MOTRIS - Turismo Relazionale Integrato

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MOTRIS MICROCENTRALITÀ RELAZIONALI NEL MEDITERRANEO UNA RICERCA PER LA MAPPATURA DELL’OFFERTA DI TURISMO RELAZIONALE INTEGRATO IN SICILIA a cura di Daniele Gulotta, Fabio Naselli e Ferdinando Trapani Introduzione di Leonardo Urbani

Contributi di Sameh el Alaily, Francesco Attaguile, Mohammed Bahey, Antonio Battaglia, Amine Benaissa, Giada Bini, Teresa Cannarozzo, Sebastiano Di Mauro, Andrea Ferrarella, Manuel Ferrer Regales, Mario Giorgianni, Daniele Gulotta, Eman Helmy, Nicola Giuliano Leone, Danilo Lo Bello, Giuseppina Magaddino, Gamal Moussa, Fabio Naselli, Giovanni Nofroni, Aly Omar, Ignazia Pinzello, Carla Quartarone, Henri Raymond, Giuseppe Rodriquez, Stefano Riva Sanseverino, Marcantonio Ruisi, Salvatore Scalisi, Stella Sciarrone, Angela Tanania, Ferdinando Trapani, Leonardo Urbani, Stefano Zamagni. Elaborazione grafica delle tavole Antonio Battaglia, Giada Bini, Giuseppe Di Mauro, Maria Giunta, Simone Marchese, Adriana Trapassi. traduzione in arabo di Fawzi Issa

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Ringraziamenti Per la collaborazione, le informazioni ed i dati gentilmente forniti per la stesura di questo volume si ringrazia la Presidenza della Regione Siciliana con il Dipartimento della Programmazione, la Segreteria della Regione Siciliana, la Presidenza dell’ARS, gli Assessorati Regionali Agricoltura e Foreste; Beni Culturali e Pubblica Istruzione; Cooperazione, Commercio Artigianato e Pesca; Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione professionale, Emigrazione ed Immigrazione; Territorio e Ambiente; Turismo, Comunicazioni e Trasporti. Per i contributi di idee si ringraziano i professori Enzo Fazio, Andrea Piraino, Carlo Sorci, Paolo La Greca e Corrado Vergara. Per il contributo dalla sperimentazione in corso alla Provincia di Catania, si ringraziano il Presidente on Raffaele Lombardo, l’Assessore on. Francesco Seminara, l’avv. Aurelio Bruno e il dott. Carmelo Messina assieme a tutti i collaboratori del gruppo di lavolo del progetto Isolatino. Si ringrazia per le informazioni sui Parchi dei Nebrodi e dell’Etna il dott. Paolo Romano. Si ringrazia per la sua sensibile attenzione il dott. Attilio Bruno. Si ringraziano inoltre l’Università di Palermo, la Helwan University del Cairo, l’ICU - Istituto per la Cooperazione Universitaria, la Archival - Asociación para la recuperación de los Centros Históricos de España, l'EBRTS - l’Ente Bilaterale Regionale per il Turismo in Sicilia, la Provincia di Catania, il GAL Val d’Anapo. In particolare si ringraziano Il Presidente della Regione Siciliana on. Salvatore Cuffaro, anche per come ha sostenuto l’idea. Il Presidente dell’ARS on. Guido Lo Porto e l’on. Angelo Capodicasa già Presidente della Regione Siciliana che ha sostenuto il precedente convegno (1999) sul Turismo Relazionale organizzato dall’Arces. Il Ministro dell’Università e della Ricerca della Repubblica Araba d’Egitto Prof. Amr Salama, già Rettore della Helwan University e il Magnifico Rettore dell’Università di Palermo, Giuseppe Silvestri. L’Assessore on. Alessandro Pagano, l’Assessore on. Francesco Cascio, l’Assessore on. Fabio Granata, l’Assessore on. Carmelo Lo Monte. Il Segretario Generale Nuccio Scaravilli e i Dirigenti Generali Felice Crosta, Agostino Porretto e Nino Scimemi. Il Presidente dell’ICU prof. Umberto Farri e il Presidente del GAL Val d’Anapo, Giuseppe Gianninoto. L’arch. Teodoro Di Miceli, il dott. Giovanni Di Miceli, il dott. Josè Luis Lliso.

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Inoltre, anche se il lavoro fatto è inscindibile dal clima di costante collaborazione, il gruppo di studio sente il dovere di ringraziare affettuosamente il Presidente Prof. Ignazio Romano Tagliavia, il Vicepresidente Dr. Giuseppe Rallo, tutti gli amici e il personale del Collegio Universitario Arces.

La redazione della ricerca applicata “M.O.T.R.I.S.”sulla Mappatura dell’Offerta di Turismo Relazionale Integrato in Sicilia, è stata commissionata dalla Presidenza della Regione Siciliana (con nota Presidenziale n.2404 del 27.12.2002 e successivo D.D. n° 327/Serv. 4° /S.G. del 31/12/2002) al Collegio Universitario ARCES mediante la stipula in data 13/03/2003 di una convenzione giusta deliberazione della Giunta regionale n.22 del 26.01.2001 e contratto di lavoro stipulato il 30.7.2002.

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In copertina: Vittorio Silvestri www.vittoriosilvestri.it Ricordando Marsala, 1971 (acrilico su tela, dim. 0.40x0.30), collezione privata Copyright  2004 by Gulotta Editore, Palermo, Italy Grafica, Dino Ignone Videoimpaginazione, Andrea Manno Edizione 1a 2a 3a 4a

Anno 2004 2005 2005 2006 ISBN: 88-88276-04-1

E’ vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, non autorizzata. Stampa: Tipolitografia Priulla, via Ugo La Malfa, 64 - Palermo Per informazioni sulla collana “Mediterraneo, Città, Centri Storici, sviluppo locale, Studi territoriali scrivere a: “Gulotta editore, via della Cera, 33 – 90139 Palermo e-mail: info@gulottaprogettazione.com

Finito di stampare nel mese di dicembre 2004

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Indice Ringraziamenti..................................................................................................4 INTRODUZIONE di Leonardo Urbani .........................................................17 PARTE PRIMA Sintesi della ricerca .............................................................23 DALL’ANALISI DI CONTESTO ALLE IMMAGINI DI SVILUPPO DEI DISTRETTI RELAZIONALI. Leonardo Urbani, Ferdinando Trapani, Fabio Naselli, Daniele Gulotta, Antonio Battaglia e Giada Bini ............................25 Introduzione ....................................................................................................25 1. La Programmazione turistica dagli anni ‘50 agli ‘90 in Sicilia ..................26 2. La struttura dell’offerta turistica siciliana...................................................29 2.1 Localizzazione delle strutture turistico-ricettive di tipo alberghiero ........29 2.2 Localizzazzione delle strutture turistico-ricettive di tipo extra alberghiero ........................................................................................................................29 2.3 La distribuzione territoriale dei posti letto in Sicilia.................................30 2.4 Opportunità per lo sviluppo del turismo delle aree interne.......................31 3. Le normative regionali nel processo di costruzione dell’offerta turistica regionale..........................................................................................................31 4. Metodologia e modalità di approccio ai temi della ricerca .........................33 5. Applicazione dei fondamenti del TRI in un ciclo continuo: Ricerca Formazione – Sperimentazione.......................................................................39 6. I contributi innovativi nelle discipline economiche....................................44 7. Quattro tipi di affiancamento ......................................................................48 8. Articolazione territoriale e forme relazionali..............................................51 9. Le fasi del lavoro ........................................................................................52 10. La definizione propositiva dei distretti relazionali....................................53 11. L’elaborazione dei dati .............................................................................53 12. Le politiche possibili.................................................................................55 13. Scenari di riferimento ...............................................................................58 14. L’internazionalizzazione...........................................................................60 Conclusioni .....................................................................................................63 Riferimenti bibliografici .................................................................................64 INTEGRAZIONE MEDITERRANEA di Francesco Attaguile.........................67 PARTE SECONDA Per una definizione di turismo relazionale. ...................69 LOGICHE RELAZIONALI ED ETICA DELL’OSPITALITÀ PER LO SVILUPPO DELL’IMPRENDITORIALITÀ TURISTICA di Marcantonio Ruisi ........................................................................................................................71 Introduzione ....................................................................................................71

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1. Richiami concettuali per una riflessione in tema di sviluppo imprenditoriale in ottica relazionale.........................................................................................72 1.1 Le aggregazioni reticolari. ........................................................................72 1.2 I “beni relazionali”....................................................................................75 1.3 Il pensiero (sociologico) “relazionale”. ....................................................77 1.4 Il “paradigma del dono”............................................................................79 2. Rilievi etici nell’economia dei sistemi d’azienda: verso un più radicato “umanesimo imprenditoriale”.........................................................................81 3. Il turismo relazionale sincrasi di nuove manifestazioni di domanda e offerta a supporto di un rinnovato sviluppo................................................................91 4. Talune manifestazioni desunte da primi rilievi empirici condotti sull’imprenditoria siciliana. ............................................................................99 4.1 L’esperienza dell’agriturismo. ................................................................100 4.2 L’esperienza del Bed and Breakfast........................................................106 4.3 L’esperienza degli affittacamere.............................................................108 4.4 L’esperienza delle case di vacanza. ........................................................111 Considerazioni conclusive. ...........................................................................115 PARTE TERZA I contributi esterni alla ricerca, studi multidisciplinari.....123 sul tema del rapporto cooperativo tra risorse territoriali ............................123 e turismi in ambito relazionale .....................................................................123 FARM TOURISM: NEW TREND OF TOURISM IN EGYPT. Aly Omar & Eman Helmy..................................................................................................125 Introduction...................................................................................................125 Farm tourism in Egypt. Opportunities and challenges..................................126 Conclusions...................................................................................................128 References.....................................................................................................129 LES RELATIONS MEDITERRANEENNES ENTRE LES SLOGANS ET LA VERITE’. Sameh El Alaily ............................................................................131 THE INTER-RELATIONSHIP BETWEEN TOURISM AND THE ENVIRONMENT. Gamal Moussa & Mohammed Bahey..............................141 Introduction...................................................................................................141 Environmental impacts upon the tourism industry .......................................142 Tourism impact on the environment .............................................................143 Practical environment Conservation applications.........................................144 Materials and methods ..................................................................................145 Results and discussion ..................................................................................146 General discussion ........................................................................................147 Conclusions...................................................................................................147

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Selected references........................................................................................148 L’ALTERNATIVE INTERIEURE: UN ASPECT IMPREVU DU TOURISME RELATIONNEL. Henry Raymond ................................................................151 CENTRALIDAD, MICROCENTRALIDAD Y CULTURA EN EL MEDIO RURAL Y URBANO DEL MEDITERRÁNEO. Manuel Ferrer Regales ......153 Introducion....................................................................................................153 EL MODELO PLURAL DE DESARROLO LOCAL .................................154 1. Una modalidad emergente de desarrollo local. Aspectos teóricos............154 2. Las nuevas actividades en el marco del habitat rural, el paisaje y los Centros Históricos.........................................................................................155 3. El apoyo institucional y tecnológico.........................................................156 COHERENCIA O INCOMPATIBILIDAD ENTRE LOS CENTROS HISTÓRICOS Y LA DIVERSIDAD ÉTNICO-CULTURAL .....................157 1. Transformaciones de lo urbano en la sociedad del conocimiento: la nueva diversidad......................................................................................................157 2. Territorio de la complejidad y Centros Históricos: problemas y urgencias. ......................................................................................................................160 Ordenación del Territorio, estrategias territoriales .......................................160 La sostenibilkidad cultural en los CH...........................................................161 3. La Identidad europea, CH y utopía. Los Cascos Antiguos .......................164 La centralidad identificadora de Europa .......................................................165 Libertad,"juricidad" y gueto..........................................................................166 Conclusiones.................................................................................................168 Bibliografía ...................................................................................................170 DE L’IMPORTANCE DE LA «MAPPATURA» TOURISTIQUE DE LA SICILE. Amine Benaissa...............................................................................173 Un vecteur développement harmonieux et durable du territoire sicilien. .....174 TURISMO, TERRITORIO E AMBIENTE UMANO. Stefano Zamagni.........177 Conflitto e cooperazione ...............................................................................177 Costi e benefici dell'immigrazione................................................................178 Omogeneizzare i mercati ..............................................................................179 I Beni Relazionali .........................................................................................180 Turismo e Territorio......................................................................................181 RADICI E TURISMO RELAZIONALE. Nicola Giuliano Leone...................183 Il ritorno ........................................................................................................183 Dal Tour ai turismi........................................................................................184 Identità e radicamenti....................................................................................184 Oltre i luoghi? ...............................................................................................186

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Non-luoghi, disarcionamenti, alienazioni .....................................................186 Ospitalità innovative come strumenti per avviare processi identitari ...........188 LE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE (ICT) A SERVIZIO DEL TURISMO RELAZIONALE. Stefano Riva Sanseverino...................................................................................................191 Introduzione ..................................................................................................191 1. Le nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) ed il Turismo Relazionale .....................................................................................193 2. Il Distretto di Turismo Relazionale...........................................................194 3. Gli attuali scenari che caratterizzano le ICT.............................................195 4. I supporti tecnologici ................................................................................197 Conclusioni. ..................................................................................................197 Riferimenti bibliografici................................................................................198 IL SISTEMA DEI CENTRI STORICI ............................................................199 di Teresa Cannarozzo ...................................................................................199 Introduzione ..................................................................................................199 Obiettivi della ricerca....................................................................................199 Sistema operativo e sistema informativo territoriale ....................................200 Metodologia e fasi di lavoro .........................................................................201 Ricognizione generale sul tema dei centri storici tra indirizzi di tutela e strumenti urbanistici......................................................................................202 Individuazione di ambiti territoriali di intervento prioritario sui quali attivare politiche di sviluppo locale. ..........................................................................207 DALL’INTERNO DELLA SICILIA, UN NUOVO TURISMO. Carla Quartarone....................................................................................................213 Riferimenti bibliografici ...............................................................................219 Il PARCO NATURALE COME OCCASIONE DI SVILUPPO. Ignazia Pinzello ......................................................................................................................221 Riferimenti bibliografici ...............................................................................225 UN CORRIDOIO TRA LE SPONDE DEL MEDITERRANEO. Giuseppe Rodriquez ......................................................................................................227 Introduzione ..................................................................................................227 Adeguare le strutture.....................................................................................228 Il ruolo della Sicilia.......................................................................................229 IL TURISMO COME RISORSA NEL CONTESTO DELLE STRATEGIE MEDITERRANEE. TENDENZE E LIMITI DI UN CASO ESEMPLARE: L’EGITTO. Fabio Naselli .............................................................................231 Introduzione ..................................................................................................231

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Turismo Relazionale Integrato......................................................................232 Valorizzazione del territorio e pianificazione strategica...............................233 Tendenze e limiti di un caso esemplare: l’Egitto..........................................235 Conclusioni ...................................................................................................238 Riferimenti bibliografici ...............................................................................239 IL TURISMO NEL TERRITORIO APERTO E LA PROGRAMMAZIONE INCONSAPEVOLE. Ferdinando Trapani ....................................................241 Introduzione ..................................................................................................241 Le tendenze nella regione .............................................................................242 Le prospettive nei documenti della programmazione regionale ...................243 La problematica dei sistemi informativi territoriali ......................................244 Contesti operativi ordinari e strategici ..........................................................246 Cosa può fare la Regione ..............................................................................247 Riferimenti bibliografici ...............................................................................248 PREMESSE METODOLOGICHE AL MARKETING DAL TERRITORIO. Daniele Gulotta.............................................................................................251 Introduzione ..................................................................................................251 Le Relazioni..................................................................................................252 La domanda dell’offerta................................................................................253 L’utenza ........................................................................................................254 Il territorio.....................................................................................................254 Conclusioni ...................................................................................................255 Riferimenti bibliografici ...............................................................................256 VERSO LA COSTRUZIONE DI UN TOOL KIT PER LE STRATEGIE DI MARKETING TERRITORIALE PER LO SVILUPPO DEL TURISMO RELAZIONALE IN SICILIA. Giada Bini......................................................257 Riflessioni sul sistema turistico siciliano......................................................257 La rivoluzione culturale nel turismo .............................................................259 Riferimenti bibliografici ...............................................................................262 PAESE ALBERGO E TURISMO RELAZIONALE. Salvatore Scalisi...........265 Premessa .......................................................................................................265 La storia dell’idea paese albergo...................................................................266 Le ragioni del progetto..................................................................................267 Il progetto......................................................................................................269 Promozione del territorio e incremento delle presenze. ...............................270 Punti d’intervento/articolazione:..................................................................271 Inoltre lavorerà come struttura di coordinamento per la fornitura dei seguenti servizi turistici: .............................................................................................271

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Le indicazioni sulla formazione di base........................................................272 PARTE QUARTA Le esperienze e le proposte per l’attuazione del turismo relazionale integrato in Sicilia......................................................................277 IL PROGETTO ISOLATINO, OCCASIONE PER UNA RICERCA APPLICATA E PER LA SPERIMENTAZIONE DEI PRINCIPI DEL TURISMO RELAZIONALE INTEGRATO. Antonio Battaglia......................279 Il borgo della Cunziria. Porta del calatino. ...................................................282 [Inquadramento storico-territoriale, caratteristiche del Borgo, la microcentralità urbana di Vizzini, prospettive per la rifunzionalizzazione] ..........282 IL BORGO GUTTADAURO A BUTERA. Mario Giorgianni .......................287 IL CASO DEL VAL D’ANAPO. L’OFFERTA TURISTICA INTEGRATA IN UN PROGRAMMA DI SVILUPPO LOCALE. Sebastiano Di Mauro ..........289 L’interazione tra Motris e il Val d’Anapo. Un primo bilancio. ....................289 L’articolazione degli interventi e le strategie per lo sviluppo locale ............291 L’offerta turistica integrata nel Val d’Anapo................................................293 Le dinamiche dello sviluppo locale nell’ambito dell’interazione relazionale integrata ........................................................................................................296 Conclusioni operative ...................................................................................298 IDENTITÀ DEI LUOGHI E TECNOLOGIE. UN CONTRASTO APPARENTE. Danilo Lo Bello e Giovanni Nofroni.............................................................301 Introduzione ..................................................................................................301 le reti telematiche..........................................................................................302 Le fonti rinnovabili di energia. .....................................................................303 Conclusioni ...................................................................................................304 LA CONDIZIONE DELL’OFFERTA DI TURISMO RELAZIONALE NELL’ALCAMESE-ALTO BELICE CORLEONESE. Andrea Ferrarella ....305 Introduzione ..................................................................................................305 I dati sulle risorse e le infrastrutture per l’ospitalità .....................................307 UN DISTRETTO RELAZIONALE POTENZIALE: L’AGRO ERICINO Giuseppina Magaddino.................................................................................311 Introduzione ..................................................................................................311 La storia ........................................................................................................311 Le risorse naturali .........................................................................................312 Le torri costiere.............................................................................................312 Le architetture religiose ................................................................................312 Le architetture residenziali............................................................................313 Le architetture rurali .....................................................................................313 Le architetture produttive..............................................................................313

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Strade e trazzere dell’Agro Ericino...............................................................313 Le attività produttive esistenti.......................................................................314 Le infrastrutture per l’accessibilità ...............................................................315 Le ipotesi di intervento. ................................................................................315 IL CONTRATTO DI PROGRAMMA N.T.S. – EXTREME. Angela Tanania 317 Premessa .......................................................................................................317 1. Introduzione metodologica per la valutazione degli aspetti territoriali del contratto di programma.................................................................................317 1.1 I settori per lo sviluppo del comprensorio ..............................................318 2. Elaborazioni territoriali della seconda fase...............................................319 2.1 Modifiche introdotte a seguito dell’asseverazione bancaria ...................319 2.2 Strategie territoriali di N.T.S. .................................................................319 2.3 La concentrazione territoriale degli interventi e il livello di varietà dell’offerta turistica.......................................................................................322 Conclusioni ...................................................................................................322 Riferimenti bibliografici ...............................................................................323 IL RECUPERO DI UN BORGO STORICO PER IL TURISMO RELAZIONALE INTEGRATO. IL CASO DI PANTANO. Stella Sciarrone ..325 Introduzione ..................................................................................................325 L’impianto urbano ........................................................................................326 Tecniche di recupero e dettagli costruttivi....................................................327 Obiettivi e strategie.......................................................................................327 Principali attività di diffusione svolte dalla Cattedra Caracciolo ..........331 PARTE QUARTA:.........................................................................................335 Le immagini del Turismo Relazionale Integrato in Sicilia ...........................335 Aly Omar, Sameh El Alayli, Amine Benaissa, Carmine Caprì, Florindo Colella, Antonio Colletti, Natale Di Grazia, Sebastiano Di Mauro, Giovanni Di Miceli, Teodoro Di Miceli, Enzo Fazio, Manuel Ferrer, Giuseppe Gianninoto, Mario Giorgianni, Nicola Giuliano Leone, Giuseppina Magaddino, Marco Migliore, Gamal Moussa, Ignazia Pinzello, Andrea Piraino, Carla Quartarone, Henry Raymond, Stefano Riva Sanseverino, Giuseppe Rodriguez, Ignazio Romano, Marcantonio Ruisi, Salvatore Scalisi, Carlo Sorci, Corrado Vergara, Stefano Zamagni.Le immagini del Turismo Relazionale Integrato in Sicilia ....................................................................336 TRADUZIONE E SINTESI IN ARABO .........................................................339

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Premesse1 La fase concreta in cui si innestano queste pagine si snoda in tre tappe: la prima comprende i lavori che si conclusero nel Colloquio “Il turismo come leva della cooperazione e dello sviluppo regionale del Mediterraneo” svolto a Palermo nell’ottobre 19992. Confluiranno sulle tematiche di quell’incontro e di quelli che seguirono, alcuni apporti determinanti per il lavoro progressivamente sviluppato tra cui quelli di Raymond, Zamagni, Ferrer, Fazio, Sorci, Rallo, Benaissà, El Alaily, Ruisi, Moussà, Attaguile, Rodriquez3. Indirettamente hanno influito sulla configurazione del Turismo Relazionale Integrato i lavori sulla relazionalità di Pierpaolo Donati, e la riflessione economica operativa di Marco Vigorelli e di Marco Vitale, come pure l’esperienza della cooperazione allo sviluppo di Umberto Farri. La seconda tappa copre il periodo che va dal 1999 al 2001 e riguarda un’attività di carattere universitario con perno sulla cattedra Edoardo Carac1 La ricerca Motris è il frutto di un lavoro comune svolto da: Responsabili scientifici: Leonardo urbani, Ferdinando Trapani, Fabio Naselli, Daniele Gulotta, Gruppo di lavoro: Antonio Battaglia, Giada Bini, Giuseppe Di Mauro, Maria Giunta, Simone Marchese, Adriana Trapassi. Consulta Tecnico-scientifica: Aly Omar, Sameh El Alayli, Amine Benaissa, Carmine Caprì, Florindo Colella, Antonio Colletti, Natale Di Grazia, Sebastiano Di Mauro, Giovanni Di Miceli, Teodoro Di Miceli, Enzo Fazio, Manuel Ferrer, Giuseppe Gianninoto, Mario Giorgianni, Nicola Giuliano Leone, Giuseppina Magaddino, Marco Migliore, Gamal Moussa, Ignazia Pinzello, Andrea Piraino, Carla Quartarone, Henry Raymond, Stefano Riva Sanseverino, Giuseppe Rodriguez, Ignazio Romano, Marcantonio Ruisi, Salvatore Scalisi, Carlo Sorci, Corrado Vergara, Stefano Zamagni. 2 Organizzato dall’Arces – Collegio Universitario con il padrocinio della Presidenza della Regione Siciliana. 3 I partecipanti intervenuti furono: Abdalla, Attaguille, Benabderhamane, Brischetto, Butera, Capodicasa, Capra Pantò, Caprì, Chehata, Crowe, Delkus, De Luca, Di Maio, El Alaily, Ennifar, Euvè, Fabris, Farri, Ferrante, Ferrer, Finetti, Franza, Frey, Gotman, Grasso, Grisafi, Grunberg, Hansen Sturm, Marsh, Mensitieri, Messina, Misiti, Mogavero, Moussa, Palombo, Perret, A. Raymond, H. Raymond, Rodriquez, Romano, Tagliavia, Scalisi, Scapagnini, Schininà, Settineri, Silvestri, Sole, Theuma, Trapani, Troiani, Tumminello, Urbani, Viceconte, Zamagni.

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ciolo della Facoltà di Architettura di Palermo, che con corsi e laboratori di studenti, tesi di laurea e incontri seminariali, ha approfondito le relazioni tra il turismo relazionale integrato e le tematiche connesse ai centri storici. Si è svolta anche un’attività Arces sulla tematica con incontri pubblici e seminari di studio. Le due attività si sono sovente integrate o organizzate assieme a convegni, corsi di studio (ecc.) soprattutto in preparazione o durante lo svolgimento e la messa in cantiere di un progetto per la Regione Siciliana nel concorrere a Interregg Medoc III B con il partenariato della Comunità Valenciana e della Università di Marsiglia. L’altra iniziativa dello stesso periodo è stato il primo Master per il turismo relazionale integrato, organizzato dall’Arces con la Facoltà di Economia Università di Palermo e con la direzione del prof. Marco Ruisi. La terza fase inizia nel 2002 con i contatti per l’incarico affidato dalla Presidenza della Regione Siciliana, all’Arces e al gruppo di studio che aveva sviluppato gradualmente la tematica del turismo relazionale integrato per redigere una “Mappatura del Turismo Relazionale Integrato”, e che presentato nel novembre 2003 sta a base di questa pubblicazione Nella terza fase è compresa anche l’organizzazione bipolare del Master di secondo livello “Turismo Relazionale e Pianificazione strategica”, tra Università di Palermo-Arces- Università Helwan del Cairo con il Partenariato della Regione Siciliana e della Provincia di Catania. I due momenti della terza fase sono collegati. Infatti si fa sempre più necessario non abbandonare ma raccogliere dallo spirito più autentico dell’Università gli strumenti di azione principali della ricerca e della didattica. Esse sono da rilanciare congiunte malgrado gli errori che affiorano nei processi di riforma in atto degli studi superiori, non solo in Italia. Ciò che viene qui chiamato mappatura costituisce infatti un’apertura nel versante che potrebbe dirsi della “ricerca” mentre il Master si sviluppa sul versante della “didattica”. In un periodo come quello attuale, caratterizzato da scontri tra logiche di sviluppo e radicamenti culturali per troppo tempo divisi e di cui non si intravede una soluzione di pacificazione in tempi brevi, la ricerca e la didattica dovranno proseguire come strumenti integrati per massimizzare gli sforzi compiuti all’interno di un insieme di azioni ricomprese nella cooperazione universitaria tra l’Italia e l’Egitto orientandoli verso esiti di tipo operativo nell’ambito dello sviluppo delle relazioni produttive tra gli attori territoriali nel Mediterraneo. Palermo 30 novembre 2004

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INTRODUZIONE di Leonardo Urbani

Le fonti del Turismo Relazionale Integrato hanno origini remote e fanno risuonare anche gli echi di quella cultura detta talvolta “a misura d’uomo” che, limitandoci agli studi del territorio, attinge fin dalle prime fasi della rivoluzione industriale ad autori come Geddes, Mumford, Sedlmajer, e più recentemente a Caracciolo, Doglio, Quaroni, Samonà o, per percorsi diversi a Ernest. F. Schumacher o Pound. Inoltre va aggiunto l’influsso della prassi antichissima dei rapporti interpersonali dei “viaggiatori”. Procedendo per salti dal passato all’attuale periodo, considerando le diverse tipologie di approcci culturali, sociologici, territoriali e settoriali maturate, è per noi possibile pervenire fino al recente turismo rurale ed all’agriturismo che già negli anni settanta richiamava le prime attenzioni anche giuridiche4. La prospettiva turistica della Sicilia è certamente emergente ma bisogna collocarsi con intelligenza vincente, tra il mercato dell’offerta (prodotto e attrattori turistici “dalla” Sicilia) e il mercato della richiesta (la clientela turistica orientata “verso” la Sicilia). Alcune domande alle quali la ricerca tenta di dare qualche risposta: chi gestisce l’offerta? Chi gestisce la richiesta? Da chi è meglio che l’una e l’altra siano gestite? Non si tratta di una alternativa, i due fronti debbono collaborare, eppure la scelta innovante per la Sicilia, per il Sud e per il Mediterraneo sta nel far crescere il budget di gestione dell’offerta guidata dal territorio.

4 Vedi ad es. Francesco Agnoli “Agriturismo, problemi giuridici, possibilità e limiti operativi ”EDAGRICOLE 1991

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Ciò è possibile se in Sicilia diventa innovante la stessa tipologia turistica e cioè se i siciliani non vendono il prodotto turistico come facevano in passato, o spesso come ancora oggi fanno, gli agricoltori del Mezzogiorno e siciliani in particolare: a piè d’albero! Accade spesso infatti, che i produttori locali non elaborano e non commercializzano da loro stessi i beni vendibili fino a generare una offerta virtuosa e originale. Invece a questo deve tendere tutta la produzione agricola! E’ utopia? Quale è la organizzazione e le finanze per assumere nel settore un ruolo da protagonisti di questo livello totalizzante? In questo settore come pure nel turismo non siamo forse davanti a mercati forti già prefigurati e organizzati sulla richiesta? E oltre questi dubbi: tutto quanto si intende per internazionalizzazione non è forse una cosa sola con i mercati della richiesta già operanti? Vogliamo continuare ad essere emarginati e non internazionalizzati? Ci si consenta di dissentire nei confronti di molte delle certezze da cui sorgono questi quesiti. Non è vero per esempio che siano indissolubili internazionalizzazione e richiesta turistica. Può esserci invece una internazionalizzazione che nasce e si sviluppa dalla buona gestione dell’offerta turistica radicata nei luoghi. Se non si intraprende innovando, il rischio molto serio sta piuttosto nel rinunciare all’elaborazione di risorse potenziali, affidandole a catene alberghiere e società di tour operator extraregionali. I fatturati per l’ambito degli operatori locali avrebbero in questo caso una forte perdita del valore aggiunto (il calcolo fatto qualche tempo addietro, in fase di valorizzazione minima del nostro patrimonio turistico già dava il trasferimento fuori Sicilia del 70% del plus-valore) perdendo buona parte della direzionalità complessiva degli affari e dell’indotto, come anche subendo la perdita del personale umano di qualità che entrerebbe nei giri e in carriere sviluppate “fuori” Sicilia: quelli, ad esempio, delle grandi catene alberghiere transnazionali. La storia del depauperamento delle risorse reali siciliane è ben conosciuta. E’ anche quella, di un uso da altri esercitato del “talento posizionale” con gli impianti che intercettavano le “linee” del petrolio e che hanno lasciato ben poco, inquinando splendidi paesaggi che oggi rappresenterebbero la risorsa principale su cui investire sull’agricoltura e sul turismo restando sicuri di vincere la competizione territoriale a livello mondiale. Oggi bisogna reinvestire per la riqualificazione ambientale di molte parti territoriali della regione anche se i costi si fanno progressivamente sempre più alti nel tempo.

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A proposito di risorse reali che vengono gestite da entità estranee al territorio in cui sono allocate, nell’immediato intorno va osservato anche quanto avviene con la gestione del nuovo traffico intercontinentale marittimo che fa scalo a Gioia Tauro; il business è enorme ma - che si sappia - non è gestito ne da Calabresi, ne da Pugliesi, né da Siciliani. Così ancora il trasferimento o l’assorbimento di aziende e attività varie nate e sviluppate in Sicilia è pressocchè costante ed è parallelo all’arrivo di aziende le cui strutture direzionali sono ubicate in aree esterne alla Sicilia. Eclatante è stata la vicenda del tessuto risparmio-credito siciliano che ha visto emigrare i suoi centri decisionali e presidiare i suoi sportelli da altri. Il risparmio raccolto può essere oggi orientato verso strategie che non riguardano una politica finanziaria benché minima per la Sicilia. In un simile quadro tendenziale se non si opera innovando, anche nel settore turistico facendo prevalente l’offerta sulla richiesta, resterà alla Sicilia solo il reddito da lavoro dipendente e il ricavato di qualche tassa. Vero è che, essendo poveri anche questo può andarci bene, ma essere poveri non significa essere ciechi e sciocchi. Bisogna invece tentare di gestire l’offerta e riprendere animo per proiettarsi a gestire anche parte della richiesta. Bisogna intraprendere! Quanto facilita la impresa proposta in queste pagine, sta proprio nel cominciare a innovare partendo dal settore turistico. Su questo panorama operativo, si incontra l’offerta turistica collegata al “patrimonio agricolo e di natura”. Altrove queste potenzialità sono molto praticate con piccole recettività sparse, (in Toscana, in Francia ed in altri paesi). La Sicilia, dove esistono alcune iniziative diffuse, offre condizioni straordinarie, di clima, di luce, di storia, di beni culturali, di paesaggi, di acque e di ambiente antropico. Facendo anche leva sulle aziende operanti, si tratta di sviluppare un offerta organica dei territori coinvolti recuperando poco meno di 4000 tra bagli, masserie, ville e mulini, oltre cento piccoli centri storici sparsi in genere sui monti (con percentuali di abbandono dal 30% all’80% degli abitanti originari), circa trentacinque villaggi della riforma agraria: tanto è il patrimonio in disuso affacciato sulle splendide sequenze interne dell’isola! Davanti a questi territori di ricchezze sconosciute Carlo Doglio osservava la Sicilia come fosse un vero e proprio continente in attesa. Con la potenzialità di queste piccole recettività si può, in una decina di anni, più che raddoppiare l’attuale numero dei posti letto del nostro turismo, dandone in prevalenza ai siciliani la gestione e l’indotto. Una singola azienda di questo genere ben gestita (ci riferiamo a un dato reale) fa con buoni margini d’utile un fatturato annuo di 1.200 milioni di vecchie lire. Anche riducendo

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le varie cifre possibili, si mette in atto un sistema di “recettività integrata” che valutato sommariamente è dell’ordine di 5 mila miliardi annui di vecchie lire, (più l’indotto dovuto alla dilatazione delle nicchie agroalimentari, oltrechè di quello culturale e relazionale) radicando nel territorio una occupazione consistente con qualità d’avanguardia. Riflettendo ancora sull’indotto possibile: il quadro di questo formidabile interno oggi un poco (o molto) abbandonato, chiama nel gioco non solo l’agroalimentare, i beni culturali, (ecc.), ma risuona con le sue offerte sulle coste e negli approdi della navigazione da crociera e in quella da diporto. Una nuova e complessiva organizzazione, del territorio marittimo richiede manutenzione, riparazione e stimola costruzione di natanti leggeri, che, da noi, ha pur avuto una tradizione con l’innovazione cinquant’anni fà degli Aliscafi della Rodriquez: azienda che ancora esiste e opera efficacemente! Ma soprattutto anche guardando i nostri 1.400 Km di coste, la carta da giocare è l’interno. Difeso nei valori ambientali e animato dalla punteggiata esistente dei piccoli manufatti divenuti “microcentralità”, può essere un moltiplicatore di attività, di produttività e di innovazione imprenditoriale aprendo e organizzando nuove “porte” anche lungo il grande triangolo dei mari siciliani. La vasta punteggiata delle microcentralità che può presidiare con caratteri fortemente innovanti il 65% dei territori Siciliani, per potere divenire una realtà dinamica, deve recuperare masserie, bagli, ville, paesi albergo, borghi rurali, e per entrare in questa innovante competizione, per ogni micro centralità, dovrà giovarsi i) di uno (o più) “operatori areali” che nel giro immediato scoprano e si interessino di quanto c’è di vino, di olio, di fichi d’india, di siti archeologici, di beni culturali e paesistici, ii) dell’artista nascosto nel paese prossimo, iii) del teatro ottocentesco o del teatro greco un poco più lontano. Allo stesso modo, ma nel giro più largo, sarà necessario avvalersi dei teatri delle città, dei musei, della storia, dell’impresa (degli approdi da diporto), dei progetti possibili, delle storie frontaliere, della storia inedita in mille vicende siciliane e mediterranee. Ogni microcentralità dovrà dotarsi di una buona macchina informaticotelematico, di impianti di energia rinnovabile, di strutture per il riciclo delle scorie. Qui torna il tema dell’occupazione già affiorato. Infatti infocando il tema dell’elaborazione creativa dei giacimenti culturali esistenti (la cultura popolare compresa e la affermata letteratura degli ultimi due secoli) si può determi-

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nare un grande lavoro con cui fare emergere la profonda identità dell’uomo e della società siciliana. A frammenti, nella sua vicenda, si riflette tutta la storia fondante della civilizzazione occidentale entro quell’arco che Ezio Riondato indica della “neo latinità greco-bizantina arabo-normanna” e nelle sue proiezioni che vanno dal rinascimento al barocco a frammenti (meno appariscenti ma reali) della rivoluzione industriale al post industria. Di tutto un po’, c’è in Sicilia. Impastato da quel realismo solare che è il suo ingrediente fondamentale. La rilettura di queste complesse vicende rilanciate anche dai piccoli specchi identificati con le microcentralità e le porte del T.R.I. che emettendo raggi incrociati potrà sostenere l’orientamento verso quel recupero armonico di una cultura capace di interessare il mondo contemporaneo a partire dall’intersistema euro-mediterraneo. E’ la svolta di questi anni. E in essa l’occupazione già dilatata sul piano delle tecnologie informatico-telematiche, delle energie rinnovabili e del riciclo delle scorie verrebbe sollecitata da un prodotto culturale sia verso l’interno nelle reti delle microcentralità, con perno nelle varie “Porte”. Sia verso i mercati esterni alla Sicilia. Il lavoro verrebbe sviluppato con i metodi interattivi oggi possibili. E’ questo il clima adeguato a creare un sistema di terziario avanzato la cui varia produzione (letteraria, critica, grafica, foto-cinematografica), sarebbe lanciata e valorizzata da una innovazione applicativa delle tecnologie informatico-telematiche. Bisognerà pure allargare le aree di interesse riscoprendo e insinuando a quanti arrivano da fuori Sicilia e a quanti vivono in questa terra, l’attuale messaggio che gli ambiti del Mediterraneo, rianimando le loro radici, oggi possono proporre all’Occidente e al mondo. Esso ha una dominanza culturale, a cui si allegano tempo e spazio per riflettere. Messaggio che è più nascosto di quello che oggi appare, nel senso che “quella famosa frase sempre messa in bocca ai siciliani, secondo cui «tutto cambia perché non cambi niente», è una frase sempre male interpretata, additata come sinonimo del cinismo più bieco e tornacontista, sordo al progresso sociale, ai bisogni dei più umili e sfortunati. Nient’affatto, l’intimo senso di quella frase è solo uno, è lo scetticismo dei siciliani nei confronti del rumore del mondo, lo stesso scetticismo che ti insegna la natura, il cielo blu, sempre lì, limpido, le stelle sempre uguali che puoi vedere dalla terrazza di ogni casa, solo in mezzo alla campagna, oppure rannicchiato in riva al ma-

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re, mentre ascolti lo sciacquio ritmico delle onde, una dopo l’altra, puntuali, che ti dicono che ci sei perché ci sono loro, l’una dopo l’altra …. immancabili”... e forse il messaggio è più ardito e arrischiato infatti “le ideologie pubbliche sono come folate di vento in un mondo in cui ciò che rimane sono solo gli individui e la necessità di ritrovarsi a due a due, guardandosi negli occhi. Non è un caso, no? Non puoi guardare più di una persona alla volta dritta negli occhi. E di là dalle parole, dalle volute fumose che si disegnano con le parole, è soltanto guardando una persona negli occhi, in profondità, che puoi riuscire ad inchiodarla a se stessa, al dovere di lealtà senza convenienze, senza opportunismi”. Pennellate di natura e di uomini affascinanti ma che trasudano, superando anche l’ironia costante in Sicilia, un individualismo insieme scatenato e sordo. Sono tratte da un libro di Mario Ricca5 che si inventa il fantasma di Carlo Marx rimandato dal purgatorio alla terra come “ripetente”, per correggersi. Sono brani rivolti a Marx che fanno parte di uno dei tanti discorsi del Prof. Bruno a cui il fantasma fa compagnia per tutta la vita. Alla fine diventa evidente come anche Bruno si corregga nel dialogo continuo con il fantasma di Marx. Ambedue si correggono: l’uno il suo collettivismo, l’altro il suo individualismo e così quest’ultimo il suo purgatorio lo fa in terra giovandosi della strana e impegnativa compagnia del fantasma “ripetente” di Marx. Affiorano, così, tratti correttivi per l’occidente che si ritrovano diffusi nelle varie culture mediterranee. Altri tratti sono correttivi per queste stesse ... Qualcosa, in Sicilia e nel mediterraneo quindi, potrà decollare anche avendo come motore il T. R. I., ma con il giusto tempo per la sua natura culturale l’operazione trascenderebbe il turismo, pur non trascurandolo. Tuttavia, anche non potendo “guardare più di una persona alla volta dritta negli occhi”, per procedere, i siciliani rispettando libertà e privacy e praticando il “dovere di lealtà senza convenienze” … anch’essi come Bruno (e come Marx) è necessario che si correggano. Sappiano, finalmente, mettersi in rete, con rispetto a ciascuna persona, e così comporre i Comparti e i Distretti del Turismo Relazionale Integrato.

5 Mario Ricca. “Karl Marx – Destinazione Sicilia” (archeologia di un siciliano puro), quasi romanzo. In fase di pubblicazione.

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PARTE PRIMA Sintesi della ricerca

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DALL’ANALISI DI CONTESTO ALLE IMMAGINI DI SVILUPPO DEI DISTRETTI RELAZIONALI. Leonardo Urbani, Ferdinando Trapani, Fabio Naselli, Daniele Gulotta, Antonio Battaglia e Giada Bini 6

Introduzione La fase di transizione nella quale ci troviamo e nella quale per molti aspetti si conclude un ciclo di circa cinque secoli prospetta una situazione di crisi che, come alcuni sostengono, potrebbe risolversi attraverso una tipologia di sviluppo alternativa e secondo altri, come Stiglitz (2003), attraverso una riforma dei comportamenti con cui è stata attuata la globalizzazione. Questa seconda collocazione si presenta per molti versi più realista ma essa comporta comunque una politica di sviluppo innovativa con cui correggere e integrare la tipologia di sviluppo dominante. Molti tra quanti porgono adesso il proprio contributo scientifico, concorrendo a precisare aspetti teorici e soprattutto opportunità pratiche di sviluppo locale 6 La presente parte del volume è frutto di un lavoro svolto dalla CUEC - Cattedra di Urbanistica Edoardo Caracciolo. Leonardo Urbani, architetto, professore ordinario di urbanistica, Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura, Università di Palermo, direttore della Cattedra Caracciolo; Ferdinando Trapani, ricercatore in urbanistica, Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura, Università di Palermo; Fabio Naselli, dottore di ricerca in pianificazione urbana e territoriale e assegnista di ricerca presso il Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura, Università di Palermo; Daniele Gulotta, componente del gruppo di ricerca presso il Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura, Università di Palermo;Antonio Battaglia architetto, dottorando in pianificazione urbana e territoriale, Dipartimento Città e Territorio, Università di Palermo; Giada Bini architetto, dottoranda in pianificazione territoriale urbana e regionale, Dipartimento Città e Territorio, Università di Palermo. In particolare Leonardo Urbani ha redatto i paragrafi 6, 7, 13 e 14. Giada Bini ha redatto i paragrafi n.1, 2 e 3. Ferdinando Trapani ha redatto i paragrafi 4, 8, 9, 10, 11 e 12. Antonio Battaglia ha redatto il paragrafo 5

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legate ad una innovativa interpretazione delle potenzialità di un turismo relazionale ed integrato, fanno parte del gruppo di ricercatori di diverse nazionalità e differenti ambiti disciplinari, che nel biennio 2002-04, hanno intrapreso un lavoro di applicazione sistematica della teoria sul TRI, messa a punto già precedentemente anche grazie al contributo di studi pregressi intrapresi dal 1999 e aventi per oggetto le relazioni tra le economie del turismo, della cultura e dei beni culturali, dell’artigianato e dell’agro-alimentare con le caratteristiche fondanti del territorio. I valori di grande scala sottintesi al lavoro di ricerca intrapreso già dal 1999, mantengono in primo piano tre obiettivi fondamentali su cui si è dibattuto a lungo, quelli della ri-territorializzazione dell’economia, della ricontestualizzazione della società nei territori di appartenenza, e della ricomposizione dell’identità culturale degli stessi7. Durante il biennio, si è presto precisata la necessità di condurre tale lavoro di declinazione dei principi del TRI, su scala territoriale attraverso tre filoni distinti ma in continua interrelazione: la ricerca, la formazione e la sperimentazione. Per ricerca si è inteso un lavoro mirato a definire ambiti, ruoli, attori ed obiettivi del TRI relativamente a aree geografiche determinate. Si è così messa a punto una comparazione che ha condotto dall’idea di bene relazionale, presa in prestito dalla letteratura sociologica e di quella economica8, a quella di un turismo relazionale fortemente radicato nel territorio. Si è tratteggiato a lungo il profilo di un aspetto relazionale, perché si ritiene che questo privilegi i rapporti interpersonali tra chi lo offre e chi lo richiede, rapporti che stanno alla base di una relazione di mutua fiducia tra il turista e chi offre servizi turistici che conduce ad un’idea di turismo lontana da una interpretazione commerciale che implica uno sfruttamento delle risorse a perdere e al consumo immediato dell’apporto economico una tantum di un turismo mordi e fuggi. Lo si è inoltre definito integrato perché assolve ad un ruolo di stimolo sull’economia a partire dai settori agroalimentari e dei beni culturali. 1. La Programmazione turistica dagli anni ‘50 agli ‘90 in Sicilia La Regione Siciliana nel suo Statuto all’art.14, prevede l’esclusività legislativa in materia di turismo, tale prerogativa verrà confermata anche nel momento 7 Le tre linee guida per l’azione territoriale di piano sono state individuate in occasione del lavoro svolto per il Val d’Anapo e pubblicato nel volume curato da Antonio Grasso e Leonardo Urbani (2001, pag. 480). 8 vedi Pierpaolo Donati per la prima, Stefano Zamagni per la seconda

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in cui si procederà all’adeguamento dello Statuto Regionale, necessario in seguito alle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione9 della Repubblica del 2001. Per comprendere come Motris s’inserisca all’interno degli strumenti della Regione si ritiene utile sintetizzare brevemente la storia dei piani e dei programmi il cui obiettivo era lo sviluppo del turismo. La Regione Siciliana, già a partire dagli anni ’60, elaborò i primi piani di zonizzazione turistica, aventi lo scopo di organizzare l’offerta turistica regionale, seguendo le linee individuate nel 195110, che trovano regolamentazione nel febbraio del 1965 con la legge regionale n° 4. Con essi vengono disciplinati gli interventi per le “Opere di attuazione di piani di interesse turistico” e per le “Infrastrutture ed altre opere d’interesse turistico”, a distanza di 6 mesi, nell’agosto del 1965, per la sua attuazione, l’A.R.S. approva il Piano di Sviluppo dell’Economia Turistica Siciliana11, anticipando, le linee che sarebbero state seguite dalla Cassa per il Mezzogiorno, negli anni successivi, nella redazione dei Piani di Coordinamento. Parallelamente, a livello nazionale con la legge nazionale n° 717 del 1965, vennero disciplinati gli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno che introdussero la definizione di comprensorio turistico, e che vide predisposto a distanza di quattro mesi (ad opera del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno), il primo Piano Pluriennale di Coordinamento degli Interventi Pubblici, che si proponeva come strumento per l’attuazione di un’organizzazione integrale del territorio, che tenesse conto di tutti settori connessi con il turismo, ponendo come obiettivi prioritari del settore turistico: • la riduzione degli squilibri, esistenti tra nord e sud del paese, relativamente all’infrastrutturazione e alla strutturazione dell’offerta ricettiva;

9 Legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n°3, Modifiche al titolo V della seconda parte della Costituzione, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n° 248 del 24 ottobre 2001, serie generale. 10 Nel 1951 il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno elaborò un primo piano di zonizzazione turistica dell’isola. 11 il Piano di Sviluppo dell’Economia Turistica Siciliana, individuando le zone di interesse turistico, classificandole in: • comprensori di ulteriore interesse turistico; • nuovi comprensori di turistici; • centri di interesse storico, artistico e paesistico.

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• la salvaguardia e valorizzazione del paesaggio naturale, del patrimonio archeologico, storico e artistico, ciò portò nell’agosto del 1966, alla zonizzazione in comprensori turistici del Sud classificandoli in: • comprensori includenti prevalentemente zone di nuovo sviluppo turistico; • comprensori includenti prevalentemente zone di ulteriore sviluppo turistico; • comprensori includenti prevalentemente zone ad economia turistica matura; Contestualmente vennero approvate le direttive concernenti le agevolazioni statali per i comprensori individuati, fermo restando che nelle more di una ulteriore definizione degli strumenti attuativi, sarebbe stata l’Amministrazione per la Pubblica Istruzione di concerto con gli altri enti competenti a stabilire i vincoli di tutela delle bellezze naturali, del patrimonio storico ed artistico, ed ad indirizzare i comuni verso la formulazione e l’adozione di piani regolatori conformi ai previsti piani di coordinamento. Nel 1976 con la legge regionale n° 78, al fine di ottimizzare la spesa regionale, si operò lo zoning per ambiti di interesse turistico individuando: • Zone di attrazione turistica da razionalizzare; • Zone di rilevante interesse turistico da sviluppare; • Zone d’interesse turistico ma a forte presenza industriale. All’inizio degli anni ‘60 c’era una parte della opinione politica che credeva nello sviluppo turistico dell’isola. Pur tuttavia si spinse nella direzione del settore industriale e ciò trova conferma nella classificazione operata, in cui alle zone ove si era localizzata l’industria veniva riconosciuto un potenziale ruolo attrattivo per le risorse territoriali allora presenti, oggi in buona parte compromesse ci si riferisce ai poli industriali di Augusta, Gela, Milazzo, Termini Imerese. Anche l’industria turistica - secondo la visione politica predominante di quegli anni- avrebbe comportato un consumo di risorse, ma è da considerare che a livello regionale, alla fine degli anni ‘70 e precisamente all’interno della Legge Urbanistica Regionale, si registrano degli spunti per una ospitalità diffusa e non aggressiva nei riguardi del territorio. Il riferimento è alla legge regionale n°71 del 1978, al cui art. 23 viene introdotto il concetto di agroturismo, una realtà normata a livello nazionale solo nel 1985 con la legge n° 730 recepita poi dalla Regione Siciliana con la legge regionale n° 25 del 1994. I tempi non erano ancora maturi per un’impostazione del turismo in forma diffusa.

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2. La struttura dell’offerta turistica siciliana Tracciate le linee riguardanti la formazione e la gestione della domanda turistica siciliana, è necessario tracciare quelle relative alla struttura territoriale dell’offerta turistica siciliana. La lettura del sistema turistico esistente consente di verificare che allo stato delle cose il turismo siciliano punta molto sul sistema costiero12 e che la volontà di uno sviluppo del turismo nelle aree interne sia ancora allo stadio più politico che reale. 2.1 Localizzazione delle strutture turistico-ricettive di tipo alberghiero La localizzazione dei servizi di ospitalità alberghiera si colloca prevalentemente lungo il sistema costiero e, comprese le isole minori, dall’indagine svolta esso risulta essersi sviluppato: • per poli nella fascia tirrenica occidentale (San Vito lo Capo, Palermo, Cefalù); • secondo un modello “a ponte” che coinvolge la fascia costiera tirrenica orientale da Sant’Agata di Militello a Milazzo e da qui il “ponte” verso le Isole Eolie; • linearmente lungo il sistema costiero dello Ionio settentrionale trovando dei punti di appoggio da Messina a Taormina e dalla quale prosegue senza soluzione di continuità fino a Catania. • Inoltre nella stessa indagine risulta che: • la restante parte costiera da Siracusa a Trapani è caratterizzata da pochi punti di concentrazione dell’attività turistico ricettiva nella sua declinazione alberghiera; • la ricettività alberghiera trova anche qualche punto all’interno del territorio siciliano corrispondente per lo più ai capoluoghi di provincia quali Ragusa, Enna e Caltanissetta. 2.2 Localizzazzione delle strutture turistico-ricettive di tipo extra alberghiero Una localizzazione che si muove su logiche diverse riguarda il segmento dell’ospitalità di tipo extra alberghiero. Dall’indagine emerge una distribuzio12 La lettura della localizzazione permette di confermare che l’immagine di una Sicilia “isola dentro l’isola”, effettuata da C. Doglio e L.Urbani e pubblicata nel 1972 in La fionda sicula, è ancora attuale. Ugualmente si ritrova negli elaborati del programma di ricerca OSS. TER. del 1993 relativo alla identificazione dei comparti di intervento dei Fondi strutturali CEE e la loro localizzazione all’interno delle regioni italiane appartenenti all’Obiettivo 1, del Ministero dei Lavori Pubblici – Direzione Generale del Coordinamento Territoriale.

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ne territoriale che più che contare sulla concentrazione di questa attività su un solo centro, si avvale di una base spaziale più ampia, identificabile con un’area estesa, caratterizzata da forti identità territoriali, come ad esempio può essere quella dei Parchi Regionali. Questo settore si proietta con minori difficoltà verso l’interno rispetto all’offerta di tipo alberghiero, in quanto trova in queste zone il vantaggio competitivo necessario per emergere. Le direttrici di una certa consistenza che si rintracciano nel territorio siciliano sono: • a corona del Parco delle Madonie; • sul versante est del Parco dei Nebrodi; • linearmente lungo la costa dello Ionio settentrionale in seconda linea rispetto alla localizzazione alberghiera; • lungo il versante prospiciente il mare dell’Etna; • sull’altopiano Ibleo con Ragusa – Modica – Siracusa con una traccia che si allunga in direzione di Enna; Di consistenza numerica più debole ma in crescita è la provincia di Trapani nella quale la proposta eno-turistica può assumere un ruolo strategico se ulteriormente organizzata. 2.3 La distribuzione territoriale dei posti letto in Sicilia La distribuzione dei posti letto complessivi (alberghiero ed extralberghiero), valutati in valore assoluto, evidenzia la concentrazione dell’offerta soprattutto lungo il sistema costiero. Nell’indagine è stato attribuito il valore assoluto dei posti letto disponibili su base comunale, per cui nella sua lettura è da tenere in conto di una maggiore concentrazione o lungo lo sviluppo costiero del comune o nel caso dei centri interni all’isola il polo gravitazionale risulta il centro urbano. Dall’indagine emerge il ruolo leader di Taormina seguita da Cefalù e Palermo che si collocano nella fascia più alta riguardo la disponibilità di posti letto. Nella fascia intermedia si collocano realtà che hanno una discreta dotazione ricettiva, ma i cui dati sono anche fortemente influenzati dalla presenza di campeggi che fanno lievitare il numero di posti letto disponibili. E’questo il caso del sistema Catania – Acireale nella fascia intermedia sono presenti: Catania, con una dotazione del 56% attribuibile al segmento “campeggio”, di San Vito Lo Capo in cui il 55% del totale è reso disponibile dai campeggi, Augusta con il 44%, Santa Croce Camerina con il 98%, la costa agrigentina che presenta incidenze di campeggi sul totale disponibile dell’ordine

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dell’92,8% con l’esclusione di Sciacca ed Agrigento che presentano incidenze che segnalano una dinamica opposta rispettivamente con il 17% ed il 27%. Nel raggruppamento di terza fascia si collocano tutte le altre realtà marginali e che non contribuiscono in modo sostanziale alla strutturazione dell’offerta ricettiva dell’isola, sia in termini qualitativi che in termini reddituali. Dalle analisi condotte sulla sola provincia di Trapani, in quanto unica provincia i cui dati sono stati disponibili si evidenzia un incremento nel numero di attività ricettive, nel numero di posti letto, e un ragguardevole numero di imprese che offrono ospitalità in strutture nuove o recentemente ristrutturate negli anni 2002 e 2003 con un sostanziale ringiovanimento del patrimonio immobiliare13. 2.4 Opportunità per lo sviluppo del turismo delle aree interne La Regione Siciliana è dotata di un piano di propaganda turistica14 in cui il turismo in aree rurali è posto come obiettivo prioritario. Vista la struttura ricettiva regionale sopra esposta, si fa evidente il ruolo strategico che può essere svolto dalle aree interne piochè queste presentano una dotazione di risorse suscettibili di valorizzazione, come evidenziato dalle rappresentazioni di Motris e dagli studi condotti per la redazione delle Linee guida per il Piano Territoriale Paesistico Regionale15. 3. Le normative regionali nel processo di costruzione dell’offerta turistica regionale In Italia, la configurazione giuridica del turismo in aree rurali prevede la differenziazione tra agriturismo e turismo rurale; il primo è normato dalla legge n°730 del 1985 e successive modifiche, la quale prevede che questo tipo di attività sia esercitabile dall’imprenditore agricolo e che sia un’attività connessa a quella agricola che rimane comunque principale, ciò comporta, che in termini di giornate lavorative e/o di reddito prodotto l’attività agricola debba risultare prevalente, e che l’attività agrituristica sia da considerarsi agricola e non commerciale anche da un punto di vista fiscale. Il turismo rurale è una at-

13 Le elaborazioni sono state condotte utilizzando i dati contenuti nella guida Trapani Hotel 2003-2004 a cura della Provincia Regionale di Trapani – Azienda autonoma provinciale per l’incremento turistico di Trapani. 14 Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2002), Piano di propaganda turistica 2002 15 Regione Siciliana - Assessorato dei Beni Culturali Ambientali e della Pubblica Istruzione (1996), Linee guida del piano territoriale paesistico regionale, Arti Grafiche Siciliane , Palermo.

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tività turistica a tutti gli effetti e pertanto viene regolamentata e sottoposta a regimi fiscali propri dell’attività commerciale. In Sicilia il numero di agriturismi ha subito una variazione percentuale superiore al 100%, dal 2003 al 2004 si è registrato un incremento da 163 a 257 unità attive16. I turismi rurali nel 2003 sono ancora una realtà marginale con 11 unità17. Una delle cause che ha influenzato la non attivazione di strutture ricettive di turismo rurale si può ricondurre ad un fatto puramente legislativo, ovvero alla mancanza, prima del 2001, di riferimenti normativi che perdurano le condizioni di incertezza non compatibili con un’attività imprenditoriale. L’attività di turismo rurale pur avendo fondi destinati dal POP 94-99 e successivamente dal POR Sicilia 2000-2006, è stata definita nel 2001 dall’art. 30 della legge regionale n. 2118. La regolamentazione del B&B, recente quanto quella del turismo rurale,e normata dall’art. 88 della legge regionale n° 32 del 23 dicembre 200019 e, s.m.i. ha avuto maggiore riscontro in termini di nuove imprese in quanto si configura come un’attività a carattere familiare con regimi fiscali e di autorizzazione semplificati. La barriera all’entrata che era la proprietà dell’immobile è stata abbattuta con un provvedimento regionale e ciò ha consentito a molti di fare impresa con investimenti modesti. Questi sono due esempi di quanto e come il processo di costruzione dell’offerta turistica regionale sia influenzato dall’azione degli organi di governo del territorio.

16 La quantificazione degli esercizi agrituristici non è di facile di stima, dato che il regime autorizzativo è complesso e passa attraverso vari livelli amministrativi tale che non è di facile reperimento il dato, la stima di 163 agriturismi operanti in Sicilia al 2003 risulta dall’incrocio di fonti differenti, che includono guide a cura della Regione Siciliana sull’agriturismo e guide di associazioni agrituristiche che operano in Sicilia, il dato riferito al 2004 risulta dal sito internet dell’Assessorato Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti della Regione Siciliana. 17 Dato estratto da sito internet dell’Assessorato Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti della Regione Siciliana. 18 Legge del 10 dicembre 2001, n° 21, Norme finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’anno finzaziario 2001, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della regione Siciliana n° 59 dell’11 dicembre 2001, parte I. 19 Legge regionale del 23 dicembre 2000, n°32, Disposizioni per l’attuazione del POR 2000-20006 e di riordino dei regimi di aiuto alle imprese, pubblicato sulla gazzetta Ufficiale della regione Siciliana n° 61 del 23 dicembre 2000, parte I, poi modificata dal punto 14 dell’art. 110 della legge regionale del 3 maggio 2001, n° 6, Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Regione Siciliana n° 21 del 27 maggio 2001, parte I,

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4. Metodologia e modalità di approccio ai temi della ricerca L’obiettivo della guida del modello di sviluppo attuale e tendenziale si può configurare come una operazione di affiancamento volta ad orientare, ridimensionare e moderare sia la smaterializzazione (delle pratiche e delle simboliche culturali) che la deterritorializzazione (delle strutture sociali ed economiche) ambedue aspetti centrali della modernità. E’ bene precisare che immaterialità e deterritorializzazione sono opportunità e spazi aperti all’azione dell’uomo. Riteniamo quindi che lo “sviluppo di affiancamento” possa essere ritenuto come scenario operativo di azioni e di innovazioni che potrà determinare nei confronti della globalizzazione omogeneizzante taluni processi di correzione e integrazione e che può essere ricondotto al mosaico dei “sei tasselli” costituito da: • mercati finanziari; • scienza, ricerca; • sperimentazione; • tecnologia; • produzione; • mercati reali di domanda (di prodotti, di servizi). Si ipotizza quindi un processo di sviluppo locale autosostenibile in cui il movimento deve partire dai “mercati reali” mentre quello attualmente dominante parte dai “mercati finanziari”. Per portare questa modifica ai suoi percorsi e nello stato di cose attuali l’operatore dei mercati reali deve essere in grado di influire positivamente su due condizioni nelle modalità seguenti: • stimolando sulla natura e qualità della merce e influendo sia sull’anello della merce che su quello delle tecnologie connesse alle tematiche dell’accesso all’informazione intesa come nuovo cardine del valore aggiunto economico (Rifkin, 2000). Poi presentando gradualmente la “richiesta” anche ai successivi tasselli del mosaico, fino a far si che l’anello dei mercati finanziari serva, con la forza di intermediazione che era caratteristica originaria della funzione del denaro, i progetti nati dai “mercati reali” e non, viceversa, dai “mercati finanziari”. • individuando e attivando modalità nuove per entrare più direttamente nei mercati della richiesta, senza i tramiti gestiti da operatori internazionali in genere istallati nei mercati forti, utilizzando le tecnologie informaticotelematiche e sperimentando continuamente condizioni innovanti della produzione basate sull’uso di conoscenze (politiche di sviluppo knowledge o-

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riented) e cercando di applicare nei contesti urbani storici ricongiunti in reti territoriali i principi della concentrazione di creatività (creative milieu20) tipici dei contesti urbani sviluppati. Il TRI, per essere adeguato alla prima condizione,sopra indicata persegue rapporti che transitano direttamente tra uomo e uomo senza ulteriori intermediazioni che distraggono valore aggiunto lontano dalla dimensione locale degli scambi.

fig. n.1 - L’articolazione organizzativa del distretto relazionale locale (elaborazione grafica di Giada Bini)

20 nelle analisi delle performance urbane in campo di competitività territoriale Landry faceva riferimento alla creatività urbana come una vera e propria leva di successo economico. L’ipotesi è che la chiave del successo di politiche non tradizionali, degli approcci creativi allo sviluppo di città, di territori ed intere regioni risiede nel proprio codice genetico urbano. In questo senso la teoria della città creativa si aggiunge a quelle dei distretti e dei milieu: “a<caporali> creative mileu is a place – either a cluster of buildings, a part of a city, a city as a whole or a region – that contains the necessary preconditions in terms of ‘hard’ and ‘soft’ infrastructure to generate a flow of ideas and inventions. Such a mileu is a physical setting where a critical mass of entrepreneurs, intellectuals, social activists, artists, administrators, power brockers or students can operate in an open-minded, cosmopolitan context and where face to face interaction creates new ideas, artefacts, products, services and institutions and as a consequence contributes to economic success” Landry, (2000, p. 133).

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Nel distretto relazionale le risorse umane agiscono in ambienti nei quali il rapporto tra la dimensione delle relazioni concrete e fisicamente sensibili è funzionalmente sostenuta dalle attività prevalentemente immateriali. In questo senso si cerca di prefigurare scenari di sviluppo locale in cui il pericolo della fine del lavoro per effetto della deterritorializzazione delle imprese (Rifkin, 1997) è inibito. Vi è quindi il rispetto delle sostenibilità ambientali, culturali, sociali ed economiche nei processi di sviluppo locale. In questo scenario l’utilizzo delle tecnologie telematiche gioca il ruolo fondamentale per introdurre fattori di innovazione che risiedono nell’ottimizzazione dei livelli organizzativi e gestionali delle imprese sia per gli utilizzi di tipo tradizionale (occupazione di posti letto, informazione sui servizi erogati all’interno delle diverse centralità ricettive, variazioni continue all’offerta di ristorazione, disponobilità di posti per escursioni, trasferimenti degli ospiti ai parcheggi pullmann, ai porti, aeroporti, ecc.) e a quelli più qualificati (informazioni sugli eventi presenti sul territorio, prenotazione musei, palazzi, mostre, ricevimenti speciali nei centri storici, per i beni isolati nel territorio aperto, ecc.).

fig. n. 2 – Le interrelazioni fisiche e non fisiche tra i distretti relazionali locali e il mercato del turismo dove è presente una quota di domanda in termini di Turismo relazionale integrato. (Elaborazione grafica di Giada Bini).

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I distretti relazionali, costituiti dall’insieme delle microcentralità produttive (assimilabili a stakeholders dei processi di sviluppo locale) sono connessi, oltreché attraverso i canali istituzionali ordinari, mediante la connessione veloce a reti telematiche dedicate per l’ottimizzazione della offerta delle risorse locali disponibili (orari di visita musei, residenze private, aziende agricole, produzione casearia, visite guidate ambientali, iniziative per lo sport, spettacoli, partecipazione a feste ed eventi culturali locali o che si svolgono in località non troppo distanti, ecc.). La localizzazione dei processi di decodifica delle risorse locali rispetto alle esigenze della domanda internazionale di TRI avviene nelle porte, luoghi ove si concentrano le competenze e le capacità di dialogo e relationship con le realtà imprenditoriali delle reti lunghe e i nodi delle catene di valore della dimensione globale. Nelle porte sono attivi gli esperti e le necessarie infrastrutture dei sistemi informativi territoriali in grado di interrogare le banche dati connesse alle reti mondiali a consultazione selettiva. Il prodotto / territorio da posizionare nei mercati reali è costituito dall’intiero “ambiente a quo” dove è impiantata la struttura ricettiva del TRI insieme alle sue componenti paesaggistiche, produttive, storiche e naturali. L’operatore, o imprenditore “d’area”, figura essenziale per il turismo relazionale non “vende” aspetti del territorio come può accadere per il turismo degli sport invernali (i monti per praticarli) o degli sport nautici e acquatici (i mari, i fiumi, i laghi) ma “apre” al cliente l’ambiente complessivo sia naturale che antropico. Ciò non significa che il cliente non possa, a seconda i casi, praticare questi sport o anche il golf, o l’equitazione (ecc.). Nel caso del TRI i percorsi indeterminati, ed indeterminabili apriori, negli ambienti dell’uomo e della natura, restano aperti liberamente alle più diverse esplorazioni. L’operatore d’area, per quanto gli è possibile in base al suo livello di professionalità e/o alla la natura del prodotto e della complessità di ogni risorsa ambientale disponibile localmente, potrà favorire la individuazione delle moltissime piccole “porte” che immettono in questi percorsi e che, possono essere concepite come luoghi in cui si applica il principio della relazione diretta tra operatori locali ed ospiti di tipo individuale. La “relazione umana” tra richiesta e offerta diviene indispensabile per comprendere verso quale “porta” ci si orienta. Il mercato da solo, senza la relazione personalizzata, non può aiutare a formulare simili tipi di richieste poiché non è possibile (sostenibile) operare scelte guidati dalla catena di pressione consumistica che impropriamente oggettivizza la richiesta e che, considerando il processo in atto, discende dai laboratori di produzione e risale fino ai mercati finanziari. Nel caso del TRI, la richiesta è penetrante e

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esplorativa, l’operatore d’area è preposto a favorirne la completa realizzazione e soddisfazione senza l’ intromissione di intermediazioni finanziarie di sorta. L’ apporto fondamentale del TRI consiste nella restituzione di valore al rapporto tra venditore e acquirente, per la riscoperta del rispetto reciproco tra le persone che le arricchisce a livello personale. Il duplice versante della relazione è sorgente anche di quella vivacità creativa che fa intravedere Stefano Zamagni quando sostiene le potenzialità intrinseche ai mercati reali nei quali il presupposto è il rapporto tra uomini e non il dominio massificante delle merci dotate di logo. Per tutto questo però bisogna restare il più possibile incardinati nella origine sorgiva del concetto di “mercato” che è fonte non solo di rapporti indiretti, ma anche di relazioni dirette e personalizzate. Nel nostro caso alle mediazioni indirette dei tour-operator, che vendono settori o prodotti o sottoprodotti selezionati dell’ambiente (ad esempio i percorsi prestabiliti per le escursioni di gruppi organizzati), il TRI “affianca” relazioni dirette che applicate all’ambiente complessivo ne fanno scoprire potenzialità inedite sia all’offerente che al richiedente. Di queste la più semplice può riguardare i prodotti locali, che dall’ambiente “a quo” possono trasferirsi nei mercati “ad quem” potenziando ciò che già esiste dei mercati di nicchia. Un prodotto qualsiasi (olio, vino, dolci, frutta, arte locale, archeologia, e può essere contrassegnato dal marchio dell’area “a quo”, e sul tessuto delle relazioni interpersonali che il TRI costruisce, trasferirsi nelle aree “ad quem”, rafforzando e moltiplicando le nicchie. Il “turista relazionale” può riscontrare tipi di interesse diversi nell’area “ad quem” in cui vive facilitando apertura o allargamento di nicchia, costituendo anche accordi cooperativi che, contribuendo ad affinare la richiesta, influiscono contemporaneamente a qualificare l’offerta dei prodotti. Si innestano così dinamiche e processi nuovi in una fioritura capillare dell’offerta e della richiesta del tutto inedita e straordinariamente innovante anche rispetto – è qui il caso di rimarcarlo ancora una volta alla condizione massificata e consumistica dello stato in cui si trovano attualmente i mercati. Ciò è oggi possibile in buona parte proprio per l’innovazione applicativa che offrono le tecnologie informatico-telematiche in termini di efficienza/efficacia informativa e flessibilità adattativi alle dinamiche evolutive dei processi di sviluppo locale. La vivificazione capillare dei mercati di produzione e di consumo derivata dalla nuova tipologia turistica di carattere relazionale dà ragione al termine integrato che completa l’espressione di cui stiamo trattando cioè quella del Turismo Relazionale Integrato e fa intravedere il vasto campo di indotti e di sinergie che si potrà aprire.

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La integrazione può così giungere ed offrire un riscontro reale e personalizzato sul prodotto offerto, superando quella che in realtà è la idea di offerta che si è diffusa nel clima consumistico (e nella sua azione pubblicitaria fortemente invasiva e persuasiva) dato che essa si impone diffusamente alla richiesta. Nel nostro caso risulterà ii che la richiesta motiva e modella l’offerta (e viceversa), che a sua volta l’offerta motiva la richiesta, in sistemi relazionali di reciprocità sullo stesso piano di interesse che è suggerito dai valori complessivi degli ambiti. Dal punto di vista teorico il TRI è strumento attuativo del passaggio culturale dal Tour delle classi egemoni all’avvento dei processi di innovazione sociali basati sulla razionalità comunicativa. In effetti l’integrazione delle risorse infrastrutturali per la produzione, per la ricettività, culturali e ambientali disponibili nei distretti, al momento in cui vengono organizzate dalla rete telematica immateriale, realizzano una disponibilità di conoscenze capaci di superare la soverchiante presenza degli steccati, delle proprietà disciplinari, dei piedistalli della conoscenza imbalsamata come “scientifica”. Venendo meno la leggittimazione dell’uso esclusivo delle conoscenze si può praticare un modo di abitare pienamente inserito nell’era post-moderna in cui si sfugge alla ideologia della legittimazione della scienza intesa come ontologia fine a se stessa. Le reti aprono le conoscenze locali descrivendone le potenzialità d’uso senza che questo generi strutture ulteriori di potere21.

21 Il corto circuito tra tecnologie della informatica e la accessibilità mutata alle conoscenze, minando le basi degli establishment scientifici, apre l’umanità al nuovo momento storico del superamento del moderno. Il post moderno si individua proprio nel cambiamento delle modalità di accesso ed utilizzo del sapere. La struttura dei poteri ne risulta compromessa ed attende nuove conformazioni più orizzontali rispetto a quelle, verticali perché ideo-logiche, del modernno.“Si apre la prospettiva di un vasto mercato per le competenze operative. I detentori di questo tipo di sapere saranno oggetto di offerte, se non la posta in gioco di politiche di seduzione. Da questo punto di vista non è la fine del sapere che si prospetta, tutto il contrario. L’Enciclopedia del domani sono le banche dati. Esse eccedono la capacità di ogni utilizzatore. Rappresentano la ‘natura’ per l’umanità postmoderna” (…) “Finché si tratta di un gioco ad informazione incompleta, il vantaggio è di chi sa e può ottenere un supplemento di informazione. (…) Ma nei giochi a informazione completa, l’acquisizione di una migliore performatività non può consistere, per ipotesi, nell’acquisizione di un tale supplemento. Essa deriva da una nuova organizzazione dei dati, il che costituisce propriamente una “mossa”. Ciò si ottiene per lo più attraverso il collegamento di serie di dati ritenute sino ad allora indipendenti. Possiamo definire immaginazione questa capacità di mettere in relazione ciò che non lo era. La velocità ne è un’attributo” Stà. in Lyotard (1981, pagg. 94-95).

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5. Applicazione dei fondamenti del TRI in un ciclo continuo: Ricerca - Formazione – Sperimentazione. In Motris si definisce un’idea di turismo che mira a stimolare le economie territoriali locali per la ricucitura dei nessi di reciprocità tra le persone ed i territori, ricercando anche l’incremento di relazioni con aree già sviluppate in modo da creare iniziative interrelate e determinare così un aumento del valore di corporeità (massimizzazione delle esternalità positive prodotte dall’ottimizzazione delle relazioni interpersonali dirette nello scambio tra offerta e domanda turistica sostenibile) nell’ambito delle economie territoriali del macro contesto euro-mediterraneo.

Con Motris, si è posta particolare attenzione allo studio del territorio interno dell’isola, un’estensione pari al 64,6% del territorio regionale, che presenta strutture ricettive, infrastrutture e servizi per il turismo fortemente inadeguati alle potenzialità delle località che vi insistono. Dalla constatazione di una condizione di arretratezza sono partite le principali considerazioni progettuali, specialmente in relazione al fatto che nel restante 35,4% del territorio siciliano

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(quello costiero e delle grandi centralità urbane) si concentra la massima parte dell’offerta turistica. L’architettura della mappatura, di cui in questa pubblicazione si presentano i risultati che in taluni casi hanno condotto a nuove occasioni di approfondimento, è stata definita in tre parti: 1. lettura critica delle informazioni, volta alla definizione di una struttura interpretativa del settore turistico dominante, dei territori in cui questo si inserisce e delle potenzialità di affiancamento di importanti realtà attive o da attivare ma comunque non ancora strutturate all’interno di un sistema organico; 2. deduzione conseguente alla lettura critica di alcune considerazioni volte a: • approfondire uno studio dei punti di debolezza dell’entroterra finalizzato a tradurre l’arretratezza in opportunità strategica; • determinare le premesse per la definizione di aree omogenee entro cui, individuati oggetti e soggetti, potere applicare i criteri del turismo relazionale; 3. definizione di alcune proposte progettuali per la corroborazione dei valori territoriali su cui si fondano i criteri ispiratori del disegno di un nuovo assetto del territorio e dell’organizzazione del nuovo turismo, quello relazionale ed integrato. Con la mappatura si è proceduto alla declinazione di strutture dinamiche per l’articolazione dei principi del TRI nel territorio siciliano: distretti, comparti, microcentralità. Precedentemente si è costruita una struttura interpretativa degli elementi di conoscenza del territorio siciliano. Partendo dallo stato di fatto delle premesse ambientali, si è definito graficamente e attraverso altre considerazione di natura statistico-interpretative la lettura strutturale territoriale della Sicilia attraverso ii macrosistemi naturali (A) prima e successivamente il macrosistemi antropici (B). In un secondo momento si sono individuati e descritti tre sistemi alla cui valorizzazione si è attribuito un valore strategico prioritario per la strutturazione dei distretti di turismo relazionale ed integrato. Si tratta del sistema dei centri e nuclei storici (C), di quello delle microcentralità produttive (D) e di quello della portualità (E) di piccolo cabotaggio dei porti turistici. L’insieme dei due macrosistemi e dei tre sistemi strategici (A+B+C+D+E) definiscono quella che si è chiamata la prima base di risorse reali, quella da cui muove i primi passi l’applicazione del TRI. Ad integrazione di quanto compreso nella prima base di risorse reali, si è proposta un’analisi degli aspetti di tipo territoriale delle economie agroalimentari,

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quali premesse ambientali per l’attivazione di nuove microcentralità: il patrimonio vitivinicolo ed il patrimonio olivicolo sono stati oggetto delle prime considerazioni progettuali volte a mettere in relazione valori territoriali quali quelli del patrimonio agro-alimentare e valori economici legati al turismo rurale. Una volta definita la struttura interpretativa per la comprensione delle premesse offerte dal territorio siciliano per la strutturazione di modelli di TRI, si è proceduto alla descrizione o al disegno delle strutture dinamiche per l’articolazione dei principi del TRI cui si è già fatto cenno: distretti, comparti, microcentralità. Organismi flessibili volti al raggiungimento complessivo di un implementazione del valore di centralità dei territori interni della Sicilia. Aumentare le relazioni all’interno del territorio anche per suscitare interessi di diverso ordine al suo esterno: il risultato comprovato nell’esperienza della geografia umana è che quando un territorio infittisce le proprie relazioni interne oltre a favorire la sua ripopolazione vede aumentare anche la propria capacità di attrarre relazioni esterne, modificando anche l’andamento di quest’ultime. Così - auspicio implicito a questi ragionamenti - è quello della prospettiva di un territorio agricolo che, abbandonata l’identità di territorio a servizio delle centralità urbane, acquisti l’identità di un territorio dotato di un valore di centralità proprio, in grado di attrarre interessi di provenienza urbana.22 22 Anche se non del tutto sovrapponibili alla nostra ricerca interessanti intuizioni in questa direzione sono state quelle di Giuseppe Samonà nel suo saggio “la città in estensione” (presso la Facoltà di Architettura di Palermo 25 maggio 1976). Ne citiamo alcuni brani: Obiettivo fondamentale di un programma di ristrutturazione dell’agricoltura è quello di sviluppare la produzione agricola per aumentare l’occupazione in agricoltura e nei connessi settori industriale e terziario, per elevare i redditi di lavoro agricolo, per raggiungere una sostanziale parità con i redditi di lavoro extra-agricolo, nel quadro del conseguimento di un’effettiva comparibilità delle condizioni civili e culturali della città e della campagna. La matrice decisionale dei concetti che presiedono alla regolazione urbanistica di tale tramite viene determinata dal riconoscimento di una nuova base comune razionalizzante, che conferisce a tutte le cose di un territorio aperto un particolare valore insediativo di città nella disciplina dei suoi spazi, regolati da norme che vincolano, anche formalmente, ogni parte della campagna modellandola sui comportamenti dei processi agricoli e sulla presenza umana e riportandone l’insieme alla idea architettonica di città. La nuova forma urbana è creata da questa unità, che deve armonizzare le tipologie agricole e quelle edilizie secondo la convergenza sui modi comuni di sentire l’artificialità del processo di differenziazione dei manufatti edilizi e dell’agricoltura. Si forma così una nuova immagine di città conferita alla campagna, che resta in sé formalmente campagna, ma trova un senso nuovo negli elementi caratteristici dei suoi nuovi valori spaziali. Questo disegno della città dovrà essere certamente legato al paesaggio geografico, e dovranno esserlo più ancora, sia la città in estensione nella campagna, che i centri minori inclusi in essa. Di essi resta ancora aperto il ruolo che dovranno avere nel nuovo ambiente urbano, che

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Su questa linea si è proceduto alla messa a punto di un disegno complessivo di un equilibrio di undici possibili distretti di TRI su scala regionale. Il disegno, sia nelle intenzioni che nella grafia, è caratterizzato da una natura mutevole e dinamica, tale da poter essere continuamente modificata. Questo per aderire ad un idea di definizione territoriale e geografica che non parte da un perimetro, da un bordo, da un confine che è limite per tutto ciò che è dentro e distingue ciò che è fuori; bensì ad un idea che privilegia la interelazione tra punti, linee e superfici, ponendo in secondo ordine l’importanza del limite, che dunque si definisce solo in un secondo momento, una volta enumerate le quantità e stabilite le qualità dell’interno. Con queste premesse si è inteso attribuire alla definizione di distretto alcuni significati che modificano il ruolo acquisito in ambito industriale prima e più recentemente in ambito culturale. Nell’equilibrio dei pesi attribuiti nel definire un’architettura per la declinazione del concetto di TRI, il distretto si è inteso come un territorio di grandi dimensioni il cui disegno supera i limiti amministrativi di province e comuni, attenendosi maggiormente alle emergenze moè la campagna razionalizzata in forma di città aperta nei territori non di concentrazione. In questa futura formazione di spazio urbanizzato avrebbero un valore preminente, gli aspetti caratteristici del paesaggio naturale perché ci sono generalmente molto familiari nel rappresentare ciò che spontaneamente abbiamo sotto i nostri occhi del territorio aperto sul quale ci troviamo. Tuttavia questi aspetti ci sono familiari e li percepiamo immediatamente, solo negli elementi costitutivi di base del paesaggio. Invece il loro insieme presenta tutte le complessità e la incommensurabilità delle cose che popolano l’ambiente naturale e lo fanno ricco di emozioni critiche non facilmente percepibili in un ragionamento di sintesi. Questi sono solo accenni del contributo che l’osservazione del paesaggio può portare, non solo alla sua salvaguardia generale, quando si profila una trasformazione della campagna secondo un ordine più razionale della produzione agricola e della distribuzione degli abitanti, ma anche all’organizzazione ecologica di tutto lo spazio territoriale. In questo caso il paesaggio diventa componente viva e funzionale per la formazione della città-campagna, contribuendo al senso urbano in estensione, che la distingue e deve trovare i suoi elementi di fondo proprio nei limiti di un rapporto dialettico fra la virtualità essenziale degli elementi familiari di un ordine non precostituito, ma significativo della natura come paesaggio, e gli elementi altrettanto familiari che hanno invece l’ordine precostituito delle aree coltivate secondo un preciso disegno che le rende espressive nell’incontro con la gente che ha partecipato alla loro formazione. Si tratta di un grande disegno, che non esendo più una affollata struttura artificiale di concentrazione edilizia per ragioni economiche di servizi o di speculazione di interesse privato, diventa un fatto di nuova architettura, che contribuirà in maniera significativa porre quesiti particolari al nuovo spazio artificiale del territorio. Siamo di fronte allo schema di una futura città in estensione che si presenta come alternativa all’idea più generica e ormai tradizionale di campagna urbanizzata. Penso che questa città possa diventare un termine dialettico molto preciso per la vita dei centri urbani medi e piccoli che ne fanno parte e per quella delle grandi metropoli di concentrazione che vi si contrappongono, con le loro attività creatrici sempre più differenziate.

