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Le diversitĂ sono la nostra casa

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IN COPERTINA: Campagne- Diatta Lamine


Le diversitĂ sono la nostra casa

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SOMMARIO

PERSONE NON NUMERI: PARTIAMO DA ZERO COOPERATIVA SOCIALE ARCA DI NOÈ DI CHI SONO LE ILLUSTRAZIONI? LE DIVERSITÀ SONO LA NOSTRA CASA LA PAZIENZA BOLOGNA È... AGADEZ AL MATTEI IL TORNEO DI CALCIO “DIMONDI” IL TORNEO DI CRICKET I RIMPIANTI DI UNO STUDENTE PRACTICE OF PEACE IL FUTURO NON LO ABBIAMO ANCORA FATTO ZACBAUM: MODI ALTERNATIVI PER ABBATERE I MURI CHI HA IL CORAGGIO DI VIAGGIARE HA IL CORAGGIO DI LAVORARE ALTA FREQUENZA: LA RADIO CHE ACCORCIA LE DISTANZE IL NOSTRO CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI DIONCOULANE YIRIWAA MUSICHE MAESTRO! L’UOMO È CIÒ CHE MANGIA PIATTI PAKISTANI IL CIBO CHE UNISCE UNA BANDIERA D’ORO IL BATTITO DELLO ZACCARELLI


Persone non numeri: partiamo da zero Dei tempi noti come “Mare Nostrum” e delle persone che sono accolte in Italia, circolano molte domande e molta confusione, molti numeri e cifre, ma è raro avere accesso a dei pensieri, delle parole, delle voci di chi direttamente è coinvolto in questo percorso, sia esso ospite o lavoratore. Molto spesso i Centri di Accoglienza sono racchiusi in un involucro di silenzio e mistero, e sembra così difficile trasmettere all’esterno cosa avviene all’interno. L’idea di creare una “Rivista numero Zero” è nata da qui: dalla voglia di condividere con la città qualcosa di questo grande mondo che si vive ed esperisce varcando la soglia di un Centro di Accoglienza. Il 15 aprile 2016 il Centro Zaccarelli di via del Lazzaretto a Bologna ha festeggiato un anno dalla sua apertura, e i 54 ospiti che vi sono accolti hanno celebrato un anno dall’inizio di un nuovo cammino in Italia. In questi mesi abbiamo visto tante cose, abbiamo vissuto, sentito e costruito tante cose: e vedendole passare, una dopo l’altra, ci siamo detti che non volevamo che tutto questo insieme di emozioni e creazioni restasse nostro segreto. I contributi raccolti in queste pagine partono da un desiderio condiviso tra ospiti, operatori e volontari esterni, di darsi uno strumento che renda concreto questo cosmo di energie ed iniziative che attraversano il mondo dell’accoglienza nella nostra città. È così che in queste pagine sono racchiuse alcune esperienze vissute dentro, fuori, e attraverso un Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Bologna. Non ci sono statistiche né numeri che sintetizzino gli arrivi in città né gli esiti delle procedure. Piuttosto, in queste pagine cerchiamo di dare un volto e un’immagine, trasmettere alcune emozioni, proprie a tutte le figure che attraversano tale spazio. Vi troverete allora dei pensieri dei ragazzi 6

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che qui vivono e qui hanno trovato rifugio, così come dei pensieri di chi vi lavora tutti i giorni, oppure di chi ha deciso, come volontario, di varcarne la soglia. Il risultato è un insieme di differenze e varietà, di sensibilità e culture diverse, di sogni e speranze e barriere, dove il filo conduttore unico è l’umanità, immersa in un oceano di emozioni. Ecco, questo Rivista numero Zero vuole essere un buco nel tempo che per un istante fermi l’orologio, per dare un’immagine e immortalare su carta l’universo di emozioni e storie e relazioni che si costruiscono ogni giorno dentro e attraverso le pareti tanto contraddittorie quanto umane e speciali dell’Accoglienza a Bologna.

Maddalena Gretel Cammelli

ITALIA


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Teeng Daa - Diatta Lamine


Cooperativa sociale Arca di Noè Arca di Noè, nata nel 2001, promuove l’autonomia di persone svantaggiate, migranti, richiedenti asilo e rifugiati. La scommessa di un protagonismo attivo delle persone con cui lavoriamo guida i nostri progetti e le nostre attività. Arca di Noè opera dal 2008 nei servizi di accoglienza dello SPRAR - Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati i cui beneficiari sono persone richiedenti e titolari di protezione internazionale. Dal 2014 Arca di Noè, con i partner già impegnati nell’accoglienza SPRAR, partecipa alla gestione di centri ed appartamenti per la prima accoglienza di richiedenti protezione internazionale. I richiedenti protezione vengono trasferiti in strutture, dette accoglienze temporanee o centri di accoglienza straordinaria (CAS), dall’Hub Regionale, anch’esso gestito da Arca di Noè insieme ad altre associazioni e cooperative sulla base di una strutturata collaborazione con le istituzioni coinvolte.

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Niokolo-Koba - Diatta Lamine


Di chi sono le illustrazioni? “Le Monde est un jardin” Mi chiamo Diatta Lamine, sono nato in Senegal (Casamance) e sono in Italia dal 4 aprile 2015. Durante questo primo periodo in Italia sto seguendo dei corsi di italiano qualche giorno alla settimana, cerco corsi di formazione e il resto del tempo disegno. Disegnare è la mia passione da quando sono un bambino. Durante la scuola primaria disegnavo durante tutte le lezioni di geografia e scienze naturali e alla scuola secondaria ho scoperto l’importanza dei disegni grazie all’incontro con il mio professore di arte Djallo. E’ stato il primo incontro con qualcuno del mestiere. Lavoravo con lui nel suo negozio due o tre giorni al mese perchè il resto del tempo lui era occupato nei suoi corsi a scuola. Non avevo la possibilità di continuare perché il professore dovette partire ma questo mi incoraggiò a continuare a considerare il disegno il principale mezzo di comunicazione per esprimere alcuni concetti maturati durante la mia vita. Essendo nato in un villaggio in campagna la mia vita dipendeva dalla natura e per questo l’ho sempre amata e rispettata. E’ molto triste vederla attualmente in una fase di distruzione ad una straordinaria velocità. Questo sotto l’indifferenza del mondo nonostante i segnali che tutti i giorni la natura ci lancia per richiamarci, i casi più eclatanti sono gli Tsunami, i Cicloni, la progressiva desertificazione e il riscaldamento globale. Il mondo ha instaurato un clima di guerra, odio e tensione per sostenere un livello di vita migliore senza preoccuparsi delle conseguenze perché i paesi emergenti, un tempo vittime, sono diventati ora grandi potenze. C’è troppo egoismo ed è tempo di instaurare l’amore per la tutela dei nostri 10

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figli e le future generazioni, chiedere scusa per i nostri errori e non lasciare alle future generazioni un clima di tensione politica e ambientale. Come possiamo accettare la competizione per il petrolio che alimenta le guerre e l’inquinamento solo per poter comprare qualcosa in più? Il mondo ha bisogno di ritornare verso la natura, per restituire quello che ci ha donato, lottare contro il riscaldamento climatico, la riduzione della produzione di rifiuti e la produzione di energie rinnovabili. Queste sono le idee che mi ispirano a disegnare e a continuare nella convinzione che la natura è la nostra indispensabile amica.

