta di immagini fotografiche inedite esposte nelle sale del Museo del Mare in occasione della mostra ad essa dedicata. La rievocazione di questa straordinaria esperienza rientra nel più ampio progetto del Museo del Mare “Per non perdere la memoria…” che vuole ridare la giusta importanza al patrimonio culturale relativo al mare finora misconosciuto. La memoria culturale che si vuole così rigenerare viene

intesa come luogo dell’anima da cui accostarsi al passato, motivando i cittadini, giovani e adulti, alla più complessa conoscenza storica. I materiali documentali raccolti andranno a costituire un archivio specialistico che consentirà di entrare in contatto con le tradizioni marinare campane,

quali tessere del grande mosaico della nostra cultura. In questo caso, partendo dalla Donazione al Museo del Mare di un archivio privato di fotografie, è stato ricostruito un segmento della storia della città e ridata la giusta rivalutazione alla vita dei protagonisti: la signora Giulia Civita Franceschi e i suoi Caracciolini, sconosciuta ai più se non ai loro diretti discendenti, con la recente mostra fotodocumentaria dal titolo: “Da scugnizzi a marinaretti. L’esperienza della Nave Asilo Caracciolo”, che ha già raggiunto un alto numero di visitatori. La Nave Asilo “Caracciolo” venne istituita nei primi anni del secolo scorso con l’obiettivo di avviare alla vita professionale gli orfani e gli “scugnizzi” napoletani, indirizzandone alcuni alla pesca, altri


all’attività di marinai della marina militare e molti altri ancora alla vita “civile” della città. L’elemento innovativo, introdotto per la prima volta in una istituzione di questo tipo, è l’attenzione posta alla ricostruzione della vita affettiva dei piccoli ospiti della scuola: l’educazione per la preparazione alla vita professionale non era più considerata l’unico strumento da fornire, ma ne era indispensabile complemento la riproduzione di un ambiente ac-

cogliente che potesse in qualche forma colmare i vuoti affettivi degli orfani napoletani. La ricerca completa intorno alla vicenda della Nave Asilo sarà oggetto di una apposita pubblicazione entro il 2009.

i Denominazione Museo: Fondazione Thetys - Museo del Mare di Napoli Responsabile struttura: Direttore Prof. Antonio Mussari Indirizzo: Via di Pozzuoli, 5 - Bagnoli - c/o Istituto Tecnico Nautico Duca degli Abruzzi - 80124 Napoli Contatto: tel 081 6173749 mobile 349 1882181 mail: info@museodelmarenapoli.it web: www.museodelmarenapoli.it Orari di apertura: Da lunedì a sabato: 9,00-13,00 / 15,00-18,00 Domenica: 10,00-13,00 per appuntamento Ingresso: gratuito Come arrivare: in auto: dal centro di Napoli direzione Bagnoli trasporti pubblici: autobus e Cumana fermata Bagnoli


Museo Navale Università degli Studi di Napoli “Parthenope” Villa Doria d’Angri


Un po’ di storia La storia dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” (già Istituto Universitario Navale) trova le sue fondamenta scientifiche e culturali nello stretto legame che la città di Napoli ha da sempre con il mare. L’origine dell’ateneo risale al 1919, quando, su istanza del Vice Ammiraglio Pasquale Leonardi Cattolica, il Regio Istituto di Incoraggiamento di Napoli si fece promotore, presso il Governo, dell’Istituzione di un centro superiore di cultura nel quale il mare venisse “studiato in quanto è, in quanto produce e in quanto mezzo di scambio” e che, accanto allo sviluppo della cultura scientifica, preparasse le menti alla “Consapevole valorizzazione dei problemi economici relativi al mare”. L’istituto fu inaugurato il 30 maggio 1920 ed articolato in due sezioni: Magistero, per la formazione dei docenti di Discipline Nautiche; Armamento, per la formazione di dirigenti di aziende, prevalentemente armatoriali e di assicurazioni marittime. Tra il 1939 ed il 1940 la struttura diventa Istituto Universitario Na-


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vale, punto di riferimento per la cultura superiore marittima nelle sue forme più diverse, restando, fino agli anni novanta, sede delle facoltà di Economia Marittima e di Scienze Nautiche. Col tempo l’offerta formativa e gli ambiti di ricerca dell’istituto si sono estesi ed, a partire dal suo nucleo fondante, oggi l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” si compone di cinque Facoltà - Economia, Scienze e Tecnologie, Ingegneria, Giurisprudenza

e Scienze Motorie - ma mantiene inalterato il suo profondo legame con il mare e le realtà produttive ad esso connesse. Tra le sedi dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” la più affascinante è Villa Doria d’Angri, costruita sulla collina di Posillipo dall’architetto Bartolomeo Grasso, su commissione del principe Marcantonio Doria. La villa, che si erge su uno sperone tufaceo, venne completata nel 1833, così come documenta


la lapide posta in corrispondenza dell’ingresso. Pare che nella sala oggi intitolata a Wagner, il musicista tedesco abbia composto nel 1880 le pagine del Parsifal. Tra storia e bellezze naturali trova posto la collezione navale della “Parthenope”, i cui pezzi si sono accumulati in quasi un secolo di storia nelle stanze delle varie sedi dell’Università. Sin dalla sua fondazione, infatti, l’Università “Parthenope” ha raccolto modelli navali didattici appartenenti sia ai preesistenti arsenali di marina, collocati negli attuali giardini di via Acton, che alla Scuola dei Cadetti di Marina: i modelli erano un indispensabile supporto alle lezioni, in particolar modo per le discipline riguardanti le tecniche di costruzione e di allestimento delle navi. La collezione si è arricchita nel tempo grazie all’acquisizione di alcuni modelli di cantiere, come quelli donati dalle Officine Partenopee e dai noti cantieri C. & TT. Pattison. Negli anni della seconda guerra mondiale i modelli della collezione hanno subito notevoli danni e, dal secondo dopoguerra in poi e


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soprattutto ad opera del Capitano Milosa, si è proceduto al restauro del materiale ed alla costruzione di nuovi modelli didattici. Nel ’50 alcuni locali della Palazzina Spagnola, sede dell’Istituto Navale, sono stati destinati al Museo Navale ed è stato approvato un primo progetto di allestimento curato dall’ing. Marcello Canino; successivamente il Gabinetto di Arte Navale, con il Prof. Russo ed il Prof. Balestrieri, ha acquisito nuovi reperti ed oltre ai modelli navali la collezione dell’Istituto si è arricchita di strumenti didattici e di laboratorio.

Il museo La collezione dell’Università “Parthenope” è attualmente composta da circa 160 modelli di navi e parti di navi mercantili e militari, da strumenti nautici e da attrezzature marinaresche. I modelli navali di cantiere sono databili

nella maggior parte dei casi tra la fine dell’ottocento e la metà del novecento, anche se stabilire con precisione data e provenienza dei pezzi della collezione non è un’impresa semplice considerato che nel tempo quasi in nessun caso c’è stata una catalogazione degli oggetti acquisiti. Tra i pezzi più importanti della collezione vi sono alcuni modelli di navi militari che costituiscono l’originale campionario della produzione dei Cantieri Navali Pattison, situati all’inizio del secolo scorso al Ponte della Maddalena nel porto di Napoli. I modelli dei Cantieri Pattison sono la dimostrazione tangibile dell’elevato livello che la cantieristica navale napoletana ha raggiunto nel novecento, facendo di Napoli un centro esportatore di tecnologia in tutta Europa. Attraverso i pezzi della raccolta di Villa Doria d’Angri è possibile ri-



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percorrere tappe della storia della marineria napoletana: dal modello di struttura architettonica dello scafo di un vascello da guerra a vela al modello di brigantino della marina borbonica, dalla riproduzione di brigantino da carico completamente invelato dell’800 ai i modelli didattici di strutture lignee di poppa e di prua. Vi sono poi modelli di transatlantici dell’epoca della grande emigrazione italiana, simulacri di parti di navi, carene da studio e modelli di cantiere, oltre a diorami di navi in costruzione che rappresentano attività e mestieri della nostra marineria: c’è un bel diorama del tronco poppiero di un piroscafo, risalente probabilmente alla fine dell’ottocento o agli inizi del novecento, che riproduce la nave nei più minuti dettagli, costruito non sappiamo se a scopi didattici o a scopo esemplificativo per i committenti della nave. Molto interessante anche il modello a specchio del piroscafo Posillipo realizzato nel 1912 presso i cantieri Henderson di Glasgow; in questo particolare tipo di riproduzione a specchio viene costruito solo metà modello, poi viene incollato su uno specchio in modo



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da dare l’impressione che si tratti di un’imbarcazione intera. L’Università “Parthenope” è inoltre in possesso del Fondo Borbonico: una raccolta di volumi multidisciplinare composta di pezzi rari e pregiati, che spesso contengono materiali sulla navigazione di storica importanza. Il nucleo originario del Fondo Borbonico fu costituito probabilmente dalla biblioteca della Marina Militare Borbonica, poi passata al Dipartimento del Basso Tirreno della Marina Militare del Regno d’Italia e infine affidato all’Istituto Universitario Navale dal 1924. L’allestimento del museo nell’attuale sede di Villa Doria, curato inizialmente dal Prof. Roberto Ba-

lestrieri ed ora dal Prof. Antonio Scamardella, è attualmente ancora in corso: si sta, infatti, procedendo ad una catalogazione informatizzata della raccolta e delle immagini digitali degli oggetti, secondo gli standard catalogra-

fici nazionali e internazionali. Sono infine in corso contatti con la Commissione Musei della CRUI per la catalogazione secondo le direttive predisposte da un apposito gruppo di lavoro per i Musei scientifici e si stanno implemen-


tando opportune procedure software per l’inserimento nei sistemi informatizzati dell’ateneo. Nel corso del 2008, anche grazie al contributo della Regione Campania, si è provveduto all’acquisto di parte degli arredi necessari all’allestimento di un percorso didattico-espositivo che, sebbene ancora in una fase iniziale, risulta già in grado di valorizzare i reperti secondo una disposizione filologicamente coerente. Le iniziative finora intraprese hanno fatto sì che la raccolta sia stata

apprezzata e fruita non più solo da estimatori e specialisti del settore, ma da un pubblico ben più vasto, tra cui allievi di scuole di ogni ordine e grado. Sono stati, infatti, intensificati i contatti con le scuole, con gli enti locali, oltre

che con altri atenei e istituti culturali. In futuro si spera di poter rendere l’attuale percorso didattico-espositivo pienamente fruibile anche sul piano turistico.

Le notizie qui riportate sono tratte da: “Il Museo Navale“ di R. Balestrieri. In “Università Parthenope. Le risorse storico-artistiche” edito da Denaro libri.

i Denominazione Museo: Museo Navale dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” Villa Doria d’Angri Responsabile struttura: Prof. Ing. Antonio Scamardella Indirizzo: Via Petrarca, 80 - 80122 Napoli Contatto: tel 081 5476632 - 081 5475418 mail: museonavale@uniparthenope.It Orari di apertura: 9,00 -14,00 (su appuntamento) Ingresso: gratuito Come arrivare: Metropolitana: Fermata Mergellina Autobus: Direzione Via Petrarca


Museo Etnografico del Mare Ischia


Un po’ di storia Il Museo Etnografico del Mare di Ischia, a pochi passi dal suggestivo Castello Aragonese, è ospitato nel più antico e prestigioso palazzo del patrimonio comunale, nel Borgo di Celsa: la Torre dell’Orologio ad Ischia Ponte. Oggetti e reperti museali esposti al godimento del pubblico sono il concreto risultato del lavoro volontario svolto da un gruppo di persone motivate unicamente da passione e curiosità per le proprie radici. Il museo fu fondato nel 1996 ad opera dell’associazione “Amici del Museo del Mare”, costituita da un gruppo di ex marittimi ischitani che avvertirono l’esigenza di raccogliere in un unico luogo tutto ciò che potesse raccontare ai visitatori la storia della marineria ischitana e, in senso più ampio, quel sentimento ancestrale che ha legato l’uomo al mare fin dalla più remota antichità. “A tutti gli uomini di mare” è la dedica incisa su una targa accanto all’ingresso.


Le sale Il museo è composto da sette sale tematiche disposte su tre piani, alcune delle quali intitolate a pescatori, armatori e studiosi dei quali è esposta anche la biografia. Al primo piano è collocata la piccola sala “Agostino Lauro - Armatore” nella quale sono esposti alcuni ex voto marinari che vanno dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento: tavolette dipinte di piccole dimensioni, realizzate “per grazia ricevuta” (P.G.R.), oppure in seguito a “voto fatto grazia avuta” (V.F.G.A.) che raccontano con efficace drammaticità disavventure marinaresche. Queste immagini sintetizzano in un’unica scena, spesso di elementare semplicità, il pericolo – la barca sbattuta dai venti – e l’immediato sollievo ottenuto per intercessione del santo invocato, posto generalmente nelle parte alta del dipinto. Nella stessa sala troviamo, inoltre, alcuni strumenti nautici utilizzati fino ai primi del Novecento: un corno da nebbia (1920), un telegrafo di comando (1950). E’ presente, qui, la riproduzione in legno di un’antica polena, figura


femminile generalmente collocata sulle prue delle navi a vela dal XVI al XIX secolo. Il percorso continua all’interno di una sala dedicata alla navigazione, che ospita numerose vetrine contenenti oggetti e cimeli appartenuti a vecchi capitani, quali pipe, scatole di fiammiferi, diari di bordo, occhiali. La sala offre, inoltre, strumenti di navigazione datati fino alla metà del XX secolo: sestanti e bussole, binocoli di inizio Novecento, bandiere di

antiche navi. Da segnalare, nella stessa sala, l’oggetto più raro e più antico: un astrolabio di origini arabe datato intorno al 1200, uno tra i pochi esemplari in Europa, simile all’esemplare esposto nella Pinacoteca Ambrosiana a Milano, recente donazione di un antiquario milanese, gesto che testimonia l’amore per l’Isola di Ischia e la stima per i fondatori del Museo del Mare, come risulta dall’atto di donazione custodito nell’archivio del museo.