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numentali, paesaggistiche ed ambientali, a identità culturali particolarmente rilevanti oltre che a tradizioni artigianali di pregio. Nell’ambito di un distretto possono raggrupparsi strutture in grado di offrire fino a 4-5 mila posti letto per il T.R.I. Undici sono i distretti disegnati in occasione della Mappatura prodotta per la Regione Siciliana ma questo numero potrebbe ragionevolmente lievitare raggiungendo la ventina. All’interno dei distretti sono poi riconoscibili i comparti: territori di dimensioni intermedie nell’ambito dei quali sono presenti strutture ed operatori in quantità sufficienti ed in grado da garantire standard qualitativi tali da consentire la possibilità di strutturare offerte che si possono relazionare anche con mercati internazionali in cui la richiesta viene convogliata in moduli dalla soglia minima di 50-60 unità, ed in loro multipli, fino al raggiungimento della soglia dei 500-600. Coordinati dalle politiche del distretto ed in coerenza con esse, nell’ambito dei comparti si curano aspetti relativi ai temi della qualità, della formazione, delle relazioni con le istituzioni ed il sistema bancario, della promozione, della gestione dei marchi e delle relazioni con i fornitori. Così quelle che seguono sono alcune delle occasioni di esercizio della funzione del comparto che, nel caso dell’interesse comune a più comparti, possono passare alla competenza del distretto. Si reputa necessario determinare i requisiti minimi di qualità che devono caratterizzare i servizi offerti dalle microcentralità che aderiscono al comparto e preoccuparsi del costante controllo della qualità. Per la formazione si intende promuovere e gestire iniziative di formazione permanente volte ad adeguare la professionalità degli addetti alle esigenze qualitative prefissate. Sarà necessario anche concorrere all’istituzione e alla gestione di agili scuole professionali che si occupino della formazione di futuri operatori d’area, figure professionali, assieme ad altre, da incamerare successivamente tra i consorziati o da porre nel mercato del lavoro del settore. Per la formazione degli operatori d’Area saranno ben adeguati Master di diverso livello e durata. Le relazioni con le istituzioni e sistema bancario si svolgeranno coinvolgendo istituti di credito in modalità innovative di partecipazione finanziaria al progetto in cui si prevede l’acquisto delle unità immobiliari esistenti (e il relativo restauro), l’acquisto di strumenti, macchinari primari, materie prime e servizi. Per la promozione dell’iniziativa è previsto di: 1. svolgere, anche nell’ambito della stessa attività di formazione, un ruolo promozionale-divulgativo nei confronti dei settori agroalimentare e dei beni culturali, attraverso visite guidate e dimostrazioni al turista;

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2. dare vita ad iniziative promozionali volte a sollecitare una risposta turistica in nuovi territori “ad quem”. Altra importante azione è quella della creazione del marchio per il riconoscimento della qualità. Si prevede la creazione di un marchio di alta qualità organizzando eventi promozionali di diversa natura (campagne pubblicitarie, partecipazione a fiere del settore …) volte al consolidamento, oltre che all’incremento, del valore aggiunto connesso all’uso del marchio. Riguardo alla cura dei rapporti con i fornitori si prevede di stipulare convenzioni per i macchinari, beni, servizi e materie prime al fine di abbassare i costi cui devono far fronte le microcentralità in fase di start-up. I distretti ed i comparti non sono altro che raggruppamenti a scale differenti di più microcentralità, elementi di base della struttura territoriale concettualizzata nel modello di Motris. Tale struttura può coincidere con elementi puntuali, quali bagli, casali, case padronali, castelli, masserie, mulini, ville; o con unità produttive dell’agroalimentare, quali aziende agrituristiche, aziende agricole, cantine, caseifici, frantoi, tonnare, o con micro sistemi insediativi, quali lembi di tessuti abitativi dei centri storici e borgate marinare in prossimità di scali da diporto o infine con ambiti naturali, storici e Z.P.S., quali centri storici minori, parchi, riserve, zone archeologiche. Nell’ambito delle microcentralità operano infine gli operatori d’area, su quattro scale, quella di raggio immediato interno alla microcentralità (quella che raccoglie la maggiore quantità di risorse reali), la scala di raccolta di risorse di dimensioni medie, la scala grande o regionale, la scala di livello interregionale che può dilatarsi fino alla scala euro-mediterranea. Essi si relazionano con soggetti differenti quali finanziatori, amministratori e gestori dei sistemi locali, progettisti dei distretti, esperti della formazione, operatori del marketing territoriale, promotori dei distretti, operatori di base, operatori dell’in-coming, costruttori di relazioni euro-mediterranee ed amministratori locali. 6. I contributi innovativi nelle discipline economiche Bruni e Zamagni,(2003) riguardo alla situazione critica in cui versano i mercati, fanno intravedere che per un verso la crisi riguarda: • il mercato dei beni, perché nei processi produttivi è oggi prevalente l’automatizzazione tramite l’utilizzo intensivo della robotizzazione con espulsione di manodopera che impoverendo l’utenza mette in crisi i mercati di produzione;

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il mercato dei servizi, perché essendo “generici”, sia nel caso di servizi di stato che di servizi privati (ambedue impropriamente competitivi), lasciano insoddisfatta una vasta gamma di “bisogni” che non vengono neanche esplorati. A tal proposito Bruni e Zamagni danno una risposta che muove da considerazioni diverse: «Un banco di prova importante sul quale saggiare la robustezza e la fecondità del discorso sull'economia civile è quello che chiama in causa due delle più impegnative sfide dell'attuale passaggio d'epoca, quella del lavoro e dell'occupazione, da un lato, e quella del nuovo welfare, dall'altro. il tema può essere reso esplicito nel modo seguente. Preso atto che i mercati alimentati dal principio dello scambio di equivalenti tendono a diventare sempre più sottili - dato che, come abbiamo mostrato, vi sono bisogni che non possono venire soddisfatti per mezzo di transazioni regolate dal contratto o dalla gerarchia - in che modo relazioni economiche ancorate al principio di reciprocità possono "ingrossare" i mercati e, per questa via, concorrere a dare una risposta plausibile alle sfide cui sopra si è fatto cenno? E' un fatto, troppo spesso trascurato, che, nonostante la retorica neoliberista oggi in ascesa, le società dell'Occidente avanzato soffrono di una grave incompletezza, quella dei mercati di qualità sociale. Si tratta di mercati sui generis in cui vengono domandati e offerti una speciale categoria di servizi: i servizi alla persona. L'esito di tale carenza strutturale è che molti bisogni non vengono soddisfatti, non tanto perché mancano le risorse, quanto piuttosto perché mancano soggetti di offerta adeguati alla particolare natura di tali servizi. E’ in ciò il contributo decisivo, anche se non l'unico, delle imprese sociali e di quelle civili» (ibid.). Diviene possibile tratteggiare la differenza tra consumatore “fordista” e quello post-fordista, che con le parole da noi usate coincide con una certa parte del periodo post-industriale e dà risposta ai suoi problemi: «Il consumatore dell’epoca fordista delegava, per così dire, l’impresa a rappresentare i propri interessi, con lo Stato che interveniva in posizione di garante e di giudice. Quello post-fordista è un consumatore “globale”, che trova nella società civile il luogo ideale della tutela dei propri interessi. In questo senso, è post-hegeliano per definizione. Se si pensa alle esperienze, in rapida crescita anche in Italia, delle varie forme di consumo critico, di risparmio etico, di banche del tempo, di LETS (Local Exchange Trading Systems), di re-

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gies francesi e di community development corporations23 si riesce a cogliere la portata pratica dell’argomento che si va sviluppando» vive. Per spiegare la collocazione dell’economia civile, che è una risposta all’economia di stato, ma anche alle patologie di ciò che impropriamente è chiamata economia di mercato, Bruni e Zamagni fanno punto sulla storia del mercato e dell’economia moderna, e sul movimento “italiano” postrinascimentale che però, non riuscì a manifestarsi: «L’aggettivo pubblico che veniva associato a felicità, è molto importante: a differenza dell’uso oggi corrente che lo associa all’intervento del governo, in quegli autori dire che la felicità era pubblica significava riconoscere che, diversamente alla ricchezza, la felicità può essere goduta solo con e grazie agli altri: posso essere ricco anche da solo, ma per essere felici occorre essere almeno in due. Inoltre questa felicità è pubblica perché riguarda non tanto la felicità dell’individuo in quanto tale ma aveva a che fare con le pre-condizioni istituzionali e strutturali che permettono ai cittadini di sviluppare (o, in assenza, di non sviluppare) la loro felicità individuale: l’economista civile, quindi, non vuole insegnare alle persone l’arte di esser felici, ma indica al governante o al politico le pre-condizioni da assicurare per far sì che ciascuno possa fiorire come persona, o, come diceva Verri, suggerisce i modi “per rimuovere le cause dell’infelicità”. L’idea di felicità, relazionale e pubblica, e quindi il suo indissolubile rapporto con le virtù civili e la sua logica paradossale, è dunque un’importante caratteristica e un elemento di peculiarità dell’approccio “italiano” alla felicità, originale sia rispetto agli autori di oggi, sia a molti degli autori del tempo (Maupertius, Bentham, e sotto certi aspetti, lo stesso Smith), influenzati (come, in parte, anche gli italiani del resto) dalla filosofia edonista e sensista, senza però essere saldamente attaccati alla tradizione umanista. La felicità della tradizione dell’economia civile è pubblica perché ha a che vedere con il bene comune, che è il fine dell’attività di governo, della “scienza dell’amministrazione”, e quindi deve diventare l’ideale del buon governo del 23 Un LETS è un’associazione di famiglie e individui che organizza lo scambio di beni e servizi sulla base del principio della reciprocità. Nati in Canada, i LETS si sono diffusi rapidamente in Inghilterra, negli USA, in Australia e in tanti altri paesi. Uno dei motivi di successo dei LETS è il fatto che in essi si possono scambiare servizi e professionalità che non hanno un prezzo sul mercato privato – risorse umane, dunque, che resterebbero inutilizzate. L’esperienza italiana della banca del tempo – la prima delle quali sorta a Parma nel 1991 ad opera di un gruppo di anziani – si colloca in tale contesto. D’altro canto, le community development corporations americane e le regies francesi sono organizzazioni non profit impegnate nella rivitalizzazione dei quartieri, i cui soci sono gli stessi abitanti del quartiere i quali si sentono protagonisti dei programmi di sviluppo economico e sociale che vengono intrapresi.

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sovrano, “che è supremo e indipendente moderatore per la pubblica felicità, cioè per la felicità di tutto il corpo e di ciascun membro» (ibid.). A noi pare che questo orizzonte fornisca interessanti modifiche nella valutazione dei mercati dei beni e dei mercati dei servizi e faccia intravedere tra gli uni e gli altri delle connessioni inedite che illuminano meglio quanto noi intravediamo con la introduzione nei mercati del Turismo Relazionale Integrato. L’economia civile inoltre offre l’orizzonte nel quale va valutata l’affermazione di Stiglitz: «La globalizzazione, oggi, non funziona per molti poveri del mondo. Non funziona per gran parte dell’ambiente. Non funziona per la stabilità dell’economia globale. La transizione dal consumismo all’economia di mercato è stata gestita talmente male che, fatta eccezione per la Cina, il Vietnam e qualche paese dell’Europa orientale, la povertà è aumentata a dismisura e i redditi sono crollati». L’idea da noi sostenuta di uno “sviluppo di affiancamento” allo sviluppo oggi dominante l’abbiamo valutata secondo punti di vista della pianificazione territoriale e relativa alle “risorse reali” dei vari territori esterni allo sviluppo industrialista e post-industriale. Le tesi sostenute da Bruni e Zamagni costituiscono una sponda innovante nel piano economico che può contribuire ad inquadrare aspetti cornice su cui riferire lo “sviluppo di affiancamento” che muove da un rilancio del ruolo primario dei mercati reali. Il TRI deve poter arrivare nei mercati direttamente (e cioè senza mediatori) e capillarmente, cioè coinvolgendo direttamente ogni turista relazionale. Il primo passo in questa strada è facile ed è reso possibile dalle tecnologie informatiche, mettendo in atto con decisione le sue capacità di relazioni orizzontali, animandole con quelle “microcentralità” che sono state illustrate quali punti recettivi e attivi. I punti delle microcentralità produttive sono distribuiti nel territorio in maniera diffusiva e potenziati attraverso quella loro messa in rete che consente la formazione dei “comparti” dei “distretti” e delle “porte di distretto” dotate, questi ultime, di sistemi informativi territoriali integrativi e più potenti di quelle delle singole micro-centralità. Inoltre le “porte” dovranno essere attrezzate come punto di servizio per tutte le attività in atto e potenziali del “distretto” stesso. In questo modo le tecnologie telematiche divengono strumento di avvio e di alimentazione per una gamma di relazioni vasta ma compatibile con la capacità, che normalmente possiede qualsiasi persona, nell’avere relazioni interpersonali senza che un numero eccessivo di esse distrugga l’autenticità e la ricchezza stessa della relazione. L’interazione tra i soggetti varia in una gamma

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che a partire dagli affetti più intimi e costanti, come quelli familiari, può arrivare ad apprezzare molte altre conoscenze anche se non approfondite allo stesso modo. Sul piano della capillarità di mercati da suscitare e da mantenere, l’innovazione deve riguardare anche l’acquisizione di competenze adeguate ad offrire il prodotto - ambiente secondo una capacità di rappresentazione territoriale autonoma in modo che dalla ricchezza delle immagini degli ambienti e dei paesaggi locali divenga agevole attrarre, o mantenere viva nel tempo l’attenzione della clientela del TRI. 7. Quattro tipi di affiancamento Con il TRI si avvia un settore sperimentale che può considerarsi interno ad uno “sviluppo di affiancamento” con cui si sostenga e insieme venga innovato il tipo di sviluppo che ha condotto alla globalizzazione. Per penetrare ulteriormente la natura di questo “affiancamento” e dei suo processi possiamo ricorrere ora ad alcuni aspetti e analizzarli sommariamente. Il modello di sviluppo industrialista e post-industrialista ha determinato le grandi concentrazioni urbane dei secoli XIX e XX e vede ancora oggi proseguire questa tendenza che viene di stigmatizzata dal recentissimo rapporto dell’ONU di “Habitat” quando, trattando dell’urbanesimo contemporaneo, calcola i baraccati del mondo pari a circa 1 miliardo, cioè un quinto della popolazione. Senza nessuna velleità di confrontarsi con questo colossale fenomeno, e quindi in un segmento di dimensioni minori, il TRI si orienta tuttavia ad un modello di affiancamento che assume caratteri diffusivi nel territorio, cioè che suggerisce una tipologia di sviluppo in controtendenza con quella rovinosa delle grandi concentrazioni che da dati recenti calcola i nuovi inurbati nel mondo nell’ordine di 170 milioni all’anno. Tale controtendenza che potrà costituire processi che con il tempo mostrino una moderna maniera di ripopolare i territori ex agricoli, almeno in certe parti del mondo a partire, probabilmente, da quelle più ricche di storia e di valori naturali. I processi suggeriti in Motris fanno leva: • sull’organizzazione territoriale “a punteggiata” e animata dalle microcentralità di cui si è detto • sulle reti (messe a sistema) delle micro-centralità stesse che ripopolano la campagna e si collegano con modalità e prospettive nuove alle centralità piccole, medie e grandi dei paesi e delle città che presidiano gli stessi territori.

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. Un necessario contributo alla determinazione di uno scenario positivo è dato dall’operatore del TRI che agisce come fattore determinante della microcentralità territoriale in quanto depositario di una cultura del luogo (o comunque dovrebbe esserlo, in accordo alle teorie dello sviluppo locale basato sul modello knowledge based24). Il rapporto biunivoco tra le reti di micro-centralità e la loro potenzialità produttiva integrata, che arricchiscono di nuovi presidi diffusi i territori extraurbani e le centralità tradizionali dei paesi e delle città piccole e grandi continuando ancora oggi a presidiare i territori, aumenta con modalità diffusiva il livello e i loro valori di centralità. Le reti relazionali salgono a più importanti significati di quelli del passato tra i centri urbani e quelli che erano intesi i loro hinterland. Ciò riguarda le relazioni sia produttive che culturali e con ciò si offre un incremento imprevedibile dei valori di centralità dell’intero territorio considerato, con conseguente incremento della sua attrazione nei confronti delle relazioni esterne. Un secondo tipo di processo di affiancamento consiste nella tipologia di mercato. Con il TRI, alla moltiplicazione dei tramiti e dei servizi e all’accentramento della guida delle aziende mercantili, si affiancano modi nuovi di diffusione e di offerta la cui capillarità si riflette sia nella offerta sia nella richiesta. Vi è inoltre un terzo processo di affiancamento che muove dall’uso di tecnologie, e in particolare nella innovazione applicativa di quelle telematiche, che offrono occasioni di comunicazione orizzontale diffusiva. Un interessante episodio applicativo, sostenuto dalla UE, è stato quello che ha costruito dei partenariati tra le regioni marginali della UE stessa. Questo può potenziarsi in altro modo quando le “microcentralità” del TRI sparse nel territorio agricolo assumono una direzione correttiva e integrativa andando dalla periferia verso il centro. Nel nostro caso infatti considerando le micro-centralità sparse nel territorio, e i paesi o le città sia contigue sia discontinue e remote, la comunicazione si muove dai punti sparsi sul territorio agricolo orientandosi verso altri punti di questo o verso le concentrazioni urbane e viceversa. Si determina così un affiancamento correttivo all’aspetto che in questo campo sopratutto da due secoli ha assunto lo sviluppo dominante il quale tende costantemente ad orientare il maggior volume di comunicazione verso le concentrazioni urbane e da esse ridistribuire verso i piccoli punti del territorio, informando l’opinione

24 A tal proposito si rimanda ai testi di Ancarani e Valdani (2000) e il volume curato da Vigorelli (2000).

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pubblica dal centro alla periferia e non viceversa o reciprocamente, e modellando così i mercati consumistici. Un quarto processo di affiancamento nei confronti del modello di sviluppo oggi dominante potrebbe configurarsi nel rafforzare in maniera qualificata il panorama delle micro-piccole-medie-imprese e nel riportare processi significativi dell’impresa a “misura d’uomo” fuori dalla influenza immateriale dei “mercati finanziari” per ridare valore pieno ad un segmento innovante e altamente qualificato dei “mercati reali”. I quattro tipi di “affiancamento” al modello di sviluppo post-industriale oggi prevalente sono evidentemente esemplificativi e propongono una maniera apprezzabile e sufficiente per mantenere stretto il legame di senso con la dimensione delle relazioni intersoggetive culturali centrate sui valori della concreta sensibilità corporea insiti negli infiniti modi di vivere nell’ambiente rendendo variabili funzionali e non indipendenti le dimensioni immateriali e virtuali che connotano i sistemi finanziari omologanti della globalizzazione. Perché il quadro dei processi di affiancamento sia realizzabile è necessario, per i soggetti operatori del cambiamento, possedere un quadro formativo di carattere interdisciplinare che li metta in grado di apprezzare i mercati reali basati sulla messa in valore dei beni relazionali. Si debbono poter determinare tipologie di processi di affiancamento che possono ammortizzare, in maniera diffusa nei territori, eventuali crisi (o macrocrisi) del sistema produttivo e socio economico locale. Proprio la diffusione o capillarità dei segmenti di attività legati allo sviluppo di affiancamento nei territori fa intuire quanto questo tipo di ammortizzatore da micro area possa essere di ausilio fondamentale a quelli già esistenti come il FMI, (da macroarea) che fu pensato fin dal 1944 in una versione efficace, ancora però non raggiunta. Con la prospettiva di un tipo di TRI è descritto, per alcuni territori uno degli aspetti che potrà assumere conseguenze significative di riterritorializzazione dell’economia. Ce ne potranno essere di migliori, ma quello proposto ha tre caratteristiche che mostrano come esso non abbia nulla che faccia pensare ad un ritorno al passato. Le sue tre caratteristiche: a) quella di nuovi panorami della “innovazione applicativa” delle tecnologie; b) quella della rivalutazione armonica dei territori antropizzati, e c) quella di una formazione interdisciplinare necessaria per la nuova figura di imprenditore (o operatore d’area), danno uno spaccato della modernità dell’operazione e del suo equilibrato vigore con intuibili capacità di sviluppo futuro.

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Il TRI realizza così una forma definita di ri-territorializzazione della economia, che interessata a percorrere anche i sentieri del sesto continente, quello della storia, offre al mediterraneo un sentiero attraverso il quale ricollocare se stesso nel mondo attuale con ruoli centrali correttivi e integrativi per la globalizzazione e i suoi squilibri. In qualche modo la proposta intrinseca al TRI è fortemente produttiva e capace di esplorare e mettere a frutto immensi giacimenti di risorse reali che sono differenti da area ad area e espressione delle varie identità socio culturali e geografiche. In essa di rispecchia la differenza che Raffael Elvira illustra tra l’economia della qualità della vita e quella del PIL, nel senso che la seconda non va trascurata ma l’obbiettivo costante e immediato resta la prima in un quadro di recupero armonico delle strumentazioni, tecnologie, capacità organizzative (ecc.) che rivoluzione industriale e post-industriale sono riusciti a mettere a punto. 8. Articolazione territoriale e forme relazionali In Motris è possibile distinguere i seguenti principi direttori come guida per la ricerca: • turismo relazionale che implica un diverso rapporto tra operatori turistici ed utenti beneficiari (non più soltanto turista ma partner delle realtà microimprenditoriali); • approccio integrato: le tante componenti dei turismi vengono connessi in modo da raggiungere obiettivi strategici connessi allo sviluppo locale; • dimensione regionale delle relazioni interdistrettuali e della governance istituzionale; • territorializzazione, concentrazione e selezione dei sistemi territoriali da integrare: centri storici delle aree interne, porti turistici esistenti e di progetto e agriturismo/turismo rurale • mappatura: creazione di database, georeferenziazione, interpretazione e immagini territoriali per lo sviluppo locale in chiave di turismo relazionale; La mappatura del TRI prevede per la situazione siciliana una articolazione in distretti, in comparti interni ai distretti, e in cerniere di raccordo. I distretti di TRI sono entità di buona consistenza ricettiva e, riferiti alla organizzazione istituzionale del territorio essi sono di livello sub-provinciale (ogni distretto dovrebbe poter ospitare in bagli, masserie, ville e paesi albergo intorno ai 4-5 mila persone) e debbono poter contare su “porte del distretto” che normalmente coincidano con città o grossi centri abitati. I “comparti” sono entità in-

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terne al distretto di una consistenza ricettiva di 600-1000 posti letto. Le “cerniere” sono fasce territoriali di raccordo tra distretti, il cui ruolo è soprattutto di sostegno nel centro Sicilia, anche per iniziative isolate prese in territori che in genere sono più lontani dalle “porte” e di lenta messa in moto come sistema generale nel territorio. Passando dal territorio agli uomini, un breve cenno va fatto ai club di TRI previsti al livello regionale o sub-regionale, con la prospettiva di interclubs di livello mediterraneo che dovrebbero incrementare e facilitare le relazioni tra le fasce sud-sud e soprattutto quelle sud-nord, e quelle nord-nord di questo mare interno animando gli scenari del TRI. La prospettiva di una diffusione di recettività puntuale di tipo relazionale in ambedue i versanti mediterranei (nord e sud) aumenta la forza relazionale nei vari sistemi e fa comprendere come essi non vanno tanto qualificati in quanto a concorrenza ma piuttosto in quanto a cooperazione creativa fondata su ampi ventagli di accordi cooperativi anche nell’indirizzare i piccoli, ma numerosi, flussi della clientela. I sistemi (e di conseguenza i club25) possono essere di vario genere nel senso che non è il territorio a definirne l’aggregazione, ma possono anche seguire criteri di scelta per temi e settori di interesse, indipendentemente dalla zona moltiplicando così le tipologie delle relazioni culturali e produttive, tra individui, tra distretti e tra club con una libera sovrapposizione di reti diverse per dimensioni e interessi. Per l’attuazione delle politiche di sostegno finanziario nell’isola, si potrà fare riferimento alle strumentazioni programmatiche di Agenda 2000 anche puntando al periodo successivo a quello attuale (2000-2006). Come è noto infatti, nel POR Sicilia sono presenti agevolazioni e supporti finanziari pubblici orientate alla realizzazione di infrastrutture alla qualificazione delle risorse umane ed all’aiuto finanziario delle imprese per facilitare i processi di innovazione delle realtà rurali produttive e/o ricettive nonché per il recupero delle strutture esistenti e dell’ambiente. 9. Le fasi del lavoro Il lavoro prodotto muove da una lettura critica delle informazioni volta alla definizione di una struttura interpretativa del settore turistico dominante e del-

25 A tal propossito si confronti l’ipotesi di Motris con quella contenuta nell’indagine sul turismo in Sicilia svolta per conto della Regione siciliana nel 2000 (Aa.vv., 2001b).

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le potenzialità di affiancamento di importanti realtà attive (o da attivare ma comunque non ancora strutturate) all’interno di un sistema organico. In un secondo momento sono state svolte alcune considerazioni volte ad approfondire uno studio dei punti di debolezza dell’entroterra finalizzato a tradurre l’arretratezza in opportunità strategica; a determinare le premesse per la definizione di aree omogenee entro cui, individuati oggetti e soggetti, potere applicare i criteri del turismo relazionale; a definire alcune proposte progettuali per l’ empowerment dei valori territoriali su cui si fonda il nuovo assetto gerarchizzato del territorio che si riflette sulla organizzazione del nuovo turismo relazionale ed integrato. 10. La definizione propositiva dei distretti relazionali In Motris i distretti relazionali sono aree complesse a geometria variabile in cui si registra il disegno mutevole di undici ambiti territoriali di relazione economico-produttiva sulla base di prossimità paesaggistiche e radicamenti culturali. La analisi critica delle realtà quali-quantitative riconoscibili si è concentrata intorno ai nodi dei tre settori considerati prioritariamente come struttura di base: a) centri storici, b) porti turistici nel sistema dell’accessibilità generale con le aree interne e c) realtà ricettive e produttive rurali. Attraverso la raccolta dei dati e la loro localizzazione di massima nel territorio regionale (strategia principale della mappatura) si è proceduto alla definizione qualitativa e quantitativa dei distretti di turismo relazionale integrato segueno: 1) L’alcamese e l’agro ericino; 2) Trapani-Marsala-Mazara: il sale e la piana del vino; 3) Il Belice e le pietre della storia; 4) L’alto Belice e l’approdo corleonese al sistema centrale dei Monti Sicani; 5) La terrazza sullo Stretto; 6) L’Irminio e la corona della contea di Modica; 7) I tre Parchi e il catanese; Nello studio è inserito un modello di rappresentazione ed un progetto pilota: il caso del distretto UTRAS delle valli dell’Anapo e del Cassibile. 11. L’elaborazione dei dati Con l’ausilio dei dati raccolti nelle Linee guida per il Piano Territoriale Paesistico Regionale è stato possibile incrociare le informazioni sulle attività produttive. Nell’analisi integrata sono emerse le possibili microcentralità del sistema ricettivo e produttivo innestato sugli ambienti naturali e intessuto dei legami interrotti tra i beni culturali, storici e testimoniali.

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Elementi puntuali Aziende Agrituristiche • Bagli • Casali • Case padronali • Castelli • Masserie • Mulini • Ville Unità produttive dell’agroalimentare: • Aziende agricole • Cantine; • Caseifici; • Frantoi; • Tonnare. Micro sistemi insediativi: • Lembi di tessuti abitativi dei centri storici; • Borgate marinare in prossimità di scali da diporto; Ambiti naturali, storici S.I.C. e Z.P.S.: • Centri storici minori; • Parchi; • Riserve; • Zone Archeologiche. La mappatura dei sistemi elencati si accompagna alla sistematizzazione di banche dati relative ai seguenti settori: • movimento turistico (alberghieri, extralberghieri e complessivi), dati relativi a territori sedi di A.S.T. e A.P.T.; • movimento turistico complessivo per Province; • elenco agriturismi in Sicilia26 • bagli e masserie in Sicilia27; • Borghi rurali fondati nel periodo del fascismo; • elenco delle ditte produttrici nel campo dell’olivocoltura; (A.q.v.v,2002) • elenco paesi albergo; 26 Da Aa.vv. (2001a) e Aa.vv. (2003). 27 Fonte: Ass.to Agricoltura e Foreste, Regione Siciliana.

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• • •

dati sulla ricettività alberghiera (dati APT); elenco aziende di turismo rurale; elenco aziende vitivinicole e di quelle che hanno ricevuto premi per la qualità dei vini prodotti (manifestazioni: Wine Day, Torino, Vinitaly). L’insieme dei dati disponibili ha dato la possibilità di interpretare la situazione delle tendenze e giungere alla proposizione dei distretti a partire dalla presenza di operatori le cui caratteristiche imprenditoriali presentano aspetti di prossimità, analogia o semplice disponibilità di adesione ai criteri del TRI. I distretti relazionali sono rappresentati in modo selezionato rispetto alle mappature tematiche regionali. Nel caso del Val d’Anapo nello studio sono presenti elaborazioni territoriali prodotte autonomamente e utilizzate come base delle azioni plurali di sviluppo locale oggetto di applicazione dei programmi negoziati di ambito territoriale28. 12. Le politiche possibili Le azioni da compiere per costruire la strumentazione normativa di sostegno alla iniziativa Motris sono legate alle condizioni per lo sviluppo locale descritte in precedenza e che qui possono ulteriormente essere riferite ai risultati della ricerca. Le condizioni necessarie allo sviluppo del TRI sono: • il supporto finanziario degli istituti di credito locali anche coinvolgendo le esperienze innovative del microcredito e delle banche etiche, facendo leva sul tessuto dell’imprenditoria locale colta nel livello di sviluppo effettivamente raggiunto senza il riferimento a saggi di profitto di riferimento internazionale; • consapevolezza delle risorse locali e capacità di auto rappresentazione secondo codici altri senza rischiare l’omologazione culturale29; • capacità e competenze di attrazione di domanda direttamente nei mercati in cui si crea la domanda di TRI; • presenza di forze interne e/o esterne per l’animazione territoriale al fine di rendere possibile la creazione di consorzi, coalizioni territoriali strategiche (momentanee, flessibili, temporanee come condizione per evitare la duplicazione dei soggetti istituzionali e la possibile interruzione delle garanzie dei processi decisionali democratici); 28 A tal riguardo si veda Grasso, A., Urbani, L. (2001) (a cura di), L'approccio integrato allo sviluppo locale. Il sistema locale Val D'Anapo, Angeli, Milano. 29 A tal proposito vedi Marsh e Trapani, F. (2003).

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• •

disponibilità di risorse umane in grado di compiere il necessario trasferimento di conoscenze per l’applicazione in attività ad alto valore aggiunto (del tipo resource and knowledge based); volontà politico istituzionale di ripresa del modello di governance che comprende il protagonismo degli enti intermedi in cui la sussidiarietà30, per essere pienamente operativa ed efficace (per velocizzare i processi progettuali e decisionali, conformativi ed autorizzativi, ecc.) e per garantire la continuità sinergica tra la pianificazione ordinativa e la programmazione strategica a livello territoriale. Le politiche avvistate nella ricerca e proponibili per l’animazione dei distretti relazionali e delle attività di turismo relazionale integrato possono essere sintetizzate nel modo seguente: gestire le relazioni con le istituzioni e con il sistema bancario, coinvolgendo questi ultimi in modalità innovative di partecipazione finanziaria al progetto a sostegno del rischio imprenditoriale e sulla base delle qualità progettuali anziché soltanto sulle garanzie fidejussorie; svolgere, anche nell’ambito delle indispensabili attività di formazione, un ruolo promozionale-divulgativo nei confronti dei settori agroalimentare e dei beni culturali, attraverso visite guidate e dimostrazioni al pubblico (turisti). dare vita ad iniziative promozionali volte a sollecitare una risposta turistica in nuovi territori “ad quem”.

30 Il principio ideologico-istituzionale di sussidiarietà (cfr. Salvatore Battaglia-Giorgio Bàrberi Squarotti, Grande dizionario della lingua italiana, Utet, Torino 2000, p. 579) è originario della dottrina sociale cristiana di ispirazione cattolica che poi è stato recepito in vario modo in altre concezioni democratico liberali della società e dello Stato, secondo cui le strutture e le istituzioni politiche di livello superiore (prima dello Stato ed oggi di quelli sopranazionali quali la Unione Europea ad es.) hanno il dovere di prendersi cura solo degli aspetti del bene comune (ad es. difesa, politica monetaria, ecc.) a cui non possono provvedere adeguatamente le strutture e istituzioni di livello inferiore (corpi sociali intermedi) come le comunità locali, le organizzazioni professionali, sindacali, del volontariato, (in particolare di quelle che fanno capo alla Chiesa) e le altre organizzazioni libere ossia di diritto privato (associative, cooperative, imprenditoriali). In questo caso il termine è riferito non tanto alle origini della dottrina sociale della Chiesa ma alle recenti declinazioni di senso politico-operative soprattutto nell’ambito delle pubbliche amministrazioni locali rispetto al ruolo attivo dei cittadini. Ciò implica per il TRI che le microcentralità produttive assumono un ruol o fondamentale nel riequilibrio territoriale come tessuto di sostegno minimo alla sostenibilità delle politiche di sviluppo autocentrante. Si veda a tal proposito il riferimento all’art. 118 della Costituzione italiana (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”) della “Carta della sussidiarietà” presentata in occasione della prima convenzione nazionale sulla sussidiarietà, Roma 12 marzo 2004, promosso da Cittadinanza attiva. In questo documento si evidenzia il rapporto fattivo che deve essere concretamente svolto tra cittadini ed istituzioni tutti attivati per la valorizzazione dei beni comuni e ciò costituisce uno dei principali fondamenti della democrazia nello Stato.

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promuovere la formazione di soggetti intermedi chiamati “Comparti del Distretto di TRI” per affrontare i freni allo sviluppo cui non può far fronte un singolo imprenditore d’area. • concorrere all’istituzione e alla gestione di corsi, scuole professionali, master di specializzazione (di primo e secondo livello), che si occupino della formazione di futuri operatori d’area, figure professionali da incamerare successivamente tra i consorziati o da porre nel mercato del lavoro del settore a livello nazionale e intermediterraneo, • creare, per ogni distretto, un marchio di alta qualità unitamente alle certificazioni di nuova generazione, ed organizzare eventi promozionali di diversa natura (campagne pubblicitarie, partecipazione a fiere del settore…) volte al consolidamento, oltre che all’incremento, del valore aggiunto connesso all’uso del marchio. Le istituzioni regionali e provinciali potranno formulare iniziative che favoriscano anche con apposite risorse, il decollo dei “comparti” e il conseguente avvio dei distretti. Motris intende perseguire l’innovazione nell’offerta turistica come volano dello sviluppo locale puntando all’interpretazione contestuale di principi già largamente utilizzati nel settore secondo la generale tendenza all’integrazione territoriale. Tali principi possono essere riassunti nei seguenti termini: a) costruzione/alimentazione di reti, b) creazione/rigenerazione di comunità locali, c) qualità totale dei processi produttivi e sociali, d) valorizzare il radicamento territoriale delle imprese, e) favorire l’integrazione sociale, f) tutelare il radicamento culturale. Vi sono buone ragioni per approfondire il tema con un'indagine sul sentimento di appartenenza territoriale degli imprenditori turistici e, tramite il loro coinvolgimento, creare una rete tra le loro competenze. Il turismo può essere inteso come uno degli elementi che può contribuire a tenere insieme i soggetti della comunità locale ed alimenta l’appartenenza socio-territoriale. Con lo sviluppo delle attività relazionali tra sistema interno e domanda esterna viene continuamente sollevato il tema dell’identità locale rispetto alle politiche di sviluppo locale (recupero edilizio e naturale, tutela dei monumenti e degli ecosistemi, rigenerazione sociale, promozione dell’iniziativa locale, valorizzazione economica, patrimonializzazione culturale) secondo le sostenibilità ambientali, sociali, culturali, economiche ed istituzionali. (Magnaghi, 2000) Ogni prodotto che proviene dalle attività delle microcentralità che animano il distretto relazionale deve riflettere non solo la cultura degli artefici ma anche

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essere in grado di superare i controlli di qualità che riguardano anche i contesti ambientali in cui la manifattura viene realizzata. L’attenzione ai processi di produzione sarebbe comunque insufficiente e non si esaurisce con la certificazine ambientale ma si completa con la considerazione degli aspetti sociali e culturali caratteristici degli approcci relazionali. Per i responsabili di attività turistiche i caratteri personalizzati delle attività rese possibili dal T.R.I. sono già apprezzati da una clientela non omologata anche (e per alcuni soprattutto) perchè gli atteggiamenti verso la professione non sono orientati unicamente al profitto. I rapporti con la comunità locale sono continui ed indissolubili; l’attaccamento al territorio ha motivazioni profonde. Ogni volta che un’attività imprenditoriale si afferma sui mercati internazionali e questa esprime un radicamento territoriale è necessario che i distretti ne tengano conto in termini di pieno coinvolgimento organizzativo senza che ciò comporti un aggravio per l’azienda stessa. Se le pratiche di promozione dei prodotti di una data azienda testimoniano un sentimento di appartenenza alla dimensione sociale del territorio locale, questo deve essere parte dell’offerta turistica e contribuire alla formazione del valore aggiunto specifico di un dato distretto. Il problema dell’integrazione sociale dei soggetti coinvolti direttamente e indirettamente nell’attività dei distretti deve essere risolto curando l'impatto del turismo sulla comunità locale che deve essere governato e non lasciato, come avviene normalmente, alle sole regole del rapporto a senso unico in cui la domanda tende a prevaricare e condizionare l’offerta. 13. Scenari di riferimento Il turismo relazionale, mettendo in corrispondenza equitativa l’offerta locale di risorse territoriali, umane e ambientali consente di creare contatti tra le culture locali site a diverse distanze. Questa non è solo da considerare come una condizione critica ma anche come opportunità preziosa. Le diversità di appartenenze territoriali e di valutazione degli effetti del turismo sulla comunità locale possono essere registrate per determinare i distretti relazionali. Inoltre sempre per ogni azienda si tratta di mettere a punto: una attrezzatura telematico informatica usata con innovazioni applicative e staffata da consulenze grafiche, storico – letterarie ecc. Le sue immagini e la sua voce dovranno diramarsi capillarmente nei mercati, entrando in modo gradevole e convincente nelle case delle nuove conoscenze o dei vecchi amici di Colonia, Parigi, Hannover, Valencia, Cairo, Malta, Atene, Casablanca ecc. I mercati vengono animati dal basso gradualmente costruendo e alimentando una clientela co-

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stante, capace di ritorni periodici. Un equiturismo in Toscana registra le percentuali di clientela “che ritorna” intorno al 70%. Con questa duplice condizione per la gestione delle singole piccole recettività, l’interno della Sicilia si riempirebbe delle “microcentralità” che in modi moderni, farebbero evolvere dalla Sicilia una controtendenza al diffuso tipo di quell’inurbamento provocato dalla suite indutrialesimo-postindustria e che ancora oggi insiste con un ritmo di 170 milioni di nuovi inurbati ogni anno e che secondo Lewis Mumford (1977), sta conducendo la città ad essere: metropoli, e poi megalopoli, gigantopoli e prossimamente … necropoli. Proprio nel rilancio di ciò che può diventare la campagna, cioè una parte della “città in estensione” secondo la intuizione di Giuseppe Samonà, è possibile reperire l’antidoto necessario. Quando un tessuto di microcentralità sarà diffuso nel grande “cuore interno” della Sicilia, gestirà e diffonderà anche fuori dell’isola i silenzi e la pace e, sullo sfondo, l’eco della cultura contadina. L’animazione di una nuova relazionalità incrementerà di riflesso anche i valori di centralità dei paesi e delle città tanto che la Sicilia stessa aumenterà i suoi valori di centralità e la forza d’attrazione turistica in modo selezionato. Il rispetto della priorità organizzativa locale rispetto a quella dell’ottimizzazione della offerta verso l’esterno deve essere osservato mettendo a sistema le varie opportunità. Infatti si deve tener conto anche della tentazione di molti siciliani di irridere alle connessioni tra iniziativa e iniziativa che di fatto tende a far riaffondare le “reti” appena cucite una volta che si sono raccolti i primi risultati (i finanziamenti pubblici - quando vi sono - o i primi pacchetti turistici internazionali di una certa consistenza). Ad un operatore locale - produttore di un ottimo vino, vicino ad altra azienda di ottimo olio e, appena più in là, ad un altro ancora produttore di un formaggio di qualità, e situato al margine di un sito archeologico - può accadere di pensare alla possibilità ed utilità di collaborare con diversi operatori vicini alla sua impresa turistica e nella conseguente ricerca dei contatti necessari alla realizzazione della rete di relazioni, mentre come tutta risposta, finisca col costatare che “gli altri” non intendano affatto aderire alla sua proposta. Con queste esperienze di fallimenti relazionali dovuti alla sostanziale mancanza di fiducia (negli altri imprenditori percepiti forse non tanto come minacce quanto come possibile intralcio, nelle istituzioni avvertite come fonte di impedimenti burocratici o come sorgenti di privilegi, nelle risorse territoriali intese come vincoli all’espansione della propria intrapresa, ecc.) ci troviamo posti davanti a quel conosciuto, autentico limite dell’attore d’impresa nel Mezzogiorno.

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Si tratta semplicemente di una sfida da raccogliere e da vincere utilizzando le risorse della ricerca scientifica come supporto dell’azione/concertazione sia imprenditoriale sia politica mirata allo sviluppo locale autosostenibile connessa ma non schiacciata rispetto alle reti lunghe delle catene di valore mondiali. 14. L’internazionalizzazione L’internazionalizzazione derivante dalla richiesta (che in genere si lega a mercati forti) porta oggi con sè i fenomeni prevalenti di de-territorializzazione dell’economia. Con essa si lega, direttamente o di riflesso, la prospettiva, che prima paventavamo, dell’esproprio del valore aggiunto - in toto o in buona parte – derivante anche della gestione e messa a frutto del grande patrimonio che possiamo mettere in gioco nel settore turistico. Motris propone invece quella “riteritorializzazione dell’economia” che segnerebbe il passaggio ad un’altra fase della globalizzazione. Per Stiglitz (2003) la «globalizzazione, oggi, non funziona per molti poveri del mondo: Non funziona per gran parte dell’ambiente. Non funziona per la stabilità dell’economia globale: la transizione dal comunismo all’economia di mercato è stata gestita talmente male che fatta eccezione per la Cina ed il Vietnam e qualche paese dell’Europa orientale, la povertà è aumentata a dismisura ed i redditi sono crollati. Per alcuni la risposta è semplice: abbandonare la globalizzazione. Questo però non è fattibile, né auspicabile». E’ anche evidente come sia impossibile insistere con i ritmi omologanti tentati nei lustri passati che lo stesso Stiglitz descrive come origine di insuccesso della globalizzazione. L’automatizzazione e robotizzazione espellono manodopera dalla produzione, ovunque e soprattutto nei paesi sviluppati. Oggi è crisi nascosta degli Stati Uniti. Bisogna correggere ed integrare la globalizzazione e si può fare attraverso una tipologia di “sviluppo d’affiancamento” con cui immettere condizioni che accettino ritmi diversi e tali da avere nelle varie parti del mondo forme avanzate e ricche di know-how che favoriscano, con innovazione specifica, una diffusa ri-territorializzazione dell’economia e nuove tendenze occupazionali distribuite nei territori. È la salvezza del mondo che si richiede anche per evitare tragici scontri tra ricchi e poveri. E’ vero che, anche se di poco, la povertà diminuisce nella sua dimensione di miseria più nera, ma contemporaneamente si allarga anche la forbice tra i pochi ricchi e i moltissimi poveri, cioè si assottiglia nel mondo quella classe media che sostiene i mercati e che si è affermata con le prime fasi della de-territorializzazione e con il finanziarismo.

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La strada da intraprendere si configura attraverso una internazionalizzazione che ri-territorializzi l’economia, e su questo punto vale la pena aprire una parentesi considerando che nel passaggio attuale (come nel 1932, con la ripresa fordista dopo la crisi del ’29) gli USA e mondi in veloce sviluppo come quello cinese, quello indiano, i paesi est-europei e così via mostrano alto volume di investimento e forte incremento del pil: paesi cioè lanciati e in piena corsa nello sviluppo economico. Ma il dibattito anziché pervenire a conclusioni dirette, ha fatto gradualmente considerare come questo genere di dati possono avere un significato in chiave fordista e un altro nella chiave di quel post-fordismo la cui crisi è oggi emergente dato che «a nessuno può sfuggire che il confine tra la sfera dell’impiego e quella delle attività lavorative è nella società post-fordista sostanzialmente lo stesso di quello in essere durante la lunga fase di sviluppo della società fordista. E’ questa la vera rigidità che occorre superare, e in fretta, se si vuole avviare a soluzione il problema della disoccupazione» (Bruni e Zamagni, 2004). Con il post-fordismo, nel settore dei beni, le macchine lavorano e gli uomini vengono mandati a casa, mentre il settore dei servizi, ancora rozzo, non può assorbire forza lavoro. La classe media perde così potere di acquisto e si apre ancora più la forbice tra poveri e i ricchi, sempre più ricchi perché è il lavoro delle macchine ad arricchire nel sistema che essi governano. Il “confine” di cui si parla, ben leggibile nel quadro dei finanziamenti e in quello del Pil, è duplice. Da un lato è un confine tipologico, poiché costituisce un problema nei paesi post-industriali, (Europa e Giappone e anche USA la cui ripresa è indebolita dai debiti sia di Stato che del cittadino) e dalla diminuzione dei livelli di reddito lavorativo nelle fasce medie e basse. Ma, da un altro lato, è anche un confine geografico che vede da un lato un 1/5 del mondo in un post-fordismo raggiunto (molte macchine, pochissimi uomini); dal lato degli altri 4/5 molti registrano una situazione stagnante o semistagnante, e alcuni altri si trovano in una sorta di nuovo fordismo (Cina, India, paesi est Europei). Ma il mondo resta comunque tallonato dai problemi dei paesi postfordisti che cercano di rafforzare i loro mercati con il prelievo di risorse reali nei 4/5 e in essi stessi spingono per dilatare nei mercati i loro prodotti anche sospinti da una competizione esasperata e dalla legge della “velocità” del progresso imposta dai mercati finanziari. Essi soffrono inoltre le incertezze complesse che ovunque derivano dal non sapere come intervenire nel “confine tipologico” tra emergenti situazioni socio-economiche del fordismo e di quelle sopravvenienti del post-fordismo per cui: «l’industria e buona parte del terzia-

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rio stanno seguendo l’agricoltura in una stratosfera di produttività in cui la metà (o forse meno) del personale impiegato in passato è in grado di produrre il doppio dei beni (o forse più). Ciò che resta è uno strano assortimento di posti di lavoro mal pagati nel terziario, di numerose forme di disoccupazione nascosta, chiamate a volte “formazione” e altre volte “lavoro in proprio”» (Dahrendorf, 1995). Un nodo, considerato da molti ovvio e positivo, sta nella deterritorializzazione dell’economia che però diffonde la “incertezza endemica” del lavoro. La soluzione non risulta immediata proprio perchè nella stessa deterritorializzazione è innestata la globalizzazione di cui Stiglitiz dice, con ragione, che «abbandonarla non è fattibile né auspicabile». E’ però possibile, come si è già detto, uno “sviluppo di affiancamento” e con esso operazioni innovanti di ri-territorializzazione dell’economia a cominciare da certe aree che non sono nel pieno della crisi e tuttavia marginali al post-fordismo. Una di queste è la Sicilia. Le possibilità, che le sono proprie attribuiscono responsabilità a questa terra e alle sue genti, richiedendo innanzi tutto coscienza diffusa dell’attuale stato delle cose. Non si può infatti mantenere come orizzonte su cui misurare lo sviluppo, solo quello della attrazione dei “finanziamenti internazionali” e del Pil. Il problema è tale da far prendere in considerazione l’azione insieme manageriale e legislativa (in un nuovo welfare) per ripristinare nel territorio la gestione di parti congrue dei cicli risparmio-credito. Mentre la responsabilità di fondo va oltre e sta nell’individuare e attuare uno sviluppo innovante che ri-territorializzi l’economia e ricrei equilibri nuovi nei rapporti produzione occupazione. E’ necessario un uso nuovo del territorio con innovazione tecnologica e organizzativa. E qui si collocano le prospettive offerte dal Turismo Relazionale Integrato, con cui realizzare una vasta punteggiata di “microcentralità”, ponendo nelle mani di “operatori areali” (gestori delle microcentralità) il patrimonio ricchissimo e per ora pressocchè stagnante dell’interno dell’Isola. La riterritorializzazione della economia porta con se anche un’offerta compatibile e sostenibile per molte aree in una ritardata ascesa fordista, ma è inoltre utile in un modello di sviluppo di affiancamento per aree post-fordiste. La riterritorializzazione economica è un contributo anche culturale al cambiamento che esorcizza la tragica prospettiva di Huxley in “Mondo nuovo”. Il talento posizionale della Sicilia sospinge perché si maturi una complessa tendenza innovante per animare lo sviluppo di affiancamento e di ispirare, nell’asse Europa-Mediterraneo, le modalità per divenire area trainante capace di attuare il transito tra globalizzazione e mondializzazione. Ciò in fondo ispira la ma-

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niera per travalicare il confine che Bruni e Zamagni individuano tra fordismo e post-fordismo. Conclusioni Motris si propone come primo tassello per la costruzione di un quadro di riferimento generale dell’offerta turistica in siciliana. A questo in un futuro sarà da affiancare un’attenta valutazione della domanda turistica segmentata opportunamente. Nell’insieme delle analisi e delle proposte Motris: 1. ha dato una prima impostazione a dati provenienti da diverse fonti regionali, mettendole a sistema, questi sono i primi passi verso un processo di conoscenza integrata che sta alla base di molti tipi di decisioni; 2. si compone di rappresentazioni e di dati allegati in cui si può avere la ricognizione completa dei dati rappresentati; 3. ha organizzato la ricerca secondo una definita visione del futuro sviluppo del settore turistico, ovvero quella che si muove sui binari del turismo relazionale integrato. Il T.R.I., non si pone come alternativo a forme di turismo esistenti ma come collante di forme di turismo eco-sostenibili, per tale ragione particolare attenzione è prestata a quel tipo di turismo che secondo diverse declinazioni ha come filo conduttore una ricettività a piccoli nuclei ediffusa sul territorio, in considerazione del fatto che oggi l’apparato normativo in Sicilia anche se non completo consente di muovere dei passi in questa direzione. Prospettive come quelle che possono mettere a frutto il talento posizionale della Sicilia sono insieme “passaggio e paesaggio” in cui inquadrare i progetti strategici: del Ponte sullo Stretto, nonché dell’Aeroporto hub della Piana di Catania e del nuovo sistema di scali marittimi. La strada è quindi quella di una internazionalizzazione, non più solo com’è oggi in forte prevalenza guidata e gestita dalla richiesta dei mercati ricchi, (sia di produzione sia di consumo) e con cui si deterritorializza l’economia. Si tratta di passare a una diffusa gestione, organizzata in loco, delle risorse reali con una verticalizzazione e commercializzazione aiutate anche dal principio di sussidiarietà31 operate dalle stesse aree in cui le risorse reali sono radicate. Cioè, diffondere un’era nuova di riterritorializzazione della economia, sospingendo quelle che oggi sono le terre dell’offerta in un lancio dinamico e trainante di una nuova fase di sviluppo. Con questo si determinerebbe il duplice indotto che è indispensabile per la civilizzazione attuale, quello dei processi 31

José Miguel Langlos. La dottrina sociale della Chiesa, 1989. Ares Milano

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per la ricontestualizzazione della società e la ricomposizione articolata delle varie identità culturali. In questa prospettiva l’offerta del TRI intende costituire un segmento significativo di ri-territorializzazione socio-economica e culturale. Per essa è possibile un’operazione che si dilata, in particolare, nell’area mediterranea. Ciò è augurabile per due ragioni che riguardano, da un lato, i patrimoni storico naturali dei suoi territori e, dall’altro lato, la necessità di dare una risposta di sviluppo sostenibile alla pressione delle popolazioni dei tre più numerosi continenti della terra che gravitano sul Mediterraneo. Pensiamo che dalle pagine che seguono si potrà apprezzare come “sviluppo sostenibile” e “sviluppo di affiancamento” siano perfettamente consonanti e offrano un approccio al tema, cominciando con la Sicilia e con il Turismo Relazionale Integrato. Riferimenti bibliografici Aa.vv. (1999), Il Turismo come leva della cooperazione e dello sviluppo regionale nel Mediterraneo, Quaderni ARCES/2, Ediun, Roma. Aa.vv. (2001b), Agriturismo in Sicilia, Catalogo delle Aziende Agrituristiche in Sicilia, Regione Siciliana Assessorato Agricoltura e Foreste, Palermo. Aa.vv. (2001c), Primo rapporto sul turismo in sicilia, Assessorato del turismo, dellecomunicazioni e dei trasporti, Regione Siciliana - Mercury. Aa.vv. (2002), Oli di Sicilia. Catalogo, Regione Siciliana Assessorato Agricoltura e Foreste, Palermo. Aa.vv. (2003a), Agriturismo di Sicilia 2003, 135 modi di vivere il mare, i monti, i laghi, le colline, Sicari, Palermo. Aa.vv. (2003b), Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2003), Rapporto sul turismo in Sicilia, Mercury s.r.l., Firenze. Ancarani E., Valdani E. (2000), “Il marketing territoriale nell’economia della conoscenza”, in e. Ancarani e E. Valdani (a cura), Strategie di marketing del territorio. Generare valore per le imprese e i territori nell’economia della conoscenza, Egea - Bocconi, Milano. Bruni L., Zamagni S. (2003), A ogni buon conto, Vita, Milano. Caroli M.(1999), Il Marketing Territoriale, Franco Angeli, Milano. Celanti A. e Magni C. (2001) (a cura di), Sviluppo rurale e agriturismo di qualità nel Mezzogiorno. Il caso delle Regioni Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, Patron Editore, Bologna. Darhendorf R.(1995), Quadrarae il cerchio. Benessere economico, coesione sociale e libertà politica, Laterza, Bari. Grasso A., Urbani L. (2001) (a cura di), L'approccio integrato allo sviluppo locale. Il sistema locale Val D'Anapo, Angeli, Milano.

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INTEGRAZIONE MEDITERRANEA di Francesco Attaguile32

Per far avanzare l’integrazione dell’Europa, i rapporti con i Paesi che ci circondano devono puntare su una cooperazione da trasferire a livelli più bassi rispetto alle relazioni tra l’Unione Europea e questi Paesi, soprattutto su scala regionale. Questo volume, vuole verificare il livello di progettualità raggiunto dalle Istituzioni Regionali nello svolgimento di questa importante funzione. Non c’è integrazione mediterranea senza comunità di storia e di valori e senza rispetto delle diversità che costituiscono uno dei motivi di ricchezza, ma che vanno convogliate perché insieme diano sufficiente valore aggiunto a questa integrazione. Ed il turismo, come si è detto, è uno dei vettori principali, uno dei fattori potenzialmente più efficaci perché questi obiettivi siano raggiunti. In tutto questo la tecnologia, soprattutto la telematica, può svolgere un ruolo importante, fornendo al turista tutti gli strumenti necessari. Le micro e piccole-medie imprese sono il tessuto vero su cui si può costruire uno sviluppo economico, seguendo un modello che ha trovato applicazioni dal contesto emiliano-romagnolo e quello trentino-altoatesino e che dovrebbe essere importato in Sicilia. Qui è emerso un dato: esiste un rapporto elevato tra numero di stanze ed esercizi alberghieri. Ma la scarsa diffusione di micro e piccola impresa turistica costituisce un motivo di debolezza del nostro turismo, di mancata affermazione della cultura dell’accoglienza.

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Direzione regionale per i rapporti extra-regionali della Regione Siciliana

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PARTE SECONDA Per una definizione di turismo relazionale.

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LOGICHE RELAZIONALI ED ETICA DELL’OSPITALITÀ PER LO SVILUPPO DELL’IMPRENDITORIALITÀ TURISTICA33 di Marcantonio Ruisi34

Introduzione Il saggio qui presentato diparte da una duplice premessa, invero ampia rispetto all’economia del lavoro: specifici richiami concettuali in tema di sviluppo imprenditoriale relazionale e talune notazioni intorno ai presupposti etici dell’agire economico. Quanto considerato, oggetto dei primi due paragrafi, viene di seguito, esplicitamente ed implicitamente, valorizzato nel corpus centrale trattando di turismo relazionale. Lo sforzo definitorio che contraddistingue il terzo paragrafo cerca una sua concretizzazione in talune manifestazioni d’imprenditoria che vogliono ritenersi - in nuce e all’occasione - emblematiche espressioni delle potenzialità che il “pensare relazionalmente” e il relativo 33 Il presente saggio fa ampio riferimento a: Ruisi M., “Piccola impresa e ‘turismo relazionale’: rilievi antropologici, processi di sviluppo ed integrazione euro-mediterranea per l’imprenditoria siciliana”, in AA.VV., Competizione globale e sviluppo locale tra etica e innovazione, “Atti del XXV Convegno AIDEA – 4/5 ottobre 2002”, Giuffrè, Milano, 2003; Ruisi M., Turismo relazionale. Logiche di sviluppo reticolare ed etica dell’ospitalità per le aziende turistiche di piccola dimensione, Giuffrè, Milano, 2004. 34 Professore associato di Economia aziendale, Cattedra di Economia aziendale, CdL E.G.S.T., Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Finanziarie, Facoltà di Economia, Università di Palermo, e-mail: mruisi@unipa.it. Questo contributo è una sintesi riformulata dal 25° Convegno AIDEA, Competizione globale e sviluppo locale tra etica e innovazione”, svolto a Novara, 4-5 ottobre 2002.

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modus agendi offrono allo sviluppo socio-economico di un territorio. Nelle conclusioni, al di là di brevi considerazioni di sintesi, evidenziati i più ampi problemi e le criticità del governo sistemico-reticolare, si rinvia a taluni strumenti che possono concretamente favorire un’efficace intrapresa relazionale da parte degli operatori economici: i codici e i bilanci relazionali. 1. Richiami concettuali per una riflessione in tema di sviluppo imprenditoriale in ottica relazionale. Il presente paragrafo nella sua successiva articolazione, nell’introdurre alcuni concetti ritenuti funzionali a stimolare una riflessione in tema di sviluppo imprenditoriale in ottica relazionale, cioè – in ultima istanza - di sviluppo di un tessuto d’aziende e (o forse meglio, a partire da quello) della singola azienda, recupera, tra i tanti, alcuni contributi teorici. Per l’occasione l’attenzione viene riposta sulla letteratura – invero assai ampia – di matrice strategicomanageriale (diffusamente forgiata da contributi economico-industriali) su accordi e aggregazioni reticolari; su quella politico-economica (ed economico-politica) elaborata intorno al concetto di “bene relazionale”; su quella sociologica della “teoria relazionale”; infine, su quella sociologica e filosofica riconducibile alla scuola antiutilitarista francese sviluppatasi intorno alla “Revue du MAUSS”. 1.1 Le aggregazioni reticolari. Come ha evidenziato all’inizio degli anni ‘90 Chandler (1990), la cooperazione interaziendale (nelle varie forme aggregative) si presenta come uno dei più fruttuosi e plausibili percorsi di sviluppo del capitalismo moderno. Ciò d’altronde diviene quanto mai evidente allorquando all’internazionalizzazione e/o alla multinazionalizzazione dei mercati si affianca o si sostituisce una loro globalizzazione (che è economica, e non solo). In questo contesto, i termini competere e concorrere vanno quanto più ricondotti alla loro origine etimologica di cum e petere “dirigersi verso, cercare insieme” e cum e correre “correre insieme”. La sfida del mercato va di fatto pensata, progettata, realizzata attraverso un coacervo di forze e di energie variamente coordinate ed interdipendenti. Oggi, come afferma Albertini (1991) e come viene ribadito appresso, è arduo ritenere che un’azienda sia “autosufficiente” (innanzitutto e quantomeno) rispetto al processo di produzione della conoscenza e di conseguenza in relazione a quelli che a diverso titolo contribuiscono alla realizzazione dell’output finale. Ciò condiviso sul fronte della medio-grande dimensione, si ritiene a fortiori condivisibile con riferimento all’attività della medio-piccola realtà imprenditoriale, la quale non di

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rado si confronta con strategie aggregativo-cooperative (appresso - lato sensu - reticolari), quale percorso obbligato per la sopravvivenza e lo sviluppo. L'organizzazione dell'attività economica intesa come “reticolare”35 (o del tipo network) più facilmente sembra condurre l'azienda a riconciliare il trade-off tra “gerarchia” (integrazione) e “mercato” (acquisto esterno), quindi di fatto a perseguire migliori condizioni competitive di efficienza e di efficacia rispetto ad ipotesi estreme di mera operatività interna, ovvero esterna36, vale a dire ad usufruire dei vantaggi dell'una senza per questo rinunciare ai benefici dell'altra37. Come sopra accennato, al di là di ogni riferimento spazio-temporale, se non anche dimensionale38, non può negarsi che la crescente complessità ambientale di rado consente ad una singola realtà di portare a termine in modo competitivamente vantaggioso l'insieme delle attività della propria “catena del valore”39. Se ciò può indurre a rivolgersi all'esterno (per gli ambiti e secondo le modalità opportune), non va all'occorrenza dimenticato che - ceteris paribus il ricorso generico al mercato comporta “costi d'uso” (ovvero di “transazione”) talora non poco elevati. Si tratta, innanzitutto di costi commerciali e amministrativi40. Ma “oltre a questi costi transattivi, per lo più ovvii e scontati, occorre considerare anche costi di transazione corrispondenti alla creazione di una struttura di governo atta a regolare le transazioni: si tratta di costi connessi con l'attività di controllo e di coordinamento, ovvero con l'impiego di meccanismi di salvaguardia verso comportamenti opportunistici e subottimizza35In via di prima ed ampia approssimazione si riferisce “[…] il termine rete o network a tutte quelle forme di coordinamento tra imprese che rendono un dato aggregato di unità economiche un sistema intermedio tra la forma mercato e la forma gerarchica di organizzazione economica” (Grandori, 1989, p. 349). Per una classificazione delle diverse tipologie di rete inter-organizzativa si rinvia diffusamente a Grandori (1989). 36A tal proposito si vedano le parole di Lai (1991, p. 39): “La valenza degli accordi consiste appunto nel rendere possibile ed efficiente il coordinamento laddove il mercato o l’impresa falliscono”. 37Si veda Jarillo (1988, p. 39): “This mode of organization [strategic network] enjoys some of the properties of markets and some of the properties of hierarchies”. 38Nonostante il convincimento per cui uno sviluppo reticolare prescinda dal profilo dimensionale originario, numerosi sono stati i riscontri (per il caso italiano si veda Lorenzoni (1990)) di formazione a partire da piccole aziende. 39 Si veda Porter (1985). Come ricorda Lorenzoni (1992, p. 21): “[…] la singola impresa non ha più, da sola, le risorse e le capacità di operare in una situazione competitiva che si è andata profondamente modificando”. 40 Altrove Bastia (1989, p. 119) parla di costi di transazione espliciti con ciò distinguendo tra: trasporto, marketing, approvvigionamento (imballaggio e confezionatura, controllo qualità, ricerca fornitori, ripetuta negoziazione e contrattazione), immagazzinaggio (migliore coordinazione dei flussi di materiali).

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zioni [...]”41, quindi di costi connessi all'adempimento dell'accordo, ivi considerando anche la variazione contrattuale conseguente al verificarsi di eventi non previsti. In tali costi la spinta verso l'esterno trova una delle ragioni forti della controtendenza ad integrarsi. L'integrazione d'altronde comporta una crescita dimensionale a cui si associano a sua volta costi organizzativi interni. In questa prospettiva l'organizzazione reticolare interviene, sia favorendo una riduzione dei costi d'uso del mercato, sia “consentendo un ‘risparmio’ in termini di complessità gestionale e di investimenti e assicurando al contempo i vantaggi sinergici e dimensionali ricercati”42. Ben può parlarsi allora di reti (più propriamente esterne) o network quali “relazioni cooperative organizzate, di tipo non collusivo, funzionali all'interazione tra aziende - autonome sul piano competitivo - per la valorizzazione delle complementarietà e delle competenze specifiche e per l'accesso alle opportunità esterne offerte dalla complessa evoluzione ambientale (tecnologica e di mercato)”43. Se come afferma Cassandro (1982) la finalità generica assegnata alle aggregazioni di aziende può riassumersi in prima approssimazione nella conservazione e nel miglioramento della funzionalità aziendale, le cause che di volta in volta danno origine alla formazione di aggregati aziendali e che spiegano la suddetta finalità possono essere, aziendali ed extra-aziendali o ambientali. In questo senso e per esemplificare vanno allora ricercati i benefici che la partecipazione ad aggregati interaziendali possono consentire44: ottenimento della dimensione minima per la realizzazione di determinate strategie (si pensi tipicamente per le PMI); conseguimento di specifiche “economie” (ad esempio, di scala, di scopo, di apprendimento e di transazione); riduzione di tempi e rischi; superamento di barriere o sfruttamento di opportunità normative; miglioramento della flessibilità lungo le attività della catena del valore; influenza sulle dinamiche di settore e controllo della concorrenza; last but not least - ottenimento e sviluppo di risorse tangibili ed intangibili non acquisibili sul mercato o acquisibili a condizioni eccessivamente onerose. Oggi, infatti, un comportamento resource-driven in cui il perseguimento di certe opportunità si ricollega all'uso esclusivo di risorse interne, sembra costretto a lasciar spazio ad uno di tipo opportunity-driven in cui l'azienda, dopo avere riscontrato l'even41 Ibidem, p. 285. 42 Ibidem, p. 88. 43 Albertini S., op. cit., p. 76. 44 Ibidem.

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tuale inadeguatezza delle proprie risorse, si attiva per un conseguimento attraverso ricorso esterno45, fino all’estremo di configurarsi con ciò che Normann definisce prime mover, ossia una realtà capace di “organizzare la creazione di valore al di là dei propri confini […]”46. A tutela del funzionamento della rete si richiamano, il suo linguaggio47 condiviso e la fiducia48 coesiva che la caratterizzano, i quali rappresentano una garanzia (o meglio un possibile antidoto) dinanzi ad eventuali minacce opportunistiche49. La fiducia e la condivisione del linguaggio non vogliono d'altro canto riferirsi a meri automatismi del sistema reticolare più o meno riconducibili alla “specificità” degli investimenti realizzati50 (“idiosincratici”). Questi piuttosto si ritengono comunque frutto di sforzi costanti delle parti coinvolte. 1.2 I “beni relazionali”. Varie sono le definizioni di “bene relazionale” riscontrabili in letteratura a partire dalla fine degli anni ’80 e poi a seguire dalla seconda metà degli anni ’90 del secolo che ci siamo lasciati alle spalle. La maggior parte di dette defi45 Albertini (op. cit., p. 70). Per un approfondimento sulle modalità di comportamento imprenditoriale opportunity-driven e resource-driven, si rinvia a Stevenson (1989). 46 Normann (2002, p. 26 - ed. orig. 2001). 47 Secondo Lai (op. cit.) il linguaggio condiviso o comune è una delle caratteristiche distintive delle reti. Linguaggio che qui riguarda anche cultura e comportamenti, nonché sistema di valori se non anche visione del mondo e prospettive di sviluppo del settore. 48 Si vedano in proposito le parole di Aldrich e Dubini (1989, p. 367): “il riferimento all’attività di networking implica l’ipotesi che nella maggior parte dei casi le due persone coinvolte ‘investano’ in una relazione duratura. L’aspettativa che si verifichino numerose transazioni in un periodo di tempo non breve garantisce la presenza di tre aspetti rilevanti per la stabilità della relazione: fiducia, prevedibilità e comunicazione”. Sul ruolo dei rapporti personali e delle reti relazionali nel generare fiducia e scoraggiare l’opportunismo, si veda l’interessante lavoro di Granovetter (1985). 49In questo senso l’organizzazione reticolare sembra rispondere ai problemi che emergono in quelle circostanze in cui gli scambi avvengono in condizioni di razionalità limitata, opportunismo e specificità del capitale, quindi alle esigenze già rilevate da Williamson (1986 - ed. it. 1991 p. 238): “l’imperativo organizzativo che emerge in queste circostanze è questo: organizzare le transazioni in modo da economizzare in razionalità limitata, salvaguardandole simultaneamente dai rischi di opportunismo”. Sull’importanza della fiducia (questa in riferimento alla reputazione di affidabilità ed equità) per lo svolgimento degli scambi in presenza di incertezza e razionalità limitata si veda Lomi (1991, p. 36). 50Ci si riferisce ad investimenti che difficilmente possono essere impiegati per usi alternativi rispetto a quelli originari se non anche in luoghi e tempi diversi; da tale specifica destinazione dovrebbe allora derivare la garanzia a mantenere gli impegni produttivi assunti con i partner del sottostante accordo di collaborazione.

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nizioni diparte dall’ambito degli studi di economia politica e politica economica, talora con evidenti influenze provenienti dal campo della sociologia. Secondo Uhlaner (1989) si tratta di beni che non possono essere acquisiti da un singolo in maniera indipendente da altri soggetti: hanno origine dalle relazioni con altri, o meglio con individui precisi (e non indefiniti e generici51), in questo distinguendosi dai beni ampiamente “pubblici” (di cui al più, possono rappresentare un sottoinsieme). D’altronde, nel caso dei beni relazionali (di norma, a differenza di quelli appunto pubblici), un consumo52 congiunto, ossia uno sfruttamento contestuale da parte di più soggetti, determina un accrescimento del beneficio percepibile dal singolo e la congestione può addirittura aumentarne l’utilità53. A tal riguardo l’Autrice richiama l’esempio del denaro: il pagamento di una somma di cinque dollari a seguito di un accordo tra soggetti [es. compravendita], rimane tale a prescindere da coloro che intervengono nella transazione. Non si tratta pertanto di un bene relazionale, a differenza di quanto riconducibile alla partecipazione ad una partita allo stadio, la quale offre maggiore soddisfazione di fruizione/consumo se gli spalti sono gremiti. Volendo generalizzare, i beni relazionali possono assumere la forma della solidarietà, del desiderio di condividere la storia e le vicende altrui, dell’amicizia, del desiderio di approvazione e accettazione da parte degli altri (consenso sociale), del senso di appartenenza ad un gruppo, nonché dell’identificazione con le sue norme, ecc. Un tentativo di identificazione e classificazione può riferirsi a due principali dimensioni: il tipo di contatto/rapporto, diretto o indiretto54; la natura del bene, di mero consumo (da cui un beneficio intrinseco) o strumentale55 (da cui un beneficio funzionale). L’attenzione ai beni relazionali assume considerevole rilievo secondo Gui (1996) se si considera la sostanziale “neutralità” attribuita al comportamento 51 Come dire che il valore del bene relazionale a differenza di quello ampiamente ‘pubblico’ può mutare a seconda dei soggetti coinvolti. 52 Da non trascurare che di frequente risulta assai arduo distinguere il momento del consumo da quello della produzione: per tutti si pensi alle attività di partecipazione sociale. 53 Uhlaner (op. cit., pp. 254-55). 54 Così il senso di appartenenza ad un circolo o gruppo di persone note fomentato attraverso una partecipazione fisica, piuttosto che quello ad un gruppo di persone, in tutto o in parte sconosciute, alimentato virtualmente attraverso corrispondenza o addirittura con la semplice immaginazione (ad esempio, l’identificazione, non formalizzata con tesseramento, alle idee e alle scelte di un partito politico). 55 Il bene relazionale si qualifica come strumentale nel momento in cui ad esempio concorre al perseguimento di un beneficio politico, come quello connesso all’elezione di un certo (e perché no, ben conosciuto) candidato.

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umano nella teoria economica prevalente, vale a dire se poco o nulla si dice in merito alla qualità delle relazioni economiche tra soggetti56, se si trascura la dimensione interpersonale della realtà economica, cioè l’incidenza di fenomeni interpersonali intangibili di natura comunicativa o affettiva57. E’ innegabile, per l’Autore, che le relazioni interpersonali (appunto beni relazionali) debbano trattarsi come qualcosa che contribuisce al benessere individuale e sociale; ciò si comprende meglio se, come ricordano Antoci, Sacco e Vanin58, la definizione di benessere adottata si riconduce più al well-being che al welfare. D’altronde, continuano questi ultimi, nelle economie avanzate il soddisfacimento dei bisogni materiali ha raggiunto livelli apprezzabili, contrariamente a quello del bisogno di relazioni sociali significative. Gli elementi che intervengono nella produzione dei citati beni relazionali sono59: a) risorse economiche non-umane (trasporti e telecomunicazioni), b) risorse umane ordinarie (ad esempio, abilità di interazione), c) “asset relazionali” intangibili (ad esempio, il clima sociale nell’ambiente di lavoro), d) motivazioni, attitudini e simpatia (ad esempio, atteggiamento benevolo). Un potenziamento di detti elementi si può tra l’altro immaginare, agendo indirettamente con attività di sensibilizzazione, concretamente convincendo il vasto pubblico che migliorare lo standard qualitativo delle relazioni interpersonali favorisce le performance economiche60; ovvero direttamente con politiche di accumulazione degli stessi61. 1.3 Il pensiero (sociologico) “relazionale”. Differentemente dal pensiero sociologico dominante - pensiero “irrelato” - in cui la qualità degli enti viene definita per “natura” a prescindere dal contesto relazionale in cui gli stessi sono situati ed esistono, il “pensiero relazionale è 56 Gui (1996, p. 260). 57 Gui (2000, p. 140). 58 Antoci, Sacco, Vanin (2001). 59 Gui (2000, pp. 155-57). 60 Sul legame tra sviluppo dei beni relazionali (intesi come insiemi di rapporti sociali organizzati in “reti”) e crescita endogena si rinvia a Scandizzo (1997, pp. 29-41). Per una definizione di bene relazionale che valorizza il legame dell’oggetto stesso con le performance - lato sensu – economiche, si rinvia alla Fondazione Giacomo Brodoloni (1995), cit. in Sessa (1998, pp. 27-48), per cui sono: “beni relazionali quell’insieme di culture, rapporti cooperativi, interconnessioni sistemiche che consentono una produttività media sociale positiva superiore a quella ottenibile da imprese con le medesime disponibilità di risorse fisiche e di capitale umano, ma operanti isolatamente o in un assetto relazionale diversamente configurato”. 61 Gui (2000, p. 161).

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quel modo di pensare che organizza le proprie mappe cognitive e simboliche attribuendo le qualità agli enti non già in base ad una loro pre-supposta identità, ma piuttosto definendo tale identità come realtà relazionale di un ente-inun-contesto”62. Il punto di osservazione che qui si assume si riconduce all’ambito di quegli studi sociologici che guardano alla società, più che come entità in sé, come relazionalità, come realtà relazionale. In questo senso e volendo ribadire, ogni realtà sociale può essere concepita per mezzo delle relazioni sociali che la costituiscono63. Secondo Donati, massimo esponente di questa scuola di pensiero, la svolta relazionale è stata avvertita come opportuna e necessaria a seguito della crescente complessità sociale, e ha modificato gli schemi lineari e rigidi della conoscenza. D’altronde nell’era post-moderna, la complessità diviene addirittura iper-complessità64. Constatato che il processo sociale procede “per, con e attraverso” relazioni, la sociologia diviene disciplina che studia i fenomeni sociali come relazioni65; e d’altronde la relazione non è un elemento aggiunto, ma un costitutivo della persona: “ […] nel sistema di riferimento sociale l’essere umano non può esistere senza relazioni con gli altri”66 e d’altro canto egli non può non sforzarsi di ricondurre a sé “il senso” di tali relazioni. In questa direzione può parlarsi

62 Donati (1998, p.14). 63 Ibidem, p.13. 64 Nel senso di esaltazione di una presenza sistemica di contingenza. Partendo da un simile riscontro (quello di un’ipercomplessità), Donati (senza omettere il contributo di Arigò) supera la proposta funzionalista: da quella di Durkheim, a quella di Parsons, a quella di Luhmann). 65 Ricorda Donati (ibidem, p. 85): “ciò che noi vogliamo conoscere sono i ‘fatti sociali’ in quanto fatti reali. Ma non li possiamo conoscere se non in relazione e attraverso relazioni: 1.

la relazione è la chiave per entrare nella realtà, e per uscirne;

2.

la relazione non elimina i termini che collega, anzi li richiama, li esplora e li esprime;

3.

la relazione non è pura astrazione (pura forma o pura comunicazione), ma un “concreto”;

4.

va da sé che tale insieme (pensiero-e-realtà) relazionale soltanto in extremis è dicotomico (ambivalente, duale, ecc.)

o confusivo: normalmente esso ha una struttura di rete; connette, lega, crea interdipendenze; il che comporta tensioni e conflitti co-relati; 5.

le norme (e regole) sono un modo assolutamente necessario e inevitabile per regolare ‘normalmente’, cioè sotto

condizioni non estreme, la contingenza di situazioni che, nel sociale, non sono determinate a-priori”. 66 Ibidem, p. 69.

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di “società dell’umano”, società in cui “l’umano dovrà essere riscoperto nella e attraverso la relazionalità che esso implica e richiede”67. 1.4 Il “paradigma del dono”. Di “paradigma del dono” parla esplicitamente Caillé68, fondatore della “Revue du Mauss” (Mouvement Anti-Utilitariste dans les Sciences Sociales) ed esponente di spicco del movimento anti-utilitarista francese ispirato al pensiero di Marcel Mauss, quale terza via rispetto alla concezione “utilitaristica” e a quella “olistica” dell’azione individuale e del rapporto sociale69. Il ricorso ad una terza (non esclusiva ed escludente70) via, emerge dinanzi l’incapacità del pensiero utilitarista (“individualismo metodologico”) di concepire una logica generativa del legame sociale fuori da ogni riferimento al calcolo e – stricto sensu - all’interesse (materiale o immateriale); così come dinanzi al postulato dell’olismo (strutturalismo, funzionalismo, ecc.) che considera la società un dato di fatto (una totalità a priori), senza di fatto preoccuparsi di spiegare la produzione del rapporto sociale. Da un’analisi della storia delle società arcaiche e da riscontri attuali, Caillé rileva che taluni comportamenti sfuggono alla mera logica utilitaristica, per ricondursi a quella del dono, la quale se non si mostra del tutto “disinteressata”, è perché privilegia gli interessi di amicizia e creatività su quelli strumentali (individualismo) o di obbligo (olismo). In siffatta maniera si contribuisce a completare la gamma delle spiegazioni del rapporto sociale; anzi, si giunge a fornire una giustificazione fondata su una gamma assai ampia di rapporti di alleanza, di associazione (e più specificamente, di solidarietà); si giunge ad apprezzare l’impegno di “scommettere sull’alleanza e sulla fiducia, e concretizzare questa scommessa con doni che sono altrettanti simboli – performatori – di tale scommessa primaria”71. In simile contesto, ben si definisce il dono come “qualsiasi prestazione di beni o di servizi effettuata senza garanzia che

67 Ibidem, p. 544. 68 Per tutti Caillé (1998 - ed. orig. 1998). 69 Non può trascurarsi la prossimità del modello liberista (economico e politico) all’opzione individualistica, così come la prossimità del modello socialista (economico e politico) a quello olistica. 70 Si ritiene importante sottolineare che il cosiddetto “paradigma del dono” – al di là di ogni riferimento terminologico anti-utilitaristico – non disconosce la spiegazione mediante l’interesse, piuttosto condanna il riduzionismo che vuole l’interesse e il calcolo come unico movente dell’agire, innanzitutto, economico. 71 Caillé (1998, p. 40).

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venga ricambiata, per creare, mantenere o rigenerare il legame sociale”72. A beni e servizi va pertanto riconosciuto un valore anche – talora soprattutto - in funzione della loro capacità di creare e riprodurre relazioni sociali. Al valore d’uso e di scambio, si aggiunge allora un “valore di legame”, certamente di ardua esplicitazione (estrapolazione), nonché difficilmente quantificabile in termini assoluti fuori dal contesto (innanzitutto, dal rapporto interpersonale) di riferimento73. Nel caso del dono, pertanto, il legame è invero più importante del bene o servizio in sé; e l’alleanza con esso suggellata, in tutto o in parte, evidenzia la subordinazione degli interessi strumentali al piacere delle cose per se stesse e a quello dell’amicizia. In questo senso allearsi74, entrare in associazione, significa far dono del proprio tempo e di se stessi, della propria persona75. Come ricorda Godbout il dono serba memoria dei rapporti anteriori, oltre l’immediata transazione; potremmo noi dire, memoria del rapporto materiale tra cose e di quello immateriale tra persone, e ciò a differenza di quanto concerne uno scambio, perlopiù asettico, di mercato76. Circolando, il dono tende a rafforzare il legame, ad arricchirlo, trasformando al contempo dal di dentro i soggetti protagonisti. Nella logica del dono cambia la visione del mondo e cambia il significato del gergo77: il “prendere” (l’avere) si trasforma in “dare”: “avere fiducia” significa riconoscerla, darla a qualcuno; “ospitare” (ricevere) qualcuno, significa dargli qualcosa; ecc. Il dono, nonostante un eventuale obbligo implicito di ricambiare, rimane comunque libero (la restituzione è, infatti, in ogni caso incerta). Proprio la libertà del dono (il movimento spontaneo verso l’altro) favorisce l’integrazione delle persone e delle loro caratteristiche. Prima di tesaurizzare la rosa dei contributi teorici richiamati, si ritiene opportuno soffermarsi su un’ulteriore premessa con l’intento di evidenziare che, se le dinamiche relazionali possono non a torto considerarsi condizione per uno sviluppo imprenditoriale duraturo, in particolare per le realtà economiche di 72 Ibidem, p. 237. 73 Come ricorda Godbout (1993, p.219) “[…] il valore di legame dipende dalle caratteristiche delle persone, dalla natura del legame, da un insieme di variabili […]. Il valore di legame sfugge al calcolo, il che non significa che non esiste”. 74 Secondo Caillé (op. cit., p. 46) “[…] l’alleanza generalizzata in cui consistono le reti, oggi come nelle società arcaiche, si crea soltanto a partire dalla scommessa del dono e della fiducia”. 75 Ibidem, p. 237. 76 In cui il prezzo è di fatti l’unico attendibile testimone del passato. 77 Godbout (op. cit., p. 216).

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piccola dimensione che si confrontano con l’avanzata della grande azienda globalizzata, la dimensione etica, di fatto declinata nei valori e nelle virtù che qualificano l’agire imprenditoriale, ne costituisce una pre-condizione. 2. Rilievi etici nell’economia dei sistemi d’azienda: verso un più radicato “umanesimo imprenditoriale”. E’ indubbio che oggi si parli non poco di etica aziendale, ovvero di etica in azienda e dell’azienda, non tanto (o non soltanto) perché ispirarsi a (o semplicemente affermare di) comportarsi in modo etico può migliorare in ultima analisi i flussi reddituali e in generale le performance in termini di efficienza ed efficacia, ma perché la coscienza collettiva è cresciuta; perché le società – innanzitutto – occidentali sono stanche di chiudere gli occhi dinanzi allo sfruttamento umano che sorregge certi affari, agli effetti deleteri sul singolo e sull’ambiente di certe produzioni; perché dette società sono sature di offerta consumistica e paradossalmente, per un lavoro quanto mai assorbente, sempre più prive di tempo necessario per esaurire le relative aspettative di consumo. In altre parole perché sembra che sempre più individui siano stanchi di avere e comincino a volere essere; d’altro canto, si sa che per conseguire questo obiettivo, ciascuno ha bisogno degli altri, deve riporre fiducia in colui che in modo più o meno immediato lo affianca nell’ambito dei contesti nei quali agisce, quindi, dopo la famiglia (o prima, se di fatto si considera il tempo effettivo dedicato), il lavoro, quindi i rapporti amicali e sociali in genere. Queste premesse riteniamo funzionali per introdurre l’Etica nel campo dell’economia dei sistemi aziendali78, ossia per comprenderne il ruolo, assunto che, invero ed almeno in parte ed in primis, non se ne possa escludere un significativo rilievo in qualunque ambito di esercizio dell’umana attività, così, a giudizio di chi scrive, una significativa influenza su (o almeno un rispetto da parte di) qualunque disciplina che assurga al ruolo di scienza, quindi che in ultima analisi abbia come soggetto, oggetto o comunque fine, l’uomo. In accordo con la filosofia classica79, non è arduo rinvenire la presenza operativa del desiderio di felicità nelle azioni di ciascun individuo80. Anche se questo desiderio rimane implicito, in realtà esso soggiace in ogni decisione uma78 Volendo considerare non solo la singola azienda, ma anche le alleanze e gli accordi che possono realizzarsi tra più aziende. 79 Si utilizzerà l’espressione filosofia classica prevalentemente con riferimento al pensiero di Platone e Aristotele, perlopiù secondo l’interpretazione di Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino. 80 Cfr. Chalmeta (1997, pp. 9-10).