Diatta Lamine

SENEGAL


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Natura? - Diatta Lamine


Le diversità sono la nostra casa Al Centro di accoglienza per richiedenti asilo “Zaccarelli” di Bologna si ha la netta sensazione che senza prendere alcun aereo sia il mondo a venire da te. Una superficie di poco più di 100 metri quadrati ospita decine di persone provenienti da continenti diversi: le culture variano da città a città, da villaggio a villaggio dell’Africa occidentale, fino ai territori orientali del Pakistan Orientale e del Kashmir. Talmente tante diversità concentrate in un luogo così piccolo che a volte si ha la sensazione che tutto sia complice di questa ricchezza: anche gli oggetti, le stanze, i muri, le porte aperte, i telefoni sempre “in call” che collegano Via del Lazzaretto con case lontane, molto lontane. In questo concentrato culturale risuonano lingue diverse, autentiche, diverse cadenze, esclamazioni, gestualità. Gli attimi in cui qualcuno si affaccia sfuggevolmente nell’ufficio con un pezzo di carta strappato dall’angolo di un cartello appeso fuori e una biro per appuntarsi un nome, un numero di telefono, un indirizzo in chissà quale lingua, di chissà quale villaggio con chissà quale storia. Basta fare due metri per entrare nella piccola mensa, una padella è lì sopra il fornellino che cuoce a fuoco lento. Come il telefono, il fornellino ci collega a territori lontani, uno strumento che per poco tempo ricrea le condizioni di ogni ragazzo per ricostruire il proprio ambiente, ancora una volta con i propri odori, gusti e cultura in un luogo che in ogni parte del mondo significa raccolta, confronto, condivisione, riposo: la cucina. Dopo qualche mese in un Centro di Accoglienza è facile riconoscere da quale parte del mondo provengono le mani di chi sta cucinando servendosi solamente dell’olfatto: l’odore persistente di spezie o l’odore di burro d’arachidi? Uscendo, qualche metro più lontano si trova un corridoio in cui i ragazzi si ritrovano per pregare. C’è chi la preghiera la canta, chi la recita a voce 12

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alta, chi la sussurra, la bisbiglia, chi la recita a mente, tutti rispettano quei quattro metri di corridoio che non è un semplice corridoio. Durante tutte le ore del giorno (e della notte) si sente la musica provenire non solo da tutti gli angoli del Centro Zaccarelli ma ancora una volta da tutti gli angoli del mondo, la musica pakistana è facilmente riconoscibile ma con un po’ di esperienza e attenzione si può riconoscere e distinguere la musica nigeriana o ivoriana da quella guineana che tanto piace ai senegalesi. Ogni aspetto, momento, relazione o sguardo contiene una varietà e ricchezza di colori, gusti, culture, religioni, suoni, affetti, scelte, odori che ci danno l’impagabile opportunità di affacciarci al mondo, vivendo le diversità, per quanto ci è possibile, senza limitarci a sentirne solamente parlare. Al Centro Zaccarelli si ha la sensazione di essere cittadini del mondo. Da questo concetto, insieme al giovane Taufic abbiamo realizzato questo logo, semplice ma denso di significato, che ha dato il titolo a questa rivista: Le diversità sono la nostra casa.

Michele Cattani

ITALIA


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Merci Mama - Diatta Lamine


La pazienza

Nothing works like patience. Very few can practice it. Very hard to endure. The man in a hurry misses it. Patience is better than wisdom. Wisdom without patience is like a garden full of weeds. An ounce of patience wealths a pound of brain. Impatience brings sorrow, grief and discomfort. Failure is sure to come one day. But with patience, careful planning and hard work, dedication and success are sure to come one day.

Niente è efficace come la pazienza. Davvero pochi sono in grado di metterla in pratica. Davvero difficile da mantenere. L’uomo che vive di fretta la perde. La pazienza è meglio della saggezza. La saggezza priva di pazienza è come un giardino pieno di erbacce. Un’oncia di pazienza vale una libbra di cervello. L’impazienza causa affanno, dolore e disagio. L’insuccesso prevarrà di sicuro prima o poi. Ma con la pazienza, un’organizzazione efficiente e duro lavoro, dedizione e successo prevarranno.

Mohammed Taufic

GHANA

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Les contes - Diatta Lamine


Bologna è... calcio. Cerco lavoro. Tutti cercano lavoro. Voglio lavorare, spesso non faccio Bologna è una città. nulla. Vorrei fare l’idraulico, l’elettricista, vorrei fare il falegname. Vorrei Bologna è in Emilia Romagna, una regione del Nord Italia. Noi siamo arrivati a Bologna il 4 aprile 2015, 8 mesi fa. Siamo arrivati con i lavorare in fabbrica. Voglio giocare a calcio. nostri amici e fratelli. Siamo partiti dal Pakistan, dal Mali, dal Senegal, dalla Nigeria, dalla Costa d’Avorio, dal Gambia, dal Gana. Siamo arrivati in Libia. Zaccarelli Republic Siamo partiti dalla Libia e siamo arrivati in Sicilia. Poi dalla Sicilia a Bologna. A Bologna c’è Piazza Maggiore, ci sono le 2 torri, ci sono tante chiese. La Sala Borsa è una grande biblioteca. Ci sono tante università. Ci sono 12 porte, l’aeroporto e la stazione. Ci sono tante strade, tante scuole, tanti supermercati, tanti campi agricoli e tanti parchi. D’estate fa caldo, e d’inverno fa freddo e c’è la nebbia. Fuori Bologna ci sono i colli e a Bologna c’è un fiume. Ci sono tante ragazze. Bologna è una vecchia città, è bella, è grande e rumorosa. C’è tanto traffico, c’è la musica forte e ci sono tanti bar. Molte persone hanno un cane. Tutti mangiano pasta e pizza e bevono vino e caffè. Ci sono tanti innamorati in giro. Tante ragazze fumano. Le persone sono sempre al telefono. Tutti mangiano tantissimo. Tante persone vanno in bicicletta. Io faccio un giro in centro e dormo; io compro i vestiti in Piazzola, vado al parco e torno a casa; io vado a scuola; mi sveglio, mi vesto, mi preparo, gioco a cricket vicino al fiume. Lavoro in un negozio di vestiti. Cucino. Mangio. Uso internet, gioco a carte, telefono a casa. Cerco una ragazza da sposare, guardo le ragazze, gioco a

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Kamebeul - Diatta Lamine


Agadez Je suis arrivé à Agadez (une ville en Niger où beaucoup de personnes de plusieures nationalités Senegal, Gambia, Togo, arrivent pour chercher de l’argent). À Agadez, j’ai travaillé dans la meccanique. Je suis resté deux mois à Agadez. La ville de Agadez est bien. J’était bien pris par mes amis, j’ai vus beaucoup de choses la ville est bien, je n’ai pas senti la différence entre ma ville d’origine, Abidjan, et Agadez. Les gens étaient bien avec moi, ils étaient bien gentil avec moi parce que je sentais pas la différence, parce que tout à l’aire bien entre nous. Je remercie le bon dieu parce que il y avait pas de difference entre nous. Nous etions comme des frères et meme famille comme je vous dis. Je mangais bien, la ville était intéressant. La ville est belle, les gens menaient leur activité tranquillement, chacun s’occupe de ses activité malgré la presence des étrangers qui étaient de plusieurs nationalités à la recherche de travail. Il y avait des senegalais, des maliens, burkinabé, et tout se passait bien entre nous, chacun de nous partait dans son lieu de travail tranquillement et tout circulait dans l’ordre. En tout cas, les activités se deroulaient bien j’étais très fier de mes africains car tout allait bien entre nous, on vivait tous comme frères de meme père et de meme mère.

NIGER - AGADEZ

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Sono arrivato ad Agadez, una città del Niger dove molte persone di molte nazionalità differenti -Senegal, Gambia, Togo, Mali - arrivano in cerca di soldi. Ad Agadez ho lavorato nella meccanica. Sono restato due mesi ad Agadez. La città è bella. Ero assieme a degli amici, ho visto molte cose, la città è positiva, non ho sentito la differenza con la mia città d’origine, Abidjan. Le persone erano gentili con me, così gentili che io non sentivo la differenza, dal momento che tutto andava così bene tra di noi. Io ringrazio il buon Dio perché non c’era differenza tra noi. Eravamo come fratelli della stessa famiglia. Io mangiavo bene, la città era interessante. La città di Agadez è bella, le persone portano avanti le loro attività tranquillamente, ciascuno si occupa delle attività nonostante la presenza degli stranieri di tante nazionalità alla ricerca di un lavoro. C’erano dei senegalesi, dei maliani, dei burkinabé, e tutto andava bene tra di noi, ciascuno di noi andava nel suo luogo di lavoro, e tutto circolava nell’ordine. In ogni modo, le attività procedevano bene, io ero molto orgoglioso dei miei africani poiché tutto andava bene tra di noi, vivevamo come fratelli dello stesso padre e della stessa madre.