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Va sottolineato, a proposito, che la quasi totalità degli oggetti è frutto di donazioni, in gran parte per volontà degli originari proprietari o dei loro eredi. Distribuiti nelle varie sale e lungo le scale sono esposti interessanti documenti cartacei vari per genere e provenienza: particolarmente affascinante un atto del 1764 che espone il caso di una lite tra tonnare, così come il ritaglio de “La domenica del corriere” del 1912 che annuncia il disastro del Titanic o l’autorizzazione con la quale Ferdinando II di Borbone concede all’isola d’Ischia il passaggio di status da dogana di IIIª a dogana di IIª classe. Tutto ci riporta alle atmosfere del passato, quando ancora le tecniche di costruzione e di navigazione risentivano delle antiche conoscenze trasmesse di generazione in generazione attraverso tradizioni familiari. Sono esposti numerosi modelli di imbarcazione nella sala intitolata a “Gennaro e Nino Basile”. Il primo, infatti, maestro d’ascia provetto, utilizzò le sue conoscenze tecniche per la riproduzione di questi modelli, nei quali spiccano la cura dei particolari e la perfetta galleggiabilità. Nino Basile fu, in-


vece, uno dei maggiori promotori e sostenitori dell’istituzione del museo, oltre che curatore dell’allestimeno e dell’arredo museale. I modelli qui presenti sono perfette riproduzioni delle imbarcazioni che facevano la spola con il continente, esportando i prodotti dell’isola e rifornendola dei generi necessari. Esposte anche alcune riproduzioni di gozzi che i pescatori ischitani facevano costruire a Sorrento o a San Giovanni, con i quali riuscivano a giungere sino alla costa africana e sarda, muniti della sola vela latina e dei remi. Di particolare pregio, nella stessa sezione, una scultura realizzata e donata al museo dall’artista americano David L. Edwards dal titolo “La Sagrada Familia”, gruppo di capodogli intagliato in un tronco d’ulivo ischitano. Al secondo piano è situata la sezione “Navigazione”, “Pesca e Pescatori”, “Filatelia”, dove troviamo una vasta collezione di francobolli donata al museo dal conte Matarazzo di Licosa e riordinata a cura dell’associazione Filatelica e Numismatica “V. Morgera”, ricca di migliaia di esemplari provenienti da tutto il mondo e raffigurante elementi


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e materiali legati al mare esposti a rotazione nel tempo. In questa sala, intitolata a “Domenico Di Meglio - Pescatore” troviamo inoltre numerosi strumenti per la pesca, aghi di legno utilizzati per tessere le antiche reti, langelle (trappole per polpi di inizio Novecento), lanzaturi (arpioni utilizzati dalla fine dell’Ottocento alla metà del Novecento), foconi (utilizzati per la pesca dei totani), che ripercorrono l’evoluzione attraverso i secoli delle tecniche di pesca, ma anche gli oggetti usati quotidianamente dagli antichi pescatori come la pipa o il tipico copricapo. E’ possibile, inoltre osservare un modello di argano detto vira vira in uso dal 1921 al 1957. Al centro della sala “Nicola Monti - Armatore” è esposta una iole del 1935, piccola imbarcazione da competizione donata al museo dalla famiglia D’Ambra. Tutta l’esposizione è sapientemente commentata da citazioni letterarie dei più grandi scrittori che hanno raccontato il mare: Conrad, Hemingway, Stevenson. A commento della sala “Gennaro e Nino Basile” risalta la seguente citazione da Robert L. Stevenson: “(…) pareva impossibile


che un’opera uscita dalla mano dell’uomo potesse sopportare più a lungo la barbara crudeltà del mare, come faceva la barca sballottata da un frangente all’altro, ora sbattuta, ora ricacciata in alto, martorizzata in ogni giuntura, in ogni suo nervo. Non vi era trave che non gridasse pietà. Dio benedica ogni uomo che diede un colpo di martello su quel piccolo scafo robusto! Non soltanto per la paga egli avrà lavorato, ma per la salvezza di vite umane.” Al terzo piano troviamo, nella sezione “ricerche, mondo sommerso, conchiglie, archeologia”, la Sala intitolata alla memoria di Lucia Mazzella, biologa marina, nota per i suoi studi sulla posidonia. Qui, nella sezione di “Biologia Marina”, c’è un’area dedicata all’esposizione di piante donate dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli ed una collezione di conchiglie, una sezione “Reperti Archeologici” tutti ritrovati nei fondali del mare di Ischia: cocci di vasellame risalenti al I secolo d.c., anfore del II e III secolo, una palla di bombarda del 1200 ritrovata nei fondali circostanti il Castello Aragonese.


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Una tuta da palombaro del 1930 apre la sezione continuamente aggiornata dei ritrovamenti di oggetti provenienti da relitti inabissatisi nel mare ischitano: ultimo arrivato un mitragliatore appartenuto ad un bombardiere americano del 1944. Ogni sala, inoltre custodisce antiche ed ingiallite fotografie, attrezzi dei maestri d’ascia e strumenti di navigazione. Simili reperti, patrimonio essenziale di una civiltà, sono raccolti e catalogati, sistemati ed offerti al visitatore. Il museo, inoltre, promuove tutto l’anno una serie di iniziative per le scuole campane, esposizioni e

mostre di pittura e scultura, per le quali è disponibile uno spazio espositivo, concorsi letterari come “Racconta il Mare”, iniziative benefiche.


i Denominazione Museo: Museo Etnografico del Mare di Ischia Responsabile struttura: Salvatore Lauro Indirizzo: Via Giovanni da Procida, 3 - 80077 Ischia (NA) Contatto: Salvatore Lauro cell. 345 2305766 - fax 081 993470 mail: info@museodelmareischia.it web: www.museodelmareischia.it Orari di apertura: Tutti i giorni: 10,30-12,30 / 15,00-19,00 Luglio e Agosto: 10,30-12,30 / 18,30-22,00 da Novembre a Marzo: 10,30-12,30 Febbraio chiuso Ingresso: euro 2,50 Come arrivare: Traghetti ed aliscafi dal porto di Napoli e di Pozzuoli


Museo Navale “Mario Maresca” Meta


Museo Navale “Mario Maresca” di Meta Il Museo Navale di Meta, presso Sorrento, situato al secondo piano di un bel palazzo settecentesco, è intitolato all’ingegner Mario Maresca, discendente di una famiglia di gente di mare, che fino agli anni ‘60 si occupò di raccogliere, catalogare, restaurare la maggior parte del materiale che è oggi offerto all’attenzione dei visitatori. Si tratta di reperti e testimonianze della navigazione a vela in Penisola Sorrentina che vanno dagli anni Venti dell’Ottocento alla prima guerra mondiale. Materiale che Maresca ha ritrovato per lo più nelle soffitte della gente di Meta, una cittadina così profondamente legata alle attività marinare, che è difficile trovare una famiglia che non abbia avuto legami con la navigazione, la cantieristica o la pesca. Un opuscolo stampato in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1867, cita “l’arte specialissima di questa popolazione nella costruzione navale”. L’attività cantieristica della Penisola Sorrentina, infatti, soddisfaceva a quell’epoca, insieme al mestie-


re di marinaio, la maggior parte della domanda di lavoro locale. In particolare, i cantieri di Alimuri, Cassano ed Equa assorbivano la forza lavoro di centinaia di operai specializzati direttamente impiegati nella costruzione delle navi, quali maestri d’ascia, carpentieri e calafati. Operavano, inoltre sul territorio, numerosi artigiani impiegati nella produzione delle vele, del cordame e delle botti. A testimoniare questa intensa attività produttiva sono conservati nel museo, all’interno della sezione “Modelli e disegni navali”, cinque mezzi modelli, un brigantino e quattro brigantini a palo di metà ‘800, un modello di feluca sorrentina, quello di un cutter e di una goletta da pesca di poco posteriori, ed infine tre mezzi modelli di lance. Vi sono, poi, undici modelli di cantiere di scafi di bastimenti a vela (seconda metà XIX sec), un modello da esposizione con modelli strutturali a vista, un modello di brigantino costruito in Inghilterra ed acquistato da un armatore di Piano. Tali modelli di cantiere, composti da tavole sagomate sovrapposte, venivano utilizzati per il controllo ed il bilanciamento delle linee d’acqua tracciate nel piano di co-


struzione. Terminata la nave, si era soliti rifinire i modelli con elementi aggiuntivi, inutili alla progettazione, ma che davano la percezione più completa dello scafo, quali ad esempio la chiglia, il dritto di prua e di poppa, il bompresso, il timone. Essi acquisivano così un certo valore estetico ed erano utilizzati dagli armatori come elementi decorativi che documentavano la loro attività. La tipologia navale più rappresentata è il brigantino a palo, la nave di maggiore tonnellaggio che si afferma in Italia nel periodo postunitario. Si tratta di un veliero a tre alberi che, a fronte della grossa stazza, garantiva una navigazione più efficiente e sicura. Il palo, infatti, albero aggiuntivo, consentiva un aumento della superficie velica, un equipaggio ridotto ed una grande adattabili-


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tà alle condizioni di vento. Il museo espone, inoltre, un gruppo di modelli navali commissionati da Mario Maresca negli anni ’60 del novecento a Giovanni Esposito, maestro d’ascia di Meta, realizzati a partire da piani di costruzione originali conservati ed archiviati. Da segnalare la presenza del modello di brigantino a palo “Carmela C.” varato nel cantiere di Alimuri a Meta nel 1879, la goletta a palo “Emilial”, varata sempre ad Alimuri nel 1899, entrambi in scala 1:40, un cutter, una feluca sorrentina, una tartana. Presenti anche altri modelli in scala minore, 1:100, come il veliero in acciaio “Cavaliere Ciampa”. Il museo conserva, inoltre, una consistente raccolta di disegni navali, per la maggior parte opera del costruttore Giuseppe Starita: circa 90 progetti che vanno dalla fine del XIX all’inizio del XX secolo. Interessante la documentazione relativa al piroscafo “Sorrento”, costruito in legno ad Alimuri nel 1879 ed adibito al servizio di collegamento con la città di Napoli. Originale e suggestiva la sezione museale dedicata all’arte navale. Essa contiene ornamenti di navi di pregiata fattura, nonché alcu-


ne rappresentazioni navali colte, come gli ship portraits, e popolari, quali gli ex voto. Di particolare bellezza le sei polene originali di varie dimensioni. Da sottolineare la presenza di una polena raffigurante un’Anima del Purgatorio, dei fregi di prua di una tartana e di due specchi di poppa di feluche finemente decorati e scolpiti in bassorilievo. Questi ultimi, elementi di forma trapezoidale, sono un esempio di scultura navale caratteristico della zona. Dette in gergo “schiocche”, servivano a chiudere a prua

e a poppa l’alta frisata delle imbarcazioni. La sezione “Strumenti nautici ed attrezzi” contiene oggetti databili tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XX. Presenti qui: ottanti, sestanti, bussole a secco, cannocchiali e binocoli, barometri e cronometri di marina. Tutti strumenti in dotazione ai capitani sorrentini e per la maggior parte di provenienza inglese. Esposti in questa sezione, vi sono gli attrezzi tipici del lavoro dei marinai a terra: gli stru-


menti dei calafati, quelli dei velai, un calibro per misurare lo spessore delle cime. Troviamo, inoltre, numerosi oggetti e strumenti facenti parte dell’equipaggiamento di alcune navi. Finemente scolpita, possiamo osservare la barra del timone di un brick schooner (un modello di goletta), ed ancora una cassa di legno da marinaio, che testimonia la durezza della vita di bordo: in essa si riponeva un modesto corredo necessario per le lunghe navigazioni. Una piccola biblioteca custodisce alcuni antichi libri nautici per il calcolo della posizione, manuali di navigazione con carte dei ven-

ti, delle correnti e delle tempeste, manuali di attrezzatura navale, portolani e carte nautiche. L’archivio contiene documenti a stampa e manoscritti relativi all’organizzazione economica della navigazione della marineria sorrentina nell’Ottocento. Ricordiamo, tra gli altri documenti d’epoca, una polizza di carico datata 1755 della Tartana “Immacolata Concezione e San Giuseppe”, numerosi contratti di società delle compagnie di assicurazione e cambi marittimi sorte tra il 1826 e il 1831 che costituiscono un vero e proprio spaccato delle attività finanziarie ed assicurative


dell’epoca. Segnaliamo lo statuto dell’Associazione di Mutua Assicurazione della Marina Mercantile Sorrentina, fondata nel 1862. Conservati, infine, numerosi telegrammi e bollettini inviati a capitani ed armatori. A disposizione del visitatore, inoltre, viene offerta una ricca e suggestiva sezione fotografica di eccezionale rarità, relativa agli ultimi decenni dell’Ottocento. Essa raccoglie per lo più immagini di navi, ma anche quelle di cantieri navali della costiera e soprattutto degli uomini protagonisti di quella stagione. I ritratti di armatori, capitani e marinai restituiscono al visitatore l’atmosfera di un’epoca particolarmente fiorente e di intensa attività per la Penisola Sorrentina.