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na. L’attenzione nei riguardi del perseguimento di detta felicità, o meglio della vera felicità (quella che i greci chiamavano beatitudine), per la quale ogni altro fine risulta meramente intermedio, si comprende è momento di radicale rilievo, interessando il significato più generale della vita umana, ossia la tensione al raggiungimento della perfezione umana, quella dell’uomo in quanto uomo81. Ora – e per quanto qui rileva - in accordo con Chalmeta (1997, pp. 9-10)82 «l’Etica sarebbe proprio quella parte della filosofia che studia la verità ultima sul senso della vita umana (qual è il fine che perseguiamo con il nostro vivere?), per determinare poi, in base a questo criterio finalistico, la razionalità dei diversi comportamenti-tipo83: ne definisce la bontà (razionalità etica) o la malvagità (irrazionalità etica) e stabilisce così in cosa consista l’ordine ideale della vita buona84,85 (come si vive bene?)». Si comprende, ad evidenza, l’universarsalità degli ambiti di riferimento di detto criterio finalistico, cioè dei contesti d’azione in cui l’uomo interviene rispettando la sua unità dinamica, ivi compreso il contesto aziendale in questa sede principalmente considerato. Semplificando, l’uomo in azienda lavora, opera, agisce in vista della felicità: rimane da verificare di quale contenuto ha riempito e, più o meno consapevolmente, vuole riempire questa parola! «[…] Secondo il principio personalista, il soggetto umano progredisce nella direzione del proprio perfezionamento (beatitudine) nella misura in cui rispetta e, per quanto è possibile, promuova la dignità di persona degli altri»86. In questo ritroviamo la chiave di 81 Si condivide che la natura umana e i fini da conseguire che in ultima analisi la stessa propone, costituiscono il fondamento della condotta di ogni uomo. D’altro canto ci si muove per un fine allorquando la volontà cerca ciò che la ragione le prospetta come buono. 82 Cfr. Idem, p.3. 83 Secondo Luňo (1982, p. 17): «[…] estudio scientifico de los actos humanos en cuanto buenos o malos, que se denomina Etica. Por tanto, la Etica es la parte de la filosofia que studia la moralidad del obrar humano; es decir, considera los actos humanos en cuanto son buenos o malos». 84 Secondo Luňo (Ibidem, p. 20): «[…] la Etica se ocupa de la conducta libre del ombre, proporzionandole las normas necessarias para obrar bien. Es por ello una ciencia normativa, que impera y prohibe ciertos actos, puesto que su fin es el recto actuar de la persona humana». 85 Secondo Novak (2000, p.149): «Riflettere sull’etica, nella concezione aristotelica, è tentare di immaginare che genere di persona si desidera essere al termine della propria vita. L’idea e che noi dobbiamo scoprire noi stessi – capire chi siamo, come siamo fatti – e, in un altro senso, che noi dobbiamo fare noi stessi, modellare noi stessi conformemente al modello dell’uomo o della donna ideale, quanto meglio riusciamo a discernere questo ideale». 86 Cfr. Chalmeta (1997, p.78).

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lettura delle motivazioni ultime che dovrebbero alimentare, non solo la leadership aziendale, bensì l’operare tutto delle relazioni – lato sensu – d’azienda: la persona deve essere trattata come un fine, rispettando e promovendo i fini suoi propri. Si è detto poco sopra che perché gli individui comincino a voler essere, piuttosto che ad avere, essi hanno bisogno degli altri; il principio personalista purifica questa espressione da ogni abuso strumentalistico, evidenziando il carattere relazionale dell’uomo87; d’altronde Sant’Agostino88 ricorda che l’uomo resosi conto di non avere “dentro di sé” la felicità ultima, si volge a cercarla nelle realtà extra-soggettive, in modo che di norma diventino parte integrante della sua più intima soggettività, la quale è il “luogo” specifico della beatitudine. Elemento fondante la dignità stessa di ogni uomo è la sua capacità di stringere relazioni interpersonali di conoscenza e benevolenza. In questo senso «[…] la vita buona implica un darsi o un donarsi, ma senza “scomparire”, bensì per compartire, per vivere in comunione […]89». La vita buona, e pertanto il raggiungimento della felicità, è da intendersi come bene comune90, non tanto (o non soltanto) poiché si persegue e si consegue insieme ad altri, ma soprattutto per la sua stessa natura: il vivere bene dell’uno si sostanzia nel favorire costruttivamente il bene degli altri. All’interno di una comunità (ad es. di un’azienda) l’esercizio della libertà non si limita allora al solo rispetto della libertà altrui, ma si concretizza attivamente nella promozione dello sviluppo – tout court – dell’altro91. Procedendo lungo questa direzione si intuisce che anche in un’azienda (istituto economico atto a perdurare che per il soddisfacimento dei bisogni umani…92, ovvero per il progresso dell’uomo, per la sua re87 A tal riguardo un rinvio può essere operato al pensiero di Solomon (1992, p. 146) e al suo approccio aristotelico al management: «the aristotelean approach begins with the idea that we are, first of all, members of organized groups, with shared histories and established practices governing everything from eating and working to worshiping. […] The “selfmade man” (or woman) is social creature, and he or she “makes it” by being essential part of society, however innovative or eccentric he or she may be». 88 Cfr. S. Agostino (trad. ital. 1935). 89 Cfr. Chalmeta (1997, p.39). 90 Per un riferimento specifico alla realtà aziendale del cosiddetto common good approach (in raffronto con lo stakeholder approach) si rinvia a Melé (2002, pp. 190-214), secondo il quale (p. 209): «the firm is a community of persons, connected by interests and other nexuses, seeking their own and others’ good via work». 91 Come ricorda Luňo (1982, p. 111), l’essenza della libertà consiste nell’autodeterminazione al bene [in questo caso nella promozione del prossimo]. 92 Cfr. Zappa (1957).

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alizzazione, per il raggiungimento della felicità), al di là del mero criterio di efficienza, anche quello di efficacia riveste un ruolo ancillare, o più semplicemente derivato rispetto all’attuazione del principio personalista93, non disconoscendo in assoluto la possibilità di accettare, pertanto, situazioni di inefficacia originanti dal conformarsi a comportamenti giusti, a comportamenti che favoriscano il progresso umano dell’agente (potremmo dire di chi prende la decisione e la mette in pratica) e di coloro che ne risultano comunque interessati e/o influenzati (destinatari diretti ed indiretti degli effetti). Perez Lopez (1996) parla di solidarietà, ossia di valorizzazione dell’“altro” come “altro io”, del cui bene siamo responsabili nella misura in cui possiamo influenzarlo con le nostre decisioni; d’altro canto per l’Autore, le motivazioni che preordinano comportamenti giusti, nel senso poc’anzi detto, non vanno ricondotte ad un cieco altruismo (dannoso in certo qual modo come l’egoismo cieco), ossia ad un sentimentalismo irrazionale che può giovare all’altro, ma di norma non al soggetto decisore che non esplicitando e non interiorizzando le ragioni di fondo del suo agire (e non mettendosi potenzialmente in discussione a seguito della decisione), così non si migliora come persona; piuttosto esse si rivelano quali motivazioni razionali per motivi trascendenti (altruismo intelligente), che contemplano invero il - lato sensu – sacrificio per il quale la volontà si dirige verso l’azione per entrambi più conveniente (buona), piuttosto che attraente (piacevole). In questo senso si richiama la virtuosità del soggetto decisore (leader e non solo), ossia l’esercizio pratico delle virtù umane nelle azioni - mutuando – di “marketing esterno ed interno” rivolte non semplicemente ad una indeterminata customer satisfaction, bensì ad una più radicale, in quanto profonda, human satisfaction94, al progresso umano del cliente interno (collega o lavoratore che sia) e di quello esterno (semplificando: fornitore, cliente intermediario, consumatore finale e perché no, concorrente). Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, si vogliono in questa sede respingere le rassegnate posizioni di chi ritiene che l’utilità sia in ultima analisi il vero motore dell’agire umano, quanto mai in un’organizzazione aziendale, considerato l’appagamento per il bene arrecato, il sentimentalismo autocompiacente ed egocentrico che qualifica le buone azioni.

93 D’altro canto la massimizzazione del valore per ogni categoria di stakeholders nel rispetto nell’interesse comune, da intendersi allora del valore di persona, non prescinde da un corretto, efficace ed efficiente uso delle più idonee risorse, così del know how e dei mezzi tecnici, più all’avanguardia. 94 L’espressione è stata mutuata ed adattata da Bonferroni (2003, pp. 282-86).

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Si ritiene, pertanto improprio ogni esclusivo riferimento ad un’etica meramente utilitaristica, secondo la quale, per dirla con Bentham (1789), la felicità dipende dall’utilità delle nostre azioni, e piuttosto si rileva opportuno un rinvio alla cosiddetta legge del dono. A tal riguardo un richiamo significativo può farsi al contributo di Caillé (1998), il quale, come ricordato nel precedente paragrafo, cita il paradigma del dono come terza via (non esclusiva ed escludente) rispetto alla concezione “utilitaristica” e a quella “olistica” dell’azione individuale e del rapporto sociale95. Assai diffuso sembra oggi il convincimento per cui l’obiettivo di un’organizzazione che vive nella complessità, non sia tanto il conseguimento del semplice profitto, quanto la realizzazione del “valore totale”96 (valore per gli azionisti, la clientela, i dipendenti, la comunità e i partner di business). Ciò assunto, per il suo raggiungimento non si ritiene che possa prescindersi dal protagonismo di uomini completi97, “colti”. Uomini che abbiano sviluppato e fatto propri, conoscenze e know-how sia tecnico-operativo che organizzativo, capacità concettuali e progettuali per la scomposizione e risoluzione delle problematiche più complesse98 e la prefigurazione degli stati futuri del sistema interno ed esterno, ma anche valori (quindi esplicitato le ragioni ultime dell’agire, di quest’ultimo considerandone le conseguenze, valutandone gli impatti) e virtù. Secondo un filosofo contemporaneo, “la cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, ‘è’ di più, accede di più all’‘essere’”99. D’altro canto la cultura si forgia attraverso l’operare dell’uomo che esprime la sua 95 Non può trascurarsi la prossimità del modello liberista (economico e politico) all’opzione individualistica, così come la prossimità del modello socialista (economico e politico) a quello olistica. Il ricorso ad una terza via, emerge dinanzi l’incapacità del pensiero utilitarista (“individualismo metodologico”) di concepire una logica generativa del legame sociale fuori da ogni riferimento al calcolo e – stricto sensu - all’interesse (materiale o immateriale); così come dinanzi al postulato dell’olismo (strutturalismo, funzionalismo, ecc.) che considera la società un dato di fatto (una totalità a priori), senza di fatto preoccuparsi di spiegare la produzione del rapporto sociale. 96 Di “valore aggiunto globale” parla Catturi (1995, pp. 30 e ss), in particolare richiamando “il valore che l’ambiente od il mercato riconosce alla produzione realizzata dall’impresa, […] da cui deve essere scorporato il valore che quella medesima impresa ha ricevuto dallo stesso ambiente […]”. 97 Sul tema cfr. Scardovi e Vigorelli (2000, pp. 84 e ss). A tal riguardo si rileva di stimolo anche il pensiero di Schumacher (1998, p. 74). 98 Significativo può essere a tal riguardo un rinvio al cosiddetto “pensiero laterale” di cui trattasi in Eordegh , Spairani (1996, pp. 66-67). 99Giovanni Paolo II (1980).

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umanità. “Attraverso la praxis umana si costituisce la cultura (in senso vero e pieno della parola e non come un complesso di surrogati e apparenze), ma solamente nella misura in cui attraverso di essa l’uomo è più uomo e non soltanto possiede più mezzi”100. In questo senso si guarda con sfiducia a quelle forme – la maggior parte – di formazione manageriale e imprenditoriale, in cui il contenuto verte sulle più accreditate procedure operative di management o finanche di leadership e gestione delle R.U., in cui nella migliore delle ipotesi il know-how si traduce in skill, quindi il “sapere” in “saper fare” (e magari in “saper far fare”), ma non necessariamente in “saper essere” (o semplicemente in “essere”). Come dire che si commette l’errore di confondere l’informazione con la conoscenza, quella più profonda101, sapienziale; l’errore di concepire l’educazione, la formazione, come trasmissione e relativa ricezione e non ricreazione di quanto educa, assunzione critica affinché l’assimilazione sia atto personale102, in grado di stimolare la capacità “creativa” dell’uomo, appunto nell’educarsi e anche nel produrre nuova “cultura”. Da qui l’esigenza di chiarire i termini del discorso dinanzi alla sempre maggiore attenzione rivolta nei riguardi delle cosiddette aziende basate sulla conoscenza (knowledge-based). Da qui il pericolo sentito di un’attenzione prevalente ai contenuti tecnici, ritenendo in accordo con Sciacca (1973, p.126) che “la tecnica è istruzione e travasamento esteriore, la cultura educazione e germinazione interiore”103. D’altro canto “un’umanità di soli ‘tecnici’ e solo ‘funzionale’, in cui tutto è perfettamente ‘organizzato’ […] non secondo l’‘ordine’ della verità o

100 Wojtyła (1977, p.185). Ed oltre (p. 189): “Allora, la cultura come modo di esistenza nel mondo specifico e al tempo stesso essenziale per l’uomo, si costituisce nella praxis umana sulla base di una disinteressata ammirazione di fronte agli atti e alle opere umane note sulla base della comunione interiore con la verità, il bene o il bello. Dove manca la capacità di sentirsi affascinati, dove manca anche per così dire il ‘fabbisogno sociale’ per un tale fascino, e l’atteggiamento degli ambienti e delle società non va oltre ciò che è solamente utile, in tali condizioni manca in fondo la cultura, oppure la cultura si trova in grave pericolo”. 101 Direbbe Llano (1999, p. 5), la conoscenza che è crescita interna. 102 Per Sciacca (1969, p. 107): “[…] l’uomo si forma nella misura in cui si conosce e si realizza nella sua interezza”. 103 Già in Sciacca (1969, p. 131): “l’addestramento tecnico in un campo specifico per l’acquisto di cognizioni soltanto operative a fini utilitari o produttivi, da solo non è una cultura né in senso soggettivo, in quanto non è formativa neanche parzialmente, né in senso oggettivo in quanto non produce nuova cultura, almeno di ‘quella che resta’”. Per Schumacher (op. cit., p. 63) “La scienza e la tecnica producono il know-how; ma il know-how in sé non è nulla; è un mezzo senza un fine, una mera potenzialità, una frase non conclusa. Il know-how non è cultura più di quanto un pianoforte non sia musica”.

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dell’essere, ma secondo quello della ‘funzionalità’ tecnica e operativa, non è più un’umanità, è una ‘macchina’”104. Dinanzi a detti pericoli e rischi, vale la pena ribadire che ciò che importa non è meramente sapere, piuttosto è coltivare l’intelligenza e la volontà; in chiave formativa rendere l’uomo colto: elegante nell’intelligere e nel volere, quindi libero nella scelta105. Solo allora “chi si forma è colendus, degno di rispetto e venerazione, ma lo è perché, coltivandosi, rispetta quei valori che lo hanno reso ‘colto’ e di essi e in essi si è fatto abitante, inquilino stabile anche se molto esigente”106. Non può parlarsi di cultura senza un’immagine di uomo, né di educazione senza valori di riferimento107. Già Lewis (1979) osservava che nell’educazione occorre mettere allo scoperto i valori considerati importanti. Passando dal generale obiettivo educativo a quello specifico della formazione – così anche di quella precipua professionale, e di più, imprenditoriale – l’attenzione si focalizza sull’assimilazione di determinati valori e sulla coltivazione di determinati abiti intellettuali e pratici, ossia di ben precise virtù. I valori motivano e definiscono le decisioni da dentro e sono tali nella misura in cui guidano all’azione. Consapevolmente o no, ciascuno agisce in base alla percezione di ciò che ritiene essere innanzitutto un valore per la sua persona ed eventualmente per l’organizzazione che a diverso titolo rappresenta e comunque incarna. Esistono valori di livello superiore, quelli che si riferiscono ai fini, e valori di livello inferiore, quelli che di norma si riferiscono ai mezzi. 104 Ibidem, 1973, p. 127. 105 “’Persona colta’ è anche un artigiano, un operaio, un agricoltore, chiunque: a) se di quanto è necessario sapere per il suo lavoro ne ha fatto e ne va facendo una acquisizione personale, cioè vi si è formato e vi si sta formando dentro, ha contribuito e contribuisce a formare quel che lo forma, cioè a farlo progredire: dimostrando così di essere disponibile ai valori e sollecito di dar loro risposte autentiche, di possedere una personalità creativa e un grado di coscienza critica per sottoporre il suo lavoro e quanto può apprendere intorno ad esso all’esame, alla revisione, alla selezione, prova che il suo sapere non è ammasso di conoscenze, ma un tutto ordinato; b) se questa educazione, che comporta disciplina e responsabilità e perciò esercizio di libertà, ha contribuito e contribuisce a formarlo nella sua integralità umana, cioè a perfezionarlo o migliorarlo, a renderlo sempre più libero” (Ibidem, 1969, p. 116). 106 Sciacca (1969, p. 104). 107 Russo (2000, p. 74). Secondo Schumacher (op. cit., pp. 63-64) “L’essenza dell’educazione […] è la trasmissione dei valori, ma i valori non ci aiutano a scavare la nostra strada nella vita a meno che non diventino proprio i nostri, cioè, per così dire, parte della nostra attività mentale. Ciò significa che devono essere qualcosa di più che mere formule o applicazioni dogmatiche: che noi sentiamo e pensiamo con essi, che essi sono veri e propri strumenti tramite cui osserviamo, interpretiamo e sperimentiamo il mondo”.

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Se in generale i valori possono avere natura morale, estetica, sociale, e così via, si individuano anche “valori imprenditoriali”. Secondo Sorci (1995) i valori sono i principali “fattori della produzione”, quelli che consentono di armonizzare gli obiettivi individuali con quelli dell’azienda e dell’ambiente. I valori si acquisiscono a partire dallo studio, la riflessione, l’esempio degli altri, quindi l’imitazione; si consolidano attraverso il vissuto108. “La formazione del senso dei valori, del senso per le gerarchie dei valori, della capacità di distinguere ciò che è importante da ciò che lo è meno è una condizione per la riuscita della vita individuale e una condizione per la comunicazione con gli altri”109, per una costruttiva relazione interpersonale. Dinanzi alle spinte associative che la piccola azienda registra quale antidoto competitivo dinanzi all’avanzata della grande, una siffatta attenzione ai valori, in particolare a quelli – lato sensu – relazionali, diviene allora pre-condizione chiave. Ciò è tanto più vero e sentito, in un contesto in cui per assurdo nonostante l’apertura delle barriere, l’incremento del mondo materiale, con i suoi processi produttivi, i suoi macchinari e i suoi prodotti, determina un restringimento delle relazioni interpersonali, e ciò in quanto il sottostante atteggiamento utilitaristico che di fatto tende a prendere il sopravvento, non facilita l’instaurarsi di un rapporto dialogico. D’altro canto - e non sorprende - tra le cause della solitudine interiore dell’uomo Buber110 annovera proprio la tecnica; a parere di chi scrive, si annoverano tutti quei diaframmi, non di rado tecnologici (se non propriamente mass-mediali), i quali frapponendosi come filtro tra l’uomo e le cose, ma soprattutto tra l’uomo e l’uomo, a lui impediscono di cogliere la realtà111; a lui impediscono di entrare realmente in contatto e comunione con altro e con l’altro, quanto piuttosto virtualmente di aderire ad una loro immagine. Si è detto che la cultura, se è tale, rende l’uomo più uomo, lo arricchisce di sé, più che di cose. La categoria della relazione favorisce proprio tale “incremento di essere”, prima di consentire le acquisizioni nella sfera dell’avere. Senza un radicamento profondo di questa categoria, senza un’interiorizzazione vis108 Si veda Argandoña (2001, pp. 45-74). 109 Spaemann ( 1993, p. 49 - ed.orig. Moralische grundbegriffe, 1986). 110 Cit. in Russo (2000, p. 105). 111 Secondo Spaemann (op. cit., cap. 2) la percezione del contenuto di valore della realtà è un elemento essenziale della vita realizzata. La felicità poggia sul contatto con la realtà. L’esperienza della realtà e non il piacere è l’autentico contenuto della vita.

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suta dei valori corrispondenti non si può arrivare a capire l’importanza dell’associazionismo e dello sviluppo relazionale al di là del mero approccio utilitaristico. Se questo è vero a livello individuale, lo stesso vale a livello di relazione inter-azienda (e perché no, a livello di tessuto imprenditoriale locale). D’altronde, come a livello antropologico-sociale la “qualità della vita” dell’uomo va misurata non solo da migliori condizioni (comfort), ma anche da migliori relazioni, a livello imprenditoriale lo sviluppo di più frequenti e stabili rapporti reticolari sembra non a torto poter migliorare in profondità la qualità della vita dell’imprenditoria locale. I valori poi vengono incarnati allorquando si esercitano le connesse virtù, a partire in generale dalla prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza, per focalizzarsi ad esempio, sulla veracità, fedeltà e lealtà nei rapporti, sulla laboriosità e magnanimità, sull’umiltà foriera di confronto e dialogo, ecc. Secondo la visione neoaristotelica di Solomon (1994) all’eccellenza imprenditoriale si arriva mediante formazione del carattere ed abitudine al comportamento virtuoso. Se come dice Aristotele (2000, p. 97) “[…] la virtù dell’uomo deve essere quella disposizione per cui l’uomo diventa buono e per cui compie bene la sua funzione”, adattando al caso in specie, la virtù (propriamente “etica”) dell’imprenditore va ricondotta alla ripetizione di buoni atti imprenditoriali, atti che ineriscono alla funzione propria, che attraverso il soddisfacimento delle attese dei diversi stakeholder mirino agli equilibri aziendali di lungo termine. Pertanto e ribadendo ancora una volta, nel rispetto dei valori ispiratori – generali e imprenditoriali - questi portati a livello di consapevolezza, l’imprenditore è chiamato ad esercitare specifiche virtù112, necessarie fondamenta su cui reggere il perseguimento del successo duraturo, vale a dire del progresso aziendale tout court, quindi la generazione di livelli significativi di valore totale. Solo se l’azione imprenditoriale scaturisce da tale patrimonio di virtù si ritiene possano ritrovarsi le basi per uno sviluppo armonico dell’azienda; d’altronde come dicevano gli antichi filosofi medievali: agere sequitur esse.

112 Sul tema delle virtù in azienda cfr. anche Solomon (2001); per un richiamo storico si rinvia ai contenuti dei dialoghi tra l’imprenditore Iscomaco e Socrate immaginati e rappresentati (V-IV secolo a.C.) da Senofonte (1991).

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L’attenzione verso un rinnovato ethos imprenditoriale non può non passare da una formazione personalistica, orientata ad: insegnare ad apprendere113, motivare e motivarsi ad apprendere, apprendere ad apprendere, quindi innanzitutto ad assimilare valori, ad alimentare virtù, prima ancora che ad acquisire informazioni o sviluppare capacità operative e direzionali tradizionalmente intese. Paradossalmente quanto più veloce è il dinamismo della competizione di mercato, allora quanto più tempo per riflettere e coltivarsi occorre. Alla velocità esterna si associa allora, per apparente contrasto, la “calma” di una coltivazione che spinga verso un più maturo (in quanto più umano) profilo imprenditoriale; d’altronde non potrebbe essere diversamente se per quanto detto “la principale risorsa dell’uomo […] è l’uomo stesso”114. Alla luce delle considerazioni finora espresse, il knowledge management, quale gestione della conoscenza, sembra acquisire in questo contesto una rinnovata valenza contenutistica, più propriamente e lato sensu, personalistica; simile affermazione va esplicitata lungo varie direttrici. Innanzitutto e ad evidenza, perché se oggetto della conoscenza è l’informazione (“sapere”) ogni fase di acquisizione, trattamento e utilizzo della stessa - quindi di percezione, interpretazione ed impiego per il conseguimento di certe finalità - risulta condizionata da elementi soggettivi e quindi ab origine dal modo di essere della persona, cioè dalle sue variabili individuali (caratteristiche psicologiche e personali, valori incarnati ed esperienza vissuta). Se quanto considerato è vero per il “sapere”, il discorso si amplifica per il “sapere fare” e il “sapere far fare”. In secondo luogo e strettamente collegato al primo, nonché alle precedenti premesse, il perché del conoscere e fare (non di rado del conoscere facendo, se non viceversa) in azienda risponde comunque al desiderio ultimo del raggiungimento della felicità, che per le cose dette passa dal conoscersi (conoscenza di sé). Infine - last but not least – perché in un assetto socioeconomico relazionale (come si specificherà, di turismo relazionale: turismo delle relazioni e per le relazioni), la conoscenza è anche e soprattutto dei rapporti e in primis delle persone che intrattengono siffatti rapporti. Si rileva pertanto l’importanza del knowledge management anche come management (oltre che del sapere nelle sue diverse declinazioni) del conoscersi, del conoscere gli altri, nonché i legami di conoscenza relativi. Si comprende allora 113 Donati (op. cit., p. 438) parla di “apprendimento come sensibilità di apprensione (pecezione) e capacità di elaborazione culturale (com-prensione) di quali siano le relazioni adeguate con se stessi, con gli altri e con il mondo, nel contesto delle reciproche influenze, se si vuole sviluppare e non alienare il potenziale umano”. 114 Giovanni Paolo II (1991, p. 39).

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l’importanza di disporre di strumenti che consentano di alimentare una memoria dei connotati caratteristici e distintivi dei più svariati stakeholder, innanzitutto di quelli più prossimi, nonché delle relazioni intercorse; si comprende prima di ogni cosa, l’importanza di stimoli che possano indurre i soggetti fino – addirittura - ad una metanoia conoscitiva che sia relazionale e gioco forza, prima ancora, introspettiva, che li induca consapevolmente a pensare e a pensarsi, a verificare il processo di miglioramento personale e altrui. Ci si convince, allora, dell’importanza di un approccio, prima ancora che formativo, che sia di tipo orientativo, volto cioè a favorire un’appropriazione dell’identità personale, nonché aziendale; ad esplicitare le ragioni e le direzioni del proprio agire e di quello dell’organizzazione d’appartenenza; quindi l’importanza di modelli organizzativi che favoriscano i processi di conoscenza di cui si è detto, nonché una tendenziale convergenza (e non forzata coincidenza) degli obiettivi (o più e prima ancora dei valori) individuali con quelli dell’organizzazione, in modo non solo da favorire in occasione di una data combinazione spazio-temporale il riscontro di un’effettiva “consistenza115” aziendale, vale a dire di una reale coesione interna, ma anche da attualizzare i presupposti perché ciò si verifichi in termini dinamico-evolutivi, quindi nel rispetto dell’assunto di mutevolezza che qualifica il divenire dei soggetti interessati e dell’organizzazione di appartenenza; allo stesso tempo in modo da sostanziare validamente efficaci, costruttivi e duraturi rapporti inter-aziendali. 3. Il turismo relazionale sincrasi di nuove manifestazioni di domanda e offerta a supporto di un rinnovato sviluppo. Numerosi sono i riscontri di un significativo rallentamento dei trend di crescita del turismo di massa, soprattutto per quello di provenienza occidentale (in testa, europeo) 116. In particolare per il turismo vacanziero, più propriamente per il segmento leisure, nonostante le rinnovate tendenze all’“industrializzazione di scala” da parte dell’intermediazione, sia a livello di tour operator che di catene di agenzie, risalta, a fronte di un’evidente maturità dei tradizionali package, l’ormai crescente interesse verso un “turismo indipendente”, o comunque meno massificato. Come ricorda Scotti117, il successo delle vacanze “a pacchetto” della fine degli anni ’60 e di gran parte degli anni ’70 [in Italia anche di quelli ’80] trova giustificazione, sì nei costi contenuti, 115 Perez Lopez (op. cit.) 116 Tra gli altri si rinvia a Scotti (2001). 117 Ibidem, pp. 315 e ss.

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ma va in ultima analisi ricondotto a ragioni [psico-]sociali: alla possibilità da parte delle classi popolari provenienti dall’industria e dalla P.A. (tipicamente dalle aree urbane e metropolitane) di fuggire dalla routine quotidiana. Non può negarsi, d’altronde che la formazione del pacchetto segue una rigida segmentazione analitico-descrittiva: età, sesso, attività svolta, classe sociale (appunto), ecc. Nelle società post-industriali il turista è attratto sempre meno da package dal contenuto assai conosciuto e privo di caratterizzazioni; predilige maggiori gradi di libertà (o si fa ammaliare da proposte di vacanze trendy). Nell’era della “sostenibilità” e dei sincretismi cultural-religiosi che rispettivamente richiamano al rispetto dell’ambiente e alla sintonia con il creato, diviene costume la ricerca di una vacanza alternativa o, comunque e tra l’altro, la ricerca del contatto con la natura e le tradizioni folkloristiche. Siffatte tendenze nei gusti della domanda (testimoniati anche dal rilievo statistico di significativi incrementi nei consumi agrituristici) hanno da alcuni anni incoraggiato un’offerta meno standardizzata, non di rado di nicchia, di volta in volta specializzata o almeno orientata alla parziale personalizzazione. Partendo da simili premesse, si ritiene che i tempi siano ormai maturi per proporre modelli rinnovati di turismo. Siano ormai maturi per stimolare una “metanoia turistica” attraverso la quale pensare al prodotto in questione non solo (o addirittura, non più) come bene di consumo, bensì come bene relazionale118, bene da partecipazione. E se oggi il consumo è contraddistinto dalla riduzione dei tempi di svolgimento (nel caso, di fruizione turistica), un cambiamento (o semplicemente un’ulteriore proposizione) deve profilarsi contro ogni ansia (quella generata per l’economia dei tempi, dallo sperimentare ogni attività all’interno di un parco divertimenti, dal visitare ogni sala di un museo, ecc.), a favore di un calmo e sereno momento di intrattenimento con la gente che più o meno direttamente condivide la nostra vacanza, o più ampiamente, il nostro soggiorno. Si intuisce che quanto considerato richiede uno sforzo di reale socializzazione. Uno sforzo contro corrente, se è vero che oggi si è sempre più indotti ad investire nella sfera privata della propria esistenza, o al più in una crescente sfera “virtual-socializzata”, che nell’assenza di fisicità e nella distintiva forma mediatica (in quanto mediata da uno strumento di comunicazione119), tende 118 Per un fugace (e parzialmente condiviso) riferimento al turismo come ‘bene relazionale’ si veda Zamagni (1999). 119 Già nel 1995 Putnam (pp. 65-78) riconduceva il declino della partecipazione sociale, tra le varie cause, all’uso frequente della televisione

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comunque a configurarsi in modo spersonalizzato (e chissà, spersonalizzante!). La densità dello sforzo meglio si comprende dinanzi a quelli che Taylor (1999) ritiene i principali disagi della modernità, cioè i tratti della cultura e della società contemporanee che vengono percepiti come declino e che pertanto destano preoccupazione: il primato della “ragione strumentale”, l’individualismo120 e la disaffezione nei confronti della partecipazione alla vita pubblica. “Una società in cui gli esseri umani si riducono nella condizione di individui ‘rinchiusi nei loro cuori’ è una società in cui pochi vorranno partecipare attivamente all’autogoverno”121. Alla luce delle menzionate tendenze che si scorgono nei gusti del mercato, dell’attivazione di un’offerta che tenta (talora in modo disorganizzato) di cogliere tali tendenze, e quale contributo per un riscatto dai disagi lamentati, si reputa quanto mai propizio un investimento consapevole nel medio e lungo termine in ambito “turistico-relazionale”. Per chiarezza, abbiamo voluto definire, quello del “turismo relazionale” come il settore dell’offerta e della domanda di servizi e beni a valenza - lato sensu - turistica realizzati e fruiti attraverso una combinazione di relazioni interpersonali, in cui i soggetti generatori/confezionatori al di là di un mero orientamento alla vendita, fanno proprio un atteggiamento di sentita e condivisa ospitalità che recuperi il gusto di far scoprire la bellezza e la peculiarità del proprio patrimonio storico, artistico, folkloristico, eno-gastronomico e soprattutto d’umanità; ed in cui gli utilizzatori da semplici consumatori finali, diventano soggetti generatori di valore, protagonisti possibilmente chiamati a completare attivamente la stessa offerta turistica. Nel turismo relazionale, prevalentemente (ma non soltanto) vocato al mercato delle vacanze, risalta almeno una duplice relazione: tra operatori, nonché tra clienti e operatori (oltre che, come è tradizione, tra clienti). Una relazione tra operatori che può anche manifestarsi senza corrispettività reciproca e che co-

120 L’individualismo, che di per sé è contraddistinto da una valenza positiva visto il richiamo al diritto di scegliere in piena libertà di coscienza le proprie convinzioni e il proprio modo di vita, con il disincantamento del mondo, cioè il discredito degli ordinamenti universali, è andato incontro ad una degenerazione. L’uomo si è ripiegato su sé stesso, si è incentrato sul suo io, spesso però allontanando gli altri e la società dai propri interessi. 121 Ibidem, p.12.

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munque può articolarsi, come direbbero Normann e Ramirez (1993), nella forma di “costellazione del valore”122. Una relazione tra operatori e cliente che auspicabilmente deve andare oltre la mera corrispettività; che sia capace di far propria la “legge del dono”, di interessarsi realmente all’arricchimento personale del proprio e dell’altrui patrimonio di umanità. Per le cose dette è evidente che il turismo relazionale si identifica, in ultima analisi, con un modo sintonico di pensare al turismo, di intendere il turismo da qualunque parte lo si consideri: dal lato della domanda e dell’offerta. A livello di politiche economiche, un investimento in relazionalità nei termini finora proposti, se da un lato comporta un’indubbia complessità di gestione e quindi un’oculata attività di metamanagement (per cui si suggerisce inizialmente di avviare pochi, seppur significativi rapporti), dall’altro sembra votato ad incoraggiare in modo virtuoso la base imprenditoriale: trattandosi di politiche difficilmente aggredibili da interessi di carattere malavitoso tradizionalmente attenti alla realizzazione di interventi infrastruttuarali; essendo un investimento dinamico-interpersonale (aperto all’interculturalità), quindi intrinsecamente aperto al dialogo e al nuovo, potenzialmente garante rispetto ad eventuali rischi di path dependence. Volendo orientare l’interesse conoscitivo verso l’azione imprenditoriale in ambito turistico-relazionale e i bisogni da soddisfare che la orientano e predeterminano – tenendo in filigrana le considerazioni precedenti – si è deciso di iniziare dalla constatazione che l’esigenza di autenticità, come già ricordava MacCannell (1973), sembra oggi divenire una delle motivazioni più profonde e ricorrenti nel fare turismo. Autenticità del tempo di vacanza a dispetto degli schemi routinari e codificati che la vita ordinaria (lavorativa, e non solo) presenta; autenticità nella piena fruizione dell’offerta turistica a dispetto di un superficiale (se non banale) ed inflazionato consumo del bene/servizio in questione, vale a dire di un esperire che si limita al contatto con una realtà reificata123, quella, invero, mass-mediatica disponibile e/o proclamata attraverso i 122 Ragionare in termini di “costellazione” consente d’altronde di meglio rappresentare e gestire la complessità dei rapporti tra i diversi attori, rapporti non sempre esprimibili in termini di dinamiche sequenziali, quanto non di rado secondo una logica di interazione simultanea. In ogni caso la prospettiva assunta è quella del cliente (e della sua soddisfazione) a cui rivolgere il più ampio processo di creazione del valore. 123 Come ricorda Giovanni Paolo II (2001), «il turismo di massa ha generato una forma di sotto-cultura che avvilisce sia il turista, sia la comunità che l’accoglie: si tende a strumentalizzare a fini commerciali le vestigia di “civiltà primitive” e i

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canali di distribuzione e comunicazione rivolti al grande pubblico. Autenticità nella ricerca di un rinnovato vigore per le più strette relazioni familiari, se la famiglia non viene “esplosa” nei diversi spazi e tempi che talora le formule “villaggio” propongono124. Autenticità, in senso più ampio, che si riscopre nel rapporto con l’”altro” che c’è fuori di noi125, nel rapporto di un “io” con un “tu”, non di rado trascurato o quantomeno non ricercato nelle società industriali contraddistinte da un radicato e diffuso individualismo126. «Ora invece l’‹altro› diviene portatore di soluzioni di vita che possono essere competitive con le nostre, di valori cui siamo oggi più disponibili a riconoscere legittimazione e anche forza d’attrazione, che deriva dal bisogno di restituire senso alle nostre relazioni intersoggettive»127. A dispetto di un turismo conformista, invero non ancora in crisi d’estinzione, un soggetto può cercare proprio durante la vacanza rapporti sinceri, pieni di senso, integrali, vale a dire fondati sulla percezione del tutto, piuttosto che di una realtà personale frammentata che si manifesta solo in parte, o meglio nelle parti di volta in volta assunte – se non crudemente rappresentate - che difficilmente sembrano all’orizzonte ricomporsi ad unità128. In questa direzione risulta quanto mai evidente l’opportunità di un tessuto sociale, quello della popolazione locale, favorevolmente proteso al confronto dialogico e non di rado empatico con i turisti che visitano il suo “riti di iniziazione ancora viventi” in alcune società tradizionali»; proseguendo - «sotto la spinta del consumismo [il turismo] può trasformare in beni di consumo la cultura, le cerimonie religiose e le feste etniche, che si impoveriscono sempre più per rispondere ai desideri di un maggior numero di turisti. Per soddisfare queste esigenze si ricorre a una “etnicità ricostruita”, il contrario di ciò che dovrebbe essere un vero dialogo fra le civiltà, rispettoso dell’autenticità e della realtà di ciascuno». E prima ancora: D’altro canto – come ricorda l’Autore nello stesso testo - «per le comunità d’accoglienza, molte volte il turismo diventa un’opportunità per vendere prodotti cosiddetti “esotici”. Sorgono così centri di vacanze sofisticati, lontani da un contatto reale con la cultura del Paese ospitante o caratterizzati da un “esotismo superficiale” ad uso dei curiosi, assetati di nuove sensazioni». 124 Non di rado accade, in siffatti contesti, che in un determinato momento della giornata i componenti di una famiglia siano impegnati in attività ludico-ricreative diverse. 125 Secondo Giovanni Paolo II (2003), «la visita sia pertanto un’occasione di dialogo fra persone di uguale dignità; sia motivo di maggiore conoscenza degli abitanti del luogo e della loro storia e cultura; sia apertura sincera alla comprensione dell’altro, che sfoci in gesti concreti di solidarietà». 126 Taylor (op. cit.). 127 Savelli (1999, p.32). 128 D’altronde e auspicabilmente, questa ricerca del vero, può sortire effetti che vanno oltre l’obiettivo circoscritto di vivere pienamente, in modo maturo, entro i limiti di una dimensione spazio-temporale definita la vacanza; piuttosto può stimolare la generazione o la riscoperta di rapporti autentici anche nei tempi e nei luoghi della vita ordinaria.

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territorio e le sue storie129; aperto alle interferenze nel rispetto delle sue tradizioni e più o meno disponibile a mantenere un contatto ripetuto nel tempo. Per le cose dette si intuisce il pieno protagonismo, non solo dei soggetti che direttamente offrono (oltre che domandano) turismo, ma anche di tutti quelli che insistono sui territori d’interesse. Abbiamo già definito quello del turismo relazionale, come “il settore dell’offerta e della domanda di servizi e beni a valenza - lato sensu - turistica realizzati e fruiti attraverso una combinazione di relazioni interpersonali, in cui i soggetti generatori/confezionatori al di là di un mero orientamento alla vendita, fanno proprio un atteggiamento di sentita e condivisa ospitalità che recuperi il gusto di far scoprire la bellezza e la peculiarità del proprio patrimonio storico, artistico, folkloristico, eno-gastronomico e soprattutto d’umanità; ed in cui gli utilizzatori da semplici consumatori finali, diventano soggetti generatori di valore, protagonisti possibilmente chiamati a completare attivamente la stessa offerta turistica”. L’implicito è ricomprendere tra i suddetti generatori/confezionatori la popolazione locale tutta130, ovvero immaginare due categorie di soggetti una più direttamente interessata sul piano economico e una meno direttamente interessata. Ognuna comunque coinvolta sul piano relazionale. Le considerazioni appena fatte ci riconducono ad altre ed ulteriori considerazioni. Come (attraverso quali percorsi, mezzi, riflessioni, ecc) e dove (in quali contesti, assetti, ecc.) è possibile che la comunità locale prenda coscienza del suo attivo ruolo turistico-relazionale? E perché (in termini teleologici: per il raggiungimento di quale fine131), è importante prenderne coscienza? Pensiamo che il come passi tra l’altro attraverso un processo orientativo, di riappropriazione d’identità fatto in chiave personalistica, il che ce ne svela il perché, in quanto la partecipazione del proprio all’altro consente il raggiungimento di una vera felicità personale. Il dove, visto che stiamo parlando di un sapere essere, riteniamo che possa avvenire in ogni contesto sociale, ma pri-

129 In questo senso le risorse (reali e umane) rimangono appannaggio diffuso del territorio e non rinchiuse in ridotti perimetri esterni o nei recinti interni dell’egoismo, della timidezza o comunque dell’isolamento individuale. 130 A tal riguardo Sgroi (1999, p. 260) ricorda: “un intervento efficace di educazione ambientale rivolto globalmente alla comunità locale può essere altrettanto importante di una scuola professionale alberghiera, una scuola di management turistico, può proporre messaggi formativi validi per operatori privati e quadri delle amministrazioni pubbliche locali”. 131 In ultima analisi dovremmo chiederci: a cosa riconduce siffatta presa di coscienza? O meglio, a chi? A quale concetto di persona?

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ma ancora che in quello lavorativo e – lato sensu – scolastico, debba avvenire all’interno della famiglia, culla dello sviluppo delle qualità (virtù) personali. Se il turismo è occasione di relazione che arricchisce di essere, più che di avere (così anche per certo turismo culturale che diviene meramente informativo); se alimenta il logos, più che soddisfare una curiositas fine a se stessa o le attese emotive dei partecipanti; si comprende allora l’importanza di investire sia in termini di offerta, che di domanda, riconcettualizzandole in modo da favorire l’implementazione di occasioni turistico-relazionali, che per quanto finora detto possono avere ricadute sociali, ma anche economiche che vanno oltre il momento e lo spazio – stricto sensu - turistico. D’altro canto, il turismo relazionale si prospetta come volano di un’economia turistica locale ed “endemica”, se è vero che l’idea della vacanza non implica più necessariamente la distanza, la fuga dalla routine e l’inesorabile tragico e stressante rientro come raffigurano certi spot che pubblicizzano crociere e viaggi esotici132, quanto la possibilità di godere di occasioni di relax, di otium, di divertimento, ecc., al limite nei territori in cui si soggiorna abitualmente, “vivendo” gli spazi in modo diverso dal consueto133. Se tutto ciò è possibile è senz’altro anche frutto di un mutamento culturale, almeno nelle società occidentali, ovvero di un rigetto della superficialità e banalità consumistica, a volte del tecnologico e dell’artefatto industriale, che passa attraverso una voglia di sempre maggiore intelligibilità del quotidiano (delle cose e dei rapporti) senza filtri e mediazioni (soprattutto mass-mediatiche), di valorizzazione del genuino ad ogni livello (così ad es. del manufatto artigianale). Come ricorda Mazzette (1999, p. 98), «in altre parole, si stanno creando i presupposti culturali […] mediante i quali l’individuo è in grado di sviluppare la capacità di provare incantamento e meraviglia di fronte ad una realtà (compresa quella interiore) che merita di essere riscoperta e riconosciuta». In questa chiave si vuole interpretare dal lato della domanda il favorevole riscontro per il godimento di servizi agrituristici o del turismo rurale, piuttosto di quello naturalistico, ecc., tutte forme – almeno in linea di principio – a potenziale altamente relazionale; tutte forme protese verso la scoperta di sé e del mondo «esterno», di fatto in antitesi rispetto al ricorso ai siti tematici, dove si riscontra, se non la mera finzione, quantomeno una realtà costretta dentro spazi limitati, quindi il contatto con risorse estirpate dai luoghi d’origine ed inserite in ambienti recintati per sollecitarne una fruizione decontestualizzata. «Il carattere della società po132 Tipiche offerte per un turismo dei grandi numeri. 133 A tal riguardo cfr. Mazzette (1999, p. 97).

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stindustriale sembra così spostare l’enfasi, il centro dell’esperienza turistica dai parchi e dai pacchetti turistici – strumenti della appropriazione, trasformazione e commercializzazione industriale – a quelle regioni umane complesse che sono in grado di conservare, produrre e comunicare risorse culturali proprie, originali oppure frutto di relazioni interattive con gruppi esterni, ma pur sempre fruibili nel loro farsi»134. In simile assetto, rileva allora, più che la grande offerta, la rete di media-piccola, se non micro-imprenditoria, nella quale stimolare e valorizzare anche attività che qui vogliono definirsi di bricolage turistico, quelle di soggetti che in modo più o meno eclettico organizzano il proprio lavoro, fornendo output differenziati in termini di servizi e/o prodotti di possibile interesse per il turista (finanche raccoglitori/commercianti estemporanei di prodotti selvatici e spontanei della terra135, artigiani di prodotti ottenuti con materiali poveri naturali136 se non riciclati, artisti di strada della musica, del teatro e della pittura, improvvisate guide – o meglio informatori turistici - specializzate su singoli monumenti, piuttosto che genericamente informate su notizie relative alle principali testimonianze storiche ed artistiche del luogo). La sfida che si prospetta dal lato dell’offerta ai soggetti preposti al governo e alla promozione del territorio, sembra quanto mai riconducibile ad un problema di stimolazione imprenditoriale137, di progettazione e/o di realizzazione del tessuto reticolare suddetto, un tessuto di connessione degli operatori economici (pubblici e privati) precipuamente turistici e non, della popolazione locale138 e dei soggetti ospitati, in cui la rete (compresa la sub-rete interaziendale) si fonda su significative relazioni interpersonali139. Quanto appena

134 Savelli (1999, p. 38). 135 Si pensi ad esempio ai capperi e ai fichi d’india, o a certe erbe salutari, o ai funghi talora abbondanti all’interno di aree e terreni abbandonati ed incolti, cui aggiungere certo pescato, e così via, 136 Es. lavorazioni artigianali del legno, della pietra (ivi compresa quella lavica), delle conchiglie, intrecciatori di paglia, realizzatori di composizioni di fiori secchi, ecc. 137 Cfr. Ruisi (2000). 138 Come ricorda Giovanni Paolo II (2001): «E’ necessario garantire agli abitanti delle località turistiche un doveroso coinvolgimento nella pianificazione dell’attività turistica, ben precisando limiti economici, ecologici o culturali». 139 Andando alla radice e riprendendo parole di Bellingreri139 si può «[…] trovare un’alternativa esistenziale alla spersonalizzazione e una novità di vita alla deprivazione di senso, in comunità nelle quali l’io può relazionarsi ad un tu personale» In questo senso ci si può spingere fino ad immaginare la singola realtà aziendale e la rete di aziende come «una microcomunità empatica» cioè «un luogo amicale, i cui il noi vive come cordiale incontro io-tu; ed è luogo solidale, in cui il noi può relazionarsi ad un voi comunitario, dando forma ad un’empatia inter-culturale ed inter-nazionale»

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detto nel convincimento, già esplicitato a suo tempo140, che non si possono tessere reti e di conseguenza non si può creare valore relazionale e quindi perseguire con successo uno sviluppo sistemico (che può pensarsi di tipo relazionale), se prima ancora non è stato perseguito uno sviluppo (qualitativo prima ancora che quantitativo) a livello di singola unità aziendale. Se la crescita qualitativa del singolo si riversa su quella del sistema, quest’ultima d’altronde dovrebbe di ritorno favorire una maggiore crescita qualitativa di tipo ordinato (intra-aziendale) che rafforzando il sistema dei valori verso l’apprezzamento del confronto (e perché no, dell’espansione) relazionale, a quella stessa sovraordinata dà nuova linfa. Volendo tentare una sintesi (in chiave istituzionalista) di quanto formalizzato, si riconosce come lo sviluppo di sistema (di aziende e di conseguenza: territodi redditiviriale) perseguito lungo il circolo virtuoso141 tà/competitività/soddisfazione dei partecipanti – più ampiamente, valore realizzato/competitività/soddisfazione degli attori - dovrebbe alimentarsi di n omologhi - a titolo esemplificativo, uno soltanto - circoli virtuosi a livello di singola realtà imprenditoriale142 in interscambio con l’ambiente locale (e non143). 4. Talune manifestazioni desunte da primi rilievi empirici condotti sull’imprenditoria siciliana. Il contenuto del presente paragrafo, muove da taluni riscontri di campo condotti avvalendosi di una strumentazione rilevativa in certo qual modo eclettica nel senso che alcune manifestazioni di turismo (per lo più proto-turismo) relazionale sono state ricostruite attraverso le informazioni desunte dall’elaborazione di casi di studio e analisi di settore, nonché dalle testimonianze di accreditati opinion leader. Tra gli ambiti specifici l’attenzione è ricaduta prevalentemente sulla ricettività extra-alberghiera, in particolare sull’agriturismo, il bed & breakfast, gli affittacamere e le case di vacanza. Sono questi alcuni dei più rappresentativi sub-settori che in nuce mostrano ad oggi uno spiccato orientamento al “turismo delle relazioni”, rilevandosi tutta140 Ruisi (2001). 141 Qui riprendendo e generosamente adattando quanto già propriamente formalizzato per l’istituto aziendale. Sul tema cfr. Coda (1984). 142Circoli ancorati a specifici e significativi patrimoni di risorse e competenze distintive, innanzitutto da relazionare con gli altri attori del sistema. 143Il tratteggio delle circonferenze, e nel caso di quella esterna, lascia intuire una certa permeabilità verso l’esterno.

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via in alcuni casi la scarsa presenza di un’interconnessione matura con il territorio capace di ricondurre a forme “costellative144” che testimonino consolidati, contestuali e significativi accordi (formali e/o informali), a monte e a valle, così come longitudinalmente, con operatori economici e non. L’analisi di cui appresso, evidenzierà allora talune problematiche e alcuni limiti che i diversi attori, fino ai soggetti preposti alle funzioni di metamanagement, devono considerare in vista di favorire uno sviluppo turistico integrato propriamente relazionale. 4.1 L’esperienza dell’agriturismo. Praticato di fatto da decenni attraverso forme più o meno estemporanee ed organizzate, l’agriturismo si afferma in Italia con slancio significativo a partire dall’entrata in vigore della legge quadro nazionale n.730 del 5 dicembre 1985 “Disciplina dell’agriturismo”. Le finalità esplicitate dalla normativa citata (art. 1) sono principalmente riconducibili, da un lato a favorire la permanenza degli agricoltori nelle zone di produzione attraverso la ricerca di un’integrazione economica dei redditi agricoli (con conseguente miglioramento delle condizioni di vita degli operatori in questione), dall’altro di un riequilibrio territoriale, salvaguardando la cultura e le tradizioni agricolo-rurali, nonché le produzioni tipiche, ed ancora favorendo i rapporti tra la città e la campagna. L’attività turistica infatti non può essere disgiunta da quella agricola (di coltivazione del fondo, di allevamento del bestiame e di silvicoltura), la quale rimane prevalente rispetto alla prima (da cui meglio si comprende la menzionata valenza integrativa dei redditi prodotti). Proprio il carattere complementare dell’esercizio turistico esalta la distinzione sancita dalla normativa tra agriturismo e turismo rurale (quest’ultimo praticabile anche da imprenditore non agricolo, più precisamente da qualunque soggetto iscritto alla C.C.I.A.A. come titolare o gestore dell’attività ricettiva145). Secondo l’art.2 della legge, le attività esercitabili riguardano: l’ospitalità in stanze, appartamenti146 e campeggi, la somministrazione di pasti e bevande e attività ricreative e culturali. Qualora il fondo sia sprovvisto di edifici, è possibile utilizzare, per l’attività di

144 Normann, Ramirez (op. cit.). 145 Obbligo di iscrizione nella sezione speciale del registro degli esercenti di commercio prevista dall’art.5 della legge 27 maggio 1983, n.217. 146 Secondo l’art. 3 della L.R. 6 aprile 1996, n. 27, in linea di principio: «sono alloggi agrituristici i locali siti in fabbricati rurali, nei quali viene dato alloggio a turisti da imprenditori agricoli».

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accoglienza, quelli che sorgono nei centri abitati147 del territorio comunale o di comune limitrofo rispetto al terreno, purché di proprietà dell’imprenditore e utilizzati come propria abitazione (art. 3). Buona parte della disciplina viene poi demandata alle singole regioni148, così per quella relativa ai limiti di esercizio (art. 4), quella igenico-sanitaria (art. 5) ed amministrativa (artt. 7, 8, 9). Sempre alle regioni è assegnato il compito di tenere un elenco dei soggetti abilitati all’esercizio agrituristico (art. 6), redigere il programma regionale agrituristico e di rivitalizzazione delle aree rurali (art. 10), oltre che incentivare le attività di ricerca e studio, formazione professionale (art.11) e promozione dell’offerta turistica (art. 12); infine approvare il piano degli interventi straordinari redatto da comunità montane, associazioni di comuni ecc. (art. 13) e concedere incentivi agli imprenditori per attività agrituristiche (art.14). Risponde ai rinvii del legislatore nazionale la legge regionale n.25 del 1994, “Norme sull’agriturismo”. La normativa in oggetto, al di là dei richiami testuali a quella nazionale, obbliga (art. 4) alla richiesta del nulla osta all’Ispettorato Provinciale Agrario (I.P.A.) per l’ottenimento dell’autorizzazione comunale (di cui agli artt. 5 e 6); altri obblighi si ritrovano, poi, all’art. 9 (esposizione dell’autorizzazione e della lista dei prodotti e dei servizi con i relativi prezzi, rispetto dei limiti e delle modalità indicate nell’autorizzazione e delle tariffe, tenuta del registro delle presenze, comunicazione al sindaco della cessazione o sospensione d’attività e impegno all’esercizio agrituristico per almeno novanta giorni l’anno). Dei casi di sospensione e revoca si occupa l’art. 10. Tra gli altri articoli, riteniamo opportuno ricordare succintamente il n. 15 “requisiti degli interventi sulle aree e sul patrimonio edilizio”, per ciò che attiene alle barriere architettoniche, agli interventi di recupero edilizio, di restauro e di sistemazione in linea con le tipologie e l’architettura originarie e con materiali di costruzione tradizionali della zona. Per il carattere di complementarietà tra attività agricola e ospitalità ricettiva si evidenzia l’usuale contatto, se non l’implicita frequentazione, delle maestranze (anche di quelle dedite all’agricoltura) e del titolare con gli ospiti. D’altro canto i servizi agrituristici si qualificano non di rado per un coinvolgimento (in diverso grado e misura) dei fruitori del servizio nell’attività produttiva o di trasformazione (es. raccolta dei prodotti della terra, spremitura, preparazione 147 Individuati dai comuni per la destinazione in questione. 148 Cfr. LR 25/94, LR 27/96 e successive modifiche ed integrazioni attraverso la LR 32/00 e attraverso i decreti emanati dall’Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti: 11giugno 2001, 29 novembre 2001 e 11 luglio 2002.

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di formaggi e conserve, ecc.). Per le cose dette risalta allora la connotazione intrinsecamente relazionale dell’offerta in questione, almeno per ciò che riguarda il rapporto staff-ospite (offerta-domanda). Ciò, con evidenza, è emerso nei quattro casi studiati in provincia di Palermo149: Arione, Monaco di Mezzo, Tùdia in collina, Fattoria Pianetti. In aggiunta ai dati Databank150 che individuano i principali fattori di successo dell’attività agrituristica nella localizzazione e nelle attività ricreative, cui seguono la professionalità del personale, la qualità del servizio, il rapporto qualità/prezzo e la promozione, le risultanze di campo151 hanno mostrato il ruolo critico dell’accoglienza durante il soggiorno, quindi del discreto e cortese spirito di convivenza che viene promosso dall’imprenditore e dal personale152. Quanto sopra è stato riscontrato nel caso “Agriturismo Arione”, azienda che si estende nel circondario del comune di Collesano a circa 300 metri sul livello del mare con una superficie di 10 ha e che conta su 6 camere con bagno per un totale di 20 posti letto153 e 80 coperti. Fortemente focalizzata sull’allevamento dei cavalli (passione dominante dell’imprenditore), l’intrapresa agrituristica ruota proprio intorno al maneggio, quindi all’attività equestre con predilezione per le passeggiate in sella. Tra i principali prodotti della terra si riscontrano carciofi, frutta di stagione e olive, da cui l’ottima produzione di conserve e olio biologico. La raccolta delle olive è una delle tipiche attività alle quali gli ospiti - se di gradimento – possono partecipare. Dalla breve indagine condotta, risulta, tra l’altro, che il 93% dei clienti sono stati accolti in modo amichevole (cordiale per il rimanente 7%) e questa stessa valutazione si rileva per il tratto d’ospitalità mantenuto durante l’intero soggiorno. L’esperienza è risultata piacevole per il 71% dei casi; mentre stimolante per il rimanente 29%. I valori riportati ben si coniugano con i livelli significativi di fidelizzazione che si registrano sia per i servizi di pernottamento (l’80% delle presenze si riconduce a stranieri che di norma ritornano negli anni), sia per quelli della ristorazione (in gran parte sfruttati extra pernottamento da cittadini del vicino capoluogo di provincia). 149 Rispettivamente trattasi di strutture a 3, 4, 4 e 2 stelle; tutte, tranne l’ultima, dotate di piscina. 150 Cfr. SEAT, Annuario neoexpo. Turismo, eventi, intrattenimento, 2004, p.481. 151 Un ringraziamento per il lavoro svolto nei rilievi di campo operati sulla clientela va rivolto al dott. Giovanni Metello. 152 Complessivamente i questionari debitamente compilati e pertanto suscettibili di idonea rielaborazione sono stati 106. 153 L’attività agrituristica svolta dal 1998 ha fatto registrare nel biennio 2002-2003 un numero approssimativo di 300-400 presenze mensili in alta stagione e 100-150 in quella bassa, per un fatturato aggregato a quello agricolo di 150 mila euro nel 2002.

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Riscontri simili sono stati operati nel caso “Agriturismo Monaco di Mezzo”, azienda condotta da due fratelli proprietari di un fondo di 160ha, sita nel comprensorio di Petraia Sottana, la quale offre 6 appartamenti e 5 stanze per un totale di 30 posti letto154 e 80 coperti. Tra i principali prodotti della terra e della trasformazione si ritrovano ortaggi, olive, ma anche pane, pasta e olio. Tra i servizi e le occasioni di intrattenimento messi a disposizione, oltre alle passeggiate a cavallo, particolarmente apprezzati sono i corsi di cucina locale. Dall’indagine di campo emerge, tra l’altro, che l’86% dei clienti è stato ben accolto all’arrivo (57% in modo amichevole e 29% cordialmente155); valori positivamente rettificati durante il soggiorno (il citato 29% è passato al 43%). Altro riscontro è stato operato presso l’azienda “Agriturismo Tùdia in collina” sita nei dintorni del comune di Resuttano in un podere che si affaccia su una splendida vallata, da ammirare dalle finestre delle camere e dal porticato. Per il servizio di pernottamento sono disponibili 5 camere per un totale di 18 posti letto156, mentre la ristorazione dispone di 160 coperti. Le produzioni locali contano melanzane, pomodori, verdure e ortaggi vari, e uva (ottenuto in regime biologico). La genesi dell’intrapresa agrituristica che nasce in primo luogo per la migliore accoglienza dei clienti del prodotto agricolo, richiama l’attenzione sulla cura dell’ospitalità. La degustazione dei frutti del raccolto, la presentazione dei piatti ottenuti ed a scelta la partecipazione alla preparazione degli stessi (così come la raccolta degli ingredienti), con il conseguente coinvolgimento attivo degli ospiti, rappresenta il momento principe dell’attività agrituristica. L’accoglienza ricevuta all’arrivo è stata ritenuta amichevole dal 22% e cordiale dal 78% degli ospiti coinvolti; valori ampiamente rettificati durante il soggiorno con il 67% che si è espresso in termini di amichevole accoglienza in itinere e 11% cordiale (22% discreta). Complessivamente il clima percepito è stato ritenuto familiare e l’esperienza piacevole dal 90% dei soggetti raggiunti. Ultimo caso considerato è quello dell’azienda “Agriturismo Fattoria Pianetti” che sorge nel territorio del comune di Gratteri a 657 m sul livello del mare, con un’estensione di circa 150 ha e una disponibilità di 7 camere per comples154 L’attività agrituristica svolta dal 1994 ha fatto registrare nel 2003 un picco di presenze ad agosto pari a 715 e un numero approssimativo di 300 presenze mensili nel resto del periodo (principalmente primavera, estate ed inizio autunno), per un fatturato annuo aggregato a quello agricolo di 150 mila euro. 155 Il 14% si è limitato a considerare l’accoglienza discreta. 156 L’attività agrituristica svolta dal 2001 fa registrare mediamente 400-500 presenze mensili nel periodo giugno-settembre e un numero approssimativo di 100-1500 presenze mensili nel resto dell’anno.

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sivi 18 posti letto157. La ristorazione per scelta imprenditoriale non supera i 25 coperti ed utilizza in prevalenza i prodotti ottenuti dalla coltivazione (biologica) del fondo (es. pomodori, funghi, olive, verdure), ovvero attraverso trasformazione (es. salumi, salsicce, formaggi) a partire dai capi di bestiame allevati nella stessa azienda. Uniche produzioni interne rivolte alla commercializzazioni sono le marmellate, il cacio-cavallo e la ricotta (quest’ultima su ordinazione). Particolarmente suggestive e apprezzate sono le attività di raccolta dei funghi e delle castagne che in alcuni periodi dell’anno coinvolgono attivamente gli ospiti della Fattoria Pianetti, i quali possono anche assistere alla produzione dei formaggi (dalla mungitura al trattamento del latte, fino all’ottenimento del prodotto finito), nonché partecipare a corsi di cucina e di produzione ceramica. Il turista contattato ha rimarcato positivamente la disponibilità dell’imprenditore e dei familiari a soddisfare i loro bisogni e a far loro vivere le attività dell’azienda agricola dal di dentro, d’altronde l’ospite trascorre la sua vacanza insieme al titolare che vive nella stessa struttura e svolge quotidianamente le sue mansioni di agricoltore. Il tratto percepito di ospitalità che ha qualificato l’accoglienza in arrivo e durante il soggiorno è stato ritenuto amichevole e cordiale in entrambi i casi per il 50%. Se la dimensione relazionale della direttrice offerta-domanda è risultata largamente consolidata dalla breve indagine condotta, simile riscontro è sembrato scorgersi con talune eccezioni, anche in termini di offerta-offerta, almeno per quanto è emerso dalle scarne informazioni carpite (se non intuite) durante il lavoro di campo di cui sopra. Volendo indagare più a fondo la realtà considerata, abbiamo ritenuto di intervistare, utilizzando un’apposita griglia di domande, la popolazione degli operatori agrituristici158, sempre della provincia di Palermo, nel tentativo di ricostruire la dimensione relazionale che qualifica ciascuna delle aziende considerate nel rapporto con il resto degli attori economici del sistema, in particolar modo, oltre che con i fornitori di beni e servizi, anche con i – lato sensu – concorrenti, la comunità locale e gli attori pubblici. Dall’elaborazione dei questionari debitamente compilati (rappresentativi praticamente del 60% della popolazione) risulta che i fornitori sono ubicati mediamente, per il 39% nel comune di appartenenza e per il 45% tra il comu157 Da un ventennio rivolta ad offrire varie forme di ospitalità, dal 1994 l’attività intrapresa ha ottenuto la denominazione agrituristica. L’attività ricettiva fa registrare mediamente 450 presenze mensili nel periodo giugno-settembre e un numero approssimativo di 100 presenze mensili nel resto dell’anno 158 Dalla consultazione dell’annuario A.A.P.I.T., Guida dell’ospitalità 2003, si evince una consistenza di 57 strutture autorizzate.

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ne di appartenenza e i comuni limitrofi (non di rado piccoli centri urbani), percentuali che si approssimano al 90% se si estrapola il dato riconducibile agli alimenti necessari per la preparazione di piatti tipici; la puntualità nelle consegne (45%) e la qualità dei prodotti acquistati (30%), oltre che le valutazioni implicitamente ed esplicitamente espresse dagli intervistati, fanno ritenere, al di là degli obblighi normativi, che simili abitudini d’acquisto159, più che a scarsa attenzione nei riguardi dell’efficienza gestionale, debba scontare (possa ricondursi a) una combinazione di piccola dimensione e di produzione di cucina tipica che richiede ingredienti locali. Il rapporto, d’altro canto, è qualificato buono nel 70% dei casi, molto buono o ottimo nel 15% dei casi, avvalorando la sintonia che sussiste tra i soggetti che stanno a monte del processo di trasformazione/erogazione del servizio e la direzione dell’azienda agrituristica. Quanto ai concorrenti, il 58% circoscrive il numero di rivali in un range che va da 1 a 3 (mostrando, invero, una certa “miopia percettiva”), il 18% da 4 a 9, mentre il 9% non considera i rivali veri e propri concorrenti, quanto piuttosto collaboratori160. La prospettiva cooperativo-collaborativa è d’altronde ampiamente riscontrabile, come emerge dall’interessante riscontro (sinceramente, oltre le aspettative): il 76% dichiara di aver girato su altri operatori richieste in eccesso rispetto alla disponibilità; il 64% di ricevere prenotazioni da altre strutture ricettive. D’altronde il 70% ha avuto esperienze di condivisione di gruppi turistici con altri operatori del più ampio settore. Il 55% ha pensato di dar vita (o partecipa già) ad un consorzio o ad altra forma associativa. Il 73% ha dichiarato di condividere momenti conviviali con alcuni (in realtà pochi) colleghi imprenditori della ricettività agrituristica. Un rilievo contrastante riguarda invece, il 61% degli imprenditori coinvolti che ha dichiarato di non partecipare mai ad iniziative o manifestazioni promosse da enti pubblici, dimostrando un interesse non sempre apprezzabile a favore del territorio e cioè della popolazione locale. L’intervento dei pubblici, grazie ai quali nel 70% dei casi si sono avuti dei finanziamenti per l’attività svolta, è ritenuto buono dal 18% degli intervistati, appena sufficiente dal 55%.

159 Abitudini che sottolineano una scarsa propensione a ricercare altrove soluzioni di approvvigionamento riconducibili, ad esempio, a gruppi d’acquisto o comunque a grossisti capaci di garantire maggiori sconti di fornitura. 160 Tali riscontri sono tipici nel caso di soggetti che aderiscono ad aggregazioni consortili.

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4.2 L’esperienza del Bed and Breakfast. Con la L.R. 23 dicembre 2000, n.32 (art. 88), e successive modifiche161, la quale a sua volta si richiama alla L. 17 maggio 1983, n. 217, quella del bed and breakfast è un’attività ricettiva esercitata (in qualsiasi forma giuridica) da soggetti che utilizzando parte della loro abitazione fino ad un massimo di 5 camere, per un totale di 20 posti letto, (4 posti letto per camera non sovrapponibili), forniscono agli ospiti alloggio e prima colazione; siffatta «[…] attività di alloggio e prima colazione non necessita di iscrizione al registro esercenti il commercio ma di comunicazione di inizio attività al comune e alla provincia competenti, nonché di comunicazione alla provincia, nei termini usuali, di tutte le informazioni necessarie ai fini delle rilevazioni statistiche ed ai fini dell'inserimento dell'esercizio negli elenchi che questa annualmente pubblica in merito alle disponibilità di alloggi turistici» (L.R. 32/2000, art. 88, com. 6). La classificazione prevede tipologie ad 1, 2 o 3 stelle, rispettivamente ed essenzialmente162: unità abitativa con una stanza per gli ospiti e bagno in comune con la famiglia ospitante, unità abitativa con 2 o più stanze con bagno comune ad uso esclusivo degli ospiti, unità abitativa con stanze dotate, ciascuna, di proprio bagno. L’agile normativa regionale rappresenta probabilmente uno dei più significativi esempi di promozione imprenditoriale nel settore dei servizi turistici e il numero degli esercizi siciliani in attività dal 2001, pari a 120163, testimonia l’efficacia dello strumento legislativo messo a punto. Dalla descrizione operata, risulta quanto mai evidente l’alto potenziale relazionale della modalità ricettiva in questione, non fosse altro che per la condivisione dello stesso tetto, da parte del soggetto ospitato, con il titolare dell’esercizio turistico. Ciò considerato, bisogna tuttavia riconoscere che non di rado il servizio di B & B si sviluppa secondo modalità che orientano il turista a vivere all’esterno della struttura il suo soggiorno e ad utilizzare la stessa solo per il pernottamento. La predisposizione di spazi da condividere realmente con gli ospiti, come ad esempio una veranda o un salotto dotati di piccola emeroteca e/o biblioteca, così come di giochi da tavolo ed eventualmente con 161 In particolare si fa riferimento alla L.R. del 26 marzo 2002, n. 2 che ha abrogato l’imposizione delle tariffe minime e massime; alla L.R. del 16 aprile 2003, n. 4 che ha aumentato il limite di ricettività da 3 a 5 stanze per un totale di 20 posti letto e offerto la possibilità di svolgere l’attività anche in locali in affitto, sempre che siano quelli di dimora abituale o residenza della famiglia ospitante, comunque previa autorizzazione del proprietario della struttura. 162 Al di là dei riferimenti ai servizi igienici, si rinvia all’allegato della L.R.32/2000 per la specifica dei requisiti minimi, della prestazione di servizi obbligatori e alle dotazioni, per la qualifica di B & B ad 1, 2 o 3 stelle operata dalle A.A.P.I.T. 163 Dato riferito al primo semestre 2003, secondo informazioni fornite dall’A.A.P.I.T. di Palermo.

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la possibilità offerta di degustare delle bevande; insieme con la organizzazione di escursioni guidate dai membri della famiglia che gestisce il B & B, rappresentano alcune possibili direttrici (confluenti) per ricondurre l’ospitalità nella logica relazionale più volte richiamata. Ciò considerato, rimane la verifica del grado d’integrazione (o comunque di comunicazione/connessione) delle singole iniziative con il tessuto socio-economico locale e non, quindi, per utilizzare categorie terminologiche tradizionali, quantomeno a livello concorrenziale e complementare. Per una sintetica e qualificata rappresentazione della situazione attuale e dello scenario prossimo venturo a livello regionale si riportano alcune valutazioni espresse dall’arch. Domenico Targia dirigente dell’Unità Operativa di Base “Studio, sviluppo e marketing, statistica, banca dati, rapporti ISTAT” dell’Osservatorio turistico del Dipartimento, turismo, sport e spettacoli, dell’Assessorato Turismo, Comunicazioni e Trasporti della Regione siciliana, in occasione di un’intervista appositamente rilasciata164. «E’ degli ultimi mesi un proliferare di associazioni di tipo locale, che ricevono grande attenzione da parte delle A.A.P.I.T. , ma anche di alcuni tour operator che fanno incoming interessati, più che alle tradizionali strutture ricettive, a questo nuovo modo di fare ospitalità. D’altro canto, secondo un dato che risale al novembre 2003, abbiamo registrato un numero di circa 700 istanze di finanziamento a valere su un bando aperto appena per 45 giorni, a testimonianza del forte fermento che l’attività di bed and breakfast suscita. […] E’ partito questo movimento e sempre più gruppi che cominciano ad incontrarsi. Una notizia recentissima è che alla luce di questo fermento lo scorso lunedì sera è stata costituita la prima Associazione regionale esercenti B&B ed affittacamere, la quale si pone come obiettivo di tutelare la loro esistenza, promuoverne la loro visibilità e di relazionarsi con tutte le associazioni presenti in Sicilia ed in Italia, magari attraverso forme consortili, per arrivare poi ad un ulteriore consorzio nazionale, se non internazionale. […] Ovviamente questo è un dato che rappresenta un invito per gli enti pubblici, innanzitutto comuni e province, oltre alla Regione, a stare al fianco di questi operatori che conosco bene il territorio, nell’ottica dell’offerta di un servizio per ogni ambito della Sicilia portando la propria specificità, esperienza e riconoscibilità. […] I numerosi attori oggi sono capaci di promuovere tutti gli ambiti territoriali e questo conduce ad una naturale diversificazione di quell’offerta della Sicilia tipicamente rappresentata dalla formula “sole-mare”. Abbiamo oggi potenzial164 L’intervista, di cui riportiamo un breve stralcio, è stata personalmente rilasciata presso la sede della facoltà di Economia di Palermo, il 28 gennaio 2004.

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mente 2.000 B&B, se moltiplichiamo per tre componenti a nucleo familiare, ci troviamo 6.000 operatori che hanno a cuore la propria terra. […]. Volendo registrare un dato, a livello nazionale si contano oltre un centinaio di portali e siti tematici che evidenziano questo tipo di fermento». Se questo è il dato relazionale colto come nascente sentimento verso forme associative specifiche del B&B, va sottolineata anche l’apertura verso forme complementari d’offerta; come ricorda sempre l’arch. Targia, «tutti gli amici del bed and breakfast che incontro in ogni angolo della Sicilia, adesso parlano della trattoria che si trova a 100 m, parlano del pastore dove portare i turisti a mangiare la ricotta; hanno riscoperto il boschetto vicino, che c’è un signore che noleggia le bici, ecc. Sono già partite queste letture del territorio, i cui raggi d’azione sono misurabili in quanto appartenenti ai territori stessi, ma che cominciano anche, in questo incontrarsi e ragionarsi, a vedere uno spazio che non coincide più con i ristretti confini amministrativi.[…] E’ importante da parte delle pubbliche amministrazioni, informare, formare e assistere tutti questi soggetti, perché bastano 10 operatori di B&B con 8-9 posti letto ciascuno per garantire il soggiorno tipico di uno o due pullman, con l’eventuale indotto che ne consegue». 4.3 L’esperienza degli affittacamere. Intrinsecamente meno predisposto165 verso l’affermazione di un’esperienza naturalmente166 relazionale, così come in precedenza definita, l’esercizio di affittacamere si sostanzia nella gestione di: «[…] strutture composte da non più di sei camere ubicate in non più di due appartamenti ammobiliati in uno stesso stabile nei quali sono forniti alloggio ed, eventualmente, servizi complementari»167. Per quanto concerne l’approfondimento nel sub-settore degli affittacamere facciamo riferimento ad un’indagine prevalentemente condotta tra l’ultimo quadrimestre del 2002 e il mese di gennaio 2003 nel territorio di Lampedusa (Ag), comprensorio ad altissima vocazione turistico-balneare168. Posta al cen165 Analogamente a quanto può dirsi in merito all’esercizio dell’attività servizio di affittacamere. 166 Il riferimento è alle minori occasioni di contatto tra ospitante ed ospite, rispetto a quanto accade nell’offerta agrituristica e di B & B, dove si condivide di norma il servizio di pernottamento, se non quello di ristorazione, con i titolari dell’attività. 167 Così secondo l’art. 3 della L.R. 6 aprile 1996, n. 27, com. 10. 168 La presente indagine è stata condotta con l’attiva collaborazione della dott.ssa Caterina Cappello, alla quale rivolgiamo il ns ringraziamento.

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tro del canale di Sicilia, l’isola di Lampedusa dista circa 120 miglia dalla costa siciliana e 90 da quella tunisina. “Resti di insediamenti neolitici o di ingrottamenti dell’età del rame a Capo Grecale documentano la precoce occupazione dell’isola; testimonianze puniche e romane ne assicurano la frequentazione in età storica”169. L’isola rimase tuttavia pressoché disabitata fino alla colonizzazione di Cavaliere Sanvisente avvenuta a partire dal 1843 su incarico borbonico di Ferdinando II170. Scoperta come meta turistica all’inizio degli anni Sessanta, è a partire dal 1968, anno dell’apertura dello scalo aereo, che l’isola si contraddistingue per un flusso significativo e mediamente sempre crescente di turisti. Inizialmente concentrato nei mesi di luglio e agosto, oggi Lampedusa è interessata da un fenomeno di destagionalizzazione che ha allungato la stagione da fine maggio fino ai primi di ottobre; tra i responsabili di siffatto fenomeno ritroviamo senz’altro l’espansione dell’offerta extraalberghiera, tra cui, con ampi margini di miglioramento, quella degli affittacamere. L’indagine condotta, dopo lo sforzo compiuto per la definizione della dimensione quantitativa della realtà indagata, ha cercato di coglierne il carattere relazionale, soprattutto, a livello di rapporto offerta-offerta. La difficoltà iniziale (e principale) è stata quella di delimitare l’entità del fenomeno affittacamere, considerato che buona parte dello stesso sfugge alle statistiche ufficiali. Il punto di partenza è stata la definizione dei flussi turistici, stimati a partire dagli arrivi marittimi ed aerei con dati rispettivamente forniti dalla segreteria del Comune e dall’ENAC, depurando i valori rilevati del transito pendolari; attraverso il riporto delle eccedenze del mese precedente171 si è giunti così a calcolare il numero di turisti presenti almeno un giorno sull’isola per ciascun mese di riferimento. Il dato ottenuto è stato successivamente confrontato con quello ufficiale (praticamente effettivo) riportato dalle strutture ricettive regolamentate, risalendo così, per differenza, alla consistenza della domanda soddisfatta attraverso l’ospitalità offerta dagli – lato sensu - affittacamere172, che

169 La Rosa (1991). 170 Cfr. Sanvisente (1849). 171 Ci si riferisce al caso di turisti che iniziano la vacanza in un mese e la completano almeno in quello successivo. 172 Nonostante il riscontro di varie forme di ospitalità presso le strutture abitative dell’isola, la modalità dell’affittacamere presenta una preponderante e significativa diffusione rispetto a quella del B&B e delle case di vacanza.

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per il 2001 non raggiunge le 460.000 presenze annue173 e un giro d’affari stimato poco meno di 12.500.000.000 di vecchie lire174 (6.455.000,00 euro). Dal punto di vista dell’offerta, partendo dalle unità abitative dell’ultimo censimento (2.900), sottratte quelle ad uso personale dei nuclei familiari di Lampedusa (1.723) si giunge ad un universo di 1.177 unità. Attraverso i 200 questionari somministrati, sono state coinvolte 398 unità su 1.177, vale a dire il 33,8%. L’indagine condotta garantendo l’anonimato, dopo una presentazione dell’imprenditore e delle caratteristiche strutturali della sua attività, è stata rivolta a cogliere le motivazioni dell’intrapresa e il ruolo delle variabili individuali e di contesto che hanno condizionato il processo genetico; è passata successivamente a comprendere l’organizzazione operativa della stessa attività, i rapporti all’interno dell’arena competitiva e la propensione aggregativa con particolare riferimento ad un’ipotesi consortile. Per quanto qui rileva, si ritiene opportuno recuperare le informazioni elaborate a partire dai dati raccolti con riferimento agli ultimi due momenti dell’indagine relativi alla dimensione – lato sensu – relazionale. Tra i risultati emersi risalta una nota ampiamente positiva per ciò che concerne la cessione di prenotazioni a terzi affittacamere in caso di saturazione della capacità ricettiva (86,5%). In particolare il 20% degli intervistati ha dichiarato di aver girato la prenotazione a parenti, il 15 % ad amici, il 19,5% indifferentemente a parenti ed amici, il 32% a chiunque fosse disponibile, mentre il 13,5% ha dichiarato di non avere contattato alcuno. Con riferimento alla stagione estiva 2001, tra gli altri si rileva che il 63,5% ha ceduto i propri clienti fino a 5 volte, il 16% da 6 a 10 volte, il 7% almeno 11 volte. Completa l’informazione presente il fatto che il 75% dichiara di intrattenere rapporti sociali improntati ad una cordiale frequentazione con gli altri affittacamere, mentre il 25% preferisce mantenere le distanze175. Passando ai rapporti con l’intermediazione, solo il 20% degli intervistati dichiara di aver beneficiato dei servizi offerti da idonei intermediari: il 7% della Pro-loco, il 10% delle agenzie di viaggio, l’1,5% di tour operator, l’1,5% indiscriminatamente di Pro-loco e agenzie viaggio. Il 10% dei suddetti servizi è avvenuto a titolo gratuito, mentre il 90% a titolo oneroso, con una provvigio173 Volendo concentrare l’attenzione sui mesi più significativi, con riferimento all’anno 2001, abbiamo calcolato, rispettivamente da aprile ad ottobre le seguenti presenze giornaliere: 340, 549, 1.849, 3.369, 5.412, 2.963, 745. 174 Il prezzo giornaliero medio praticato è stato calcolato in 27.500 di vecchie lire. 175 D’altro canto l’88,5% dichiara di avere rapporti aperti e frequenti con la popolazione locale, il 9% rapporti riservati, il 2,5% del tutto assenti.

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ne variabile tra il 20% e il 35% del prezzo del soggiorno. Quanto alla percezione dell’interesse manifestato dagli enti turistici locali, l’82% registra un atteggiamento di indifferenza, il 9,5% di essere stato favorito, l’8,5% di essere stato ostacolato. L’orientamento alle relazioni orizzontali (offerta-offerta) è stato ulteriormente confermato dai risultati emersi con riferimento ad una possibile aggregazione consortile; il 63% si è manifestato favorevole, apprezzando i benefici potenziali in termini di: destagionalizzazione, convenzioni con l’offerta di altri servizi, forza contrattuale nei confronti dei vettori del trasporto aereo, scontistica in fase di approvvigionamento, ecc. Tra coloro (37%) che si sono dichiarati contrari, il 54% ha giustificato tale opzione a causa di una percepita elevata propensione verso l’individualismo capace di compromettere nei fatti il successo duraturo dell’iniziativa. Il 31% ritiene che le dimensioni di ciascuna attività sono talmente ridotte da non offrire energie sufficienti per l’avvio di un organismo consortile. Il 5,4% ha dichiarato che manca una condivisione della mission, condizione necessaria al successo aggregativo. Un altro 5,4%, senza specificazione alcuna, vede nel consorzio un fattore di rischio per la propria attività. Il 2,8% teme che si possano praticare delle discriminazioni nella percezione dei benefici in capo ai singoli consorziati. L’1,4% è scoraggiato da precedenti esperienze associative conclusesi con esito negativo. 4.4 L’esperienza delle case di vacanza. Per l’analisi dell’attività turistico-ricettiva esercitata in case ed appartamenti per le vacanze, cioè in «[…] immobili arredati gestiti in forma imprenditoriale per l'affitto ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati, nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non superiore ai tre mesi consecutivi»176, si è deciso di presentare, in chiave propositiva, un caso di successo, sia a livello di rapporti offerta-domanda, che offerta-offerta. L’azienda considerata è la Cooperativa MareMonti con sede a San Vito Lo Capo (Tp), uno dei più rinomati siti del turismo balneare della Sicilia Occidentale (invero, il più apprezzato anche a livello internazionale dopo le isole minori ed il comune di Cefalù). Il caso elaborato con il contributo del principale attore imprenditoriale della cooperativa, il dott. Diego Rugirello, fa tesoro della pluriennale conoscenza dei luoghi e della nostra personale esperienza quanto ai servizi offerti dalla realtà aziendale indagata.

176 Così secondo l’art. 3 della L.R. 6 aprile 1996, n. 27, com. 11.

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La Cooperativa MareMonti nasce nel 1986 per volontà di un gruppo di persone di eterogenea formazione professionale, per l’offerta di servizi di varia tipologia: vendita di generi di somministrazione (bibite, gelati, snack, ecc.), lavori di edilizia (pavimentazioni e manutenzione in genere), giardinaggio, gestione di case ed appartamenti per vacanze, stabilimenti balneari, ecc. Nel giro di un paio di stagioni turistiche fu subito evidente che un’imprecisa business definition, insieme con una mancata specializzazione delle professionalità interne, così come la difficoltà di un coordinamento delle diverse aree d’affari e la sottovalutazione dei costi di gestione della complessità dovuta ad un portafoglio d’attività così ampio, non avrebbero consentito la sopravvivenza dell’iniziativa nel tempo. Nonostante la maggiore attenzione riposta tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, la cooperativa incrementò la sua esposizione debitoria con il fisco e con alcuni collaboratori, nonostante la forte motivazione di buona parte del gruppo promotore. Il 1995 è l’anno della svolta. Viene intrapreso un piano di risanamento economico, tra l’altro rivolto al recupero di alcuni crediti nei confronti dei soci, ma soprattutto finalizzato a tagliare alcune attività non ritenute strategiche e il core business si focalizza sulle case per vacanza. A dispetto della concorrenza delle società immobiliari impossibilitate a fornire servizi ausiliari oltre la mera intermediazione e dei privati prevalentemente rivolti alla copertura di periodi mensili di locazione, la cooperativa MareMonti si posiziona nel mercato con una offerta ben qualificata, in certo qual modo unica rispetto alle diverse componenti del marketing mix: molteplicità di servizi offerti177, listino dei prezzi flessibile a seconda del target e variabile in ragione della tipologia di sistemazione e di settimana prescelta178, canalizzazione anche tramite agenzie di viaggio. Inizialmente interessata dai proprietari soprattutto per l’affitto delle unità abitative in bassa stagione, la cooperativa punta sempre più a chiudere contratti vuoto-pieno, più rischiosi ma anche più facilmente gestibili in termini di programmazione. Nel 1999 l’A.A.P.I.T. classifica le prime 10 case della cooperativa e l’anno successivo il comune rilascia la relativa licenza. E’ l’anno della scomparsa del Presidente e di ridefinizione dei nuovi equilibri societari: la leadership operativa adesso passa in capo al dott. Diego Rugirello, responsabile del settore ca177 Servizi inclusi nelle proposte quali: disponibilità biancheria, pulizia della casa, pronto intervento per la manutenzione nelle 24 ore, box informazioni turistiche , oltre ricevimento e servizio recapito, carta sconti per locali convenzionati; inoltre servizi supplementari quali noleggio tv ed autonoleggio con autista anche per trasferimenti da/per aeroporti, porti e stazioni ferroviarie; organizzazione di escursioni nelle vicine località. 178 Con offerte anche secondo la formula week-end.