Traore Ibrahim Sory

COSTA D’AVORIO


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Sahara - Diatta Lamine


Al Mattei The day I arrived in Sicily, is the same day I arrive in Mattei, in the night time. When I arrive I see many faces, many people, I feel happy of being in this side (Europe). At the beginning we see the wall, we realize it could be a prison. I ask and then they explain me that before it was a deportation camp, but now it is a normal camp, and that we should not be afraid. And then I was fine with them. Sometimes new people arrive in midnight while we are sleeping, then in morning time we wakeup and see new people. Mattei is ok, the time I spend over there is so much. I could go to school everyday from Monday to Friday there, they bring me around the city to show me the place of Bologna. After a while I started disturbing them, asking to be transfert, then they trasfer me to here in Zaccarelli camp.

Il giorno in cui sono arrivato in Sicilia è lo stesso giorno in cui sono arrivato al Mattei, di notte. Quando sono arrivato ho visto molte facce, molte persone, mi sono sentito felice di essere da questa parte (Europa). All’inizio abbiamo visto il muro, abbiamo pensato che poteva essere una prigione. Ho domandato e allora loro mi hanno spiegato che prima era un campo per le espulsioni, ma che ora è un centro normale, e che non dobbiamo avere paura. Allora ero a posto con loro. Qualche volta, nuove persone arrivavano durante la notte, mentre dormivamo, allora di mattina ci svegliavamo e vedevamo nuove persone. Mattei è ok, ho trascorso molto tempo in questo posto. Ho potuto andare a scuola ogni giorno, dal lunedì al venerdì, mi hanno portato in giro per la città per mostrarmi i posti di Bologna. Dopo un po’ ho cominciato a disturbarli, chiedendo di essere trasferito, allora loro mi hanno trasferito qui a Zaccarelli.

Enyawile Chukwunweike

NIGERIA

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L’Arbre à Palabre - Diatta Lamine


Torneo di calcio “Dimondi” Abbiamo conosciuto alcuni dei ragazzi dello Zaccarelli al torneo aperto per la prima volta a squadre esterne organizzato presso l’Hub di Via Mattei (ex Cie). Quando abbiamo cominciato a organizzare il torneo “Dimondi” ci è venuto istintivo coinvolgere il centro di accoglienza Zaccarelli. Dopo alcune delle giornate del torneo, la squadra ZacRepublic si è imposta come pilastro essenziale del torneo, alla pari con la storica squadra Lungoreno F.C. In particolare, poi, la terza giornata del torneo, organizzata proprio da ZacRepublic, è quella che più di tutte si ricorda per l’aggregazione in cucina e per le celebri portate culinarie. E’ balzato facilmente agli occhi il grande coinvolgimento e la partecipazione dei ragazzi del centro in questa situazione aperta e inclusiva.

Associazione “Il Grinta”

ITALIA

Una delle più importanti esperienze in questo anno di permanenza al centro è stato sicuramente il torneo di calcetto. Una volta al mese ci si ritrova in un posto diverso per giocare, otto sono le squadre partecipanti. L’incontro di marzo è stato organizzato proprio nel nostro centro grazie al lavoro degli operatori che hanno fatto uno splendido lavoro. Quella giornata è stata meravigliosa e, cosa ancora più importante, penso che sia stata una grande opportunità per noi ragazzi del centro. Infatti, è ormai da più di un anno che viviamo qui e, nonostante tutto questo tempo, non è sempre facile incontrare delle persone, conoscere e farsi conoscere; il torneo ci ha dato proprio questa occasione. Abbiamo parlato con moltissime persone e la cosa più bella è stata che eravamo tutti molto diversi ma, nello stesso tempo, avevamo tutti un forte desiderio di condividere qualcosa di nostro con gli altri. Per il pranzo, dopo aver giocato, noi ragazzi abbiamo cucinato dei piatti tipici africani, lo Yassa e il Thiou; tutti gli altri non immaginavano che eravamo stati proprio noi a prepararli, ne sono rimasti sorpresi! Altri avevano cucinato piatti italiani e abbiamo mangiato tutti insieme...anche la pausa pranzo è stata un’occasione di scambio e di incontro, un modo per sapere qualcosa in più dell’uno e dell’altro. Durante il pomeriggio, dopo le partite e il buon cibo, abbiamo suonato per concludere la giornata e per salutare i nostri ospiti. Questo torneo ci sta dando una grande occasione perchè, essendo passato molto tempo dal nostro arrivo, spesso la sensazione è quella di sentirsi inutili, invece il torneo ci ha permesso di mettere da parte questa idea e lo ha fatto attraverso il calcio, che è una passione condivisa da tutti qui nel centro. Il torneo di calcetto non si è ancora concluso, abbiamo ancora diversi incontri da giocare e molte cose da condividere. 22

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Diedhiou Ibrahima

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Il torneo di Cricket In Pakistan il cricket è lo sport più famoso, perché praticato da più del 95% della popolazione. Si gioca in 11 per ogni squadra. E’ da un anno che sono al Centro Zaccarelli, non lavoravo fino a poco fa. Grazie all’equipe degli operatori dello Zaccarelli, che sono sempre stati vicini a noi, abbiamo potuto partecipare a due tornei di cricket. Il secondo è stato ancora più importante perché raggruppava varie squadre della regione. Il 3 aprile eravamo 5 squadre di varie nazionalità (Pakistan, Sri Lanka, Bangladesh), le partite sono state molto interessanti perché anche dopo il campo ci siamo trovati per mangiare il cibo pakistano: Somosa, Riso con pollo, Riso vegano. C’era da bere e da mangiare per tutti. Tutte le persone presenti erano felici, gli italiani e gli stranieri di tante parti del mondo. Grazie agli operatori, al Cricket Club di Bologna e alla Federazione di Cricket Italiana che ha organizzato questa iniziativa con l’aiuto anche della Comunità Pakistana di Bologna. Abbiamo sempre bisogno del sostegno dei cittadini per fare altre iniziative di questo tipo.

Nadeem e Imran Alla giornata del Cricket per profughi e rifugiati hanno partecipato la Federazione Cricket Italiana, la Caritas Rimini, Arca di Noè e le altre cooperative del Consorzio Arcolaio che hanno visto in campo le squadre di Centro Zaccarelli, Villa Aldini e HUB Mattei. All’evento hanno partecipato la Vicepresidente della Regione Emilia Romagna Elisabetta Gualmini (nella foto), l’assessore allo Sport Luca Rizzo Nervo, il Vicepresidente del CONI Giancarlo Galimberti, il Presidente del Quartiere Navile in cui sorge il Centro di Accoglienza Zaccarelli Daniele Ara e la Comunità Pakistana di Bologna che ha offerto l’ottimo pranzo. 24

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PAKISTAN


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I rimpianti di uno studente Le regret d’un ecolier A qui la faute? A moi meme Je n’apprenais jamais, mes leçons Je ne faisais jamais mes devoirs de maison Je fuyais le travail, ce tresor du futur, tresor qui pouvait me liberer de toute domination A qui la faute? A moi meme Je n’ecoutais pas les bons conseils de mes maitres En classe mes pensées s’envolaint à travers les fenetres et allaient droit à la marmite quui m’attendait là bas sur le feu. Aqui la faute? A moi meme. Mes parents subvenaient a tous mes besoins au prix de baucoup d’efforts et de sacrifices, malgrè tout ,j’ai recolté le fruit amère de mon inconscience, la plupart de mes anciens camarades, sont aujourd’hui des cadres de la nation et moi, je continu de mener une vie de pèarasite. Mais, a qui la faute? A moi meme Oh! Quel regret si je savais! Le dernier mot des imbeciles.

A chi la colpa oggi? A me stesso Non studiavo mai i miei libri A casa non facevo mai i miei compiti Fuggivo dal lavoro, quel tesoro del futuro, tesoro che poteva liberarmi di tutte le dominazioni A chi la colpa oggi? A me stesso Non ascoltavo i buoni consigli dei miei maestri In classe i miei pensieri s’involavano dalla finestra e se ne andavano diritto nella pentola che mi aspettava lì a casa A chi la colpa oggi? A me stesso Ai miei bisogni ci pensavano i miei genitori al costo di tanti sforzi e sacrifici malgrado tutto, ho raccolto il frutto amaro della mia temerarietà, la maggior parte dei miei vecchi compagni, sono oggi dei dirigenti della nazione e io continuo a fare una vita da parassita Ma, a chi la colpa oggi? A me stesso Oh! Che rimpianti, se sapessi! L’ultima parola di un idiota.