Il museo “Mario Maresca” è, dunque, punto di riferimento per la conservazione della memoria di un tempo in cui il mare fu una risorsa fondamentale.

i Denominazione Museo: Museo Navale “Mario Maresca” - Meta Responsabile struttura: Dott. Massimo Maresca Indirizzo: I° Vico Santo Stefano, 7 - 80062 Meta (NA) Contatto: Dott. Massimo Maresca tel 081 8786684 cell 3393743667 mail: museonavalemaresca@marineriasorrentina.it Orari di apertura: su prenotazione Ingresso: gratuito Come arrivare: in auto: Autostrada A3 uscita Castellammare di Stabia poi prendere la strada panoramica SS. 145 fino a Meta. In circumvesuviana: da Napoli fermata Meta


Museo del Mare IISS “F. Caracciolo - G. Da Procida”


L’istruzione nautica a Procida: le origini dell’Istituto Tecnico Nautico “Francesco Caracciolo” Già nel secolo XVII si avverte, tra gli armatori, la necessità di introdurre una vera e propria istruzione nautica rivolta a capitani e maestranze, un’istruzione che doveva dunque essere funzionale al tipo di traffico cui le navi erano destinate. Nascevano così, in modo spontaneo, le prime scuole nautiche finanziate dagli stessi armatori, che miravano non tanto a fornire un’istruzione nautica in generale, quanto a rendere i diversi equipaggi capaci di affrontare i particolari pericoli connessi ai fondali, al variare delle maree, ai

venti dominanti. I primi procidani che frequentarono una scuola “ufficiale” che abilitasse ai mestieri marittimi furono gli orfani dei marinai che frequentarono a Napoli il Convitto di S. Giuseppe a Chiaia e che raggiunsero negli anni un buon numero di iscritti. Sulla scorta dei dettami del sacerdote Marcello Eusebio Scotti, tra i martiri illustri della rivoluzione napoletana, nonché autore del “Catechismo Nautico”, nel 1833 viene fondata a Procida una Scuola Nautica comunale. Questa ebbe come insegnanti personalità di alto rilievo culturale e scientifico, che in breve tempo riuscirono a qualificare in modo mirabile il personale addetto alla navigazione. Fra gli insegnanti si distinse


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Arcangelo Scotto Lachianca docente di Navigazione e di Diritto. Col Regio Decreto del 27 agosto 1855, corredato di opportuno regolamento, la Scuola Nautica di Procida, anche se economicamente ancora a carico del Comune, venne ufficialmente fondata e riconosciuta dall’autorità statale. I primi anni dopo l’unità d’Italia portarono alcuni sconvolgimenti nella Scuola Nautica di Procida: il Comune di Procida ne deliberò la soppressione il 13 novembre del 1862, ma con il Regio Decreto del 18 agosto 1864 la scuola venne ripristinata e l’Istruzione Nautica venne affiancata dall’Istruzione Tecnica. Nel 1887 l’Istituto inaugurò la sezione Macchinisti. Nel 1922 l’Istituto fu nuovamente

chiuso e solo dopo alcuni anni fu riaperta la sola sezione Macchinisti. La sezione Capitani fu riaperta solo a partire dall’anno scolastico 1952/53. Nel 1973 fu attivata la sezione distaccata di Forio d’Ischia, che nel 2000 è stata aggregata ad altre scuole dell’isola d’Ischia. Dalla fine degli anni ‘70 l’Istituto adotta alcuni progetti di sperimentazione: nel 1983 il progetto “Orione” e nel 1992 il progetto “Nautilus”, che prevede due indirizzi, Perito per il trasporto marittimo (TM) e Perito per gli apparati e impianti marittimi (AIM), corrispondenti ai titoli di Aspirante al comando di navi mercantili e Aspirante alla direzione di navi mercantili.


Il Museo del Mare di Procida Istituito nel 1996, il Museo del Mare di Procida è ospitato dall’Istituto Nautico “Francesco Caracciolo”, fondato nel 1833, oggi inglobato nell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “F. Caracciolo – G. da Procida”. L’area espositiva è distribuita in quattro sale alle quali è annessa una quinta sala biblioteca. Il museo, anche per la sua collocazione, è utilizzato a scopo eminentemente didattico, ma è visitabile ed accessibile al pubblico. All’interno delle sale sono esposti alcuni strumenti nautici e modelli di imbarcazioni risalenti per lo più all’epoca aurea della navigazione a vela. Da segnalare un modello di veliero di fine ‘800, realizzato dagli allievi dell’Istituto nell’anno scolastico 1913/14, in occasione della “Esposizione Internazionale di Marina di Genova” del 1914. Nella sezione biblioteca è visitabile anche il catalogo con fotografie della stessa esposizione. È presente, inoltre, una sezione strumenti nautici in uso a bordo dei velieri nei secoli XVIII e XIX. La sezione comprende ottanti e sestanti, che permettevano di calcolare l’esatta posizione della


nave in mare aperto attraverso la misurazione della distanza tra un astro e l’orizzonte; un cronometro, utilizzato allo scopo di ottenere la longitudine della nave anche in mezzo all’oceano; un solcometro, utilizzato per misurare la velocità delle imbarcazioni. Orgoglio della collezione è un interessante esemplare di bussola a secco Thomson a otto aghi, di fine ‘700. Nella sezione carte e sfere, assieme ad alcuni esemplari di carte nautiche risalenti al Regno delle due Sicilie, è esposta una sfera celeste di particolare pregio datata 1792. Il Museo custodisce, inoltre, atlanti geografici e carte nautiche precedenti all’unità d’Italia.


Non mancano apparecchiature meteorologiche moderne in grado di effettuare previsioni e rilevamenti, attualmente utilizzate dagli allievi dell’Istituto Nautico. Una piccola sezione fotografica ricorda la partecipazione all’esposizione del 1914 ed alcuni avvenimenti legati alla storia dell’Istituto Nautico dai primi anni del ‘900 agli anni ’60. Di recente la collezione è stata arricchita da una sezione oceanografica in fase di allestimento.

La biblioteca La piccola e preziosa biblioteca è costituita da volumi sulle tecniche di navigazione e manovra navale, datati a partire dalla fine del ‘700, alcuni dei quali stampati ad opera della Tipografia della Reale Accademia di Marina, tra cui, il più antico, un “Compendio di Navigazione ad uso della Marina Mercantile del Regno delle due Sicilie” stampato nel 1819. Sono presenti anche: “Pratica del Manovriere Navale ad uso della Marina Mercantile del Regno delle due Sicilie” - seconda edizione per il Regno di Napoli dopo la prima per il regno di Palermo; ”Scienza


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del Pilotaggio” del 1841 ad opera del Professor Arcangelo Scotto Lachianca; “Arte del Velaio” – manuale pratico col mezzo del quale si impara a costruire ogni sorta di vela (…) – stampato nel 1865; una sezione della biblioteca custodisce i seguenti trattati di astronomia e meteorologia in lingua francese: “Astronomie populaire” di Camille Flammarion – guida divulgativa popolare di astronomia; “Astronomie Physique” di Jean Baptiste Biot; “Le monde Phisique” di Amedee Gullemin in 5 volumi, tutti stampati nel XIX secolo.


Approfondimento Gli ex voto procidani La raccolta più rilevante di ex voto marinari nell’area flegrea è certamente quella presente in alcune chiese dell’isola di Procida. La devozione marinara dei pescatori e dei marittimi per San Michele, ma principalmente per la Madonna della Libera, è testimoniata a Procida da una cinquantina di ex voto realizzati quasi tutti nelle seconda metà dell’Ottocento. In questo periodo, infatti, l’attività armatoriale procidana, iniziata circa cento anni prima, raggiunse il suo culmine. Va ricordato, a tal proposito, che intorno al 1860 Procida disponeva di ben 120 velieri che stazzavano tra le 200 e le 700 tonnellate e percorrevano le più disparate rotte oceaniche. Il maggior numero di ex voto viene a coincidere con questo periodo e con quello immediatamente successivo, che vede la progressiva flessione dell’attività armatoriale in proprio e il rifluire della manodopera marinara procidana nella marina regia o in altre compagnie di navigazione italiana e straniere. Le tavolette votive erano per lo più commissionate dai comandanti delle navi i quali, individualmente o assieme all’equipaggio, decidevano di compiere il voto e lo affidavano a un pittore, fornendogli scrupolosamente tutte le indicazioni sull’evento da ritrarre. A tal proposito, però, non bisogna dimenticare che l’ex voto è sempre frutto di una volontà collettiva e che il capitano è solo l’interprete di un’esigenza di ringraziamento in forza del ruolo che occupa nella gerarchia di bordo. La maggior parte dei dipinti è eseguita con la tecnica dell’olio su tela, ma non mancano alcuni dipinti su cartone, uno eseguito su carta ed uno su vetro. Il grande tema sotteso a tutta l’iconografia delle tavolette votive è la morte; la morte scongiurata, evitata e sconfitta dall’apparire della potenza salvatrice. L’ex voto marinaro risulta, pertanto, l’esplicitazione pittorica dell’umana irrisolta contraddizione tra spazio protetto e avventura. La gran parte delle scene raffigurate ci presentano una situazione disperata. L’ex voto ribadisce condizioni assolutamente ripetibili di rischio della vita in mare, e dunque la sua contraddittoria dimensione sospesa tra norma e imprevisto, tra protezione e rischio. Ciò che si raffigura è l’avvenimento drammatico e mai la sua soluzione. Il canone figurativo è quello dell’ex voto ottocentesco, la scena suscita in chi la osserva la suggestione di un evento ancora oggi saldamente legato alla vicenda umana, di cui si ribadisce la temporalità e la contestualità, col riferimento puntuale nel testo, dell’ora, del giorno e del luogo. L’imbarcazione, elemento centrale, è raffigurata in balia degli elementi, la salvezza si materializza nella raffigurazione del santo posta in alto a sinistra.

i Denominazione Museo: Museo del Mare dell’IISS “F. Caracciolo - G. Da Procida” - Procida Responsabile struttura: Preside Prof. Maurizio Piscitelli Indirizzo: Via Principe Umberto, 40 - 80079 Procida (NA) Contatto: Prof. Enrico Galatola cell 338 1318298 tel 081 8967004 mail: museomareprocida@libero.it Orari di apertura: dal lunedì al sabato dalle ore 9,00 alle 13,00 gradita la prenotazione Ingresso: gratuito Come arrivare: Traghetti ed aliscafi dal Porto di Napoli e di Pozzuoli


Collezione Navale Dipartimento di Ingegneria Navale Università degli Studi di Napoli “Federico II”


Il Dipartimento Il Dipartimento di Ingegneria Navale (DIN) si è costituito nel 1984 in seguito alla fusione degli Istituti di Architettura Navale, Costruzioni Navali e Macchine Marine. Fanno capo a questa struttura i docenti e i ricercatori dei settori scientifici-disciplinari di Architettura Navale, Costruzioni Navali e Marine, Impianti Navali e Marini. Il DIN promuove e coordina attività di ricerca nei settori dell’idrodinamica navale, degli impianti navali, delle strutture navali, delle tecnologie marine e della sicurezza delle navi; concorre alle attività del Corso di Laurea in Ingegneria Navale e del Dottorato di Ricerca in Ingegneria Aerospaziale, Navale e della Qualità. Il centro è dotato di eccellenti strutture ed attrezzature per la ricerca e la sperimentazione legate al settore. Tra queste va ricordato il laboratorio di idrodinamica navale che, posto al piano terra dell’edificio, è dotato di una delle vasche maggiori al mondo in ambito universitario. Il Dipartimento dispone, inoltre, di un laboratorio di impianti navali in grado di svolgere indagini sperimentali anche in mare e di un centro di


calcolo per l’elaborazione dei dati sperimentali. Gli edifici ospitano poi un’officina meccanica ed una fonderia, un reparto falegnamerie, un’officina elettrica ed elettronica, nonché un avanzato sistema per le riprese fotografiche e televisive di superficie e subacquee. E’ consultabile una biblioteca specializzata nelle discipline dell’ingegneria navale. Il DIN ha promosso ed organizzato, sin dal 1990, numerosi congressi internazionali, ed è membro di alcune tra le più prestigiose associazioni internazionali del settore, come ITTC, International Towing Tank Conference, WEGEMT, West European Graduate Education in Marine Technology, IMAM, International Maritime Association of Mediterranean.



66 IL MARE E LA CULTURA DELLA NAVIGAZIONE

La collezione La funzione del modellismo navale è prevalentemente rappresentativa dato che i modelli realizzati in forma di progetto su carta non erano sufficienti a fornire una fedele riproduzione della nave che sarebbe stata costruita ed occorreva, dunque, una rappresentazione tridimensionale dell’imbarcazione per osservarne meglio le caratteristiche tecniche. Spesso i modelli erano richiesti dalle compagnie assicurative al fine di valutare la qualità delle navi prima di assicurarle. Il Dipartimento di Ingegneria Navale presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, in virtù


dell’importanza storica assunta dal modellismo navale, ospita una collezione che espone, oltre ad alcune sezioni di nave e due sezioni di scafo, alcuni modelli navali posti in grandi teche: la “Giulio Cesare” anche detta “La bella Nave”, corazzata varata nel 1911 ed allestita presso la Società Anonima italiana Gio. Ansaldo&Co., rimasta in servizio sino al 1933 per essere poi completamente ricostruita. Un modello della “San Giorgio”, nave da battaglia di 1ª classe e poi incrociatore corazzato, varato il 27 luglio del 1908 dal Cantiere di Castellammare di Stabia e che prestò servizio sino al 1937, quando venne rimodernato per essere destinato a nave scuola e trasferita presso il porto di Tobruk, città della Libia allora colonia italiana. La nave, persa a Tobruk in battaglia nel 1941, fu affondata per ordine del generale Graziani. Riportata in condi-

zioni di galleggiamento dopo la guerra, affondò definitivamente a cento miglia da Tobruk durante il trasferimento in Italia per la rottura dei cavi di rimorchio. Un modello del bastimento “Piemonte” ex “Saint John City”, costruito a Glasgow nel 1895. Un modello di nave passeggeri “Città di Napoli” della compagnia Tirrenia entrata in servizio nel 1962. Infine, unica imbarcazione a vela, un modello di brigantino, veliero dotato di due alberi con vele quadre.

i Denominazione Museo: Collezione Navale del Dipartimento di Ingegneria Navale dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” Responsabile struttura: Direttore Dipartimento Prof. Guido Boccadamo Indirizzo: Via Claudio, 21 - 80125 Napoli Contatto: tel 081 7683305/06 fax 081 2390380 mail: din@unina.it web: www.din.unina.it Orari di apertura: su appuntamento Ingresso: gratuito Come arrivare: in auto: tangenziale uscita Fuorigrotta trasporti pubblici per Fuorigrotta: autobus, cumana, metropolitana


Biblioteca del CSTN Centro Studi Tradizioni Nautiche Lega Navale - sezione di Napoli


Il Centro Studi Tradizioni Nautiche Nel 1999 la sezione napoletana della Lega Navale Italiana fonda il Centro Studi Tradizioni Nautiche con l’obiettivo di fornire uno spazio di incontro e di scambio per studiosi ed appassionati di nautica. Il CSTN, attualmente ubicato al centro di Napoli a pochi passi da piazza Bovio, raccoglie, archivia e conserva volumi e documenti sulla storia e le tradizioni della marineria, sulla navigazione a vela e a motore, sulla nautica da diporto, sugli sport nautici e su tutte le attività legate al mare. Promuove iniziative per la divulgazione delle tradizioni della navigazione e della nautica da diporto, realizza pubblicazioni ed organizza convegni. È un’autentica passione per il mare, in particolare per la vela, e per lo studio della storia della tradizione marinara, quella che anima i volontari che hanno dato vita al Centro Studi Tradizioni Nautiche e che svolgono gratuitamente tutte le attività necessarie al suo funzionamento. La nascita a Napoli di questa realtà unica nel suo genere non è ca-


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suale perché sfrutta e valorizza la grande vocazione marinara della città, la sua lunga tradizione cantieristica, di navigazione e, in particolare, quella velistica: l’importante patrimonio librario di cultura nautica conservato nel CSTN ha attratto ed attrae studiosi italiani e stranieri. Oltre all’opera di conservazione e di divulgazione, il Centro contribuisce attivamente al progresso della ricerca storica ed agli studi sul mondo della nautica anche attraverso la realizzazione di diverse interessanti pubblicazioni.