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se per vacanza, e alla sig.ra Filippa Pellegrino per la gestione dell’autonoleggio e della Locanda Lighea (struttura di affittacamere presa in gestione con disponibilità di 12 posti letto179). Nel 2003 le unità classificate risultano 62 mentre altre 15 sono in corso di classificazione, sempre da parte dell’A.A.P.I.T. La Cooperativa MareMonti ormai è operativa tutto l’anno; vanta contratti con tour operator (Alpitour, Eden viaggi, Eurotravel, Columbus) che garantiscono una discreta destagionalizzazione con operazioni di incoming, in con paesi del nord e dell’est Europa. Rapporti consolidati esistono anche con alcune agenzie di viaggio presenti nel territorio italiano. La gestione in regime di vuoto-pieno che contraddistingue la maggioranza dei contratti, porta la direzione a non disdegnare una logica di pricing per margini di contribuzione (rivolta alla copertura dei costi fissi) e quindi a conquistarsi, forti della qualità dei servizi offerti, la fidelizzazione degli intermediari. Il fatturato 2002 si è assestato intorno ai 400.000,00 euro, con un incremento significativo rispetto ai circa 60.000.000 di lire del primo anno di costituzione. Abbiamo qualificato il caso della Cooperativa MareMonti come un caso di successo nei termini da noi proposti, quelli cioè relazionali. Dobbiamo, infatti, riconoscere il tratto cordiale e amichevole, di sentita ospitalità, e la particolare cura che viene riposta nel soddisfare ogni bisogno della clientela, nella logica di prevenire piuttosto che risolvere ex-post i problemi e ciò grazie all’esperienza pluriennale maturata180. I soci della cooperativa ed in primo luogo il dott. Rugirello, hanno d’altro canto fatto proprio un credo, quello di migliorare l’offerta dei servizi turistici del territorio nel convincimento che ciò equivale ad un miglioramento dei servizi da loro stessi resi disponibili. In questo senso si comprende la messa a punto della Carta Amica (carta sconti per servizi di ristorazione, nolo barche, esercizi commerciali, ecc.) e l’attiva collaborazione per l’organizzazione di spettacoli e manifestazioni culturali di piazza, primo fra tutti l’ormai famoso Cous cous fest, “Rassegna internaziona179 Si tratta di 1 camera singola e 5 matrimoniali, climatizzate, con bagno privato con doccia, asciugacapelli, frigo bar, tv, biancheria da letto e da bagno con riassetto giornaliero e cambio infrasettimanale, oltre alla disponibilità di una bici gratuita che ha portato i gestori a qualificare il servizio in bed and bike. 180 I riscontri captati nel rapporto con lo staff all’interno della sede della MareMonti, così come presso alcune case di vacanza o luoghi pubblici di ritrovo, e ai quali si è assistito durante i periodi trascorsi a San Vito Lo Capo, ci hanno testimoniato l’interesse profondo di tutto il personale a ché gli ospiti potessero fruire al meglio la loro vacanza, vivendola visto il target prevalente - come momento – ci sia consentita l’espressione – di “rigenerazione familiare”, vale a dire quale occasione per la famiglia in vacanza di ritemprare l’affiatamento e il clima tra i suoi componenti , anche attraverso la ricchezza offerta dall’interazione con altra gente, con le sue storie e la sua cultura.

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le di cultura ed enogastronomia del Mediterraneo”; lanciata la VIIa edizione per il settembre 2004, la manifestazione di cui trattasi, come evoca esplicitamente il nome attribuitole, ruota intorno ad una gara gastronomica internazionale focalizzata sulla preparazione di piatti a base di cous cous, cioè di semola di grano duro lavorata secondo uno speciale procedimento e variamente condita. Alla rassegna, dal 1998 a 2003, hanno preso parte varie delegazioni di paesi mediterranei (Algeria, Egitto, Francia, Israele, Italia, Libia, Marocco, Palestina, Tunisia, Turchia), a quali si sono aggiunti, il Brasile, la Costa d’Avorio, la Mauritania e il Senegal. Così come concepito ed organizzato, il cous cous fest, che recupera un’antica sagra locale, rappresenta uno strumento di marketing territoriale di ampia portata, al di là del successo contingente di pubblico testimoniato dall’afflusso di decine di migliaia di visitatori al termine della stagione turistica nel piccolo comune marinaro. Il risalto internazionale della manifestazione, fanno del Cous cous fest, uno dei momenti più rilevanti e tipicizzanti tra gli eventi dell’Isola al fianco, tra gli altri, degli appuntamenti ormai decennali del festival del cinema di Taormina e della sagra del Mandorlo in Fiore di Agrigento. A conclusione delle citate esperienze di campo, volendo esplicitare alcune sintetiche considerazioni di portata generale, riteniamo che le informazioni elaborate possano convergere verso un comune denominatore: il successo o insuccesso dell’intrapresa turistica relazionale (con il complesso processo di networking che la contraddistingue) diparte in prima istanza dai valori incarnati, quindi dalle virtù (intrise di relazionalità) praticate dagli attori economici, innanzitutto dai singoli imprenditori e dal loro staff, in secondo luogo dai soggetti preposti alle funzioni di metamanagement locale. Se quanto detto era emerso lungo la dimensione offerta-offerta in precedenti indagini compiute in ambito di sistemi locali di produzione181, ciò risulta quanto più vero nel caso del fenomeno turistico qui considerato, in cui lo sviluppo del servizio, quindi la generazione del valore, non può prescindere dallo stretto rapporto con il fruitore, chiamato appunto a completare la stessa offerta, qualificando in termini attivo-partecipativi la natura stessa della domanda. Queste ultime considerazioni riteniamo importanti quale suggerimento per coloro che gravitano nell’ambito della progettazione di – lato sensu - sistemi turistici integrati variamente individuati dal legislatore, o in letteratura, o nei tavoli della programmazione economico-territoriale quali Distretti Turistici182 181 Ruisi ( op. cit., 2001). 182 In tema di distretto turistico e di relativa attività di metamanagement si veda Molteni, Sanaghi (1997, pp. 93-104).

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(D.T.), Sistemi Turistici Locali183 (S.T.L.), o Sistemi Locali di Offerta Turistica184 (S.L.O.T.), senza escludere ulteriori espressioni - magari maggiormente suggestive - in via di formalizzazione. Considerazioni, quelle espresse, che tuttavia, si comprende facilmente, travalicano i confini e le classificazioni perimetrali imposte da un’eventuale normativa di riferimento o comunque da ben codificati parametri statistici, per incrociare insiemi eterogenei e comunque instabili di domanda ed offerta, intrinsecamente ed estrinsecamente in evoluzione secondo dinamiche relazionali che seppur tendono al consolidamento, è opportuno che sempre rimangano permeabili185 a nuovi contributi, nuove filiazioni e gemmazioni, nuovi accordi e nuove alleanze, nuovi rapporti in genere. Considerazioni conclusive. Le considerazioni fin qui espresse, ivi comprendendo quanto stimolato dai riscontri di campo, richiamano l’esigenza di confrontarsi con problemi di governo della complessità relazionale, questa espressa non solo a livello di rapporti tra operatori economici (innanzitutto offerta-offerta, seppur complementare), ma anche tra questi ultimi e i fruitori finali del servizio, cioè i turisti, senza dimenticare il coinvolgimento della più ampia comunità locale. In questo senso vogliamo estendere la valenza di ciò che Antonelli (2000, p. 54) qualifica come network governance, considerando non solo «[…] il complesso organico di meccanismi di governo, finalizzati alla composizione sistematica delle strutture e all’organizzazione dei comportamenti economici infra ed interaziendali», ma anche di quelli non strettamente economici, comunque non esclusivamente riconducibili all’ambito aziendale, dovendo coinvolgere, 183 Si veda il primo comma dell’articolo 5 della Legge n.135 del 2001, ”Riforma della legislazione nazionale del turismo”: «Si definiscono sistemi turistici locali i contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate». Nel Primo Rapporto sul Turismo in Sicilia (Mercury srl, 2001, p. 166) si richiama inoltre la definizione presente nel disegno di legge presentato all’ARS (n.1065/2000) che definisce i S.T.L. quali « […] entità turistiche operanti in ambiti territoriali sub-regionali di dimensione intercomunale o interprovinciale, caratterizzate da contesti culturali omogenei nonché da strategie organiche di valorizzazione delle risorse turistiche e di promo-commercializzazione dei prodotti turistici». 184 Secondo Rispoli e Tamma (1995, p. 41) «con tale locuzione si intende un insieme di attività e fattori di attrattiva che, situati in uno spazio definito (sito, località, area), siano in grado di proporre un’offerta turistica specifica e distintiva che valorizza le risorse e la cultura locali». 185 In linea con la teoria generale dei sistemi, a scanso di non intraprendere una necrosi irreversibile.

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come detto, anche la più ampia comunità locale. D’altro canto riteniamo che la suddetta complessità, prima ancora che essere governata a livello sistemico (macro) di network (se non – per quanto qui non compete - sovra-sistemico, quale interrelazione di ambiente economico, sociale e politico), va immaginata e gestita a livello di singola realtà aziendale (meso) e prima ancora a livello individuale (micro), dell’uomo d’azienda, che è anche membro della società e di norma di una famiglia. In questa direzione si apprezzano tutti quei momenti di definizione (o ridefinizione) della mission aziendale a valenza relazionale, che partendo dai valori degli attori chiave, portano fino alla predisposizione di efficaci strumenti di controllo. «Gli strumenti del controllo reticolare dovrebbero consentire, a livello di singola azienda, di programmare la propria attività in relazione a quella dei partner e, con questi, quella generale del network, di organizzare le relazioni interaziendali, infine di gestire i processi produttivi “di interesse comune” con altre imprese, cioè quelli sui quali si esercitano le relazioni combinatorie reticolari. Dovrebbero, poi, laddove gli assetti di governo siano “fluidi”, assicurare condizioni di omogeneità o di complementarità tra i valori e le concezioni imprenditoriali, alimentando la fiducia reciproca186 tra i partner187». Tuttavia sembra opportuno considerare che, come ricorda l’Autore, i tradizionali sistemi di controllo - così come reputiamo, a monte, i sistemi informativi di comune riscontro nella PMI - non costituiscono strumenti pienamente idonei a supportare il buon governo dei processi relazionali tra le aziende di un network. Questo riteniamo quanto mai vero in presenza di risorse intangibili da gestire quali, in ultima istanza, la “conoscenza di qualcosa” (sapere e saper fare, al limite saper far fare) e la “conoscenza di qualcuno” (fondata direttamente e/o indirettamente su rapporti interpersonali). Alla luce delle considerazioni appena espresse, si è pensato di contribuire a colmare simili lacune chiamando in causa alcuni strumenti extracontabili, i quali all’occasione possono validamente integrare (ampliandone la portata) l’informativa contabile al fine di supportare il management, ovvero la classe imprenditoriale nell’esercizio delle loro funzioni specifiche e quindi le scelte strategico-operative. Tra gli altri l’attenzione è ricaduta su codici e bilanci, in questa sede rispettivamente qualificati, etico-relazionali e sociorelazionali, o semplicemente relazionali.

186 Di “spirale evolutiva della partecipazione” si è a suo tempo parlato in: Ruisi (1999, p. 57). 187 Cfr. Antonelli (op. cit., p. 119).

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Le riflessioni di seguito sintetizzate dipartono dal confronto con la più ampia letteratura elaborata in tema di Corporate Social Responsability188, più propriamente di codici etici189 e di rendicontazione sociale190 (in senso più circoscritto, di cosiddetto bilancio sociale). Per apprezzare – tesaurizzandoli - detti contributi, riteniamo fondamentale specificare: qual è il senso e l’obiettivo che pre-ordina un interesse comunicativo esplicito di tipo etico- e sociorelazionale? Chi sono i soggetti target della comunicazione in questione? Attraverso quali forme comunicare? Se le risposte che seguono possono trovare, invero, una propria articolazione differente da caso a caso, riteniamo tuttavia di poter risalire a comuni principi ispiratori, a ricorrenti categorie di destinatari, a modalità condivisibili di implementazione, al di là di ogni oggettiva e concreta specificazione (italianizzando: customizzazione). Fugando prontamente e ab origine l’interesse conformista/emulativo con il quale non di rado ci si confronta e che oggi non può disconoscersi trattando, in particolare, di bilancio sociale191, riteniamo che la predisposizione di strumenti di comunicazione (e al contempo di – lato sensu – rendicontazione) che abbiano valenza etico- e socio-relazionale, vada interpretata come un’esigenza 188 Nel Libro Verde della Commissione UE, “Promuovere un quadro europeo per la CSR”, la Corporate Social Responsabilità è definita come: «l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate. Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici, ma anche andare al di là, investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate». 189 Tra gli altri si ricordano: Gabrovec Mei O., “Business ethics e codici etici”, in Rivista dei dottori commercialisti, 1990, pp.765-778; Bertolini S., Castaldi R., Lago U., I codici etici nella gestione aziendale, Il Sole 24 Ore, Milano, 1996; Baglieri D., “Alcune note in merito ai “codici etici aziendali”, in Vermiglio F. (a cura di), Nuovi strumenti di comunicazione aziendale. Confronto di esperienze in tema di bilancio sociale, Giappichelli, Torino, 2000, p.449-469. 190 Tra gli altri: Vermiglio F., Il «bilancio sociale» nel quadro evolutivo del sistema d’impresa, Grafo Editor, Messina, 1984; Rusconi G., Il bilancio sociale d’impresa, Giuffrè, Milano, 1988; Gabrovec Mei O., “Il bilancio sociale”, in Amministrazione e Finanza, 6 (marzo), 1993; Lipari C., “Sulla complessità del bilancio sociale”, in Vermiglio F. (a cura di), Nuovi strumenti di comunicazione aziendale. Confronto di esperienze in tema di bilancio sociale, Giappichelli, Torino, 2000, pp.365-369; Hinna L. (a cura di), Il bilancio sociale, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002. 191 Come ricorda Hinna (Hinna L., “Bilancio sociale: i punti cardine”, in Hinna L. (a cura di), op. cit., p. 59) la rendicontazione sociale “per moda”, in genere si sostiene per qualche anno, poi, finito “l’effetto annuncio”, difficilmente si trovano le motivazioni per continuare. In questa direzione valga il monito di Coda (Coda V., Prefazione, in Hinna L. (a cura di), Ibidem, p. XIX): «Dunque, quella di avviarsi sulla strada di una rendicontazione aggiuntiva e integrativa dei consueti bilanci di esercizio, focalizzata su responsabilità diverse da quella del presidio degli equilibri economico-finanziari della gestione, non è decisione da prendersi alla leggera sulla spinta di mode o dell’ansia di colmare un deficit di consenso sociale».

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di portata diffusa. Quanto detto a maggior ragione dinanzi, ad una proposta, quella di turismo relazionale, intuitivamente vissuta, ma ancora non sempre esplicitamente assimilata dai diversi soggetti in gioco. La ragione profonda che dovrebbe muovere la predisposizione/implementazione dei suddetti strumenti, va pertanto ricondotta, a livello sovraordinato, ad una condivisione massiva del – lato sensu – modello culturale riconducibile a quella forma di turismo definito “relazionale”. La formalizzazione di documenti in veste di codici, reports e “bilanci192” etico- e socio-relazionali, dovrebbe investire i soggetti redattori in un processo profondo, che contempla, al limite ed ex ante, una metanoia, cioè un cambiamento di mentalità, una riformulazione/riposizionamento dell’orientamento strategico di fondo193 che dimostri l’impegno sentito dell’alta direzione verso la costruzione di una solida stakeholder relationship, vale a dire di una relazione duratura e credibile, in quanto leale, interessata al progresso reale dei vari stakeholder. Detta formalizzazione può divenire, di fatto, momento di auto-coscienza e auto-convincimento, nonché di consenso, di rafforzamento della reputazione, nella misura in cui è capace di sviluppare relazioni più forti tra gli interlocutori sociali, cioè tra i soggetti che, per quanto riferito nei paragrafi precedenti, ricoprono un ruolo chiave nella generazione di valore per l’azienda. D’altro canto perché tale ruolo acquisti concretezza «[…] è necessario che i processi di dialogo e di reporting siano radicati all’interno dell’organizzazione, della missione, della visione e dei valori dell’impresa stessa, nonché integrati nei suoi sistemi di gestione e di corporate governance. […] La missione, la visione e i valori dell’impresa formano le fondamenta dello stakeholder reporting, ma, a loro volta, sono anche prodotti del processo194». E’ indubbio, infatti, che il feedback che proviene dai destinatari può consolidare, arricchire, comunque mutare, il modo di essere relazionale dell’azienda stessa. Bibliografia Albertini S., Gli accordi strategici, EGEA, Milano, 1991. Aldrich H. e Dubini P., “Le reti e i processi di sviluppo delle imprese”, Economia e politica industriale, 64, 1989.

192 Virgolettando per sottolineare l’accezione impropria data ad un documento invero non contabile e bilanciante. 193 Cfr. Coda V., L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino, 1988. 194 Hinna L., “Le fasi e le valenze del processo di rendicontazione sociale”, in Hinna L., op. cit., p. 88.

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PARTE TERZA I contributi esterni alla ricerca, studi multidisciplinari sul tema del rapporto cooperativo tra risorse territoriali e turismi in ambito relazionale

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FARM TOURISM: NEW TREND OF TOURISM IN EGYPT.195 Aly Omar & Eman Helmy196

Introduction The Mediterranean region is considered one of the most popular and famous tourist destination in the world. The countries bordering the Mediterranean Sea have different attractions to offer to the tourist and not just Sun, Sea and Sand. The Mediterranean basin is reknowed for its archaeological, historical and artistic heritage (Briguglio and vella 1995). According to the WTO (World Tourism Organization), the twenty one countries of the Mediterranean Coastlines recorded an aggregate volume of 167 million arrivals in 1955, with an average annual growth since 1990 at 2.0% far below the global average of 4.4% (WTO,1997). In its study “Tourism 2020 Vision� , the WTO forecasted a continued decline in the Mediterranean Countries share of global tourism with an average annual rise between 1995 and 2020 of 2.8%. By 2020, the volume of international tourist arrivals in Mediterranean countries will total 332 million, representing a decline in global market share from 30% in the 1995 to 21% in 2020 (WTO, 1997). The analysis above presented by the WTO calls for more compatible tourist development and marketing strategies to be implemented by each Mediterranean country. Such strategies should be able to consider and to cope with the recent challenges of sustainability, globalization and international competition. 195 This contribution as a synthesis of intervention in Colloquio euro-Mediterraneo, issue: Tourism as an instrument for cooperation and regional development in the Mediterranean, Palermo, 21-23 october 1999. 196 Aly Omar, Professor of Archeology to the Faculty of Tourism & Hotel Management, University of Helwan, Cairo, Egypt. Eman Helmy, lecturer in Tourism, Faculty of Tourism & Hotel Management, University of Helwan, Cairo, Egypt.

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The adoption of those strategies necessitates a real modification and renovation of tourist product offered by each tourist destination of the region, taking into consideration the requirement of softer tourism forms. Needles to say the above goals cannot be accomplished without an organized collaboration and cooperation among the countries. Farm tourism in Egypt. Opportunities and challenges The increased demand of the Egyptian domestic tourist market on the countryside located outside the sity borders of Cairo and Alexandria, proves the growing need of this market segment to the open and green areas. The daily routine life of urban cities, along with the increase in the ratio of pollution and crowd in urban cities are the main reasons behind the movement of thousands of citzens to more natural and green areas. Although the traditional Egyptian farms are famous for their fertile land and distintive agricultural crops, the integration of tourism into the agricultural, economic and social environments of such farms is not an easy task. One of the major constraints is the fact that most of the traditional farms and villages in Egypt are over- populated suffering from social and economical difficulties. Fortunately, one of the major areas of development theat Egypt is witnessing at present is the agricultural one. This important development that Egypt is witnessing at present is the agricultural one. This important development targets the cultivation and reclamation of new and less developed areas located mainly in the Egyptian oases and desert. It also aims at creating new communities in such areas, which will mitigate the problem of over-population in urban cites and traditional farms. For this sake, the Egyptian General Authority for Land Reclamation and Agricultural Development was established in 1975. The role of this authority has been reinforced with law No. 7 for the 1991, which year organizes the tasks of this authority. The recent importance given to this authority has resulted in massive cultivation and development projects to take place in the very virgin areas, which started with the following: 1. North Sinai Project; 2. East El-Awinat Project; 3. El-Nakra valley Project; 4. Toshka Project. According to development strategies launched by the authority mentioned above, the cultivated land will reach almost 3.4 million acres.

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These strategies have also identifĂŹed specifĂŹc plans and programs to be implemented for conserving all the natural environmental resources from degradation. This in turn guarantees the future existence of pure, unpolluted and calm farms in new regions outside the city borders. All the projects and efforts presented above offer a new hope towards better Farm Tourism in Egypt. It also offers the opportunity for a proper development of Green Tourism to be integrated into the socioeconomic and environmental circumstances of the new regions. However, the success of the promising product of the Egyptian Farm Tourism depends mainly on the ability of the concerned parties and stakeholders (governmental and non-governmental) to cooperate and coordinate efforts for the creation of a competitive product. This success cannot be achieved without a full consideration of Farm Tourism development in the planning contexts of such new regions. This task entails regarding tourism as one of the main economic activities that should go in parallel with other economic activities to be developed in these regions. In a recent survey by Elias carried out in 1999 among the potential tourists and among the owners of these new modern farms a questionnaire was distributed to 220 persons (179 males and 41 females). This sample is also classifĂŹed according to their marital status (32 single, 15 married and 173 married with children). This study concludes the following results: 1. The concept of Farm Tourism in the newly reclaimed farms and areas is welcomed by 94.4% of the sample. 2. The distance range of 50 to 100 Km is preferred by 69.9% of the sample between their cities and the destinaton farms. 3. The modern farms situated on either sides of Cairo/Alexandria desert highway are preferred by 57.2.% This is probably because the weather is much cooler in this region and the roads are in good conditions. 4. The best seasons for Farm Tourism chosen by 66.6% are winter and spring. People prefer to go to the beaches in summer and autumn. 5. Average duration of stay is two days on a weekly basis. This is pointed out by 54.8% . 6. The accommodation facility required is a country house (86.1)%,with one floor (84.1% ) and with more than two rooms (77.4%). Cooking facilities available in a country house is preferred (60%). 7. Simple recreation activities, mainly sports are requested by 60.6%.

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8. Most of the owners of the modern farms welcome the idea of hosting domestic and international tourists and they preferred that such activity should be organized either individually or through the owners union. The last point that should be regarded when planning for Farm Tourism in these regions is how to integrate this specialized form of tourism into other activities of farmers who will serve and host tourists. It is expected that many farmers will be attracted to offer the different amenities and facilities of Farm Tourism and to welcome tourists due to the social and economical benefits it will offer to the local community. However, farmers and personnel who will have direct contact with tourists will need to be well prepared and trained. This will guarantee offering more competitive and unique Egyptian Farm Tourism with all of its distinctive environment, local food, culture and host community. For all these reasons mentioned above, the TDA (Tourist Development Authority) has been working in a scheme to develop a plan suitable for Farm Tourism since 1996. Conclusions The discussion presented throughout this paper has shown that Egypt has got great opportunites for developing rural and Farm Tourism in its new regions. The fact that such areas are recently approached by the Egyptian government for the development offers two advantages. First, it will help integrating Farm Tourism into the economic and social and economical development programs of these new regions. Second, it will help the concerned authorities and parties to implement proper planning and development techniques for offering a distinctive Farm Tourism product. The Egyptian Farm Tourism product will differ in features from the other rural tourism forms offered by competitors. Tne unique nature of the Egyptian farm with its charming sites and weather along with the very different taste of the Egyptian local food can be promoted as attractions to induce tourists to visit the modern Egyptian farms. In addition, the uniqueness of the Egyptian local culture and the architectural distinctiveness of the farmers' houses will make the Egyptian Farm Tourism product rich in its own characteristics. However, for the sake of avoiding the negative impacts of tourism on the local communities, it is highly recommended that Farm Tourism should be gradually developed according to successive stages. It is also recommended that at the beginning, the domestic tourist market should be encouraged as the main generator of visitors to the Egyptian farms. This will help farmers and local

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LES RELATIONS MEDITERRANEENNES ENTRE LES SLOGANS ET LA VERITE’. Sameh El Alaily197

Je suis aujourd’hui porteur de mon impression personnelle concernant la vérité des slogans lancés, ici et là, à propos de la coopération internationale, notamment méditerranéenne, et plus précisément entre pays européens du Nord et pays arabes du Sud de la Méditerranée. Un regard observateur sur l’état des sociétés du Sud montre combien celles-ci sont loin d’être prêtes pour la catégorie d’échange que requièrent les nouveaux concepts de globalisation et de libération des rapports relationnels entre les pays du globe. Très souvent le discours sur la coopération avec les pays européens du Nord, jouissant eux d’une stabilité politique, économique et sociale, est un discours remarquablement déséquilibré. Souffrant de grands manques, les pays du Sud ne représentent pas souvent le partenaire idéal, sinon qualifié pour des rapports d’égal à égal. Nos sociétés méridionales traînent encore dans l’application des préceptes élémentaires des droits de l’Homme et de la Société. D’autre part, elles ne parviennent pas à relancer effectivement un projet de développement moyennant l’investissement approprié de ses sources naturelles et humaines. En conséquence, la coopération entre le Nord et le Sud penche manifestement en faveur de la partie nord, de loin la plus épanouie et la plus stable. La coopération méditerranéenne confine effectivement au partage léonin régi par la raison du plus fort, toujours la meilleure. 197 Directeur de Planificacion Regional et Urbaine de la Universitè du Caire, Egypte.

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Néanmoins, les pays du Sud qui ne manquent ni de potentiels de développement, grâce aux ressources naturelles et humaines variées, ni de patrimoine culturel et historique, sont parfaitement à la hauteur de l’espoir qu’ils nourrissent pour un avenir meilleur où progrès et prospérité auront la place capitale. Ils sont même capables de fonder un rassemblement économique régional susceptible de traiter avec son homologue européen. Mais ceci n’est malheureusement pas le cas et ces pays souffrent toujours sous le joug de conditions politiques et gestionnaires douteuses. Or une politique et une gestion qui laissent beaucoup à désirer sont autant d’obstacles entravant tout projet de coopération ou d’investissement national. Incapable d’assimiler les grands intérêts internationaux qui dictent et orientent la politique mondiale aujourd’hui, ces pays du Sud sont du même coup réduits à une attitude marquée par la prudence, voire la circonspection. Les débuts de cette histoire remontent au moins à la fin de la 2ème guerre mondiale. Au milieu du XXème siècle on assiste à l’émergence d’un projet élaboré par les nouveaux dominants de l’économie mondiale consistant alors à répartir les pays du monde en zones influentes et autres alliées. La route est alors grand ouverte au conflit dissimulé qui vise à mettre la main sur les richesses et les biens des différentes régions du monde. Parallèlement, il fallait procéder au rétrécissement de tout pouvoir susceptible de faire face au clan super-puissant ou de contribuer à la création de nouvelles forces surtout dans les régions colonisées du monde arabe. Riches, aussi bien sur le plan humain des valeurs, ou culturel du patrimoine, ces régions constituaient véritablement une menace qu’il fallait neutraliser doucement. A l’immensité du projet répond, paradoxalement, la simplicité du procédé. En fait pour contrer toute présence culturelle arabe, il suffisait de favoriser la montée au pouvoir de régimes politiques autoritaires et non-éclairés contre la volonté de la grande masse de la population et aussi sans crainte d’être exposés à un interrogatoire par qui que ce soit. De quoi garantir une somnolence forcée de tout désir de progrès. Cette stratégie porta en effet ses fruits : un affadissement de la volonté collective et l’incapacité absolue de ces pays quant à toute performance politique et économique. D’où le schisme profond à l’intérieur de ces sociétés entre les peuples et les gouvernements ; d’où également un climat de tension qui conduit à lui seul à ruiner tous les efforts de citoyens fidèles et éclairés qui auraient contribué à l’essor de leur pays par des idées judicieuses et une véritable participation aux activités politiques. Mais de pareilles initiatives ne

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pouvaient qu’être diamétralement opposées aux orientations des régimes au pouvoir. Le contrôle imposé par les nouvelles dominances a donc réussi à avorter toutes les éventualités positives d’un quelconque développement adéquat de la société. Du reste, les manques dont souffrent la région méridionale sont révélateurs de leur incapacité à pourvoir à l’essentiel de ses besoins alimentaire, et autres, notamment les outils du progrès technologique. Malgré l’abondance de ses ressources, cette région dépend toujours des pays européens du Nord de la Méditerranée, de l’Asie et des Etats Unis d’Amérique. La seule vraie place octroyée aux pays du Sud est celle du large marché consommateur qui assimile une multitude de projets, grandioses et incertains, voire même nuisibles pour notre région. Ainsi en est-il du commerce d’armes et de drogues et de l’industrie médiatique qui diffuse la culture de violence et de sexe dont le but est la dislocation des liens familiaux et communautaires. Les tableaux comparatifs suivants, extraits du rapport du développement humain (2002) publié annuellement par le programme du Développement des Nations Unies, UNDP, illustrent aussi bien l'insuffisance des régimes au pouvoir dans les pays du Sud que le déficit politique et économique flagrant par rapport aux pays du Nord. Le premier tableau représente une évaluation comparative entre les régimes politiques au Nord et au Sud de la Méditerranée, alors que le second résume la performance du système économique des pays européens et arabes (tableaux n. 1 et 2).

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Tableau n.2 La performance du système économique des pays européens et arabes Ordre d'après le guide du développement humain

Le rendement total par région (billion dollars) en équivalence au pouvoir d'achat

La moyenne du revenu par individu en dollar (2002 )198

Le pourcentage du taux de croissance par revenu d’individu (1990-2000)

France Italie Espagne Grèce Chypre Malte Turquie

Les pays européens au Nord de la Méditerranée 1426.6. 24223 1363.0 23626 768.5 19472 174.3 16501 15.8 20824 6.7 17273 455.3 6974

1.3 1.4 2.3 1.8 3.1 4.0 2.1

Liban Tunisie Algérie Syrie Egypte Maroc

Les pays arabes au Sud de la Méditerranée 18.6 4308 60.8 6363 161.3 5308 57.6 3556 232.5 3635 101.8 3546

4.2 3.0 -0.1 2.8 2.5 0.6

La lecture des tableaux, 1 et 2 à la lumière de ce que nous avons exposé précédemment témoigne de l’insuffisance des pays arabes du Sud méditerranéen sur le plan: • Du niveau économique • De la performance sociale • Du revenu pour la majeure partie de la population (dû à la dévalorisation de la monnaie locale par rapport à la devise forte) Est à relever, parallèlement (ou peut-être en conséquence), le grossissement exagéré des richesses d’une minorité aux origines douteuses, située le plus souvent dans les confins des autorités au pouvoir. De quoi stimuler un sentiment d’injustice, de frustration et de haine à l’intérieur de la société qui, par instinct revanchard, recourt à la violence et au terrorisme, cherchant maladroitement par tout moyen à rétablir un équilibre iniquement rompu. Le produit d’une telle combinaison ne pourrait être de bonne augure. 198

Les indications de cette colonne n’ont pas les mêmes valeurs aux pays du Nord qu’aux pays du Sud. Le revenu national

est mal réparti aux pays du Sud par rapport aux pays du Nord. Le revenu réel de la majeure partie de la population est beaucoup plus bas que ce qui est indiqué. Par contre, ceci n’est pas le cas du Nord où le revenu national est beaucoup plus équilibré.

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La pression se double d’autant plus que toute chance de fuir un réel aussi obscur par le déplacement ou le voyage se trouve catégoriquement évincée en raison des barrières de plus en plus rigides entre les pays du Nord et du Sud. Face à la recherche d’une vie meilleure, s’opposent des forces qui retiennent les peuples du Sud et les empêchent de ce droit que l’homme partage avec tous les êtres vivants, à savoir le droit au mouvement libre. De tout temps la liberté du déplacement, du voyage et de la migration a été la source des échanges cognitifs entre les peuples. Synonyme de richesse, l’échange est aussi la raison d’être des nations entières fondées par le mouvement des hommes tels les Etats Unis d’Amérique, l’Australie, le Canada et… Israël. Boucher ses frontières est une attitude qui fait directement référence à une idée de domination et de possession maladive de ses acquis et dénote une phobie de l’Autre pauvre. Contraire à l’essence même de l’échange, cette politique étriquée alimente la peur de la coopération. Vidée de son sens, celle-ci se trouve réduite au seul statut de slogan. D’autre part, la Charte des Nations unies établie en 1948 stipule le droit de l’homme à la liberté absolue du mouvement. Quant à la convention de la libération du commerce mondial (GATT), elle accorde aux citoyens le droit de se déplacer, voire de se fixer et de travailler sur les terres des pays signataires. Voici brièvement l’état des choses aujourd’hui, bien différent de ce qu’il était jadis lorsque les rôles étaient sinon inversés, du moins autres. Quand la région du Nord méditerranéen hésitait encore à faire ses premiers pas dans le monde des Connaissances, les pays du Sud connaissaient leur âge d’or. L’écrivain romain Caius Jolius Solinus fut le premier à appeler Méditerranée cette région aquatique qui longe les côtes des trois continents du Vieux Monde: l’Ouest de l’Asie, le Sud de l’Europe et le Nord de l’Afrique. Le climat modéré de la région méditerranéenne contribua à l’essor des plus grandes civilisations que la Terre ait jamais connu. «Méditerranée» désigne littéralement ce qui est au milieu de la terre et signifie aussi de manière générale climat modéré. Cette situation médiane sur la mappemonde est surtout le signe du lien qui unit trois continents, trois creusets de Civilisations, trois foyers de Lumières. Il faut dire que la nature douce de la mer Méditerranée et de ses côtes à beaucoup aidé à la propagation des civilisations méditerranéennes. Toute interaction, échange et communication entre elles était naturellement favorisée par ce lien de proximité. D’où le sentiment des habitants des côtes méditerranéennes d’appartenir à une même grande famille. Ainsi, et grâce à la Méditerranée, la civilisation grecque se trouva influencée par les civilisations phénicienne et égyptienne. La civilisation romaine a, à 136


son tour, prit le relais de sa précédente grecque. Ainsi quand les colonies phéniciennes et grecques longeaient les côtes méditerranéennes, occupant ses îles, la Méditerranée offrit au monde l’immense Empire Romain. Tous les pays méditerranéens furent romains. En fait c’est par la voie maritime que Rome pouvait contrôler ses colonies et assurer le passage entre elles. Entre la capitale de l’Univers alors et les côtes espagnoles, le Nord de l’Afrique et l’Ouest de l’Asie, seule existait la Méditerranée. Diverses étaient les îles sur les bords méditerranéens faisant office de stations et de bases pour la flotte impériale. Plus tard, et plus particulièrement avec la naissance du Christianisme, la Méditerranée vint aussi offrir son apport précieux. Il a fallu d’un siècle de notre ère pour que des communautés chrétiennes aient leur place plus ou moins grande dans tous les pays méditerranéens. Avec l’apparition de l’Islam au VIIème siècle, un rôle identique assura la pénétration de la religion. La Méditerranée pourvoyait la traversée intérieure entre les pays arabes sur les côtes, mais aussi garantissait-elle le franchissement de la culture arabe vers l’Ouest de l’Europe. En revanche, l’Espagne étendit ultérieurement sa domination jusqu’à la partie ouest de l’Afrique du Nord, lorsque la civilisation andalouse arabe connut une décadence. En parlant aujourd’hui de l’épanouissement de la civilisation européenne, et parallèlement du retrait total de son homologue arabe, il est intéressant de voir le tableau saisissant que brosse Sigrid Hunke, la fameuse orientaliste allemande qui s’est consacrée à la recherche des origines de la civilisation arabe enracinées dans la civilisation européenne. Dans son ouvrage sur l’influence arabe de la civilisation européenne, paru en 1962 en Allemagne, elle montre combien l’apport arabe fut immense dans des domaines que l’Europe, et l’Occident en général, ne connaissaient pas tels les Sciences Humaines (Poésie, Musique…) ou la Médecine, les Mathématiques, l’Astrologie, l’Architecture, etc. Dans l’Introduction de la traduction arabe de cet ouvrage, Hunke signale surtout son désir de consacrer le génie arabe et de permettre aux Européens d’en faire autant à leur tour. « Je voulais, dit-elle, rendre hommage aux Arabes de leur contribution aux réalisations de la civilisation européenne. Cette contribution passa longtemps sous silence et fut ouvertement contestée pour des raisons de fanatisme religieux ou d’ignorance absolue.» Dans l’Introduction initiale de l’ouvrage en Allemand, elle avait sollicité l’Occident à reconnaître sa dette envers les Arabes et l’influence de ceux-ci sur le cours des événements mondiaux pendant 750 ans de l’Histoire européenne. Je vous invite donc à faire connaissance avec cette référence qui abonde en maintes informations liées à notre sujet. On y voit l’influence déterminante des peuples arabes sur le continent européen. Ces peuples arabes qui au137


jourd’hui ont du mal à frayer leur chemin dans l’inconnu de crises successives. A la lumière de tout cela, oserions-nous aujourd’hui réclamer, nous les Arabes, notre dette envers l’Europe ? Si oui, que les choses soient exprimées en termes de coopération; de la coopération que les peuples du Sud escomptent en échange des connaissances qui, un jour, ont déferlé en direction du Nord. Restructurer les sociétés du Sud de façon à participer effectivement à la formation du monde de demain, c’est d’abord, pour nous, réaliser un certain état d’équilibre, une justice sociale et une stabilité politique. Toutes ces composantes ont permis à l’Occident d’être aujourd’hui ce qu’il est. Autrement dit, épanouit et florissant. Partant de là, sur le plan régional, tout déséquilibre est désormais inconcevable entre les deux parties de la Méditerranée, d’autant plus que la décadence d’une partie se reflète sur l’ensemble du bassin méditerranéen. Néanmoins tout projet rénovateur, politique, social ou économique, ne devrait pas ignorer le cachet particulier des traditions des pays du Sud. Vouloir disloquer ces valeurs c’est risquer, non seulement l’avenir de ces peuples, mais celui de toute la région méditerranéenne. Encourager la coopération méditerranéenne c’est occasionner les projets nationaux au niveau de chaque pays du Sud, et à plus forte raison de l’ensemble des pays du Sud en vue de réformer la politique et la gestion afin qu’il y ait finalement concomitance entre les régions aux mêmes expériences et conditions de vie. Les unions économiques doivent être aussi appréhendées comme une solution, sachant qu’il est impossible pour les pays du Sud de confronter séparément le monde de demain distribué en ligues et groupements de force. Avoir un même but, de mêmes intérêts et une même source aura un effet positif sur l’ensemble des pays du Sud; la Communauté Européenne a mis presque 50 ans à s’établir, et l’œuvre n’est pas encore achevée. En comparaison, un projet d’union au Sud serait une entreprise relativement facile à établir. En fait nous ne connaissons pas de grandes différences ethniques, linguistiques et sociales. Nous n’avons pas non plus des ressources hétérogènes ni de valeurs composites. Ce qui nous lie l’emporte donc sur ce qui pourrait éventuellement nous séparer. Les avantages d’un rassemblement des forces et des potentiels dans la région du Sud sont considérables. Un groupement des pays méridionaux à l’image de l’Union Européenne, lancera diverses activités politiques nouvelles. L’immensité de l’espace dans cette région favorisera également l’édification de chaînes de centres urbains visant le développement. De quoi offrir des débouchés de travail, remédier au problème du chômage et créer dans ces pays des opportunités d’urbanisation et d’investissement les immenses terrains désertiques longeant la côte sud-méditerranéenne et en profondeur du désert. 138


Des institutions éducatives et de nouveaux centres de formations de mainsd’œuvre et de techniciens dont ces pays ont besoin trouveront leur place dans l’échange nord-sud des expériences communes. Les domaines de coopération ne manquent certes pas, nous en comptons l’agriculture, l’artisanat, les petites et moyennes entreprises, la protection du Patrimoine, de l’identité culturelle et de l’environnement contre l’agression inévitable si l’état des choses ne s’améliore pas. A ce niveau, la coopération méditerranéenne sera parfaitement bénéfique que cela soit pour le Nord ou pour le Sud. D’un côté elle pourra aider à la restructuration des pays du Sud et à rebâtir sur des bases beaucoup plus solides du développement et favorisera la stabilité des sociétés en état d’ébullition et réduira du coup les émigrations illégales, le fanatisme et le terrorisme. De l’autre côté la présence au Sud d’une assise importante de mains-d’œuvre et de techniciens qualifiée pour le travail dans divers domaines et la participation dans les effectifs économiques conférera au nord de l’Europe force et vigueur. L’Union Européenne pourra avoir un allié potentiellement capable de faire concurrence avec les marchés asiatiques qui deviennent de plus en plus agressifs et ceux aussi de l’Amérique du Nord. En conclusion, je voudrais rappeler que les meilleurs moyens de coopération sont ceux où les intérêts se complètent sans rivaliser et qui contribuent à l’implantation des germes du développement productif approprié à toutes les parties coopérantes. Les vrais gains ne sont pas mesurables aux investissements ou aux capitaux placés mais au bonheur et à la prospérité portés à l’Homme, à l’équilibre instaurés et à tout ce que l’humanité éprouvera. Là où règne un climat serein, sûr et sain le mal n’a pas de place, encore moins la rancune et la haine.

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THE INTER-RELATIONSHIP BETWEEN TOURISM AND THE ENVIRONMENT.199 Gamal Moussa200 & Mohammed Bahey201

Introduction International tourism had achieved an unprecedented growth during the last four decades. Figures of intenational tourists increased from 50 millions in 1950 to 663 million visits in 1997 and it is estimated to further reach the billion visits limit by the year 2000 (WTO, 1997). The industry, at its huge scope, contributes to trillion of dollars, as well as to millions of job opportunities being the most dynamic among other industries across the world. This industry is a composition of rive different segments, i.e. lodging facilities, means of transportation, food and beverage facilities, retail stores as well as activities (Lattin,1996). Focusing on Egypt, the latest fĂŹgures pinpoint that tourism became the first income generating segments surpassing income from the Suez Canal and that of workers remittances at the time, being as indicated by official reports of the State Information Agency (1997). Evenmore, fĂŹgures of international tourism flows estimate an increase in the share of international tourism to Egypt, Africa and the Middle East with a percentage of 5.5 annually and further estimates that this trend of increase is predicted to continue till 2020 as indicated in the WTO Conference of Tourism Statistics, Cairo, 1997. However, despite of these estimations and predictions, the tourism industry in Egypt, like other places in the world, faces a severe, unprecedented challenge. Whether this industry can be compromised to meet the requirements of low 199 This contribution was the intervention in Colloquio euro-Mediterraneo, issue: Tourism as an instrument for cooperation and regional development in the Mediterranean, Palermo, 21-23 october 1999. 200 General of touristic Guides Syndicate of Cairo. 201 Lecturer, Faculty of Tourism, Helwan University.

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impact, sustainable, eco, environmentally-friend tourism becomes a question of survival. The importance of compromising with the environment from the part of tourist facilities stems from the fact that such projects may negatively affect the environment. This effect takes varied forms. Air and water pollution, sky line distortion, noise, and traffĂŹc congestions are some of these forms. Environmental impacts upon the tourism industry Needless to say the fate of a single dirt road could be an indicator of how well an entire destination well be maintained (Bergstorm et al., 1994). Whether environment is conserved or not is a matter of life and death for the destination. That may lead the destination either to a rejuvenation or a decline phase symmetrical to the destination life cycle model (Mosseic, 1976 - Butler, 1980). Too often tourism planners focus only on destination development without paying attention to retaining and preserving the attributes that attracted travelers to the destination in the first piace. This could lead to the destruction of the destination image that once attracted visitors. Pattaya, Thailand for example is one location that suffered degradation as a result of poor destination maintenance (Chon et al., 1993). Bali, Indonesia is also suffering a physical damage that might cause travelers to stay away (Bell, 1992). Huatulco, Mexico runs a similar risk due to overdevelopment (Ayala, 1993). In contrast, Korean tourism officials realized the importance of preserving the Han river being essential to their strategies of encouraging more travelers to visit Seoul (Zafar & Ahn, 1994). On the other hand, some causes of environmental degradation have been encountered to preserve the national beauty of the destination. This rings true in the case of Schnebly Hills, Phoenix and Sedona, Arizona, USA (Bergstorm et al., 1994). In addition, recent studies indicated that 61.6 of tourists spent more than 50 of their vacations participating in nature-based activities (Meric & Hunt, 1998). Evenmore, natural resources, historical sites, lodging facilities, and distinguished activities, in the same order they are mentioned, constituted the core of interests of tourists in a recent surveys (Zafar, 1991). From another perspective, people, being an essential part of the environment, can influence it either positively or negatively. From the part of visitors, recent studies indicate that consumers are becoming increasingly strident about the responsibility of business to preserve and conserve the environment in which it operates. Thirty seven percent of 600 respondents of the same study indicated that business can hardly be trusted when it comes to the environment (Survey of Ecotourism market, 1991).

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To add a further dimension, another study findings pointed out that 77 of its respondents felt that there is not enough environmental legislations (USA Travel Industry Association, 1992). From the part of tourist project managers, those executives may think solely of the litter of their project being insignifĂŹcant; however, if they give another thought to the sum of the litter and wastes as of projects all together they will realize how their hotels can pollute the environment. This misconception may cause those managers to hesitate or slow decisions of environmental concern down (Meric & Hunt, 1998). Tourism impact on the environment Tourism has often been described as an industry that destroys the resources on which it depends for its very existence (Holder, 1994). This, now the largest of the world, industry has the power to destroy if not properly planned and implemented; it can destroy vegetation, create overcrowding, litter trekking areas, pollute beaches, result in over building, eliminate open space, create sewage problems, cause housing problems and ignore the needs and structure of the host community (McIntoch, 1995). The World Travel and Tourism Environment Review (WTTERC) quotes a description of the Mediterranean Sea being a "diluted Sewer". The Mediterranean Sea basin being a home for 130 million people and visited by 100 million tourists annually, jointly, these generate two billion tons of sewage of which roughly 30% is treated while the remainder is discharged untreated to the sea. In another example, the executives of Coral Reef Alliances (CRA, 1995), indicate that at the current rate of destruction, up to 70 percent of world coral reefs may be kilied within our life time. Of the 234,320 square miles of world coral reefs, ten percent is already destroyed, 30 percent faces a similar fate within the next 20 years. In addition, Gee (1996) pointed out other physical impacts of tourism upon the environment. These impacts are: 1. physical, chemical, biological environment of land, nature and air. 2. The ecological system including terrestrial and aquatic species, flora and fauna and fragile life forms. 3. Visual environment in terms of landscape or town-space. He further included crowding and congestions, use of scarce resources and demolition or loss in species balance to these impacts. For all these reasons above mentioned, it could be seen that without a signifĂŹcant change towards a more sustainable approach to development, severe damage to cultural and natural resources will accelerate. If this is allowed to continue, the very sources upon which tourism is based will be lost (Globe, 1990). Such sustainability involves managing resources in such a way that can fulfil economic, social and aesthetic needs while maintaining cultural integ143


rity, essential ecological processes, biological diversity and life support systems (Murphy, 1994). TheWorld Commission on Environment and Development (WCED, 1990), described sustainable developments being the paths of human progress to satisfy the needs and aspirations of present generation without compromising the ability of future generation to meet its needs. Furthermore, by practicing such a sustainable development, people seek to chart a future that is both environmentally sustainable and economically viable (Stadel, 1995). However, The International Conference for Tourism, Hospitality and Leisure suggests that environmental matters are not an issue in many enterprises and to many people. This lack of interest is also evident within the education centers (Leslie, 1998). This brings back the ideas of Holder (1992) into focus, where he suggested that only governments can establish and enforce environmental quality standards that the entire society must observe. Evenmore, it should be pinpointed here that the International Union of Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN), established in 1986 and later become the World Conservation Union (WCU) in 1992, specifĂŹed ten major areas of conservative and/or preservative measure to apply in sustainable developments (Hooy & Shaughnessy, 1992). In addition, the World Tourism and Travel Council (WTTC) together with interested hotel companies, managed to establish the International Hotel Environment Initiative (IHEI) in 1992 (Kirk, 1998). In turn, the IHEI, together with the America Hotel and Motel Association (AH&MA), the International Hotel Association (IHA) and the United Nations Environmental Program (UNEP) have all worked together to produce advice for managers in the hospitality facilities such as "Environmental Action Pack for Hotels" and the"What-to do-guide" in 1994 (DOE, 1994). Practical environment Conservation applications Conservation, protection and preservation of the environment is a moral obligation of every individual, organization and association (Kumar, 1998). In practice, many applications can be put to use to preserve the environment and further save costs. Fluorescent lamps in use have saved one hotel 15.335 US dollars, another saving of 35% of energy cost was achieved on replacing reciprocating compressors. Recycled waste water saved the Park Sheraton (India) a sum of 35.000 US dollars per year. The Maurya Sheraton (India) saved as much as 26.000 US dollar per year only on installing CFC free air conditioning system. Singa SĂ by conference center, Sweden, using heating pumps, could take as much as 75% of its heat requirements from the lake Malaren besides to its water needs 144


that is purifìed within the premises (IH&RA report, 1998). Many other practices can be in use. Among these practices is the modifìcation of old linens to be used as pillow cases and dusters, ionizes and portable air purifìers also help the hotel improve air quality, spent tea and coffee can be turned into fertilizers, low energy lamps (Green Hotel Association, 1999), guest consoles (Lattin, 1996), international power consumption standards of 122.000 BTU/ feet (Dale & Khuga, 1992) may all help reduce power consumption. Presence detectors, solar panels, low flow nozzles on sinks and showers can help reduce water consumption (Fack, 1998). To further conserve water, waste water is recycled to become gray water that suits irrigation purposes (Lowson, 1976). Landscape watering takes place during dusk instead of dawn (Iwonowski & Rushmore, 1994) besides to smart sensored faucets that are in use in guest rooms (Lattin, 1996). Preservation of other environmental components are also accounted for. Recycling paper, plastic and metal packs can help reduce litter, reuse of china and glass wares in other outlets or orphanage houses may add another life cycle to them (Iwonowski & Rushmore, 1994). The use of biological micro-organisms to eat fats replaces chemicals used to unclog drainage subsystems and puts in use biodegradable non environmentally-harmful materials (Yaffar & Dibner, 1992). 100% natural, biodegradable, vegetable-oil base, dye free, natural scent or scent free amenities, recycled, biodegradable, unbleached, natural scent or unscented, dye free paper products, non toxic, phosphate free, biodegradable, natural scent or unscented dye free, concentrated, 100% cotton, undyed, unbleached linen, non toxic, phosphate-free biodegradable laundry detergents, unscented, dye free, chlorine free, concentrated, liquid, recycled packing, air cleaners with Carbon filters, live potted plants for better air quality (Green Hotel Association, 1999) are or will be in use by the industry to preserve the environment. Materials and methods The materials of this research in its desk part have been extracted from books, periodicals and journals, industry reports, associations, publishing's and conferences' publications. In its field part, a telephone survey that included twenty fìve-star hotels in Cairo, Alexandria, Aswan, Sharm El-Sheik and Hurghada was carried out. In addition, a self administered questionnaire form was circulated among a sample of 750 hotel guests of which 642 were completed and received. Thirty questionnaire forms were excluded being incomplete as well as twelve other forms being mishandled. Analysis of data was done based on the remaining 600 forms.

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Results and discussion According to the analysis of the data included in the questionnaire forms earlier mentioned, the demographics of guests investigated showed that 44% of the sample was composed of females. In regards to age categories 25% of the sample was composed of teen-agers, 40% of family boomers (21 to 35 years), 15% was in the age category of (36-45 years) and the remaining 20 of senior citizens (more than 45 years). Needing to show the importance of environment as seen by hotels, all the hotels investigated confìrmed they think the environment is very important, and they all confìrmed their willingness to preserve it. To show the scope of their interest, the open options were on surroundings basis, national or international basis. Hotel executives were grouped into two equal parties, the fìrst of which pointed out that environmental measurements are taken on national basis while, the second group declared these measures are followed on international basis. This shows that some chain hotels may have taken the initiative to do efforts in regards to preserving the environment regardless of their affiliation programs that might or might not include such efforts. Two thirds of the sample also stated that they already have plans that address environmental issues, the oldest of which dates back to 1995. This specific initiative is called "plant a tree" in which 500 trees are planted each year where all costs associated are borne fully by the hotel. Surprisingly, all executives investigated thought environmental preservation measures distort the sum of their profìts in income statements. Two thirds of those executives however showed a positive attitude in regards to the responsibility of these hotels concerning polluting the environment. Probably, this attitude of facing facts and realities could be the motive behind those executives to put into effect their environmental initiatives. Comments in regards to the environmental issues included such preservation measures like the use of liquid soap and cleaning vegetables upon its receival. Moreover, one executive pinpointed that upon the change of older management into the new British one, this new management proved to be fanatic in regards to the environment; furthermore, he added that despite the efforts of management and employees, changing conceptions in regards to the environmental issues still look to be tough. It should also be pinpointed that 100% of the sample agreed to rank property profitability being the most important, followed by market share being second in importance. Third and fourth in importance rankings were assigned to community welfare and environmental preservation alternatingly. From another perspective, on asking hotel guests whether they feel responsible for polluting the environment during their previous visits, 60% felt they did, more over 90% of guests felt responsible to preserve the environment and 146


further declared its willing to pay more for a green hotel room. However, in regards to price differentials, 60% stated it is willing to pay as such as 5% to stay in a green room rather than a regular one, the remaining 40% was willing to pay as much as 10% for the same purpose. Surprisingly, when asked about recycled products, 60% of the sample disliked the idea of their usage and pointed out that they reflect a moderate image of the hotel that uses them. 30% also stated these recycled products reflect a poor image and only 10% said they would reflect a good image. Meanwhile, 90% of the sample thought hotels use recycled products for cost concerns rather than for environmental concerns. General discussion Hotel executives in their majority thought that environmental measures will distort their profĂŹt patterns. Some hotel executives showed a mix up between environmental preservation and sanitation and hygiene concepts. Also from the parts of guests, it can be clearly observed that in their majority, guests think of recycled products as a means of cutting cost from the part of hotels. This could be the reason for their perception of such hotels being of a moderate image as they use such products and could be the reason why this majority disliked their usage. Those dislikers perceived hotel images as moderate or poor; however, on the contrary, some respondents also perceived hotels that use recycled products being moderate. Guests who disliked recycled products, however, were willing to lodge in green hotels and pay 55% extra for this, whereas guests who liked the idea were willing to pay as such as 10% or more instead for that green lodge. Conclusions As hotel executives together with guests felt responsible for the environment in their majority, hotel executives showed a positive attitude for Conservation and preservation that was reflected in their initiatives concerning these issues. Guests, on the other hand, showed a positive attitude to pay more to preserve and conserve the environment. However, it can be concluded that further education and acknowledgement is needed for both executives and guests. Executives need to distinct between environmental and sanitation measures and the positive economic impact of preserving the environment and that short term distortions of profit patterns due to environmental plans would reflect on long term lifecycle of the product that would surely enhance profit patterns. Guests need also to be acknowledged about the benefits of using recycled products being necessary to preserve the environment and increase materials life cycle.

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L’ALTERNATIVE INTERIEURE: UN ASPECT IMPREVU DU TOURISME RELATIONNEL. Henry Raymond202

Le titre pourrait ètre celui d’un Traité de Métaphysique; et, de fait c’est un peu de métaphysique qu’il s’agit; car, parlant du tourisme, on ne peut s’empècher de parler en termes de philosophie sociale. Dans le tourisme de masse, les moralistes accusent un imaginaire dévoyé et trompeur: c’est ce qui conduit des personnalités aussi éminentes que le professeur Leonardo Urbani à l’alternative intérieure: celle du tourisme relationnel. Elle est double, cette alternative intérieure: elle s’applique à une forme relationnelle du tourisme: c’est le tourisme des petites unités et des grandes relations entre le touriste et son hôte. Elle s’applique à la Sicile, qui desparait derrière sa croute littórale, brûlée par l’afflux saisonnier, incendiee par les tensions des promoteurs. L’alternative est donc double; elle oppose un tourisme de masse à des formes plus humaines; elle oppose l’intérieur de la Sicile à sa surface balnéaire. C’est ici que se situe l’imprévu: les borghi rurali. L’histoire ici Liliane Dufour, raconte que Mussolini avait un vieux compte é régler bavec le latifondistes siciliens; il considérait cette classe comme un obstacle au progrès que symbolisait pour lui le passage de l’agriculture extensive à l’agriculture intensive. Une telle vision se combinait à merveille avec l’image d’une Italie rurale dont le paysan et sa famille formaient l’assise, loin de la corruption urbaine. De là le instruments juridiques de la loi de 1939 qui projette un compromis entre la propriété foncière et la petite exploitation agricole. N’oublions pas que cette loi de 1939 est une loi triomphale: les victoires des Marais Pontins ne sont pas loin. Ce qui rend claire l’adhésion des architectes qui projettent, dans le cœur de la Sicile, les borghi rurali qui restent, 202 Professeur de sociologie à l'Université de Paris X-Nanterre.

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dans terres, les témoins d’une vision du monde bucolique de familles attachées à la terre et en vivant modestement, mais sûrement. Ce qui reste de cette vision, ce sont les monuments témoins: des ensembles de bàtiments groupés autour d’une place où l’Eglise, la mairie, les maisons, l’école proposaient aux paysans une sorte de concentré de vie urbaine. Qui voit aujourd’hui ces lieux abandonnés mais encore exigeants, par leur existence même, qu’on y fasse quelque chose ne manque pas d’etre effleuré par ce sentiment d’une occasion manquée les arbres aujourd’hui majestueux eussent mèritè un usage autre que ce témoignage vide. Nous sommes la au centre de la Sicile car tout est centre en Sicile, à quelques kilomètres de la côte. On pourrait croire que ces villages sont tous semblables: mais non, bien au contraire, ils sont tous différents, il sont tous le résultat d’un projet architectural qui a tenu compte du site, cu terrain accidenté, montagneux, boisé; ils expriment ensemble, la variété, qui frappe quand on visite Borgo Schirò et Borgo Lupo, Borgo Schirò très méditerranéen, Borgo Lupo plus mélanco lique. On conçoit que cette variéte, cette expression de la Sicile intérieure suggèrent, pour ces restes d’une époque révolue, un usage qui les rende a l’existence. Cet usage touristique serait comme le manifeste d’un patrimoine déserté; par ailleurs, ils rendraient compte de la nécéssité pour le tourisme qui détruit le côtes de la Méditerranée, de setourner vers l’ingérieur des iles. Un coup d’œil aux photographies de Daniele Gulotta suffit: la Sicile intérieure est un continent à explorer, de Granmichele chère au professeur Amato, à Corleone et à Borgo Schirò, un vaste patrimoine attend.

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CENTRALIDAD, MICROCENTRALIDAD Y CULTURA EN EL MEDIO RURAL Y URBANO DEL MEDITERRÁNEO. Manuel Ferrer Regales203

Introducion La base del sistema urbano-rural, tradicionalmente caracterizada por la oferta de servicios desde una ciudad cabecera comarcal a pequeños asentamientos de actividad agraria situados en su entorno, se ha visto afectada por transformaciones varias que están dando lugar a distintos modelos de relación entre ciudad y campo en un contexto desigual de pérdida o rejuvenecimiento demográficos. La despoblación ha afectado especialmente a la franja de población joven, de tal manera que la inmigración extracomunitaria comienza en muchas zonas rurales de Europa a compensar los vacíos demográficos a la vez que nuevos procesos apuntan hacia un modelo de regeneración rural. Se daría así respuesta a la Estrategia Territorial Europea (1999), que sitúa entre sus objetivos preferentes la búsqueda de nuevas relaciones entre ciudad y campo que permitan la dinamización de este último y contribuyan a expandir el policentrismo. Ocurre, pues, que la centralidad tradicional de la base urbana y rural se transforma como consecuencia de procesos sectoriales o puntuales de modernización agraria por intensificación y aplicación de nuevas tecnologías o de promoción industrial, respectivamente, sin olvidar los efectos de proximidad a complejos y Areas Metropolitanas que integran los "central places" de sus periferias. A estos procesos de regeneración rural, que se inician en la II Revolución urbana e industrial, se añade en la actual sociedad de transición el hallazgo de otros modelos que se hallan basados en una nueva 203 Profesor Ordinario de Geografía Humana y Director del Centro de Estudios de Ecología Humana de la Universidad de Navarra; Departamento de Geografia Humana, Ciudad Universitaria, 31080 Pamplona, Espana.

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dimensión o concepción de los recursos locales, cuando no a la multiplicación de otros convencionales como los de salud (López Olivares, 2003). Por otra parte, en el medio urbano se asiste también a una remoción y diversificación de las centralidades. Por un lado, las jerarquías desiguales de centralidad centro-periferia han sido sustituidas por otras centralidades más paritarias y variadas debidas a los procesos de descentralización, desconcentración y creación ex-novo de polarizaciones periféricas. De otro, las nuevas poblaciones extracomunitarias están ocasionando el surgimiento de nuevas centralidades, que contribuyen a reforzar o duplicar en su caso las centralidades de los Cascos Antiguos, suavizando la reversión de la dicotomía Centro-Periferia provocada por la polarización extrema en esta última, a la que pueden contribuir en ocasiones las centralidades extracomunitarias de localizaciones no centrales. En definitiva, los cambios registrados por el modelo de desarrollo local, y por la estructura socioétnica y cultural, que ya tienen una historia larga en la Europa del Norte, comienzan recientemente a alterar las jerarquías en la Europa mediterránea, de forma que se asiste a la emergencia de microcentralidades en el medio rural; y a la de centralidades extracomunitarias de diverso tenor según los tamaños urbanos y el volúmen y localización de los inmigrantes. Las específicas particularidades religiosoculturales del perfil musulmán otorgan a las centralidades ocasionadas por este origen una especial singularidad. EL MODELO PLURAL DE DESARROLO LOCAL 1. Una modalidad emergente de desarrollo local. Aspectos teóricos La interacción entre las nuevas sensibilidades de los ciudadanos respecto al territorio, el aumento del nivel de vida y las disponibilidades de tiempo libre, con el descubrimiento de nuevas potencialidades del emergente medio rururbano, abren nuevas perspectivas de valorización de este último, ya no como lugar central de una comarca sino como lugar central de la ciudad global. En efecto, el campo es concebido hoy en día como un espacio caracterizado por diversidad de oportunidades, entre las que fijamos la atención en las relacionadas con el hábitat rural y el paisaje de su entorno; así como con los Centros Históricos de las pequeñas ciudades organizadoras de cada comarca. Estos tres elementos son susceptibles de reconvertir los flujos tradicionales unilaterales en flujos transversales que traspasan las fronteras de la comarca, de la región, e incluso ejercen funciones internacionales. La oferta del entorno antes solamente agraria, ahora se diversifica, de tal forma que se crean microcentralidades, a la vez que cambia y mejora la centralidad tradicional del 154


asentamiento principal, que se refuerza con la nueva dimensión de los Centros Históricos, una vez rehabilitados o recuperados. 2. Las nuevas actividades en el marco del habitat rural, el paisaje y los Centros Históricos De estos tres elementos constitutivos del nuevo desarrollo, destacamos en primer lugar el hábitat campesino, bien sea aglomerado, bien y sobre todo disperso y dotado de valores patrimoniales. La casa rural cualificada por su diseño y valor cultural, recuperada o remodelada, posee en sí misma la virtualidad de transformarse en áreas o puntos de hábitat que se ofertan como lugares de descanso y ocio, siendo su utilización como tales, estacional o anual, dependiente del clima. Así, pueden servir de hospedaje todo el año, cuando no destinadas a residencia secundaria o permanente de jubilados de alto standing, o bien limitar su apertura a las épocas de buen tiempo para el resto del año continuar sus dueños con las tareas tradicionales. Un eslabón de orden superior es la reconversión del hábitat en pequeños hoteles, o bien la combinación de la función hotelera con la oferta comercial de productos varios de alimentacion y artesanado, basados en las posibilidades que el medio agrario y artesanal ha ofrecido tradicionalmente y puede ofertar de forma especializada con vistas a un mercado de demanda multiple. Este tipo de reestructuración y diversificación socioeconómica incluye la experimentación de nuevos cultivos para el mercado, y puede ampliar su área de oferta con productos regionales, sin perder de vista las posibilidades de revitalización del artesanado. En ambos casos, se deduce la consiguiente generación de empleos y la revitalización demográfica. La oferta del paisaje adquiere su mayor cualificación cuando existen los denominados LIC (lugares de importancia comunitaria) por la UE, esto es, lugares privilegiados que corresponden a parques naturales, reservas, entre otras variantes. Lo normal es, sin embargo, que las formas de relieve, bosques, red fluvial y en su caso lacunar, el propio mar, constituyan factores de atracción y formen parte relevante de la oferta. La variedad de combinaciones de tales elementos y su plasmación en complejos atractivos abren posibilidades distintas al ciudadano: paseo, senderismo, deportes diversos, patrimonio arqueológico y cultural. Por último, el descubrimiento de los Centros Históricos por la nueva sensibilidad ciudadana, que tiene lugar en primer lugar en las ciudades de la cima y la zona media de la jerarquía, desciende también a la base del sistema urbano. Con lo cual se revalorizan los pequeños CH dotados de patrimonio histórico-artístico-urbanístico para conformar, junto con el paisaje y el hábitat del entorno, un triángulo de interacciones atractivas que aumentan la centralidad de la zona en su conjunto. El CH actúa como un punto de 155


abastecimiento de servicios, mejora y aumenta su calidad y diversidad, a la vez que es rehabilitado su patrimonio, conforme aumenta la densidad de las microcentralidades antes mencionadas. Las infraestructuras de unión entre el CH y los asentamientos del entorno, así como las redes de caminos y sendas destinadas al recorrido de itinerarios adecuados y adaptados al soporte ecológico-paisajístico, permiten la multiplicaicón de los flujos y el enriquecimiento y consolidación de un pequeño sistema local. En definitiva, las relaciones campo-ciudad adquieren nuevas connotaciones, de forma que el campo diversifica su oferta dotado de funciones urbanas sin perder una identidad cuya simbología se enriquece. Si la ciudad ha sido considerada secularmente como la credora de cultura, ahora el campo también la crea por mediación de líderes locales o de personas procedentes de las ciudades de jerarquía mayor, a la vez que se desarrolla un nuevo tipo de centralidad cultural. 3. El apoyo institucional y tecnológico Ni que decir tiene que la ayuda y colaboración de las entidades locales Ayuntamientos- y regionales -Autonomías en nuestro caso-, así como la conexión con instituciones universitarias, constituyen factores necesarios para el buen éxito de la nueva dinamización de la base del sistema urbano y rural. Tal mecenazgo estimula el liderazgo ejercido por gente joven, de vocación empresarial y amantes del campo, que necesita ser formada y preparada (Master sobre Turismo relacional, por ejemplo organizado por ArcesUniversidad de Palermo-Universidad Elwian de El Cairo). Obviamente, una plataforma digital, de redes y páginas web, constituye una estructura básica para asegurar un cambio tan radical en la transición desde la red convencional de relaciones entre Centro histórico principal y asentamientos de actividad agraria, a una red de flujos mucho más compleja basada en el soporte ecológico-histórico-urbanístico. La nueva centralidad formada por microcentralidades "ex novo" y lugares centrales tradicionales de valor patrimonial, deja de ser una estructura dependiente de centralidades mayores -la ciudad principal de la región- para reconvertirse en un sistema decisorio cuya área de influencia se inserta en el sistema nacional en particular y europeo en general, o incluso mundial. En última instancia, la consolidación de tales organizaciones locales de irradiación global pueden ser en el medio-largo plazo, una vez que haya experiencia de su florecimiento y estructuras diversificadas y maduras en el Mediterráneo Norte, un acicate para su difusión entre los paises del Sur, necesitados de nuevos modelos que superen la oposición campo ciudad, en ellos mucho más arraigada y resistente al cambio que en el Norte. Un modelo de organización a pequeña escala como el aquí descrito a partir de 156


experiencias surgidas en Sicilia, la Comunidad Valenciana y otras regiones mediterráneas, comporta un instrumento de desarrollo coherente con las posibilidades de reterritorialización y en consecuencia de dinamización del desarrollo local. En tal desarrollo interviene de forma creciente el denominado turismo relacional (Urbani, Leonardo, 2003) cuyo marco decisorio se halla en una oferta y demanda conformada por la interacción entre persona en su doble versión de innovador local y de visitante, el paisaje como espacio de esparcimiento múltiple y los Centros Históricos como referente históricourbanístico y monumental. COHERENCIA O INCOMPATIBILIDAD ENTRE LOS CENTROS HISTÓRICOS Y LA DIVERSIDAD ÉTNICO-CULTURAL 1. Transformaciones de lo urbano en la sociedad del conocimiento: la nueva diversidad a) Del concepto de ciudad al de complejidad multiestructural, interactiva e interetnica del territorio Por otra parte el concepto de ciudad cerrada,, que es propio de la I industrialización, comienza a romperse en la II Industrialización al surgir la ciudad difusa, para en las regiones más avanzadas aparecer un nuevo concepto de urbanización vinculado al territorio de la complejidad. En nuestra época, la multiplicidad interétnica confiere a cada una de estas "ciudades" no sólo cambios de estructura socioétnica, al surgir un nuevo tipo de segregación, sino además duplicidades de la centralidad al socaire de nuevas centralidades destinadas a las nuevas poblaciones de variadas procedencias culturales. En la ciudad cerrada, el Casco Antiguo es la parte de la ciudad más afectada por la nueva sociedad pluriétnica. Aunque haya sido objeto de procesos de Renovación urbana y, en el caso de los países del Sur, especialmente de Italia y España, de "Recupero" y en consecuencia de Rehabilitación, quedan zonas o sectores todavía no recuperados que constituyen por sus características de diseño y habitabilidad deteriorados, envejecimiento, desfuncionalización y "degrado" en general, focos de atracción de población inmigrante que constituye a modo de guetos, bien sean monoculturales y en especial pluriculturales. Precisamente, por su situación central y por la abundancia de población extracomunitaria, las antiguas centralidades reconvertidas a lo sumo y por lo común en centralidades de ocio, turismo monumental y comercio residual u oferta artesanal, añaden nuevas centralidades destinadas a las nuevas poblaciones, tanto más diversificadas cuanto mayor es la población extracomunitaria que habita tanto el CA como la ciudad o aglomeración metropolitana en general. Lavapiés en Madrid (Cebrián, J. A., y Bodega, Maria Isabel , 2002) o Raval en Barcelona podrían servir de ejemplo 157


paradigmático de una zona de CA de gran ciudad, pluricultural y de centralidad relacionada con el comercio, el ocio, las actividades bancarias más o menos subterráneas, las oficinas de exportación, los pequeños servicios emparentados con las costumbres de diversas nacionalidades, etc. Por norma general en la gran ciudad, la centralidad convencional, en retroceso iniciado en el transcurso de la I Revolución frente a la competencia de los Ensanches, retrocede aún más o tiende a desaparecer a costa de la nueva o nuevas centralidades pluriculturales. Este proceso tiene también lugar en las ciudades medias, aunque logicamente con menor variedad de oferta y de forma más o menos puntual, y casi siempre con caracter pluriétnico. Excepcionalmente, la nueva centralidad tanto en ciudades grandes como y sobre todo medias resulta ser monoétnica. Probablemente, el caso más representativo en España sea el del CA de Cartagena. Desde mediados de los años noventa está fraguando una nueva centralidad, muy cercana a la del Centro convencional de toda la ciudad, que amplía su area de influencia conforme acrece la oferta de bienes a la propia Comarca de Cartagena donde la agricultura de vanguadia ha ocasionado una fuerte atracción de población magrebí. En el espacio urbano de la II Revolución, caracterizado por la expansión periurbana, y el proceso de sustitución y desarrollo de la ciudad difusa por la ciudad compacta conforme esta última crece en forma de mancha de aceite, a la vez que se crean y multiplican las polarizaciones perifèricas y diversifican asimétricamente los subespacios residenciales, primero industriales y después comerciales y de servicios, la impronta de las nuevas clases extracomunitarias suele ser más residencial que funcional. Así, prolifera la residencia extracomunitaria en las áreas o sectores de vieja consolidación, las zonas de casas baratas en España -años treinta, cuarenta y cincuenta-; o incluso los Ensanches donde el alquiler de los pisos es muy elevado lo que sobrealimenta el hacinamiento de hecho presente en las unidades de hábitat ocupados por la nueva población en el CA y en la corona interior periférica -Ensanches de la I revolución y de la II Revolución, de destino social alto-medio en el primer caso y diverso en el segundo-. A tenor de la dispersión relativa con que se asientan o localizan las poblaciones plurales de inmigrantes, las centralidades dejan de ser concentradas y pasan a dispersarse en el tejido urbano: locutorios, bares y restaurantes, comercios de distinto nivel con neto predominio del creado por los chinos. La oferta comercial puede ser plural, destinada a autóctonos e inmigrantes; plurinacional, especialmente en lo relativo a la población iberoamericana; y también monocultural en el caso musulmán incluídas las mezquitas, la carnecería y el bazar, por lo común ocupando la mezquita una bajera, 158


b) La dicotomía en el territorio de la complejidad Por último poco sabemos del nuevo espacio que está fraguando en el contexto de la no ciudad que se localiza en las regiones más avanzadas Así, lo urbano "navega" ahora entre diversos elementos del territorio, (bosques, lagos, rios, costas, montañas y valles, parques naturales). De la centralidad se pasa a la excentralidad (Blasi, C. y Padovano, G., 2003), desde la polarizacion a la despolarización, de la jerarquizacion relativa a la desjerarquización total, del Racionalismo zonal a las áreas de concentración funcionalmente mixtas. De todas maneras, frente a las microconcentraciones lo normal es que las actividades tiendan a dispersarse en el territorio y a integrarse funcionalmente de forma reticular por causa de la movilidad aceleradad de nuestros días y de las nuevas tecnologías. Como quiera que, sin embargo, este tipo de territorio es propio de ámbitos ecológicos por lo común pertenecientes a climas templadohúmedos que facilitan la heterogeneidad y permanencia de la vegetación arbórea, la profusiones de cursos fluviales y locus lagunares, resulta dificil que arraigue en el Mediterráneo, salvo en zonas o bien de amplios regadíos o en otras objeto de una planificación muy cualificada por estar destinada a niveles socioprofesionales elevados. Probablemente este territorio de la complejidad es el que debiera sustituir en nuestra costa mediterránea a la acumulación residencial en densidades desproporcionadas. Existen, como es bien sabido, sectores residenciales de baja densidad y bien adaptados al entorno, bien sea destinados a autóctonos, bien y sobre todo a retirados europeos. La mejor expresión de esta nueva tipología, reiteramos, cuenta ya con espacios de planificación, muy condicionada a efectos del clima, en uno de los mejores enclaves del Mediterráneo creados por iniciativa inglesa, a un paso de la masificada Manga murciana. Este tipo de microterritorios de complejidad relativa requieren pues, una estricta planificación debido a la fragilidad del territorio ocasionada por las condiciones climáticas de extrema fragilidad que son propias de las zonas mediterráneas más áridas. La réplica a un territorio destinado a las nuevas clases medias y altas, a los ejecutivos internacionales que se reunen en espacios privilegiados, es la sociedad urbana semiintegrada de los guetos o barrios en crisis habitados por parados, mujeres solas, ancianos, y extracomunitarios. En ellos se sobreañade la pobreza creciente de la diversidad multietnica y multicultural de diferentes referencias históricas y culturales de los grupos de llegada e instalación, con lo que aumenta el grado de complejidad, esta vez de una variable, la social, del territorio urbano. A la dispersión de la complejidad que usa y mejora los recursos territoriales se opone las zonas marginales urbanas que sobreviven con recursos escasos de vivienda, trabajo, epacios públicos en ámbitos degradados de la ciudad cerrada. En el territorio privilegiado de la 159


complejidad la presencia del inmigrante se halla relacionada, bien sea por el trabajo (construcción), la hostelería en ámbitos de segundo orden, y por el servicio doméstico o el servicio a personas mayores, poblaciones escasas, móviles o estantes, respectivamente. También se localiza en habitáculos abandonados pertenecientes a actividades agrícolas transformadas por las nuevas técnicas o bien en algunos sectores de Cascos Antiguos de asentamientos rurales no rehabilitados, o prepeparados para la instalación de las nuevas clases sociales que conviven con sectores campesinos residuales, que a su vez pueden formar parte del turismo relacional. El nuevo territorio de la complejidad es por lo tanto diverso en las dimensiones ecológica, social y económica, pluricultural, disperso en sus variantes de prestigio; y semiconcentrado en las de la interetnicidad y concentrado en la multiculturalidad. Este sería el nuevo escenario de una nueva segregación social en el espacio, que amplía las variables positivas en el territorio de la complejidad -ecológicas y ambientales, sociales, económicas, de accessibilidad-; y concentra las variables negativas -socioeconómicas- en los territorios de la interetnicidad, aunque en los CH rehabilitados se dignifica el espacio público y la habitabilidad, relativamente por causa del hacinamiento, para ensombrecerse en los no rehabilitados Por añadidura, los CH y en concreto los CA de los diversos tamaños urbanos y rurales son la mejor referencia de identidad de lo local: arte patrimonio cultural y religioso, y como nó tejido contruido y sucesión de inspiraciones, tanto más variadas y ricas cuanto mayor es el tamaño urbano. La diversidad paisajística sobreañade un factor más de atracción para las poblaciones de las nuevas periferias complejas, paralelamente al retroceso demográfico de las zonas centrales a donde acuden las poblaciones inmigratorias atraídas por las mayores facilidades de vivienda, así como a los sectores perifèricos de vieja consolidación y baja habitabilidad. En síntesis, poco a poco se va forjando un nuevo modelo de ciudad en el que el concepto Centro periferia se diluye sustituído por las tendencias dispersas o concentradoras de las nuevas poblaciones de un territorio de la complejidad social, cultural, ecológica y económica muy contrastados y diferenciados entre las nuevas formas de ciudad abierta en mezcla con un espacio plural, y las también nuevas también de mezcla entre los referentes de la ciudad heredada y los pertenecientes a las nuevas estructuras sociales de la interetnicidad y la multiculturalidad cerradas. 2. Territorio de la complejidad y Centros Históricos: problemas y urgencias. Ordenación del Territorio, estrategias territoriales La nueva tendencia territorial otorga a la idea de "Recupero", hasta ahora utilizada solamente para la ciudad compacta, Centros históricos y periferias, 160


un sentido regional. La expansión de la ciudad fuera de su ámbito tradicional, exige fortalecer la planificación de salvaguarda del territorio regional en todas sus dimensiones. La región es mucho más sensible y compleja que la ciudad convencional, por otra parte salvaguardada por los Planes Generales, y en caso de los C.H. por los Planes Especiales. Hay por lo tanto una urgencia en establecer políticas regionales de recuperación, o bien de reestructuración del territorio. Se entiende el florecimiento actual del concepto de Ciudad Región (Vegara, 2002), que supera el viejo concepto de sistema urbano (Ferrer, 1992) al introducir todas las variables que conforman un territorio regional determinado en la estrategia de la recuperación. La aplicación de este nuevo concepto en un marco estratégico (Estrategia Territorial de Navarra, 2004, como pionera en la aplicación de la Estrategia comunitaria antes citada 1999), adquiere en el Mediterráneo una especial importancia debido a la fragilidad del territorio, y a la presión especulativa del turismo sobre el suelo. En el "Mare Nostrum" norteño y meridional hay que insistir sobre la necesidad de políticas de salvaguarda de los elementos fìsicos y ecológicos. De no ser así, a largo plazo la sostenibilidad quedará en entredicho. La sostenibilkidad cultural en los CH Superada en cierta medida su vulnerabilidad debido a las políticas de restauración monumental y de Rehabilitación residencial y de los espacios públicos, los CH plantean un problema de compatibilidades o de conflicto en la nueva sociedad de la diversidad cultural y étnica. Una mirada sobre la Europa mediterránea permite apreciar diferencias de distinto orden como se verá a continuación. Partimos en este diagnóstico de lo que muestra la experiencia española sobre el binomio interculturalidadmulticulturalidad (Ferrer, 2004). En Francia una tradición migratoria extracomunitaria de hace tiempo, explica la importancia de la guetificación, que se halla muy consolidada en determinados sectores de los Centros Históricos, e incluso en practicamente todo el Casco (Marsella, por ejemplo), además de determinados barrios periféricos. La inmigración, hay que reconocerlo, se problematiza cuando el origen es musulman. El reciente conflicto escolar de los velos resuelto en aras de un estado laico que no respeta la libertad religiosa y se halla preocupado por la acción integrista, puede trasladarse a aquellos CH. donde el predominio musulmán puede plantear problemas a las actividades autóctonas, crear nuevas centralidades, que de hecho ya existen en algunos centros urbanos, y darle al turismo como recurso un alto grado de vulnerabilidad, conforme aumenta la expresión fìsica de la multiculturalidad y se consolidan las nuevas centralidades. No obstante, esa tradición ha cuajado en nuestros días en un 161


espíritu tendente a extremar la integración de los inmigrantes, no tanto desde un nivel colectivo como y sobre todo personal. En Italia y España, de tradicion inmigratoria muy reciente (Colectivo IOe, 2002, por ejemplo), las pautas de localización son distintas, menos concentradas, basadas por lo común en una dispersión atemperada del perfil migratorio, tanto en los CH. como en el resto de ciudad, salvo en los distritos de las nuevas clases medias. Excepto contadas excepciones -El Ejido, algun municipio de la corona metropolitana de Barcelona, entre los más citados por los "media"-, son escasos los signos de intolerancia y racismo, a diferencia de lo que ocurre -hay que reconocerlo- en algunas ciudades europeas del Norte. Predomina todavía la población autóctona (ancianos, mujeres solas,, parados de larga duración ... IV Mundo) sobre la inmigrante, aunque existen sectores ya guetizados, siempre en un contexto pluricultural. El gueto pierde su carácter peyorativo al desempeñar un importante papel por las redes sociales que contiene y su función de acogida a los que llegan sin conexiones familiares o amistosas. Aún así, al gueto el inmigrante lo considera como sede provisional, de forma que los que no logran embarcarse en la movilidad que caracteriza al largo itinerario que va desde la habitación compartida hasta el alquiler de una vivienda y finalmente la posesión en propiedad (Loa Tamayo, 2003), acaban guetizados, esto es, convertidos en personas o grupos marginales. En Italia los pequeños centros urbanos tienden a un perfil basado en una sola nacionalidad. En los medios y sobre todo grandes Centros, predomina la diversidad etnica, y en los C.H. se entremezclan autóctonos de dentro y fuera con extranjeros. Casi siempre los grupos de inmigrantes son diversos pero minoritarios (Lo Piccolo, 2003). La diversidad es aceptada en general por la población autóctona y la generación de conflictos tiene más lugar entre sí que con los autoctonos. Al igual que en España se van generando microcentralidades en microsectores donde comienzan a proliferar actividades multietnicas, incluídos los restaurantes, que parecen ser compatibles con Museos, sedes universitarias u otras actividades. El caso de Palermo o Catania, o de Nápoles y Bari, unas y otras ciudades en el "Mezzogiorno" son significativos. A contrario, los CH del Norte muestran una mayor presencia y relevancia del "recupero", -tengase en cuenta su función turística internacional-, reflejando una escasa inserción inmigrante. El CH de Roma expresa con toda nitidez cómo el valor general de un Patrimonio excepcional lo convierte en sede de servicios variados y en todo caso de residentes extranjeros de alto standing, incluídos los norteamericanos. En definitiva, a diferencia de España el gueto central es sectorialmente propio del Mediodía y la inmigración se localiza sobre todo en las periferias urbanas y metropolitanas. En España hay un mayor grado de dispersión de los 162


inmigrantes, no sólo en los CH sino además en sectores perifèricos, barrios intercalares de antigua construcción o incluso de construcción relativamente reciente donde el alquiler tiene lugar lógicamente asociado a altos grados de hacinamiento según dijimos. En qué medida han proliferado las microcentralidades en ambos países es cuestión interesante. Por lo que respecta a Italia es al mediodía donde han surgido, siendo aceptadas e incluso utilizadas por la población local. El extenso Casco Antiguo de Palermo es un caso emblemático con sus variedad de usos, unos sectorialmente interétnicos y otros de destino autóctono. La situación de España es bastante más compleja. En las ciudades cuyo tamaño del CH es muy grande, la existencia de centralidades multiétnicas muy consolidades como es el caso de los antes citados Lavapiés en Madrid y de Raval en Barcelona no plantea ningún problema a la centralidad de conjunto del CH. Posee éste sectores muy terciarizados, un alto grado de monumentalidad, de ocio incluído el más cualificado, y en consecuencia se hallan muy bien preparados para ejercer una atracción turística y de la propia población metropolitana. En definitiva, ni las microcentralidades ni la población extracomunitaria repercuten en la capacidad de atracción, una vez asegurada, como es el caso de ambas ciudades, un amplio márgen de recuperación por Rehabilitación o por Renovación -caso de algunos sectores de Barcelona-, de toda la trama urbana. Algo similar podría señalarse de CH de gran tamaño como Valencia o Sevilla y Valladolid donde la terciarización pública, que reutiliza y por tanto restaura un legado monumental de gran valor, junto al comercio y los servicios, ejerce un efecto positivo sobre el prestigio y atracción de sus áreas de trama residenciales adosadas y bien predispuestas en consecuencia a una Rehabilitación de habitabilidad socialmente más elevada que la primigenia. El problema de incompatibilidad entre la simbología que hasta ahora les ha caracterizado y la que procede de estratos migratorios de simbología radicalmente diferente -legado de origen cristiano y en consecuencia expresión materializada de los CH de España, como los europeos en general, de la gran herencia cristiana, enriquecida por la savia anterior helénicofilosófica y romano-organizativa, que define a la cultura europea-, comienza a vislumbrarse en España precisamente cuando los CH acogen a sectores musulmanes, esto es, a guetos monoculturales, ajenos a la cultura preexistente. A continuación llega el momento de explayarse en el mundo musulmán, así como sobre una cuestión tan relevante en el debate actual sobre la identidad del Viejo Continente.