Noel Kagba Ladjou COSTA D’AVORIO

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Legend - Diatta Lamine


Practice of Peace Mi chiamo Apraku Musah ma i miei amici mi chiamano Righteous (giusto). Ho 20 anni, vengo dal Ghana ma per alcuni motivi non ho potuto rimanere nel mio Paese. Con la grazia di Dio onnipotente i miei sogni sono diventati realtà perché il governo italiano e i cittadini bolognesi mi hanno dato l’opportunità di frequentare la scuola. Ora sono uno studente all’università e seguo il corso di Economia e finanza. Il mio scopo è ricevere un’educazione che aiuti l’individuo durante ogni fase della sua vita. Ogni giorno che uno studente frequenta la scuola ha l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo che può cambiare la propria vita e la vita di qualcun altro. Quando qualcuno è educato può insegnare ad altre persone ed educare bene i propri figli. Io voglio praticare la pace in questo Paese. Una risposta di pace è una risposta potente. Prima di parlare, prima di agire, prima di rispondere, considera un modo calmo e pacifico per farlo. C’è sempre una via pacifica per esprimere quello che si vuole dire e quando lo fai hai molte più possibilità di essere ascoltato e capito. Inoltre, quando dovrai portare a termine qualcosa cerca una strada per ottenerla pacificamente e con rispetto. Così facendo ti si aprirà la strada per opportunità sempre più grandi. Quando vivi e pensi pacificamente troverai un mondo di persone desiderose di sostenere i tuoi sforzi. Quando la tua vita è piena di momenti pacifici, la tua mente può essere positivamente concentrata e il tuo lavoro risultare molto più efficace. Tutti i giorni attraverserai situazioni dove puoi aggiungere un reale valore

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grazie a un tono calmo e pacifico. Anche poca tranquillità ha il potere di cambiare profondamente le cose in meglio. La positività ti rende forte e fiducioso abbastanza per praticare positività e pace quotidianamente. Così facendo renderai rapidamente il mondo un posto migliore.

Apraku Musah

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Manger du soir - Diatta Lamine


Il futuro non lo abbiamo ancora fatto ZacBaum è un percorso nato dall’incontro tra due realtà attive nel Quartiere Navile: la Cooperativa Sociale Arca di Noè che, nel Consorzio Arcolaio, gestisce il Centro di accoglienza per richiedenti asilo Zaccarelli in via del Lazzaretto, e BAUM, festival di arti urbane in movimento della Bolognina.

didattica sperimentale, per l’immaginazione del concept finale dell’opera. Immaginare insieme qualcosa di astratto, nonostante i limiti della lingua, della conoscenza, nonostante la difficoltà di pensare al domani quando “il futuro non lo abbiamo ancora fatto”.

Il percorso muove dall’esigenza di rimuovere e trasformare alcuni simboli presenti sulle pareti della strada che conduce all’ingresso del centro, simboli che ricordano un passato di razzismo e intolleranza e che non rappresentano lo spirito di integrazione e rispetto dell’altro che cerchiamo di portare avanti quotidianamente attraverso i nostri percorsi lavorativi e culturali. Abbiamo così incontrato l’arte, il suo valore poetico e politico: luogo di creazione e di incontro, lo strumento migliore non solo per coprire vecchi simboli, ma per aprire spazi di immaginazione. Il Collettivo artistico Fx ha sostenuto questa iniziativa, aiutandoci a promuovere l’arte urbana come momento di scambio tra l’artista e le persone che quotidianamente attraversano il territorio. E’ così cominciato un percorso nel quale abbiamo provato a costruire insieme un progetto, un’idea...Dare forma all’immaginazione in maniera collettiva. I corsi di italiano con i migranti richiedenti asilo presenti nel centro si sono trasformati in un laboratorio di

Un progetto in cui la concretezza delle problematiche legate alla vita nella condizione dell’attesa appesa al filo della richiesta di asilo vissuta dai migranti, si unisce alle difficoltà dell’apprendimento di una lingua e di una cultura, quella italiana, e alle capacità e possibilità, per queste persone dal futuro incerto, di proiettarsi concretamente nello spazio, nel quartiere, sul muro accanto al luogo incui ora vivono. Un abisso per l’immaginazione, che l’arte può aiutare a colmare. Alla fase di co-progettazione, che è in corso da inizio settembre, è seguita la realizzazione dell’opera muraria, da parte del collettivo di artisti Fx e dei migranti presenti nel centro. E quella data, il 17 ottobre, è stata l’occasione per poter vivere ITALIA

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ZacBaum

Vai a vedere i 130 metri di street art in via Manzi - Bologna!

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un momento di scambio con la città ed il quartiere. Una gironata di festa in via del Lazzaretto e di via del Lazzaretto, strada per quel giorno al centro e non al margine della città. Ci siamo ritrovati con musica, cibo, un dibattito e la presentazione dell’opera realizzata dal Collettivo Fx e dai migranti del centro. Con la speranza che se il futuro non l’abbiamo ancora fatto, con ogni pennellata potremo provare a immaginarlo insieme.

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ZacBaum: modi alternativi per abbattere i muri Se dovessimo scegliere un momento paradigmatico per raccontare l’esperienza di ZacBaum, parleremmo del primissimo incontro avvenuto con Maddalena, la coordinatrice del centro di accoglienza Zaccarelli alla festa del Grinta Asd, durante la festa dello Sport Popolare il 14 giugno 2015. In quel giorno iniziò prendere forma un’idea, diventata poi un progetto collettivo. Se dovessimo dargli una definizione useremmo l’aggettivo critico. Maddalena ci poneva una questione: nel sottovia che da Marco Polo al Centro Zaccarelli, centro di accoglienza per richiedenti asilo, vi erano delle svastiche e delle celtiche. Ben consapevoli della lontananza culturale che questi simboli rimandano a uomini provenienti da altri continenti, sbarcati in Italia da pochi mesi, le cui esigenze e i cui bisogni non sono per noi neanche minimamente immaginabili, iniziammo a pensare a come tradurre questo bisogno, come spiegarlo, decostruirlo e soprattutto come rendere “accogliente” una strada che quotidianamente queste persone percorrevano per tornare in quella che, almeno per il momento, consideravano la propria casa? Come farlo a partire da loro? Come al solito non abbiamo provato a porci una questione da soli, ma l’abbiamo condivisa con le persone che quel posto lo abitavano, lo vivevano, lo attraversavano. Questa stessa questione l’abbiamo posta al collettivo FX, gruppo di artisti da anni attivi nel campo dell’arte pubblica e della social art. Agli insegnanti di lingua L2, Marco e Angela, che si sono messi in gioco trasformando e immaginando i corsi di italiano in un laboratorio di didattica sperimentale. Al duo MESCLA!, il cui nome, come loro stessi ci tengono a sottolineare “nasce proprio dal desiderio di mescolare, appunto, generi e stili diversi mettendo in evidenza i sentimenti e i principi comuni dai quali nascono: la liberazione dalle costrizioni fisiche, mentali, sociali e culturali che appartengono alla quotidianità di tutti noi per riuscire a 32

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vivere, in maniera laica e unita, un momento di gioia in cui la danza possa rappresentare il climax di questo anelito”. Così, un tardo pomeriggio di agosto ci siamo ritrovati nel cortile del centro Zaccarelli, le sedie formavano un enorme cerchio che potesse permettere ad una quarantina di persone di seguire l’assemblea, richiedenti asilo, insegnanti di italiano ed educatori. L’incontro – che durò circa tre ore prevedeva un calderone di lingue differenti, perché ogni frase sarebbe stata tradotta in inglese, francese e urdu. La difficoltà di parlare insieme del progetto non si rivelò tanto sul piano linguistico, ma soprattutto nel trovarsi partecipi di un sentire comune, nel capire come dare luogo ad uno scambio collettivo. In più si trattava di dipingere cento trenta metri in un paio di giorni. Dopo i tanti dubbi sollevati, la risposta è arrivata da uno dei ragazzi, il cui intervento ha rappresentato il fondamentale momento critico: la realizzazione di un murales non sposta nulla, ma sicuramente è modo per poter riflettere sul significato di quei simboli da cancellare o, ancora più semplicemente, è un messaggio in grado di segnalare alla città una realtà che esiste. Il nome dell’opera nasce proprio durante questa assemblea, quando, nei tentativi di raccontare quello che sarebbe potuto essere il muro di via Alberto Manzi, parlavamo al futuro. Allora Angela, l’insegnante di italiano, di fronte alle difficoltà di comprensione dei ragazzi disse per uscire dall’empasse: “Il futuro non l’abbiamo ancora fatto!”. Fu folgorante per noi vedere che effettivamente quell’occasione era proprio un modo per iniziare a costruirlo, questo futuro. Fu anche per questo che il primo incontro svoltosi allo Zaccarelli è stato anche illuminante. Da una parte, ci ha permesso di ragionare in maniera più profonda sulle infinite possibilità del dialogo e sull’importanza di sperimentarne sempre di nuove. In secondo luogo ha