La biblioteca Il CSTN ospita una biblioteca che conta migliaia di testi databili dalla metà del XIX secolo ad oggi e che coprono i più diversi ambiti del mondo della navigazione e della cultura marinara. Dividendo per argomenti i volumi della biblioteca sono stati individuati trentasei diversi settori: dal modellismo alle barche storiche, dall’archeologia subacquea alle regate di vela, dai portolani alle biografie dei grandi uomini di mare. Sono, questi, solo alcuni dei campi dello scibile marinaresco che è possibile approfondire nel Centro Studi Tradizioni Nautiche. Al momento sono presenti all’interno della biblioteca più di cinquemila volumi, ma il patrimonio completo ammonta a più di diecimila se si contano i cataloghi collettivi presso terzi, e più di seimila numeri di riviste di settore nazionali ed estere, oltre a materiale video e fotografico d’epoca. Tra i periodici presenti in catalogo, particolare vanto per il CSTN è rappresentato dalla raccolta completa, unica in Italia, dei numeri della rivista Lega Navale dal 1897 al 2006. I volumi presenti nella biblioteca


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del Centro sono catalogati in un database ben strutturato, di facile consultazione e particolarmente flessibile poiché consente di effettuare ricerche attraverso svariati criteri; per agevolare il lavoro di studiosi ed appassionati che si rivolgono al Centro è in corso, inoltre, una capillare opera di indicizzazione degli articoli presenti

nei vari periodici. All’interno del database sono catalogati non solo i volumi della biblioteca del CSTN ma anche quelli della biblioteca della Rivista Marittima che, grazie ad un accordo con il Centro, mette a disposizione del pubblico i propri testi. Sono accessibili anche i volumi di alcune biblioteche di privati che

condividono con studiosi, professionisti ed amatori, i materiali di cui sono in possesso. Infine, il catalogo della biblioteca è consultabile anche attraverso il sito Iperteca, realizzato dalla Provincia di Napoli, che mette in rete i cataloghi di svariate piccole e grandi biblioteche presenti sul territorio.



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Approfondimento - Due casi di studio del CSTN L’Italia e il Pianosa Il Centro Studi e Tradizioni Nautiche è stato il primo soggetto in Campania a segnalare beni storico-artistici non tradizionali da porre sotto tutela, nel caso specifico imbarcazioni d’epoca, e dal 2002 è riconosciuto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali come ente responsabile dell’individuazione e certificazione delle imbarcazioni storiche. A questa attività di ricerca e certificazione delle imbarcazioni storiche sono legate due notevoli pubblicazioni a cura del CSTN attraverso le quali viene raccontata, appunto, la vicenda di due imbarcazioni storiche: “Italia – Ricordi di una gloria italiana della Vela Olimpica” di Franco Belloni e Paolo Rastrelli e “Pianosa – Il gozzo sorrentino” di Paolo Rastrelli. L’imbarcazione Italia è l’unica barca con equipaggio italiano e costruita in Italia a guadagnarsi un oro olimpico con la vittoria a Kiel nella Classe 8 metri nel corso delle storiche Olimpiadi di Berlino del 1936. Intorno alla vittoria dell’Italia sorse una controversia che fu risolta utilizzando per la prima volta in una competizione sportiva l’esame di una testimonianza video: osservando le riprese aeree della nota regista Leni Riefenstahl che stava realizzando il film documentario Olympia, fu possibile squalificare alcune imbarcazioni per manovre scorrette ed accertarsi che Italia meritava l’oro. Passata per le mani di diversi proprietari (tra cui l’editore Angelo Rizzoli) e superata indenne la II Guerra Mondiale, nel 1950 la barca giunse a Napoli ma, a partire dagli anni ’70, con il passaggio ad imbarcazioni sportive più moderne, non fu più protagonista di competizioni. L’Italia è dal 1980 di proprietà del tabaccaio napoletano Antonio Sisimbro, il quale, dopo aver inseguito per anni il sogno di possederla, ora la cura con attenzione massima e grande passione, come testimoniano i racconti degli esperti di vela napoletani frequentatori del Molosiglio. Dal 2002 Italia detiene un ulteriore primato: è la prima barca sportiva ad essere posta sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali, grazie all’attività del Centro Studi Tradizioni Nautiche che la riconosce come imbarcazione di valore storico. La storia del Pianosa, invece, è quasi una moderna vicenda piratesca: il gozzo fu costruito dai cantieri Aprea di Sorrento nel 1947 su commissione di un contrabbandiere e pescatore di frodo che operava principalmente nei pressi dell’isola d’Elba. Quando il proprietario venne arrestato anche il destino della barca seguì una nuova strada: per la legge del contrappasso, l’imbarcazione, utilizzata un tempo per attività criminali, divenne di proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia e venne poi adibita al servizio postale verso il carcere dell’isola di Pianosa fino ai primi anni novanta. Dopo essere stato danneggiato gravemente a causa di una tempesta, il gozzo, destinato alla demolizione, fu salvato e restaurato presso gli stessi cantieri sorrentini dove era stato costruito per diventare poi, nel 2004, imbarcazione storica posta sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali.


i Denominazione Museo: Biblioteca del CSTN - Centro Studi Tradizioni Nautiche - Lega Navale Italiana sez. di Napoli Responsabile struttura: Architetto Guido Barbati Indirizzo: Via Sedile di Porto, 33 - 80133 Napoli Contatto: tel 081 4206364 mail: info@cstn.it web: www.cstn.it Orari di apertura: martedĂŹ e giovedĂŹ 9,00 - 16,00 Ingresso: gratuito Come arrivare: tutti i trasporti pubblici che raggiungono Piazza G. Bovio



Sezione Navale Certosa e Museo di San Martino Napoli


La Sezione Navale nella Certosa e Museo di San Martino A quanti oggi visitano la Certosa e il Museo di San Martino – lo straordinario complesso monastico fondato da Carlo d’Angiò, figlio del sovrano Roberto, alto sulla collina del Vomero e visibile da tutti i versanti della città – viene proposto un nuovo importante e suggestivo spazio museale. Dalla sua inaugurazione, il 14 dicembre 2008, la Sezione Navale è stata riaperta al pubblico dopo oltre vent’anni di chiusura, e così restituita alla visita e a Napoli, città di porto, città di mare, di sbarchi e di partenze, di incontri di uomini e culture diverse. Un segmento di storia e vicende di Napoli e del Regno, quello della marina “da guerra” dai Borbone ai Savoia e oltre con la storia anche delle costruzioni di cantiere. Il tempo aveva inferto danni alle coperture con il conseguente degrado delle murature degli ampi saloni per infiltrazioni d’acqua. L’intervento di recupero architettonico, adeguamento impiantistico, restauro del patrimonio e nuovo ordinamento museale, a


cura della Soprintendenza Speciale per il polo museale della città di Napoli – oggi anche per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico – ha richiesto anni di studi e ricerche, prima delle sue fasi di realizzazione dal 2005, insieme all’équipe di ingegneri strutturisti e illuminotecnici, architetti, maestri d’ascia, modellisti, restauratori del legno e del tessuto e progettisti di teche climatizzate. L’intervento si è reso possibile grazie al cofinanziamento della Regione Campania e della Comunità Europea. L’inizio delle vicende della formazione della Sezione Navale nella Certosa di San Martino risale al 1874 quando il primo direttore del museo, Giuseppe Fiorelli, che destinò il complesso monumentale a ‘modello’ esemplare di raccolta di ‘patrie memorie’, sollecitò il Ministero della Marina a trasferire qui la Galea dei tempi di Carlo di Borbone. La ‘gran’ lancia o gondola settecentesca, donata dalla città di Napoli al sovrano, giaceva nelle grotte di Posillipo e, portata alla Darsena, attraverso via Toledo, su carri raggiunse la collina e venne



depositata nel museo. Costruiti i due ampi saloni, il superbo manufatto, insieme alla Carrozza reale, fu esposto al pubblico fin dal 1875. La lancia reale, a 24 remi, era una ‘barca da parata’ per le acque calme del golfo di Napoli e la sua linea di costa. Trasferiva i sovrani sulle galee in partenza dal porto o navigava verso le insenature di Posillipo o di Baia per le passeggiate via mare fino ai ‘casini di delizie’ di tanti patrizi napoletani, o per la Parata di Piedigrotta l’8 settembre con gran corteo di barche. A prua, due eleganti figure di sirene, in atto di suonare una buccina, reggono lo stemma della città; in giro un bordo di legno intagliato e dorato con girali vegetali alternati al giglio, emblema borbonico, e piccoli rosoni; verso la poppa il bordo più alto lascia emergere, tra le onde, raffigurazioni di delfini, tartarughe, pesci, conchiglie. Il decoro della poppa è più ricco e importante. Nello specchio di poppa, sorretto da altre due sirene, qui con cornucopie, un cartiglio racchiude lo stemma cittadino coronato, arricchito dalle insegne cavalleresche borboniche, dal Toson d’oro al

Saint Esprit con la colomba rovesciata, all’Ordine di San Gennaro. L’aggiunta di un cappello cardinalizio con la spada – simboli dell’episodio narrato dagli storici del tentativo di introdurre l’Inquisizione in città bloccato da Carlo di Borbone – giustificherebbe oggi la datazione della lancia a dopo il 1746. Lo scudo è sostenuto dalle figure del Sebeto a sinistra e di Minerva a destra e, ancora, completano il fastoso decoro le tre sirene a sinistra, il Ratto di Europa con amorini a destra; il singolare timone in forma di testa barbuta evocante

forse Nettuno. Il baldacchino in legno intagliato, dipinto e dorato è più tardo e reca la tavola a fondo oro di Fedele Fischetti (Napoli 1732-1792) raffigurante l’Agricoltura con le messi e un timone e i quattro venti: Borea, Zefiro, Euro e Astro. Nel 1898 Vittorio Spinazzola, nuovo direttore del museo, affianca la lancia reale con ‘il ricco e ornato’ Caicco opera di maestranze turche, elegante scafo in legno di cipresso, donato dal sultano Selim III (1789-1805) a Ferdinando IV di Borbone. Nel 1908 si registra l’incremento


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della sezione grazie al deposito dalla Biblioteca del Dipartimento Marittimo di Napoli: modelli navali, di cantiere, armi, strumenti nautici, dipinti, carte marittime e incisioni. Nel 1917 viene immessa nel museo la Lancia reale d’età umbertina che rischiava la distruzione nel Reale Arsenale. E fu la Lega Navale di Napoli, in questo caso, a caldeggiare il trasferimento al museo, sottolineandone il valore storico. Il Museo Navale della Marina napoletana riceveva, così, con questo titolo, il suo assetto definitivo inaugurato, dopo necessari interventi di restauro, nel 1935. Un secondo ordinamento museale si perfezionò per le cure del Soprintendente Bruno Molajoli e la direzione di Gino Doria e progetto dell’architetto Ezio De Felice nell’allestimento, che molti, tra i napoletani d’età più che matura, ricordano descritto nel volume del 1964 dello stesso direttore del museo. Il progetto recente, in sintonia con il criterio di un disegno generale di recupero architettonico della Certosa condotto fin dal 1995, ha inteso recuperare originarie strutture murarie, ha adot-


tato tecniche di consolidamento tradizionali, ha realizzato impianti poco invasivi e progettato accorgimenti allestivi e un ordinamento museale, senza trascurare il ricco impianto della pannellatura didattica, che, crediamo, abbiano proposto e soddisfatto criteri di nuova architettura museografica. Da qui, la storia delle ricche vicende delle dinastie regnanti, della trasformazione urbanistica del territorio della città di Napoli illustrata nei dipinti di veduta e di scene di genere – dalla celebre quattrocentesca Tavola Strozzi alla Eruzione del Vesuvio del 1631,



alla rivoluzione di Masaniello del 1647 alla peste del 1656, alla visione lucida di Napoli inaugurata da Gaspar van Wittel e proseguita dai paesaggisti della stagione del Grand Tour fino ai moti del ’48 e all’ingresso in città di Giuseppe Garibaldi – e nella cartografia – dalla pianta su pergamena di Lieven Cruyl all’esatta restituzione del territorio della pianta del duca di Noja – va completata nel percorso di visita del museo con la sezione Immagini e memorie della città e del Regno, le sale della collezione donata allo Stato da Giancarlo Alisio e la sezione dell’Ottocento. Rossana Muzii Direttore della Certosa e Museo di San Martino

i Denominazione Museo: Certosa e Museo Nazionale di San Martino Responsabile struttura: Direttore Dott.ssa Rossana Muzii Indirizzo: Largo San Martino, 5 - 80129 Napoli Contatto: tel. 081 5781769 fax 081 2294525 mail: sanmartino.artina@arti.beniculturali.it Orari di apertura: tutti i giorni: 8,30 - 19,30 (la biglietteria chiude un’ora prima) mercoledì chiuso Ingresso: euro 6,00 (compreso ingresso a Castel S. Elmo) Come arrivare: funicolare Centrale, Chiaia, Montesanto e autobus V1