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3. La Identidad europea, CH y utopía. Los Cascos Antiguos Los Centros Históricos son, decíamos, expresión de la identidad urbana en el patrimonio cultural religioso y monumental -catedrales, iglesias y palacios- y el tejido construido, A mi entender, el mantenimiento de la identidad de los CH no sólo se manifiesta en la trama sino también debiera ponerse de manifiesto en la población que la habita, afirmación a todas luces ajena a una realidad que yuxtapone a los viejos componentes, de envejecimiento, empobrecimiento, inhabitabilidad, soledad, deterioro formal, propis de la época de residencia autóctona; otros nuevos que asocian el deseable "recupero", que en nuestro país lleva dos décadas de retraso respecto al Norte europeo y por lo tanto los CA antiguos están muy dicotomizados entre las zonas de actuación rehabilitadora y aquellas a las que no ha llegado, con la progresiva interetnicidad o multiculturalidad sectoriales. A fin de que haya una auténtica simbología en el legado, sería necesario desde un plano teórico que haya coherencia entre la memoria cultural y la cultura de los residentes. El CH refleja lo esencia de la cultura urbana a lo largo de una historia sucesiva de inspiraciones que llega hasta el siglo XIX -desde el románico a los neos-. Bajo esta perspetiva, el concepto bolonés de fijación de la población adquiere un significado muy distinto al de su origen, el de la tipología cultural de la población. La rehabilitación debiera tener en cuenta no sólo el respeto a la memoria del legado cultural preexistente sino también la pertenencia cultural de las poblaciones que lo habitaron hasta un reciente pasado. Fomentar la mezcla social e incluso la gentrificación entre los autóctonos debiera responder actualmente a motivos distintos por los que se planteó la Rehabilitación en los años sesenta en Italia, y en los ochenta y parte de los noventa en España. Aun cuando esta coherencia sea dificil, por no decir imposible, recuperar en la actualidad, no deja de ser una situación óptima que cabría incluir en las estrategias rehabilitadoras. La Rehabilitación bien hecha convierte al CA en un lugar privilegiado de la ciudad y en consecuencia multiplica su atractivo perdido por el deterioro plural que lleva a la sustitución de las poblaciones autóctonas por otras de cultura ajena al tejido. Por esta causa es tan importante y urgente la restauración de fachadas y de espacios públicos y remodelación modernizadora del interior de los edificios, el cuidado de la monumentalidad, del patrimonio arquitectónico-residencial, la instauración de la peatonalización y la restricción severa del automovil, en un ámbito que facilita la capacidad socializadora y atractiva para la población del resto de la ciudad. En esencia, se opere o no con criterios de apoyo renovador o se apliquen estrictamente los criterios rehabilitadores, las actuaciones de nuestros Planes Especiales contienen un compromiso de destino residencial a personas y 164


familias pertenecientes a la cultura originaria por muy secularizadas que se hallen unas y otras en la actualidad, así como con un destino de usos ajenos a funciones marginales. Con este "desideratum" teórico no se pretende limitar la población a un origen estrictamente autóctono, ya que la cultura cristianoeuropea no se reduce en nuestro caso a los españoles autóctonos sino que comprende también a buena parte de los países del Este Europeo y obviamente al conjunto y cada uno de los países iberoamericanos. De no operar con estos criterios, llegará un momento en que el CH dejará de ser el símbolo por excelencia de la ciudad, la excelencia urbana en definitiva, la centralidad más valiosa. El barrio granadino del Albaicin, tal como se halla en nuestros días impregnado de su cultura musulmana de origen, sería el otro extremo de coherencia entre cultura del tejido y cultura de la población. La centralidad identificadora de Europa En un plano mucho más amplio, el de la sociedad europea en su conjunto, la cuestión se plantea de forma distinta. Quienes consideran que sólo una Europa Laica puede integrar la multiplicidad racial y multireligiosa de la diversidad de los llegados (Petrella, 2003, por ejemplo), una Europa de mezcla de razas, religiones, exageran en mi opinión la propia diversidad al menos desde el punto de vista religioso. En realidad, la diversidad se limita a la variedad de confesiones cristianas, católica y "protestantes" varios, y al islamismo. Otra propuesta de una Europa de sincretismo, o de un hiperecumenismo definido por una nueva ética que pretenda ser válida para todos a partir del individualismo pragmático, suprime también esa identidad europea que en última y primera instancia posee raices cristianas, aunque actualmente padezca una crisis poscristiana, que deriva de la sociologización del legado filosófico del XIX -Nietschze, Freud, Marx, entre otros- o del sesentayocho en el siglo XX, sin perder de vista la visión de futuro laicista, antihistórica y antireligiosa de "El mundo feliz" de Aldous Huxley enunciada a mediados del siglo XX. Una visión real y no sesgada de Europa comporta una centralidad identificativa caracterizada por tres peculiaridades (D´Erme, 2003): 1º Una territorialidad formada por grandes nodos históricos bajo inspiración cristiana desde los siglos IV al XIX, que se reafirma ante los embates del Islam (Poitiers, Granada, Belgrado, Lepanto, Viena); y por una complejidad territorial en nuestros dìas caracterizada por una nueva diversidad muy plural de elementos, bajo los impulsos de las nuevas tecnologías, entre la que la étnico-cultural se halla destinada a aumentar en el medio largo plazo. 2º Ciudad y territorio europeos son el lugar histórico-geográfico donde se concentran " las mayores reflexiones sobre el destino de lo humano" (Juan Pablo II) y donde tiene lugar actualmente una convivencia pacífica y activa 165


entre creyentes y no creyentes. 3º La revalorización de la memoria histórica, de la ciudad f`ísica o de piedra, que recoge la sucesión de inspiraciones insertas en el tejido monumental-artìstico-patrimonial-urbanístico, y expresa los valores de la "Catedral cristiana", de la Universidad, de la libre investigación y reflexión; y del caracter estructural de la multiplicidad de las plazas, que son referencia de la pluralidad de valores de religiosidad y laicididad. Libertad,"juricidad" y gueto Estas relaciones se hallan concebidas y concretadas, en todos sus aspectos según la imagen de que "la ciudad hace al hombre libre". En tal sentido las relaciones multiétnicas y multireligiosas debieran mantenerse en conexión directa con la "juricidad europea" fundamentada en el respeto de la libertad de la persona humana, de todas las personas, de cada persona, segun la tradición de la cultura greco-romana, consolidada y humanizada por la herencia cristiana. En este marco, la guetificación no sólo significa "degrado", y en cuanto tal, uso del espacio en condiciones muy negativas, sino también derecho a la autoexclusión para preservar la propia identidad y libertad culturales. Una vez creado un gueto en un Centro histórico, los argumentos teóricos antes señalados pierden validez frente a una realidad ya consolidada que además ejerce un importante papel como elemento de preintergración de los inmigrantes. Las redes sociales que comporta el gueto interétnico contribuyen o facilitan la inserción de los inmigrantes, cuestión ésta que es necesario subrayar para mostrar la función humanitaria del gueto. El gueto, a su vez, puede ser multicultural, y en Europa, salvo las excepciones de los primeros países colonialistas como Gran Bretaña, con procesos de guetificación hindúe, pakistaní, etc., es por esencia musulmán. Los magrebíes o musulmanes de otras procedencias tienden por sus peculiaridades cultural-religiosas a vivir en zonas muy bien trabadas y acotadas, bien sean centrales bien sean periféricas. La autosegregación no equivale a una forma de eliminar el conflicto (Exposito, 2003), sino de autoprotección de una identidad deseada y querida por una cultura muy distinta a la del resto de las culturas de la interetnicidad europea. El problema estriba en que, a pesar de una historia compartida por Cristianismo e Islam, no de coinviviencia y entendimiento sino de conflicto histórico en el caso de España y obviamente de Europa, son escasas las permanencias de la cultura islámica en nuestro medio urbano, aunque suficientes para que un inmigrante magrebíe no se sienta extraño en un mundo del que participó con su presencia durante ocho siglos. Ciertamente, el viario irregular e intimista (Chueca Goitia, 1981) de la red de ciudades que 166


manifiestan la vieja presencia musulmana, no basta para expresar una cultura. Sin embargo, en algunas ciudades del Sur la presencia musulmana fue más duradera y la monumentalidad de los siglos de esplendor musulmán dejó restos de gran magnificencia (Córdoba, Granada, Sevilla). Ahora bien, la historia cristiana posterior, en su mas alto grado reflejada en Sevilla con su conexión iberoamericana, justifica el predominio del legado de origen cristiano. Aún así, la singularidad española expresada por los antecedentes históricomusulmanes de una presencia secular, podría contribuir a que el inmigrante musulmán de nuestros días se sintiera inducido a una convivencia relativa, facilitada por esa centralidad histórico-cultural compartida. No obstante, las diferencias culturales que conducen a la propia autoexclusión -desde la gran ciudad al pequeño pueblo en que unas cuantas familias magrebíes habitan una o dos casas de pisos- constituyen un factor de escaso entendimiento entre ambas comunidades, la autóctona, y la de este origen. Con anterioridad al 11M nuestras encuestas (Madrid, Barcelona, Comunidad Valenciana, Navarra y Rioja, Aragón) habían detectado lo que ya ponían de manifiesto las encuestas de organismos públicos (INE, por ejemplo). Existe un orden de prioridades en la percepción por los autóctonos respecto al perfil de procedencia de los grandes grupos de origen, de tal forma, que los magrebíes figuran en último lugar, por detrás de los subsaharianos, que en general son percibidos con simpatía, y por supuesto, de los procedentes del Este y más aún de los iberoamericanos. El recelo ha aumentado lógicamente tras el 11M. Nuestras encuestas más recientes recogen testimonios, ciertamente minoritarios en su expresión pública en el lugar de trabajo, de satisfacción ante la tragedia, o bien se reclama un funeral por las víctimas en un templo ecuménico en un país de mayoría católica, aun cuando la práctica religiosa haya disminuido sensiblemente. Es obvio que son, insistimos, actitudes minoritarias. Son bien conocidos los testimonios de condolencia por parte de las Asociaciones de Musulmanes de España. La excepción probablemente sea Andalucía. Conforme el mundo magrebíe aumenta sus efectivos, presiona desde ámbitos de consolidación de sesgo islámico-cultural. Tal sería el caso de Granada, que ya cuenta con una Mezquita de gran envergadura europea y una marcada influencia en la cultura urbana, o bien de Córdoba donde la presión para compartir con los católicos la catedral Mezquita ha sido muy fuerte. Es por otra parte, recordada en Cartagena (Murcia) la oposición magrebí al paso de la procesión de Semana Santa por un determinado itinerario del CA hace dos años. Ocurre por añadidura una reinvención integrista de la Historia de España, en la que el viejo substrato no sería tanto romano o visigótico -la red de Iglesias visigóticas fue destruida en la España invadida por el Islám, salvo tres excepciones por razón de que la 167


figura de Cristo no era la del crucificado sino la del sedente, caso de Venta de Baños, por ejemplo-, cuanto de origen semitaprotoárabe, de tal forma que los musulmanes no llegaron a España desde presupuestos meramente imperiales sino llamados por sus hermanos de origen. Se anula así la centralidad cristiana de origen y larga permanencia desde una visión ajena al laicismo y adscrita a una dimensión religiosa y cultural muy afirmada entre la población que contrasta vivamente con el individualismo pragmático poscritiano de buena parte de la población europea. Conclusiones Dos grandes cambios están teniendo lugar en los, tres últimos lustros, en los paises mediterráneo-occidentales, España e Italia, con el antecedente mucho más lejano del acontecido en Francia. Afectan a los ámbitos espaciales de más antigua consolidación, el agrario sectorial ahora reconvertido en plural, y el urbano del legado histórico que va desde la Alta Edad media hasta el siglo XIX. Ambos afectan a centralidades de muy distinto cariz, aunque si hacemos caso a las proyecciones de población de cara al 2050, realizadas a modo de réplica de la explosión demográfica enunciada hace cincuenta años y ahora manifiesta en la esclerosis por envejecimiento implosivo, estararían destinadas a una estrecha interrelación e interacción. Afortunadamente, ha desaparecido la concepción del campo como mero abastecedor de alimentos u otros recursos que se transforman y redistribuyen en pequeñas ciudades que desempeñan la labor de lugar central, esto es, de una centralidad de base. En la actualidad el campo es, o aspira teóricamente a ser, un espacio caracterizado por una centralidad plural, diversificada en varias direcciones o elementos constitutivos. Se trata de los asentamientos de viejos lugares centrales, así como de la diversidad de ámbitos de orden no sólo agrario -extensivos, intensivos, de vanguardia, especializados- y constructivo -Cascos Antiguos de los lugares centrales o de determinados asentamientos-; sino además de ofertas variadas dirigidas al mundo urbano por microcentralidades de nueva creación que se apoyan en las nuevas accesibilidades incluidas las de orden informáticoelectrónico, o las macrocentralidades de orden paisajístico. La oferta mediática de cartografía ilustrada, la profusión de Guías donde figuran el trazado de itinerarios y senderos así como de planos y explicaciones idóneas, están cada vez más vigentes. La planificación, el diseño, la inventiva creadora afectan de tal manera a la no ciudad, que llega un momento en que es sustituida por dos nuevos conceptos, el de Ciudad Región o el de territorio de la complejidad, el de Ciudad Región como manifestación de la centralidad regional, y el del territorio como su complemento a la vez que su réplica por comprender a áreas territoriales no estrictamente comprendidas por una region determinada 168


sino por varias. En esencia, la teoría de la jerarquía de los lugares centrales desaparece en función de otras interacciones en las que el territorio compuesto de distintos elementos es sede de una variedad de centralidades no necesariamente jerarquizadas. Paralelamente, en España, como en el resto de Europa, se plantea un problema de centralidad cultural al ponerse en entredicho a la cultura cristiana como portadora de los grandes valores de todo tipo que caracterizan a la cultura europea a pesar de la secularización, oponiendole en su extremo la Europa de la diversidad cultural y religiosa -diversidad planteada de forma sesgada puesto que la religión cristiana es, en sus diversas manifestaciones, mayoritaria frente a otra musulmana marcadamente minoritaria-; o bien y de cara al futuro, priorizando la Europa de la mezcla étnica, en la que se diluye la cultura cristiana bajo una ética que pretende ser válida para unas y otras etnias y culturas, sin que falte tampoco la construcción de nuevos valores ajenos radicalmente al acerbo cristiano. En definitiva, Europa deja de ser coherente consigo misma de forma que desaparece la centralidad cultural que le es propia, esto es, rompe con el gran legado recibido y se imposibilita a si misma de cara al futuro como integradora de otras culturas o como cultura más universal en convivencia con las provenientes de otras civilizaciones. La dicotomía cultural religiosa, que es la efectivamente real, entre el mundo católico preexistente o secularizado, y el mundo musulmán, resulta especialmente significativa en España por razones históricas, y muy relevante en el resto de los países mediterráneos del Norte. Asimismo, esa dicotomía aparece de forma nítida desde la perspectiva del laicismo institucionalizado como se aprecia en Francia y en menor medida en Italia. Por dicha causa, en aras del buen entendimiento, es urgente la necesidad de una cooperación mucho más firme que la realizada hasta el momento entre los países del Norte y del Sur del Mediterráneo. La aproximación entre las centralidades socioeconómicas y biculturales es una necesidad basada en la comprensión y respeto mutuos, en la justicia y en la historia. Esta cooperación no solo se concreta entre países sino que, debido al hecho de basarse en una historia común tiene su mejor expresión en los Centros Históricos. El pasado heleno y romano se halla especialmente enraizado en los países del Sur, donde aparte de la presencia cristiana, los árabes contribuyeron en su día, en pleno esplendor de una Civilización, a trasladar al mundo cristiano la rica herencia de la Antiguedad. Esto significa que el pasado remoto de las ciudades de uno y otro lado del Mediteráneo tiene raices comunes, incluidas por lo tanto las romanas que tanto influjo ejercieron en la arquitectura musulmana y en la organización primigenia del Norte de Africa. 169


En este contexto de cooperación socioeconómica y de aproximación entre dos centralidades culturales de orígenes en un principio conjuntadas y luego separadas, se entienden las posibilidades de un diálogo mutuamente enriquecedor, que podría tener entre otras manifestaciones, compartir y difundir las nuevas microcentralidades que constiuyen la base de un turismo relacional cuyos efectos positivos han comenzado a ser ya una realidad incipiente en la vertiente norteña del Mediterráneo. En última instancia, la historia común en un pasado lejano y su recuperación en el marco de las diferencias culturales de nuestros días y de los intereses de la solidaridad y la justicia, podrían servir de factor que pusiera en primer plano los vìnculos de unión y de mutua ayuda, de tal forma que repercutiera positivamente en la deseable mejora de la percepción mutua entre los ciudadanos españoles y ese aproximadamente medio millón de musulmanes que han llegadoa España en busca, decíamos no hace mucho en un Diario regional (Diario de Navarra, 24, 25, 26 y 27 de diciembre de 2000), a buscar trabajo, vivienda, paz y sosiego. La creación de un Instituto de Estudios de Centros Históricos del Mediterráneo, promovido por la Comunidad Valenciana y ARCHIVAL (Asociación Española para la Recuperación de los Centros Históricos), y del que formarán parte varias ciudades mediterráneas, constituye un componente de cooperación más entre los que ya existen, que deberían multiplicarse en el marco de la eficiencia, y de la amplitud de estrategias a fin de acortar el diferencial de progreso existente entre ambas márgenes. Bibliografía Beguinot C. (2003), “La città, luogo delle diferenze. Una aggiunta: la interetnia”, en Città di Genti e Culture. da "Megaride 94" alla città interetnica (Europea). Riflessioni, Fondazione Aldo della Rocca, Giannini, Napoli, t. I, pp. 3-10. Blasi C. (2003), “L´Architettura dell territorio interetnico”, en Città di Genti e Culture. da "Megaride 94" alla città interetnica (Europea). Riflessioni, Fondazione Aldo della Rocca, Giannini, Napoli, pp. 88- 95. Cebrián J.A. y Bodega, M.A. (2002), El negocio étnico. Nueva fórmula de comercio en el Casco Antiguo de Madrid, El caso de Lavapiés. Estudios Geográficos, LXIII, 248/249, pp, 559-580. CeiM (2003), Inmigrantes y vivienda en la Comunidad Valenciana, Centro de Estudios para la Integración Social y Formación de inmigrantes, Fundación de la Comunidad Valenciana, Provincia de Aragón de la Compañía de Jesús, Consellería de Bienestar Social, Generalitat Valenciana. Cervellati P.L. y cols. (1980), Per il Recupero urbano. Programma di qualificazione funzionale per le zone produttive e di riuso per il patrimonio edilizio existente, Comune di Bologna. Colectivo IOe (W. Actis, C. Pereda M. A. de Prada) (2002). Inmigración. Fundación "la Caixa", pp. 15-45.

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DE L’IMPORTANCE DE LA «MAPPATURA» TOURISTIQUE DE LA SICILE. Amine Benaissa204

Le travail entrepris sous la direction engagée et combien éclairée du Professeur Léonardo Urbani sur la Mappatura touristique de la Sicile, constitue de mon point de vue un tournant déterminant dans les réflexions sur le développement touristique des territoires Méditerranéens. S’attachant à repérer, sur la base d’une lecture fine du territoire – sites historiques, activités artisanales, espaces d’hébergement, … – des itinéraires thématiques, elle constitue un éclairage qui dépasse les cartographies touristiques classiques pour les élargir à une cartographie vivante des territoires dans leurs composantes humaines. Ce travail est sans nul doute de nature à servir de référence et d’exemple pour les différents pays du pourtour méditerranéen pour au moins trois raisons principales: • La première, c’est qu’il prend en charge les évolutions récentes de l’organisation touristique; • La seconde, c’est qu’il est de nature à contribuer à un développement harmonieux et durable du territoire sicilien qui préserve l’authenticité et les spécificités locales ; • La troisième, c’est qu’il constitue un support à l’action, à l’innovation, et à une collaboration renouvelée des opérateurs touristiques en méditerranée. La prise en compte des évolutions récentes de l’organisation touristique. Au croisement d’un relevé fin des espaces touristiques et d’un support informatique, support d’information, de réservation et d’achat, la Mappatura touristique de la Sicile peut permettre, à travers les itinéraires préconisés, à tra204 Architecte EPAU, Alger, DEA en urbanisme et aménagement, maître de conférences associé, université du Val-deMarne, Paris-XII. President du Cercle d'Amitié des Architectes Algériens en Europe.

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vers les systèmes de réservation mis en place ainsi qu’à travers les conditions financières négociées avec les grands opérateurs de transport, de répondre aux nouveaux besoins et aux besoins à venir en termes de tourisme. En effet, elle constitue une réponse opportune aux trois enjeux qui semblent aujourd’hui caractériser les évolutions de l’organisation touristique. Il s’agit tout d’abord de la nécessité de mettre en valeur et de développer les arrières-pays; ensuite vient la nécessité de valoriser les activités économiques locales; enfin se dégage la nécessité d’organiser un tourisme individuel qui offre à chaque touriste la possibilité d’effectuer ses choix et de retenir ses itinéraires dans des conditions de prix qui sont celles aujourd’hui offertes aux groupes par les grands opérateurs. Ce travail a su tirer parti de l’évolution des modes de vie. A l’heure actuelle, les touristes n’adhèrent plus au concept des grands parcours en groupe et demandent de plus en plus d’indépendance et de tranquillité, tant lors de leur séjour que lors de sa préparation. La Mappatura est donc un instrument adapté à ces changements, puisque, à Paris ou ailleurs, les gens pourront tranquillement choisir leur itinéraire, les lieux qu’ils voudront visiter ou encore réserver leur lieu d’hébergement. Un vecteur développement harmonieux et durable du territoire sicilien. La Sicile propose, aujourd’hui encore, une offre hôtelière inadaptée aux demandes des touristes, ce qui dans un sens pourrait freiner le développement de son territoire. Cette situation serait doublement préjudiciable puisque non seulement le territoire sicilien demeure très attractif, mais aussi puisque tous les territoires environnants se sont fortement développés du point de vue touristique, donnant l’impression que la Sicile reste en arrière. Ce schéma qu’est la Mappatura touristique de la Sicile est l’occasion de mettre ce territoire sur le devant de la scène en fournissant une offre avantgardiste et volontaire, s’appuyant sur les nouvelles exigences de la clientèle, tant en termes de coût et de sécurité dans les réservations, qu’en termes d’accueil, par exemple dans de petites auberges. Elle permet également un développement intégré du territoire, un développement qui ne laisserait plus de côté l’arrière-pays et les petites unités. D’une manière plus générale, elle peut constituer un moteur réel au développement sicilien en mettant l’accent sur le «life business» et en donnant une belle image de la Sicile et de ses productions. En effet, c’est un autre avantage de cette Mappatura, conçue comme un modèle fin, capillaire, de proximité, que de pouvoir faire connaître aussi bien la Sicile (son paysage, son histoire, etc.) que ses activités (produits gastronomiques, artisanat, etc.), en proposant aux touristes un itinéraire de découverte de la Sicile et de ses produits locaux en plus d’un itinéraire touristique. 174


Dans ce sens, les petites activités locales de l’arrière-pays peuvent devenir le support d’un tel développement, et même, si elles profitent du développement inhérent à Internet, les vitrines de la vente de nouvelles productions locales qui resteraient sans cela marginalisées. Au cours de l’itinéraire qu’il aura choisi, le touriste découvrira l’authenticité des produits siciliens tels que les vins, les tomates séchées, l’huile d’olive ou encore l’argenterie. Il devrait alors pouvoir continuer à acheter ces produits une fois rentré chez lui et ainsi participer, à son niveau, au développement de l’économie sicilienne. De la même manière, la Mappatura touristique de la Sicile permet de remettre en avant certains lieux, comme par exemple des espaces publics, des églises et autres monuments, marginalisés par le tourisme de groupe qui relègue au second plan les sites sans grande renommée. Les nouvelles pratiques qu’elle instaure, par la recherche de proximité et d’authenticité, vont permettre de donner à ces lieux un nouvel intérêt, et pourront là encore prendre part au développement de ce territoire à travers une politique de rénovation. Un support à l’action, à l’innovation, et à une collaboration renouvelée des opérateurs touristiques en méditerranée. Certes la Mappatura touristique de la Sicile permet d’obtenir un état des lieux précis du territoire et d’organiser un système de réservation qui pourra évoluer et ainsi s’adapter aux nouvelles demandes de la clientèle. Mais elle est aussi, et c’est sûrement là un de ses principaux atouts, un véritable vecteur de développement touristique intégré, de développement à venir. L’émergence de ce nouveau tourisme individuel est synonyme d’une redécouverte des richesses locales, les touristes cherchant un contact plus authentique avec le lieu qu’ils visitent: petites auberges, productions locales, sites historiques, mais aussi d’exigences de plus en plus importantes dans les prestations, les services et les activités proposés. Ainsi cette Mapaturra touristique s’avère être un véritable outil de développement, permettant notamment la réhabilitation fine de certains bâtiments. D’une manière plus générale, elle peut également constituer un modèle de développement qui pourrait évoluer. Il serait effectivement intéressant de compléter les itinéraires et les parcours organisés de manière fine, en y intégrant des micros-projets portés par les artisans locaux. Ce schéma touristique permettrait alors un développement du territoire en renforçant son attrait, mais influerait aussi sur le développement économique en faisant travailler des artisans siciliens. Cette dynamique est parfaitement illustrée par le concept de «villages-hôtel». Un «villages-hôtel» propose des chambres ou des habitations dispersées sur plusieurs sites, avec un service d’hôtellerie simple et une gestion centralisée. Ces sites sont généralement des habitations traditionnelles rénovées (anciennes fermes ou locaux délaissés) ce qui permet d’avoir des ambiances diversi175


fiées dans un même «villages-hôtel». Un tel système permettrait d’avoir une offre hôtelière plus adaptée (développement du territoire) et de fournir du travail à la population locale (métiers du bâtiment, de bouche et d’hôtellerie). En conclusion, la Mappatura touristique de la Sicile est un projet qui tire partie de l’évolution de la société, mais c’est surtout un outil innovant pour la mise en valeur du territoire sicilien et son développement. Elle pourrait aisément faire figure de «master plan» pour l’organisation des futurs développement touristiques, tant pour les pays qui l’entourent que pour ceux plus éloignés. Cette Mappatura touristique mériterait donc d’être portée par les opérateurs du développement touristique sicilien, et d’être connue par leurs partenaires touristiques en méditerranée, de manière à organiser la mutation d’un «bronzage idiot» en un «bronzage intelligent», de proximité et fédérateur des différentes initiatives locales et artisanales.

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TURISMO, TERRITORIO E AMBIENTE UMANO.205 Stefano Zamagni206

Conflitto e cooperazione Due parole, conflitto e cooperazione, caratterizzano in modo affatto particolare i rapporti tra l'Europa ed il bacino del Mediterraneo. Osservando la storia, anche quella recente (ad esempio a partire dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri) possiamo constatare che si sono sempre alternate fasi di conflitto a fasi di cooperazione. È molto importante notare che i rapporti di natura economica in questi ultimi anni, almeno negli ultimi 10 o 15, hanno prevalso rispetto a quelli di natura politica, contrariamente a quanto avveniva in passato. Allora era più facile trovare forme di convergenza e di unificazione a livello politico-diplomatico; oggi, invece, vediamo che il dialogo si è spostato sul versante delle questioni economiche. In un certo senso, le questioni economiche fanno da traino a quelle diplomatiche, cosa molto chiara anche per i diplomatici di professione, che stanno modificando sia il loro modo di intervento, sia la loro formazione, proprio per rispondere a questa esigenza. Perché questo accade? La risposta è molto semplice: c'è una forte complementarità tra le due parti, i due bacini, le due regioni. Proprio per questo non ci dobbiamo meravigliare di questa prevalenza della dimensione economica su quella politico-diplomatica. Guardando ad un futuro più o meno lontano, c'è motivo di ritenere che qualcosa di importante possa verificarsi, ma questo non significa che dobbiamo aspettarci un esito scontato di questo processo. 205 Sintesi dell’intervento al ColloquioEuro-Mediterraneo, titolo del convegno internazionale: Il turismo come leva della cooperazione e dello sviluppo regionale nel Mediterraneo, Palermo 21-23 ottobre 1999. 206 Professore ordinario di economia politica, Dipartimento Scienze Economiche, Uiversità di Bologna.

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In altre parole, la complementarità è un prerequisito, ma da sola non basta a garantire una vera e propria convergenza. Ci vuole ben altro. Costi e benefici dell'immigrazione Esistono fattori endogeni che, se non vengono modificati, rischiano di impedirci di utilizzare tutto il potenziale legato alla complementarità. Quali sono questi fattori di incertezza endogena? Innanzi tutto, da parte dell'Unione europea, non è stato ancora deciso se privilegiare il Mediterraneo oppure l'Europa centro-orientale. È noto che si tratta di una questione ancora aperta nell'agenda dei capi di Stato. Se badiamo alla sostanza, cioè ai criteri con cui i fondi vengono assegnati, dobbiamo notare che finora si è data la precedenza al rapporto Europa/Paesi centro-orientali rispetto a quello tra l'Unione e il Mediterraneo. Le ragioni strategiche di ciò risiedono nel fatto che la Germania (l'area del marco) è il Paese più influente all'interno dell'Unione europea, ed essa ha più interesse a volgersi verso l'Est piuttosto che verso il Sud. Si tratta di un nodo che deve essere sciolto a livello politico: basti guardare le cifre dell'ultimo bilancio dell'Unione, per rendersi conto di come i grossi flussi finanziari siano stati soprattutto diretti all'Est europeo e solo poche briciole siano andate in direzione del bacino del Mediterraneo. Un secondo fattore ha a che vedere col fenomeno dell'immigrazione, importante non solo per la Francia e la Spagna, ma soprattutto per l'Italia, dove il fenomeno migratorio - ormai da considerarsi fisiologico viene strumentalizzato per scopi politici e assume caratteristiche pericolose. E chiaro che per ragioni legate alla dinamica demografica e allo sviluppo economico, le migrazioni diverranno per i prossimi decenni un fatto normale; nel nostro Paese, invece, le immigrazioni vengono considerate ancora come se fossero emergenze. Ogni sbarco in Italia non è un'emergenza, bensì l'epifenomeno di un problema molto più complesso. Occorre rivedere il rapporto costi-benefici del fenomeno migratorio. Gran parte degli italiani sono preoccupati della presenza di immigrati perché la associa all'aumento della delinquenza. Bisogna guardare oltre, soprattutto ai vantaggi che si potrebbero produrre nel medio o lungo termine e non solo ai costi da affrontare nell'immediato. Chi beneficia dell'immigrazione non è sempre chi ne subisce il costo. Ecco perché si manifestano comportamenti razzisti o xenofobi, e coloro che hanno l'obbligo morale e politico di prevenirli o contenerli non sono sempre in grado di farlo. La gente comune coglie soprattutto gli aspetti negativi del178


l'immigrazione, temendo una perdita dei posti di lavoro, come nel caso di Mazara del Vallo. Gli immigrati in realtà portano lavoro: basti pensare che nel nostro nord-est gli imprenditori contano soprattutto sui flussi migratori per portare avanti le loro imprese. Senza di loro, addirittura il 40 di esse potrebbe chiudere. Occorre che chi riceve beneficio dalla migrazione si carichi almeno in parte dei costi che la migrazione comporta. Un'altra cosa da considerare riguarda l'assenza, finora, di dati statistici sia su scala nazionale che su quella internazionale, relativi ai flussi e agli stock migratori. A questo punto occorre precisare la differenza tra questi due termini: per flussi si intende il numero di persone che entrano ed escono dai nostri confini in un certo intervallo di tempo, mentre per stock si intende la massa di persone che si registra in un particolare momento. La distinzione è per noi importante perché da qualche anno il nostro Paese è diventato il principale luogo di smistamento. La gente arriva in Puglia, in Sicilia, o in altre regioni e dopo avervi trascorso qualche mese, emigra in Francia, in Germania, ecc. Ma in quei pochi mesi di permanenza lo straniero impone dei costi. È chiaro che in fatto di risorse europee i fondi vengono assegnati ai Paesi in base al numero delle persone che vi risiedono; così facendo, però, non si tiene conto dei costi legati ai flussi. Recentemente l'Italia ha chiesto invano che nella distribuzione dei finanziamenti europei si tenessero in debito conto anche i flussi. La conseguenza è che dovremo continuare a sostenere dei costi che gli altri Paesi non hanno. Sarebbe opportuno che l'Ufficio Centrale di Statistica di Ginevra procedesse ad una rilevazione statistica dei flussi, senza la quale non è possibile sapere quanti stranieri arrivano in Italia (se non grazie ai dati che ci provengono dalla Caritas). Omogeneizzare i mercati I nodi esposti vanno sciolti se vogliamo che il Colloquio di Barcellona possa uscire dalla retorica. Nella sostanza, dal '95 ad oggi, pochi punti indicati nella dichiarazione di Barcellona sono stati realizzati. Non si è fatto nulla per l'allargamento del libero accesso ai mercati dell'Unione europea dei prodotti di per sé competitivi dei Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. Da un lato si parla di libero commercio e libero scambio, ma poi non lo si applica. I Paesi di quella regione, a cui si impedisce di esportare le merci, finiscono per esportare forza lavoro. In secondo luogo, non è stato fatto niente sul piano del mutamento strutturale. Non basta togliere certe barriere di tipo protezionistico. Quello che occorre è che la struttura produttiva di questi Paesi diventi gradualmente omogenea con la nostra. Mi riferisco alle politiche microeconomi179


che, spesso trascurate rispetto alla macroeconomia, che si traducono in almeno tre aspetti. Bisogna fare in modo che i Paesi del bacino mediterraneo si dotino di mercati finanziari, capaci di trattenere il risparmio localmente generato. Secondo, la mancanza di adeguate strutture finanziarie scoraggia gli investimenti diretti all'estero. Se sono un imprenditore italiano, difficilmente vado ad investire in Algeria, in Tunisia, in Marocco. Un altro elemento riguarda le forme per promuovere l'imprenditorialità privata. Il 60 degli investimenti in questi Paesi è fatto dallo Stato. Occorre quindi fare in modo che questi Paesi sviluppino dei mercati che siano omogenei ai nostri. Non si può pensare di creare un vero e proprio dialogo con loro se nei Paesi europei si va verso la privatizzazione e la liberalizzazione, e lì invece rimane la tendenza verso forme neo-statalistiche di governo dell'economia. Se non omogeneizziamo le strutture economiche (mercato bancario, mercato dei capitali, mercato delle merci) è chiaro che non potrà mai realizzarsi una vera e propria forma di cooperazione. I Beni Relazionali Quanto detto che relazione ha con il turismo? Sappiamo che il turismo è un bene superiore, un bene cioè la cui elasticità rispetto al reddito è superiore all'unità. In concreto ciò significa che noi consumiamo il bene che chiamiamo turismo soltanto se il reddito supera una certa soglia critica. Al di là di tale soglia, se si registra un aumento dell’l % del reddito, la domanda dei servizi turistici cresce in una proporzione maggiore. In buona sostanza, non registreremo mai il consumo del bene turistico nei primi stadi di sviluppo di un'area o di una regione, perché se una regione è povera prima deve soddisfare i suoi bisogni primari. Un'altra caratteristica del bene o prodotto turistico è che esso si configura come un bene relazionale, in inglese "relational goods". Un bene si dice relazionale quando il consumatore di quel bene presta attenzione, cioè da valore non solo al prodotto finito ma anche al processo che è servito per ottenere quel prodotto. Un'automobile non è un bene relazionale, perché se io ne ho bisogno non mi preoccupo di come è stata prodotta ma delle sue caratteristiche di velocità, di sicurezza e di consumo. Dire che il turismo è un bene relazionale vuoi dire che il turista non è interessato solo ad avere la camera bella e pulita, ma soprattutto al modo in cui quel servizio turistico gli viene offerto. Tanto è vero che in quelle regioni e in quelle aree in cui il turismo è stato interpretato unicamente come bene privato, non c'è stato sviluppo sostenibile. La spiegazione è ovvia: il turista dopo una prima visita non torna più volentieri laddove non risulta soddisfatta la sua domanda di relazionalità. 180


In questi anni caratterizzati dalla globalizzazione, un effetto che si è prodotto è la deterritorializzazione: la città scompare, cioè diventa un mercato, un luogo di scambi, di un tipo o dell'altro. La deterritorializzazione rischia di annullare le tradizioni dei diversi Paesi, rischia di appiattire i diversi stili di vita. Turismo e Territorio II turismo è ormai l'ultima attività legata al territorio. Ecco perché è una variabile strategica da valorizzare. È riduttivo pensare al turismo come a un'attività solamente economica. E sempre più forte l'esigenza di dover restituire la città alla sua vocazione originaria, e cioè luogo per eccellenza dell'incontro tra persone. Per troppo tempo la città nell'età moderna è stata considerata il luogo dell'anonimato, dello scambio di equivalenti. Occorre invece saper costruire e ripensare delle cittàcomunità, che siano in grado di salvare l'esigenza di rapporti interpersonali profondi nell'epoca della globalizzazione. La città è sempre stata aperta all'altro, al forestiero. La città del Duemila, se vorremo salvare la nostra civiltà, non potrà non essere una città di comunione delle diversità. Il turismo è magna pars in tutto ciò. Un politico non può trascurare queste considerazioni, perché a poco serve vedere il PIL aumentare di giorno in giorno e la qualità della vita peggiorare ogni giorno di più. Perché questa capacità di ricostruire radici e di mettere in rete le persone tipica del turismo si realizzi, è necessario soddisfare una condizione a priori: che si creino distretti turistici che mettano insieme cooperazione e competizione, facendole interagire in maniera dinamica. Dai miei ricordi di infanzia a Rimini emerge che già da allora esisteva una rete ci collaborazione tra albergatori: invece che concorrere l'uno contro l'altro si aiutavano a vicenda, mandandosi i clienti che non potevano ospitare, a tutto vantaggio del turista, che così rimaneva nella zona prescelta per trascorrervi le vacanze. Concludendo: ho accolto con molto favore il progetto dell'Arces che prevede la realizzazione dell'Alta Scuola di turismo e dell'ambiente, a cui auguro molto successo. Con una condizione: che per ambiente non si intenda solo quello naturale, ma soprattutto quello umano. Auspico che il turismo possa oggi giocare un ruolo fondamentale di ricucitura dei nessi di reciprocità tra le persone e di riscoperta delle proprie radici.

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RADICI E TURISMO RELAZIONALE. Nicola Giuliano Leone207

Partirono per l’isola. Era giorno appena fatto e si stendevano le prime nitide ombre alla risalente luce del sole che scioglieva con lentezza il mare di caligine, aiutando a far crescere i monti oltre il profilo della nebbia mattutina. Viaggiare, conoscere altri luoghi, perché? Un mondo in attesa del giorno era in evidenza nella prima pagina del giornale che pubblicizzava la Sicilia o non si sa quali altre terre. L’attesa nella finzione era completa. La finzione di una complessità che andava crescendo ad ogni palmo guadagnato di mare, verso una meta non importa quale, purché meta. Si rifletteva così in quella assenza la complessità del nostro contemporaneo. Quanti contemporanei ha prodotto la storia, tutti complessi e per varie ragioni. E lì, in ciascun tempo, ognuno si è dovuto cimentare per sciogliere complessità inaspettate, per tentare una qualche semplificazione, per far tendere la difficoltà alla facilità, la molteplicità alla linearità. Un’operazione, matematica, sociale, artistica, altro, ha aiutato, perdendo forse qualcosa. Il ritorno L’isola lasciata era controllabile, quasi contabile, il perimetro intero visibile da un solo rilievo più alto degli altri, oltre il perimetro, il mutare del vento che increspa e anima l’acqua, non altro. Uomini e donne tutti conosciuti, le porte aperte, la distanza dal resto, incognita. Rocco lavora in Germania, Alfredo è tornato dal Sud Africa, troppa delinquenza, hanno liberato i bambini mercenari della Rodesia e del Congo. Non si trova bene al paese dopo essere vissuto per anni in una città di cinque milioni di abitanti. Geppina e Peter vivono in Australia e oggi sono turisti in Vietnam. Hanno avuto un altro nipote a cui hanno dato nome Jaiya. Torneranno dopo un anno. Hanno lasciato il lavoro e al ritorno ne troveranno un’altro. 207 Architetto, professore ordinario di Urbanistica, Preside della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo.

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Dal Tour ai turismi In questo mondo e negli altri, che un poco si somigliano e non tutti possono essere raccontati, c’è il turismo. Da dove viene, come si è evoluto, dove vuole andare. Ci si interroga oggi ancora di più perché il turismo genera economie per alcune realtà nazionali e regionali molto significative. Dai Grand Tour che impegnavano viaggi variabili da sei a diciotto mesi e che avevano il principale obbiettivo della scoperta e dello studio, si è passati a mete turistiche vissute per i due giorni di un fine settimana sino al massimo dei sette giorni di una intera settimana di cui l’obbiettivo principale sembra soddisfare essenzialmente le ragioni dell’evasione. Il fatto però che tale costume venga vissuto in modo diffuso ed esteso ai più svariati ceti sociali pone un interrogativo che coinvolge un giudizio complessivo sui modi di abitare oggi il territorio e sulle ragioni che spingono a definire il sostanziale rapporto con i luoghi. Identità e radicamenti Una mobilità fatta di migrazioni con spostamenti di interi popoli ha sempre accompagnato il destino dell’umanità e le sue forme di insediamento. La crescita di popolazione e la scarsa dimensione delle risorse locali ha spinto intere culture a espandersi e a trapiantarsi in altri luoghi. Il radicamento era comunque la fondamentale componente di una logica dell’occupazione del suolo che tendeva a spostare culture senza che esse prevedessero in premessa una qualsiasi modificazione della loro condizione di origine. I luoghi scelti per questo processo di colonizzazione avevano un forza identitaria anche quando venivano scelti per la fondazione di una nuova città-colonia. Non a caso i territori della Magna Grecia colonizzati dai greci somigliano ai luoghi di origine del Peloponneso o delle Isole dell’Egeo, cosi per i fenici nel Mediterraneo o per i castigliani nell’America Latina. Vi sono stati anche popoli che non riuscendo a trovare luoghi identitari che non potevano somigliare ai territori di origine, come gli egiziani dell’antico Egitto, che non sono riusciti ovvero non hanno potuto fondare nuove colonie. Non si trova, infatti, in nessun altro luogo un fiume perfettamente orientato Nord-Sud che consente di avere ad Oriente le città dei vivi e ad Occidente le città dei morti. Gli Egiziani antichi non potevano emigrare. Per questi popoli e per quelle ragioni che li identificano in uno specifico impasto di cultura, religione, economia, pur costretti alla fuga e al trapianto, il luogo era ragione di radicamento e riconoscibilità. Mettere radici è rimasta una condizione permanente della nostra società sino ad epoca moderna. Anche i grandi conflitti del passato sono condizionati da una concezione geografica si potrebbe dire geofisica del luogo. Avere lo sbocco a mare, definire il possesso di una pianura, difendere i confini, ha accompagnato da sempre questo modo di intendere il luogo come appartenenza e se si vuole come continui184


tà di una comunità nell’appartenenza ad territorio e viceversa come identità di un territorio in quanto qualificato dall’appartenenza. Questo è stato per molti paesi del Mediterraneo, che hanno conosciuto una storia radicata e raccontata più lunga, motivo di prestigio e di accentuazione attraverso la moltiplicazione dei processi identitari. Dalle Città Stato, raramente alleate più per difendersi, con alterne vicende, dai grandi imperi d’Oriente, sino alle grandi migrazioni che a ondate, in epoca moderna e contemporanea, hanno contraddistinto i modi dell’insediamento umano, ogni piccolo centro dell’Europa mediterranea, ha conservato e sviluppato, anche durante la pax romana, una sua storia identitaria che ne trascriveva orgogli e ragioni di occupazioni di suolo. Radicamento significava anche una economia definita dai perimetri locali dove la sopravvivenza era affidata alle produzioni indigene a cui si aggiungevano, con alterne vicende, propositi e imprevisti, beni fondati sullo scambio, sempre entro perimetri limitati e spesso attraverso conoscenze consolidate. Dall’età della Polis all’età dei grandi regni la regola era sempre quella. Anche un grande regno consentiva consumi più facili dei beni prodotti all’interno. In questo universo delle identità locali il viaggio era curiosità e mercanzia. Manifestava la ricerca del diverso da se e ne approfittava per lo scambio. I luoghi si tingevano di mistero, non solo perché incomprensibili e stravaganti, ma perché portatori di messaggi, insegnamenti e prodotti da decodificare con parametri diversi dagli occhi e dall’anima dei viaggiatori che li guardavano. I luoghi erano metafore di altre civiltà a cui ci si accostava con l’attenzione per regole non scritte ma che tutti rispettavano perché necessarie per la propria incolumità. Da Pausania il Periegeta (II sec. d.C.) che, forse ispirato da Adriano, compone la sua Hellàdos Perièghesis (Guida della Grecia), a Marco Polo (XIII sec.), che con Le divisament dou monde ( Il Milione) scritto con l’aiuto di Rustichello da Pisa, cantore delle gesta di Re Artù, apre ai misteri d’Oriente spingendo Colombo ad altri possibili itinerari, sino alle nostre contemporanee guide del Touring Club, la necessità di comprendere le storie specifiche dei luoghi, delle loro popolazioni e della loro cultura, dimostra l’incredibile forza delle differenze: tutto è tuo ma ben poco ti appartiene. In una realtà dove il viaggio e lo scambio sono fondati su forme di insediamento stanziale permanente e dove le economie della produzione locale sono strettamente connesse alle economie di mercato, l’appartenenza ad un territorio genera una esaltazione identitaria dei luoghi, sia che essi si conservino ancora naturali, sia che vengano artificiati dall’intervento umano. Le città si distinguono l’una dalle altre. Aderiscono alla terra su cui poggiano e sono fatte delle pietre, del legno, della stessa argilla che trovano sul suo territorio. Solo alcuni edifici d’eccezione o parti di essi vengono istoriati con materiali rari, per questo formano architetture d’eccezione. Il contadino radi185


cato si sposa con la terra, la conosce e la coltiva nel rispetto delle sue regole. Se non facesse così la terra prima o poi gli si rivolterebbe contro inaridendosi. Non c’e stato bisogno di parchi e riserve fin quando le economie radicate hanno generato ricchezza dal lavoro sul territorio degli stessi abitanti e le regole del mercato e della produzione hanno implicitamente rispettato questi valori. Oltre i luoghi? Il vento della prima rivoluzione industriale ha generato nel tempo il bisogno dell’evasione. Una prima grande rivoluzione di costumi si è attivata. Il lavoro non appartiene più al territorio ma all’impresa. Grandi masse di popolazione si spostano cercando lavoro oltre i confini dei paesi e degli Stati. Man mano non si appartiene più ad un territorio oppure ad un borgo, o ancora ad una città, ma ad un’azienda. Le case si mettono in fila, tutte eguali, in attesa di essere abitate dopo le ore di lavoro, quando ce l’hanno, come i loro abitanti in fila per essere chiamati a lavorare. Nascono luoghi astratti condizionati dalla presenza della macchina, artificiati in serie multiple, condizionati da condomini industrializzati nella ripetizione dei materiali e delle forme. Le radici che formano le antiche identità si sgretolano sotto l’urto dell’abbandono, così i vecchi testi scritti dai paesaggi del lavoro radicato perdono la memoria delle ragioni che li hanno generati. Su di loro piomba la voglia del profitto, retto più che da un effettivo beneficio, dal diffondersi dell’ignoranza di una effettiva cultura sociale dell’ambiente. Tutto ciò aiutato comunque dal crescere di un mercato che poggia su di un bisogno marginale suggerito proprio dalla natura della società industriale. Le alte densità urbane e l’evidente perdita delle antiche radici che collegavano popoli e territori spinge ad una cultura fittizia del rapporto con le origini che si trasforma in seconde case. Territorio e radici mutano da continuità di un rapporto familiare, al possesso personale di un luogo che si ricompone come memoria fittizia di una dimensione perduta. La vita vi viene ricostruita in una dimensione che interessa alcuni limitati periodi dell’anno e rappresenta il sogno di un ritorno alle origini che riesce a coinvolgere il tempo dopo il lavoro e persino la vita sdoppiata nell’età della pensione. Non-luoghi, disarcionamenti, alienazioni Il periodo della rivoluzione industriale, così come si presentava nei suoi anni disordinati ed eroici, sembra essersi concluso, anche se la storia conserva tutto, seguendo il principio che, pure nelle vicende sociali, nulla si crea e nulla si distrugge. Riemergono dalle nebbie del passato antichi rancori, emarginazioni mal vissute, complessi di colpa, tentazioni di superiorità. Contemporaneamente, in parti diverse del mondo, convivono assieme alla modernità epoche differenti: feudalesimi medioevali, tribalità dell’età della pietra, arcaici municipali186


smi, sfruttamenti paleocapitalistici, ecc. Complessivamente l’epoca contemporanea, nei luoghi in cui appare più evoluta, manifesta la sua multiforme condizione nel diffuso sradicamento, ovvero nella progressiva perdita di appartenenza ad un territorio e ad una condizione che consenta di credere in una continuità di radicamento durevole nel tempo. Il restringersi del nucleo familiare, la voglia di autonomia dei giovani, si inseriscono in questo percorso dove il senso delle radici viene sconvolto e rinnovato dagli eventi di una vita proiettata verso forme relazionali nuove e mutevoli. Il diffondersi di questa condizione di precarietà sembra essersi accentuata attraverso il crescere delle capacità di comunicazione tra realtà differenti. Emerge una condizione diffusa di ricerca delle radici senza più obbiettivi specifici e storie personalizzate fatta di una curiosa universalità senza appartenenze. I luoghi delle città diventano non luoghi. Perdono identità omologandosi nelle catene dei supermercati, delle ristorazioni, dei negozi alla moda, dei supercinema. Gli stessi luoghi della storia vengono travolti dall’immagine che si riproduce di essi, diventano dei superluoghi, dove si smaterializzano i contenuti di cui sono impastati per origine. Eppure in questa articolata e composita realtà si diffondono interrogativi più ampi che non vanno confusi con la ricerca delle radici, ma comunque a questo bisogno si collegano. Il turismo culturale ne rappresenta una forma, ma esso non basta e non esaurisce, nei modi in cui è trattato, il bisogno. La storia costruita e radicata al suolo o appartenente comunque ad un territorio in un sistema di beni culturali catalogati, interpretati, rivissuti nel racconto degli eventi che li hanno generati, relazionati ad altri eventi analoghi o differenti, costituisce il primo impegnativo gioco della comprensione che può alimentare la prospettiva della identificazione partecipata, quasi a rigenerare un riflesso di quello che, per proiezione nel passato, si è o si potrebbe essere. L’esplosione di un turismo misto, dove la ricerca di cultura, di costumi, di benefici fisici si declinano assieme, quasi in una sfida antropologica complessiva, si va affacciando come ulteriore maturazione di questa richiesta di risposte ad interrogativi che superano il localismo per alimentarsi della dimensione locale come risorsa. Credo che da questo derivi la cultura di un turismo relazionale che utilizza le risorse radicate come proposizione di un’origine e di un radicamento non più rintracciabile nella cultura del proprio paese disperso e diverso, ma che vive nell’animo delle persone come rispetto di quanto in ogni paese c’è cosa che ci riguarda, perché, per analogia o differenza, ogni paese dice anche a coloro che viaggiano chi sono.

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Ospitalità innovative come strumenti per avviare processi identitari Su questa nuova cultura del turismo possono poggiare molte cose che possono essere declinate con interventi ben diversi da quelli del passato. Entrare in relazione con gli uomini e le cose, con i fatti che la natura e la storia ci propongono, significa ricostruire un rapporto con i luoghi e darsi regole differenti di comprensione del fenomeno e di conseguente costruzione dell’offerta di ospitalità. La consapevolezza di un concatenamento della storia e del suo permanere sul territorio non consente di avere un modello esportabile se non di tipo organizzativo e comunque di carattere sperimentale. Le dimensioni dell’offerta turistica Ogni territorio ha una dimensione specifica dell’insediamento umano che non andrebbe contraddetto in particolare per quanto attiene l’offerta turistica. Ciò può generare una forma organizzativa ripetibile che costituisce più che un modello, un metodo. Se si assume infatti ad esempio la Sicilia ci si accorge che la dimensione dell’ospitalità è rappresentata da 1.405 esercizi ricettivi di cui 868 sono formati da alberghi e 537 da esercizi complementari con un rapporto di posti letto che conferma la stessa costante con 78.227 posti letto in alberghi e 48.490 posti letto in esercizi complementari, ovvero con una media comune di circa 90 posti letto per struttura. Se si prende invece come esempio l’Umbria la media dei posti letto degli alberghi (49) è quasi il doppio della media dei posti letto nelle strutture complementari (25), mentre gli esercizi delle strutture complementari è circa tre volte il numero degli alberghi. Infine in Calabria la media dei posti letto degli alberghi è tra le più alte d’Italia (97) e la media dei posti letto per le strutture complementari raggiunge la dimensione incredibile di circa 397 posti letto. Queste tre diverse misure dimostrano come le tre regioni in esame posseggono una dimensione diversa dell’ospitalità. Se si considera che i dati sulla realtà alberghiera sono fortemente condizionati dalle allocazioni in aree urbane, si può asserire che la Sicilia non esprime una politica significativa nel rapporto tra i sistemi alberghieri ed extra alberghieri, mentre l’Umbria è fortemente condizionata da una dimensione di piccole imprese in particolare diffuse in realtà territoriali fatta anche di piccoli e medi centri e la Calabria è fortemente condizionata dalla forte presenza di strutture ricettive definite da grandi villaggi turistici che concentrano il maggiore numero di posti letto. Se contemporaneamente si fa riferimento alla natura specifica dell’insediamento umano storico delle tre regioni si comprende che le scelte che hanno condizionato l’offerta turistica corrisponde solo in parte alle potenzialità che questi territori esprimono. 188


Conclusioni Sia l’Umbria che la Calabria non posseggono grandi città, ma un tessuto di centri variamente significativi. In Calabria prevalgono ancora feudi di dimensioni molto estese con forme insediative puntuali e rade. In Umbria prevale una struttura proprietaria più munita con un insediamento agricolo storicamente più diffuso. La Sicilia è invece terra di città e per le sue complesse articolazioni territoriali è anche una realtà dove gli insediamenti stanziali agricoli sono particolarmente diffusi e generatori di tipologie complesse e suscettive di forme di abitabilità molto interessanti. Bagli, villaggi agricoli delle varie riforme, masserie, case soprane, rifugi, il territorio respira ancora questa incredibile dimensione che descrive i molteplici rapporti tra la terra e l’uomo, oggi non più praticati ma ancora presenti nelle forme costruite. L’attenzione per l’ambiente ha saggiamente limitato l’appetito verso costruzioni nuove diffuse in luoghi dai principi naturali delicati e sicuramente da rispettare. Per la Calabria il ciclo dei grandi villaggi turistici è finito e deve sicuramente puntare verso la valorizzazione dei numerosi centri minori che sono recuperabili solo in chiave di prevalente insediamento turistico. L’Umbria, per la sua storia e la sua collocazione geografica ha trovato un suo equilibrio in un rapporto conviviale che offre territorio e piccoli centri come risorsa imprescindibile di una realtà locale. La Sicilia non può sperare in grandi interventi alberghieri senza cadere nelle stesse contraddizioni in cui oggi versa la Calabria accentuando di fatto forme coloniali di sfruttamento del territorio.Rimane solo la possibilità di valorizzazione del patrimonio edilizio già esistente ed orami in grave stato di abbandono. Se questo principio fondato sul recupero della storia e quindi del già costruito si incontra con una specifica capacità di porre in relazione la nuova domanda di un turismo che chiede identità e modi complessivi di esporre le ragioni della domanda di radici disperse, allora il confronto tra le differenze riuscirà ad avvicinare popolazioni diverse e fornirà un seme di pace a chi gira il mondo per saperne di più e non per sedurre o conquistare il prossimo. L’isola usciva dalla nebbia come da una finzione di carta stampata e il territorio acquistava corpo nelle forme interne al perimetro dei suoi confini. Le forme prendevano materia nella luce di un sole capace di incidere nelle pieghe con ombre e luci decise. Bisognava tuffarsi in quel mare. Non nella piscina lì di fianco per provare l’acqua e la pelle. Non importa dove è Alfredo o Geppina. Non importa cose succede nelle altre parti del mondo. Non posso essere in tutti i luoghi. Non posso conoscere tutto. Forse nemmeno serve.

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LE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE (ICT) A SERVIZIO DEL TURISMO RELAZIONALE. Stefano Riva Sanseverino208

Introduzione Nella veloce transizione in atto dalla Società Industriale alla Società dell’Informazione, le risorse che giocano un ruolo specifico e strategico per lo sviluppo della Società attuale, si identificano nell’Informazione e nella Conoscenza. Quest'area, che comprende le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT – Information and Communication Technology), ha ampliato e sta ampliando enormemente la capacità dell’uomo di produrre, trasmettere, elaborare ed immagazzinare informazione e conoscenza. A testimonianza di questa velocissima espansione, l’Università della California di Berkeley ha di recente stimato che soltanto nel 2002 sono stati prodotti circa 5 esabyte di nuova informazione (cioè 5 mila milioni di miliardi di byte), approssimativamente equivalenti al contenuto informativo di tutte le parole pronunciate da tutti gli esseri umani vissuti nella storia. Le previsioni per gli anni futuri stimano che il volume di informazioni trasferite in forma elettronica (radio, TV, telefonia sia fissa che mobile, Internet) sia destinato a crescere ulteriormente con la diffusione di nuovi sistemi ed applicazioni, dalla domotica agli edifici intelligenti, dalla infomobilità alle etichette elettroniche associate ai prodotti che si trovano nei negozi e nei supermercati, (ecc.). Si consideri inoltre che il mercato nel settore delle ICT, che a livello mondiale nel 2003 ha raggiunto circa i 2000 miliardi di Euro, con una crescita di oltre 3 punti percentuali rispetto l’anno precedente nonostante il difficile periodo dell’economia internazionale, è destinato a continuare la sua crescita che lo ha portato a decuplicare i propri volumi negli ultimi 25 anni. Questa situazione di 208 Professore ordinario di Elettronica nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo e Presidente del Centro per la Ricerca Elettronica in Sicilia, CRES di Monreale.

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grande fermento spiega la priorità che molti Paesi avanzati e la Unione Europea in particolare, attribuiscono all’incremento delle conoscenze e delle applicazioni nel settore dell’ICT, che è considerato strategico per lo sviluppo economico, sociale, scientifico e tecnologico della società. Inoltre oggi si avverte con sempre maggiore intensità l’esigenza di conoscere e di comunicare, in una società sempre più complessa, con problemi nuovi, sia per estensione territoriale sia per tipologia, e con una dinamica di sviluppo per molti versi difficilmente prevedibile. Alcuni esempi di nuovi problemi che sono sorti recentemente, che richiedono un maggiore sforzo di conoscenza, di riflessione e di ricerca e che certamente hanno trovato impreparati gli studiosi e gli scienziati di oggi, possono identificarsi nei seguenti eventi: - lo scoppio della SARS, - i cambiamenti climatici sempre più frequenti, - il maggior bisogno di sicurezza (fisica, ambientale, alimentare, o anche chiamata biosicurezza), - il verificarsi del blackout elettrico in Italia nel settembre 2003, - il terrorismo internazionale, e non v’è dubbio che l’informazione, la conoscenza e la ricerca possono contribuire alla loro soluzione e, di conseguenza, sia a migliorare la qualità della vita dell’uomo, sia a considerare la possibilità di creare di lavori “nuovi”. Con riferimento alla situazione italiana, il crescente bisogno di conoscere e di comunicare dell’uomo moderno è testimoniato in tutta evidenza da alcuni indicatori: - il numero di linee attive per telefonia mobile ha raggiunto nel 2003 la considerevole cifra di circa 54 milioni, - gli accessi ad Internet sono in continuo aumento: in Italia gli utenti di Internet sono circa 20 milioni e 1,7 milioni gli utenti con accesso ad Internet veloce (tipo ADSL), sempre alla fine del 2003; - il traffico di informazioni di qualunque tipo sulla rete cresce con ritmo esponenziale; - il contributo delle ICT al PIL è in continuo aumento; si pensi che negli USA nel 2000 è arrivato a generare l’8% dell’intero PIL degli USA. La possibilità di disporre di informazioni in modo rapido e preciso, in qualsiasi istante ed in qualsiasi posto in cui ci si trovi, richiede anche un adeguato sviluppo delle reti di telecomunicazioni (TLC) e dei servizi che sulle reti vengono resi disponibili; la necessità poi del trattamento elettronico dei dati e l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei più svariati settori è anche evidenziato linguisticamente dal sempre maggior uso della lettera “e” davanti al termine che specifica la determinata attività. Ad esempio si citano sempre più frequentemente: 192


e – mail e – books e – learning e – health e – business e – government o e – governance ed addirittura, per intendere la necessità di un impiego sempre più esteso a livello europeo, si parla di e – Europe. Infine, il mondo immateriale che ospita tutto questo, è, naturalmente, l’eworld ! Ma per il futuro non è sufficiente disporre delle reti di TLC di tipo tradizionale, ma, per rispondere alla crescente domanda di conoscenza e quindi di flussi informativi, sarà necessario sviluppare le infrastrutture a larga banda (fibra ottica) in modo che lo scambio di informazioni, sopratutto quelle che si riferiscono alla trasmissione di immagini in movimento e che richiedono bande estese, non venga penalizzato dalla bassa capacità di trasporto della rete. 1. Le nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) ed il Turismo Relazionale Il legame fra le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione ed il Turismo Relazionale va ricercato nelle caratteristiche di trasversalità e di pervasività che la infrastruttura tecnologica di comunicazione possiede, sia con riferimento all’hardware, sia con riferimento al software; soprattutto queste caratteristiche sono quelle che consentono la realizzazione di quelle forti intersezioni con le tematiche proprie del Turismo Relazionale, dove la conoscenza diretta dei luoghi si può e si deve arricchire della conoscenza della loro storia, del loro patrimonio artistico, delle loro tradizioni e dei loro costumi, dell’ambiente, dei mestieri artigiani e delle produzioni locali. Ma questa conoscenza va integrata con la lettura del tessuto dei piccoli centri urbani, delle loro aggregazioni, dei loro piccoli ma caratteristici Centri Storici, dei bagli, luoghi nei quali si mettevano in comune le proprie conoscenze e le proprie esperienze, che venivano messe in rete ancor prima che esistessero le città cablate! Le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione pertanto possono costituire uno strumento formidabile per la produzione, integrazione, valorizzazione e distribuzione di queste conoscenze su cui si appoggia il Turismo Relazionale. Nell’economia della Conoscenza che sta alla base della attuale Società dell’Informazione, occorre utilizzare al meglio la fantasia, la creatività, la cultura e la capacità di integrare conoscenze diverse. E’ necessario sottolineare che l’uomo di oggi non può essere soltanto consumatore di informazione e di conoscenza, ma ha anche il dovere di utilizzare le nuove tecnologie che gli 193


vengono messe a disposizione per essere produttore di nuove conoscenze e di nuove informazioni. Ed in questo senso occorre assolutamente evitare che il processo di globalizzazione della conoscenza, legata soltanto a condizioni di consumo, si traduca in una forma di colonizzazione delle culture. Le economie locali ed in particolare quelle dei tanti meravigliosi piccoli centri abitati della Sicilia, devono sapersi attrezzare in modo da trovare il giusto equilibrio tra consumo di conoscenza e produzione della stessa. Tutto questo è oggi possibile realizzare utilizzando l’accesso alla “rete delle reti” e cioè ad Internet, che deve servire in una nuova ottica, non soltanto per raccogliere informazioni e conoscenze, ma soprattutto per diffondere nuove informazioni e nuove conoscenze; questa è la caratteristica fondamentale di Internet, quella cioè di essere insieme una risorsa informativa ma anche un luogo di interazione culturale, sociale ed economica. 2. Il Distretto di Turismo Relazionale. Il Turismo Relazionale si basa operativamente sui Distretti di Turismo Relazionale che sono definiti come aree in cui le aziende presenti hanno raggiunto una dimensione ed un livello di organizzazione interna tale da generare vantaggi economici nella competizione del mercato, soprattutto mettendo a valore il complesso delle reti relazionali che si sono istaurate nel tempo. L’accesso ai Distretti è assicurato attraverso le “Porte di Distretto” (vedi fig.1), che possono essere porte immateriali o “Portali” cui spetta il ruolo di gestire ed espandere il sistema di relazioni esistenti, metterle in rete ed assumere quindi il ruolo di “Mixer del prodotto turistico”, dando luogo in definitiva ad un nodo di una rete di architettura più complessa e più estesa, che può ben definirsi come “Sistema Integrato di Turismo Relazionale”. Da quanto sopra il Distretto di Turismo Relazionale è ben distinto dal più conosciuto “Distretto Industriale”, che si caratterizza per la presenza di una elevata concentrazione di imprese industriali (rapporto tra numero di imprese e popolazione residente), per attività produttive di una stessa specializzazione (rapporto tra numero di addetti nell’attività di specializzazione e totale degli addetti nell’industria manifatturiera) ed operante in un sistema territoriale limitato geograficamente. Infatti nei distretti industriali più noti (ad esempio, il tessile di Prato, le ceramiche di Sassuolo o i mobili di Matera) tutto ruota attorno alla produzione di oggetti specifici. Nel Distretto di Turismo Relazionale, invece, tutto ruota attorno alle risorse “conoscenza”, “tradizioni”, “beni culturali” e “produzioni agroalimentari ed artigianali”, dove l’obiettivo non è tanto quello di produrre oggetti, ma quello di produrre nuova conoscenza ed organizzarla per attrarre turismo di qualità. La transizione è dalla qualità del prodotto alla qualità dell’offerta turistica, attraverso un sistema integrato di conoscenze. Sotto un certo aspetto le reti di 194


comunicazione e le banche dati relazionali su cui si appoggiano i Distretti di Turismo Relazionale, oltre a dare la possibilità di stabilire sinergie con una molteplicità di soggetti, superano la connotazione strettamente geografica, per proiettarla su un percorso storico-artistico-agricolo-artigianale che può toccare vari territori. Punto in comune tra le due tipologie di Distretto è dato dalla logica collaborativa fra le aziende presenti, con un ruolo rilevante ricoperto dalle infrastrutture di trasporto e di servizio (reti non solo di comunicazione – telefonia fissa e mobile, radio, satelliti e fibre ottiche – ma anche reti idriche, di energia elettrica, metano, etc..), dagli operatori della logistica per la fornitura di materie prime e dal sistema finanziario. Fra i fattori di successo che accomunano entrambe le tipologie di Distretto si possono citare: • la capacità di rispondere con grande tempismo e flessibilità ad una domanda spesso indeterminata e molto variabile; • la professionalità diffusa degli operatori; • gli investimenti continui sulla qualità dei processi produttivi di nuove conoscenze e sulle più efficienti modalità di diffusione e di distribuzione delle stesse (siti WEB); • una spiccata specializzazione per ogni singola attività. 3. Gli attuali scenari che caratterizzano le ICT Il tema delle nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione nelle aziende va però considerato alla luce delle discontinuità che caratterizzano gli attuali scenari e precisamente si osserva che: 1) cambiano i contenuti ed il profilo della domanda e si modifica il valore d’uso delle tecnologie nelle imprese e nei sistemi a rete; 2) il sistema dell’offerta subisce un processo di riconcentrazione sia a monte che a valle; Mutano gli assetti del mercato ICT ed i suoi modelli di crescita. Pertanto è necessario valutare prima di tutto se, in quale misura e con quali modalità, le nuove Tecnologie ICT possano influenzare un sistema territoriale. Nella situazione italiana è incontestabile che i sistemi territoriali caratterizzati da un tessuto di imprese utilizzatrici di nuove tecnologie, registrano differenziali positivi di crescita. In secondo luogo, il divario di sviluppo fra aree territoriali dipende in buona misura non tanto dalla dotazione tecnologica di cui dispongono le imprese, quanto dalla loro capacità di utilizzare le tecnologie in modo strategico, come leva per la creazione di valore. La dotazione tecnologica di cui oggi dispongono i Distretti di Turismo Relazionale ipotizzabili per la Regione Sicilia appare complessivamente inadeguata, come pure insufficiente appare la disponibilità di risorse umane quantitati195


vamente e qualitativamente idonee per il raggiungimento dell’obiettivo di una nuova ed originale offerta di turismo di qualità. Per quanto riguarda il tema delle risorse umane, è emerso negli ultimi anni, ma non solo per la Regione Sicilia, un’evidente difficoltà nell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro qualificato, soprattutto nel campo delle ICT. Il gap è essenzialmente dovuto ad una domanda di “professionalizzazione” che non trova riscontro nelle capacità professionali prodotte dall’attuale sistema formativo. Determinante appare, a questo proposito, il ruolo della formazione, che non può limitarsi ad interventi episodici, ma deve essere parte integrante (anche come voce di costo) delle strategie dei Distretti di Turismo Relazionale e di quelle di ogni singola azienda. La formazione deve essere considerata un investimento volto a valorizzare quel capitale umano che non solo è uno degli “asset” fondamentali del territorio, ma anche è un elemento di differenziazione competitiva; si osservi inoltre che tale capitale umano, soprattutto in Sicilia, è potenzialmente assai numeroso. Si pensi che le domande di iscrizione ai 4 Corsi di Laurea offerti dall’Università di Palermo ed afferenti alla Classe di Ingegneria dell’Informazione per l’anno accademico 2004-2005 sono state 580. Con riferimento ai servizi info-telematici, una recente indagine condotta sul territorio nazionale da ASSINFORM/Net Consulting (Assinform, 2004) indica che quelli più utilizzati dalle imprese e disponibili sulle reti tecnologiche sono, in ordine di utilizzo: - E-mail - Office Automation - ISDN - Siti WEB - Servizi di Bank-on-line Malgrado i finanziamenti pubblici volti a sostenere progetti di sperimentazione di nuovi servizi (tipo e-commerce, EDI, videoconferenza, etc..), scarsa è stata l’attenzione delle imprese verso questi nuovi servizi e quindi assai limitata la loro diffusione. Il mezzo per migliorare la comunicazione della azienda verso l’esterno, cioè la presenza di un sito WEB dell’azienda sulla rete, incontra un forte favore in quanto il sito WEB viene ormai ritenuto come lo strumento privilegiato per interagire con il territorio, con il mercato e con la catena del valore. Secondo un’indagine statistica effettuata da TEDIS (2001) in Italia nel corso del 2001, oltre il 75% delle aziende del campione hanno dichiarato che avrebbero continuato ad investire nel WEB con l’obiettivo di promuovere la collaborazione e migliorare la qualità dei contenuti presenti nel proprio sito.

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4. I supporti tecnologici Il grande vantaggio della proposta progettuale incentrata sulla realizzazione dei Distretti di Turismo Relazionale in Sicilia è che, con riferimento alla necessaria infrastruttura di comunicazione, la rete è già presente in tutto il territorio regionale. Infatti è economicamente molto più conveniente, anziché ricorrere alla troppo onerosa istallazione di LAN (Local Area Network), che è una rete limitata come estensione ad un edificio, o di MAN (Metropolitan Area Network) che è invece una rete a livello urbano, utilizzare Internet e dotare tutti gli operatori del Distretto di Turismo Relazionale di un PC con accesso ad Internet. La dotazione tecnologica viene poi completata da alcuni server destinati a supportare particolari servizi info-telematici, e dai laboratori specializzati per la realizzazione di sistemi informativi territoriali, di banche dati relazionali, di portali, di siti WEB, di editoria elettronica, di prodotti multimediali. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione a supporto di un Distretto di Turismo Relazionale richiedono una numerosa presenza di risorse umane esperte, oltre che nelle tecnologie vere e proprie, anche nei settori delle conoscenze da integrare; tra le nuove professionalità che vengono richieste dalla messa in opera di un progetto che si basa sui Distretti di Turismo Relazionale, si possono individuare: - progettisti della conoscenza; - esperti nella lettura dei Centri Storici, - esperti delle tradizioni locali; - esperti delle produzioni artigianali e delle lavorazioni agroalimentari; - psicologi cognitivi; - esperti di comunicazione audio-visiva; - grafici; - esperti di prodotti multimediali, etc.. Quanto sopra riconduce al problema, già rilevato, della forte esigenza di qualificazione delle risorse umane; tale problema si può risolvere se, insieme alla realizzazione del progetto, si proceda speditamente ad avviare la necessaria formazione di tipo trasversale che il progetto richiede. Conclusioni. Come si evince da quanto sinteticamente sopra discusso, le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione possono senza ombra di dubbio migliorare l’efficienza e la qualità della nuova offerta di un turismo consapevole ed attento ai valori presenti nel territorio. E’ anche possibile attraverso queste tecnologie promuovere le relazioni tra aziende ed enti di ricerca, pubblici e privati, con l’obiettivo molto ambizioso di trasformare il patrimonio conoscitivo acquisito in soluzioni integrate che: 197


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siano in grado di soddisfare la domanda di turismo a costi accessibili, siano esportabili in altre aree, dopo la prima fase di sperimentazione pilota, • forniscano un nuovo modello di sviluppo del relativo sistema locale, • stimolino il diffondersi di una nuova imprenditorialità, in cui la componente “immateriale” sia valorizzata insieme alla componente materiale. In conclusione, si può affermare che progetti così innovativi e di alto profilo culturale, come quello di Turismo Relazionale, andrebbero inseriti in una politica organica di sviluppo, in mancanza della quale prevarranno le spinte funzionali al business, con il proliferare di investimenti non finalizzati alla sana promozione del territorio. Riferimenti bibliografici Assinform (2004), Rapporto Assinform sul mercato ICT in Italia, Milano. Calvo M., Ciotti F., Roncaglia G., Zela M. (2003), Internet 2004. Manuale per l'uso della rete, Laterza, Bari. Riva Sanseverino S. (2003), “L’importanza del Rotary per la diffusione della cultura”, XIII Assemblea Distrettuale del 2110 Distretto del Rotary, Trapani. Riva Sanseverino S. (2003), “Conoscere e comunicare per una migliore qualità della vita”, Forum dei Rotary Club dell’Area Panormus su “Ambiente ed Energie alternative” Palermo, Sala Magna dello Steri, 22 Novembre 2003. TEDIS (2001), Rapporto sulle tecnologie di rete nei distretti, Venice International University, Venezia.

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IL SISTEMA DEI CENTRI STORICI di Teresa Cannarozzo209

Introduzione Nel Luglio 2001 il Dipartimento Citta’ e Territorio dell’Università di Palermo ha consegnato all’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana il rapporto conclusivo della ricerca “Il sistema dei centri storici” redatto tramite una convenzione stipulata tra l’Assessorato e il Dipartimento210. Il Responsabile scientifico era la Prof. Arch. Teresa Cannarozzo. Il gruppo di lavoro era composto da: Dott. Arch. Giuseppe Abbate, Sig. Fabrizio Carrera, Dott. Ing. Pietro Galioto, Dott. Arch. Nada Iannaggi, Dott. Arch. Manfredi Leone, Dott. Arch. Grazia Napoli, Dott. Arch. Paola Santino, Prof. Ing. Giuseppe Trombino. Obiettivi della ricerca Costruzione del Sistema dei centri storici della Regione Siciliana come attuazione dell’art. 1 della l. r. 70/76. Ambiti di riferimento per la ricerca sono 1) la formazione del Ptur 2) il POR 2000-2006. Le finalità specifiche erano le seguenti: 1. formazione di una graduatoria dei comuni siciliani su base provinciale e su base regionale, costruita con il metodo dell’analisi multicriteria, in attuazione dell’art. 1 della l. r. 70/76. 2. individuazione di ambiti territoriali sovracomunali di pregio, connotati dalla presenza di risorse tematiche o integrate che abbiano come poli alcuni comuni ritenuti significativi in base alla collocazione nella graduato209 Architetto, professore ordinario di urbanistica, presidente del corso di Laurea in Restauro, Recupero e Riqualificazione dell’Architettura, direttore del Dipartimento Città e Territorio, Università di Palermo. 210 Si ringraziano tutti coloro che hanno messo a disposizione della ricerca le proprie banche dati; in particolare il prof. arch. Maurizio Carta e l’ing. Ernesto Sferrazza, dirigente degli Uffici del Piano CED SIT della Provincia di Agrigento.

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ria di cui sopra, sui quali si è applicata la Swot analysis (analisi dei punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce). Nella Convenzione, infatti, si era proposto di analizzare i singoli comuni siciliani in funzione dei seguenti temi che possono costituire altrettanti punti di forza e punti di debolezza: • la qualità dei centri storici (origine storica del centro, numero e qualità delle architetture censite nelle schede CSU o rilevabili da altre fonti); • la presenza di istituzioni e attività culturali, comprese feste e manifestazioni tradizionali; • l’attività produttiva connessa all’identità culturale (artigianato tradizionale, prodotti eno-gastronomici di qualità); • i trend demografici; • le risorse storico-culturali presenti nel contesto territoriale quali la quantità e la qualità dei beni isolati diffusi nel territorio; • il patrimonio archeologico presente nel contesto territoriale; • l’esistenza di riserve naturali regionali, riserve naturali marine, siti di interesse comunitario e altre zone di interesse naturalistico e ambientale; • l’inclusione all’interno dei parchi regionali; • l’esistenza e l’estensione di vincoli paesistici (ex D.L. 490/1999), di vincoli di immodificabilità ai sensi dell’art. 5 della l. r. 15/91, di piani paesistici; • il ruolo turistico attuale e potenziale (ricettività alberghiera, agriturismo e/o turismo rurale, campeggi); • il rischio sismico; • la qualità delle infrastrutture territoriali di collegamento. Sistema operativo e sistema informativo territoriale211 Il sistema operativo di riferimento per la produzione del lavoro è l’ambiente Windows operante su piattaforme PC. La redazione dei supporti cartografici è stata realizzata attraverso l’uso di differenti sistemi informatici. L’ambiente operativo utilizzato per questo lavoro è il software Arcview GIS, sistema informativo territoriale ampiamente diffuso e pienamente compatibile con gli analoghi sistemi informativi già in uso presso l’Amministrazione Regionale. Il sistema informativo consente di visualizzare informazioni e tematismi propri della cartografia attraverso il collegamento dinamico e l’analisi di database esistenti e nuovi, strutturati nei formati propri dei software Excel e Acces, compatibili con il linguaggio Dbase IV pienamente compatibile con l’ambiente Arcview. 211 Questa parte del lavoro è stata curata dal gruppo di ricerca costituito da P. Galioto, M. Leone guidato dal prof. G. Trombino.

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Coerentemente con la natura “aperta” dei sistemi informativi territoriali, la ricerca si deve considerare un sistema aperto e implementabile nel tempo attraverso l’intersezione o l’integrazione di altri database, convergenti verso la redazione del PTUR. I temi scelti per lo svolgimento della ricerca corrispondono ad altrettante tabelle Excel che contengono i dati analitici per ogni singolo comune. Ogni tabella ha generato una carta tematica della Sicilia, stampata in scala 1/250.000, che indica la situazione dei comuni in relazione al tema specifico. Poiché non si poteva indicare graficamente la situazione di ogni singolo comune in ordine a ogni tema, si è proceduto nel modo che segue: • Studio dell’andamento dei dati di ogni singola tabella e individuazione di range significativi; • Formazione e rappresentazione cartografica di categorie omogenee di comuni in funzione dei range individuati. E’ evidente che la rappresentazione cartografica di cui sopra appiattisce e riduce le informazioni, ma allo stesso tempo consente una visione di sintesi e consente di operare rapidamente una serie di confronti di massima. Produce cioè una conoscenza imperfetta ma irrinunciabile nel campo delle discipline che ritengono indispensabile territorializzare i fenomeni, anche con qualche approssimazione. Per altri versi, la disponibilità di dati quantitativi analitici per ogni tema e per ogni singolo comune ha consentito di costruire il modello di valutazione multicriteriale in maniera molto precisa e su base matematica. Metodologia e fasi di lavoro Le fasi del lavoro sono state le seguenti: 1. Costruzione di un repertorio bibliografico articolato per argomenti (G. Abbate). 2. Regesto delle fonti. 3. Consultazione di siti internet (G. Abbate, N. Iannaggi). 4. Ricognizione generale sul tema dei centri storici tra indirizzi di tutela e strumenti urbanistici (T. Cannarozzo). 5. Riproduzione in forma cartacea e digitale delle schede CSU dei centri storici esistenti fornite dal Centro Regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali e ambientali (P. Santino). 6. Schedatura in forma cartacea e digitale dei comuni e degli ambiti territoriali comunali secondo un modello di scheda concordata con il Centro Regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali e ambientali (G. Abbate, N. Iannaggi, P. Santino).