ha fatto luce su una zona della città che da tempo esisteva, quasi sempre in ombra, isolata da tutto ciò che viene considerato al centro delle dinamiche cittadine. “Portare questa nostra idea dentro il Centro Richiedenti Asilo “Zaccarelli” è stata un’occasione preziosissima per toccare con mano il divario tra il nostro immaginario e la sua effettiva realizzazione in un contesto molto particolare e duro, costituito da una comunità di persone estremamente eterogenee per origine culturale e sociale. Storie distanti da loro (e molto distanti dalla nostra) hanno celebrato per due ore un momento di comunione ballando, cantando, tenendosi per mano e scambiando tra loro attimi che tutti noi abbiamo vissuto con autentica gioia e spensieratezza. E’ stata la Festa Danzante più bella ed intensa ed è stato, inoltre, un banco di prova che ci ha permesso di comprendere le complessità e le bellissime sfide che si pongono dinanzi alla realizzazione di un’idea di comunità danzante.” Così i Mescla! Raccontano questa esperienza. Ulteriori incontri, altrettanto entusiasmanti, si sono susseguiti per condividere l’organizzazione della festa serale. I Mescla! si sono anche qui messi in discussione in musica e attraverso schede di raccolta di pezzi musicali, applicazioni audio che permettevano di riconoscere le canzoni tramite Youtube e tanta curiosità sono riusciti a studiarsi un dj set corealizzato con tutti i partecipanti alla festa. Diverso il linguaggio, ma la stessa la modalità anche per Simone di Fx: “ Per una volta i dati rispecchiano la realtà: centro trenta metri in un paio di giorni. Che non significa solo aver lavorato molto, ma aver messo se stessi in questo lavoro. Si parla di un muro dipinto, nulla di importante, nulla di indispensabile per la vita delle persone. Ma proprio per il fatto che si trattava di una questione infinitamente piccola di fronte ai problemi infinitamente grandi di un migrante, l’aver messo tutto se stessi ha un significato ancora più pesante:

essere considerati dei ragazzi che fanno un lavoro proprio e non essere una macrocategoria politicosociale. Quindi, quello che viene fuori da quei centotrenta metri è una domanda: ma è così difficile domandarsi “cosa possono fare quei ragazzi” piuttosto di “dove posso stare”? Così la sera del 17 ottobre il muro era completato. La testimonianza di questo percorso è visibile sui centotrenta metri di muro che nelle tappe successive è stato ripetutamente percorso, avanti e indietro, aggiungendo colori, idee, relazioni: con lo spuntare di ogni pianta, fiore o animale il muro è stato lentamente abbattuto. Il processo che però da quel giorno si è innescato è tuttora in corso. D’altra parte, come già ribadito, IL FUTURO NON L’ABBIAMO ANCORA FATTO!

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Vai al video dei 130 metri di Street Art con la Playlist! ZACREPUBLIC!

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Chi ha il coraggio di viaggiare ha il coraggio di lavorare Sono in Italia dal 3 marzo 2015, ho passato 10 giorni in Sicilia e 1 mese al Centro Mattei, fino al 17 aprile quando ho raggiunto il Centro Zaccarelli. Sono arrivato come richiedente asilo e sto aspettando i documenti. Ho fatto delle piccole passeggiate in centro e ho conosciuto qualche persona. Noi attraversiamo dei momenti difficili, poiché non sappiamo quanto tempo dovremo restare nel campo. Ma, attraverso queste persone, arrivo a dimenticare le difficoltà. La città è piacevole, ci si può muovere senza problemi. La sola cosa che mi ha impressionato, è stato vedere così tante persone dormire in strada, per me questo è un fatto nuovo. Non ho mai avuto l’abitudine di vedere una cosa del genere. Infatti in Africa, malgrado le difficoltà, questo non avviene, poiché per noi la persona è l’elemento nobile della vita, al di là dei conflitti politici. Proviamo ad instaurare la democrazia, il rispetto dei diritti dell’uomo, la protezione internazionale, il diritto della donna e dei bambini, che sono cose ereditate dall’Occidente. Allora qui mi sono fatto una domanda: dove sono andati a finire tutti questi diritti, dal momento che vedo così tante persone soffrire? Si dice che “la vita non è definita da ciò che crea, ma da chi decide di proteggerla”. Questi diritti non sono arrivati dall’Africa, ma dall’Occidente, allora perché qui troviamo delle cose differenti? Alcuni si credono al riparo, poiché pensano di essere lontani da tutte queste persone, ma no. Poiché la loro sofferenza ci lascia indifferenti. Noi siamo come loro, si tratta di persone che sono costrette a restare accanto a noi per la loro sopravvivenza. Tendono le loro mani per sopravvivere o per frugare nella spazzatura che è davanti alle nostre case. C’è chi si trova costretto in delle pratiche per mancanza di scelta: l’alcool 36

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o la droga, ed ecco, il pericolo di lasciarli senza assistenza. Non è stata la volontà, ma la mancanza di scelta, vi ricordo. A proposito della droga: chi sono i principali clienti? Noi, poiché sono i nostri fratelli, amici, parenti e la loro situazione non ci lascia indifferenti. Non ci piacerebbe vedere una persona a noi vicina in questa situazione, allora siamo tutti responsabili, oppure giriamo la schiena per scappare dalle nostre responsabilità. Infine, le giudichiamo senza cercare di conoscere la loro vera situazione o il loro passato. La nostra sola soluzione è ricorrere alla polizia che li cerca e li detiene in prigione senza provare a conoscere le loro qualità o le loro esperienze. E in tutto questo, noi proviamo a cercare delle cose concrete: dei lavori, dei centri di formazione veri e propri, non delle formazioni banali, ma delle formazioni che gli permettano, anche sen non qui in Italia, ma comunque che gli permettano una reinserzione nella società, in un altro paese in via di sviluppo oppure nel proprio paese d’origine. Poiché: chi ha il coraggio di viaggiare ha il coraggio di lavorare. Hanno viaggiato per trovare qualcosa, dunque questa droga non è solo una sostanza per la sopravvivenza: smettiamo di giudicare negativamente, la prigione e la polizia non sono mai la soluzione. È contro natura, è irresponsabile.

Diatta Lamine SENEGAL


Je m’appelle Lamine Diatta, je suis en Italie depuis 3 Mars, après avoir passé 10 jours en Sicilia, et 1 mois au Centre Mattei, jousq’au 17 Avril, pour rejoindre le centre Zaccarelli. Je suis venu comme demandeur d’ asil et je suis à l’ attente des papiers. Je faisais des petits promenades dans le centre ville et faisais de petites connaissances. Nous traversons des moments difficiles car on sait pas combien de temps on doit faire dans les camp. Mais à travers ces gens, j’arrive à oublier le calvaire. La ville est sympatique car on circule, sans le moindre soucis. La seule chose remarquante est le fait de voir tant de personne dormir sur la route car c’est un fait nouveau pour moi. Je n’avais pas l’habitude de le voir. Car en l’Afrique, malgrés ses difficultes, on accepte pas cela car pour nous la personne est la cause noble de la vie en dehors des conflits politiques. Nous essayons d’instaurer la democratie, le respect des droits de l’homme, la protection internationale, le droit de la femme et des enfants, qui sont des choses hereditees de l’occident. Donc ici je me posais la question où sont passes tous ces droits car je voyais trop de gens souffrire. On disait que la vie n’est pas definie par ce qu’elle crée mais par ceux qui decident de la proteger. Et ces droits ne sont pas issus de l’Afrique mais de l’occident, donc pourquoi on trouve des choses differentes de cela? Certains se croient à l’abris, car ils se croient loin de tous les gens, mais non. Car leur souffrence ne nous laisse indifferents. Nous sommes comme vous,