2. Gli abitanti del mare nostrum: acquari in Campania


INTRODUZIONE AGLI ACQUARI IN CAMPANIA

Il grande successo che riscuotono oggi gli Acquari, anche nel nostro Paese, è dovuto fondamentalmente alla loro spettacolarità. La scoperta di nuovi materiali e l’impiego di tecnologie avanzate hanno consentito di costruire vasche di notevoli dimensioni, dove è possibile esporre animali di grande attrazione per il pubblico come squali, orche, lontre, pinguini. Anche la rappresentazione degli ambienti segue questa logica. Non ci si limita più a decorare le vasche con sabbia e qualche roccia, ma in esse si ricostruiscono artificialmente pezzi di barriera corallina, o un atollo intero, il corso di un fiume, una laguna; vi si simulano addirittura le maree o perfino spiagge con onde che si infrangono sotto l’azione di celati stantuffi giganteschi. Chi visita uno di questi Acquari ha l’impressione di essere immerso nell’acqua e che la distanza con la vita che gli volteggia intorno non esista più… Ma, senza nulla togliere alla importanza di queste strutture, a mio parere esse sottraggono al visitatore il piacere della “scoperta” del piccolo animale nascosto tra le rocce, e soprattutto non stimolano a comprendere la diversità e la complessità dell’ambiente marino ed a capire se quel magico equilibrio che si crea in una piccola vasca, ove si fanno convivere organismi di specie ed abitudini diverse, esiste anche in natura. Ma, al di là di queste considerazioni, occorre sapere che tutti gli Acquari di nuova generazione sono alla ricerca di una propria identità, perché consapevoli di essere poco originali e, in definitiva, molto simili tra loro. In Campania abbiamo il privilegio di possedere l’Acquario più antico del mondo, aperto al pubblico nel 1874, che è stato da sempre elemento ispiratore di molte strutture simili costruite successivamente. Basti pensare allo storico Acquario del Museo Oceanografico di Monaco di Montecarlo che adottò lo stesso sistema di Napoli nella alimentazione delle sue vasche mediterranee od a quello modernissimo e spettacolare di Monterey in California che, oltre ad essere incentrato anch’esso sulla fauna locale, ha scoperto l’importanza della luce naturale sulle vasche per mantenere a lungo fauna delicata. In definitiva, l’Acquario di Napoli, parte integrante della Stazione Zoologica Anton Dohrn, pur se piccolo e limitato nelle sue strutture, è riuscito a reggere il confronto con quelli di nuova generazione perché rappresenta la memoria di un lungo processo di evoluzione dell’acquariologia, dove la vocazione scientifica è preponderante. La sua partecipazione diretta alla soluzione di questioni scientifiche strettamente legate alla conservazione della natura e delle specie minacciate d’estinzione conferma e rafforza la particolare identità di questa antica struttura. Tra gli Acquari, quello di Napoli è stato il primo a focalizzare la sua attenzione sul Mediterraneo e ad esporre unicamente specie provenienti dal Golfo di


Napoli, il che lo ha reso insostituibile punto di riferimento per gli Acquari moderni. Chi si occupa di acquariologia sa bene, infatti, quanto sia difficile il mantenimento in mezzo confinato degli organismi mediterranei; i pochi acquari al mondo che vi si cimentano, ancora oggi, si limitano ad esporre qualche specie di pesce tra le più comuni e resistenti. La forza di questo modello di esposizione, invece, è la presenza di numerose specie d’invertebrati prelevate in mare da generazioni di personale a tal scopo addestrato. Gorgonie, molluschi, policheti marini sono talora così belli e perfetti, e così colorati, da sembrare finti. Chi dice che il Mediterraneo non possiede i colori dei mari tropicali troverà qui una clamorosa smentita. Sull’esempio dell’Acquario di Napoli, e spesso con il suo sostegno, nel Museo del Mare di Pioppi di Pollica nel Cilento ed a Castellammare di Stabia sono state allestite con sapiente maestria alcune vasche in cui vengono mostrati solo esemplari della fauna marina locale. Queste realtà esercitano una forte azione educativa sul loro territorio, contribuendo non poco alla difesa del mare e delle sue creature. Negli ultimi venti anni, infatti, gli Acquari sono andati assumendo un ruolo sempre più determinante nella difesa della natura. Consapevoli come non mai della grave minaccia che incombe sugli Oceani, essi cercano di costruire nel pubblico, giorno dopo giorno, una coscienza ambientale, informando ed ispirando comportamenti tesi alla conservazione degli habitat acquatici. C’è da augurarsi, quindi che anche nella nostra Regione aumenti l’interesse per questi “Musei viventi” allo scopo di far conoscere meglio il nostro mare, e proteggerlo, ma anche per regalare ad un’umanità troppo distratta dai mezzi mediatici ed elettronici un momento di pausa e di riflessione, aiutandola ad entrare nel mondo acquatico anche solo attraverso il vetro di una piccola vasca.

Flegra Bentivegna Dirigente Area Acquariologia della Stazione Zoologica Anton Dohrn


Acquario Stazione Zoologica Anton Dohrn - Napoli


Acquario pubblico e stazione zoologica: la storia L’Acquario di Napoli fu aperto al pubblico il 12 gennaio 1874. Artefice e promotore di quello che oggi è il più antico acquario d’Europa fu il naturalista tedesco, sostenitore delle teorie darwiniane, Anton Dohrn che, fin dal 1867, aveva rincorso il sogno di realizzare vicino al mare un istituto per lo studio della biologia marina. Il poter usufruire di una struttura funzionale al mantenimento in vita degli animali appena pescati, idea che nasceva dalle sue stesse esigenze di studioso, lo condusse al progetto ed alla realizzazione di un “acquario portatile”. Il suo progetto di “stazione zoologica” si sarebbe concretizzato costruendovi un acquario pubblico: una tale novità a quei tempi si sarebbe verificata fruttuosa permettendo il mantenimento della ricerca. Napoli, sede di un’università prestigiosa, importante centro turistico e commerciale il cui golfo è popolato da una grande varietà di specie animali, appare a Dohrn il luogo ideale. Nel 1872, infatti, ottiene dalla Città di Napoli un piccolo spazio vi-

cino al mare, all’interno del Parco Reale, oggi Villa Comunale, dove erige a proprie spese la Stazione Zoologica e pone nell’apertura al pubblico dell’acquario la speranza di sostenere finanziariamente l’attività di ricerca. Ulteriori risorse economiche saranno le molteplici università straniere, alle quali Dohrn permette l’utilizzo di strumentazioni, laboratori e staff. La Stazione napoletana diventa in pochi anni un centro importante intorno al quale ruota una forma di modernissima collaborazione scientifica internazionale.


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L’Acquario Peculiarità quali la sobria ed austera struttura architettonica, il sistema di alimentazione e l’illuminazione naturale delle vasche, restano invariate da circa centotrent’anni e fanno dell’acquario un monumento storico. La dottoressa Flegra Bentivegna, dirigente dell’Area Acquariologia della Stazione Zoologica, ne è oggi la curatrice. Per la progettazione del sistema di funzionamento dell’Acquario, Anton Dohrn, fondatore ed ideatore, si avvalse della collaborazione di W. Alfred Lloyd, ingegnere inglese famoso per aver partecipato alla costruzione dei primi acquari d’Europa. Lloyd, per l’Acquario di Napoli, ideò un sistema di circolazione che, data la particolare collocazione dell’edificio, proprio sulla costa, consentiva di pompare nei serbatoi acqua di mare senza alcuna preventiva filtrazione e ad intervalli abbastanza frequenti. Il tipo di circolazione fu detto “semi-chiuso” ed è attualmente ancora adottato a Napoli ed in altri acquari europei, che ne hanno adottato il principio. L’acqua, che viene prelevata di-


rettamente dal mare a circa 300 metri dalla costa e ad una profondità di 11 metri, subisce una decantazione in due grossi bacini, dai quali viene poi pompata nelle vasche. Durante il percorso di ritorno circa 1/3 dell’acqua viene sostituito, mentre il resto, dopo la filtrazione, viene riversato nelle vasche. Il criterio espositivo è rigoroso: il tema dell’Acquario napoletano è il Golfo di Napoli. Sono perciò del tutto assenti organismi esotici e si possono osservare unicamente esemplari appartenenti a flora e fauna del Mediterraneo. L’ambiente marino ricreato all’interno delle vasche è costituito esclusivamente da elementi naturali, dunque né fondali sintetici né organismi bentonici artificiali, come accade frequentemente in altri acquari, bensì pietre vulcaniche, rocce e substrati ricchi di incrostazioni di organismi viventi che, insieme alla luce naturale, contribuiscono a rendere più realistica l’immersione nell’ambiente marino. Tenuto conto delle difficoltà di spazio e di adattamento, sono rappresentati all’interno dell’acquario tutti i principali gruppi zoologici: specie di facile accli-

matazione in mezzo confinato (in cattività), come numerosi invertebrati e la maggior parte dei pesci; e specie che, al contrario, sopportano la cattività per tempi limitati, come i calamari, che, infatti, sono ospitati in una vasca studiata per rispondere alle loro esigenze, ed il corallo rosso che vive su fondali



rocciosi, spesso in ambienti costituiti da grotte ed anfratti che il visitatore troverà ricostruiti all’interno delle vasche. Ospite dell’acquario, e di grande attrazione per i visitatori, è il cavalluccio marino del quale si può trovare sia la specie Hippocampus hippocampus, sia Hippocampus guttulatus, entrambe oggetto di un progetto di protezione che consiste nel reintrodurre in aree idonee piccoli ippocampi nati in cattività. Per ricostruire il fondo roccioso sono state prese come esempio le cosiddette “secche“ del Golfo di Napoli che, per la loro particolare conformazione (scogli di lava ri-


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coperti di alghe coralline), costituiscono un ambiente che favorisce lo sviluppo di una grande varietà di organismi animali e vegetali. All’interno di queste ricostruzioni trovano ampio riparo scorfani, che si celano tra i sassi del fondo, Sciarrani, Castagnole, Aragoste ed Astici. In luoghi meno illuminati, riproducenti piccole grotte ed anfratti, si rifugiano invece Cernie (ve ne sono di grandi dimensioni), Murene e Gronghi che durante il giorno se ne stanno rintanati in anfore di fattura romana o in altro genere di tane appositamente allestite. Una delle vasche, contenente circa 20.000 litri d’acqua, espone un gruppo di pesci pelagici, i più difficili da mantenere in mezzo confinato: si tratta di Carangidi, appartenenti alla specie Trachurus mediterraneus, che catturano l’attenzione dei visitatori per il loro caratteristico nuoto sincronizzato. Ed ancora, si possono osservare Spigole, Orate, Ricciole, Tritoni, Aquile di Mare e Tartarughe marine. Interessante la vasca nella quale è riprodotto l’ambiente di spruzzo e di marea tipico della fascia costiera mediterranea. Allestita


con rocce incrostate da mitili ed alghe verdi della specie Ulva Lactuca, vi sono ospitati numerosi invertebrati tra i quali il Pomodoro di mare (Actinia equina), il Granchio Corridore (Paghygrapsus marmoratus), il Granchio marino comune (Carcinus meanas), Cirripedi, piccole grancevole (Maja verrucose), granchi che si mimetizzano utilizzando alghe e pezzetti di spugne, echinodermi come il riccio. Tra gli altri pesci possiamo ammirare: Saraghi, Labridi (dalle labbra carnose), Pagelli (di colore rosso pallido e bluastro nella parte ventrale), il Pesce Balestra, di origine tropicale, ma che si rinviene nel Mediterraneo nella stagione estiva, dotato di una dentatu-

ra capace di spezzare i gusci dei molluschi. Sono presenti anche la Torpedine, che al tatto è in grado di dare una scossa elettrica abbastanza intensa, ed i Blennidi, dai colori vivaci e dai disegni particolari. Suggestiva la vasca contenente veri e propri giardini fioriti di Gorgonie, Madreporari e Cerianti. Recentemente sono state inserite una vasca dedicata all’ambiente portuale ed una tattile, ove il pubblico ha la possibilità di “toccare” alcuni organismi. È stata creata inoltre, in una piccola vasca circolare, una rappresentazione in miniatura di biodiversità marina.