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7. Revisione della carta base della Sicilia con l’introduzione dei confini provinciali, delle piccole isole e della tabella con le isole amministrative comunali, divise per province di appartenenza (P. Galioto). 8. Revisione e aggiornamento delle banche dati tematiche del Piano Territoriale Paesistico Regionale, riferite ai singoli comuni e costruzione delle relative carte tematiche. 9. Costruzione di nuove banche dati e redazione delle relative carte tematiche riferite ai singoli comuni in funzione dei temi selezionati. 10. Selezione e aggregazione dei temi ritenuti più significativi per la costruzione del modello di valutazione. 11. Costruzione di un modello di valutazione multicriteriale delle risorse presenti in ogni comune e formazione della graduatoria dei comuni su base provinciale e regionale, in attuazione dell’art. 1 della l. r. 70/76 (G. Napoli). 12. Individuazione di ambiti territoriali di intervento prioritario sui quali attivare politiche di sviluppo locale. 13. Applicazione della Swot analisis agli ambiti territoriali individuati. Ricognizione generale sul tema dei centri storici tra indirizzi di tutela e strumenti urbanistici Con l’elaborazione e l’approvazione delle Linee Guida del “Piano Territoriale Paesistico Regionale” (decreto assessoriale BB.CC.AA. del 21.05.1999) la Regione ha messo a fuoco con maggiore ampiezza e sistematicità il tema dell’intervento di recupero dei “Centri e nuclei storici” consolidando e ampliando l’orientamento culturale espresso succintamente nell’art. 55 della L.R.71/78 e nelle leggi speciali. Il Ptpr, infatti “individua quali centri e nuclei storici le strutture insediative aggregate storicamente consolidate delle quali occorre preservare e valorizzare le specificità storico-urbanistiche-architettoniche in stretto e inscindibile rapporto con quelle paesaggistico-ambientali”. Tale ricognizione è contenuta nella Tavola 8 “Carta dei centri e nuclei storici”, che è corredata da una legenda che illustra l’origine dei centri e una classificazioen degli insediamenti. L’origine dei centri è articolata in: • centri storici di origine antica (A) • centri storici di origine medioevale (B) • centri storici “di nuova fondazione” (C) • centri storici della ricostruzione del Val di Noto post 1693(D) • Gli insediamenti storici sono così classificati: • centri storici • nuclei storici (E) • nuclei storici generatori di sistemi complessi (F) 202


• nuclei storici a funzionalità specifica (G) • centri storici abbandonati (H) Per essi il Ptpr indica: • criteri oggettivi di perimetrazione come zone A, ai sensi del D. I. n. 1444 del 2 aprile 1968 al fine di evitare metodologie prive di fondamento scientifico; • indirizzi per la pianificazione territoriale che deve tendere a consolidare e rivalutare i ruoli storici dei centri e dei nuclei nell'ambito dell’intero sistema insediativo regionale; • indirizzi per l’attività urbanistica all’interno dei centri storici che deve essere basata sulla conservazione e valorizzazione dei caratteri spaziali, architettonici e tipologici esistenti, limitando le trasformazioni ad ambiti privi di valore storico-testimoniale o al miglioramento della qualità urbana e delle condizioni abitative. Questa nuova attenzione nei confronti del ruolo dei centri storici, espressa in maniera sistematica nel Ptpr, contribuisce a definire strategie regionali di assetto del territorio finalizzate alla conservazione e alla qualificazione del patrimonio d’interesse storico, archeologico, artistico, culturale o documentario, che sono state inserite nel corpo dei “Contributi per il Complemento di Programmazione” della Direzione Regionale dell’Urbanistica di questo Assessorato nell’ambito del POR 2000-2006. Per raggiungere le finalità di cui sopra la DRU ha elaborato anche una valutazione di massima dei costi degli interventi, tra i quali è prevista una spesa per la redazione di piani di recupero dei centri storici e per interventi articolati di carattere strategico. Per altro, si sottolinea che i programmi di intervento contenuti nel programma Agenda 2000 relativi al recupero e alla riutilizzazione del patrimonio edilizio storico sono stati criticati in sede europea per la mancanza di quadri urbanistici di riferimento. Come si evince da quanto sopra, l’intervento di recupero dei centri storici, viene finalmente promosso anche in Sicilia come obiettivo irrinunciabile e qualificante per conseguire un assetto del territorio regionale culturalmente ed economicamente aggiornato, per il quale si sollecita una adeguata attenzione da parte delle amministrazioni locali e si comincia ad assegnare risorse. Per raggiungere pienamente l’obbiettivo è necessario però aggiornare tecnicamente e culturalmente anche gli strumenti e cioè la natura e il contenuto dei piani urbanistici finalizzati al recupero dei centri storici, a partire dalla legislazione e dalla normativa esistente e in base ai nuovi indirizzi culturali espressi dalla Regione (Linee Guida del Ptpr e documenti successivi di implementazione delle stesse). 203


E’ indispensabile che il contenuto culturale del Ptpr, espresso attualmente nelle forme delle Linee Guida in maniera programmatica e descrittiva, innervi e aggiorni il contenuto dei piani urbanistici generali e attuativi. Per conseguire questo risultato, anche in assenza di sostanziali modifiche legislative, l'Assessorato regionale Territorio e Ambiente, ha emanato due circolari sulla pianificazione comunale e sul recupero dei centri storici, che, pur muovendosi nell’ambito della normativa vigente, determineranno un nuovo modo di fare i piani regolatori, privilegiando finalmente la riqualificazione urbana e il riuso del patrimonio edilizio storico. I due provvedimenti hanno l'obiettivo di utilizzare al meglio anche il contributo della pianificazione locale, che è obbligatoria per legge e soggetta a rinnovamento decennale, per pervenire anche "dal basso" al riordino e alla riqualificazione del territorio regionale, facendo appello alle responsabilità ineludibili degli amministratori locali. Ambedue le circolari veicolano un messaggio di fondo: che le scelte progettuali devono scaturire da analisi approfondite dello stato di fatto, da percorsi conoscitivi appropriati e strutturati in funzione degli gli obiettivi da raggiungere. La circolare n.2/2000 - Indirizzi per la formazione degli strumenti urbanistici generali e attuativi - sottolinea gli elementi innovativi, culturali e tecnici che devono essere contenuti nella pianificazione locale; indica le modalità di definizione delle Direttive generali che devono guidare le scelte urbanistiche; precisa i contenuti degli studi preliminari costituenti lo Schema di massima e il ruolo di tali studi nel processo di formazione dei PRG. La circolare precisa che occorre preliminarmente effettuare la ricognizione delle risorse culturali, territoriali e ambientali esistenti e provvedere agli indirizzi di tutela e valorizzazione delle stesse, sia localizzando sulle carte tali risorse, sia individuando norme tecniche che contribuiscano a precisare la tutela e le trasformazioni ammissibili. Tra le risorse territoriali da conservare e da sottoporre a un regime di tutela particolare, la circolare individua i “centri storici” e i “nuclei storici” ricadenti al di fuori dei centri urbani. Per la prima volta viene suggerito un metodo scientifico per perimetrare e classificare tali beni come zone “A”; metodo basato sull’esame delle planimetrie catastali preunitarie e post-unitarie. Può sembrare una battaglia di retroguardia, e forse lo è, perché ancora oggi bisogna convincere sindaci e amministratori che è impossibile che esistano centri urbani privi di un nucleo storico d’origine, e che l’estensione del nucleo storico è ragionevolmente identificabile al di là delle manomissioni e trasformazioni dei singoli edifici. Sul versante tecnico la circolare affronta il nodo cruciale del dimensionamento, a partire dalla verifica della piena utilizzazione del patrimonio edilizio esistente e dall’obbligo di assicurare preliminarmente il completamento delle a204


ree parzialmente urbanizzate, con l’obiettivo di ridurre al massimo il consumo ingiustificato del suolo agricolo. Il tema della previsione delle attrezzature e dei servizi di interesse locale e di interesse generale viene ancorato a una attenta analisi delle attrezzature già realizzate, all’esistenza di sedi proprie e allo stato di conservazione. Anche relativamente al fabbisogno di aree per attività produttive la circolare suggerisce una ricognizione sulle aree già infrastrutturate a tale scopo, sull’entità della domanda degli operatori economici e sulla opportunità di prevedere insediamenti consortili tra comuni confinanti. La circolare n. 3/2000 Aggiornamento dei contenuti degli strumenti urbanistici generali e attuativi per il recupero dei centri storici affronta il tema del recupero dei centri storici attraverso la costruzione di un quadro di riferimento nazionale e regionale. Da tale quadro emerge che il tema, inaugurato con la nota esperienza bolognese della fine degli anni ‘60, ha subito significative evoluzioni con la sperimentazione avviata in occasione di alcune leggi speciali: quella per Venezia (798/94), quella per i Sassi di Matera (771/86), quella emanata per la ricostruzione dopo il terremoto del 1980 (219/81). Anche in Sicilia furono emanate due leggi speciali: una per il recupero dei centri storici di Siracusa e Agrigento (legge regionale n. 70 del 1976) e una per il recupero del centro storico di Ragusa (legge regionale n. 61 del 1981). In Sicilia, sia nella legislazione speciale che nelle scarne norme contenute nella legislazione ordinaria, il recupero dei centri storici prevede il ricorso al piano particolareggiato (circolare n. 4 del 1979), strumento urbanistico complesso e costoso, del tutto poco praticato. Basti pensare che solo Siracusa e Palermo sono dotate di piani particolareggiati che coprono l’intera città storica. La circolare n. 3, in continuità con gli enunciati del PTPR, costituisce una vera e propria guida tecnica e culturale per strutturare i piani urbanistici finalizzati alla riqualificazione e al recupero. Essa individua come strumento urbanistico appropriato un piano generale comprendente la zona “A”, prevedendo l’intervento diretto e limitando l’utilizzazione dei piani particolareggiati ad aree campione o ad aree rappresentative di problematiche particolari. Data la difficoltà del tema e la poca sperimentazione effettuata, la circolare suggerisce in maniera didascalica il numero e la qualità degli elaborati da redigere, le scale di rappresentazione, le analisi da svolgere, le destinazioni d’uso compatibili con la rivitalizzazione della città storica e degli edifici. Sono inoltre da inserire le seguenti elaborazioni: • Il patrimonio edilizio storico e gli spazi inedificati dovranno essere analizzati e classificati attraverso l’analisi tipologica, che non deve essere basata sull’uso di “tipi” aprioristicamente determinati, ma su studi e indagini dirette sul “campo” relazionate alla storia e alle tradizioni locali. Al fine di faci205


litare la comprensione degli argomenti trattati, è allegata alla circolare una nota che contiene la “terminologia” e l’elenco delle “destinazioni d’uso”. • Riproduzione in forma cartacea e digitale delle schede CSU dei centri storici esistenti fornite dal Centro Regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali e ambientali • Schedatura in forma cartacea e digitale dei comuni e degli ambiti territoriali comunali secondo un modello di scheda concordata con il Centro Regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali e ambientali. Per quanto riguarda i punti di cui sopra si sottolinea che le Soprintendenze di Messina e di Catania non hanno redatto le schede CSU dei comuni di competenza. In anni più recenti le Soprintendenze di Messina e di Catania hanno proceduto alla schedatura di alcuni comuni con modelli di schede diversi dalle CSU, che non riportano informazioni simili a quelle contenute nelle schede CSU. In particolare, in provincia di Messina sono stati analizzati i comuni di Messina, Barcellona P., Basicò, Castelmola, Falcone, Furnari, Giardini Naxos, Taormina; in provincia di Catania, i comuni di Catania e Acicatena. Per quanto riguarda la provincia di Palermo, anche se manca la scheda CSU del comune di Bagheria, che è stato analizzato con un modello di scheda più recente e quella del comune di Alimena, che è incompleta, si è preferito inserire i dati relativi, anche se tratti dall’Atlante dei Beni Culturali, al fine di avere il quadro completo della provincia di Palermo. Riguardo alla provincia di Agrigento, per motivi casuali, manca la scheda CSU del comune di Porto Empedocle. Anche in questo caso si è preferito inserire i dati relativi, traendoli dall’Atlante dei Beni Culturali, per trattare in maniera completa la provincia. Inoltre nella risultano privi di architetture censite i comuni di Salaparuta, Gibellina e Montevago, perché distrutti dal terremoto del 1968. Per quanto riguarda i capoluoghi di provincia, non dotati di schede CSU, per costruire la Tavola relativa n. 1, i dati sulle architetture emergenti sono stati tratti dall’Atlante dei Beni Culturali. Censimento delle schede CSU esistenti digitalizzate

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MANCANTI

N. SCHEDE C.S.U.

N. SCHEDE C.S.U. ESISTENTI PER COMUNE

N. COMUNI PER PROVINCIA

PROVINCIA

NOTE

* Le piccole isole non sempre coincidono con i comuni

AGRIGENTO

43

41

3

Mancano: Agrigento, Porto Empedocle, Linosa*

CALTANISSETTA

22

21

1

Manca: Caltanissetta

CATANIA

58

ENNA

20

MESSINA

108

PALERM

82

81

1

Manca: Bagheria

RAGUSA

12

11

1

Manca: Ragusa

SIRACUSA

21

18

3

Mancano: Siracusa, Portopalo, Priolo Gargallo

TRAPANI

24

22

2

Mancano: Trapani, Favignana, Marettimo*, Petrosino

TOTALE

390

213

178

58 19

1

Manca: Enna

108

Individuazione di ambiti territoriali di intervento prioritario sui quali attivare politiche di sviluppo locale. Con la formazione delle due graduatorie si è raggiunto l’obiettivo principale della Convenzione che era quello di dare attuazione all’art. 1 della l. r. 70/76 e cioè di organizzare un sistema di priorità secondo cui erogare finanziamenti per il recupero dei centri storici. Dopo più di venticinque anni dall’emanazione della legge, che, pur contenendo principi fortemente innovativi, rispecchia una impostazione culturale superata dall’evoluzione del dibattito sul recupero dei centri storici, la ricerca si è posto l’obiettivo di fornire una risposta oggettiva e aggiornata al di là di interpretazioni soggettive ed estetizzanti.

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Successivamente, sulla base dello screening effettuato a scala regionale e sulla base delle graduatorie formulate si è pervenuti ad individuare alcuni ambiti territoriali di carattere sovracomunale, caratterizzati dalla compresenza di varie risorse, sui quali attivare politiche di rete finalizzate a potenziare lo sviluppo locale, mediante investimenti pubblici e privati. L’obiettivo è quello di dare un nuovo ruolo produttivo a una serie di comuni, oggettivamente ricchi di risorse culturali e naturalistiche, spesso caratterizzati da produzioni di qualità, ma non in grado di costruire intorno a tali risorse prospettive forti di sviluppo, basate sulla valorizzazione delle risorse, sull’ampliamento dei livelli di fruizione, sulla creazione o sull’incremento di attività legate al turismo, sul potenziamento e sull’incremento del mercato dei prodotti tipici. Sono stati esclusi gli ambiti territoriali già caratterizzati da ruoli turistici consolidati e quelli ricadenti all’interno di Parchi regionali, perché inseriti all’interno di enti sovracomunali, che cercano già di attivare politiche di rete tra i comuni interessati. Sono stati altresì esclusi quei comuni che gravitano direttamente su città di grande dimensione come Palermo e Catania, perché inseriti, bene o male, in reti metropolitane che ne favoriscono la vitalità. Si è guardato quindi prevalentemente verso le aree interne e verso le aree costiere di grande potenzialità, ma attualmente ancora sottoutilizzate. Uno dei problemi più gravi del sistema insediativo siciliano è infatti quello costituito dalla congestione e dalla crescita disordinata dei comuni costieri e dallo spopolamento progressivo dei comuni interni. Ancora oggi, questa ricerca tenta di fornire argomenti per contrastare tale fenomeno, che è aggravato dalla insufficienza dei collegamenti territoriali e dall’altezza sul livello del mare di molti comuni che sembrano condannati alla sparizione. A questi fini, potrebbe essere utile esplorare le possibilità di connessioni che potrebbero essere istituite da aeroporti regionali di terzo livello e da una rete di eliporti. Ogni ambito comprende più comuni confinanti, connessi dalla rete viaria e caratterizzati dalla presenza di risorse tematiche o di risorse integrate, che possono attivare sinergie di sviluppo tra più comuni e dare luogo a nuovi circuiti culturali e turistici. Si è convenuto di puntare essenzialmente sulla presenza di aree naturali protette (o da proteggere) ricadenti su diversi comuni, considerate come un elemento catalizzatore di una nuova progettualità e risolvendo eventualmente i conflitti tra la gestione delle aree protette e le comunità locali. D’altronde, la ricerca ha dimostrato che le strutture agrituristiche, di recente realizzazione, sono sorte per lo più in vicinanza delle aree di pregio ambientale e naturalistico.

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Quando è stato possibile, si è cercato di inserire nell’ambito territoriale un comune più forte, in grado di trascinare quelli meno vitali, o di sollecitare verso nuovi orizzonti, comuni omogenei poco intraprendenti. Purtroppo non è stato possibile verificare gli ambiti individuati con gli ambiti interessati da varie procedure di programmazione negoziata (Patti territoriali, Prust, etc…) e con quelli rientranti tra le previsioni dei Pit. Auspichiamo che tale verifica possa essere svolta dal Comitato Scientifico nella fase finale dei lavori del Ptur. In conclusione sono stati individuati: - cinque ambiti territoriali che ricadono nella provincia di Agrigento, - tre ambiti territoriali che ricadono nella provincia di Caltanissetta, - un ambito territoriale che ricade nella provincia di Catania, - un ambito territoriale che ricade nella provincia di Messina, - quattro ambiti territoriali che ricadono nella provincia di Palermo, - due ambiti territoriali che ricadono nella provincia di Ragusa, - tre ambiti territoriali che ricadono nella provincia di Siracusa, - tre ambiti territoriali che ricadono nella provincia di Trapani, - un ambito territoriale compreso tra la provincia di Caltanissetta e la provincia di Enna, - un ambito territoriale compreso tra la provincia di Catania e la provincia di Messina. Quest’ultimo propone il gruppo di comuni che saranno compresi nel “Parco dell’Alcantara” ai quali abbiamo aggiunto i comuni di Calatabiano, Castiglione di Sicilia, Randazzo. Come si può constatare, si è cercato di guardare prevalentemente verso le aree interne e le province meno sviluppate dal punto di vista turistico. L’individuazione degli ambiti territoriali è riportata in una apposita tavola, relativa alla individuazione degli ambiti territoriali.

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Gli ambiti territoriali di intervento prioritario, cui è stata applicata la Swot analysis sono i seguenti: • Provincia di Agrigento - Ambito AG.1 Comuni: Agrigento, Cattolica Eraclea, Montallegro, Realmonte, Siculiana. - Ambito AG.2 Comuni: Naro, Favara - Ambito AG.3 Comuni: Licata, Palma di Montechiaro -Ambito AG.4 Comuni: Caltabellotta, Sambuca di Sicilia, Sciacca - Ambito AG.5 Comuni: Bivona, Cammarata, S.Giovanni Gemini, S.Stefano di Quisquina • Provincia di Caltanissetta - Ambito CL.1 Comuni: Bompensiere, Caltanissetta, Milena, Montedoro, Riesi, Serradifalco, S.Caterina Villarmosa, Sommatino, S.Cataldo - Ambito CL.2 Comuni: Campofranco, Mussomeli, Sutera - Ambito CL.3 Comuni: Butera, Gela, Niscemi Provincia di Catania - Ambito CT.1 Comuni: Caltagirone, Grammichele, Militello Val di Catania, Mineo, Vizzini 210


• Provincia di Enna - Ambito EN.1 Comuni: Cerami, Nicosia, Sperlinga, Troina - Ambito EN.2 Comuni: Assoro, Calascibetta, Enna, Leonforte - Ambito EN.3 Comuni: Agira, Centuripe, Regalbuto • Provincia di Messina - Ambito ME.1 Comuni: Alì Superiore, Alì Terme, Fiumedinisi, Gualtieri Sicaminò, Itala, Monforte S.Giorgio, Nizza di Sicilia, S.Pier Niceto, S.Lucia del Mela, Scaletta Zanclea • Provincia di Palermo - Ambito PA.1 Comuni: Bisacquino, Campofiorito, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Corleone, Giuliana, Palazzo Adriano, Prizzi, Roccamena - Ambito PA.2 Comuni: Caccamo, Termini Imerese, Sciara - Ambito PA.3 Comuni: Altofonte, Cefalà Diana, Marineo, Piana degli Albanesi, S.Cristina Gela - Ambito PA.4 Comuni: Alia, Aliminusa, Cerda, Montemaggiore Belsito, Sclafani Bagni • Provincia di Ragusa - Ambito RG.1 Comuni: Comiso, Vittoria - Ambito RG.2 Comuni: Chiaramonte Gulfi, Ispica, Modica, Ragusa, Scicli • Provincia di Siracusa - Ambito SR.1 Comuni: Carlentini, Francofonte, Lentini - Ambito SR.2 Comuni: Buscemi, Cassaro, Ferla, Palazzolo Acreide, Sortino - Ambito SR.3 Comuni: Avola, Noto • Provincia di Trapani - Ambito TP.1 Comuni: Marsala, Paceco, Trapani - Ambito TP.2 Comuni: Calatafimi-Segesta, Salemi, Vita - Ambito TP.3 211


Comuni: Campobello di Mazara, Castelvetrano, Mazara del Vallo • Provincia di Caltanissetta - Provincia di Enna - Ambito CL-EN. Comuni: Aidone, Mazzarino, Piazza Armerina • Provincia di Catania – Provincia di Messina - Ambito CT – ME Comuni: Calatabiano, Castiglione di Sicilia, Francavilla di Sicilia, Gaggi, Giardini Naxos, Graniti, Malvagna, Mojo Alcantara, Montalbano Elicona, Motta Camastra, Randazzo, Roccella Valdemone, Taormina, Tripi.

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DALL’INTERNO DELLA SICILIA, UN NUOVO TURISMO. Carla Quartarone212

La Sicilia, nel suo insieme, dopo Roma, Venezia e Milano è considerata il territorio più «famoso» d’Italia. La notizia emergeva da un’indagine campionaria riportata dal Primo rapporto sul turismo in Sicilia (Regione Siciliana, 2001), dove si precisava che tale notorietà era dovuta alla gastronomia in primo luogo e alle valenze culturali e storiche in secondo luogo. Nell’anno 2004, come emerge da una recente tesi di dottorato213, malgrado i flussi di visitatori verso le aree meridionali e la Sicilia sia in costante incremento, la situazione non è molto cambiata. La ragione principale che motiva la scelta della Sicilia come meta di un viaggio/vacanza è il mare. È questo un dato percettivo che ha un immediato riscontro fisico e giustificativo nella rappresentazione della distribuzione sul territorio regionale delle attrezzature ricettive, dei sistemi infrastrutturali e dei servizi, compresi quelli «ludici», che definiscono le aree a maggiore attrattività turistica. Si ripropone ancora quell’immagine di un’isola a due velocità con una fascia costiera ad alta densità di sviluppo (relativo) e un’isola interna silente e in svuotamento, già annunciata da Carlo Doglio e Leonardo Urbani (1972). Anche il sistema dei parchi regionali e delle aree protette sottolinea la dicotomia, definendo fasce di compensazione del chiasso costiero che, inevitabil212 Architetto, professore ordinario di urbanistica, Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura, Facoltà di Architettura, Università di Palermo. 213 Sicilia, sviluppo turistico e territorio, Dottorato di ricerca in Pianificazione Urbana e Territoriale XVI ciclo, dottoranda: Valentina Giordano, tutors: N. G. Leone, J.P. Lozato-Giotart, Palermo, 2004.

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mente «appese» alla costa, azzerano il territorio interno deprivato sia di caratteri di eccezionalità che di fattori di rischio che ne giustifichino la protezione. Tutto questo potrebbe non essere allarmante se non fosse che si associa all’ipotesi, che si afferma sempre più, che il sostegno alle produzioni locali, in specie quelle agricole che nel mercato globale perdono sempre più competitività, deve venire dall’assunzione di un ruolo sempre più trainante della loro tipicizzazione e associazione ad un’immagine turistico/ culturale della Sicilia. Il quadro della programmazione nazionale e regionale definisce, in vari documenti e atti pubblici, il settore del turismo culturale come una linea di azione di ampia prospettiva di sviluppo. In particolare per la Sicilia, sia il Programma di sviluppo economico regionale (Regione Siciliana, 1991) sia i documenti preparatori del Piano territoriale urbanistico regionale214 definiscono il settore come azione di riqualificazione e riequilibrio del territorio anche nel rapporto tra aree costiere, con maggiori valenze di sviluppo in relazione alle sinergie di agglomerazione, e aree interne. Tali ipotesi di sviluppo vengono, di fatto, avvalorate sia nell’ambito delle Linee guida del Piano territoriale paesistico regionale (Regione Siciliana, 1996) che dai piani paesistici operanti per le isole minori e sono di fatto recepite, e non solo per obbligo di legge, dagli strumenti urbanistici comunali di recente formazione. La Sicilia possiede un patrimonio culturale, costituito da beni storicoarchitettonici e monumentali e da beni museali, cospicuo per quantità, qualità e diffusione in un territorio dalle «uniche» valenze paesaggistiche. La qualità è connessa anche alla diversificazione delle espressioni artistiche in un arco temporale molto esteso (dalla preistoria al novecento sono rappresentati in Sicilia i più importanti movimenti culturali e artistici europei), e alla presenza di espressioni significative di sincretismi culturali tra oriente e occidente, nord e sud del Mediterraneo, che pone la Sicilia, non solo fisicamente, al centro di un dovuto riconoscimento di comuni matrici storiche dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. E tuttavia, «… nonostante l’immagine complessiva della Sicilia si caratterizzi per la sua componente d’arte e culturale, l’immagine turistica è percepita dalla domanda potenziale essenzialmente come isola balneare» (Regione Siciliana, 2001). Ancora il rapporto sopra citato dice che le risorse culturali della Sicilia non sono adeguatamente potenziate, tra l’altro, per la scarsa integrazione con l’offerta turistica; il ché deriva dal basso livello dell’offerta organizzata in tale direzione, dall’assenza di una adeguata accoglienza e di servizi, compreso il trasporto pubblico, e soprattutto dalla inadeguatezza delle strutture ricettive. 214 A tal proposito si rimanda al Rapporto dal territorio 2003, Regione Sicilia, (Inu, 2003) ed al contributo di Nicola Giuliano Leone (2001).

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Si tratta, in vero, di una diagnosi precisa e severa cui segue un sistema dettagliato di indicazioni di cure che, tuttavia, non sembrano raggiungere la stessa incisività. È, infatti, sulla qualità dell’offerta e dell’accoglienza, ovverosia della comunicazione sui beni culturali e sulla qualità delle attrezzature ricettive che occorre concentrare ogni sforzo di miglioramento essendo più facilmente trainabili dal livello della domanda i miglioramenti dei servizi e dei trasporti. Viceversa sono questi ultimi che assumono il primo posto nell’ordine delle azioni suggerite dallo stesso rapporto. Parlare di miglioramento della qualità dell’offerta organizzata significa, trattando di beni culturali, entrare nel merito del significato della «valorizzazione», volendo dare anche a questo termine la sua accezione corrente di ricaduta economica ed occupazionale dell’investimento. Nel territorio la distribuzione dei valori di identità culturale è pressoché uniforme: è la valorizzazione che non è omogenea (Rizzardo, 1998). Ciò che comunemente è chiamato «valorizzazione» dei beni culturali è in realtà un processo complesso che richiede molte competenze. Ne costituiscono base e punto di partenza indispensabile la conoscenza e la ricerca, lo studio scientifico, la collocazione nel contesto culturale locale e globale; così anche la tutela e la salvaguardia, la collocazione museale, e il restauro che perseguendo la conservazione aggiungono valore al bene culturale (Quartarone, 2004). Tutte queste azioni competono ad istituzioni e figure disciplinari già codificate. Ma ciò non basta. Occorre comunicare la conoscenza per costruire il rispetto e l’attenzione per il bene, innanzitutto nelle comunità e nei territori di appartenenza, per poi rendere tale conoscenza o coscienza del valore di quel bene il più possibile diffusa. Occorre costruire intorno al bene un contesto adeguato di accoglienza, e far sì che chi ne fruisce sia immerso in tutto un sistema di notizie, odori, sapori, cultura, dialogo con un sistema di altre qualità che si trovano sul territorio e possono allo stesso modo essere conosciute e sperimentate. Occorre infine divulgare, incuriosire, rendere accessibile l’informazione di quel bene presso i viaggiatori, con una qualità del comunicare che sia adeguata al valore del bene che si intende promuovere, e al target dei fruitori che si intende attrarre. Ognuna di queste altre azioni - segmenti del processo di valorizzazione, tutti necessari, nessuno sufficiente in sé - richiede competenze specialistiche e di alto profilo professionale che solo una formazione universitaria e post universitaria può garantire intersecando saperi che tradizionalmente appartengono a discipline separate, come l’economia e la storia dell’arte e dell’architettura, la letteratura e la cultura del progetto, il design e le tecnologie telematiche, finalizzate a sviluppare le capacità di mediazione della conoscenza sui beni culturali e sul territorio e di pianificazione e 215


progettazione a livello locale di tutto il sistema di fattori che definiscono lo stare, il muoversi sul territorio e il dialogare con i soggetti che vi agiscono. Lavorare sull’offerta vuol dire sapere innescare nel cittadino di un qualsiasi altrove quella «sindrome di Cleopatra» della quale parla Lozato215 e che consiste nel sollecitare il bisogno di muoversi per andare a vedere qualcosa della quale si è sentito dire il valore. A valle occorre un riscontro che si può tradurre nella «soddisfazione» del visitatore che a sua volta innesca il fenomeno del «passa parola», il sentito dire nel dialogo interpersonale, che induce l’allargamento e la moltiplicazione dei visitatori. Giocano un ruolo significativo, nella soddisfazione del visitatore, strutture ricettive adeguate, vale a dire con una forte componente identitaria di appartenenza alla cultura del territorio che si vuole promuovere, e con una forte differenziazione dell’offerta, che a ben guardare nei territori interni siciliani, è già implicita nella diversificazione dei modi storici dell’abitare in relazione ai paesaggi. Dalle colline interne del trapanese al tavolato ibleo, esiste un cospicuo patrimonio edilizio aggregato in città, paesi e borghi o diffuso in forma di ville, case coloniche, masserie, bagli e case rurali che soffre i rischi dell’abbandono o dell’appropriazione senza impresa. Lavorare sull’adeguatezza delle strutture ricettive vuol dire costruire politiche di incentivi ed agevolazioni a sostegno della conversione di una sia pur piccola parte di questo patrimonio in strutture ricettive di piccole e medie dimensioni, organizzate in rete e adeguate allo stile di vita del turista per cultura. Questi, infatti, sia nel caso che viaggia per propria scelta intelletuale, sia che lo faccia per necessità indotta dai media (Chazaud, 1998), sia che sia mosso dal desiderio di conoscere nuove culture, sia che voglia rintracciare una parte della propria, è innanzitutto una persona che ha bisogno di sentirsi autonomo, gestore del proprio tempo, e non sempre meravigliato da cose eccezionali, bensì sempre partecipe della modestia del quotidiano (Rizzardo, op. cit.). Nelle Linee Guida del Piano paesistico regionale sono censiti in tutta la Sicilia circa 600 ville e palazzi isolati, case, e casine, 1770 bagli, masserie, fattorie e casali, 53 case coloniche, stalle e magazzini, 58 palmenti o trappeti, 682 mulini che sono per epoca di costruzione, per materiali per essenzialità di forme scaturite dalle necessità del lavoro sulla terra, parte componente dei paesaggi, e a volte chiave esplicativa del territorio cui appartengono. Sono solo quelli censiti come interessanti e, certo, sono di grandezza e disponibilità molto diverse. Ma se anche soltanto una di queste strutture per ogni comune («…il territorio del turista è sempre quello di un comune…» (Lozato-Giotart,

215 Jean Pierre Lozato-Giotart, La sindrome di Cleopatra, Conferenza tenuta presso il corso di Fondamenti di Urbanistica della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, 2003

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Balfet, 2004) fosse dedicata ad una forma speciale di ospitalità, il quadro della ricettività turistica in Sicilia muterebbe di molto. Nel territorio delle colline interne del trapanese sono in prevalenza bagli e masserie (193), a volte molto grandi, i bagli in particolare, pensati per ospitare decine di famiglie contadine, e sono distribuiti lungo nastri di strade principali o sui rilievi collinari sempre in modo che da ciascun insediamento se ne veda almeno un altro non nascosto dalle frequenti ondulazioni di colline. Sono in gran parte disabitati, perché anche l’uso temporaneo nei tempi della semina e del raccolto, è diventato superfluo. Alcuni situati ai confini con le aree costiere cominciano ad essere oggetto di recupero e occupazione come residenze stagionali. Nei territori dei venticinque comuni del Patto territoriale dell’Alto BeliceCorleonese una recente indagine (Aa.vv., 2002) censisce ben 76 tra bagli, case e masserie di interesse etno-antropologico o storico-architettonico. Qui la distribuzione territoriale è più rada in ragione della prevalenza di colture estensive e a pascolo, e gli edifici si aggregano in dimensioni da borgo, dai quali a perdita d’occhio è solo il silenzio dei campi gialli, o verdi a seconda della stagione e, in lontananza, i filari di alberi lungo le strade principali e, improvvise e possenti, le rocche calcarenitiche, che proteggono città e paesi, sono gli unici riferimenti. Nel territorio ennese, costituito da quel lembo dell’altopiano solfifero che forma il bacino superiore del Dittaino, contornato, insieme alle ultime pendici dei Nebrodi e dell’Etna, dalle cime boscose dei Monti Erei, tra infinite distese di terre coltivate a grano e a vite con pochi isolati alberi di ulivo, si contano 268 tra fattorie, case rurali e masserie. Sempre disposte ai limiti dei vari fondi coltivati, sono fatte con mattoni e blocchi di argilla, gli stessi materiali e gli stessi colori della terra che li contiene, e sono di più modeste dimensioni ma a distanze molto più ravvicinate. Ed ancora 74 sono censite nei rilievi di Lercara, Cerda e Caltavuturo e altre cento all’incirca nelle pendici dei monti Nebrodi, Peloritani e nelle Madonie. E ben 315 nei rilievi del tavolato ibleo, dove il paesaggio è dominato dalle forme piatte tabulari profondamente incise dallo scorrimento delle acque superficiali, affiancate, in specie nella parte più elevata e centrale, dalle emergenze cupoliformi delle estrusioni basaltiche, più scure e più resistenti; il sistema dei solchi scavati dalle acque disegna il territorio in grandi blocchi lobati come i petali di un fiore gigantesco, dislocati a varie altezze e bordati da scarpate e precipizi, cui si sovrappongono, in un gioco di ricorsi, le recinzioni dei terrazzamenti ottenute con le pietre bianche cavate dal dissodamento (Quartarone, 1993). Le masserie ragusane, aziende allevatrici e produttrici, sono ancora vitali, e non c’è discontinuità di paesaggio tra queste, il sistema delle recinzioni e le case accentrate nei paesi e nelle 217


città. Ma già qui cogliamo i primi sintomi di un cambiamento che sta avvenendo. In alcune città interne, in parti dei centri antichi svuotati dei loro abitanti per modelli insediativi più moderni e comodi, case piccole e poco accessibili, ma in posizioni panoramiche suggestive, e in contesti dalla morfologia a scala di pedone (e di bambino) vengono acquistate, recuperate e abitate stagionalmente da cittadini del nord Italia (così li chiamano localmente). Nello stesso tempo, una legge regionale (n. 27 del 6/4/96), che consente ai comuni di sostenere e finanziare il recupero di immobili storici da adibire a case-albergo (anche per soli due posti letto), viene utilizzata per l’adeguamento di immobili di interesse storico-artistico o etno-antropologico che possono rientrare nell’esclusivo uso privato dopo un periodo di soli dieci anni. Tutto questo avviene in assenza di una pianificazione degli interventi di recupero nei centri storici e di una guida alle trasformazioni compatibili. Alle pendici dei Nebrodi in alcuni comuni si sta perseguendo il modello del «paese albergo» anche se ancora senza chiarezza di gestione. E ciò perché, oltre al patrimonio diffuso che abbiamo enumerato, esiste anche quello dei tessuti storici reso disponibile dall’esodo degli abitanti verso la costa. Nello stesso tempo fioriscono d’ogni parte agriturismi veri o finti, sale da banchetti e discoteche in bagli e ville isolate, che se anche non sono da prendersi come esempi positivi, pure manifestano una tendenza. Qualche cosa sta cambiando. La questione è se vogliamo che questo cambiamento avvenga senza regole e senza programma, o se vogliamo che avvenga nella direzione programmata di uno sviluppo fondato sulla conservazione e messa in valore dei beni culturali a vantaggio delle comunità locali, vale a dire uno sviluppo sostenibile per il quale è necessaria una adeguata miscela di politiche, di progresso tecnologico e di coinvolgimento del tessuto sociale locale, inteso non solo come partecipazione alle scelte ma anche come condivisione dei benefici prodotti. Negli ultimi anni, in Sicilia, politiche mirate al coinvolgimento dei territori interni ed ai loro pur presenti e cospicui giacimenti di risorse culturali (siti archeologici, musei, tessuti urbani e monumenti isolati, castelli, testimonianze del lavoro,..) sono state avviate, almeno a livello programmatico. La sollecitazione (attraverso bandi di gara) verso la formazione di itinerari naturalistici mare-monti, percorsi tematici e reti (dei castelli, dei musei, dei siti archeologici,..) hanno il pregio di agganciare a luoghi «forti», già mete di flussi turistici consolidati, luoghi, da questo punto di vista, «deboli», dando principio a sporadiche linee di penetrazione di visita, che, tuttavia, non hanno la capacità di ridistribuire i pesi delle ricadute economiche e occupazionali dalla costa verso l’interno; non riusciranno, da sole, a tradurre in risorsa i silenzi dell’interno. 218


Di fatto, tali politiche vanno ancora a sostegno dell’allargamento della stagionalità dei flussi turistici a vantaggio delle strutture ricettive e dei servizi delle città e dei territori costieri. Né sono alternative le molto auspicate politiche di incremento dei posti letto mediante strutture ad alto investimento di capitali, improntate a modelli in uso nelle coste tunisine, dell’Egitto o dell’Arabia Saudita dove la disponibilità di spazio è ancora molto elevata. La geometria turistica dell’isola descrive tutt’ora linee parallele alla costa, con scarsi attraversamenti nord-sud e qualche penetrazione costa-interno e ritorno. Quanto più funzionale sarebbe praticare, viceversa, una geometria che partendo da stanzialità interne descriva petali di margherita ad abbracciare anche territori costieri. Quanti più luoghi naturali, campagne, città, paesi e borghi sarebbero inclusi in ogni petalo e quanto più suggestivo sarebbe il mare se riscoperto da un luogo interno. Riferimenti bibliografici Regione Siciliana (2001), Primo rapporto sul turismo in Sicilia, Assessorato del turismo della comunicazione e dei trasporti, Mercury s.r.l., Palermo. Doglio C., Urbani L. (1972), La fionda sicula, Il Mulino, Bologna. Regione Siciliana, (1991), Materiali per il piano regionale di sviluppo 1992-94, Direzione Regionale della Programmazione, Ente Siciliano per la promozione industriale, Palermo. Inu (2003), Rapporto dal territorio 2003. Sicilia, Milano. Leone N.G. (2001), “Verso il Piano urbanistico regionale siciliano”, in Urbanistica Informazioni, n.180. Regione Siciliana (1996), Linee guida del piano territoriale paesistico regionale, Assessorato dei Beni culturali ambientali e della Pubblica Istruzione, Palermo. Rizzardo, R. (1998), «Tourisme culturel: un élément d’aménagement du territoire», in C. Cherbuy (a cura di), Turisme et culture. Cahier Espaces 37, AFIT, Edition Touristiques européennes, S.A.R.L.-EtE, Parigi. Quartarone C. (2004) (a cura di), Beni culturali: progetto formazione lavoro. Atti del convegno internazionale Arte siculo-normanna in Sicilia: un modello di sviluppo sostenibile, Palumbo, Palermo. Pierre Chazaud, (1998), «Sociologie du tourisme culturel et stratégie marketing», in C. Cherbuy (a cura di), Turisme et culture. Cahier Espaces 37, AFIT, Edition Touristiques Européennes, S.A.R.L.-EtE, Parigi. Lozato-Giotart J.P., Balfet M. (2004), Management du tourisme. Les acteurs, les produits, les marchés et les stratégies, Pearson Education France, Paris. Aa. vv. (2002), Carta dei sentieri e del paesaggio dell’Alto Belice-Corleonese, AAPIT, Palermo. Quartarone C. (1993), “La morfologia dei siti e il grande quadro del paesaggio”, in Nuovi quaderni di Geografia umana per la Sicilia e la Calabria, Sicania.

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Il PARCO NATURALE COME OCCASIONE DI SVILUPPO. Ignazia Pinzello216

“…la Regione istituisce, nell’ambito di una politica diretta al riequilibrio territoriale, parchi e riserve naturali, per concorrere… alla salvaguardia, gestione, conservazione e difesa del paesaggio e dell’ambiente naturale,…..per la ricreazione e la cultura dei cittadini e l’uso sociale e pubblico dei beni stessi, nonché per scopi scientifici.” Così si legge nelle finalità della L.R. n.98/81 successivamente modificata ed integrata dalla L.R. n.14/88 approvata dalla Regione Sicilia. Con l’approvazione della prima legge si registra una svolta nella politica territoriale regionale ed ha inizio un lungo processo finalizzato alla conoscenza delle peculiarità dell’isola, alla sensibilizzazione della collettività, alla individuazione di nuovi scenari di assetto territoriale. L’istituzione dei Parchi naturali ha rappresentato l’occasione per coniugare lo sviluppo e la salvaguardia dell’ambiente con le attività locali, la gestione delle risorse, l’occupazione. Quanto dichiarato nelle finalità della legge mette in risalto la volontà del legislatore di considerare le aree protette ed in particolare i Parchi come aree da sottoporre non soltanto ad un regime vincolistico, quanto piuttosto ad un’occasione per la messa in valore delle peculiarità non solo naturali, ma anche delle attività e dei beni antropici che concorrono alla identità del territorio. 216 Architetto, professore ordinario di urbanistica, Dipartimento Città e Territorio, Facoltà di Architettura, Università di Palermo.

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Se non fosse riconosciuta tale importanza ed esigenza sarebbe stato sufficiente sottoporre al regime di riserva solo le aree con caratteristiche prevalentemente naturali; è prevalsa la scelta di individuare aree di maggiore dimensione che ricomprendano un territorio complesso per la ricchezza dei suoi aspetti, ma allo stesso tempo legati da un sistema di interdipendenza. L’area di Parco è certamente caratterizzata dagli aspetti ambientali e paesaggistici che per la loro rarità ne fanno un museo en plein air, soprattutto nella parte individuata come zona A o di riserva integrale, ma di esso fanno parte altre aree in cui gli aspetti paesaggistici, archeologici, storici e architettonici, sono la risultante della storia e del lavoro della collettività che ha abitato ed abita quel territorio. “Il paesaggio italiano è un continuo palinsesto di culture arcaiche e di disastri secolari, ma culture e disastri ne hanno fissato una facies che è la facies stessa del paese,…” (Capati, 2001). Il paesaggio, che è un sistema complesso, quindi viene inteso non soltanto nella accezione estetizzante, ma anche come esito delle relazioni tra uomo, natura e società. La scelta di sottoporre queste aree ad un regime di protezione trova la sua motivazione nel riconoscimento del valore dei singoli beni che strutturano il territorio ed il sistema di relazioni che li connette considerandoli come patrimonio della collettività. Gli aspetti ambientali si integrano con quelli storico culturali e le architetture presenti sono testimonianza di uno stretto rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Il Parco naturale è da considerarsi una parte del territorio “privilegiata” in cui sono ancora riconoscibili i segni del rapporto tra uomo e natura e ciò giustifica il “riguardo” per quei territori che ormai, a causa dell’accelerazione dei fenomeni di trasformazione, possono considerarsi residuali. “La chiave sta nel ri-guardare i luoghi, nel duplice senso di avere riguardo per loro e di tornare a guardarli” (Cassano, 1996). Avere “riguardo” per i luoghi significa avviare quelle azioni che ne garantiscano l’integrità, che li salvaguardino dalle trasformazioni non compatibili, che li inseriscano in un circuito di conoscenza e di crescita. In Sicilia tra questi luoghi rientrano i quattro parchi regionali (Etna, Nebrodi, Madonie e Alcantara) che, assieme alle riserve naturali, ai Siti di Interesse Comunitario e alle Zone di Protezione Speciale, ci restituiscono un sistema di aree protette a “macchia di leopardo”. Tale sistema necessita di una reinterpretazione dell’assetto complessivo del territorio concepito come un sistema di risorse da connettere in rete che comprenda anche i paesaggi agrari e le altre tipologie di beni culturali. Sarebbe un grave errore considerare il Parco o la Riserva come un’”isola” avulsa dal contesto territoriale regionale. Piuttosto queste aree si configurano 222


come “nodi” di un sistema più complesso e come volano di nuovi processi di sviluppo e di pianificazione. I Parchi istituiti sono rappresentativi dei più importanti aspetti naturali della Sicilia, ma la loro componente naturale, biotica e abiotica, è strettamente legata alla componente antropica ed insieme rappresentano punti di forza ed opportunità per l’intero sistema regionale. La componente naturale registra la presenza di emergenze geologiche di particolare rarità e rappresentatività, di emergenze botaniche e di alberi monumentali, di una biodiversità faunistica e di habitat di elevato interesse scientifico e comunque suscettibili di valorizzazione scientifica e culturale. La componente antropica è caratterizzata dalla presenza di attività agricole tradizionali che determinano un paesaggio agrario di pregio; basti pensare ai vigneti terrazzati dell’Etna, alla presenza dei beni culturali sparsi come fattorie, mulini, eremi, castelli e borghi rurali nelle Madonie e nei Nebrodi ed infine la rete di collegamenti formata da infrastrutture storiche (trazzere e tratturi) e recenti (strade di collegamento). Essi quindi, oltre ad avere un valore scientifico, hanno un valore storico, perché sono la risultante dell’attività di una popolazione, ed un valore culturale per la ricchezza di beni archeologici e architettonici. La posizione geografica dei quattro parchi regionali si configura strategica non solo per l’isola ma per l’intero bacino del Mediterraneo. A partire dalla considerazione che la Sicilia è al centro del Mediterraneo in cui, come dice Fernand Braudel, vi è “una storia accumulata in strati tanto spessi quanto quelli della storia della lontana Cina”; essa è stata crocevia di culture testimoniate dai segni stratificati e sedimentati nel territorio, che costituiscono oggi un potenziale di ricchezza. E’ certamente un nodo privilegiato di scambio commerciale, culturale ed economico. I Parchi per la loro posizione geografica si configurano come “porte” di ingresso per l’intero sistema regionale e cerniere con le aree interne dell’isola. Essi infatti sono localizzati in prossimità della costa settentrionale (Madonie e Nebrodi) e della costa orientale (Etna e Alcantara). Il sistema costa-aree interne è rafforzato non solo dal sistema naturale (fiumi e fiumare), ma anche dal sistema infrastrutturale. La messa in valore di tale potenzialità diventa occasione di rilancio di quelle aree e centri abitati che per la loro collocazione nell’interno dell’isola, per la difficoltà di collegamento, per l’assenza di attività produttive ed il declino di quelle tradizionali, registrano consistenti fenomeni di abbandono con il conseguente degrado delle strutture fisiche. Conseguenza di ciò è un progressivo isolamento ed esclusione dai circuiti di visita. L’istituzione del Parco si configura come l’occasione per il rilancio di questi territori reinserendoli nei circuiti di visita, sviluppando nuove economie attra223


verso la riscoperta del sistema culturale complessivo ed attivando interventi di riqualificazione, restauro e conservazione del patrimonio naturale ed antropico. Considerando il Parco naturale come una rilevante risorsa (scientifica, culturale, economica) occorre individuare percorsi articolati di sviluppo ed azioni integrate. Non è sufficiente prevedere nuove attrezzature, ma occorre rilanciare l’intera organizzazione territoriale interna al Parco e consolidare il rapporto che esso ha con il territorio circostante e con i centri abitati il cui territorio comunale ricade all’interno del suo perimetro. Tale rapporto va potenziato recuperando attività, funzioni e relazioni già presenti nei centri abitati; essi, ricchi di storia e di monumenti, si configurano come delle vere e proprie “porte” del Parco e questo ruolo può essere rafforzato solo se in essi vengono localizzate attrezzature di differente tipologia e funzione. Il Parco ha quindi sì una funzione di cerniera tra il sistema costiero e le aree interne, ma anche di motore di nuove economie se si mettono in moto sistemi di relazione sia interni che esterni, potenziando quelle attività che sono proprie delle realtà territoriali. Infatti non è sufficiente che il collegamento tra centri e Parco sia garantito dalla viabilità ma bisogna prevedere strutture che si integrino con quelle del Parco e/o che ne favoriscono la sua fruizione come strutture ricettive, per l’accoglienza, per la formazione, per la ricerca, per la conoscenza. Sarebbe un grave errore localizzare queste strutture soltanto all’interno del Parco, ciò contribuirebbe ad aggravare la condizione di isolamento in cui vivono soprattutto i centri abitati del versante interno. Ma se riconosciamo ad essi la funzione di “porta” da e verso il Parco è in essi che vanno localizzate molte funzioni riutilizzando il patrimonio architettonico esistente e rilanciando le attività tradizionali, oggi in declino o abbandonate, anche attraverso un’attività di formazione permanente con l’utilizzo, ove necessario, di nuove tecnologie. La loro localizzazione nei centri abitati rafforza l’importanza del rapporto tra centro abitato e Parco. Per la promozione del territorio bisogna attivare e qualificare il processo di conoscenza attraverso la realizzazione di sistemi che recuperino l’esistente e lo inseriscano in un sistema più articolato. La conoscenza del territorio è una necessità per attivare interventi adeguati per l’offerta del territorio e per una corretta gestione degli stessi. Ad attivare un “Progetto Conoscenza del Territorio” può contribuire la realizzazione del Museo del Territorio. Nei centri abitati sono presenti, spesso, musei tematici con differenti caratteristiche, ma il Museo del Territorio, inteso nell'accezione più moderna del termine, deve configurarsi come centro di ela224


borazione di studi interdisciplinari oltre che di raccolta del patrimonio delle conoscenze. L’istituzione di tale Museo non deve supporre la costruzione di un grande edificio che lo contenga, quanto piuttosto un sistema diffuso all’interno ed all’esterno del Parco che ricomprenda le strutture museali già esistenti e che diventano quindi sezioni specialistiche di un sistema complesso e articolato. Esso deve diventare un centro di educazione permanente e di ricerca scientifica che, riconnettendo in rete non solo le strutture esistenti, le aree che per l’elevato interesse scientifico sono da considerarsi dei veri e propri musei en plein air, le strutture fisiche che rappresentano la memoria di cicli di produzione di cultura materiale che non assolvono più alle funzioni originarie, ma si configurano come “contenitori” con notevoli potenzialità soprattutto per la loro permanenza nel contesto territoriale originario, racconti la storia del territorio e della sua popolazione mettendo in risalto la ricchezza ed il valore delle risorse storiche, antropologiche, naturali e naturalistiche. Il mantenimento dell’identità diventa un grande potenziale di sviluppo ed allo stesso tempo diviene elemento di attrazione e volano di economie. La conoscenza del territorio è condizione necessaria per avviare un processo di promozione delle risorse territoriali. Solo attraverso un corretto ed approfondito percorso di conoscenza la collettività si riappropria del proprio territorio in termini culturali individuando percorsi ed azioni finalizzate al suo recupero e rilancio. Ruolo importante nel processo di conoscenza è quello dell’educazione ambientale che nell’espletamento delle funzioni di formazione di comportamenti, di informazione e di educazione, trasmetta ai cittadini comportamenti adeguati nella gestione delle risorse territoriali. Al progetto di conoscenza va relazionato anche quello della formazione permanente indirizzata a creare professionalità in grado di gestire e divulgare non solo i sistemi dei beni culturali, ma tutte quelle attività tradizionali e produttive funzionali al rilancio del territorio, considerando la situazione economica del contesto e le sue potenzialità. I parchi naturali assumono quindi un ruolo importante non soltanto per la salvaguardia di ecosistemi, ma anche come motori di un rilancio economico del contesto territoriale in cui ricadono, attraverso il mantenimento delle attività produttive esistenti, il loro potenziamento ed il recupero delle attività tradizionali. Riferimenti bibliografici Bevilacqua P. (1997), Sull’utilità della storia, Donzelli, Roma. Capati M. (2001) (a cura di), Cesare Brandi. Il patrimonio insediato, Editori Riuniti, Roma.

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Cassano F. (1996), Il pensiero meridiano, Laterza Roma-Bari. Di Giovanni P. (2004) (a cura di), I beni culturali ed ambientali in Sicilia in Italia e in Europa, Anteprima, Palermo. Morelli P. (2003) (a cura di), Beni culturali e turismo nelle città d’arte italiane, FrancoAngeli, Milano.

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UN CORRIDOIO TRA LE SPONDE DEL MEDITERRANEO.217 Giuseppe Rodriquez218

Introduzione Le analisi sviluppate in questi ultimi anni inquadrano in modo complessivo le motivazioni del divario strutturale delle condizioni di sviluppo sociale ed economico del nostro meridione, ma anche di gran parte dei Paesi mediterranei, ed è proprio in questa condizione di fatto che si innesta la proposta lanciata dal gruppo di lavoro della Cattedra di Urbanistica Edoardo Caracciolo, perché in quest’area si cominci a lavorare assieme per costruire una proposta di sviluppo che abbia un comune denominatore fondato sulla comune cultura sulle stratificazioni storiche, sulla possibilità di valorizzare ai fini dell'accoglienza un enorme patrimonio paesaggistico e urbano che da anni rischia un irreversibile deterioramento. Non a caso il Colloquio Euro-Mediterraneo si è svolto a Palermo (1999) con la volontà di far riacquistare alla Sicilia funzione di centralità nell'area mediterranea, in questo caso centralità di proposta per un progetto che coinvolga tutte le partecipazioni possibili da parte dei Paesi interessati. Con questa ipotesi è necessario guardare contemporaneamente sia alle soluzioni a lungo termine che a quelle di più immediata realizzazione che servono a cementare i rapporti e a dare conseguenza concreta all'iniziativa.

217 Il pezzo è liberamente tratto dai curatori dall’intervento presentato al “Colloquio euro-mediterraneo” (Palermo 1999) e pubblicato in: il turismo come leva della cooperazione e dello sviluppo regionale nel mediterraneo, Ediun, Roma 1999. 218 Libero professionista, ingegneria civile, Messina.

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Per quelle a lungo termine appare indispensabile che non soltanto la Sicilia, ma le regioni più meridionali, chiedano che la Comunità Europea realizzi il programmato "Corridoio 8" congiungendo il Medio-Oriente ed i Balcani attraverso i territori meridionali italiani di Puglia, Molise, Calabria e Sicilia con la costa occidentale dell'Africa sino a raggiungere Gibilterra e la Spagna per richiudersi sull'asse nord-sud che attraversa la penisola iberica. In questa ipotesi il ponte sullo Stretto di Messina, oltre a dare forza alla grande struttura, diventerebbe simbolo di una centralità mediterranea a cui parteciperebbero in modo preminente la Calabria e la Sicilia. Questo corridoio deve essere previsto non come un semplice asse viario che facilita i trasporti, ma come grande attrezzatura a cui collegare, in modo unitario ed interconnesso, lo sviluppo dei territori interessati. Adeguare le strutture Non vi è dubbio che non può essere soltanto un grande asse viario a mobilitare gli scambi, ma l'intermodalità dei trasporti per cui assieme a questo vanno riqualificate e ammodernate le attrezzature portuali ed aeroportuali esistenti, perché i vettori marittimi ed aerei consentano la possibilità di collegamento tra le regioni del meridione sopramenzionate e di queste con quelle mediterranee. Avendo come prospettiva questo metaprogetto della infrastrutturazione e dei trasporti è necessario, per dare concreta proposta allo sviluppo dei rapporti nell'area mediterranea, immaginare che le strutture esistenti siano messe a profitto, promuovendo collegamenti regolari, sia marittimi che aerei, per esempio tra la Sicilia, Malta e Tunisi, in modo che si possa cominciare a proporre un'ipotesi di offerta congiunta sul mercato turistico internazionale. Per la Sicilia questo potrebbe essere l'inizio di un'inversione di tendenza che ormai la pone da diversi anni nel limite basso del mercato turistico nazionale, non essendo riuscita a superare i 2,5-3 milioni di presenze annue. Sulla condizione di stasi dello sviluppo turistico regionale possono essere espresse alcune considerazioni. La prima è di carattere psicologico, e riguarda la preoccupazione dei siciliani di aprirsi all'esterno, non considerando il turista un ospite apportatore di benessere, ma uno straniero, come per secoli è stato considerato un invasore. La seconda, connessa alla prima, consiste in una diffusa mancanza di professionalità in ambito turistico, di conoscenza delle lingue straniere e, quindi, nella poca disponibilità a cimentarsi in un ramo d'impresa di cui non si ha nella predisposizione ne la preparazione, anche se questa condizione varia dalle città ai centri minori e, fra questi, da quelli interni a quelli rivieraschi. La terza è riferita al poco interesse che l'amministrazione regionale ha attribuito allo sviluppo turistico, non soltanto per carenza legislativa (vedi la paradossale decisione di abolire le Aziende di Soggiorno e Turi228


smo privandosi, senza ragione, di strutture che hanno adempiuto alle azioni di promozione e di accoglienza e non programmando strutture migliorative), ma anche per il poco interesse a sollecitare imprese e a creare il management in un settore che potrebbe essere primario per lo sviluppo dell'isola. Questa situazione può considerarsi non del tutto negativa perché il mancato sviluppo potrebbe comportare una maggiore disponibilità ad iniziare un programma più commisurato alla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, con interventi che abbiano come protagonisti le piccole e medie imprese e che possono cimentarsi con una nuova forma di ospitalità turistica che non è quella della ricettività alberghiera stagionale, che trova nei villaggi turistici e nei mega-alberghi l'interfaccia dei grandi tour operator internazionali, ma il riuso e la riconversione di un patrimonio edilizio che ha il fascino dei centri storici e/o della casa mediterranea. Tradizioni dell'abitare che sempre di più sono venute meno nelle città e nelle megalopoli e che certamente costituiscono appagamento di un desiderio connaturato all'uomo moderno di ricercare la dimensione umana dell'abitare e del convivere, riassaporando valori e tradizioni che sono proprie della civiltà mediterranea. Il ruolo della Sicilia Così procedendo la Sicilia può esercitare il ruolo di servizio e di leadership che, per la sua collocazione geografica-mediterranea, può e deve svolgere nei confronti dei paesi frontalieri con particolare riferimento alla costa africana. Per questo sarebbe possibile la preparazione di un progetto ripetibile e adattabile secondo le caratteristiche fìsiche, storico-ambientali, antropiche e culturali dei paesi e delle singole località interessate. Questo progetto dovrebbe fare riferimento alle esperienze già maturate nel territorio siciliano negli ultimi anni per l'organizzazione di attività di tipo turistico lì dove esistevano i presupposti perché questa potesse essere considerata come aggiuntiva ad attività preesistenti legate all'agricoltura e/o alla pesca. I1 progetto dovrebbe contenere le varie ipotesi di attuazione con riferimento ai centri storici esistenti negli agglomerati urbani di Palermo, Catania, Siracusa, Trapani e in quelli diffusi nel territorio, quali i Nebrodi, le Madonie, le pendici dell'Etna, gli Iblei, che devono trovare riscontro in situazioni similari esistenti nei Paesi mediterranei oppure nelle isole minori siciliane, nelle isole dell'Egeo e nei borghi marinari sparsi lungo le coste mediterranee. Un progetto capace di contenere indicazioni, flessibili secondo il livello di partecipazione locale, sull'assistenza allo sviluppo rurale connessa all'accoglienza turistica, sulla formazione professionale, lo sviluppo delle piccole imprese, dell'artigianato, della commercializzazione dei prodotti agricoli, silvi-

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coli e della pesca, e sui servizi che garantiscano qualità nell'ospitalità, nei trasporti e nel marketing. Conclusioni Quanto elencato indica sommariamente i temi su cui discutere per acquisire un insieme di proposte fondate su esperienze già maturate da alcune comunità (siciliane, greche, turche, spagnole, francesi) che hanno già attuato una tipologia di turismo-accoglienza sostenibile, perché collegata ad attività preesistenti che in sé costituiscono motivo di attrazione per il sempre più diffuso segmento del turismo naturalistico basato anche sul rapporto di comunicazione diretta tra ospitato e ospitante, capace di trasmettere in modo immediato esperienze e culture diverse. Su questo si potrebbe basare il progetto del “paese albergo” che si differenzia parzialmente dall'altro proposto dall’Associazione Italiana Paese Albergo per evitare che una serie di iniziative fra di loro non collegate riproducano una condizione di inefficienza sia sul piano della promozione turistica che su quello dell'accoglienza. L'ipotesi del “paese albergo” è finalizzata a creare una diretta connessione e possibile sinergia tra gli operatori turistici, i vettori e i piccoli imprenditori che, organizzati con strutture centralizzate di accoglienza e di marketing, garantiscano la qualità dell'offerta commisurandola alla richiesta del mercato.

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IL TURISMO COME RISORSA NEL CONTESTO DELLE STRATEGIE MEDITERRANEE. TENDENZE E LIMITI DI UN CASO ESEMPLARE: L’EGITTO. Fabio Naselli

Introduzione Il futuro più prossimo di molti dei paesi che circondano il bacino del Mediterraneo, e l’Italia non fa eccezione, si gioca prioritariamente su tre settori alla base dello sviluppo economico “reale”: il settore agro-alimentare (prevalentemente quello di qualità alta e medio-alta)219; il settore della piccola e media impresa (con particolare riguardo all’artigianato “di tradizione”)220; la messa “in valore” del grandissimo patrimonio di beni culturali, monumentali e paesaggistici221. Ognuno di questi tre settori merita un discorso a se, in questo articolo sarà affrontata la tematica del Turismo Relazionale Integrato e l’importanza che esso riveste per l’implementazione e spesso la stessa sopravvivenza delle attività produttive legate alle caratteristiche peculiari dei luoghi e dei territori. 219 Penso soprattutto al mercato del biologico e dei prodotti di nicchia che nelle nostre Regioni hanno numerosissime opportunità, a volte uniche. 220 Con il termine “Artigianato di Tradizione” si vuole intendere una forma di artigianato che contemporaneamente miri ad un prodotto di alta qualità, collocato in una specifica connotazione storica e tradizionale nelle tecniche e nelle materie prime utilizzate nonché che abbia a cuore anche il processo culturale che accompagna la creazione e la produzione del bene. 221 Visto in chiave di promozione del prodotto storico/culturale in un’ottica di competizione internazionale dell’offerta di qualità (non và dimenticato che proprio l’Italia possiede uno dei più grandi patrimoni culturali del mondo intero).

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Verrà presa sinteticamente in esame la situazione egiziana nel tentativo di delinearne tendenze e limiti che certe forme di turismo, oggi prevalenti, presentano nei confronti delle risorse reali del paese, già comprese o ancora latenti. Questa analisi, benché sintetica, ha valore di contributo concreto alla ricerca di settore, trattandosi di un territorio e di una condizione geo-politica che per molti aspetti si può considerare esemplare in un ambito tanto omogeneo quanto disuniforme come quello mediterraneo. Questo è un libro siciliano che vuole indagare in forma esplicita la condizione mediterranea che ormai da diversi anni ho sotto osservazione. Dal 1996 abbiamo intrapreso alcuni progetti di scambio e di azione con alcune istituzioni locali ed in particolare con la Faculty of Urban and Regional Planning della Cairo University e la Faculty of Tourism and Hotel Management della Helwan University, entrambe del Cairo. Le tematiche affrontate con questi due partner, congiuntamente o separatamente a seconda dei programmi, sono quelle relative a) alla riqualificazione dei centri storici delle città mediterranee, b) alla salvaguardia della produzione locale ed in particolare delle attività artigianali di tradizione e alla loro rivitalizzazione e innovazione compatibile, c) alla reinterpretazione del turismo come risorsa per ottenere l’obiettivo della salvaguardia e la valorizzazione dei territori e delle risorse reali locali. Voglio aggiungere che la base ideologica su cui poggia l’azione di studio, ricerca e scambio è la ferma convinzione che il valore della conoscenza superi di gran lunga il valore dell’applicazione pratica dei risultati raggiunti, per giungere ad un obbiettivo che affermi una cosciente accettazione delle diversità, preludio necessario ad un mondo di pace e sviluppo sostenibile e “globalmente” equilibrato. Solo così le future generazioni di paesi come la Palestina e Israele saranno in grado di percorrere un reale processo di pace e integrazione, crescendo nelle differenze piuttosto che annientandosi in esse. A loro voglio rivolgere il mio più grande augurio. Turismo Relazionale Integrato Il turismo esiste da sempre, almeno da quando l’uomo ha manifestato l’esigenza di conoscere e scoprire quello che gli stava intorno. Si pensi che il turismo in Egitto era conosciuto e consigliato già dai tempi delle prime dinastie (circa 6000/5000 anni fa) ed era inteso come mezzo per allontanarsi dagli impegni quotidiani e come forma di svago e riposo. Ma se vogliamo risalire alla figura del vero viaggiatore, il cui scopo era quello di conoscere, descrivere, scambiare e trasmettere le informazioni acquisite, dobbiamo giungere all’alto medioevo dell’occidente mediterraneo. Sono infatti i viaggiatori arabi, provenienti dal nord Africa, dalla penisola Arabica, dalla Sicilia e dalla Spagna islamiche, che a partire dal IX e X secolo (Ibn Hawqal), per primi, attraversano l’intero mondo allora considerato lasciandoci detta232


gliati e preziosissimi resoconti dei loro spostamenti e contemporaneamente interagendo con le civiltà incontrate nei loro lunghi viaggi. In seguito il turismo ha assunto, sempre più, una connotazione affaristicospeculativa, avviandosi in una direzione gestita da fenomeni di “moda” e spesso di “massa”222. Una connotazione che in tempi recenti è arrivata, in più di un caso, a sovrastare gli originari ruoli e scopi del viaggiatore-turista, assumendo perdippiù una palese accezione negativa proprio ad indizio dell’indifferenza ai luoghi e alle culture, indotta da questa forma di turismo. Per fortuna la funzione e gli scopi originari del viaggio non saranno cancellati da questa ondata di turismo di massa, essi resteranno relegati per alcuni decenni in una nicchia di mercato riservata a pochi specialisti, studiosi e ricercatori. Con il diffondersi di una cultura orientata verso la salvaguardia e la promozione delle risorse locali e, parallelamente, con l’avvento delle tecnologie della comunicazione, e in particolar modo della telematica e dell’informatica, quindi nel corso dell’ultimo decennio e fino ad oggi, si è timidamente manifestata una nuova inversione di tendenza verso una riappropriazione dello spirito originario del turismo: conoscenza, descrizione, scambio223. Il più delle volte percorrendo strade e modalità anche molto differenti. L’accresciuta accessibilità alle relazioni/comunicazioni fra persone della più svariata origine e cultura, consente nuovi, prima impensabili, scambi a distanza e causa, come contraccolpo positivo, un intensificarsi delle relazioni umane fra le stesse che, grazie sempre agli stessi progressi telematico-informatici e alla conseguente nascita e diffusione di fenomeni come il low-cost o il selfbooking, ecc., si trasformano in relazioni fisiche e spostamenti reali224. Valorizzazione del territorio e pianificazione strategica I paesi che circondano il più grande “mare chiuso” esistente al mondo sono da sempre portatori di interessi turistici e, tradizionalmente, ancora oggi sono considerati una delle mete più famose ed ambite (anche se, negli ultimi due decenni, sono avvolte dall’alone di paura che i mirati atti terroristici hanno ingenerato e alimentato fino ai purtroppo attuali recenti eventi). Per di più sono paesi ricchi di beni culturali (in generale) e umani, che discendono direttamente dall’enorme ricchezza che la loro stessa complessa storia ha generato. Questi beni o risorse, nello specifico sono di natura diversissima. 222 Così come oggi viene definito il modello ricorrente di offerta turistica, gestita dai grossi tour-operator internazionali. 223 Il meccanismo che si è ingenerato è quello che stimola il bisogno di “spostarsi” per andare a “conoscere” qualcosa della quale si è sentito parlare. Detto anche “Sindrome di Cleopatra” (Lozato, 1994). 224 A questo proposito gli esperti del settore indicano, già da qualche anno, come dieci volte superiore il volume di spostamenti fisici indotti da tali progressi telematici. Fenomeno peraltro già in corso.

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Dai beni monumentali alle risorse paesaggistiche, dalla singola opera d’arte all’apparato urbano di interi paesi e città, dai prodotti della cucina locale a quelli dell’agricoltura mediterranea, ad altro ancora. In questo quadro territorial-culturale la pianificazione strategica, applicata nello specifico al settore turistico, rappresenta una grande e intrascurabile risorsa per la salvaguardia, la valorizzazione e, sempre più spesso, la rivitalizzazione e il recupero di questo enorme patrimonio. Muovendosi all’interno di strategie che valorizzino le risorse anche in termini di profitto economico diffuso. Al contrario lasciare che le politiche intraprese per il turismo, dalle Borse internazionali del turismo o dalle aziende multinazionali, vadano per la loro strada e quindi verso la “massa”, che implicitamente comprende la trasformazione dei territori esclusivamente a suo uso e consumo225, può condurre solo e soltanto ad una trasformazione/distruzione dei territori e delle culture che in essi interagiscono (non intravedo alcuna possibilità di avere una conoscenza e uno scambio con la cultura e i valori locali di un paese formidabile come l’Egitto, se passo una vacanza a Sharm El_Sheik o ad Hurgada!). In questo senso il Rapporto della WTO (World Tourism Organizzation) già nel 1997 ci metteva in guardia proprio dal perseguire forme di turismo che non si basassero sulle qualità interne dei nostri territori e su una dimensione “misurata” degli interventi e delle politiche di marketing. Nello stesso studio, “Tourism 2020 vision”, l’Organizzazione prevede un continuo declino del volume turistico di tutti i paesi del bacino (pari a un totale di circa 167 milioni di arrivi solo nel 1995) e, di contro, un aumento della richiesta di turismo culturale pari al 15% annuo, su un totale che in percentuale copre il 37% dell’intero mercato turistico. Tutto ciò ci richiama quindi ad uno sviluppo più compatibile del turismo e delle strategie di mercato, ancora da implementare nella gran parte dei paesi del Mediterraneo. Sempre nello stesso Rapporto si legge che ogni futura strategia deve essere in grado di considerare i recenti cambiamenti in tema di sostenibilità e di competitività causati dal fenomeno della globalizzazione. Voglio aggiungere che i recenti cambiamenti verso un generale processo di qualità, inarrestabile ed ormai in atto a livello mondiale, ci impone un attegiamento competitivo ai più alti livelli. Privilegiando gli aspetti della qualità della storia e della cultura locale di cui tutte le regioni mediterranee sono portatrici. Questo può rappresen225 Penso per esempio alle trasformazioni che hanno subito e che stanno subendo l’intera costa del Mar Rosso e la penisola del Sinai in Egitto, che in più punti sono diventate sterminate distese di “alberghi a quattro stelle” e di attrezzature per un turismo di bassa, ma venduta per alta, qualità. Oltre al fatto di essere divenute vere e proprie colonie italiane. E questo purtroppo è solo uno dei tanti esempi possibili.

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tare uno dei mezzi a nostra disposizione per rendere “sostenibili” gli effetti della globalizzazione. Tendenze e limiti di un caso esemplare: l’Egitto In questo paragrafo cercherò di fare una breve analisi sulla realtà egiziana in riferimento alle risorse presenti, alle tendenze dell’offerta turistica e al turismo inteso esso stesso come risorsa (economica e relazionale) per l’incentivazione di quei processi di riqualificazione di luoghi ed attività. Considerando che non è facile mettere in evidenza quanta parte dell’offerta turistica esistente oggi possa definirsi relazionale ed integrata (o sostenibile, compatibile, culturale, ecc.). L’impostazione generale dell’offerta turistica in Egitto è stata improntata fin dalle origini, così come in gran parte delle località che si sono aperte al business del turismo in tutto il mondo, su di un modello di turismo che possiamo senz’altro definire di “massa”. Un turismo guidato dall’offerta, per lo più a basso costo, dei grandi tour operator internazionali, delle grandi catene alberghiere e delle compagnie di trasporto (soprattutto aeree). Il modello di ricettività prevalente nei paesi in via di sviluppo, investiti inconsapevolmente dal business internazionale, è centrato sull’alberghiero non solo per seguire le dinamiche “internazionali”, ma anche per questioni legate agli standard della richiesta indotta nei consumatori e alla poca fiducia negli standard ricettivi delle realtà locali. Questo ci porta a considerare come la virata sul “relazionale integrato” vada gestita e orientata partendo veramente da zero. Poichè questo stato di cose ha causato una generale “internazionalizzazione” dell’offerta turistica, con l’adozione di standards e modelli da “mondo occidentale”. Soprattutto in certe aree che oggi quasi non sono più considerate territorio egiziano dagli stessi egiziani226. Fortunatamente per l’economia interna, l’Egitto ha forzatamente imposto una compartecipazione nazionale alle imprese esterne che hanno investito nel settore. Con questa strategia il governo, almeno parzialmente, ha messo al riparo l’economia locale da un esproprio totale del settore turistico. Per capire l’importanza che il settore rappresenta in termini di PIL, si deve considerare che nella ricchezza interna il turismo rappresenta la seconda voce di entrata. Dopo i proventi del Canale di Suez. Nel quadro che abbiamo delineato come turismo relazionale integrato, un reale contrappeso a questo stato di cose non è ancora emerso a fronte di una smisurata ricchezza di risorse; anche se negli ultimi anni alcune esperienze sperimentate da residenti non egiziani (familiari di Diplomatici o di funzionari

226 In generale le aree della costa del Mar Rosso e del Golfo di Aqaba.

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esteri) sono timidamente apparse e qualche altra esperienza “endogena”227 sta nascendo, nella grande città del Cairo con i suoi 22 milioni di abitanti, circa. Non è affatto difficile mettere in evidenza quale sia l’enorme potenziale di risorse che il territorio e la civiltà egiziana possiedono e che possono immediatamente essere messe nel “giro” per guidare il cambiamento nella domanda e nell’offerta di un settore che, sempre più oggi, richiede un processo di riqualificazione generale. Le risorse che l’Egitto racchiude all’interno del suo territorio, così come la gran parte dei 20 paesi che si affacciano sul mare Mediterraneo, si sono costruite nel corso di millenni di vicende storiche, partendo dalle primissime civiltà asiatiche e fino ai giorni nostri. Sono risorse che attengono ad elementi di natura fisica (monumenti, città storiche, città nuove, paesaggi rurali, attività produttive tradizionali, ecc.) e di natura non direttamente fisica (civiltà e culture, relazioni, tradizioni, commerci, società, ecc.), che tutte le città e i territori, a prescindere dalla loro grandezza o estensione, contengono al loro interno o nelle immediate vicinanze. Risorse di valore ineguagliabile, che spesso divengono occasione per la creazione di modelli di sviluppo di aree geografiche anche molto distanti: il paradigma del Mediterraneo risveglia spesso il bisogno di “appartenenza” di numerose culture “extra-moenia”. I settori che possono offrirsi al turismo come risorse locali in Egitto già da subito, possono individuarsi in quello della storia e della cultura, quello dell’agro-alimentare e quello della produzione artigianale di tradizione. Il turismo, dal canto suo, può favorire questi settori, offrendo nuove risorse economiche e nuovo valore aggiunto ai tradizionali canali economici, propri dei settori indicati. Il campo più vasto di offerta è quello della storia, della cultura, dei beni monumentali, dei territori naturali o antropizzati, fino ad arrivare al vasto campo delle relazioni umane e sociali. Esso costituisce, nell’insieme, una risorsa difficilmente rintracciabile altrove nel mondo perché pochi luoghi hanno avuto una tale varietà di culture diverse che si sono incrociate fra loro per lasciare opere uniche in termini di tradizioni, credenze, religioni, cucina tipica, dolci, colture, canti, poemi, lingue, ecc. Culture che fra loro hanno combattuto ma hanno saputo anche far la pace e sempre scambiandosi tecnologie, informazioni e credenze. La risorsa offerta dalle relazioni umane e la naturale capacità alle relazioni sociali contraddistingue l’Egitto, come tutti i paesi che fanno parte del “bacino”. La capacità di accettare e accogliere le diversità; la capacità di integrare le dif227 Mi riferisco in particolare ad un’esperienza di TRI che un nostro comune amico cairota, Gamal Moussa, guida turistica e grande esperto di turismo culturale e scientifico, sta realizzando al Cairo trasformando una parte della sua nuova e immensa abitazione in spazio per una ricettività di qualità relazionale, diversa da quanto offerto nel panorama egiziano.

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ferenze; la capacità di accogliere qualsiasi ospite e metterlo in condizione di sentirsi come “a casa propria” (anche se non è affatto così!); la capacità, infine, di accudire il “forestiero” con le mille attenzioni che solo un popolo “mediterraneo” sa offrire, troppo spesso incondizionatamente, sono fra le risorse più esclusive di questo popolo. Anche il territorio nei suoi aspetti naturali come in quelli apportati dalla incessante, e troppe volte eccessiva, opera dell’uomo rappresenta un’altra importante quanto “illimitata” risorsa. L’offerta di territorio e di “spazio aperto” che il deserto fornisce all’Egitto è smisurata. Un luogo apparentemente privo di vita, ma che contiene in se un mondo pieno di cose: i commerci, le guerre, la sabbia, la roccia e il verde, i popoli nomadi, le carovane, gli animali, il cielo e le tende228. Ma il deserto è anche oasi229 e, nei territori attorno alle città più grandi, come il Cairo o Alessandria, è anche new towns; nuovi insediamenti residenziali, produttivi e agricoli; nuovi, enormi, cimiteri; nuovi insediamenti ricettivi; nuove sedi universitarie e nuovi aereoporti ed altro ancora. E ancora vi è la “Collana del Nilo”, costituita da un filo lungo più di tremila chilometri (solo in territorio egiziano) costellato da un’infilata di città, luoghi, templi, tombe, attività e verde. Ripercorrerla dall’inizio – il lago Nasser, AbuSimbel e la grande diga di Asswan – alla fine – il delta del Nilo e la città di Alexandria (capitale dell’Egitto sotto Alessandro Magno e i Tolomei, dinastia la cui ultima discendente fu Cleopatra VII) – significa rivivere la storia della nascita della civiltà occidentale, dalla quale noi stessi discendiamo. Un altro importantissimo settore da non sottovalutare è quello agroalimentare. Il clima dell’Egitto e la particolare, fino ad essere considerata “mitica”, fertilità del suolo consentono di ottenere anche fino a due o tre raccolti l’anno, di prodotti quali frutta, di vario genere; ortaggi; riso; datteri (se ne contano più di 60 specie diverse); ecc. Questa copiosa produzione agricola consente anche uno sfruttamento estensivo dell’allevamento. L’Egitto è uno dei maggiori produttori di carne di tutto il medioriente. E proprio la carne e i vegetali sono alla base dell’alimentazione e della cucina egiziana, con ricette e piatti tipici provenienti da “incroci” fra le più diverse culture mediterranee come quella greca, turca, libanese, siriana, del lontano oriente, africana e magrebina.

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Chi non sia stato ancora nel deserto non può comprendere la sensazione che può dare la consapevolezza del contatto

diretto fra uomo e natura, un contatto che non da spazio a nessuna possibilità di mediazione con il complesso degli elementi in gioco. 229

Oasi di cui alcune di dimensioni molto grandi come nel caso dell’oasi di El-Fayyum, che conta migliaia di abitanti.

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L’accurata proposizione di spezie, erbe, ortaggi, carni e riso, fornisce una varietà di piatti e portate che, in particolare, in occasione di pranzi familiari ricopre accuratamente ogni angolo della tavola imbandita per l’occasione. I centri storici di El-Qaira, di Alexandria, di Luxor, di Asswan, di El-Minya e di tante altre città anche meno note, offrono prodotti dell’artigianato tradizionale, non ancora internazionalizzato e banalizzato dalle richieste del turismo a-culturale, e sono ancora ricchi di “caparbie” attività artigianali che mantengono la loro collocazione tradizionale all’interno e all’esterno di edifici, anche fortemente fatiscenti, nelle aree storiche. Questi centri, ricchi in più di “risorse” sociali e umane, sono spesso trascurati dalle linee tradizionali del turismo di massa, a fronte di località come Sharm-El-Sheik, Hurgada o altre. Le attività tradizionali che allignano in questi luoghi storici, e che di questa loro stessa storia si nutrono, possono ritrovare vigore produttivo nella promozione finalizzata ad un turismo di maggiore qualità e non di “rapina”. Un turismo i cui proventi vengano redistribuiti nello stesso territorio e non centralizzati nelle mani dei grossi operatori, con ben note operazioni di esproprio a prezzi “da fame” delle risorse locali. Conclusioni I risultati a cui si è accennato si possono raggiungere concretamente affiancando alle tecniche e alle forme consolidate del turismo, tradizionali o innovative che siano, una pianificazione strategica mirata dei territori Mediterranei, mettendo in primo piano le aree e le città storiche e le loro “abilità” naturali alla relazione e allo scambio. Partendo dall’assunto che ancora oggi nell’intero bacino del Mediterraneo, sono presenti, in maniera più o meno evidente, le tracce delle identità locali di intere regioni e paesi, è necessario intervenire per tempo per la loro salvaguardia, per non rischiare di perdere per sempre un’occasione, lasciando spazio alla preoccupante omologazione economico/culturale in atto oggi. Bisogna ricordare, come ho già detto in precedenza, che la “consapevolezza delle differenze” è la strada principale per ottenere una pacifica convivenza tra i popoli, nel Mediterraneo come nel mondo intero. Queste differenze vanno quindi salvaguardate già da ora. Quelli sopra sono concetti sui quali si riflette già da qualche anno, che hanno preso spunto dalla Conferenza di Barcellona (1995), dalla scia della quale sono emersi e che sono oggi condivisi da più parti. Come è stato affermato in quella Conferenza: “il Mediterraneo deve essere messo in condizione di diventare un unico patrimonio senza frontiere capace di mettere in evidenza beni culturali ed ambientali, e nello stesso tempo di valorizzare le differenze culturali, religiose, sociali”.

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L’integrazione, quindi, fra “patrimonio culturale”, “politiche di riqualificazione” e “mercato del turismo”, è un’occasione per favorire lo sviluppo economico di tante regioni; per stimolare la crescita verso nuove forme di imprenditorialità minuta ma organizzata; per avviare il recupero delle attività di tradizione e garantire alle popolazioni la conservazione di quei caratteri che mantengono nel tempo una consapevole identità culturale. Un modo attuale per ottenere tutto ciò è quello di utilizzare il veicolo del turismo come risorsa per i territori, facendo in modo che i flussi turistici (parliamo ovviamente di un turismo relazionale integrato) perdano le caratteristiche di “stagionalità”, “occasionalità” e “tendenza”, divenendo invece costanti occasioni di ri-scoperta e ri-conoscenza dei luoghi, delle culture, delle religioni e delle civiltà, anche attraverso la formazione ad una progettualità strategica mirata ed un addestramento all’azione concreta. Ed ancora, si deve pensare ad implementare le politiche di mercato e le forme dell’offerta anche promuovendo una azione formativa di base sui giovani e sugli operatori affinché capiscano e trasmettano l’importanza di divenire attenti alle esigenze di sostenibilità dei territori ed alle loro reali capacità di offerta. Formare nuove figure professionali, e gli esempi già non ci mancano, in grado di interpretare, analizzare, comprendere, intervenire e gestire la complessità di queste ricchezze. Figure specializzate nella formulazione e nella gestione di programmi strategici a scala locale che, attraverso l’uso “integrato” del turismo di relazione, possano concorrere alla salvaguardia delle identità locali e delle attività di tradizione che ancora oggi si riconoscono nei nostri territori. Il turismo relazionale integrato diviene, nella nostra accezione, una risorsa economica reale capace, se indirizzata da politiche e scelte amministrative e supportata da una profonda azione formativa, di trasferire risorse a questi settori, ed in particolare al settore dell’artigianato locale di tradizione. Il caso che ho descritto è stato quello egiziano, ma che nella nostra realtà si può ritrovare e confrontare con tutto il mondo “Mediterraneo”. E oggi più che in altre epoche storiche c’è bisogno del Mediterraneo, perché c’è bisogno per il mondo intero di salvaguardare il legame con quei “valori” che ancora, sebbene siano in forte pericolo, esso possiede. Riferimenti bibliografici Aa.vv. (1989), Et in Arcadia nos. Palermo nei geografi e viaggiatori da Edrisi a Berenson, Poligraf, Palermo. Aa.vv. (2000), Observatoire urbain du Caire contemporain, Bollettino de l'OUCC n.50, CEDEJ, Cairo. Amoroso B. (2000), Europa e Mediterraneo, Dedalo, Bari. Balbo M. (1999), L'intreccio urbano. La gestione della città nei PVS, Franco Angeli, Milano.