c’est des gens qui sont obligies de rester pret de nous pour leur survie. Ils tendent leurs mains pour survivre ou fouiller dans les poubelles qui sont devant nos maisons. Certains s’engagent dans des pratiques par manque d’alternative: tombe dans l’alcool ou la drogue e voila les consequences de les laisser sans assistence. Ce n’etait pas par volonté ma par manque de choix vous souvenez-vous? A propos de drogue au fait qui sont leurs clients? Nous meme, car ce sont nos frères, amis, parents et leur situation ne peut pas nous laisser indifferents. Etnous n’aimerons jamais voir une personne se trouver dans cette situation. Donc nous sommes tous responsables, et pourtant on tourne le dos à nos responsabilités. Bref on les juge sans se soucier de connaitre leur veritable situation ou leur passé. Notre seul recours est la police qui est tous les jours à leur poursuite , et les met en prison sans essayer de connaitre leurs qualités ou leurs experiences. En fait si on essayait de chercher des choses concretes comme des formations professionelles qui pourraient leurs permetre de trouver du travail ici en Italie ou dans n’importe quel autre pays en voie de developpement ou meme pourquoi pas dans le pays d’origine. Car celui qui a le courage de voyagé pour trouver quelque chose. La drogue n’est juste che un moyen de survie et jouer avec la poilce ou la prison n’est jamais la solution: c’est contre nature, c’est irresponsable.

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Baneto - Diatta Lamine


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Fanta - Diatta Lamine


Alta Frequenza: la radio che accorcia le distanze Alta Frequenza è una web radio partecipata e tematica che ha l’obiettivo di rendere protagonisti i giovani, in particolare i migranti presenti sul territorio Bolognese: neo maggiorenni, rifugiati, richiedenti asilo, minori non accompagnati - ospiti in alcune strutture di accoglienza di Bologna e provincia – e giovani di II generazione. Sin dalla sua invenzione la radio ha acceso l’immaginazione, aperto le porte al cambiamento ed è stata un canale di informazione per ottenere notizie. La radio intrattiene, educa e informa. Promuove l’espressione democratica e influenza le idee. Dalle onde corte alla modulazione di frequenza fino ad arrivare a quelle on line, la radio connette le persone ovunque si trovino. Non è un caso che il 13 febbraio sia stata istituita dall’Unesco la Giornata Mondiale della Radio: uno strumento per migliorare la cooperazione internazionale tra tutte le stazioni del mondo e per incoraggiare le principali reti e radio perché promuovano la libertà di accesso all’informazione, la liberà di espressione e il rispetto per le diverse culture. Alta Frequenza vuole appropriarsi della forza della radio per sintonizzarsi sulle frequenze dell’inclusione sociale, spazio mediatico dove trattare argomenti che riguardano la vita quotidiana della gente. Ascoltare significa infatti essere capaci di sentire e percepire i bisogni. Significa essere radicati sul territorio e conoscerlo. E con la partecipazione – e il conseguente protagonismo della cittadinanza – che dall’ascolto si passa all’operosità, al dinamismo. Alta Frequenza diventa quindi uno strumento di partecipazione attiva per raccontare, creare e attivare progetti culturali ad ampio raggio tesi alla valorizzazione dei saperi e dei talenti che gli immigrati hanno ma che 40

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spesso non emergono. Un progetto che vuole dare voce agli immigrati per far conoscere la propria opinione, cultura, storia e visione del mondo. Un luogo multidisciplinare teso alla creazione di condivisione di esperienze, di conoscenza e interazione, di relazione e confronto sui temi dell’accoglienza. Alta Frequenza è multiculturale: Gambia, Senegal, Nigeria, Sierra Leone, Camerun, Pakistan sono alcuni dei paesi di provenienza dei giovani migranti che partecipano al progetto, assieme ad alcuni giovani bolognesi. Umair, Saliah, Djibril, Taye, Sankoh, Eric, Mark, sono solo alcuni dei ragazzi che provengono dalle strutture di accoglienza che hanno aderito al progetto: Zaccarelli, Cabrini, Villa Aldini, Crespellano, Residenza sociale San Donato. Promotore di questa importante iniziativa è L’Associazione di Volontariato Mosaico di Solidarietà, in partenariato con l’Associazione di Volontariato Arc-en-ciel, la Cooperativa Arca di Noè, Villaggio del Fanciullo, l’Associazione Culturale Studio Soundlab. In collaborazione con Sferacubica e Next Generation Italy. Alta Frequenza è realizzato con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Lo staff di Alta Frequenza

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Il nostro castello dei destini incrociati La prima volta che ci siamo seduti attorno a un tavolo per discutere del progetto, non ci aspettavamo minimamente che il nostro percorso all’interno del cda avrebbe preso forma nel modo in cui poi è stato. Siamo cinque ragazzi/e coetanei/e (chi più, chi meno), facciamo parte dell’ass. PrendiParte e all’inizio di quest’anno accademico abbiamo deciso di buttarci a capofitto in un progetto con gli ospiti del centro Zaccarelli. Il motivo che ci ha spinto a fare una scelta simile è dettato certamente dalla sensibilità che il tema “migranti” porta con sé e, inutile negarlo, il fatto di impelagarci in un argomento così delicato (come dall’esterno appare) era, perché no, anche motivo di orgoglio un po’ per tutti; così, con tutta la carica possibile, quando a settembre ci siamo visti per una programmazione più dettagliata, il nostro obiettivo era quello di dare una possibilità ai ragazzi del centro di ancorarsi, in qualche modo, alla nuova vita che li avrebbe aspettati, a nuove abitudini, a una realtà diversa rispetto a quello che si erano lasciati dietro; inconsciamente li percepivamo molto distanti dalle nostre situazioni e, per quello strano effetto che la percezione delle diversità comporta, pensavamo un po’ di essere dei piccoli salvagente per loro. Siamo entrati per la prima volta nel centro alla fine di ottobre e dire che i nostri calcoli erano del tutto sballati è un eufemismo. Ciò che ha segnato un punto di svolta, ciò che ci ha fatto capire che il nostro ruolo lì non era assolutamente quello di lanciare alcuna ancora, è stato il fatto di incontrare ragazzi, dalle provenienze più svariate, che verosimilmente avevano quasi tutti la nostra stessa età – viaggiavamo, in pratica, sulla stessa onda e non ci sono voluti molti incontri per capirlo. Dopo poco, infatti, ci siamo ritrovati a parlare della musica che ci piace ascoltare, dell’ insostenibilità della matematica e del piacere della filosofia; ci siamo detti di quanto siano 42

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belle le nostre città, di cosa ci sia di bello da vedere e delle nostre famiglie, a volte i ragazzi avevano nostalgia della propria famiglia, anche noi talvolta ne avevamo della nostra. Abbiamo parlato delle tradizioni dei nostri paesi e soprattutto dei cibi dei nostri paesi (in realtà, i ragazzi ce li cucinavano direttamente, hanno provveduto alla sussistenza di tutti i nostri giovedì). In pratica, il nostro preventivo programma, nel giro di poco, era stato completamente scardinato perché non c’era nulla che noi dovessimo dare a loro, non si è trattato di un aiuto che unilateralmente dispensavamo ai ragazzi - ci piace pensare, anche se più che un pensiero, è una realtà di fatto – che l’incontro tra noi e loro sia stato mutuale, senza parti in campo. E’ sorprendente con quanta leggerezza (quella di Calvino, la leggerezza che “plana sulle cose dall’alto, senza avere macigni sul cuore”) siamo riusciti a creare un rapporto sincero e con estrema facilità di condivisione; è stato un po’ come Calvino (facciamo di lui il portavoce della nostra esperienza!) scrive ne Il Castello dei destini incrociati: “E la mia storia non c’è? Non riesco a riconoscerla in mezzo alle altre, tanto fitto è stato il loro intrecciarsi simultaneo. Infatti, il compito di decifrare le storie una per una m’ha fatto trascurare finora la peculiarità più saliente del nostro modo di narrare e cioè che ogni racconto corre incontro a un altro racconto [...] perché le storie raccontate da sinistra a destra o dal basso verso l’alto possono pure essere lette da destra a sinistra o dall’alto in basso e viceversa”.