100 GLI ABITANTI DEL MARE NOSTRUM

La collezione zoologica Anton Dohrn Sin dalla sua fondazione la Stazione Zoologica fu un importante punto di riferimento per i più eminenti zoologi che ebbero la possibilità di noleggiare presso di essa un “tavolo di studio” e di usufruire di una piccola flotta per la cattura degli esemplari, il che fece, in poco tempo, del Golfo di Napoli il sito più studiato al mondo per biodiversità. Tanto che dalla fine dell’ottocento e durante quasi tutto il novecento sono state prodotte trentotto monografie dedicate alle diverse specie della fauna e della flora marina del golfo di Napoli. Nel corso degli anni, dunque, si ottenne, ad opera di tutti gli studiosi che usufruirono del centro, una mappatura dettagliata delle specie presenti attraverso un’operazione sistematica di campionamento. Ed è proprio grazie a questa attività di campionamento che negli anni si venne a costituire l’attuale collezione zoologica. Fiore all’occhiello della stazione, infatti, fu il reparto di conservazione che sperimentò i migliori

metodi di fissaggio per la conservazione degli animali. Ancora oggi sono presenti presso la Sala della Collezione Zoologica circa 3.500 esemplari, rari e comuni del nostro golfo, appartenenti ad almeno 2.000 specie diverse, conservati in liquidi fissativi e a secco. L’importanza della collezione è storica, oltre che scientifica, in quanto permette di confrontare l’attuale situazione della flora e della fauna del golfo di Napoli con quella degli anni precedenti.

Sui contenitori si può leggere il nome della specie, la data ed il luogo del campionamento. La collezione è stata aperta al pubblico fino al 1963, negli anni settanta è stato chiuso il reparto della Conservazione e tra il ’77 ed il ’79 i preparati sono stati revisionati e rigenerati. Recentemente la collezione è stata riorganizzata e nel 2007 tutte le informazioni sono state trasferite in un apposito database creato dal Prof. Akira Kihara (Giappone) grazie alla collaborazione con


la Italian-Japanese Biological Society. Il database, a breve disponibile sulla pagina web dell’Istituto, permette l’accesso diretto alle informazioni dei preparati e la loro visione tridimensionale. Una piccola sezione distaccata della collezione è accessibile al pubblico in una sala adiacente all’acquario. L’esposizione, moderna e funzionale, presenta un centinaio di specie. Da segnalare un cucciolo di delfino conservato in formalina.


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Biblioteca e Sala degli Affreschi La Stazione Zoologica ospita inoltre un’importante biblioteca. La prima collezione di volumi fu donata dallo stesso Anton Dohrn, le successive incorporazioni hanno arricchito il patrimonio librario che oggi conta circa novantamila volumi disposti su tre chilometri di mensole, oltre a centinaia di abbonamenti a riviste e database scientifici. Dal 1875 al 1955 la biblioteca fu alloggiata nella Sala degli Affreschi della Stazione: la Sala fu pensata da Anton Dohrn come spazio da dedicare alla musica ed al tempo libero ed è decorata da un ciclo di affreschi e da alcune opere scultoree ad opera del pittore tedesco Hans von Mareès e dello scultore ed architetetto Adolf von Hildebrand. Il ciclo di affreschi rappresenta scene di vita quotidiana immerse in un paesaggio assolutamente mediterraneo: la fatica dei pescatori in mare, scene di lavoro ed ozio in un aranceto, volti e corpi bruciati dal sole, donne dalle forme morbide e dagli sguardi intensi. In realtà lo spazio non venne mai utilizzato come sala da musica


perchÊ per esigenze logistiche fu necessario adibirlo a biblioteca ma, dopo un recente restauro, è tornato alla sua vocazione originaria: oltre alla preziosa collezione di volumi storici, nella Sala degli Affreschi si possono gustare occasionalmente concerti di musica da camera, godendosi dalla finestra la vera cartolina di Napoli immersi nella bellezza della pittura romantica tedesca.


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Il Turtle Point Il Turtle Point è un centro di riabilitazione per le tartarughe marine, sezione distaccata della Stazione Zoologica Anton Dohrn situata all’interno dell’ex area Italsider di Bagnoli. Il centro occupa una superficie di circa 600 metri quadri che ospitano 23 vasche di riabilitazione, un laboratorio attrezzato per l’osservazione degli animali, un ufficio ed una sala da circa 70 posti per conferenze, workshop, attività didattiche. Attivo dal 2004, nato per far fronte al numero sempre crescente di animali ricoverati presso il Rescue Center dell’Acquario, è divenuto punto di riferimento nel settore per l’intero Mediterraneo, tanto che l’UNAP RAC-SPA (United Nations Enviroment ProgrammeRegional Activity Centre for Specially protected Areas) ha affidato al gruppo di ricercatori che lo gestisce, diretto dalla Dottoressa Flegra Bentivegna, il compito di tracciare le Linee guida per l’istallazione e il funzionamento di centri di soccorso per Tartarughe marine nell’area mediterranea. Il Turtle Point ospita sino a 40 tartarughe in vasche alimentate da


acqua marina a circuito chiuso. Gli animali generalmente, dopo aver ricevuto le prime cure presso il Rescue Center, approdano al Turtle Point per trascorrere un periodo di convalescenza e riabilitazione in seguito a traumi causati da impatti con imbarcazioni, cattura accidentale in strumenti da pesca, fattori ambientali e climatici avversi, inquinamento. L’esperienza dello staff e la disponibilità di attrezzature tecnologicamente avanzate, permettono di tenere le tartarughe sotto costan-

te osservazione, di monitorarne le variazioni di peso, l’attività alimentare, i valori del sangue, nonché il recupero della capacità di nuotare, galleggiare, fare apnea. Accanto all’attività riabilitativa sugli animali, il centro è all’avanguardia per le ricerche sulla biologia, fisiologia ed ecologia degli stessi. L’utilizzo di strumentazioni quali trasmittenti satellitari e microcomputer permettono di monitorare l’animale anche dopo la liberazione in mare e di studiarne il comportamento.

La ricerca è inoltre affiancata da un’intensa attività didattico-divulgativa e di sensibilizzazione sui temi dell’ecologia marina. Il centro di Bagnoli, infatti, accoglie tutti i giorni scolaresche e gruppi organizzati di visitatori che sono guidati lungo le vasche da appassionati ricercatori per scoprire in cosa consiste il processo di riabilitazione di ogni esemplare presente, attraverso un affascinante viaggio dentro la storia, le avventure e le disavventure degli animali convalescenti.


Uno spazio per la conoscenza del mondo marino tra conservazione e modernità L’acquario di Napoli Anton Dohrn fu aperto al pubblico quando nel resto d’Europa altre istituzioni cominciavano appena a pensare di realizzare strutture del genere. Seppure non paragonabile alla grandiosità di altri acquari Europei ed americani, l’Anton Dohrn risulta all’avanguardia per struttura e criteri di esposizione, pur mantenendo la sua atmosfera


austera che ne testimonia l’importanza storica, rappresentando bene l’epoca in cui fu realizzato. L’attività del gruppo dell’acquario consiste essenzialmente in organizzazione della parte espositiva, mantenimento e cura degli animali, includendo la profilassi contro le malattie, con l’obiettivo di mantenere gli organismi in cattività il più a lungo possibile,

riducendo così un ulteriore reclutamento di specie dal mare. Il successo di questa attività è dimostrato dalla nascita in cattività di alcune specie di tritone. L’Acquario attrae ogni anno numerosi visitatori: oltre a turisti, sia italiani che stranieri, si registra una massiccia affluenza di studenti delle scuole elementari, medie e superiori.

i Denominazione Museo: Acquario della Stazione Zoologica Anton Dohrn Responsabile struttura: Dott.ssa Flegra Bentivegna Indirizzo: Villa Comunale - 80121 Napoli Contatto: Biglietteria e info 081 5833263 mail: ticket@szn.it web: www.szn.it Orari di apertura: Giorni feriali: 9,00 - 18,00 Giorni festivi: 9,30 - 19,30 Ingresso: euro 1,50 Come arrivare: Tutti i trasporti pubblici adiacenze Villa Comunale


Museo Vivo del Mare Pioppi


Un po’ di storia Il piccolo comune cilentano di Pollica, di cui Pioppi è borgo costiero, è bagnato da un mare così bello, limpido e vivo da meritarsi le Cinque Vele che sventolano sulla bandiera di Legambiente e da essere ai primi posti della Guida Blu del Touring Club tra le migliori località di balneazione in Italia. Non potrebbe trovare, dunque, migliore collocazione del borgo di Pioppi il Museo Vivo del Mare, un piccolo museo biologico nelle cui vasche abitano esemplari delle specie ittiche più diffuse nel territorio circostante. La struttura è situata nella caratteristica sede di Palazzo Vinciprova, che gli abitanti del luogo chiamano confidenzialmente il castello: un bell’edificio a due piani collocato a pochi metri dalla costa e costruito nel XVII secolo dai Ripoli, famiglia di mercanti originari della Catalogna. Negli anni successivi l’edificio diviene parte dei possedimenti della famiglia Vinciprova di Omignano e viene infine donato, nel 1986, al Comune di Pollica dall’ultimo erede. Visitando il Museo Vivo del Mare

si ha una piacevole sensazione di continuità: mare dentro e mare fuori in una fresca oasi dove esplorare il mondo sommerso delle splendide coste del Cilento.

Il mare vivo Aperto al pubblico nel 1996, a cura dell’associazione Mare Nostrum, oggi il Museo Vivo del


Mare è gestito dal Comune di Pollica ed ospita, distribuite in tre sale, una decina di vasche espositive all’interno delle quali è riprodotto l’ambiente sottomarino

delle coste cilentane a differenti metri di profondità. Nella sala d’ingresso è situata la vasca tattile Proteus all’interno della quale è riprodotto un am-

biente roccioso di bassa profondità; la vasca ospita generalmente paguri, cetrioli di mare, pomodori di mare, piccoli cefali, bavose, ricci e stelle marine. La vasca tattile è una vasca aperta, gli esemplari che la abitano possono essere osservati da vicino e toccati dai visitatori, ovviamente sotto la supervisione delle guide del museo. L’esperienza tattile si rivela particolarmente interessante e stimolante per il pubblico dei giovanissimi: il museo infatti è meta di visite soprattutto di gruppi scolastici, dalle scuole materne alle superiori, e le vasche tattili sono ormai un popolare strumento didattico per le scienze marine. Proseguendo la visita si accede alla seconda sala del museo dove sono presenti diverse vasche che prendono il nome da alcune delle località marine più note del Cilento. La vasca Infreschi è abitata da esemplari che vivono prevalentemente in ambiente di costa rocciosa a bassa profondità, tra i cinque ed i quindici metri; all’interno dello spazio è possibile osservare due tipi di organismi coloniali formati da polipi, la madrepora a cuscino e la gorgonia, che vengono alimentati con il cosiddetto latte di cozza – liquido estratto attra-


verso la premitura dei molluschi all’interno di una garza che funge anche da filtro – ed inoltre piccoli scorfani ed alcuni esemplari di leccia, un pesce molto comune nelle acque del Mediterraneo. Nella vasca Capo Palinuro è riprodotto un ambiente roccioso proprio delle profondità tra i trenta ed i cinquanta metri sotto il livello

del mare e vi si possono osservare alcuni paguri di grosse dimensioni il cui guscio ospita alcune attinie o anemoni di mare, delle aragoste e degli esemplari di magnosa, un crostaceo che misura mediamente trenta centimetri ed è tipico del Mediterraneo. C’è una vasca dedicata alla posidonia oceanica, una pianta ac-

quatica per la quale il Basso Tirreno costituisce l’habitat ideale e che è anche un utile indicatore biologico in quanto molto sensibile agli agenti inquinanti; insieme alla posidonia si possono osservare alcuni esemplari di balistidae, meglio noti come pesci balestra. Particolarmente interessante ed affascinante è l’osservazione del


polpo che dall’interno della sua vasca si esibisce in seducenti evoluzioni difficilmente osservabili nel suo ambiente naturale, dove tende a nascondersi mimetizzandosi tra rocce e vegetazione. La vasca Leucosia è popolata dalle specie più tipiche dell’ambiente della costa cilentana a basse profondità: ricci, stelle di mare, cernie, bavose, saraghi e scorfanotti.

Nella vasca La Punta è riprodotta la falesia rocciosa propria delle profondità tra i dieci ed i venticinque metri e sono ospitati diversi esemplari di tordi verdi e grancevole; a fine percorso due grandi vasche ospitano esemplari di castagnola, pesce noto anche col nome di guarracino, ed alcune salpe, anch’esse molto diffuse nei mari cilentani.


La vasca di profondità è stata, per alcuni anni, ricovero per tartarughe marine ferite rinvenute nelle zone circostanti. Attualmente è la casa di un bell’esemplare di scorfano rosso e di alcuni esemplari adulti di cernia, tra cui un Epinephelus costae o cernia dorata, così detta per la caratteristica macchia gialla su un lato del corpo. Nella stessa vasca, di tanto in tanto, dalla sua conchiglia, fa capolino il tritone, un grande mollusco dal colore rosso vivo. Anche se il Museo non ospita al momento tartarughe marine, è costante la collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli per la tutela degli esemplari che vengono rinvenuti sulle coste cilentane: nel 2008, sulla spiaggia di Acciaroli, gli operatori del Museo Vivo del Mare hanno avvistato e prontamente soccorso un bell’esemplare di carettacaretta impigliato in una rete da pesca; la tartaruga è stata poi trasportata e curata presso la Stazione Dohrn ed una volta guarita è stata rimessa in mare dalla spiaggia di Acciaroli. Visitare il Museo Vivo del Mare è un’esperienza sempre diversa: la “collezione“ di un museo vivo è naturalmente soggetta a muta-

menti e nuovi esemplari vengono frequentemente forniti dai pescatori della zona, sia in funzione delle richieste dei responsabili del museo, sia, in maniera più casuale, in base al pescato, così come non è raro che anche gli abitanti del borgo, sia grandi che piccini, collaborino spontaneamente a popolare il museo offrendo qualche esemplare di fauna marina particolarmente interessante. La cura e l’alimentazione degli esemplari presenti è affidata ai dipendenti comunali che gestiscono la struttura, coadiuvati dalle consulenze di un biologo marino che offre servizio volontario di assistenza nella cura degli esemplari. I pesci, scelti tra gli esemplari che possono affrontare senza difficoltà la vita in cattività, vengono nutriti due volte la settimana ed in modo vario, con gamberetti, totani, alici, cozze e vongole. Il cambio dell’acqua marina nelle vasche avviene ad intervalli che vanno da due settimane ad un mese, attraverso un sistema di pompe che attingono l’acqua direttamente al mare, distante solo pochi metri dalla sede del museo.