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IL TURISMO NEL TERRITORIO APERTO E LA PROGRAMMAZIONE INCONSAPEVOLE. Ferdinando Trapani

Introduzione Nello scenario dei mutamenti territoriali sono presenti da diversi anni gli esiti di diverse tipologie attività che, dal punto di vista teorico, discendono da riflessioni e studi specifici su fenomeni di sviluppo locale distrettuali (Becattini, 1987, 1989) e soprattutto delle teorie del marketing territoriale che derivano principalmente dalle discipline economiche (Kotler et al., 1992, 1993, 1999; Caroli, 1999, Valdarani e Ancarani, 2000) anche se non mancano contributi che testimoniano l’interesse per i fatti strutturali delle economie locali da parte dei pianificatori territoriali (Camagni, 1994; Magnaghi, 2000). Su tutte le questioni da affrontare emergono sullo sfondo gli innumerevoli contributi analitici sulla globalizzazione230 e le posizioni critiche nei confronti delle retoriche sullo sviluppo (Rist, 1996; Hirsh, 2001) e le implicazioni del marketing e della globalizzazione nei confronti delle città (Golfetto, 1996; Morandi, 1993; Sassen, 1997). Sulla base di questi riferimenti è possibile scorgere una possibilità, seppur talvolta tratteggiata come residuale, perché le comunità locali possano sopravvivere allo incontro/scontro con la dimensione globale. Il turismo è uno dei settori del terziario dove le problematiche sociali e culturali 230 A tal proposito ne ricordiamo solo quelli che hanno riscosso maggior successo nelle classifiche di vendita: Stiglitz (2003); Klein (2001); Hardt e Negri, A., (2002). Leonardo Urbani (2003) si è occupato diffusamente del tema proponendone una chiave interpretativa insieme critica e possibilista che comprende anche direttamente il ruolo che potrebbe assumere la Sicilia nel contribuire a riequilibrare le forze della finanza internazionale rispetto a quelle locali.

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sono del tutto evidenti proprio a partire dal Mediterraneo (Cassano, 1996). Le politiche regionali nel Mezzogiorno trovano possibilità di sperimentare le teorie dello sviluppo in senso sostenibile nei modelli comunitari della programmazione negoziata territoriale mentre le amministrazioni comunali possono giovarsi della recente e rodata (da almeno dieci ani) programmazione complessa. Nel contributo che segue vengono messi in luce i possibili riferimenti operativi per collocare opportunamente le politiche di TRI nei distretti relazionali proposti nella lettura di Motris. Le tendenze nella regione Soprattutto nelle aree interne della Sicilia, dove il fenomeno dei distretti relazionali appare caratterizzato in modo specifico rispetto al resto della nazione, emerge (finalmente) una presenza sistematica di punti di attività imprenditoriali che vanno dalla produzione agricola ai servizi per la ricettività turistica agricola o rurale, ai punti per la diffusione di prodotti enogastronomici di qualità, itinerari naturalistici, archeologici, (ecc.). Si va delineando, non solo nei documenti della programmazione comunitaria/regionale, ma nella realtà concreta degli ambiti territoriali dove sono stati erogati sia i finanziamenti privati che quelli pubblici, una situazione di forte discontinuità tra aree rivitalizzante economicamente e demograficamente rispetto ad altre abbandonate che però, quando sono affiancate alle prime, sembrano essere “addormentate”, in attesa di qualcosa e di qualcuno che le riattivi. Questi confronti avvengono nel paesaggio aperto delle aree interne dell’isola, sono diventati frequenti nell’area della punta occidentale in cui i vigneti, gli uliveti ed i frutteti, i tunnel bassissimi delle produzioni orticole segnano un paesaggio “strano”, vibrante di novità sociale e di avanzamento tecnologico. Altrove, nel centro Sicilia, queste interruzioni positive di produttività ed animazione territoriale nelle aree che sembrano avvicinarsi a certi temuti assetti visivi della desertificazione permangono meno evidenti. Nella Sicilia orientale la varietà dei paesaggi colturali è impressionante, ma è una condizione che proviene dal passato: oggi a Bronte come a Canicattini il nuovo si tinge di pratiche di certificazione e l’ospitalità ha da tempo esempi di successo non solo concentrati nei dintorni di Taormina o di Siracusa. Se quindi (vedi carta degli indici di specializzazione allegata al nuovo documento del piano urbanistico regionale di prossima pubblicazione) emergono Palermo e Messina come poli commerciali, isolatissime nei territori comunali al contrario di Catania che con indice minore coinvolge però tanti altri comuni vicini, emergono le concentrazioni turistiche di Taormina, S. Vito Lo Capo e Cefalù (intesi come poli di sistemi intercomunali). Altrove, nei comuni dove il turismo sembrerebbe non esistere nemmeno (tutte le aree interne), in realtà il fuoco dell’offerta turistica legata alla produttività ed alle risorse culturali ed ambientali cova sotto la cenere dei ritardi 242


amministrativi e delle lungaggini burocratiche con cui la programmazione negoziata (quella “di successo” ovvero sopravvissuta al controllo delle banche nella selezione delle imprese) potrebbe manifestarsi con una forza assai maggiore di quella, pur considerevole, che oggi è sotto i nostri occhi. Questa evoluzione del paesaggio è effetto di una pluralità di strumenti che da quasi 15 anni sono stati attivati in modo parallelo, separato, indipendente, confliggente, (ecc.), con le pratiche del piano urbanistico tradizionale. Si è stabilita una sorta di competizione tra piano regolatore ed altri strumenti che hanno finito per dominare la scena politica e l’attenzione degli investitori locali, nazionali e (forse) anche stranieri. Le prospettive nei documenti della programmazione regionale Nel documento del Rapporto sulla pianificazione urbanistica in Sicilia (ARTA, 2003) si legge in principio che: “La realtà è quella di un quadro territoriale frammentato in tante visioni del futuro quanti sono i comuni siciliani, ingessate e condizionate peraltro, da attese e bisogni pregressi suscitati da strumenti urbanistici comunali maturati nella fase dell’espansione e della crescita. In questo scenario frammentato, una pianificazione strategica inconsapevole, sotto forma di programmi negoziali dal basso e progetti integrati territoriali, spesso si rivela come operazione aggiuntiva e non sostitutiva delle ordinarie politiche urbane”. (pag. 5) Senza una strumentazione capace di controllare gli effetti della programmazione negoziata e della progettazione integrata sul territorio regionale il rischio dell’annullamento degli sforzi dei partenariati locali è altissimo. Nel quadro dell’APQ Sviluppo locale il PIR reti per lo sviluppo locale, promosso dal Dipartimento della Programmazione, ad esempio, si occupa proprio di questo. Per una guida efficace dei fenomeni di trasformazione territoriale il sistema conoscitivo deve rispondere ai requisiti di flessibilità e dinamicità che solo un sistema informativo georeferenziato può possedere. Questa prospettiva sembra in totale accordo con quanto la mappatura intende ottenere. Nel PIR è prevista una serie di azioni tra cui quella di raccogliere i dati relativi a tutto l’insieme dei programmi complessi negoziati e dei progetti integrati. Con la realizzazione di tale scenario, o meglio della rete dei partenariati locali, si punta non tanto e non solo al monitoraggio sull’efficacia della spesa, ma alla guida della realizzazione degli interventi previsti dotati di risorse finanziarie appositamente destinate da programmi di iniziativa partenariale pubblica e/o pubblica-privata in modo che l’integrazione dei sistemi locali (o se si vuole dei distretti relazionali) costituisca uno strumento di verticalizzazione di essi sino a raggiungere, nel loro insieme, il ruolo di nodo territoriale locale delle reti globali. 243


Facendo riferimento al caso del POR Sicilia, nel quadro della piena adesione delle politiche di sviluppo locale ai principi globalmente condivisi della sostenibilità (economica, ambientale, sociale, culturale) quello che serve nella nuova fase di Agenda 2000 nel Mezzogiorno è un monitoraggio strategico che si doti di strumenti (anche ricorrendo ai GIS, come la fase della Mappatura intende realizzare anche all’interno del SITR regionale) capaci di mettere in luce l’intensità e la durevolezza: 1. dei fattori di integrazione tra singoli progetti previsti nei programmi strategici e 2. dei fattori di incisione sulle variabili di rottura (punto 2.2 del QCS 20002006) che definiscono il livello di sviluppo locale; 3. dei fattori di innovazione istituzionale (il cambiamento di mentalità nell’ambito delle P.A.), 4. dei fattori di coesione sociale; 5. di incisività delle politiche di pari opportunità; 6. di adozione diffusa delle politiche per la Società dell’informazione; La problematica dei sistemi informativi territoriali Nell’ipotesi di un SIT da realizzare per uno scenario regionale della programmazione complessa, secondo la definizione di Properzi (2003), comprensiva dei dati relativi all’evoluzione dei distretti relazionali, e della pianificazione territoriale strategica regionale (come il futuro piano urbanistico regionale) la classificazione delle città deve essere messa in relazione ai sistemi di sviluppo locale (attivati dai Patti territoriali, dai PRUSST, dai Leader, dai PIT, e comprendendo anche i Parchi e le ASI) ma anche ai singoli interventi per cogliere il senso ed il peso dei contributi che gli interventi potrebbero generare in tali tipologie di ambienti insediativi urbani. Tale connessione può essere meglio chiarita se i dati sul rango urbano sono connessi sia alla modalità di rete urbana (possibile, esistente, esaurita, errata, ecc.) che al partenariato istituzionale e socioeconomico e, ovviamente, al modello di gestione. E’ quindi uno scenario composito in cui è possibile distinguere gli effetti di interventi relativi a: • Patti territoriali (nelle varie declinazioni tipologiche); • PRUSST ( decreto LL.PP. n.1169 del 18/ 10/98); • Progetti di iniziativa comunitaria LEADER (Ministero delle Politiche Agricole, Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste). Nei centri urbani medi e grandi agisce anche la programmazione complessa urbana di iniziativa nazionale del DICOTER (PRIU, URBAN, Progetti Pilota, STU, CdQ) e regionali (senza tener conto del processo di regionalizzazione in

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atto: PRU, PII)231 tenendo presente che potrebbero non essere stati attivati alcuni di questi strumenti: • PI: Programmi integrati ex art.18 L 203/91; • PII: Programmi integrati di intervento (ex modifica art.16 della L. 179/92); • PRU: Programmi di recupero urbano (DM 1071 e 1072 del 1/12/94 e seguenti); • PRIU: Programmi di riqualificazione urbana (Dm LL.PP. del 21/12/94, fondi CER); • Contratti di quartiere (Ministero LL.PP. Dm del 22/10/97); • Programmi comunitari Urban (dal 1994 ad oggi); • STU: società per azioni di trasformazione urbana (comma 59, art. 17, della L.127/1997 e art. 120, Dlgs n. 267/2000)232; • Progetti pilota (DI.CO.TER.); • Studi di fattibilità (CIPE). In tale scenario è assai difficile percepire il sistema di gravitazione e polarizzazione rilevato per via statistica come avviene, ad esempio, per i Sistemi Locali del Lavoro (legge n.144/1999). Ciò che invece emerge è la presenza delle risorse di tipo naturalistico quali quelle regolate dalle leggi ordinarie di tutela e valorizzazione delle risorse ambientali e culturali segnatamente: SIC, ZPS, Parchi, Riserve, Progetto APE, Agenda 21 locale,(ecc.). Per la realizzazione di tale scenario, di fondamentale importanza per l’attivazione operativa della Mappatura per il turismo relazionale, è necessaria la cooperazione del gruppo di ricerca con i dipartimenti regionali per a) studiare le coerenze e sinergie con il quadro strutturale del piano urbanistico regionale in via di definizione, b) per il confronto con l’ulteriore specificazione per ambiti del piano territoriale paesistico regionale, c) per l’integrazione con le previsioni del piano direttore dei trasporti regionale, gli APQ trasporti e gli altri strumenti in itinere. Bisogna evidenziare che il quadro tendenziale della programmazione nella regione risulta largamente incompleto se confrontato con quello “potenziale” che potrebbe essere derivato da un confronto con le altre regioni italiane. Per raggiungere lo stesso livello di completezza bisognerebbe fare riferimento ai programmi settoriali siciliani in materia di rischio idrogeologico, di governo 231 E’ significativo che i programmi complessi urbani sono stati inseriti nelle recenti versioni del “manuale dell’Urbanistica” (Colombo, Pagano, Rossetti, 2001); ciò significa che oramai tali strumentazioni sono considerate, dalla maggioranza degli urbanisti italiani, come facenti parte delle pratiche urbanistiche ancorché distinte dall’insieme di strumenti ordinativi. 232 Vedi anche: circolare Min. LL.PP. n.6227 (11/12/200), Dm LL.PP. del 6/6/2001, Decreto del MTBE n.102/2003 che coinvolge le aree demaniali nel processo di trasformazione urbanistica.

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delle acque, di rifiuti, di leggi socio-assistenziali, di commercio, per l’approvvigionamento energetico, ecc. Contesti operativi ordinari e strategici In sintesi la programmazione complessa siciliana coinvolge attualmente componenti del partenariato istituzionale e sociale, attori privati ed enti preposti al controllo del territorio regionale in cui, riassumendo, è possibile distinguere la stratificazione e la sovrapposizione tra: 1. pianificazione urbanistica (vincoli urbanistici); 2. pianificazione paesistica (vincoli paesistici); 3. pianificazione ambientale (vincoli ambientali); 4. pianificazione complessa urbana (Programmi di riqualificazione urbana, Programmi di riqualificazione integrata urbana, Contratti di Quartiere, Società di trasformazione Urbana, progetti di iniziativa comunitaria URBAN); 5. pianificazione complessa territoriale (Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile territoriale); 6. programmazione socioeconomica negoziata (patti territoriali nelle varie tipologie secondo i diversi bandi CIPE e Patti territoriali per l’occupazione di iniziativa comunitaria, progetti Leader I, II e plus); 7. progettazione integrata territoriale (PIT secondo il POR Sicilia 20002006); 8. progettazione integrata regionale (PIR secondo il POR Sicilia 20002006); 9. interventi a titolarità regionale (secondo il POR Sicilia 2000-2006); 10. interventi a regia regionale (partecipazione dei partenariato o dei singoli soggetti beneficiari ammissibili ai Bandi presentati da Responsabili di Misura del POR Sicilia 2000-2006) 11. Interventi o programmi di interventi discendenti da Accordi di Programma Quadro tra stato e Regioni (programmi di investimento settoriali o intersettoriali: Sviluppo locale, Trasporti, ecc.); 12. Interventi o programmi di interventi discendenti da programmi di iniziativa comunitaria (Interreg, Equal, Urban, ecc.); 13. Interventi o programmi di interventi discendenti da programmazione di settore regionale e statale; 14. Interventi o programmi di interventi inseriti nella programmazione pluriennale di attuazione conformi alle leggi sui lavori pubblici. I possibili risultati dell’incrocio tra i dati relativi allo stato della pianificazione territoriale urbana e regionale ordinaria con lo stato della programmazione negoziata sono da intendere sotto una duplice valenza: la prima riguarda la possibilità di ottenere dati di scenario in base alla fissazione di indicatori (ad 246


es.: quanti interventi infrastrutturali in aree di vincolo ambientale; quante azioni di sostegno alle imprese in aree prive di zone industriali consortili –ASIo comunali - Piani di inserimento produttivo - di iniziativa comunale previsti dai PRG, ecc.); la seconda valenza è invece di tipo analitico riferito sia all’elaborazione dei dati quantitativi accennati in precedenza e sia, soprattutto dal punto di vista urbanistico, alla valutazione sistemica derivante dalla rappresentazione grafica del singolo intervento rispetto al quadro territoriale a sua volta risultante dall’incrocio tematico restituito dal SIT. Rispetto al secondo punto emerge il tema della presenza di un quadro strutturale in cui sia possibile definire le caratteristiche peculiari dei luoghi, che ad esempio nella legge urbanistica Toscana viene definito Statuto dei luoghi233i (Magnaghi, 2000), ovvero di quelle specifiche modalità in cui si manifesta e si è radicata nel tempo la cultura dell’abitare dei residenti rispetto alla dotazione delle risorse naturali durevoli e/o altamente sensibili. Lo statuto dei luoghi è la definizione condivisa di regole di trasformazione dei luoghi. Si tratta di regole orientate alla tutela, salvaguardia e valorizzazione di luoghi che devono durare nel tempo ma non solo questo, poiché non è possibile staccare gli uomini dai loro ambienti insediativi. E’ la fissazione e il consolidamento di un principio genetico delle trasformazioni degli insediamenti e del paesaggio: lo statuto dei luoghi deve orientare i ritmi e i contenuti della trasformazione dei luoghi nel corso del tempo. Anche per il controllo e monitoraggio delle trasformazioni territoriali dovute a piani, programmi o progetti singoli o integrati in sistemi progettuali coordinati, i campi dei SIT pensati per la governance locale, territoriale e regionale devono tener conto dell’approccio statutario dei luoghi come forza del rapporto, innovativo per il Mezzogiorno, con le Province e soprattutto con le Regioni. Cosa può fare la Regione Le azioni della Regione sui distretti relazionali possono essere orientate al loro sostegno nei casi di debolezza, criticità e di rischio e come potenziamento ed al loro consolidamento nei casi in cui emergono fattori di forza ed opportunità. In sintesi possono presentarsi i seguenti casi in cui la Regione si attiva per: • il sostegno di coesione e cooperazione dei partenariati; • la sostituzione di interventi che non possono essere rimpiazzati dai Collegi di vigilanza con interventi strategici pensati ad hoc a titolarità regionale; 233 Magnaghi intende lo statuto dei luoghi “come uno strumento rilevante per la esplicitazione descrittiva e normativa dei valori territoriali costitutivi dello sviluppo sostenibile”, che “si richiama alla distinzione concettuale fondamentale (…) fra patrimonio (inteso come valore) e risorsa (intesa come forma specifica di uso del valore): distinzione che consente di introdurre il concetto di durevolezza del patrimonio, come condizione della sostenibilità” (pag. 121).

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• la piena integrazione con le attività dei Dipartimenti Regionali (per Agenda 2000 con i Responsabili di Misura) nonché dell’Autorità di Gestione, allineando in modo completo ed integrato l’interazione tra interventi Pit e interventi a bando; • la creazione di progetti (interventi, azioni e regimi di aiuto) che si rendono necessari per raggiungere obiettivi di sviluppo locale emergenti a livello connettivo tra programmi di sviluppo locale o, all’interno di essi tra gli interventi ricompresi in quest’ultimo e tutti gli altri interventi discendenti dagli altri programmi negoziati territoriali e piani complessi urbani. • La creazione di progetti in cui le previsioni dei piani territoriali, ambientali e paesistici trovano immediata esecuzione attraverso il loro eventuale inserimento nel POR Sicilia 2000-2006: accelerazione delle procedure di progettazione ed esecuzione delle opere previste nei PPA e/o previsione di azioni e regimi di aiuto come completamento o potenziamento delle opere infrastrutturali previste dai piani, (ecc.). • Redazione di proposte di modifica di azioni dei programmi di iniziativa regionale (come i Progetti Integrati Regionali ad esempio) o dei PIR rispetto agli esiti dell’interpretazione conseguente alla rappresentazione dei dati del Sit. Riferimenti bibliografici ARTA (2003), Rapporto dal territorio 2003. Sicilia, Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, Dipartimento Urbanistica, INU, Roma. Becattini G. (1987) (a cura di), Mercato e forze locali: il distretto industriale, il Mulino, Bologna. Becattini G. (1989) (a cura di), Modelli locali di sviluppo, il Mulino, Bologna. Camagni R., Capello R. (1998), Strategie di competitività territoriale: il paradigma a rete, Seat. Caroli M.G. (1999), Il marketing territoriale, Angeli, Milano. Cassano F. (1996), Il pensiero Meridiano, Laterza, Roma-Bari. Colombo G., Pagano F., Rossetti M. (2001), Manuale di urbanistica, Strumenti urbanistici, tecnica, legislazione, procedure e giurisprudenza, Il Sole 24 ORE, Milano. DiCoTer - INU (2000), Rapporto sullo stato della pianificazione del territorio 2000, Ministero dei Lavori Pubblici, direzione Generale del Coordinamento Territoriale, INU, Roma. Golfetto F. (1996), “Un marketing per le città? Riflessioni sulla nascita di una disciplina”, in Economia & Management, n.5. Hardt M., Negri A. (2002), Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Rizzoli, Milano. Hirsh F. (2001), I limiti sociali allo sviluppo, Bompiani, Milano; tit. orig.: Social Limits to Growth , Twentyeth Century Fund, 1976. Magnaghi A. (2000), Il progetto locale, Boringhieri, Torino.

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Morandi C. (1993), I vantaggi competitivi delle città, Angeli, Milano. Premazzi K. (2000), “Il cyber-marketing territoriale”, in E. Valdarani e F. Ancarani (2000) (a cura di), Strategie di marketing del territorio. Generare valore per le imprese e i territori nell’economia della conoscenza, Egea, Bocconi, Milano. Properzi P. (2003) (a cura di), Rapporto dal territorio 2003, INU, Roma. Klein N. (2000), No-Logo, Baldini & Castoldi, Milano. Kotler P., Scott W.G. (1992), Marketing Management, Isedi, Torino. Kotler P., Haider D.H., Rein I. (1993), Marketing Places, The Free Press, New York. Kotler P., Asplund C., Haider D.H., Rein I. (1993), Marketing Places Europe, Prentice Hall, London. Rist G. (1996), Le Developpement. Histoire d’une croyance occidentale, Presses de la Fondation Nazionale des Sciences Politiques, Paris; tr. it.: Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale, Bollati Boringhieri, Torino, 1997. Sassen S. (1997), Le città nell’economia globale, Il Mulino, Bologna. Urbani L. (2003), Habitat, Sellerio, Palermo.

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PREMESSE METODOLOGICHE AL MARKETING DAL TERRITORIO. Daniele Gulotta

Introduzione La terminologia de-territorializzazione, de-contestualizzazione, desocializzazione e così via è indicativa di un fenomeno contigente e per il quale si ritiene necessario un approccio diverso rispetto ai rapporti con il territorio. Nel recente passato a partire dagli inizi degli anni ‘90 abbiamo assistito ad una esplosione di fenomeni legati al processo di globalizzazione che ha investito tutti i settori del vivere quotidiano e le politiche strategiche che facevano e fanno tuttora riferimento ad un orientamento oramai diffuso in tutto il mondo. In questi stessi anni gli osservatori si sono suddivisi in “favorevoli” al villaggio globale, nella speranza che tale processo avrebbe finalmente portato benessere ovunque, la pace li dove si combatte, distribuendo ricchezza ove invece permane uno stato cronico di povertà e così via; o “non favorevoli”, dall’altra parte, che contrasta quello che viene definito con termini dispregiativi “omologazione del pensiero unico”. Buona parte del dibattito sulle politiche da mettere in campo e di marketing territoriale si è basato sul fatto che l’uso di nuove tecnologie permette di fatto la dislocazione delle attività direzionali di gestione anche in luoghi lontani rispetto ai siti in cui sono invece erogati i servizi. La distribuzione delle ricchezze è così determinata, non tanto dalle presenze delle risorse reali, ma dalla capacità di un territorio di offrire servizi ed infrastrutture. In questo ultimo caso tali aree, spesso coincidenti con le grandi città, possono essere elevate al grado di imprese allocate altrove, infatti si può condividere che la «città impresa trasferisce così sul piano urbano i meccanismi della competizione generata dalla globalizzazione dei mercati» (Scandurra, 1977). 251


Durante un decennio di dibattito concentrato sui due schieramenti diametralmente opposti, l’effetto invadente del processo di globalizzazione è andato avanti con una velocità spaventosa, tanto da fare emergere una linea intermedia, che ha risvegliato un interesse verso i localismi e le tradizioni culturali. Il percorso è complesso, e tra l’altro sono coincise in un determinato momento interessi locali e interessi istituzionali costituendo un fenomeno che ha permesso il fiorire di iniziative dal basso con il carico di dinamismo relazionale che oggi rappresenta la vera ricchezza dei territori. Stiglitz (2001), più volte citato, fa una disamina molto accurata dei meccanismi che muovono le economie mondiali, analizza gli effetti della globalizzazione puntando il dito accusatorio non tanto sul processo in sé, ma su come esso è stato gestito, quali gli interessi dominanti e quali politiche poste in essere. Infatti spesso la gestione di questi processi è stata pesantemente condizionata dagli “interessi dominanti”, i quali hanno orientato le politiche per lo sviluppo dei paesi terzi e quarti. Dalla lettura del libro emerge in conclusione la necessità di una politica più vicina al territorio, che sia comunque di affiancamento al processo di globalizzazione e che sia teso anche a valorizzare i prodotti locali, mestieri tradizionali e non. Bisogna anche tenere presente che il momento contingente registra un’anomalia fra tutte, che può innescare una spirale pericolosa. Siamo condannati a crescere! E’ notizia giornaliera quella in cui i Paesi rivedono continuamente i conti sulla base di parametri rigorosamente di crescita, che oramai si raggiungono, quando ciò è possibile, a fatica. L’industria vive un momento di crisi, i costi del lavoro e di produzione sono alti, le imprese chiudono ed in alcuni casi si trasferiscono all’estero dove la manodopera è più a basso costo. Rimane ancora un altro aspetto che porta ad ulteriori riflessioni ed è relativo al tempo per il consumo di un bene. esso è più lungo rispetto ai tempi di produzione (Stefano Zamagni), il che se sommato agli altri fattori legati alle sofferenze delle impresa, i continui licenziamenti, va da se che stando così le cose, ipotizzare un trend di crescita risulta alquanto improbabile. In questo quadro, dare un impulso di dinamismo, significa iniziare da dimensioni vicino agli attori, abbracciando le sfere di una realtà locale che comprende la lavorazione e trasformazione di prodotti agroalimentari oltre al recupero di patrimoni storici. I centri storici hanno già la predisposizione per contenere le piccole attività e sono nati e evoluti tenendo conto proprio di questo modo di vivere la città. Le Relazioni Al di là di quanto espresso in questo testo, la Sicilia ha vissuto questo nuovo corso che effettivamente ha sviluppato una nuova linea di pensiero permeando la clesse dirigente e, cosa più importante, trova riscontro alla base attraverso 252


innumerevoli iniziative di privati, attraverso richieste incessanti di miglioramento di infrastrutture e dei servizi. In altre parole è venuta fuori una domanda di rilancio delle risorse reali. Altro ordine di problemi, invece, è la messa a sistema di queste iniziative. In questo campo si sono riscontrate, e si riscontrano tuttora le maggiori difficoltà. Piani Regolatori inesistenti, o impigliati in trafile burocratiche infinite, scarsa capacità organizzativa, eccessiva proliferazione di strumenti di programmazione a cascata e con tempi troppo lunghi. In ogni caso è emersa la volontà di mettersi in gioco affiancando un processo ad alta velocità, come quello della globalizzazione. E’ un’offerta al mercato che viene dal basso e proviene da una conoscenza profonda del territorio e delle proprie risorse reali. E’ una promozione che trae origini dal territorio. Un “marketing dal territorio”. Le antiche popolazioni, con un sistema ben studiato di torri avevano messo a punto un sistema di segnali a “triangolazioni” per mettere al corrente i diversi presidi territoriali di quanto fosse necessario predisporre per le difese. La Sicilia è ad esempio costellata da un sistema di torri che attraverso segnali luminosi o di fumo, a seconda se di notte o di giorno, trasmettevano segnali per allertare gli altri su minacce di invasioni nemiche (ecc.). L’uomo e le civiltà hanno avuto l’urgenza di acquisire nuove conoscenze e di avere rapporti con altri popoli. Quando ancora i viaggi erano grandi incognite c’erano grandi spostamenti e il mare Mediterraneo diventa un elemento di “congiunzione” più che un elemento che separa le diverse coste che vi si affacciavano (Braudel, 1996). Questi due esempi di relazioni alle diverse scale manifestano una necessità di cambiare sistema sempre presente nella storia dell’uomo e ne ha anche determinata la crescita e lo sviluppo. Popoli come i fenici, i cartaginesi, i greci (ecc.) hanno avuto un posto privilegiato nella storia soprattutto per avere intuito e messo in atto un sistema di relazioni commerciali e culturali senza precedenti e la ricchezza che ci hanno tramandato è in evidenza al nostro sguardo e le città dell’Europa si sono evolute con gli scambi all’interno ed all’esterno del loro territorio. La domanda dell’offerta. La presa di coscienza delle proprie possibilità unita ad una crescente conoscenza delle risorse reali, ha dato, timidamente dei risultati sul piano di un dinamismo produttivo che oggi, girando per eventi di piazza nei diversi paesi della Sicilia, si riscontra facilmente la presenza dei prodotti locali. La programmazione di interventi intersettoriali mirati e concentrati su una competizione nel mercato per la riappropriazione delle risorse reali, valorizza, anche con una mirata azione di marketing territoriale, i patrimoni storico-

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culturali e rilancia così l’offerta turistica, ma anche l’agricoltura e l’artigianato. Nei mercati finanziari e nelle politiche per gli investimenti, la localizzazione ha avuto un ruolo marginale. Con le nuove tecnologie legate alla telematica, le barriere spaziali sono abbattute e la gestione delle imprese può avvenire dovunque, anche a diverse migliaia di chilometri dal luogo in cui viene erogato il servizio. A questa progressiva de-territorializzazione, si è giustamente contrapposto un processo di conoscenza complessiva delle potenzialità locali, importante per rendere l’area attraente, relazionarla alle reti di collegamenti infrastrutturali moderni e arricchire il territorio di sistemi interconnessi, e proporre così ai visitatori un susseguirsi di microcentralità, di cui il territorio siciliano è ricco. Il comportamento della domanda turistica è cambiato e soprattutto si è diversificato, è divenuto più esigente e orientato a formule di offerte integrate. La individuazione e valorizzazione dei patrimoni culturali e naturali costituisce infatti un interessante campo operativo per migliorare la qualità dell’offerta turistica per rafforzare lo sviluppo locale attraverso un coordinamento fra soggetti pubblici e privati in una convergenza sinergica in grado di interagire fra loro per il raggiungimento degli obiettivi. Questo processo di qualità (Naselli, 2001) consente di individuare una linea di sviluppo economico e sociale all’interno di un quadro di sostenibilità che mette in campo un altro soggetto di riferimento: l’utenza. I tre elementi che compongono il mosaico dell’offerta turistica sono infatti l’utenza, il territorio e il processo di qualità. L’utenza Una caratteristica recente è che la domanda di qualità proviene dal basso e tende ad influenzare le scelte sul territorio. Come sosteneva Adamo Smith il “lavoro umano di ogni Paese è la fonte di ogni incremento di ricchezza e fornisce il fondo al quale si attingono i mezzi di consumo”. In pratica l’utente è il nuovo/vecchio attore delle trasformazioni in atto e tende sempre più a governarle piuttosto che subirle. Questo processo vede che l’utenza/protagonista ha acquistato un valore fondamentale per creare quel processo di presa di coscienza delle proprie risorse locali, tenendo in scacco quel processo di globalizzazione che fino a pochi anni fa sembrava dovesse capovolgere inesorabilmente tutta l’economia (e non solo) mondiale. Il territorio Oggi è tenuto in debita considerazione il valore della dimensione locale, alla quale viene riconosciuto anche il ruolo strategico per lo sviluppo e per la crescita culturale e sociale. 254


Anche nella legge 135 del 29 marzo 2001, sulla riforma della legislazione nazionale del turismo, il sistema locale, sia esso territoriale che delle imprese e degli spazi rurali, è considerato centrale per il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico e occupazionale del Paese nel contesto Internazionale e della UE. Si parla infatti di Sistemi Turistici Locali, indicando con questa definizione ambiti territoriali che comprendono contesti turistici omogenei o integrati, caratterizzati dall’offerta turistica integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale o dalla presenza di imprese turistiche singole o associate. Già nel Progetto Integrato Regionale (PIR) è indicato, quanto riportato dalla suddetta legge, come obiettivo da raggiungere. La mappatura evidenzia per la prima volta i Sistemi Turistici Locali, con un’analisi della dislocazione dei centri di agriturismo, del turismo rurale, delle emergenze architettoniche rurali, per intravedere una verosimile valorizzazione di beni culturali e, in generale, di tutte le risorse reali dei territori. Conclusioni L’avvio del processo di qualificazione complessiva per i territori dipende dall’efficacia delle azioni sinergiche dell’utenza sul territorio e, ciò comporta il ricorso a riflessioni ulteriori considerando accanto alle scienze del turismo e della pianificazione territoriale anche elementi di teoria sociale ed economica. Il processo di qualità infatti si può definire come quella naturale tendenza che ha l’uomo al miglioramento del proprio livello di vita, individuando un modello di sviluppo. La forza relazionale interna fa capire come un sistema, se è vitalizzato e mette a frutto le potenzialità proprie, tende di conseguenza a gestire le azioni del territorio mettendo in campo le premesse concrete di vere e proprie strategie di marketing territoriale. A questo punto appare chiaro che tali strategie, che normalmente prevedono analisi ed azioni di aggressione del mercato in una logica di competizione e concorrenza anche a danno di altri sperimentate da agenti esterni, in questo caso siano il frutto di conoscenza del proprio patrimonio e di una promozione dall’interno verso l’esterno. Come la disponibilità formale ai mutamenti presenta il grande vantaggio di far convergere sulla configurazione fisica il rapporto fra ipotesi di intervento e territorio234 indica quali interveni e su quali risorse gradualmente orientarsi per un armonico sviluppo. 234

Giuseppe Samonà, “una cultura per conciliare tradizioni e innovazioni” – in “urbanisti italiani” a cura di P. Di Biagi, P. Gabellini – edizioni Laterza, 1992

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Riferimenti bibliografici Braudel F. (1996), Mediterraneo, Bompiani, Milano. Naselli F. (2001), Il processo di qualità per la città del XXI secolo, Reggio Calabria. Scandurra E. (1997), La città del terzo millennio, La Meridiana, Roma. Mutti A. (1998), Il capitale sociale, Il Mulino, Bologna. Stiglitz J. (2003), La globalizzazione ed i suoi oppositori, Einaudi, Torino. Samonà G. (1992), “Una cultura per conciliare tradizioni e innovazioni”, P. Di Biagi e P. Gabellini, (a cura di), in Urbanisti italiani – edizioni Laterza, Bari. Martelli S. (1999), Sociologia dei processi culturali. Lineamenti e prospettive La scuola, Brescia. Camagni R. (2000), Principi di economia urbana e territoriale, Carocci, Roma.

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VERSO LA COSTRUZIONE DI UN TOOL KIT PER LE STRATEGIE DI MARKETING TERRITORIALE PER LO SVILUPPO DEL TURISMO RELAZIONALE IN SICILIA. Giada Bini

Riflessioni sul sistema turistico siciliano La vocazione turistica della Regione Siciliana è un dato ormai consolidato, non altrettanto consolidata è stata l’efficacia nella determinazione di significativi flussi incoming della sua programmazione e pianificazione nel settore turistico, in considerazione del fatto che queste ultime affondano le loro radici negli anni ‘50 e ‘60 del secolo appena passato. La Sicilia ad oggi risulta tra le regioni a più alto potenziale turistico, ma tale potenzialità di per sé non basta ad attivare il processo di trasformazione da risorsa in valore. Secondo una logica lineare questa trasformazione passa attraverso le seguenti fasi235: • individuazione di risorse presenti sul territorio, considerando anche codesto come risorsa; • visibilità; • fruibilità; • prodotto; • promozione - commercializzazione; • mercati.

235 Le fasi a cui si fa riferimento sono quelle individuate da Marco L. Girolami, direttore del Centro Studi TCI, all’interno del suo intervento “Qualità e integrazione di prodotto nei Sistemi locali d’offerta turistica: un modello per la Provincia di Lucca” presentato per la ConferenzaProvinciale del Turismo Fare sistema nel turismo che cambia, tenutosi a Lucca il 24 gennaio 2003.

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Ad oggi, la Sicilia nel suo complesso è in una fase in cui è avviata l’individuazione delle risorse ed è consolidata la coscienza per chi vi opera di trovarsi in un territorio speciale, ad alta vocazione turistica. La visibilità in parte esiste, per motivi storici, non per ultima, la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo e la sua insularità che facilitano il processo di localizzazione ed identificazione da parte del turismo straniero, fatto che risulta anche dai dati dell’indagine Doxa condotta nel 2002236, per la quale la Sicilia risulta essere la prima delle regioni del Sud Italia quanto a livello di notorietà in relazione alle categorie d’indagine “C’è stato” e “Ne ha sentito parlare”. Sul piano della fruibilità, solo un’esigua percentuale di luoghi “risorsa” può dirsi fruibile al pubblico, secondo standard di qualità ormai richiesti alle zone turistiche che vogliano accedere nel mondo della competitività globale ed affermarsi in questo settore. Il prodotto risulta uno dei termini più deboli della catena. Attraverso la disamina condotta sulle pubblicazioni di carattere turistico relative alla promozione del territorio insulare, emerge un’offerta frammentaria e polverizzata all’interno della quale il turista medio trova non poche difficoltà nell’orientarsi, viene proposta un’offerta di territori, di paesaggi, storia e cultura, ma ancora non supportati da un’offerta di prodotti vendibili. La prospettiva secondo la quale il turista delle società post-industriali desidera un prodotto flessibile che gli consenta una scelta il più aderente alle sue esigenze ed aspettative si può considerare vera, ma questo presuppone livelli di organizzazione relazionale adeguati in grado di garantire qualità e sicurezza del prodotto. Per ciò che concerne le politiche di promozione e commercializzazione, occorre fare un distinguo tra quelle attuate a livello istituzionale e quelle a livello imprenditoriale. Gli organi della Pubblica Amministrazione assolvono al compito attraverso la promozione dell’immagine “Sicilia”, fondamentale per acquisire la visibilità prima detta, questa ad oggi presenta margini di implementazione nella fase di commercializzazione; a livello aziendale e di cooperazione interaziendale, a parte poche realtà, è di scarsa rilevanza, queste non risultano presenti nelle manifestazioni di carattere nazionale ed internazionale, pur essendo disponibile un supporto istituzionale che gli consenta di avere degli spazi, la commercializzazione è una fase che ha bisogno di una maggiore impegno.

236 Doxa, Conoscenza del Sud Italia, 2002. Le regioni prese in considerazione sono: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna, il primato spetta alla Sicilia seguita dalla Sardegna, in Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2003), Rapporto sul turismo in Sicilia, Mercury s.r.l., Firenze.

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Il Rapporto sul turismo in Sicilia del 2003237 ha sintetizzato nei seguenti punti le regole generali da tenere presenti nella fase di promo-commercializzazione della regione: • i flussi turistici incoming vengono generati e governati dai paesi di origine e non da quelli di destinazione; • la quota di mercato più rilevante è costituita dal turismo di prossimità stimabile nel 60% dell’intero flusso, ed esso risulta non guidato da politiche mirate ma da un naturale regolamentazione del mercato, • l’intermediazione turistica individua due macrosegmenti di domanda leisure (vacanza) e business (affari); • ogni paese di origine dei flussi presenta propensioni differenti riguardo ai prodotti e al luogo di destinazione all’interno del panorama nazionale. Una componente importante è data dalla strutturazione dell’offerta. Occorre riflettere sul fatto che se si considera vero che secondo le regole prima esposte il flusso viene organizzato dal paese di origine è anche ipotizzabile uno scenario in cui, con una strutturazione adeguata dell’offerta del luogo di destinazione, questo abbia maggiori possibilità di allargare il proprio mercato di riferimento di incidere, significativamente, sulla prima regola. Con pochi punti di offerta è possibile raggiungerne solo alcuni nel mercato estero, ed è più immediato l’inserimento all’interno del contesto dei flussi regionali, ciò provoca una competizione all’interno del sistema turistico regionale. Per innescare un processo di coesione e cooperazione è necessario raggiungere una massa critica tale da poter consentire una presenza qualificata nei mercati esteri, con il supporto degli organi istituzionali e con spinte verso la costruzione di una relazionalità organizzata. La presenza nei mercati internazionali, va posta come obiettivo sia istituzionale, sia come obiettivo imprenditoriale perseguito attraverso un’azione capillare attuata per mezzo di accordi e contratti con operatori stranieri in grado di commercializzare i prodotti turistici regionali, una internazionalizzazione delle imprese, si rende sempre più pressante. La rivoluzione culturale nel turismo Della rivoluzione culturale nel turismo stiamo cominciando a vedere i percorsi. Le premesse alla rivoluzione suddetta provengono da varie direzioni anche non strettamente settoriali, ma che vedono nella formulazione del concetto di sostenibilità l’origine di ciò. Sostenibilità che è entrata come paradigma di riferimento nelle politiche non solo nel settore turistico, e che hanno influenzato i comportamenti e le scelte di una considerevole parte del mercato. 237 Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2003), Rapporto sul turismo in Sicilia, Mercury s.r.l., Firenze.

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Se con la prima legge di ordinamento del turismo la n° 217 del 1983 in Italia, si pone attenzione alla tipologia di imprese turistiche, secondo la concezione per la quale le imprese turistiche sono quelle che svolgono attività di gestione di strutture ricettive ed annessi servizi turistici, le attività di T.O., AdV e guida turistica, con la riforma in materia di turismo operata attraverso la legge nazionale n°135 del 2001238 ed il suo decreto attuativo il D.P.C.M. del 13 settembre 2002239 prevede l’attribuzione del carattere turistico alle imprese in base alla tipologia di attività svolta. La legge 135/2001 promulgata a cavallo della riforma costituzionale, che modifica i rapporti Stato – Regioni, introduce all’art. 5 l’istituzione dei Sistemi Turistici Locali come “contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate”; lo stesso articolo al punto 3 afferma che le regioni provvedono a riconoscerli “nell'ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l'integrazione tra politiche del turismo e politiche di governo del territorio e di sviluppo economico” e che una delle finalità che si prefigge e quella di “attuare interventi intersettoriali ed infrastrutturali necessari alla qualificazione dell'offerta turistica e alla riqualificazione urbana e territoriale delle localita' ad alta intensita' di insediamenti turistico-ricettivi”. La Regione Siciliana ancora non ha recepito la legge quadro, nelle proposte di legge presentate all’A.R.S. si riscontra un orientamento per il quale agli STL venga attribuita la configurazione di entità turistica piuttosto che una dimensione territoriale. Nella Tab. 1 vengono riportate delle configurazioni di offerta (Tamma, 2003), che sintetizzano le caratteristiche assunte da tre tipologie quali il one-to-one, il network ed il package, riguardo agli aspetti relativi alla composizione del prodotto, alle relazioni che il turista instaura con il sistema ed le relazioni che s’instaurano all’interno del sistema, al tipo di governo del sistema, alla visibilità e promozione del prodotto e all’apprendimento nel sistema. Il one-to-one è caratterizzato da un prodotto che viene concepito dal turista e poi assemblato da questo tenendo in considerazione il proprio budget e le offerte disponibili sul mercato che soddisfano le sue aspettattive di viaggio, quindi potrà comporre il suo viaggio relazionadosi con tutti gli attori di offerta 238 Legge del 29 marzo 2001, n° 135, Riforma della legislazione nazionale del turismo, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n° 92 del 20 aprile 2001, serie generale. 239 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 settembre 2002, Recepimento dell’accordo fra lo Stato, le regioni e le provincie autonome sui principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n° 225 del 25 settembre 2002.

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individuati, dal trasporto all’alloggio, dalla ristorazione a tutti gli altri servizi turistici necessari, evidentemente non tutti verranno acquistati o individuati prima della partenza e potranno essere integrati all’arrivo nel luogo di destinazione. All’interno del sistema di offerta non si generano relazioni e quindi un suo controllo non è perseguibile. Il prodotto ha una visibilità debole e la sua promozione altrettando per la natura del prodotto stesso che è confezionato ad hoc dal turista o da alcuni T.O. specializzati in prodotti su misura. La crescita in termini di Know-how è alimentata dall’esperienza individuale dei singoli attori non essendo una configurazione che preveda un sistema di relazioni. Il Network è caratterizzato da un prodotto che viene concepito ed assemblato dagli attori dell’offerta e dal turista, ovvero un insieme di attori creano un set di proposte all’interno del quale il turista può scegliere componendole come preferisce, quindi potrà comporre il suo viaggio relazionadosi con il network. All’interno del sistema di offerta si generano relazioni tra gli attori che compongono il network ed è quindi possibile un suo controllo, volto al monitoraggio, valutazione ed eventuale revisione del sistema nei punti necessari. Il prodotto assume maggiore visibilità e la sua promozione può essere sostenuta in modo più efficace che nel one-to-one. La crescita in termini di know-how è alimentata dall’interazione fra gli attori del network (tabella 1). Il package, secondo la declinazione del pacchetto tutto compreso, è caratterizzato da una impresa pivot, la quale assolve al compito di comporre il prodotto che viene offerto al turista al quale resta solo la possibilità di scegliere all’interno delle opzioni previste dall’impresa, gli attori locali si relazionano individualmente con l’impresa in qualità di fornitori locali soprattutto di beni deperibili o di manodopera non specializzata. Questa è la configurazione che ha il maggiore grado di controllo e per cui da maggiori garanzie nel rispetto degli standard acquistati dal turista. La visibilità e la promozione del prodotto sono gestiti dall’impresa pivot e per cui dipendono dalle pollitiche operate da questa sul mercato. La crescita in termini di know-how si realizza attraverso l’interazione tra attori locali ed impresa pivot. Il valore che gli STL possono avere nella configurazione di un modello di offerta di tipo reticolare è significativo. Dal confronto tra queste tre tipologie di offerta turistica, emerge come il sistema a rete o network, sia in grado di offrire alle economie locali uno sviluppo secondo linee non omologanti e con un maggior grado di sostenibilità.

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Tab. 1 – Configurazioni del sistema di offerta Configurazione

One-to-one

Network

Package (inclusive tours)

dal turista come cliente indipendente

dagli attori dell’offerta e dal turista

da una impresa pivot

dal turista stesso

dagli attori dell’offerta e dal turista,

da una impresa pivot

Caratteristiche Prodotto è concepitoideato Composizione del prodotto

un aggregato di attori lavora insieme per creare un set, al cui interno il turista sceglie

Prodotto è assemblato

Relazioni

Governo del sistema

Visibilità – promozione del prodotto Apprendimento nel sistema

Turista con ogni singolo attore di offerta.

Turista con il network

Turista con l’impresa pivot

Non ci sono realzioni fra gli attori dell’offerta

Fra gli attori che partecipano al network

Non ci sono relazioni tra gli attori locali

Non è possibile un controllo significativo

Gli attori dell’offerta e il turista che si relazionano con il network hanno aumentato il grado di controllo

Controllo elevato

debole

Più forte che nel one-toone

forte

Solo dall’esperienza individuale dei singoli attori

Dall’integrazione fra attori

Solo dall’integrazione degli attori con l’impresa pivot

Gli attori locali hanno relazioni con l’impresa pivot

Fonte: Tamma M. (2003). Riferimenti bibliografici Girolami M. G. (2003), “Qualità e integrazione di prodotto nei Sistemi locali d’offerta turistica: un modello per la Provincia di Lucca”, atti della Conferenza Provinciale sul Turismo Fare sistema nel turismo che cambia, Lucca. Provincia Regionale di Palermo – Azienda autonoma provinciale per l’incremento turistico di Palermo (2003), La normativa turistica in Sicilia. Vademecum del quadro normativo nel comparto turistico. Raccolta della legislazione nazionale e regionale., Nuova Graphicadue s.r.l., Palermo. Provincia Regionale di Trapani – Azienda autonoma provinciale per l’incremento turistico di Trapani (2003), Trapani Hotel 2003-2004.,Trapani. Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2001), Alberghi di Sicilia 2001-2002. Vademecum della ricettività alberghiera

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ed extra alberghiera in Sicilia., Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti, Palermo. Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2001), Primo rapporto sul turismo in Sicilia, Mercury s.r.l., Firenze. Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2003), Rapporto sul turismo in Sicilia 2003, Mercury s.r.l., Firenze. Tamma M. (2003), “I sistemi locali di offerta turistica: problemi di strategia e managment�, in Atti del convegno Marketing del territorio e sistemi locali di offerta turistica, TSM, Trento. Urbani L. (2003), Habitat, Sellerio Editore, Palermo.

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PAESE ALBERGO E TURISMO RELAZIONALE. Salvatore Scalisi

Premessa Ogni concetto, in specie se nuovo, che si affaccia sullo scenario sociale, scientifico ha necessità di un suo tempo per affermarsi, ma soprattutto per definirne i suoi contenuti, i suoi contorni. E’ così anche per il turismo sostenibile. Sostenibile rispetto a chi?,a cosa? Quale è la migliore sostenibilità, quella economica? Quella sociale? Esiste un concetto di sostenibilità valido di per se ovunque? Un gioco di domande e di risposte alle quali, in tanti partecipiamo cercando di proporre risposte, di offrire spunti di riflessione per definire contenuti. Il turismo relazionale, è certamente una metodologia ed un approccio opportuno per lo sviluppo di una cultura della sostenibilità umana e sociale, turistica ed economica, delle quali non bisogna sottovalutare la portata e gli effetti diretti ed indotti, immediati e differiti, che potranno avere nella nostra regione. Ad una “rete” di masserie, bagli, casolari ecc, nelle quali la centralità dell’operatore che la gestisce, che la “offre” è fondamentale, in uno al territorio nel quale egli e la sua struttura sono insediati, noi desideriamo aggiungere, come usa fare con le “reti” l’offerta dei Paese Albergo o come altri la chiamano dell’albergo diffuso. Non è, per me, un problema quale nome si da alle cose, purché siamo d’accordo sul significato che attribuiamo alle stesse, al concetto (in questo caso anche al modello progettuale) che la parola sintetizza, rappresenta. Allora un pò di storia. 265


La storia dell’idea paese albergo L’idea del paese albergo nasce dalla iniziativa della Amministrazione Provinciale di Palermo verso la metà degli anni 70. Non è superfluo ricordare che in quegli anni eravamo molto lontani dalle intuizioni di Marketing turistico che oggi sono ampiamente diffuse. L’Amministrazione provinciale,aveva come obiettivo quello di sviluppare una ricettività extralberghiera diffusa, sia in campagna che nei paesi della provincia, anche al fine di restituire valore economico all’edilizia abitativa della provincia palermitana, ed emanò un bando che utilizzando le regole giuridiche dell’affittacamere, concedeva contributi a coloro che ristrutturando una parte della loro abitazione e sottoscrivendo un apposito atto d’obbligo si impegnavano a ospitare, dietro corrispettivo, turisti. Quando il gruppo di progetto del quale ho fatto parte si trovò di fronte a questa realtà, puntiforme e diversificata nelle sue componenti ( ogni casa era diversa nella sua location come nella sua distribuzione interna) ogni paese era diverso ecc, notò e sottolineò il primo vero punto di debolezza del sistema : mancava un’offerta complessiva, nel senso che mancava una offerta strutturata ed organizzata. La stessa era lasciata alla libera iniziativa dei singoli, e ai singoli era lasciato anche il compito di ricercare sul mercato i clienti e di gestire la loro permanenza, di gestire in una parola accoglienza e ospitalità. Impossibile per tanti piccoli operatori, singolarmente intesi, nel periodo di maggior sviluppo del turismo di massa e dei tour operators. Non fu possibile però, per una serie di circostanze e di concause sviluppare il sistema a rete, disporre di un’offerta organizzata e gestita imprenditorialmente, e il tentativo di promocommercializzazione svolto da un organismo di turismo sociale (Etsi Cisl) di immettere tali strutture sul mercato ebbe successo solo per le strutture che erano collocate in località Balneari .(es. Terrasini) Nei primi anni 80, sempre per la sinergia tra il gruppo di progetto e un organismo di turismo sociale (Etsi Cisl), con il contributo della Camera di Commercio di Ragusa, fu messo a punto un modello di Paese Albergo, attraverso uno studio completo e puntuale del territorio di Marina di Modica. Il progetto, raccolse la disponibilità di circa 150 proprietari di seconde case e una offerta di oltre 600 letti in ville, ma non riuscì a decollare per la indisponibilità della amministrazione comunale di relazionare con il progetto stesso la gestione degli impianti sportivi, delle spiagge, degli eventi e quant’altro sarebbe servito a far funzionare il progetto. Dall’idea dei contributi della provincia di Palermo si era passati infatti all’idea del Villaggio turistico senza recinti ( villaggio turistico esploso…) in cui ogni attività avrebbe dovuto essere coordinata dalla struttura (cooperativa locale) che si proponeva come gestore dell’iniziativa. 266


Dai primi anni 80, alla metà degli anni 90, il progetto cade, per noi almeno, nell’oblio, sino a quando l’Amministrazione provinciale di Palermo, non decise di rispolverare il suo intervento e avviare un giro di consultazioni finalizzato ad emanare un nuovo bando per assegnare contributi a cittadini che si volessero mettere in gioco dal punto di vista turistico, divenendo affittacamere. Nasce nel 1997 così, in risposta a tale iniziativa della amministrazione provinciale, l’associazione Paese albergo (Associazione Siciliana Paese albergo – A.Si.Pa) che ha raccolto le esperienze di cui abbiamo dato conto, con lo spirito di associare i “vecchi” beneficiari dei contributi della provincia di Palermo, come associazione di tutela degli interessi di tali soggetti, nella quale entrarono a far parte anche esperti di marketing turistico ed altri professionisti. Da li, dalla costituzione in poi la storia dell’associazione è una continua evoluzione. Iinfatti da associazione di “interessi corporativi” , si è trasformata in Club di prodotto ( club di prodotto dell’ospitalità familiare), ha promosso interventi che hanno portato alla emanazione delle normative sul B&B, ha superato la logica del singolo operatore per concentrare la propria azione verso l’affermazione di due concetti: 1. la diffusione della cultura della ospitalità familiare, di strutture di accoglienza ed ospitalità a gestione familiare e conseguentemente la realizzazione, come sistema, di una offerta qualificata di ospitalità familiare; 2. il territorio luogo centrale dell’offerta turistica, ovvero ricordare ai tanti che il prodotto turistico non è costituito dalle strutture dell’offerta che vi insistono, ma dal territorio stesso, nel quale le strutture ricettive, dell’accoglienza e dell’ospitalità costituiscono gli strumenti di fruizione, di “lousir”, in una logica di sostenibilità, intanto antropica proprio per le caratteristiche dell’ospitalità familiare che tanto hanno in comune con il turismo relazionale e del quale sono una parte. Le ragioni del progetto Il viaggiatore del terzo millennio vuole soddisfare il proprio bisogno di conoscenza quasi mimetizzandosi con la popolazione locale e desiderando emozioni che solo il contatto diretto con l’ambiente scelto gli può dare. Il turismo rappresenta oggi un importante settore dell’attività economica su scala internazionale e tutto lascia supporre che per molte realtà possa diventare, nel prossimo futuro, il settore trainante dell’economia delle stesse. Negli ultimi anni si è avuto un incremento delle offerte indirizzate ad un preciso settore di mercato, quello più facoltoso (residence, alberghi, ecc.), che ha comunque portato, a breve termine, benefici per le popolazioni delle zone interessate. Tuttavia si possono evidenziare fenomeni di eccessivo sfruttamento di alcune zone turistiche con contemporaneo degrado ed emarginazione per la maggior parte del territorio non interessato da tali flussi: si è assistito a uno 267


svuotamento di realtà territoriali che ancora oggi hanno caratteristiche di grande interesse. La nostra ipotesi di lavoro consiste nel trasformare questo punto di debolezza in un punto di forza della realtà siciliana con il progetto/prodotto Paese Albergo, progetto basato su un modello di sviluppo privo di recinti e basato soprattutto sul desiderio di conoscenza permettendo cosi una reale distribuzione della ricchezza generata dai nuovi flussi turistici (botteghe artigiane, fornaio, trattoria, ecc…). Tutto ciò passa attraverso il concetto di “albergo” e di ricettività. Proprio come in un albergo dovremo infatti sapere accogliere ed alloggiare i viaggiatori del terzo millennio secondo standard qualitativamente validi, anche se le nostre camere non saranno più al terzo o quinto piano ma ridistribuite tra le vie e tra le abitazioni dei nostri paesi; un luogo dove non ci dovrà essere più un ristorante che funzioni ad orari prestabiliti, ma dieci trattorie con cento tavoli imbanditi nei luoghi e negli spazi più accoglienti e più desiderati, dove poter gustare le specialità del luogo prodotte e preparate da gente del luogo; un luogo dove gli anziani del paese potranno trasferire ai giovani cultura e tradizioni per renderle disponibili a loro volta ai visitatori del terzo millennio che potranno in piena autonomia entrare a far parte di una realtà che li ha saputi affascinare ed attrarre. Ma per far ciò dovremo saper “frammentare” la nostra capacità ricettiva, distribuendola sul territorio e tra la gente attraverso un percorso che dalla formazione porti sino alla creazione di un “Paese Albergo” in grado di accogliere ed ospitare. Infatti questo progetto si prefigge di poter contribuire allo sviluppo territoriale, attraverso la creazione e l’utilizzo di un prodotto turistico che abbia tutti i connotati di valenza economica, organizzato come prodotto integrato grazie all’utilizzo di un Centro di promozione territoriale e al suo collegamento con le reti di commercializzazione (adv e tour operator) e di assistenza (uffici pubblici preposti al turismo). Ciò contribuirà allo sviluppo economico e alla parziale soluzione del grave problema dell’occupazione, oltre che al riassetto del territorio, allo “sfruttamento” dei beni culturali e naturalistici e ad una efficace programmazione degli investimenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Dare vita al Paese Albergo assume il significato strategico della realizzazione di un villaggio turistico integrato con il tessuto urbano di una località, realizzando una valida alternativa alla costruzione di nuove strutture ricettive e rivitalizzando i siti di particolare pregio storico, ambientale e paesaggistico, ottenendo cosi un sistema diffuso di ricettività turistica di “qualità” attraverso il recupero e la riqualificazione del patrimonio storico-architettonico. Il progetto consente inoltre di poter coinvolgere anche le case che oggi sotto utilizzate e spesso costituenti un immobilizzo di capitali. 268


Per quanto riguarda le case, le stesse possono essere sottoutilizzate per varie ragioni: • una casa che diventa improvvisamente grande; • la disponibilità di una casa ereditata che si dovrebbe mettere a frutto; • la seconda casa usata solo per brevi periodo; • il possessore di un alloggio che non si vuole o non si riesce a mettere in locazione; O si può essere spinti a realizzare un B&B per svariate ragioni: • l’emulazione di una esperienza diretta vissuta all’estero come ospite; • un’opportunità di rientrare nel mercato del lavoro per chi è stato espulso; • la necessità di integrare il reddito familiare in presenza di vincoli; • un’occasione di mettere a frutto le proprie capacità; • un’occasione di mettersi in proprio senza investire grossi capitali; • un desiderio di compagnia per persone sole o anziane ma ancora dinamiche; • L’opportunità di sfruttare una normativa locale di acceso ai finanziamenti. Una caratteristica, quindi del Paese Albergo sarà quella di disporre di una serie di posti letto, raccolti all’interno del centro abitato e delle seconde case, di cui i proprietari, se vorranno, potranno cederne l’uso per brevi, medi o lunghi periodi a fronte di un adeguato impegno alla commercializzazione e alla garanzia di redditività. Le attività economiche legate alla ricettività extra alberghiera potranno dare un incentivo, anche al ripristino, al recupero o al restauro delle abitazioni dei centri storici spesso abbandonati alla rovina. Le possibili imprese turistiche ricettive possibili per il Paese Albergo (secondo la L. R. 27/96 art. 3) sono: Alberghi e Motels, Alloggi Agrituristici e Turismo rurale, Affittacamere, Case ed Appartamenti per le vacanze, Case per ferie, Ostelli per la Gioventù, Rifugi alpini Queste strutture rappresenteranno il fulcro della ospitalità e saranno affiancate dalla promozione di interventi per la costituzione di servizi aperti non solo ai turisti, ma anche ai residenti e utilizzabili continuamente nel corso dell’anno Il progetto. Lo schema del progetto richiama le abitudini dei grandi centri vacanza sia marini che montani, tenendo conto in particolare delle condizioni esistenti. Nella preparazione del piano si è tenuto conto dei possibili aspetti problematici e in particolar modo di quelli urbanistici. Infatti il Paese Albergo non potrà essere attivato contemporaneamente in tutte le sue componenti, ma si andrà sviluppando con una visione progettuale e per lotti funzionali. Questa metodologia di lavoro è consigliabile non tanto per l’ostacolo del reperimento dei fruitori, quanto per l’ostacolo dei tempi burocratici ed operativi, 269


necessari per realizzare gli interventi pubblici che concorrono alla definizione del Paese Albergo e che potranno ritardare il raggiungimento di un optimum e quindi creare difficoltà di funzionamento del prodotto Paese Albergo. La metodologia di lavoro inizierà con una approfondita analisi dell’esistente, sia in termini di disponibilità di alloggi, sia delle caratteristiche dei servizi e di quelle urbanistiche e del territorio. Si realizzerà un piano programma che preveda le fasi di attuazione, identificando interventi, priorità e tipologia definitiva da raggiungere. Potrà, così essere formulato un documento d’indentificazione dei fruitori e delle attività da svolgere e/o insediare che tenga conto di tutti le componenti del marketing turistico applicato. Tutto ciò permetterà di organizzare la struttura per la gestione dell’intero sistema e vedrà la partecipazione sia dei proprietari che degli operatori che forniscono i servizi. Questa struttura di gestione ricoprirà, all’interno del nostro progetto, un ruolo importante sia sotto gli aspetti strategici che logistici, perchè dovrà curare il funzionamento dei servizi. In attesa che siano determinate le condizioni per una effettiva fruibilità di un buon numero di alloggi, l’opzione più funzionale ipotizza la realizzazione di un Centro promozionale territoriale (struttura minima di servizio). Ciò permetterà di ridurre e minimizzare gli svantaggi derivanti da una fase di avviamento e di collaudare il sistema. Promozione del territorio e incremento delle presenze. Il progetto si adatta in modo funzionale all’azione di valorizzazione dei centri urbani con il reperimento di posti letto da commercializzare per mezzo del recupero di siti Massimo impegno dovrà essere dedicato alla realizzazione di un’identità di offerta turistica per ogni singola area che, nel rispetto della varietà socioculturale e ambientale delle singole realtà, permetta l’elaborazione di un prodotto turistico fortemente caratterizzato e altamente competitivo oltre a garantire l’organizzazione e la gestione dei luoghi di accoglienza dei turisti. Esperienze maturate in Italia e all’estero permettono di elaborare delle valutazioni sulle opportunità che i servizi e la promozione possono offrire ai centri cui sono proposte. Il Centro di Promozione Territoriale diventerà un luogo di incontro tra: • operatori privati interessati al turismo, sia direttamente che indirettamente; • amministratori pubblici; • cittadini; permettendo agli amministratori pubblici di svolgere un compito istituzionale, che si esplica in questo caso nel determinare le sorti turistiche delle località, e

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ai cittadini stessi di trarre vantaggio economico (diretto e indiretto) dalle attività di turismo. Studi economici ed econometrici hanno evidenziato il valore aggiunto che si attribuisce al territorio nel quale viene posto in essere il turismo, a condizione che tale territorio sia tutelato ed attrezzato allo scopo. Gli svantaggi possibili potrebbero essere gravi: • distruzione del territorio (speculazione edilizia, abusivismo, inquinamento, degrado dei centri storici, emarginazione, ecc...) • rapido consumo della destinazione e conseguente passaggio al mercato secondario o post-turistico. E’ per evitare questo tipo di rischi e poter offrire un prodotto turistico organicamente confezionato, che dovrà essere fatto un notevole lavoro nei confronti sia degli interlocutori interni: • operatori • amministratori • cittadini che degli interlocutori esterni: • mercati e bacini di utenza • tour operator, agenzie di viaggio, Cral, ecc... • destinazioni concorrenti. Punti d’intervento/articolazione: 1. azione di monitoraggio, ricerca e raccolta dati su quanto esistente utile ai fini dello sviluppo turistico; 2. azioni d’informazione dedicata agli operatori (proprietari) al fine di garantire la qualità dell’offerta 3. azioni formative sulla cultura dell’ospitalità e della accoglienza; 4. istituzione del Comitato per la promozione del Paese Albergo 5. organizzazione della promozione e commercializzazione del prodotto; 6. organizzazione del servizio prenotazione; 7. Il Centro di promozione Territoriale: Paese Albergo Il Centro di Promozione Territoriale funzionerà come luogo di coordinamento e raccolta per il MKT, la promocommercializzazione, la qualità . Inoltre lavorerà come struttura di coordinamento per la fornitura dei seguenti servizi turistici: • servizi alle strutture di intermediazione turistica. Tale attività servirà ad elaborare “pacchetti turistici” del tipo “semi lavorato” da offrire ai tour operator, alle agenzie di viaggio e ai Cral al fine di agevolare il loro lavoro di programmazione, senza tuttavia arrivare alla definizione di pacchetti chiusi: ciò per consentire ad ognuno di far fronte alle più disparate richieste di organizzazione del prodotto che possono venire da parte dei mercati. A 271


queste strutture il Centro di Promozione Paese Albergo potrà offrire anche servizi di guide, accompagnatori, pacchetti speciali per manifestazioni, utilizzando ogni utile sistema di direct marketing. Saranno inoltre elaborati itinerari turistici rivolti a segmenti di mercato mirati: geologici, archeologici, religiosi, naturalistici ecc. • attività di monitoraggio. Il Centro potrà essere utilizzato come terminale dell’azione di monitoraggio e verifica. Le indicazioni sulla formazione di base Nella relazione sul turismo relazione, si fa riferimento alle attività di formazione, che come avrete potuto leggere noi abbiamo integrato con una attività di formazione di base relativa alla diffusione tra tutti i cittadini e gli operatori economici della cultura dell’ospitalità e dell’accoglienza, oggi necessaria per stare sui “mercati”. Ma riteniamo opportuno avanzare una ulteriore proposta nell’area della formazione di base e segnatamente di raccogliere le indicazioni che provengono dall’Ente Bilaterale regionale turismo siciliano relativamente alla formazione di addetti alle strutture ricettive di piccole dimensioni ( dall’agriturismo al turismo rurale, dal paese albergo alle piccole strutture ricettive a conduzione familiare) che in Sicilia sono tante e che nella logica dello sviluppo sostenibile di cui abbiamo parlato dovrebbero ulteriormente svilupparsi. Al solo scopo di dare quindi un contributo alleghiamo il profilo professionale – percorso formativo di tali addetti e che potrebbe ben inserirsi nei percorsi di diritto/dovere all’istruzione, di apprendistato e /o di tirocinio formativo di cui alle recenti leggi di riforma della scuola e del mercato del lavoro. Nota: la dove si parla di Alberghiero occorre sostituire della ricettività… Descrizione (sintetica) della figura operatore alberghiero. Premessa. Nella maggior parte delle Regioni italiane le aziende alberghiere sono prevalentemente piccole o medio/piccole, con questa nuova qualifica si vuole venire incontro alle esigenze di questi gestori a cui non serve una figura che già abbia una professionalità definita come il “Commis di cucina” o “Commis di sala”, ma una persona che all’occorrenza possa intervenire con competenza nei vari reparti. L’Operatore alberghiero nasce dalla ricerca sui bisogni professionali del settore turistico alberghiero, svolta nella prima fase del progetto, dove si è evidenziato uno sviluppo occupazionale per una figura multifunzionale che nell’ottica delle Unità Capitalizzabili può considerarsi propedeutica ad ulteriori specializzazioni nei singoli reparti di una struttura alberghiera Settore/comparto in cui opera il profilo. L’operatore alberghiero (O.A.) è una figura professionale che opera in tutti i reparti del settore turistico alberghiero 272


– comparto ristorativo/ricreativo –dalla cucina, alla sala, ai piani, alla reception, in esecuzione di precise istruzioni.. Processo lavorativo.L’O.A. deve essere capace di espletare in modo autonomo tutte le operazioni di pulizia e di riassetto dei locali, delle attrezzature e del materiale operativo in genere, in cucina e in sala. Deve, inoltre, provvedere al riassetto delle camere e dei locali comuni dei piani. Collabora al ricevimento, immagazzinamento e conservazione dei prodotti; guidato può svolgere le operazioni preliminari alle lavorazioni di base per la preparazione dei “piatti”. Svolge le operazioni di base della “mise en place” e del “debarassage” ed è di supporto a tutte le attività connesse con il servizio in sala. Nelle aziende piccole e medio/piccole nelle quali il servizio di ricevimento richiede prestazioni semplici può svolgere attività di facchinaggio e su precise istruzioni può accettare o rifiutare le prenotazioni, fornire informazioni ai clienti. Collocazione organizzativa e grado di autonomia. L’O.A. opera ad un livello basso di autonomia, pur sempre però nell’ambito della propria personale perizia e creatività. Descrizione delle competenze in termini di conoscenze: Sapere: - conoscere l’organizzazione aziendale nel suo complesso, gli obiettivi del servizio,le funzioni assolte, la relativa struttura organizzativa; - conoscere l’informatica di base; - conoscere i principali diritti e doveri dei lavoratori - conoscere le tecniche di ricerca del lavoro (la redazione del curriculum, l’individuazione del target, la lettura degli annunci, il colloquio di selezione.) - Saper fare: - parlare e comprendere vocaboli ed espressioni idiomatiche relativi al servizio erogato ed al contesto operativo, in almeno due lingue straniere (inglese obbligatorio più almeno un’altra lingua prescelta in relazione alla vocazione turistica del territorio). Saper essere: - gestire la comunicazione (cultura dell’accoglienza ed abilità sociali, immagine personale, tipologia di clienti) - essere imprenditivi rispetto al proprio contesto lavorativo Competenze trasversali saper essere: - adattarsi alle diverse situazioni; - garantire stabilità delle prestazioni in situazioni di stress e di conflitto; - lavorare in gruppo rapportandosi correttamente ai superiori ed ai colleghi; 273


- sviluppare soluzioni creative con gusto estetico e abilità manuali. Competenze tecnico professionali Sapere: - conoscere la classificazione e le caratteristiche merceologiche essenziali dei principali alimenti e bevande (la chimica degli alimenti, la loro conservazione, etc.); - conoscere la normativa igienico sanitaria e di sicurezza del settore (HACCP, L.626 ); - conoscere le tecniche essenziali allo svolgimento del servizio ristorante, delle piccole colazioni ai piani, del servizio di caffetteria, del servizio in cucina, e ai piani; - conoscere le modalità di attuazione delle procedure di prevenzione incendi; - conoscere la terminologia professionale e le espressioni tipiche del settore in due lingue straniere, per avviare un dialogo limitatamente all’uso di frasi semplici secondo il sistema domanda/risposta; - conoscere i principali prodotti igienici e sanitizzanti, le tecniche per l’applicazione dei prodotti e le attrezzature; - conoscere le principali attrezzature e gli utensili utilizzati per il servizio in sala, in cucina, ai piani e al ricevimento; - conoscere le procedure per le registrazioni delle prenotazioni, dei dati relativi ai clienti; - conoscere le principali mete turistiche della regione. Saper fare: - Collaborare nell’organizzazione degli spazi di lavoro in modo razionale sia esteticamente che funzionalmente; - controllare lo stato di efficienza e pulizia di attrezzature e utensili; - provvedere alla sostituzione della biancheria sporca; - eseguire la sanitizzazione dei vari reparti, del magazzino, delle celle frigorifere e sistemare i vari generi alimentari, di cui conosce le caratteristiche merceologiche, negli adeguati compartimenti; - aiutare ad eseguire le operazioni di prima preparazione e di preparazione finale degli ingredienti e materie prime(pulire le verdure, sbucciare le patate, pulire pollame, pesce etc.); - Collaborare alla preparazione dei piatti: antipasti, primi piatti, secondi piatti di carni e pesci, insalate, frutta, verdure, funghi, patate, leguminose e cereali, pietanze varie a base d’uova e/o formaggi, dolci; - Curare il materiale d’uso (bicchieri, stoviglie, tovaglie, ecc.); - Riporre e controllare le merci e il materiale impiegato per il servizio dei clienti - Coadiuvare nella sistemazione e decorazione delle sale e dei tavoli del ristorante; 274


- Servire pietanze e sparecchiare; - Prendere nota delle ordinazioni; - Ricevere le prenotazioni dei clienti in albergo utilizzando diversi strumenti di comunicazione; - Fornire informazioni relative ai diversi servizi offerti dalla struttura; - Su precise indicazioni conferma o rifiuta le prenotazioni; - Registrare il cliente e confermare la durata del soggiorno; - Assegnare la stanza su disposizioni precise ricevute; - Rilevare informazioni e segnali riguardanti imprevisti; - Applicare le procedure stabilite per l’uso, la conservazione e la rotazione delle dotazioni. Saper essere: - sapersi rapportare ai servizi collegati; - stabilire con il cliente e con i suoi colleghi un rapporto relazionale orientato ai criteri di qualità nell’erogazione del servizio; - porsi in atteggiamento di continuo autoaggiornamento, riconoscendo e valorizzando le fonti e le occasioni di apprendimento; - possedere una discrezione assoluta e cura del vestire e della propria igiene personale; - garantire stabilità delle prestazioni in situazioni di stress e di conflitto - lavorare in gruppo utilizzando ed integrando competenze diverse; Descrizione degli sbocchi occupazionali immediati e percorsi di carriera - Occupazione presso piccole e medio/piccole aziende del settore turismo in qualità di lavoratore dipendente ; - Occupazione presso settori affini: l’affinità viene determinata in relazione ai processi produttivi adottati e/o alla tipologia di clientela (es. ospedali, compagnia aerea, assistenza agli anziani ed ai disabili, etc.); Possibilità di crescita professionale (in seguito anche ad acquisizione di ulteriori qualifiche del settore e/o frequenza di diverse Unità Capitalizzabili) secondo una logica evolutiva tipica del settore che premia lo sviluppo interno di carriera: - passaggio a strutture con organizzazione più complessa; - crescita verticale in seno all’azienda a struttura complessa; - crescita laterale con passaggi successivi in diverse grandi aziende a struttura semplici in posizione di responsabilità progressivamente crescente. Possibilità di passaggio dal lavoro dipendente al lavoro autonomo in seguito alla crescita professionale maturata con l’esperienza: - sino ad oggi, questa è stata una forma usuale di costituzione di nuove aziende nel settore, costituito in prevalenza da piccole e medie imprese; in prospettiva, la maggiore esigenza di competenze manageriali necessarie per la 275


gestione di impresa e la tendenza alla crescita della dimensioni medie delle aziende potrebbe ridurre tale opportunità; - nel contempo, si prospetta tuttavia un nuovo modello di attivazione di lavoro autonomo nel settore, indotto dalla tendenza ad esternalizzare parte dei processi produttivi (ad esempio, conferimento a terzi di servizi quali pulizia e riassetto delle camere, servizio prime colazioni, bar, ristorazione, etc…) Descrizione dei requisiti d’ingresso - Assolvimento dell’obbligo scolastico - Età non inferiore a 14 anni con possibile elevazione a 16 anni ( modificato dalla nuova normativa ndr.) - Condizione di disoccupato Requisiti preferenziali: - Nelle more dell’elevazione dell’obbligo scolastico e della conseguente implementazione dei contenuti didattici che, nel loro assetto definitivo, dovrebbero costituire una con dizione sufficiente per l’accesso all’iter formativo proposto, potranno essere considerati requisiti ulteriori quali il possesso di un attestato di qualifica e/o la maturazione di specifiche esperienze lavorative. - Reddito familiare - Condizioni di drop out Durata Per quanto la durata di un intervento formativo è strettamente collegata al progetto formativo, alle fonti di finanziamento, alle diverse realtà regionali e nazionali; si ritiene opportuno non fissare una durata standard tuttavia che porti all’acquisizione di tutte le competenze relative al profilo professionale descritto. La durata viene fissata in 900 ore così suddivise: - 20% di stage; - 30% per le competenze di base e trasversali; - 40% per le competenze tecnico professionali di cui il 40% di pratica di laboratorio.

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PARTE QUARTA Le esperienze e le proposte per l’attuazione del turismo relazionale integrato in Sicilia

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IL PROGETTO ISOLATINO, OCCASIONE PER UNA RICERCA APPLICATA E PER LA SPERIMENTAZIONE DEI PRINCIPI DEL TURISMO RELAZIONALE INTEGRATO. Antonio Battaglia

In altri passaggi, nell’ambito di differenti interventi, si è dato particolare rilievo al valore di ciclicità delle esperienze di TRI e, dunque, di possibile scambio continuo e reciproco arricchimento, tra le occasioni di Ricerca, Formazione e Sperimentazione. Tale valore di relazione tra le tre esperienze, di carattere scientifico, didattico ed applicativo, ha preso a tradursi in forme concrete quando si sono presentate precise occasioni. Occasioni per le quali è stato richiesto quel supporto che è possibile offrire alle amministrazioni degli enti locali per la messa in atto di quelle politiche innovative che queste intendono intraprendere per una gestione proficua dei territori, politiche volte anche alla valorizzazione (non esclusiva) delle potenzialità turistiche con equilibrio e rispetto delle identità locali. Tra queste occasioni si ritiene opportuno citare in questa sede l’esperienza recentemente maturata con il Progetto Isolatino al fianco di alcune amministrazioni locali siciliane (Province Regionali) e di altre di altri paesi mediterranei. Il progetto del quale si è conclusa la prima fase con la fine del 2004 è stato portato avanti da un partnerariato che ha come capofila la Provincia Regionale di Catania e come partners: le Provincie Regionali di Enna, Caltanissetta, Trapani, Ragusa, Cagliari, Nuoro, il Governo delle Isole Baleari e la Collettività territoriale della Corsica. Il progetto si proponeva nelle sue stesse premesse la sperimentazione in ambito insulare (ovvero in aree tradizionalmente svantaggiate e quindi poco capaci di porsi come poli attrattivi degli investimenti) di quelle strategie di marketing territoriale che potessero rivelarsi presto efficaci in un contesto altamente concorrenziale. Il Progetto Isolatino ha visto la luce nell’ambito del programma INTERREG III B – MEDOCC grazie al quale la Provincia Regionale di Catania, congiun279


tamente alle altre province siciliane prima menzionate ed agli altri enti locali di ruolo intermedio del contesto euro-mediterraneo (Sardegna, Crorsica, Baleari), ha precisato e sperimentato politiche promozionali dei propri stessi territori nel macro-contesto Euro-Mediterraneo, inserendosi così in quel processo che sempre più intensamente vede territori e centralità urbane di aree geografiche periferiche che, in una sorta di competizione internazionale non dichiarata, si contendono attenzioni politiche, investimenti, flussi turistici, iniziative culturali cui dare ospitalità... Lo scopo ultimo, dunque, prefissato sin dall’inizio è stato quello di poter disporre di uno strumento di valorizzazione dei territori che potesse applicarsi tanto in Sicilia, quanto in Sardegna, in Corsica e nelle Baleari e i cui risultati potessero essere estesi in seguito ad altre realtà del Mediterraneo. Per raggiungere tali obiettivi, si è prevista, sin dall’inizio, l’adozione di un approccio multidisciplinare attraverso la messa in atto delle seguenti attività: • la realizzazione di un progetto pilota finalizzato all’approvazione di un piano integrato di marketing dei territori insulari interessati; • la costituzione di una rete tra le istituzioni coinvolte; • l'adozione di opportune misure di informazione. Per il Progetto Isolatino, organizzato in una prima fase di carattere analitico ed in un’altra di pianificazione, con la prima tendente a definire ambiti di indagine e punti da valorizzare e la seconda mirata ad organizzare contenuti per la promozione del territorio presso mercati internazionali, si è posto dunque tra gli obiettivi prioritari, quello di fornire, ad amministratori ed operatori prima ed ad investitori immediatamente dopo, strumenti di consapevolezza e criticità per la valorizzazione di territori definiti periferici ma dotati di latenti vantaggi di posizione. Il progetto dunque si propone, anche dopo la sua temporanea sospensione, di sperimentare strategie di marketing territoriale per tali contesti caratterizzati sempre più dalla necessità di politiche territoriali altamente concorrenziali, in ambito euro-mediterraneo, tali da poter trarre fuori le aree insulari dalla loro tradizionale condizione geografica svantaggiata per potersi meglio qualificare quali poli attrattivi di investimenti. Questo in un contesto che, già dalle premesse, si è avuto motivo di ritenere caratterizzato da gruppi imprenditoriali alla ricerca di fattori competitivi sempre maggiori, che attribuiscono valore sempre crescente alla scelta di localizzazione territoriale che diventa così una discriminante decisiva sul piano della concorrenza. Per ciò che concerne la maniera di perseguire a livello locale gli obbiettivi comunemente concordati, gli enti locali aderenti al partnerariato hanno tuttavia goduto di un ampio margine di libertà nell’applicare i principi ed i motivi ispiratori del progetto stabiliti e sottoscritti. Così le varie istituzioni hanno individuato temi e contesti di nature eterogenee con i quali confrontarsi. 280


Il prof. Leonardo Urbani con la collaborazione di chi scrive è stato chiamato, dalla Provincia Regionale di Catania a contribuire con l’esperienza maturata relativamente ai temi del Turismo Relazionale Integrato alla definizione e messa a punto della strategia del Progetto Isolatino. Per la sperimentazione di questo progetto pilota, il tavolo di esperti di differenti ambiti disciplinari, della Provincia Regionale di Catania ha individuato in due territori distinti gli ambiti all’interno dei quali poter agevolmente mettere a punto metodologie d’intervento su misura delle caratteristiche proprie dei due territori che ne determinano la peculiarità. Le aree predeterminate e proposte dal gruppo di esperti sono quella costiera dell’Acese e quella interna del Calatino. Il progetto che si è avvalso dell’indirizzo politico del Presidente della Provincia catanese, on Raffaele Lombardo e dell’assessore provinciale alle politiche comunitarie Francesco Seminara, è stato caratterizzato dalla direzione tecnico-operativa dell’avvocato Aurelio Bruno e del dottor Carmelo Messina, dirigenti della Provincia di Catania e dell’Osservatorio Europeo della stessa Provincia i cui uffici avevano già provveduto a selezionare i profili dei tecnici che hanno poi fatto parte del gruppo di consulenza. Ha coordinato il lavoro dei tecnici la dottoressa Laura Aliano, coadiuvata dalla dottoressa Gheta Petralia. Tra gli obiettivi perseguiti principalmente dal gruppo di consulenti non vi è stato quello di offrire uno studio delle tecniche di marketing più efficaci per promuovere singoli territori, ma con il progetto Isolatino si è inteso analizzare le specificità che caratterizzano le due aree, quella dell’Acese e quella del Calatino, per definire poi un modello di sviluppo comune. Lo scopo ultimo si è individuato dunque nella possibilità di disporre di un metodo strumentale di valorizzazione dei territori che potesse applicarsi tanto in Sicilia, quanto in Sardegna, in Corsica e nelle Baleari e i cui risultati potessero essere estesi in seguito ad altre realtà del Mediterraneo. In funzione delle premesse descritte, la cabina di regia del progetto ha ritenuto di scegliere la teoria sul Turismo Relazionale Integrato quale privilegiata esperienza di studio, già maturata su scala regionale, da applicarsi su due definizioni geografiche di scala notevolmente ridotta. Così sullo schema di quanto già postulato con la Mappatura MOTRIS, si è prodotto uno studio-progetto valido per i due territori dell’Acese e del Caltino, intesi come distretti entro i quali poter applicare l’architettura di Comparti e Microcentralità presso cui operano gli imprenditori d’area. Un’occasione di ricerca applicata, approfondimento di studi già maturati dopo la quale, è intuitivo, ci si attende un’occasione pratica per la sperimentazione di quanto postulato. Il Progetto Isolatino dunque si candida al ruolo di valida premessa per una nuova progettualità dal valore sperimentale caratterizzata da una operatività condivisa da soggetti eterogenei tra cui vengono coinvolte realtà imprenditoriali di diverso 281


ordine e dimensione che possano farsi attori principali di politiche operative innovanti volte alla valorizzazione del patrimonio socio-culturale, agroalimentare, artistico-architettonico, artigianale ed imprenditoriale dei due comprensori che con queste premesse assumono i connotati di Distretti di TRI. Individuata nell’area Calatina una delle due estensioni geografiche nell’ambito delle quali potere applicare i criteri del TRI, ed alla quale poter in particolare attribuire il ruolo di distretto, si è guardato al Borgo della Cunziria quale elemento puntuale al quale poter invece attribuire il ruolo di distretto. Nelle pagine che seguono dunque si illustrano le ragioni di queste attribuzioni di possibili ruoli dopo aver descritto alcune delle caratteristiche salienti del Borgo. Il borgo della Cunziria. Porta del calatino. [Inquadramento storico-territoriale, caratteristiche del Borgo, la microcentralità urbana di Vizzini, prospettive per la rifunzionalizzazione] Immerso nel territorio agricolo del Comune di Vizzini, perfettamente inserito in un paesaggio caratterizzato dalla forte presenza di coltivazioni di fichi d’india, è il Borgo della Cunziria, a lungo in stato di abbandono, oggi oggetto di un lento intervento di recupero che sta interessando alcuni dei principali fabbricati che lo costituiscono. Cunziria, conciaria dunque, dalla concia che nel Borgo veniva praticata assiduamente dai primi del ‘700. Esso offre interessanti elementi per la conoscenza di una condizione perduta di sintesi tra i valori dell’economia rurale, della tradizione artigianale, della cultura produttiva e dei costumi locali. Infatti, oltre a rappresentare un ottimo esempio di architettura rurale, espressione del territorio agricolo, costituisce una sorta di esempio primordiale di archeologia industriale inserita in un interessante contesto naturalistico che si conserva in una buona condizione di integrità. Il fatto che la concia venisse praticata assiduamente nel vizzinese è imputabile probabilmente, oltre alla presenza di fonti d’acqua (la sorgente naturale della Cunziria non è ancora esaurita), alla facile reperibilità nel territorio più prossimo, del sommacco, fondamentale per ricavarne poi il tannino (che oggi si trae dal petrolio) necessario per la concia. La Cunziria dunque, non soltanto può considerarsi importante esempio di architettura rurale ma può intendersi, per via della sua funzione produttiva originaria, un esempio di archeologia industriale. E’ possibile far riferimento alla definizione di archeologia industriale per via delle ragioni funzionali sottintese alla realizzazione del Borgo. Infatti già in epoca romana ed in maniera più strutturata dall’inizio del XVIII secolo nella zona viene praticata la “concia” finalizzata alla trasformazione, per impiego artigianale, delle pelli.