I ragazzi dell’Associazione Prendiparte

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Dioncoulane Yiriwaa* gruppo di operatori. Tutti insieme collaboriamo per affrontare un viaggio Sono un operatore dell’accoglienza dei richiedenti asilo di Bologna. Da operatore, vivo ogni attività come nuova, mai uguale, sempre con qualche ricco di confronto, riflessione, impegno e positività. insegnamento in più da portare con me. Vedo nel lavoro di équipe l’aspetto più rappresentativo dell’accoglienza dal punto di vista degli operatori, infatti credo che grazie al buon lavoro di squadra ci sono stati numerosi Soukouna successi e miglioramenti. Accogliere, collaborare, condividere, seguire, accompagnare, integrare: sono alcune delle parole e nonché azioni che sono alla base del mio lavoro. Anche gioire insieme fa parte della mia esperienza: da qualche mese seguo i ragazzi nelle attività sportive.La nostra squadra è carica e in gamba! Inoltre ognuno riesce a dare un pezzo della propria cultura e della propria personalità, giocando, cucinando, tifando, partecipando in diversi modi. Perché l’integrazione non è solo conoscere la lingua, avere il permesso di *Villaggio a Keyes a sudovest del Mali soggiorno e avere un lavoro, ma anche, se non soprattutto, i momenti di scambio culturale, condivisione e collaborazione. Personalmente, ho visto e sperimentato le due facce dell’accoglienza. L’ho vissuta qualche anno fa dall’altro lato del sistema, attraversando momenti positivi e negativi, immaginando e proponendo quanto credevo si potesse ancora fare per far fronte a nostri problemi e necessità, per poter essere guidati meglio lungo un percorso di per sé tortuoso. La vivo oggi da operatore, ricordandomi quell’esperienza di due anni fa e notando quanto è stato fatto per crescere e migliorarsi, raggiungendo buoni risultati. MALI La mia “accoglienza” è composta dai ragazzi, utenti e ospiti dei centri, e dal

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Coucher du soleil - Diatta Lamine


Musiche maestro! Siamo entrati al centro Zaccarelli il 18 novembre con qualche strumento e tanti interrogativi, chiedendoci se quello che saremo andati a fare sarebbe stato utile. Già da qualche tempo avevamo la curiosità di conoscere ed entrare in contatto con musiche di altri paesi e grazie all’associazione Prendiparte ci siamo riusciti. Tutti i sabati pomeriggio andiamo al centro, portando con noi diversi strumenti musicali: percussioni, chitarre e un violino. Il nostro principale obiettivo è quello condividere musiche e culture diverse cercando di divertirci e fare divertire i ragazzi. Abbiamo quindi strutturato il laboratorio non con un’impostazione rigida e didattica in senso stretto, bensì lasciando tutti liberi di sperimentare con gli strumenti musicali a prescindere dal fatto che avessero mai imparato a suonarli. Quindi ci siamo concentrati soprattutto sul concetto della musica d’insieme introducendo in alcuni casi la figura del “direttore d’orchestra”. I ragazzi si sono mostrati da subito molto interessati e hanno partecipato numerosi al laboratorio. Con il passare del tempo la partecipazione è un po’ diminuita ma ad ogni modo quelli che vengono sono sempre entusiasti, e hanno spesso colto l’occasione di cantarci canzoni tipiche dei loro paesi. Per noi sono proprio questi i momenti più significativi in cui crediamo che il laboratorio abbia centrato l’obiettivo, allo stesso tempo però hanno comportato in alcuni casi la minor partecipazione dei ragazzi che non conoscevano quelle canzoni e che non si sentivano egualmente coinvolti. Questa è la nostra prima esperienza come organizzatori di un laboratorio musicale e non abbiamo una preparazione professionale, quindi inizialmente eravamo un po’ dubbiosi sulla nostra effettiva capacità di tenere il laboratorio, ma poi, una volta conosciuti i ragazzi, è andata tutto sommato bene! Questo anche grazie al metodo proprio dell’associazione 46

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Prendiparte, caratterizzato da continuità e in formalità, che portano ad avere un rapporto disteso con i ragazzi e soprattutto a divertirsi e farli divertire. Speriamo davvero che questo percorso sia stato utile per tutti i ragazzi, anche quelli che magari sono venuti una volta sola. Quello di cui siamo sicuri è che per noi lo è stato.

I ragazzi dell’Associazione Prendiparte

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Soriba - Diatta Lamine


L’uomo è ciò che mangia Questa espressione di Feurbach vuol significare che il cibo è un elemento identitario della vita dell’uomo, specialmente per identificare la cultura di un popolo. A maggior ragione per i migranti, il cibo è un simbolo di attaccamento alla patria ed è importante sentirsi aggrappati a qualcosa che ha il sapore di casa. Nel Centro Zaccarelli il cibo è una questione centrale della vita in struttura poiché nel tempo sono state mosse critiche dagli ospiti per i pasti distribuiti: non sono quello che si vorrebbe, per quantità, condimento e varietà. Il cibo distribuito non corrisponde a quello dei loro Paesi di origine, “Troppa pasta” mi disse un ragazzo, “Pasta no buona, riso buono”. Il malessere causato dal cibo ha unito tutti, africani e pakistani presenti nel Centro, abituati entrambi ad altri tipi di cucina. Il cibo è anche usato come linguaggio, come insieme di simboli per esprimere sofferenze e difficoltà nel vivere una diversa condizione di vita che non è facile fare emergere con altre parole. Spesso mi è capitato di vedere che i ragazzi non mangiassero o buttassero il pasto, “Non voglio mangiare, sono stanco di questo cibo che non è buono, non mangio”, disse un ospite una volta. Un’ulteriore considerazione emblematica di un ragazzo “Se mangiamo male, staremo sempre male”. Il momento dei pasti è per eccellenza un momento in cui si crea convivialità e condivisione. Nel caso del Centro Zaccarelli penso che sia fondamentale. Infatti proprio durante questi frangenti ti permettono di conoscere qualcosa in più di un ospite, perché in quell’occasione si sente più libero di aprirsi, di raccontarti qualcosa di sé, dalle sue abitudini alimentari ai racconti riguardanti il suo Paese. Mangiando con gli ospiti si ha la sensazione di viaggiare, pur stando seduti: se si condivide il pasto con gli africani 48

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bisogna essere disposti a mangiare con le mani, mentre con i pakistani si aggiungono spezie a volontà. Uno degli obiettivi finali dell’accoglienza è l’integrazione con la nuova cultura e dunque ci si aspetta che la persona si adegui al nuovo contesto. Tuttavia come l’apprendimento della lingua, anche integrarsi a nuovi usi, costumi e abitudini alimentari richiede tempo e comprensione, sia da parte di chi arriva e sia dalla parte di chi accoglie. Integrazione non significa adeguarsi alla nuova cultura, ma conoscerla e affiancarla alla propria, l’integrazione prevede reciprocità, come mi ha detto una volta un ospite “Come io mangio pasta, anche tu devi mangiare il riso come lo cucino io”.

Benedetta Gigante

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Piatti pakistani La cucina pakistana ha molti piatti tipici; tra questi, ci sono lo “Schamikebab” e il “Chire”. Sono piatti molto particolari, preparati in occasioni di festa o, specialmente, quando si hanno ospiti; preparare un Chire” o uno Schamikebab è un modo per dare il benvenuto ai propri ospiti e mostrare rispetto verso di loro. KHIR

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Il chire, invece, è un dolce che va servito a fine pasto. Diversamente dallo Lo “Schamikebab” è un piatto molto piccante, ricco di spezie – la cucina schamikebab, per fare un chire occorrono ingredienti più ricercati, la pakistana ne usa moltissime e in gran quantità. ricchezza del piatto è sinonimo di gratitudine per l’ospite o per gli amici per Ingredienti: fagioli – ceci, spezie (tutte quelle che si hanno!) e sale. cui lo si prepara. Ingredienti: latte (2L) , riso (150 gr) , zucchero qb , anacardi, mandorle, Il procedimento è semplice : in una pentola, portare l’acqua a ebollizione, in seguito, aggiungere i fagioli – ceci e farli bollire fino a cottura (fino a pistacchi, uva sultanina qb. quando diventano morbidi). Una volta cotti, scolare l’acqua e schiacciare i Il procedimento è facile ma richiede molto tempo e, soprattutto, pazienza! fagioli ceci in una ciotola, infine, aggiungere le spezie e il sale qb. Poi, con In una pentola far bollire il latte, a parte sbriciolare le mandorle, gli l’impasto ottenuto, si devono formare delle anacardi, i pistacchi e l’uva sultanina. Una volta che il latte abbia raggiunto polpette di media grandezza , a parte, in un’altra ciotola, rompere le uova. Nell’ultimo passaggio, l’ebollizione, aggiungere il riso e tutti gli altri ingredienti sbriciolati. Adesso inizia la parte più dura, il composto deve cuocere per un’ora e mezza, si devono intingere le polpette nelle uova e poi due ore ma non possiamo restare fermi a guardare, si deve mescolare e farle friggere , una volta che la polpetta abbia mescolare finchè il riso non assorba tutto il latte e il colore del composto raggiunto una colorazione marrone/rossastra, diventi marroncino. Una volta terminata la cottura, il Chire va servito in una togliere le polpette dall’olio di frittura...E il piatto è servito! grande ciotola, da disporre al centro del tavolo. Buon appetito!