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Nelle vasche sono presenti anche alcuni reperti non catalogati rinvenuti nelle acque vicine, per la maggior parte anfore e vasi che non hanno una datazione e che sono stati inseriti nelle vasche come ulteriori elementi atti a meglio ricreare l’ambiente sottomarino locale.




Approfondimento Il Museo Vivente della Dieta Mediterranea Pesci interessanti da studiare, belli da guardare e da toccare ma anche buoni e sani da mangiare! Se il piano inferiore di Palazzo Vinciprova è tutto dedicato al Museo Vivo del Mare, al piano superiore si trova il Museo Vivente della Dieta Mediterranea. Il museo è dedicato ad Ancel Keys, l’epidemiologo statunitense che ha vissuto per quarant’anni nel Cilento per studiare la relazione tra l’alimentazione locale e l’incidenza delle malattie cardiovascolari e che per primo, attraverso una ricerca basata sul confronto dei regimi alimentari di un ampio campione di individui sparsi in diversi paesi del mondo, ha dimostrato le qualità benefiche della dieta mediterranea. La visita al museo è rivolta principalmente ai più giovani, dagli alunni delle ultime classi delle elementari a quelli delle scuole superiori, e prevede un percorso tra totem di immagini e testi che raccontano la dieta mediterranea sotto tre punti di vista: il piacere di una cucina varia e gustosa, il benessere fisico legato all’assunzione di alimenti sani e l’elemento culturale storicoantroplogico che ha prodotto nel corso dei millenni la qualità dell’alimentazione mediterranea. Il percorso didattico prevede inoltre la visione di un documentario che ripercorre l’esperienza di vita e di studio di Ancel Keys ed una visita alla biblioteca personale che lo studioso ha donato al Comune di Pollica. Il Cilento produce molti ottimi alimenti tipici della dieta Mediterranea, dal gustoso olio extravergine d’oliva al caratteristico fico bianco ai delicati latticini, per finire al pesce azzurro, il cui consumo è molto diffuso nei paesi della costa come si deduce anche dalla varietà di ricette tipiche della zona.


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Approfondimento Le alici di menaica Nelle zone costiere cilentane ancora sopravvive un’antica tecnica di pesca delle alici caratterizzata dall’utilizzo di un particolare tipo di rete a maglia larga: la rete menaica o menaide. Le alici di menaica, dalle carni particolarmente chiare e dal sapore caratteristico, si pescano di notte, tra aprile e luglio e con il mare calmo: tra le maglie delle menaidi, tese in modo da sbarrare il percorso ai pesci, solo le alici più grandi restano impigliate e dibattendosi nel tentativo di liberarsi si dissanguano e si puliscono nell’acqua marina. Quando il pescato viene liberato dalle reti, infatti, alcune alici risultano già prive della testa e delle interiora ed è proprio il dissanguamento in mare che conferisce alle alici di menaica il loro gusto caratteristico. Una volta pulite e lavate ancora con acqua di mare, le alici vengono immediatamente riposte in cassette di legno ed al rientro in porto vengono lavorate. La lavorazione prevede che il pesce venga disposto a strati in vasi di terracotta e ricoperto di volta in volta con uno strato di sale marino grosso; una volta riempito, il contenitore viene chiuso con un tappo di legno sul quale vengono posati dei pesi affinché la pressione prodotta agevoli la fuoriuscita di liquidi. Per terminare la preparazione, le alici vengono stagionate nei magazzeni per un periodo che va da sei mesi ad un anno. A tutela del prodotto e della tradizionale attività di pesca ad esso legata sono stati istituiti presidi Slow Food delle “alici di menaica” nei comuni cilentani di Pollica e Pisciotta. Questi sono noti per sostenere in tutto il mondo le piccole produzioni d’eccellenza a rischio di scomparsa: recuperano mestieri e tecniche di lavorazione, tutelano l’agrobiodiversità, operano per la valorizzazione dei territori.


i Denominazione Museo: Museo Vivo del Mare di Pioppi Responsabile struttura: Comune di Pollica Indirizzo: Via Caracciolo, 191 - 84068 Pollica (SA)

Approfondimento La processione delle cente Portare le cente in processione è un’antica espressione della religiosità popolare locale ancora viva in alcuni borghi del comune di Pollica. Le cente sono ex voto a forma di barca o di cesta, costruite con legno o cartapesta e decorate con fiori di carta, nastri colorati, in qualche caso anche con filari di piccole luci e sempre con lunghi ceri bianchi. Il nome centa si riferisce alle cento candele che dovrebbero adornare la barchetta votiva e che alla fine della processione vengono tolte dalla struttura e donate al santo o alla madonna a cui il fedele è devoto. Nel corso della processione i fedeli, nella maggior parte dei casi donne e spesso scalze, portano i pesanti ex voto sul capo protetto da un panno arrotolato, mentre gli uomini conducono a spalla la statua della Madonna; questa espressione della religiosità appare viva e sentita: certe famiglie portano per decenni in processione la stessa centa, a riprova della grande devozione dei vivi o in alcuni casi per dar seguito alla volontà di parenti defunti molto fedeli. A Pioppi le cente si portano in processione in occasione delle celebrazioni per la Madonna del Carmine (il 16 luglio), mentre a Pollica si portano in processione per la festa della Madonna delle Grazie (il 2 luglio).

Contatto: Dott.ssa Anna Vassallo tel/fax 0974 905059 mail: museovivodelmare09@libero.it web: www.museodelmare.it Orari di apertura: mattina 9,30 -12,30 pomeriggio 16,00 - 19,00 periodo estivo 18,00 - 21,00 Ingresso: euro 2,00 Come arrivare: In auto: autostrada A3 Salerno – Reggio Calabria uscita Battipaglia, per la fascia costiera da Agropoli a Palinuro. Da Battipaglia si prende la SS18 in direzione Paestum e si esce ad Agropoli Sud. Si seguono le indicazioni per Acciaroli, quindi per Pollica. In treno: le linee da Napoli o Salerno per Reggio Calabria, le stazioni più vicine al Comune di Pollica sono: Ascea e Vallo della Lucania - Castelnuovo a sud e Agropoli a nord. Da tali stazioni al Comune di Pollica si arriva utilizzando i servizi delle Autoline o, preferibilmente, mezzi propri e mezzi a nolo. In autolinee: SITA, SCAT e GIULIANO si può raggiungere l’area del Parco Nazionale, con CSTP si può raggiungere Acciaroli e Pollica.


Museo Centro per la conoscenza della biodiversitĂ del Parco Regionale dei Monti Lattari Castellammare di Stabia


Il Centro per la conoscenza della biodiversità Il centro per la conoscenza della biodiversità, sito alle falde dei Monti Lattari presso la città di Castellammare di Stabia, nasce grazie all’impegno dell’Associazione Pro-Natura (sezione dell’Associazione Nazionale Protezione Verde), che sin dal 1976 ha condotto numerose battaglie e realizzato iniziative volte alla protezione e alla salvaguardia dell’ambiente e della natura.


Ideato nel 2006 e reso attivo nel 2007, grazie al Patrocinio della Regione Campania, è ospitato all’interno del parco idropinico del complesso delle “Terme di Stabia”, ed è situato in una posizione strategica per chi vuole addentrarsi nel Parco dei Monti Lattari e godere delle sue bellezze naturali. Il Centro si pone come obiettivo la diffusione della cultura dell’ambiente, attraverso la realizzazione di particolari pro-


grammi di educazione ambientale e favorendo la collaborazione tra gli enti e le istituzioni presenti su tutto il territorio nazionale. In ragione della sua vocazione pedagogica ricerca nei giovani studenti i suoi principali interlocutori attraverso interessanti percorsi didattici, basati sui principi teorici indiviuati dallo scienziato Konrad Lorenz, considerato il padre dell’etologia, secondo cui l’osservazione della natura viva genera nell’uomo una maggiore coscienza ecologista. La conoscenza della biodiversità, ossia della varietà di specie animali e vegetali, si riferisce non soltanto all’ambiente terrestre del Parco dei Monti Lattari, ma anche a quello marino della costiera sorrentina. In questa zona è presente anche un’Area marina protetta, quella di Punta Campanella, di particolare interesse naturalistico. Nel Centro, infatti, troviamo una sezione dedicata alla fauna marina, il cui habitat naturale è ricreato scrupolosamente evitando il ricorso ad elementi artificiali: un laboratorio-museo, una mostra viva, basata sull’idea di ricreare ecosistemi efficienti e chiusi escludendo ogni tipo di manipolazione. L’acquario è costituito da vasche


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tematiche, ognuna delle quali è corredata di un pannello informativo sul quale sono riportati cenni relativi alle caratteristiche biologiche, all’habitat naturale ed al comportamento delle specie presenti in ognuna di esse. Questa sezione è realizzata ad opera dell’Associazione Mistral, gruppo di appassionati subacquei, che ne ha ricreato gli ambienti con la supervisione della Sezione di Acquariologia della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. Altra sezione interessante del Centro è quella dedicata alla civiltà contadina ed al mondo rurale, di cui sono esposti numerosi strumenti di lavoro ed alcune riproduzioni di scene pastorali, curata dall’Associazione Aurora con il sostegno della rivista “Oasis”. Inoltre una piccola sezione botanica, situata all’esterno del Centro, è costituita da due aiuole con esemplari di piante ad alto e basso fusto. Il Centro si avvale di numerose ed importanti collaborazioni, quali quella del Ministero delle Politiche Forestali, dell’Assessorato all’Ambiente ed all’Ecologia della Regione Campania ed aderisce, inoltre, alla C.I.T.E.S., la convenzione di Washington sul


commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, nata dall’esigenza di controllare il commercio degli animali e delle piante, una delle cause dell’estinzione e rarefazione di numerose specie. Sono qui esposti alcuni reperti confiscati al commercio illegale. A dimostrazione della sua importante funzione divulgativa, diretta soprattutto alle giovani generazioni, ha ottenuto nel 2008 il riconoscimento di Museo di interesse regionale.


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Approfondimento La città delle acque e le “Terme di Stabia” La città di Castellammare di Stabia già nel 1921, durante il 13° “Congresso di idrologia, climatologia e terapia fisica”, fu ufficialmente riconosciuta “metropoli delle acque, dei climi e del mare”. Questa qualifica si deve, infatti, alla presenza di numerose sorgenti di acque termali già conosciute dagli antichi romani per le loro qualità terapeutiche. Da loro, come ci raccontano Plinio, Columella, Galeno, Stazio e molti altri, abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare l’inestimabile patrimonio di salute racchiuso in queste acque. Il complesso stabiese nasce nel 1833 come centro climatico e termale, pensato in origine come meta della nobiltà italiana ed europea che trascorreva lunghi periodi di vacanza a Castellammare a “passare le acque”. Con il tempo le terme si sono arricchite anche di altri servizi che ne hanno notevolmente allargato il bacino d’utenza. Accogliendo pienamente il concetto di “salute globale” la struttura, oltre al Centro per la Sordità Rinogena, si è dotata anche di un Centro di Pneumologia e di un Centro di Fisioterapia in grado, sotto la guida di un’equipe sanitaria, di fornire le risposte mediche più appropriate a molte patologie respiratorie, bronchiali e riabilitative. Oggi le Terme di Stabia si trovano in una fase di passaggio: da struttura fortemente connotata a carattere sanitario si stanno gradatamente trasformando in centro termale e turistico, tornando cioè a proporsi come meta di viaggiatori che vogliono coniugare un programma di benessere con le visite alle principali località turistiche della Campania. In quest’ottica, le manifestazioni serali, gli intrattenimenti pomeridiani e le escursioni nei centri turistici vicini, sono il valore aggiunto alla ricchezza delle 28 fonti di acque minerali ed alle terapie connesse. Oggi, dunque, lo stabilimento termale stabiese è tra i protagonisti della trasformazione stessa della città di Castellammare, che da centro industriale dismesso sta riscoprendo la sua forte vocazione turistica.


i Denominazione Museo: Museo Centro per la conoscenza della biodiversitĂ del Parco Regionale dei Monti Lattari Responsabile struttura: Dott.ssa Anna Martinelli Indirizzo: Via A. De Gasperi, 144, presso complesso termale “Terme di Stabiaâ€? 80053 Castellammare di Stabia (NA) Contatto: Prof. Catello Filosa tel 081 8795630 - fax 081 8705756 mail: info@pronaturastabia.org web: www.pronaturastabia.org Orari di apertura: 9,00 - 12,45 Ingresso: da definire Come arrivare: in auto: Autostrada A3 uscita Castellammare in treno: Circumvesuviana fermata Castellammare



3. L’artigianato del corallo: dal mare alle vetrine europee. Un’eccellenza tutta campana


Museo del Corallo Istituto Statale d’Arte Torre del Greco


Un po’ di storia L’Istituto Statale d’Arte di Torre del Greco è uno dei più antichi d’Italia: nasce nel 1878 come Scuola d’Incisione sul Corallo e di Disegno Artistico Industriale; all’epoca erano previsti corsi diurni, serali e nei giorni festivi, in modo da consentire ai lavoratori di frequentarli per migliorare la tecnica e soprattutto per coltivare la creatività, per dare una linea artistica alla loro opera. Dopo aver ottenuto importanti riconoscimenti in occasione di diverse esposizioni universali ed industriali in Italia ed all’estero tra la fine dell’ottocento ed i primi del novecento, nel 1924 la scuola passa alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione e viene inquadrata tra gli istituti di arte applicata. Nel 1968 diventa Istituto Statale d’Arte e si articola in due sezioni: una dedicata allo studio delle tecniche artistiche di lavorazione del corallo, l’altra dedicata alle tecniche di lavorazione dei metalli ed all’oreficeria. Nel 1933, grazie all’iniziativa dei pescatori di Torre del Greco, delle botteghe artigiane e del Banco di Napoli, viene fondato, annesso

alla scuola, il Museo del Corallo, all’interno del quale sono esposti alcuni pregevoli esempi delle opere che studenti e docenti dell’Istituto hanno realizzato in oltre cento anni di storia. La realizzazione del museo ha rafforzato ulteriormente il legame tra la scuola d’arte e la città, rappresentando un ulteriore passo in direzione della valorizzazione culturale ed artistica della più peculiare vocazione di Torre del Greco: l’arte antica della lavorazione del corallo.


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Il tesoro che viene dal mare Il corallo, prezioso materiale utilizzato per la realizzazione di gioielli e manufatti, è lo scheletro calcareo di colonie ramificate di piccoli polipi. Tipico del mar Mediterraneo è il Corallium rubrum, un corallo dal bel colore rosso vivo e la cui sopravvivenza e capacità di riproduzione è messa sempre più a dura prova dall’inquinamento marino. Il corallo giapponese è di diverse qualità e presenta varie sfumature cromatiche, dal bianco al bianco rosato al rosa pallido o pelle d’angelo al rosso cerasuolo fino al rosso scuro, ed è caratterizzato da una venatura bianca, detta anima, che lo attraversa. Altra caratteristica del corallo giapponese è la grandezza del tronco e dei rami che presentano solitamente un diametro maggiore rispetto ai coralli di altre qualità: tale peculiarità lo rende particolarmente adatto all’incisione ed alla scultura a tutto tondo. Torre del Greco, oltre ad essere nota per la lavorazione, vanta anche una solida tradizione di pescatori di corallo: fino a pochi decenni fa alle imbarcazioni, le cosiddette coralline, si attaccava


uno strumento chiamato ‘ngegno (ingegno) composto da due grosse assi di legno disposte a croce greca su cui venivano sistemate delle reti; lo strumento veniva in origine calato in mare e tirato su e giù in modo che i rami di corallo restassero impigliati, in seguito, con la diffusione delle barche a motore, veniva trascinato in modo da strappare dalle rocce tutti i rami di corallo. L’uso dello ‘ngegno è stato poi vietato perché molto dannoso per i fondali marini. Attualmente, infatti, la pesca è affidata a sub che devono raggiungere almeno cinquanta metri di profondità per



procurarsi il prezioso materiale. Il sistema della pesca subacquea è indubbiamente vantaggioso per l’ambiente in quanto estremamente selettivo: vengono cioè prelevati solo i rami più grandi preservando la vita e la crescita dei rami più piccoli.

La Scuola ed il Museo Nei laboratori dell’Istituto Statale d’Arte di Torre del Greco non si incide esclusivamente corallo del Mediterraneo o giapponese ed anzi, negli ultimi anni, data la difficile reperibilità ed i costi del materiale, è raro che gli studenti eseguano opere in cui il corallo è l’unico protagonista, piuttosto viene utilizzato per piccole applicazioni. Più spesso i giovani incisori si cimentano nella produzione di cammei lavorando alcuni tipi di conchiglie come la pregiata Cassis madagascarensis e la Cassis rufa, o nella lavorazione della madreperla, oltre che della pietra lavica chiara di fiume, particolarmente adatta alle esercitazioni perché dotata di buone qualità plastiche.


136 L’ARTIGIANATO DEL CORALLO

Preliminarmente le conchiglie ed i coralli vengono levigati con uno strumento detto mola ad acqua, poi, per l’attività di incisione vera e propria ci si serve di un motorino a sospensione oppure del bulino, piccolo tradizionale strumento manuale. I materiali utilizzati sono di complessa lavorazione ma al tempo stesso offrono opportunità uniche grazie alle nette differenze cromatiche tra i vari strati di cui sono composti, per esempio nel caso delle conchiglie, e grazie alla naturale conformazione morfologica che non viene contrastata dall’artista, ma che piuttosto ne ispira la creatività. L’attività degli studenti incisori dell’Istituto si unisce poi sinergicamente a quella degli studenti della sezione di oreficeria e di lavorazione artistica dei metalli per dare vita a gioielli e manufatti vari molto raffinati, in un trionfo di stili diversi che si ispirano all’iconografia classica, alle avanguardie del novecento o alle sperimentazioni contemporanee. La collezione esposta nel Museo del Corallo è il riflesso dell’attività che si è svolta nel tempo nelle aule e nei laboratori dell’Istituto, è il racconto di oltre cento anni



di storia della lavorazione artistica del corallo, del cammeo e di molti altri materiali. Tra la fine dell’ottocento ed i primi del novecento gli allievi dell’Istituto hanno conquistato premi ed onorificenze per la realizzazione non solo di gioielli, ma anche di mobili caratterizzati dalla contaminazione di tecniche e materiali: l’ebanisteria, l’incisione del corallo e dei cammei e l’intarsio dei metalli, la scultura e le tecniche di decorazione. E così la scuola ha guadagnato la medaglia d’oro nel 1891 e nel 1892 all’Esposizione di Palermo e poi a Genova con uno scrittoio in stile pompeiano con intarsi in tartaruga, avorio e madreperla e con decorazioni incise in pietra lavica e corallo; nel 1898 ha ottenuto la medaglia d’argento all’Esposizione Nazionale di Torino con un altro scrittoio in stile pompeiano ed il Gran Premio all’Esposizione Internazionale di Milano nel 1906 con un mobile-scrigno con intarsi di madreperle e conchiglie acquistato poi dal re Vittorio Emanuele III. Nel 1904 è stata realizzata una bellissima coppa in argento da offrire in dono al Presidente della Repubblica Francese Emile Loubet


in visita a Napoli: il tronco della coppa è costituito da un grande unico blocco di corallo rosa giapponese raffigurante una sirena che si dibatte tra i marosi. Il Museo del Corallo espone gioielli ed oggetti di lusso di raffinata fattura: dagli amorini di corallo rosa alle sirene di corallo cerasuolo, dai bei cammei che riprendono motivi ed icone del neoclassicismo ai manufatti in madreperla che raffigurano soggetti piĂš moderni, ispirandosi alle avanguardie artistiche europee del ventesimo secolo; tra le opere meno classiche c’è un set da scrivania, realizzato probabilmente tra gli anni venti e trenta del novecento, con decorazioni e dettagli in corallo giapponese cerasuolo, il design degli


oggetti che compongono il set potrebbe ricordare il rigore dello stile architettonico fascista. Tra le opere che rappresentano soggetti sacri particolarmente interessanti sono un’Adorazione dei Magi del 1939 – realizzata a tutto tondo con la tecnica della impiallacciatura, riducendo madreperle e conchiglie a sottili tessere da mosaico – ed una serie di quadri raffiguranti le tappe della Via Crucis, realizzati con la stessa tecnica del mosaico con tasselli di madreperla in diverse sfumature cromatiche. Notevole, infine, una piccola edicola sacra in madreperla e corallo all’interno della quale è collocata una Vergine in trono con Bambino.


i Denominazione Museo: Museo del Corallo dell’Istituto Statale d’Arte di Torre del Greco note: Museo in via di restauro Responsabile struttura: Preside Istituto Prof.ssa Linda Basc Indirizzo: P.zza Luigi Palomba, 6 80059 Torre del Greco (NA) Contatto: tel 081 8811360 mail: isagreco@libero.it Orari di apertura: prossima apertura al pubblico alla fine del 2009 Ingresso: da definire Come arrivare: in auto: Autostrada A3 uscita Torre del Greco in treno: Circumvesuviana Napoli-Torre del Greco


Museo del Corallo Ascione Napoli


Museo Aziendale della famiglia Ascione. La Sede Il museo Ascione è inserito in uno dei luoghi più belli e prestigiosi di Napoli. Posto al II piano della facciata principale della Galleria Umberto I data la sua estensione occupa gran parte della facciata stessa. Ciò consente di avere una visuale eccezionale di alcuni dei luoghi più esclusivi e densi di storia della città.

La Galleria Umberto I fu costruita su progetto di Luigi Emanuele Rocco nell’ambito di un riassetto urbano resosi necessario in seguito alla disastrosa epidemia di colera del 1884. Questa è formata da quattro bracci di differente lunghezza che si intersecano fra loro formando una croce ottagonale coperta da un’ampia cupola in ferro e vetro. L’ingresso della Galleria è inserito in un porticato semicircolare riccamente decora-


144 L’ARTIGIANATO DEL CORALLO

to da cui si accede anche al museo. Dai balconi del museo i rilievi di stucco della facciata del Teatro di San Carlo sono quasi “a portata di mano” e così pure le famose sculture marmoree di Carlo Nicoli che severamente sostengono le ampie finestre dei saloni principali.

Cenni storici La ditta Ascione è la più antica manifattura di Torre del Greco nel delicato e prestigioso settore della lavorazione artistica del corallo, del cammeo, della madreperla, delle pietre dure e dei metalli preziosi. Nel 1855 Giovanni Ascione, figlio dell’armatore di “coralline” Domenico, decise di dedicarsi alla manifattura del corallo, attività importata a Torre del Greco agli inizi del XIX secolo. Giovanni e i suoi dieci figli riuscirono a far conoscere il marchio Ascione per la raffinatezza della loro produzione tanto da meritare numerosi riconoscimenti internazionali e da divenire fornitori della famiglia reale che gli conferì il privilegio di fregiare il marchio con le insegne di Casa Savoia.


I due brevetti reali e i numerosi riconoscimenti ottenuti nelle principali esposizioni nazionali ed internazionali alle quali la ditta Ascione è stata fino ad oggi invitata a partecipare (Porto, Vienna, Copenaghen, Bruxelles, Philadelphia, ecc.), hanno costantemente premiato quelle prerogative che da sempre ne costituiscono il vanto e il nerbo. Dal 1902 la Casa ha sede presso il medesimo edificio nel centro storico di Torre del Greco, ove ancora si trova il laboratorio e nei cui suggestivi saloni, tra le antiche vetrine, si può ripercorrere la storia dell’azienda attraverso le sue più significative creazioni. A Napoli, invece, Ascione è nella storica sede di Piazzetta Matilde Serao: un luogo che, come in

passato, è showroom, contenitore culturale polifunzionale e spazio museale. Il marchio Ascione esprime la forza di una tradizione maturata nel solco di una continuità familiare solida e mai interrotta.

Collezioni Il museo ripercorre la storia dell’azienda attraverso l’esposizione di documenti originali e delle più significative creazioni


146 L’ARTIGIANATO DEL CORALLO

dall’ottocento fino al moderno e al contemporaneo. Lo spazio museale è articolato in due sezioni: nella prima, di tipo didattico, sono presentati rami di corallo di diversa provenienza e tipologia, gli antichi sistemi di pesca, gli antichi utensili per la la-

vorazione, numerose collane nei vari tagli e stili, i mercati ai quali erano e sono destinate. Uno spazio è dedicato anche alla lavorazione del cammeo: le conchiglie, gli strumenti, le fasi di lavorazione, gli oggetti finiti danno al visitatore un quadro completo ed

esaustivo di questa
particolarissima arte. La seconda sezione è dedicata alla gioielleria: sono in mostra più di 300
oggetti in corallo, cammei, pietra lavica, testimonianze di una rara e
raffinata produzione che va dagli inizi del XIX secolo




agli anni ‘40 del
secolo scorso. Il percorso è corredato da una ricca documentazione cartacea e fotografica che illustra l’attività dell’azienda e i suoi numerosi
riconoscimenti per la qualità e l’originalità dei suoi gioielli. Caterina Ascione Curatrice del Museo

i

Materiali informativi La Real Fabbrica de’ Coralli della Torre del Greco, Enzo Albano Editore, 100 tavole a colori.

Denominazione Museo: Museo del corallo Ascione Responsabile struttura: Caterina Ascione Indirizzo: P.tta Matilde Serao, 19 - 80132 Napoli Contatto: tel/fax 081 421111 mail: infoasc@tin.it web: www.ascione.it

Orari di apertura: su appuntamento: Lun - Ven 10,30 - 13,30 / 16,00 - 19,00 Sabato 10,30 - 13,30

Servizi del Museo

Ingresso: euro 5,00

Sala conferenze, Libreria didattica, visita

Come arrivare: Tutti i trasporti pubblici per P.zza del Plebiscito

didattica per gruppi, incisione dei cammei dal vivo.


si ringraziano per la loro collaborazione: Prof. Antonio Mussari - Fondazione Thetys - Museo del Mare di Napoli Prof. Antonio Scamardella - Museo Navale dell’Università Parthenope Luciano Di Meglio e l’Associazione “Amici del Museo del Mare” - Museo del Mare di Ischia Dott. Massimo Maresca - Museo Navale “Mario Maresca” Preside Prof. Maurizio Piscitelli e Prof. Enrico Galatola - Museo del Mare di Procida Prof. Claudio Pensa - Collezione Navale del Dipartimento di Ingegneria Navale, Università Federico II Arch. Guido Barbati e Dott. Paolo Rastrelli - Centro Studi Tradizioni Nautiche Dott.ssa Rossana Muzii - Certosa e Museo di San Martino Dott.ssa Flegra Bentivegna e Dott. Andrea Travaglini - Acquario della Stazione Zoologica Anton Dohrn Dott. Petillo e Dott.ssa Anna Vassallo - Museo Vivo del Mare di Pioppi Prof. Ernesto Freiles e Dott. Cristofaro Lucia - Centro per la conoscenza della biodiversita del Parco dei M. Lattari Preside Prof. Basc - Museo del corallo dell’Istituto Statale d’Arte di Torre del Greco Dott. Giuseppe Ascione e Prof.ssa Caterina Ascione - Museo del corallo Ascione si ringraziano inoltre tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa pubblicazione


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