Faeem e Gondal ZACREPUBLIC!

PAKISTAN

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Il cibo che unisce Il 5 Marzo 2016 è stata una giornata speciale per gli operatori e i ragazzi del Centro Zaccarelli. In dodici hanno partecipato al torneo di calcio mentre quattro ragazzi si sono adoperati in cucina con ricette di paesi diversi insieme a una parte del personale. Abbiamo avuto l’opportunità di condividere piatti tradizionali che hanno rappresentato il punto d’incontro di culture diverse. Abbiamo comunicato con lo Yassa preparato in tutta l’Africa, e che è da considerare però una specialità senegalese. Si cucina a base di carne, zenzero, aglio, limone, senape, tanta cipolla e altre spezie. Cucinare lo Yassa per cento persone è stato un grande lavoro, grazie all’impegno e alla buona volontà dei nostri quattro cuochi siamo riusciti a ottenere un ottimo risultato. La collaborazione che si fa con il cuore rende tutto più facile. Nello stesso tempo ci siamo anche occupati di preparare una ricetta italiana per eccellenza: la pasta al forno! Gli ingredienti che abbiamo usato erano la salsa di pomodoro, la mozzarella, le olive e il parmigiano. Anche questo piatto è stato delizioso. Abbiamo vissuto una giornata sotto il segno della condivisione delle tradizioni culinarie e abbiamo provato il piacere dello sport che unisce. Un’altra opportunità che ho avuto è stata il 2 Aprile 2016, quando abbiamo preparato le Samosa per il torneo di cricket. E’ stato un giorno molto emozionante. Io e cinque ragazzi ci siamo adoperati per preparare duecento Samosa: quasi 8 ore in cucina. La Samosa è un antipasto che si prepara in molti paesi: è un piatto vegetariano ed è composto da triangoli di pasta farcita e fritta. Noi abbiamo

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fatto il ripieno a base di patate, ceci, cipolla, zenzero, aglio, semi di levistico e altre spezie. I profumi delle spezie che abbiamo usato per la preparazione mi hanno fatto tornare con la mente e con il cuore al mio paese di origine: mi è sembrato di essere a casa. Grazie alla collaborazione dei ragazzi si è creata un’atmosfera piacevole e familiare e siamo riusciti a preparare piatti deliziosi. Ma quel momento ha rappresentato qualcosa di più. Il torneo di cricket e l’idea di cucinare ci hanno offerto un’occasione per stare insieme e dedicarci a una giornata speciale in comune. Inoltre, mi sono accorta che questa attività ha creato uno spazio di serenità per i ragazzi, una pausa dalle paura del futuro e dai fantasmi del passato. Impegnare la mente e l’anima per creare qualcosa da condividere con gli altri è la priorità assoluta, perché può essere anche una fonte di motivazione e di ispirazione per i ragazzi, perché si costruiscano un posto nel mondo e per valorizzare le loro capacità.

Rajani Restha

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Una bandiera d’oro Mi chiamo Patrick Diego Henneh, sono un richiedente asilo e vivo a Bologna, nascita del nostro Paese. L’ultimo è il verde, per le nostre foreste, la grande in Italia. Il centro di accoglienza dove abito si chiama Zaccarelli, in via del quantità di terreni, il legname e i differenti alberi che ci sono, Marhoganis, Lazzaretto 15. Mi piace questo posto perché gli operatori si prendono cura Odum, Wawa e Sapane. di noi, nonostante siamo 54 persone va tutto bene tra di noi. Ho iniziato l’università a Bologna un mese fa e sono contento per questa Patrick Diego Henneh grande opportunità perché non avrei mai pensato di riuscire a riprendere gli studi e continuare il mio percorso educativo. Sto studiando Economia e Finanza, sono contento perché questa opportunità non è stata data a tutti le 54 persone che vivono in struttura. Mi piace il mio corso perché ogni Paese ha bisogno di economisti per contribuire allo sviluppo nazionale. Vorrei ringraziare il governo italiano che sta supportando noi, tutti i migranti, per continuare i nostri studi. Vorrei anche raccontare una breve storia sulla bandiera del Ghana: i suoi colori sono giallo, rosso e verde ed ognuno ha un significato. Comincio con lo spiegare cosa significa il rosso: il rosso è il sangue dei nostri antenati, hanno dato la loro vita per combattere per la nostra Nazione, perché noi siamo stati colonizzati dagli inglesi e abbiamo dovuto combattere per la nostra indipendenza. Molti dei nostri soldati morirono e il sangue è simbolo della loro morte per l’indipendenza, nel 1957. C’è poi il giallo, che simbolizza le nostre risorse naturali, Dio ci ha donato l’oro, abbiamo tanto oro nella nostra Terra. Prima il nostro Paese era chiamato “Costa d’oro” dagli inglesi, poi dopo l’indipendenza è stato cambiato il nome in Ghana. C’è una stella nera nel mezzo, che sta a rappresentare il sole che splende ogni mattina e che mostra la nuova GHANA

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Mama Africa - Diatta Lamine


Il battito dello Zaccarelli Il battito dello Zaccarelli; un battito, un respiro. Allo Zaccarelli ce ne sono tanti di battiti e respiri : chi arriva, chi parte, chi arresta il suo cammino per un breve periodo e poi riparte, chi si ricongiunge con una persone cara o con la persona che ama e chi ogni giorno ascolta questo battito e ne condivide il respiro. E’ il gruppo di lavoro degli operatori, è il cuore dello Zaccarelli, è il battito quotidiano da cui tutto nasce. E’ un modello che stimo, ammiro, ricerco di continuo, perchè è in questo che trovo le risposte e le non risposte alle mille contraddizioni di questo mondo. Il Gruppo di lavoro, composto da persone molto diverse tra loro, per età, esperienze, studi, gusti e passioni è unito da un obiettivo comune: far sì che ognuno di quei 54 ragazzi accolti, possa avere una nuova occasione di vita, possa riscattarsi da sofferenza, diritti negati, paura e violenze di ogni tipo. Non è facile stare in mezzo a tutto questo, ascoltare questi battiti e condividerne i respiri ma il cuore dello Zaccarelli è proprio il gruppo degli operatori, che ogni settimana si riunisce e per tre ore discute dei problemi, cerca soluzioni, a volte al limite della possibilità, si confronta, si mette in discussione sulle decisioni difficili e si contraddice, perchè con gli esseri umani nulla è mai lineare e stabile; si preoccupa. E poi crea immagini, colori, dipinti, sapori, nascono liti, discussioni e riappacificazioni ma soprattutto Parla, Discute e Condivide. Forse questo è un modello semplice a cui riferirsi, tre parole chiave che fanno la differenza. L’Equipe di lavoro è il cuore dello Zaccarelli che batte.

Daniela Pizzi

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Per Maddalena - Diatta Lamine


Responsabile di redazione MADDALENA GRETEL CAMMELLI Progetto grafico e fotografie MICHELE CATTANI Illustrazioni DIATTA LAMINE Revisione DANIELA PIZZI Partner del progetto ASSOCIAZIONE PRENDIPARTE Finito di stampare nel mese di maggio 2016 © COOP. SOC. ARCA DI NOÈ Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata All rights reserved



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