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Tutti i manufatti architettonici (circa 35 di diverse dimensioni ed oggi in differenti stati di conservazione), nel tempo edificati all’interno del Borgo e costruiti in buona parte adoperando una pietra lavica dal colore violaceo tipica degli Iblei, sono strettamente legati a questa finalità produttiva della Cunziria. Lo sono in maniera diretta, nel caso degli edifici propriamente adibiti alla lavorazione del pellame; ed in maniera indiretta, nel caso di tutti gli altri fabbricati atti ad ospitare le funzioni accessorie a quella principale, oltre a quelle legate alle esigenze abitative di quanti erano direttamente impiegati nel lavoro della concia. La concia viene praticata intensamente fino alla fine degli anni ’20 del ‘900, dopo i quali comincia un lento ed inarrestabile declino, fino agli anni ’60, quando la pratica viene pressoché definitivamente abbandonata. La pulitura ed il trattamento delle pelli avveniva all’interno di vasche scavate nella roccia alcune delle quali poi interrate ed oggi nuovamente visibili grazie a recenti scavi. Particolare è pure la condizione orografica e geologica del contesto in cui si inserisce il Borgo, quello di un colle la cui parte inferiore è composta dalle calcareniti ed è segnata da una grande cavità sotterranea scavata dall’uomo che la usava come cava per pietra da taglio, data la natura della roccia facilmente lavorabile per la sua bassa compattezza. In tutta la parte rimanente del colle, sopra le calcareniti, si rinvengono i prodotti di eruzioni sottomarine, costituite da jaloclastiti e colate a pillows. Le lave sottomarine, eruttate in un mare dai bassi fondali, dell’ordine di decine di metri, si raffreddavano rapidamente, frantumandosi come vetro e formando una matrice detta jaloclastica. Via via che si formava questa matrice, le colate riuscivano ad organizzarsi in tubi lavici all’interno della matrice stessa. Alcuni esempi di questi tubi detti pillows, in sezione, si possono ammirare lungo la strada a fondo naturale che si inerpica sul colle, tra le campagne coltivate a fico d’india, dalla quale si può, anche, godere di un bel panorama sull’abitato di Vizzini. Nelle immediate prossimità del Borgo abbandonato, in Contrada Corvo, è da notare poi la presenza di una consolidata attività agrituristica in grado di offrire, tra l’altro, ristorazione per 180 e alcuni confortevoli alloggi. Azienda agrituristica, questa, alloggiata in grotte naturali che nel tempo sono state adibite ad abitazione, poi a stalle e, solo in ultimo, ad agriturismo. All’interno, quasi inalterate sono le caratteristiche originarie degli spazi, arricchiti dall’esposizione di oggetti della tradizione popolare. La stessa azienda è impegnata nella coltivazione di alberi d’ulivo e di fichi d’india, oltre che nell’allevamento di suini, cinghiali, bovini ed equini e nella trasformazione e commercio di prodotti agricoli quali ricotta, formaggi, salsicce e insaccati, carni, olio, conserve di frutta e ortaggi. Altri servizi offerti in ambito ricreati283


vo per la presenza di piscina, campo di bocce, maneggio, tiro con l’arco, e per la possibilità di usufruire di mountain bike e guida per escursioni. Alla conoscenza delle caratteristiche intrinseche del Borgo della Cunziria, vanno accostati, specie per la comprensione delle ragioni del suo principio insediativo territoriale, elementi di conoscenza del prossimo centro di Vizzini, del cui contesto il Borgo è elemento fondamentale che si regge sui valori territoriali che l’area di Vizzini esprime. Vizzini si trova a quasi 600 metri sul livello del mare, in prossimità delle sorgenti del Fiume Dirillo e Acate e su tre colli rientranti nei Monti Iblei, esattamente il Colle Castello, il Colle Maddalena ed il Colle Calvario. Proprio nella Collina del Castello sono presenti numerose grotte, alcune delle quali oggi poco visibili, che testimoniano probabili insediamenti preistorici. Notizie certe si hanno sul passato greco della città grazie ad alcuni ritrovamenti. Di fatto, la città, nella sua odierna localizzazione, sorge in epoca medievale attorno al Castello e da allora è stata città demaniale fino al riscatto della libertà, ottenuta con il pagamento di ingenti somme di denaro da parte dei suoi cittadini. Dal momento della sua fondazione, la configurazione della città rimane invariata fino al XV secolo, all’inizio del quale si registra una crescente espansione urbanistica presso il Colle Calvario. Dal punto di vista architettonico, occorre precisare innanzitutto che il terremoto del 1693 recò anche in questa città numerosi danni, per cui buona parte degli edifici sacri e civili sono stati ricostruiti nel rispetto dei canoni dello stile barocco. I principali elementi dell’identità urbana risiedono dunque non solo nella discreta mole dei monumenti sacri e civili che la città raccoglie, ma anche nel tessuto connettivo della struttura urbana del centro storico, nei caratteri della sua costituzione originaria rimasti integri e leggibili, e, non ultimo, nell’aver dato i natali a Giovanni Verga, uno degli scrittori italiani più noti. L’abitato di Vizzini si sviluppa intorno alla piazza Umberto I, su cui si affacciano Palazzo Verga ed il Palazzo Municipale. Di fianco a quest'ultimo, è la Salita Marineo, lunga scalinata, decorata sulle alzate da maioliche a motivi geometrici e floreali; sebbene ben più recente, ricorda la Scala di S. Maria del Monte a Caltagirone. La Chiesa Madre conserva un portale gotico normanno, unico superstite del terremoto del 1693. Tra gli edifici barocchi si evidenzia la bella facciata di S. Sebastiano. Nella Chiesa di S. Maria di Gesù, la Madonna col Bambino di Antonello Gagini. Il richiamo a Vizzini, piccola ma significativa centralità urbana attorno alla quale assume un significato storico la relazione del Borgo della Cunziria con il suo contesto economico-agricolo, va inteso infatti anche per l’opportunità di guardare al borgo come ad un luogo letterario in cui assume, rivivendo continuamente, significato concreto, il messaggio della letteratura verghiana che in 284


questo stesso habitat individuava il contesto storico-geografico di riferimento. E' infatti Vizzini la cittadina in cui Verga ambienta alcune sue novelle, tra cui La lupa (e la Cunziria fa da sfondo ad alcune scene del film di G. Lavia) e La Cavalleria Rusticana (da cui poi Mascagni trasse la celebre opera), ed il romanzo Mastro Don Gesualdo. E’ la Cunziria, antico quartiere dei conciatori, dal 1986 protetto dal Ministero dei Beni Culturali, il luogo in cui Verga immagina il duello tra i due personaggi, Alfio e Compare Turiddu nella Cavalleria Rusticana. Oltre che per le caratteristiche fin qui descritte che fanno del Borgo una centralità rurale importante in se stessa, dotata di autarchia, proprio per i valori di sintesi tra manufatto e contesto che sottintende, la Cunziria è proposta in questa sede per il valore aggiunto di porta di distretto che le si attribuisce per i sistemi di turismo relazionale integrato che attorno ad essa potranno organizzarsi. Nell’ultimo decennio si è fatto riferimento, da più parti, a proposito del destino del Borgo della Cunziria, alla possibilità di consentirne la trasformazione in una sorta di Paese albergo, o di installarvi un Museo della Concia, o più in generale un Museo delle Attività Rurali, così come si è ipotizzato di recuperarne i manufatti per destinarli ad una serie di Laboratori artigianali di alta qualità oppure per dedicarli ad un Centro di ricerca e didattica di scenografia teatrale di rilievo regionale per lo studio, l’elaborazione di progetti e la costruzione di apparati scenografici a servizio dei principali teatri siciliani. Sono queste destinazioni che appaiono tutte, dopo alcune considerazioni preliminari, potenzialmente compatibili con le caratteristiche del Borgo, dopo l’adeguamento dello stesso alle diverse esigenze che le diverse destinazioni d’uso impongono. E’ evidente che tra queste (e tra le altre che possono ancora considerarsi) se ne registrano talune dal maggiore impatto invasivo di altre. Pertanto è necessario, parallelamente alla ricerca di partners ed attori interessati ad installare presso il Borgo funzioni innovative e d’eccellenza, procedere ad una progettazione concordata degli interventi necessari nella consapevolezza delle differenti esigenze delle diverse destinazioni d’uso possibili.

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IL BORGO GUTTADAURO A BUTERA.240 Mario Giorgianni241

Il Borgo Guttadauro a Butera è uno di quei borghi rurali costruiti in applicazione della legge Tassinari, adottata dall’Italia fascista per “colonizzare il latifondo siciliano”. Il progetto è stato redatto dall’Ingegnere Averna, bravo e colto progettista nisseno, allora assistente del professore Edoardo Caracciolo. Il complesso è stato realizzato presso il fiume Dessueri, in territorio di Butera, sopra un declivio che guarda la valle del Gela da “quota cento”. Quella Tassinari è stata una legge paradossale, in quanto proibiva tassativamente che nei nuovi borghi rurali vi fosse alcuna residenza. Questi dovevano essere semplici centri di servizio: la chiesa, la canonica, la stazione dei carabinieri, la delegazione comunale, l’asilo nido, magazzini e portici dove esporre oggetti d’artigianato, ma nessuna casa. Ovviamente, quel governo non era in grado di intaccare i vastissimi latifondi che concentravano in poche migliaia di proprietari l’intero patrimonio agricolo della più grande regione italiana. Il latifondo, secolare retaggio contro il quale il popolo siciliano aveva vigorosamente combattuto nell’Ottocento e fino agli anni Venti, trovò nel regime del ventennio un contrasto, di fatto inferiore alle demagogiche dichiarazioni d’intenti. Tuttavia, quello di Averna è un progetto quanto mai interessante: un impianto urbano costituito da tre piazze interconnesse, senza allineamenti, con edifici gravitanti intorno alla svettante chiesa. Quest’ultima è a pianta centrale, costituita da due quadrati: sul primo si eleva la torre, mentre il secondo a questa si avvolge con un porticato coperto con voltine ad onda. Sui quattro lati si aprono quattro archi di catenaria, nei quattro angoli risultano gli ambiti per il fonte battesimale, la sagrestia e la scala del campanile. La forma della catenaria 240

Il pezzo è liberamente tratto dai curatori dal libro ricerca e didattica nella progettazione architettonica, Sellerio editore

Palermo (2004). 241

Architetto, Professore di Composizione Architettonica presso la Facoltà di Architettura di Palermo.

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viene ripetuta negli altri portici degli edifici bassi, mentre una configurazione razionalista con stilobate caratterizza l’edificio della delegazione comunale.

Come tutti gli altri borghi costruiti in applicazione della stessa legge, il progetto Averna interpreta il razionalismo con respiro ricco di simboli e riferimenti siciliani, quali i modernisti archi di Castello Utveggio o i rampanti inclinati che erano stati considerati caratteristica “invariante” dell’architettura rurale secondo la mostra di Pagano a Milano e secondo gli studi del giovane Epifanio, l’architetto del quartiere “Littorio” a Palermo, odierno quartiere “Matteotti”. Adesso, dopo essere stato usato come centro di recupero per tossicodipendenti, il Borgo è in stato d’abbandono a causa dei crolli che hanno danneggiato la copertura della chiesa, e a causa degli slittamenti del terreno che provocano sconnessioni in altri edifici. Il Borgo d’altronde, è giustamente considerato come opera di interesse da inserire nei piani di conservazione. Da un punto di vista esclusivamente edilizio presenta un’estrema inconsistenza delle strutture, dovuta alla mancanza di opera di contenimento dei terreni argillosi, all’inadeguatezza delle fondazioni a sezione obbligata, e alla carenza di materiali ferrosi, caratteristica quest’ultima di tutte le fabbriche costruite dopo il 1939 durante l’applicazione delle sanzioni all’Italia. Questo fattore distingue nettamente in due categorie tutte le architetture successive al 1936, e deve essere preso in considerazione in una strategia di restauro, conservazione e riuso degli edifici di quest’epoca. Ritengo che queste carenze strutturali riportino alla tematica della ristrutturazione, mentre la mancanza di qualsivoglia residenza implica un ripensamento del principio insediativo ai fini di un utile riuso. Al contempo, il Borgo evidenzia la propria impronta di piccolo centro storico, e impone il principio della conservazione insieme a quello paesaggistico. In virtù di queste caratteristiche tipologiche e morfologiche abbiamo scelto questo sito come luogo dove svolgere gli esercizi di laboratorio.

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IL CASO DEL VAL D’ANAPO. L’OFFERTA TURISTICA INTEGRATA IN UN PROGRAMMA DI SVILUPPO LOCALE. Sebastiano Di Mauro242

L’interazione tra Motris e il Val d’Anapo. Un primo bilancio. L’interazione attiva maturata nell’ambito della mappatura Motris, fra il mondo scientifico-universitario ed i territori cointeressati, fa sì che il momento di chiusura di tale attività condensi le risultanze di: ricerche scientifiche socioeconomiche e culturali; programmazioni di sviluppo d’aree vaste; sperimentazioni di architetture partecipative; messa in campo di strumenti di aiuto alle imprese; attivazioni di funzioni pubbliche per il sostegno dei sistemi di contesto; attivazioni di funzioni private di tipo collettivo per l’innovazione dei sistemi d’impresa. Al contempo la chiusura di tale fase, per i territori maturi individuati nella mappatura, diventa occasione e motivo di apertura di discorsi ben più ampi in termini operativi, quali: la individuazione di possibili percorsi di valorizzazione delle microcentralità locali; la creazione di reti di PMI concorrenti a formare il prodotto integrato locale; la creazione della complessiva offerta integrata d’area vasta; l’attivazione una programmazione integrata, complessa e partecipata di livello subregionale; l’attivazione di interrelazioni operative inter-territoriali; la messa in campo di reti corte di sistemi produttivi integrati della regione Sicilia; la messa in campo di reti lunghe di sistemi economici complessi di livello euromediterraneo. Quanto sopra in funzione dell’avvistata e sempre più avvertita necessità di mettere in campo euromediterraneo: 242 Direttore del Gruppo di Azione Locale Val d’Anapo (SR).

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- reali processi di re-identificazione di territori omogenei idonei ad attivare l’O.T.I. Relazionale; - reali processi di ri-allocazione sociale, culturale e produttiva delle Genti Locali; - una contestuale sperimentazione del mercato etico euromediterraneo (poi di libero scambio); - nuove relazioni etiche che ri-territorializzino l’economia euromediterranea (economia etica). L’attività ricognitiva Motris ha rilevato che nel Val d’Anapo è già in atto un approfondimento sperimentale di piano integrato finalizzato alla creazione di un Distretto di Turismo Relazionale (vedasi Tav. 6, Motris) adatto a riterritorializzare l’economia locale; in effetti, il Partenariato Attivo di questo contesto ha saputo cogliere i cambiamenti che la programmazione per lo sviluppo del Mezzogiorno ha posto in campo negli ultimi anni (i nuovi principi della sussidiarietà, del partenariato e della partecipazione democratica alle scelte per lo sviluppo locale), rendendoli, sin dal 1986, punti di forza e potenzialità per la definizione di un percorso per lo sviluppo economico e sociale del proprio territorio. Facendo leva su tali principi innovativi il Partenariato locale, organizzatosi nell’Agenzia di Sviluppo, poi G.A.L. Val d’Anapo, si è impegnato nel processo di analisi e studio delle alternative di sviluppo e di governo del territorio, diventando punto di coagulo e strumento di concertazione attiva locale. Negli anni infatti, tramite l’attività partecipativa fra il citato GAL-Agenzia di Sviluppo e le Istituzioni pubbliche competenti per la crescita economico-sociale locale, è stata composta una “programmazione integrata e complessa d’area vasta sub-provinciale”, democraticamente partecipata dal basso, il cui processo di piano vanta oggi una continuità amministrativa pubblica ultradecennale; tale processo di piano, unitario e sempre riferito al medesimo ambito territoriale omogeneo, ottenuta la validazione della Regione, ha consentito di percorrere ufficialmente le fasi della programmazione pubblica delineando e sviluppando diversi strumenti finanziari dell’intrapresa locale, tutti complementari, organici e funzionali alla originaria programmazione generale locale, dichiarata coerente con gli obiettivi e le strategie di sviluppo nazionali e regionali. Tramite la metodologia di sviluppo locale attivata, i punti di debolezza del passato sono stati riconsiderati punti di forza ed opportunità del presente, come ad esempio, ri-vedere il fenomeno di abbandono del contesto rurale locale, consumato nei decenni passati verso i contesti industriali, quale modalità inusitata di conservazione di un ambiente di eccezionale valenza, peraltro culla della civiltà mediterranea e per questo ricchissimo di storia, cultura e tradizioni; oppure usare la nuova cultura del fare insieme (principi del partenariato e della sussidiarietà) quale forma di riscatto rispetto all’insipienza del passato 290


che ha generato l’impoverimento prima culturale e poi economico della collettività locale. L’articolazione degli interventi e le strategie per lo sviluppo locale I cardini dell’innovazione amministrativa che ha sostenuto il processo di sviluppo locale del Val d’Anapo, aperto, indefinito nel tempo ed in continua implementazione, possono così riassumersi: 1) Costruzione di un’architettura partecipativa pubblico-privata, il G.A.L. – Agenzia di Sviluppo - “strumenti della concertazione unitaria” ove tutti i soggetti legittimati a formulare ed attuare lo sviluppo locale condividono programmi e procedure attuative - il G.A.L. – Gruppo di Azione Locale – è il tavolo di compartecipazione pubblico-privato ove si definisce la programmazione integrata e complessa per lo sviluppo economico-sociale dell’area vasta in oggetto (37% della complessiva superficie provinciale) - l’Agenzia di Sviluppo è l’Organismo di Partecipazione di livello comprensoriale (ex LR 48/91) strutturato: per concentrare ed organizzare gli interessi deboli, frammentati e compositi operanti nel territorio; per sostenerli nelle attività di informazione e formazione mirata, per farli interagire prima a livello comprensoriale per filiere di settore e poi unitariamente verso i mercati nazionali ed internazionali. 2) Perfezionamento di una programmazione d’area vasta condivisa e validata, rispettivamente, dal sistema di autogoverno locale e dalle sovraordinate istituzioni regionali e nazionali; in tal senso il “Piano Integrato di Sviluppo Sostenibile dell’Unità Territoriale delle valli dell’Anapo e del Cassibile”, formulato dal Partenariato locale secondo le regole della programmazione pubblica democraticamente partecipata dal basso, è stato: - Individuato nel Decreto Presidente Regione Sicilia n. 26 del 14.03.1991, per l’approvazione della metodologia programmatoriooperativa dei “piani integrati d’area” - Individuato nel Decreto Assessorato Regionale BB.CC.AA. 12/05/98, istitutivo dei vincoli per l’alta valle dell’Anapo, per la sostenibilità del processo di sviluppo attivato - Inserito nel Piano di Sviluppo del Mezzogiorno, quale esempio di buona prassi - Previsto nel Documento di Programmazione Economico-finanziario 2000/2002 dello Stato Italiano, quale obiettivo a medio termine - Oggetto del Decreto del Presidente della Regione n° 94 del 18/06/2002 di approvazione dei Progetti Integrati Regionali, che ha finanziato il PIT Hyblon-Tukles e lo ha collocato al primo posto della graduatoria di merito regionale 291


Oggetto di positiva istruttoria del Nucleo Regionale di Valutazione e Verifica degli investimenti Pubblici, in ordine: a) alla validazione delle azioni interdipendenti di piano; b) alla attestazione di compatibilità delle relative azioni integrate con i “Piani di sviluppo della Regione Siciliana”. - Oggetto del Decreto del Presidente della Regione del 23/12/2003, di approvazione dello Studio di Fattibilità del “Piano integrato di sviluppo sostenibile del Comprensorio Val d’Anapo” e di “certificazione di utilità” ai fini dell’utilizzo delle risorse finanziarie pubbliche. 3) Attivazione degli strumenti attuativi di filiera - fra di loro integrati e complementari, necessari per ri-centrare e consolidare il sistema produttivo, sia sotto il profilo sociale che economico, locale: - Programma Comunitario Leader II, per azioni innovative e dimostrative relative allo sviluppo integrato dell’area rurale (125 imprese coinvolte e cofinanziate) - Patto Territoriale Agricolo, per il ri-centraggio del sistema delle produzioni e delle trasformazioni agroalimentari locali, ed il riorientamento verso la tipicità e qualità delle produzioni, nonché la sostenibilità delle attività di trasformazione (75 imprese coinvolte e cofinanziate) - P.I.T – Progetto Integrato Territoriale, per la messa a sistema ed a valore dei prodotti, beni e servizi, funzionali alla valorizzazione della RES – Rete Ecologica Siciliana presente nell’area (in corso di applicazione) - P.I.S.S. – Piano Integrato di Sviluppo Sostenibile dell’unità Territoriale delle valli dell’anapo e del Cassibile per l’infrastrutturazione innovativa dell’area (175.000.000 di euro in corso di progettazione), funzionale alla definizione del processo di re-identificazione del territorio e di ri-allocazione sociale, culturale e produttivo delle relative Genti - Contratto di Programma per la definizione della massa critica del tessuto imprenditoriale/produttivo locale necessaria per la messa a regime del “sistema locale di sviluppo”, (in corso di definizione) - Programma Comunitario Leader Plus, per azioni di messa in rete delle microcentalità del territorio, (in corso di definizione) - Accordo di Programma per attivare l’organica l’interazione istituzionale necessaria a portare a compimento i piani, programmi e progetti attivati, (in corso di definizione). - Attivazione dell’Ufficio unico di Piano, strumento di gestione e di governo del territorio fortemente innovativo che, peraltro, ha già attivato il S.I.T. - Sistema Informativo Territoriale, ed è idoneo: a) a fare interagire e crescere le risorse umane pubbliche e private locali necessarie -

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per ri-valorizzare le ingenti potenzialità locali; b) attivare la Governance per la complessiva sostenibilità del processo di piano. Nell’U.T.R.A.S. (Unità Territoriale di Recupero Ambientale e Storicoculturale) delle valli dell’Anapo e del Cassibile, quindi, è già stato avviato il processo di re-identificazione delle Comunità dell’interno verso uno sviluppo autocentrato e sostenibile. Questi gli obiettivi individuati: - valorizzare e mettere a sistema il complesso di valenze ambientali e storico-culturali dell’area, in una prospettiva che coniuga salvaguardia e recupero con l’integrazione economica e sociale delle comunità locali, la messa in rete dei beni e dei manufatti, lo sviluppo dei servizi aggiuntivi; - qualificare i sistemi produttivi dell’area ed indirizzare le produzioni locali verso prodotti e servizi funzionali allo sviluppo delle valenze ambientali, produttive e storico-culturali; - riorganizzare e riqualificare le risorse umane del territorio, anche in prospettiva di una maggiore integrazione sociale e di un aumento delle opportunità occupazionali. E’ in atto un processo di “re-identificazione territoriale” e di “ri-allocazione sociale, culturale ed operativa delle Genti di Hyblon e Tukles”, rilevato e riconosciuto negli atti della programmazione pubblica; tale processo di piano conduce alla ri-lettura e ri-organizzazione del territorio secondo la logica del distretto culturale-ambientale di tipo relazionale, così da ribaltare la debolezza della scarsa industrializzazione e della bassa antropizzazione dell’area in punti di forza ed opportunità per il rilancio dell’economia locale in chiave di turismo sostenibile. Si punta quindi al consolidamento un modello locale di sviluppo che: • da un lato ricentra l’antico quotidiano vivere sociale ed economico nella modernità ma ne indirizza e governa le azioni nell’ottica della sostenibilità, cioè della conservazione e del ripristino dell’originario valore del microecosistema locale; • dall’altro, fa del nuovo standard di qualità di vita, sicuramente più elevato dell’attuale, il mezzo per la riqualificazione sociale ed economica della collettività locale e per il mantenimento dell’ecosistema quale attrattore per utenze qualificate che vogliono scoprire e convivere, quale unicum identificativo dell’area, l’insieme di storia, tradizioni, cultura, ambiente e di umanità locale. L’offerta turistica integrata nel Val d’Anapo Nella logica sistemica del distretto turistico ambientale-culturale di tipo relazionale, trovano collocazione le reti integrate (organizzate in filiere produttive) tramite le quali il tessuto produttivo locale si organizza ed interagisce: 293


• la ricettività diffusa in tutte le sue forme (centri storici – agriturismo – turismo rurale)243 • la ristorazione legata alle tradizioni locali • l’agroalimentare di qualità • l’artigianato di pregio • i servizi innovativi per i nuovi giacimenti occupazionali, a partire dall’ambiente e dai BB.CC.AA. • i servizi alle imprese ed ai cittadini Viene ad essere configurata così l’O.T.I. – Offerta Turistica Integrata, di tipo relazionale, quale risultante della complessiva capacità di offerta di innovativi prodotti e servizi identificativi dell’area vasta, re-identificata in relazione al proprio vissuto storico; l’O.T.I. è, in questo senso, il paniere di storia, cultura, paesaggio, clima, vegetazione, biotipi, architettura che contraddistingue l’area, ma anche dei prodotti e servizi innovativi ad essi legati, del tipo di accoglienza e di relazioni umane vere, antiche, che l’umanità locale sa dare in maniera spontanea e che l’ospite chiede di conoscere e godere facendo propri i relativi valori, contribuendo a mantenerli integri ed a preservarli a tal punto da consentire alle generazioni future di potere fare altrettanto. 244 L’approccio sistemico alla pratica turistica declinata nell’O.T.I. consente, a partire da una situazione d’area debole e frammentata, di definire una gamma d’offerta “autonoma”, in grado cioè di offrire al visitatore un panorama di possibili esperienze: ! completo ! fortemente radicato sul territorio re-identificato ! non troppo vasto (con il rischio della perdita di identità) ! non troppo ristretto (con il rischio della scarsa attrattività in ragione della eccessiva specializzazione). 243 In tale contesto la filiera produttiva della ricettività assume la configurazione dell’albergo diffuso, che consente di disporre di capacità ricettive adeguate anche a flussi turistici considerevoli garantendone la gestione eco-sostenibile ed evitando il ricorso a nuovi insediamenti alberghieri ad alta concentrazione, la cui elevata pressione di carico sul territorio modificherebbe in negativo gli attuali equilibri paesistici di un territorio il cui attuale basso livello di antropizzazione ha permesso di conservare un habitat naturale di straordinaria valenza. 244 Assume in tal senso piena valenza il carattere di sostenibilità dell’approccio a rete, sotto il triplice profilo della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Per la sostenibilità ambientale, poiché il processo in atto pone a fondamento strategico del sistema economico locale le valenze ambientali ancor oggi incorrotte per le ragioni già viste e fa della tutela dinamica un must caratteriale; per la sostenibilità economica, poiché il sistema reticolare coinvolge tutte le attività economiche presenti nel comprensorio, organizzandole in filiere e distribuendo direttamente nell’area i proventi della commercializzazione; per la sostenibilità sociale, poiché la popolazione locale è coinvolta direttamente e da protagonista nella conduzione delle attività tipiche del distretto turistico.

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Le reti d’offerta privata così composte sono poi integrate alle reti d’offerta pubblica, per tali intendendo quei sistemi di beni, valenze e risorse appartenenti al patrimonio pubblico; appartengono a tale categoria d’offerta la rete museale, la rete ambientale, la rete storico-culturale, che l’impresa privata rende efficienti e dinamiche, in modo da contribuire in maniera significativa al rilancio dell’area e della sua Gente. L’O.T.I. diventa così la rete delle reti e una volta assicurata l’omogeneità delle azioni di promozione e la confluenza dell’offerta museale, ambientale e culturale nel sistema degli itinerari comprensoriali, rende possibile ed efficace l’attività di commercializzazione con la metodologia del destination management. Con il destination management, infatti, è possibile individuare un unico operatore – anche collettivo - che, interfacciandosi direttamente o virtualmente con il visitatore, sia in grado di costruire e gestire l’intero programma di soggiorno e visite, con un’evidente ricaduta positiva in termini di customer’s satisfation, proprio in forza della possibilità di personalizzare i pacchetti di visita e soggiorno e di gestirne la relativa logistica con il pieno coinvolgimento delle Forze sociali, culturali e produttive locali. A questa condizione operativa si arriva solo disponendo di un’unica organica rete di offerta integrata, organizzata nelle filiere produttive dell’Agenzia di Sviluppo, organismo di partecipazione di livello comprensoriale delle Forze Sociali, culturali e produttive dell’area vasta oggetto di re-identificazione territoriale, nonché soggetto privato capofila del GAL. Nell’ambito della gestione complessa, sperimentalmente attivata, il sistema unitario di gestione a rete dell’Offerta Turistica Integrata appare, in tutta la sua complessità, strategia ambiziosa portatrice di innovazione in senso lato: ! sotto il profilo dell’organizzazione e gestione del territorio, poiché punta all’attivazione di un’ offerta turistica integrata di livello comprensoriale, di tipo relazionale, composta da ambiente, natura, cultura, storia ed etnografia, ma soprattutto di umanità locale che si relaziona con gli ospiti visitatori; ! sotto il profilo della programmazione politico-istituzionale, perchè chiamata ad accompagnare e sostenere il processo di sviluppo dell’intrapresa locale mediante azioni pubbliche; ! sotto il profilo della governance, in quanto azione di governo del sistema in grado di riconnettere l’iniziativa privata ed il relativo specifico ambito di riferimento (in cui agiscono il marketing, le strategie di prodotto, la ricerca dei mercati, in altri termini, le leggi di mercato) con il territorio ed il relativo ambito (in cui dispiegano i loro effetti le normative di riferimento, gli strumenti programmatori - regolatori di sub-area, i PRG, e quelli di pianificazione d’area, l’accordo di programma). 295


Il distretto turistico ambientale-culturale di tipo relazionale, validato nel PIT Hyblon Tukles dalla stessa Regione siciliana identifica appieno il sistema turistico locale individuato dall’art 5 c. 1 della Legge quadro 135/2001 (seppure nell’ambito dell’area vasta omogenea programmata e pur sempre facente parte del S.T.L. Siracusano) che così definisce i “contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate”. 245 L’individuazione del sistema turistico Anapo Cassibile è maturato, quindi, in forma del tutto analoga a quanto prescritto dalla legge richiamata al successivo comma 2 dell’art. 5, laddove prevede che “gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell’offerta turistica, nonchè con i soggetti pubblici e privati interessati”. L’iter tecnico-amministrativo si impernia sull’operato dell’Agenzia di Sviluppo Val d’Anapo, costituita nel 1986, e del GAL Val d’Anapo, società mista pubblica privata a prevalente capitale pubblico, soggetti promotori di un processo di concertazione di lungo periodo che: a) ha generato, attivandone il relativo finanziamento, il Piano Integrato ed i collegati complementari strumenti attuativi (Leader II, Patto, PIT, Leader plus, ecc) b) ha avviato la procedura per la presentazione di un Contratto di Programma per la filiera turistica; c) ha coinvolto tutte le componenti pubbliche e private operanti a vario titolo nel comprensorio di riferimento. Le dinamiche dello sviluppo locale nell’ambito dell’interazione relazionale integrata Nella dinamica dello sviluppo locale tutto questo rappresenta il lavoro di ieri, oggi è già tempo di rendere concreti gli obiettivi configurati, di vantare i risultati ottenuti, di implementare le relazioni esterne; forte è infatti l’esigenza, spesso non ancora avvertita nella sua piena valenza operativa, di definire immediatamente i processi di re-identificazione dei territori omogenei rilevati 245 L’uso dell’avversativa “o” nella definizione dei requisiti del STL individua due possibili percorsi: l’uno che, a partire dalle vocazioni espresse dal territorio, dalle sue valenze culturali, ambientali e turistiche in senso ampio, individua la costruzione del STL come “via” per lo sviluppo dell’area; l’altro che prende atto della strutturazione in senso turistico dei un’area, in quanto già caratterizzata dalla presenza significativa (“diffusa”) di imprese turistiche. Il STL Anapo Cassibile si inscrive nella prima delle due alternative.

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maturi dalla mappatura Motris, insieme ai processi di ri-allocazione sociale, culturale e produttiva delle relative Genti. I pericoli di una sempre più forte emarginazione dei sistemi socio-economici delle aree interne e svantaggiate della regione sono una cruda realtà, con l’aggravante che interessi forti esterni sono già in atto per espropriare la Gente Locale delle proprie possibilità di sviluppo e per impropriamente utilizzare l’antica dignità che il retaggio di storia e cultura locale ha loro assegnato. Questo vale per il Val d’Anapo, ma anche per le altre aree dell’isola interna siciliana individuate dal rapporto Motris. Ai territori rilevati maturi della mappatura, quindi, è assegnata la responsabilità di promuovere ed attivare la rete dei Sistemi Turistici Relazionali della Sicilia - per poi estenderla al livello euro-mediterraneo. La capacità di Governare i nuovi sentieri dello sviluppo etico dipende quindi: dai livelli di coesione dei Partenariati pubblici locali, che devono supportare l’iniziativa; dalla determinazione dei Partenariati privati d’area di attivare la rete relazionale e dall’efficienza delle strutture partecipative che essi si daranno; dalla capacità che le sopraordinate Istituzioni competenti dimostreranno nel relazionarsi con i sistemi di autogoverno locali. Questi fattori, insieme, conducono alla: • creazione e gestione della rete dell’O.T.I. Relazionale, come sopra descritta; • attivazione di funzioni pubbliche per il sostegno dei Distretti Turistici Relazionali; • valorizzazione delle microcentralità, quali punti di servizio diffusi nel territorio, ma anche di presidio dello stesso; • creazione di reti di PMI concorrenti a formare il prodotto integrato locale; • composizione e gestione unitaria della complessiva offerta integrata d’area vasta; • attivazione di funzioni private di tipo collettivo per l’innovazione dei sistemi d’impresa; • attivazione di una programmazione integrata, complessa e partecipata di livello subregionale; • attivazione di interrelazioni operative inter-territoriali; • messa in campo di reti corte di Distretti Turistici Relazionali della Regione Sicilia; • messa in campo di reti lunghe di sistemi economici complessi di livello euromediterraneo. Per questo oggi è tempo di “politica delle carte in regola” (espressione della primavera della programmazione della regione siciliana); è indispensabile infatti attivare un’azione pubblico-privata complessa, basata su una forte programmazione integrata che sia: a) partecipata dal basso e per questo consape297


vole dei reali fabbisogni locali; b) preordinata per porre in campo interventi che aumentano l’attrattività del territorio ed al contempo incentivano e sostengono l’intrapresa locale; c) dotata di progettazione pubblica reale (rapidamente trasformabile in esecutiva e cantierabile); d) collegata alla generale programmazione integrata ed i cui ordini di priorità siano desunti dalle relative capacità di implementare il valore dell’intrapresa di riferimento. Conclusioni operative E’ necessario implementare il valore del sistema di autogoverno locale attivando un sistema relazionale interistituzionale complesso, finalizzato a fare interagire il sistema relazionale locale (partenariato rappresentativo locale) con i diversi sistemi istituzionali sopra-ordinati (competenti per avviare la fase di governance del processo di piano locale), inserito in un contesto regionale, sia in termini di efficienza ed efficacia dei procedimenti amministrativo/operativi necessari alle azioni di piano, sia in termini di sostenibilità delle attività di re-identificazione e ri-qualificazione dei contesti. Verso l’alto una simile organizzazione interistituzionale è indispensabile per formalizzare procedimenti pubblici integrati quali la disciplina e il governo di “piani di gestione integrati e complessi di aree vaste omogenee”, tramite i quali: • ri-connettere in un'unica programmazione integrata d’area vasta locale le valenze locali, quali aree tutelate, di pregio e siti di interesse comunitario, relazionate con le pianificazioni d’area comunali e provinciale; • attivare la rete dei Sistemi Turistici Relazionali Siciliani (rete di aree vaste locali), per avviare la fase di governance delle connessa progettualità di respiro regionale; • promuovere ed attivare la Rete di scambio del Villaggio Euromediterraneo; • condividere i processi di riconoscibilità dello specifico euromediterraneo. Verso il basso, tale sistema relazionale, nella necessità inderogabile di trovare nei confronti delle istituzioni centrali riferimenti territoriali certi, capaci cioè non solo di programmare e spendere secondo le regole europee, ma anche di sapientemente collegarsi con le realtà locali, consente di: • organizzare per filiere, a livello di aree vaste locali e tramite gli organismi di partecipazione d’area, le Forze sociali, culturali e produttive locali, per farle interagire a livello comprensoriale e per stabilire le priorità degli interventi strutturali ed infrastrutturali di interesse collettivo in relazione alle tendenze operative del sistema produttivo locale; • riconnettere in rete regionale le architetture partecipative miste che garantiscono interessi collettivi d’area vasta (o interessi generali e diffusi), per la creazione della rete di prodotti, beni e servizi dell’Offerta Turistica Relazionale Siciliana; 298


• avviare a livello euro-mediterraneo attività partenariali conducenti alla creazione ed attivazione della rete delle produzioni tipiche di qualità dei piccoli centri della ruralità euro- mediterranea e dei beni e servizi della relativa Offerta Turistica Relazionale. Il “sistema di sistemi” prima descritto dà concretezza ai principi del decentramento amministrativo e ravvicina enormemente “programmazione integrata regionale” e “reali bisogni/tendenze locali”, con la possibilità: a) di contribuire all’attivazione delle variabili di rottura attingendo ai nuovi giacimenti occupazionali regionali mediante gestioni integrate delle risorse territoriali in chiave di innovazione e sostenibilità; b) di coinvolgere operativamente le risorse umane dei sistemi turistici locali, opportunamente ri-qualificate e riunite in apposite strutture consortili che garantiscono la qualità delle attività a livello regionale; c) di dare priorità ad interventi pubblici che, seppure incentivanti la crescita del complessivo sistema produttivo, danno particolare sostegno ai nascenti micro-sistemi sub-regionali che nel tempo si attiveranno; d) di avviare la messa in rete dei prodotti, beni e servizi qualificanti i sistemi turistici relazionali regionali ed euro-mediterranei. Le cospicuità (materiali, intellettive, partecipative, programmatorie, organizzative, finanziarie, ecc) rilevate dall’attività Motris rappresentano la massa critica culturale e strumentale indispensabile per affrontare le problematiche dello sviluppo integrato e sostenibile delle aree deboli e svantaggiate regionali ed euro-mediterranee, e consentono di sperimentare, attraverso la creazione delle reti delle offerte relazionali integrate dei sistemi di sviluppo locale, la possibilità di innescare una nuova forma di ri-composizione sociale: la rete della nuova economia sostenibile della ruralità euromediterranea.

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IDENTITÀ DEI LUOGHI E TECNOLOGIE. UN CONTRASTO APPARENTE. Danilo Lo Bello e Giovanni Nofroni246

Introduzione L’analisi di un territorio, la sua interpretazione ed infine la sua rappresentazione costituiscono il processo di costruzione dell’immagine di un luogo. Immagine che può riflettere anche il legame affettivo tra l’uomo e il luogo in cui vive arrivando a esprimere desiderio di “protezione” ed allo stesso tempo volontà di sviluppo. Uno sviluppo “rispettoso”, non “estraneo”, che difende e valorizza i caratteri costitutivi della identità di un luogo. In questo processo la tecnologia gioca un ruolo importante perché mette a disposizione strumenti di analisi conoscitiva e di gestione partecipata del patrimonio culturale, economico, ed ambientale . In particolare, le reti telematiche e le fonti di energia rinnovabili possono essere messe al servizio di progetti di valorizzazione del territorio promossi dalla comunità di persone che sul territorio si radica e vive. Progetti di questo genere nascono dalla capacità di pensare o ri-pensare il rapporto con il proprio ambiente in una duplice prospettiva: • come sorgente e radice della propria identità culturale; • come risorsa capace di creare lavoro e di produrre ricchezza per la comunità. Stiamo parlando di una progettualità “locale” che produce come effetto primario e consapevole una territorializazione dell’ economia e che in questa pro246

Componenti dell’Associazione Novaterra.

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spettiva deve affrontare le questioni legate alla chiusura locale dei cicli produttivi: energia, acqua, beni e servizi primari etc. Allo stesso tempo stiamo parlando di una progettualità che trascende il “locale” perché ha in se’, come valore originario, la volontà e la capacita’ di gettare ponti, di costruire luoghi non virtuali di incontro tra comunità culturalmente differenti o fisicamente distanti. le reti telematiche. Jeremy Rifkin in “L’era dell’accesso”, vedeva lo spostamento delle funzioni di scambio dal territorio al mondo telematico delle reti, facendo venir meno la percezione che l’uomo ha di sé e sminuendo l’ importanza dei rapporti sociali. Noi riteniamo che questo scenario, tipico di una economia globalizzata, non sia affatto l’ unico possibile e nemmeno che possa essere considerato come un effetto collaterale, un prezzo da pagare per essere “wired”, connessi alla rete che da’ l’ accesso al benessere materiale e al progresso. Si tratta, piuttosto, di un’ esigenza metodologica intrinseca dei processi di globalizzazione che hanno bisogno di remotizzare le decisioni rispetto ai luoghi e, di conseguenza, di virtualizzare i luoghi stessi. Ci saranno cosi’ modelli astratti dei luoghi di produzione e di consumo ( i mercati); ci saranno parallelamente classificazioni riduttive degli esseri umani sulla base della capacità di produrre e di consumare. In questo quadro si inseriscono alcuni diffusi modelli di rete : ad esempio il modello Business to Business (B2B) o quello Business to Consumer (B2C). Noi pensiamo che ci sia spazio per un modello diverso che vorremmo battezzare “Community to Community” (C2C). Diverso non perché realizzato con tecnologie inedite, ma perché diversa e’ la prospettiva da cui nasce. Nel modello “C2C” la progettualità nasce dalla consapevolezza della propria identità e del valore economico delle risorse locali. Per semplificare, possiamo individuare 3 elementi che corrispondono anche a tre momenti della realizzazione di un modello C2C: Le risorse. Si tratta di “portare alla luce” tutto ciò che ha valore o può averlo con uno studio sistematico (mappatura) del territorio. L’immagine. Si tratta di comporre e presentare le risorse in modo da costruire l’ immagine del luogo che meglio ne fa percepire l’identità’ reale e il valore. E, di conseguenza, che sia capace di suscitare la decisione di entrare in rapporto con quel luogo, con la sua cultura, con le persone che lo abitano. Il sistema. Questa fase si propone 3 obiettivi principali: • rendere economica la fruizione delle risorse del luogo; • garantire la sostenibilità ambientale; • interagire con l’ utente finale per personalizzare la fruizione del luogo.

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In linea di massima si può pensare a due reti “parallele”: una rete “locale”, in cui mettere in comune le risorse umane, ideali e finanziarie, ed una rete “remota”, costituita da soggetti disposti a partecipare alla realizzazione del progetto, e non solo all’acquisto e consumo di un prodotto. Ad unire, una rete “tecnologica”, la rete telematica, per la cooperazione, la gestione delle risorse messe a sistema. Le fonti rinnovabili di energia. L’ altra tecnologia determinante per lo sviluppo rispettoso e sostenibile di un luogo e’ quella legata alla produzione di energia facendo ricorso alle fonti rinnovabili. La consapevolezza che la questione energetica costituisca un problema centrale e indilazionabile e’ ormai universalmente acquisita sia dalla comunità scientifica che dalla gente comune. Ciò che più ci interessa sottolineare ai fini del nostro discorso, e’ che affrontare in concreto la questione energetica significa pensare al territorio in modo nuovo: non solo come a un bene da difendere, ma come a un “partner” da coinvolgere nel processo di sviluppo. Dal punto di vista concettuale ciò significa pensare come sia possibile realizzare cicli chiusi di generazione dell’ energia, fondati sul trinomio “risorsa, utilizzo, rigenerazione” e non più sul binomio “risorsa-consumo” (si veda in proposito ad esempio il libro “La Società No Oil” di F. Orecchini e V. Naso). Per tradurre in pratica questo nuovo approccio occorre realizzare uno studio energetico del territorio in relazione a un definito e consapevole programma di sviluppo e in relazione alle peculiarità del luogo stesso. Non si può dire “a priori “: promuoviamo l’ eolico o il fotovoltaico e neppure prendere come riferimento in un comune della Sicilia ciò che si e’ fatto, per esempio, in una cittadina della Danimarca o della Germania dove il territorio, l’ architettura, il clima, le consuetudini della gente presentano caratteristiche del tutto differenti. Se non si fa cosi’ si rischia comunque di subire iniziative esterne senza avere idee e strumenti per dire la propria. Le fonti rinnovabili di energia come il solare fotovoltaico, il solare termico, le biomasse giocano un ruolo fondamentale proprio perché, e nella misura in cui, sono “elementi” collegabili al territorio, integrabili con l’ambiente naturale, con l’ambiente “costruito” e con le attività produttive. Abbiamo omesso di citare le wind farm che sfruttano l’ energia eolica proprio perché la loro integrazione e’ più problematica, ma soprattutto perché l’immagine della Sicilia e’ più vicina alla fonte primaria, il sole. Ciò non vuol dire che in contesti concreti esse non possano integrarsi in modo armonico con il territorio. Le fonti rinnovabili sono importanti anche perché incoraggiano comportamenti responsabili da parte dei singoli, in particolare radicati nel territorio. Ad esempio: 303


• l’adozione di caldaie a biomassa, alimentate a nocciolino di sansa, per la chiusura del ciclo di produzione dell’olio; analogamente per la produzione vitivinicola e più genericamente per la produzione agro-alimentare; • l’utilizzo dell’energia solare, sia per la produzione di energia elettrica(solare fotovoltaico), che per la produzione di acqua calda (solare termico a bassa temperatura), per garantire una minore dipendenza dai centri di produzione di energia elettrica, e contestualmente, la creazione di nuove professionalità. Conclusioni Certamente quanto sin qui detto non e’ di facile realizzazione. E non solo per gli aspetti legati alla tecnologie. Si richiede la diffusione di professionalità e conoscenze altamente interdisciplinari che non possono restare confinate solo nelle Università o in qualche ufficio tecnico. Si richiede un livello molto maggiore di partecipazione e di iniziativa sia a livello individuale che a livello delle rappresentanze delle singole comunità. Che dire poi del desolante ritardo dell’ Italia in quasi tutti i settori delle energie rinnovabili rispetto a quanto accade in altri Paesi del Nord Europa, primo fra tutti la Germania? O dell’ assenza in una regione come la Sicilia di un piano energetico atteso da più di un decennio? O di tanti comportamenti irresponsabili, nel piccolo e nel grande, che manifestano la più elementare mancanza di rispetto dell’ ambiente ? La coscienza di quanto ci sia ancora da fare ci convince della importanza di una azione di “educazione ambientale” radicata nel territorio, rivolta non solo agli studenti, ma anche ai genitori e agli insegnanti. Con alcuni obiettivi: • conoscere le risorse del proprio territorio; • promuovere l’ apprendimento delle tecnologie chiave; • orientare a valori di rispetto dell’ ambiente naturale e umano proprio e altrui.

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LA CONDIZIONE DELL’OFFERTA DI TURISMO RELAZIONALE NELL’ALCAMESE-ALTO BELICE CORLEONESE. Andrea Ferrarella247

Introduzione L’offerta turistica Alcamese-Alto Belice Corleonese rappresenta l’unione programmatica di due comprensori. Il primo rappresentato dai Comuni aderenti al P.I.T. Alto Belice Corleonese: Altofonte, Bisacquino, Campofiorito, Camporeale, Cefalà Diana, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Corleone, Giuliana, Godrano, Marineo, Mezzojuso, Monreale, Palazzo Adriano, Piana degli Albanesi, Prizzi, Roccamena, S. Cristina Gela, S. Giuseppe Jato, S. Cipirrello e Villafrati. Il secondo ambito territoriale prende spunto dal protocollo di intesa siglato tra il Comune di Alcamo e quello di Monreale per la costituzione del Sistema Turistico Locale Normandeo che fa riferimento non solo ai percorsi progettuali già avviati dai Comuni afferenti al PIT n. 19 ma anche a quelli congiuntamente portati avanti dai Comuni di: Alcamo, Borgetto, Castellammare del Golfo, Carini, Capaci, Calatafimi-Segesta, Partitico, Trappeto, Balestrate, Terrasini, Cinisi, Montelepre, Giardinello, Isola delle Femmine e San Vito. Quello dell’Alto Belice Corleonese è il PIT siciliano con una maggiore estensione: 1.733 kmq su 22 comuni e per 125,791 abitanti. Il PIT prevede 8 azioni pubbliche, 36 di natura infrastrutturale e 8 relative ai regimi di aiuto per un totale di € 74 milioni di interventi. Ben il 48% degli interventi possono essere 247 Dottore agronomo, project manager del Progetto Integrato Territoriale n.19 “Alto Belice Corleonese”, nella provincia di Palermo.

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definiti di natura ambientale e intercettano risorse sull’asse 1 del POR, il 5% sono relativi alla cultura, il 10% alla formazione, il 36% alle imprese e l’1% alle reti. L’orientamento del PIT presenta un obiettivo di sviluppo di tipo turistico con approccio settoriale incentrato sull’ambiente. Il PIT è gestito da un ufficio unico con poteri di coordinamento. Per quel che concerne l’offerta locale, il contesto si presenta nel suo complesso ancora poco valorizzato turisticamente ad eccezione di quello monumentale del Duomo di Monreale. Il taglio che sembra emergere, coerentemente anche con quanto previsto dal quadro programmatico del PIT, tende a valorizzare le vocazioni dell’area ed individua nel segmento del turismo verde e nelle sue varie declinazioni di natura, sport ed enogastronomia gli elementi principali alla base dell’attrattività del prodotto turistico del comprensorio. Il comprensorio, presenta notevoli varietà e particolarità morfologiche (disseminate di rocche e colline), ed un buon mantenimento del paesaggio agrario che - spesso alternato ad aree boscate - si caratterizza per le colture tradizionali nei campi aperti ed i pascoli d’altura e per la presenza diffusa di complessi, edifici e manufatti storici, legati, per l’appunto, alle attività produttive agricole e zootecniche. Le sole masserie dell’area rappresentano oltre il 60% di tutte quelle presenti nella provincia di Palermo. Sono soprattutto, però, gli aspetti naturalistici a caratterizzare il comprensorio con ben 7 riserve naturali, fra cui quella del Bosco della Ficuzza - la foresta più ricca ed estesa della Sicilia occidentale (9.000 ha) - 8 Siti di Importanza Comunitaria e 4 Zone di Protezione Speciale per gli uccelli selvatici; inoltre, nell’area è presente un articolato sistema di laghi artificiali (Poma, Garcia, di Piana degli Albanesi, Scanzano, di Prizzi, Gammauta), alcuni dei quali dalle forti valenze paesaggistiche e ornitologiche. Per quanto riguarda le risorse culturali, il comprensorio annovera una delle realtà più note e visitate in Sicilia, rappresentata dal complesso monumentale, di epoca normanna, del Duomo di Monreale. Abbastanza note, almeno nelle principali guide turistiche, anche le terme arabe di Cefalà Diana mentre la rinomanza turistica dell’area archeologica del Monte Jato non travalica i confini regionali. Per concludere il quadro delle attrattive locali, è necessario fare riferimento alla variegata offerta di produzioni tipiche, sia di tipo alimentare, sia artigianale. L’intero comprensorio vanta un ricco paniere di prodotti tipici. Molto diffusa la produzione di formaggi, soprattutto nel corleonese, ma anche di olio, pane, vino e dolciumi, spesso proposti nelle sagre locali. Le più note, a livello regionale sono quella delle ciliegie a Chiusa Sclafani, del melone bianco a Roccamena, del cannolo a Piana degli Albanesi. Particolare evidenza va data alle grandi aziende vitivinicole locali, molte delle quali, già da tempo, hanno raggiunto con le proprie etichette le tavole degli italiani e talune anche 306


quelle straniere (Donnafugata, Don Pietro, Principe di Corleone, Rapitalà, ecc.). I dati sulle risorse e le infrastrutture per l’ospitalità Le imprese di ospitalità presenti nell’area sono attualmente 16, per un totale complessivo di 440 posti letto: 5 strutture alberghiere e 11 complementari, localizzate in 7 comuni dell’area. Tutti gli esercizi ricettivi sono localizzati tra Monreale e l’area del corleonese, sebbene la maggiore concentrazione di posti letto, soprattutto complementari, si trovi a ridosso della Riserva di Bosco della Ficuzza. Le imprese alberghiere sono di categoria medio-bassa, di modeste dimensioni, con una media di circa 28 posti letto per esercizio, sono tutte dotate della sala ristorante, ma prive di qualsiasi attrezzatura o servizi di tipo ricreativo e sportivo, segno evidente di un’utenza più di transito e di affari che strettamente turistica. Nel prossimo biennio, l’offerta ricettiva dell’area sembra essere destinata ad ampliarsi notevolmente, grazie agli interventi già previsti a valere su diversi strumenti di finanziamento. Il maggior numero di iniziative riguardano l’ampliamento dell’offerta complementare. Che dovrebbe portare ad un aumento di circa 300 posti letto. Le imprese di ristorazione (ristoranti, trattorie e pizzerie) sono circa 60 e quasi 90 i bar ed i caffè nell’area. Piuttosto povera risulta l’offerta di tipo ricreativo, sportivo e per il tempo libero:le imprese di attività ricreative, culturali e sportive di vario genere sono appena 24. Infine, oltre il 60% dei comuni è raggiungibile, con mezzo proprio, in meno di un’ora da Palermo, mentre la restante parte è comunque localizzata a meno di 100 Km di distanza, per una percorrenza massima di un’ora e mezza. Con riferimento ai trasporti pubblici, tutti i comuni vantano collegamenti diretti con la città di Palermo. I servizi pullman dal capoluogo hanno una frequenza giornaliera e assicurano, per molti comuni, più di dieci corse di andata e ritorno. Di contro, l’area risulta carente in termini di collegamenti e di orari utili alla fruizione turistica. Nonostante una situazione positiva sul piano numerico, molto limitate risultano le possibilità di raggiungere luoghi di interesse storico o naturalistico, come le riserve naturali o le aree archeologiche: per la riserva del Bosco della Ficuzza, ad esempio, è prevista una sola corsa, con arrivo alle ore 12.15 e rientro alle ore 17.00. In merito alla fruibilità dei centri storici e delle realtà monumentali, nessuno dei comuni dell’area vanta aree pedonali ed è strutturato, escludendo l’organizzata e consolidata realtà di Monreale, per accogliere o incentivare l’arrivo di nuovi visitatori (assenza di parcheggi, d’itinerari, di punti informativi; negozi e monumenti chiusi nei giorni festivi, ecc.).

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Per quanto riguarda la città di Alcamo, questa si presenta quale città particolarmente interessante dal punto di vista ambientale, storico-culturale e soprattutto enologico: si colloca nel cuore di un'ampia valle rigogliosa di vigneti il cui prodotto più importante è il rinomato vino secco Bianco d'Alcamo DOC. Nelle sue tante chiese si possono ammirare sculture e dipinti che rappresentano il meglio di quanto artisticamente abbia prodotto la Sicilia; basti citare Pietro Novelli, Giacomo Serpotta, i Gagini, Giuseppe Renda nonché opere del belga Borremans. Il centro storico presenta un impianto urbanistico di origine trecentesca, scandito da isolati rettangolari disposti lungo assi ortogonali e spezzato a metà dalla lunga direttrice di corso VI Aprile. All'inizio di questa antica strada imperiale sorge la seicentesca chiesa di S. Francesco d'Assisi, con pregevoli opere scultoree dei Gagini. A poca distanza, la chiesa di S. Tommaso, uno degli esempi meglio conservati di architettura quattrocentesca. Di notevole interesse architettonico sono anche, nella zona alta dell'abitato, il Castello dei Conti di Modica del XIV secolo che nel settembre del 1535 ospitò l'imperatore Carlo V. la Torre De Balis del XV secolo, e la sontuosa basilica di Maria Santissima Assunta del XVIII secolo, che è la più ricca di opere d'arte. Dal punto di vista ambientale di particolare interesse è la presenza sul territorio della Riserva Naturale Orientata del Bosco d'Alcamo, sul Monte Bonifato dove, nella parte più alta si trovano i resti del trecentesco Castello dei Ventimiglia. Incorporata nella cinta muraria si trova il sacello dedicato alla Madonna dell'Alto costruito nel '600 e sotto il Castello i resti di un'ampia cisterna di epoca araba, localmente nota come la Funtanazza. Interessante anche l’imponente sviluppo turistico balneare di Alcamo Marina che si sta imponendo come stazione balneare, grazie al suo ampio arenile. A questo ricco patrimonio però fa da contraltare una pochezza di servizi per i turisti e l’assenza di collegamenti con altre realtà turisticamente più avanzate, che potrebbero essere complementari all’offerta alcamese. Gli unici itinerari oggi proposti sul territorio di Alcamo invece si limitano al comprensorio locale, non riuscendo ad avere l’appeal necessario ad attirare flussi importanti di visitatori. Il fabbisogno rilevato è dunque proprio quello di organizzare l’offerta turistica e di renderla maggiormente appetibile; una delle vie, a nostro giudizio anche quella maggiormente percorribile in termini di rapporto costi/benefici, è quella di proporre la destinazione Alcamo come parte di un più vasto e interessante contesto. Relativamente alle presenze turistiche, l’Azienda Provinciale per il Turismo di Trapani, ha registrato nel 2003 oltre 380.000 arrivi e ben 1.260.311 presenze. I due comprensori rappresentati dai Comuni del PIT 19 e da quello dei comuni coinvolti dal costituendo STL Normandeo rappresentano un ambito ideale 308


sul quale testare le potenzialità del turismo relazionale. Si riportano di seguito alcuni elementi di interesse: 1. si tratta di territori molto vari ma accomunati da importanti percorsi programmatici comuni; 2. i comuni coinvolti rappresentano un’area geografica ampia ma facilmente suddividibile in distretti e con aree da adibire a “cerniere”; 3. sono presenti elementi forti riconducibili ai segmenti natura e cultura: patrimonio architettonico monumentale e etnoantropologico, beni ambientali di pregio, tradizioni eno-gastronomiche ecc. 4. è possibile approfondire e combinare con successo e sinergicamente lo sviluppo del turismo costiero con quello montano; 5. gli ambiti territoriali proposti presentano una massa critica tale da giustificare la sperimentazione e l’impiego di risorse finalizzate allo sviluppo del turismo relazionale.

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UN DISTRETTO RELAZIONALE POTENZIALE: L’AGRO ERICINO Giuseppina Magaddino248

Introduzione L’Agro Ericino costituisce una porzione del territorio della provincia di Trapani comprendente i comuni di Valderice, Custonaci, San Vito Lo Capo e Buseto Palizzolo: un ampio territorio che si sviluppa dalle falde del Monte Erice lungo una direttrice che va verso Palermo e che giunge fino alle porte dell’odierna Castellammare del Golfo. La storia Il territorio dell’Agro Ericino fece parte fino alla seconda guerra mondiale del vasto e antico “territorium“ di Monte San Giuliano, l’attuale Erice. L’antica città, già importante centro Punico, sotto il governo dei Normanni, con Guglielmo II (1154-1189), venne dichiarata di “dominio regio”, le venne attribuito la funzione di fortezza reale ed ebbe in concessione un vasto territorio che dalle falde del monte giungeva fino a Scopello. Con Federico II che nel 1241 assegnò all’Università del Monte San Giuliano, oltre alle terre già concesse da Guglielmo, tredici “casalia inhabitata”, il territorio del Monte si estendeva per circa 10.000 salme di terreno (ha. 27.842), diviso in dieci feudi costituiti da 77 parecchiate. Nei feudi, concessi in enfiteusi alle grandi famiglie, veniva praticato prevalentemente l'allevamento del bestiame; le terre intorno al monte e-

248 Architetto, si occupa di interventi di progettazione architettonica e di riqualificazione di strutture turistiche nel territorio della Provincia di Trapani.

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rano invece sede di un’agricoltura ragguardevole249. Con il Decreto di Federico IV di Borbone del 1789 che obbligava i municipi a censire le terre patrimoniali e comunali e la successiva censuazione, progettata da Tommaso Natale e messa in atto dal viceré Caramico, (parecchi ettari di terreni demaniali furono ceduti in enfiteusi ai contadini i quali, nella speranza di accedere alla terra, si stabilirono a valle), ebbe origine la formazione dei centri rurali ericini che, sviluppandosi attraverso un processo di 150 anni tra il 1848 ed il 1955, diedero vita ai comuni di Custonaci, Buseto Palizzolo, San Vito Lo Capo e Valderice. Le risorse naturali Il sistema dei rilievi della Sicilia nord occidentale, di cui i rilievi montuosi di Monte San Giuliano costituiscono la parte terminale, è caratterizzato da un succedersi di dorsali montuose, intercalate da fondovalli piatte, che risalgono verso l’interno (Monte Inici, Monte Bonifato). Il paesaggio costiero è dominato dall’imponenza e pregnanza visiva di Monte Cofano (mt. 659 s.l.m.) e di Monte Erice (mt.756 s.l.m.) e dal massiccio montuoso che costituisce il fondale scenografico del Golfo di Castellammare; la costa è articolata in insenature, spiagge, falesie e da pianori calcarei. Il paesaggio agrario delle colline è caratterizzato da coltivazioni a vigneto da vino, seminativi associati a vigneto e da brani di coltivazioni legnose, oliveti e mandorleti. Nel territorio sono state istituite due Riserve Naturali Orientate, quella dello Zingaro e quella di Monte Cofano; il mare del Golfo di Bonagia è stato riconosciuto Sito di Importanza Comunitaria. Risorse culturali sono anche le architetture di tipo civile, religioso, difensivo, produttivo presenti nel territorio ed il sistema di relazione costituito dell’antica rete delle vie di comunicazione. Le torri costiere Costruite nel 1584 su progetto dell’ingegnere del regno Camillo Camilliani e per ordine del Vicerè a difesa del territorio ericino durante le frequenti incursioni piratesche, sono edifici isolati ubicati in luoghi strategicamente stabiliti per dominare un ampio tratto di mare e per assicurare il continuum delle segnalazioni fra i vari manufatti e fra questi e le città. Le architetture religiose Oltre i santuari di San Vito e di Custonaci e le chiese del pedemonte, le cappelle, dislocate lungo percorsi tradizionali e diffuse su tutto il territorio, sono deliziosi esempi di architettura vernacolare, ormai quasi tutte in stato di abbandono. 249 Numerose sono le testimonianze di storici quali il Cordici (1680) ed il Carvini (1773) che tracciano un quadro nitido del territorio dell’Agro.

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Le architetture residenziali. Alle falde di Erice, nel territorio che attualmente appartiene al Comune di Valderice, durante il XIX - XX secolo “… lungo le viottole che scendevano a perpendicolo dal colle di Ragosia verso il mare, sul versante più dotato di bellezze naturali, tra l’Ottocento e i primi del Novecento sorsero le ville baronali e borghesi, manifestazione del capitale agrario…”250. Le architetture rurali Il Baglio era il centro direzionale dei lavori campestri; vi si svolgevano tutte le attività atte alla lavorazione ed alla conservazione dei prodotti provenienti dalla proprietà stessa (olio, vino, grano, formaggi); esso costituiva un vivo e attivo nucleo di popolazione agricola assolutamente autonoma ed indipendente, strutturato in modo da poter sopperire a tutta le funzioni di una piccola comunità, dalle sociali alle religiose, dalle civili alle amministrative. Nella sua forma essenziale, il Baglio si configura come un massiccio quadrilatero che racchiude un ampio cortile interno (dall’arabo bahar = cortile, da cui trae nome nel trapanese la tipologia architettonica baglio ), caratterizzato solitamente da un elemento a torre e dalla chiesetta, la cui presenza rafforza il carattere di polo di convergenza e di supremazia esercitato dall’edificio sul territorio circostante. Gli agglomerati rurali costituiscono un interessante esempio di insediamento agricolo “spontaneo” organizzatosi nei secoli. In essi, la ripetizione e l’unificazione di vari tipi edilizi si esprimono in forma libera, simili per convergenza, ma sempre diversa per l’adattamento alle dimensioni ambientali, costituendo magicamente un insieme. Le case rurali sorgono per lo più su cozzi rocciosi dai quali meglio si potevano controllare le terre circostanti; la tipologia più diffusa è quella che presenta 2 o 3 stanze contigue addossate l’uno all’altro attraverso una successione (la successione dei tempi di costruzione) che segue un allineamento secondo un unico asse, un addossamento ad angolo retto o a ferro di cavallo. Le architetture produttive Le tonnare, superstiti testimonianze di un’attività in passato fiorente, sono “organismi “tipicamente costieri. La Tonnara di Bonagia è stata convertita in struttura ricettiva - multiproprietà, le altre, Sceri e Tonnarella dell’Uzzo, sono in stato di assoluto abbandono. I mulini, dislocati nella parte del territorio coltivato a frumento, sono interessanti esempi di architettura industriale, anch’essi ormai in stato di abbandono. Strade e trazzere dell’Agro Ericino. Il territorio dell’Agro era attraversato da una rete di 135 vie e trazzere, per una 250 Vincenzo Perugini, Genesi di un paese:Valderice, Valderice 1990

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lunghezza complessiva di circa 580 chilometri, segno di incessante intensità di rapporti, comunicazioni e traffici da e per ciascuna contrada e luogo del territorio.251 Le strade “di percorso lungo” erano le odierne statali che attraversano il territorio nella direzione ovest - est verso Palermo: la prima, chiamata "via consolare", si identifica quasi totalmente con la Statale 113; la seconda, S.S.187, scende dalla città di Monte San Giuliano si spinge fino ad Inici e prosegue verso Palermo e l’entroterra: sono questi gli itinerari più antichi lungo i quali, fino a tutto il XVIII secolo, erano numerosi fondaci, punti di ristoro e stazioni di cambio di cavalcature; sono le stessa vie dell'antico "Itinerarium Antonianum" percorse e descritte dalll’arabo Edrisi nel tempo di Ruggero d'Altavilla (1120-1154). Nella "via marittima", che dalle falde di Erice percorreva la costa fino a raggiungere Castellammare, convergevano le vie dette del commercio per l’ imbarco di prodotti agricoli o di blocchi di marmo e di pietre pregiate. Tra le vie venutisi a costituire per raggiungere chiese e santuari o per abbreviarne il cammino, famosa era la via della processione per il"Trasporto" del Quadro di Maria SS. di Custonaci dal Santuario di Custonaci a Monte San Giuliano e viceversa. Le attività produttive esistenti. Numerosi sono gli insediamenti produttivi, sorti negli ultimi anni, legati alla trasformazione dei prodotti agricoli: le aziende vitivinicole con la produzione di vini di qualità che ha ottenuto la denominazione di origine controllata e gli oleifici. Custonaci è il primo polo marmifero in Sicilia (il marmo estratto è principalmente il perlato di Sicilia). A Valderice sono localizzati gli stabilimenti per la lavorazione del marmo. Sopravvive ancora con sovvenzioni regionali la pesca del tonno con la mattanza di Bonagia e di Favignana che oltre all’attività produttiva svolgono la funzione di richiamo turistico. (Gli stabilimenti per la lavorazione del tonno sono nel Comune di Erice). Gli esercizi ricettivi sono localizzati lungo il litorale, in particolare a San Vito Lo Capo. Numerose sono le aziende agrituristiche sorte negli ultimi anni; nel comune di Valderice si ha un esempio di baglio convertito in struttura alberghiera.I prodotti alimentari. Olio, miele, mandorle, meloni gialli, ortaggi e ittici. Un esempio di manifestazione gastronomica consolidata di eco internazionale è il cous-cous Festival che si svolge a San Vito Lo Capo durante l’ultima settima di settembre. La manifestazione richiama ogni anno concorrenti e ospiti provenienti da tutto il bacino mediterraneo. Il cous-cous di pesce è una specia251 Archivio Storico di Erice: “Elenco e classificazione delle Vie di Monte San Giuliano“ del 1862-64.

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lità culinaria delle località costiere dell’Agro Ericino. Le infrastrutture per l’accessibilità Comunicazioni stradali: Autostrada A29 Palermo – Trapani, Strade Statali 187 e113. Le comunicazioni ferroviarie sono costituite dalla linea ferroviaria Palermo – Trapani. Le infrastrutture aeroportuali più vicine sono: Aeroporto “Falcone - Borsellino” di Palermo e l’Aeroporto “Vincenzo Florio” di Trapani. L’accessibilità portuale è assicurata dallo scalo portuale di Trapani con collegamenti con la Tunisia e la Sardegna, con il porto turistico di San Vito Lo Capo e di Trapani. I collegamenti tra i vari comuni sono assicurati da autolinee, con frequenze incompatibili con le esigenze del turista. Le ipotesi di intervento. Definizione di ambiti territoriali, riconoscibili per i loro caratteri diversi, che si articolano attraverso l’individuazione di percorsi. Il sistema dei percorsi, veicolari, ciclabili e pedonali, collega le emergenze ambientali, le emergenze architettoniche, gli agglomerati rurali, gli insediamenti produttivi: esso deve avvenire attraverso il recupero dei tracciati storici. L’obiettivo è di dare, a chi abita il territorio o ai suoi visitatori, la possibilità di andare - a piedi, in bicicletta, o in auto - con diversi ritmi, diverse possibilità di fermarsi e “vedere”.

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Definizione di itinerari tematici. Le ipotesi di una fruizione turistica di ampie porzioni di territorio in forma di itinerario costituisce una forma differenziata di turismo culturale dalla quale si potranno trarre nuove occasioni di rilancio delle economie locali. Esempi di itinerari tematici: le ville e i giardini storici del pedemonte, i bagli dei feudi federiciani, le architetture rurali del pedemonte, le cantine e i vigneti: le vie del vino, gli oleifici e gli oliveti: le vie dell’olio, la via consolare da Valderice a Corleone, le tonnare e le torri, i pozzi e gli abbeveratoi: le vie dell’acqua, le cave di marmo, le cappelle e le vie di preghiera. Creazione di “pacchetti di offerta turistica” che combinino le risorse dell’entroterra con la fruibilità del mare, sicuro richiamo. Tra gli interventi da definire nell’ ambito rurale: • Il recupero del patrimonio architettonico rurale finalizzato ad attività di turismo alternativo, • Ricostituzione degli insiemi paesaggistici rurale con l’inserimento nella produzione delle colture ormai in via di estinzione, • Creazione di circuiti agro-alimentari. 252 Il territorio di Valderice è stato oggetto di uno studio sulla definizione di un sistema turistico integrato, redatto dagli architetti Magaddino e Di Grazia.

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Tra gli interventi da definire nell’ambito costiero: • Salvaguardia e riqualificazione ambientale del litorale, con interventi utili ad una sua ottimale fruizione; • Controllo costante dello stato di igiene ottimale delle coste marine e del regolare svolgimento delle attività antropiche compatibili. Istituzione di una scuola di specializzazione per la gestione delle aree costiere, che fornisca indicazioni e know-how per il loro monitoraggio e l’attivazione di attività eco-compatibili. Sul riconoscimento dei beni culturali e naturali come risorse, ossia “sorgenti di benessere” e di sussistenza economica – ecologica si fonda l’assetto territoriale, e quindi economico, non solo dell’Agro Ericino ma di tutto il territorio regionale. Il turismo relazionale, tramite le attività che propone, è una sorta di guida alla scoperta di luoghi non solo nel tempo e nello spazio, ma anche della mente e del corpo. E’ una guida che si muove tra i paesi arroccati dell’entroterra corleonese, tra le fertili colline dell’agro, tra i castelli, le masserie e i bagli, in quei luoghi dove è ancora possibile un rapporto con la natura, con la storia e con gli uomini.

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IL CONTRATTO DI PROGRAMMA N.T.S. – EXTREME. Angela Tanania253

Premessa Il Consorzio N.T.S. (Network Turistico Siciliano), soggetto proponente del Contratto di Programma, ha nelle sue finalità la promozione e l’assistenza di iniziative per lo sviluppo dell’attività turistico alberghiera, sportiva e del tempo libero nel territorio ove operano i consorziati al fine di incrementare ed assistere le loro attività. Si prefigge l’obiettivo di definire un quadro strategico di marketing al fine di rappresentare le principali direttrici di sistema su cui innestare lo sviluppo economico generale. Il Consorzio è costituito da imprese, nello specifico ha nella propria compagine sociale 32 consorziati, che hanno per oggetto la realizzazione e gestione di attività turistico ricettiva e dei servizi ad essa collegati. L’obiettivo principale di questo studio è la rappresentazione del quadro di sviluppo esistente nel comprensorio costiero e di aree interne e montane che si estende dall’area di Termini Imerese al territorio delle Madonne: l’obiettivo è individuare macrozonizzazioni territoriali vocate all’attivazione di iniziative di imprenditoria privata in funzione dei settori considerati strategici nell’azione di N.T.S. Lo studio intende pertanto delineare una configurazione di contesto territoriale. 1. Introduzione metodologica per la valutazione degli aspetti territoriali del contratto di programma Nell’ambito degli interventi del governo nazionale a sostegno dello sviluppo locale sono stati progettati, a partire dalla fine degli anni ’80, vari sistemi di incentivi agli investimenti delle imprese. I contratti di programma (CdP), insieme alla legge 488/92 e al credito d’imposta delle aree sottoutilizzate, fanno

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Architetto, cultore della materia, corso di laurea in pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale, Facoltà di Architettura, Università di Palermo.

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parte degli interventi dello Stato che si configurano come “politiche di contesto”. Il contratto di programma N.T.S. intende applicare la sua strategia di approccio ai temi territoriali dello sviluppo in varie fasi individuate nel piano di sviluppo generale. Uno degli assi individuati è il turismo: si sta affermando in generale un approccio di organizzazione dell’offerta turistica che privilegi modelli in cui la dimensione locale specifica sia privilegiata rispetto alle componenti del turismo tradizionale. Viene suggerito254 di adottare un approccio storico - contestuale, in grado di rappresentare e spiegare la realtà efficacemente al fine di supportare le decisioni di aziende inserite in contesti locali differenti, con diversa storia e diverso percorso strategico. Nel documento di programmazione dello sviluppo del consorzio N.T.S. è presente un’analisi di contesto che illustra la situazione locale rispetto alla tendenza regionale e nazionale. A seguito di diversi incontri e riflessioni nel partenariato è sembrato opportuno agire direttamente sul gap delle infrastrutture ricettive senza le quali qualsiasi operazione di destination management, che caratterizza attualmente le pratiche di turismo evoluto, sarebbe impossibile. E’ indubbio che i territori di N.T.S. presentano notevoli caratteristiche di opportunità (apertura con ambiti esterni di relazione). L’ambito territoriale delle Madonie unisce l’offerta ambientale di livello internazionale con la possibilità di migliorare il collegamento con la fascia costiera. Il comprensorio in esame, nella sua composizione attuale, si configura come un insieme variegato di risorse naturali, infrastrutturali, umane, produttive, culturali articolate in polarizzazioni differenziate: Termini è il polo produttivo, portuale, energetico, e di servizi urbani di livello provinciale, strettamente correlato alle dinamiche di crescita dell’area metropolitana di Palermo; Cefalù va inteso come polo della intera fascia di comuni costieri della fascia orientale della provincia e con essi va correlato in modo sostantivo; infine i comuni del Parco delle Madonie fungono da contatto diretto della costa e dei territori della Sicilia interna e delle fasce di interazione con il Parco dei Nebrodi. 1.1 I settori per lo sviluppo del comprensorio Dall’analisi di scenario economico vengono ad evidenza due settori strategici dotati di alta priorità: il turismo e l’ambiente, settori questi che devono essere sostenuti secondo una logica di crescita interconessa. Un secondo livello di priorità strategica va posto sul comparto produttivo industriale. Le linee di sviluppo, tratteggiate per i settori del turismo, dell’ambiente e dei sistemi produttivi, si configurano come i punti di arrivo di un progetto maturato dalla concertazione tra le diverse forze sociali: la definizione di obiettivi 254

Rispoli, M., (2001) (a cura di), Prodotti turistici evoluti. Casi ed esperienze in Italia, Giappichelli, Torino.

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concertati e condivisi tra i partner locali è fondamentale e irrinunciabile per permettere uno sviluppo equilibrato e sostenibile, in cui i benefici siano diffusi, anche se ovviamente commisurati ai costi sostenuti in maniera diversa da comunità, privati ed enti pubblici. D'altro canto si riscontra sempre più oggi (soprattutto nell’ambito turistico) l’importanza di zone/località che concentrano fattori diversificati di attrattività, ma anche la necessità del superamento della logica dei poli per andare verso una logica di sistema e di sviluppo quindi delle altre località. 2. Elaborazioni territoriali della seconda fase 2.1 Modifiche introdotte a seguito dell’asseverazione bancaria Nella ultima fase, seguente alla asseverazione bancaria, il numero delle iniziative si è ridotto per motivi che risultano estranei alla strategia di fondo che ha mosso il partenariato fin dall’inizio. Ciò non muta le finalità, gli obiettivi e le strategie individuate poiché le dinamiche dei comportamenti individuali possono mutare continuamente in ordine alla tempistica di implementazione. La selezione autonoma delle azioni imprenditoriali deriva da motivazioni interne ai contesti aziendali e non dai contesti operativi in cui sono inserite. Vi è quindi più di una ragione per tenere fisso lo scenario di riferimento fornito che deriva solo parzialmente dal numero e dalle tipologie degli interventi originari. Il programma N.T.S. - EXTREME, pertanto, è generato direttamente dall’articolazione delle risorse e delle opportunità strategiche dei contesti territoriali risultanti dalle analisi e ciò è a garanzia di ulteriori sviluppi futuri comprensivi anche di un incremento di iniziative e di possibili integrazioni tramite il ricorso ad altre occasioni di programmazione strategica con risorse finanziarie pubbliche e private aggiuntive. 2.2 Strategie territoriali di N.T.S. Nel POR Sicilia 2000-2006 la strategia di sviluppo del sistema produttivo turistico è quella di pervenire ad una dotazione di strumenti operativi capace di creare effetti durevoli senza alterare in termini negativi i valori qualiquantitativi, suscettibile di far coincidere le aspettative dei residenti con quelli dei turisti senza diminuire il livello qualitativo dell’esperienza turistica e senza danneggiare i valori ambientali del territorio interessato dal fenomeno. Ciò significa che nella predisposizione del contratto di programma N.T.S per il turismo: 1. l’obiettivo del partenariato socio-economico, condiviso da quello istituzionale dei comuni aderenti all’iniziativa N.T.S, è di agire nel comparto del turismo in varie fasi, la prima delle quali comprende il potenziamento della ricettività in modo diffuso sul territorio anche in funzione delle condizioni competitive esistenti nel resto della provincia, della Regione e negli altri territori; 2. il raggiungimento del precedente obiettivo non deve pregiudicare il sistema degli ecosistemi esistenti che costituisce il cuore delle risorse senza 319


le quali non è possibile pensare di attrarre alcun tipo di flusso turistico che sia sostenibile per l’identità culturale delle comunità insediate; 3. l’articolazione delle proposte progettuali segue la differenziazione delle tipologie territoriali di N.T.S. (ambiti territoriali costieri, collinari-pedemontani e montani) in modo da non creare conflitti ambientali, di spreco di risorse economiche e di armonizzazione culturale tra elementi nuovi e paesaggio esistente; 4. la selezione degli interventi che compongono il contratto proviene da una logica complementare rispetto agli altri strumenti di programmazione negoziata e dei patti territoriali, dei Leader e dei PRUSST e dei PIT già attivi e quindi puntano a rafforzare il livello di integrazione tra gli interventi previsti e finanziati in detti strumenti. La posizione del territorio riflette almeno due caratteristiche localizzative che contribuiscono a valorizzarne le valenze in termini di offerta turistica: 1) la posizione centrale-assiale rispetto al resto della regione divide i bacini turistici della Sicilia nord occidentale da quella nord orientale; 2) le tre fasce territoriali in cui si articola il sistema di comuni di N.T.S. obbediscono alla funzione di connessione territoriale a partire da quelle fisiche (di contiguità e prossimità territoriale) esistenti e che potrebbero dar luogo a reti relazionali d’impresa inedite. La fascia costiera si configura assai estesa longitudinalmente rispetto alle altre due: ciò è dovuto al fatto che all’iniziativa N.T.S. hanno aderito sostanzialmente due delle tre componenti dei sistemi locali che caratterizzano la parte orientale del territorio dei comuni della Provincia di Palermo. Questi comuni costituiscono il collegamento più forte della collocazione territoriale N.T.S. rispetto alle aree economicamente più forti del nord della regione e sono attestati sul flusso di persone ed i merci che collegano Trapani, Palermo e Messina. Qui sono collocate alcune infrastrutture trasportistiche di rilievo regionale e sovraregionale ed è in questa fascia che si concentrano i fenomeni di saturazione, di disordine urbanistici e delle aree produttive industriali che contribuiscono a tenere alto il livello di conflittualità con le risorse ambientali esistenti (suolo, sottosuolo, sistemi vegetali, fauna, clima, spiagge, scogliere). La seconda fascia è attestata a sud della prima e rispetto a questa comprende un numero assai inferiore di comuni. In tale ambito territoriale sono riconoscibili porzioni di comuni che ricadono nelle zone pedemontane ma i cui comuni sono parte integrante del Parco delle Madonie e svolgono la funzione di cerniera (porte territoriali) nei confronti della fascia costiera. Il ruolo di questi territori prevalentemente montuosi è di connessione fisica e funzionale tra fascia costiera e fascia montana caratterizzata dalla presenza di attività agricole e di aree rurali di pregio paesistico e ambientale. I fenomeni insediativi esistenti risentono dell’effetto di urbanizzazione della fascia costiera (soprattutto le zone di villeggiatura di Castelbuono) e tendono a competere con essa po320


tendo garantire lo sviluppo di attività economiche che non possono trovare spazio nelle aree costiere sature. In definitiva si tratta di comuni che, pur essendo ricompresi nel Parco delle Madonie, svolgono o possono svolgere una loro concentrazione tematica e settoriale delle attività più integrate e complementari rispetto a quelle che si svolgono a più forte livello di dinamicità e di condensazione urbana (servizi, commercio, produzione industriale, connessioni fisiche ai flussi principali di persone e di merci) nella costa. 1 2 3 4 5 6 7

Altavilla Milicia Campofelice di Roccella Cefalù Lascari Pollina Termini Imerese Trabia

8 9 10 11 12 13 14

Baucina Castelbuono Cerda Collesano Gratteri Isnello Scillato

15 16 17 18 19 20

Castellana Sicula Gangi Geraci Siculo Petralia Soprana Petralia Sottana Polizzi Generosa

numero interventi per comune 0 2 4 1 0 2 0 Totale interventi nella fascia costiera: 9 0 2 0 2 0 0 1 Totale interventi nella fascia costiera: 5 0 1 0 0 0 1 Totale interventi nella fascia costiera: 2 Totale interventi nel comprensorio: 16

La terza fascia è parte del comprensorio madonita e costituisce il cuore strategico delle reti ecologiche nella Sicilia centro settentrionale poiché comprende la maggior parte dei territori ricompresi nel perimetro del Parco delle Madonie. Oltre alle risorse ambientali e “comportamentali” (nelle Madonie è stata istituita e finanziata una iniziativa di Agenda 21 locale che conferisce ulteriore valore aggiunto all’offerta di turismo naturalistico) si deve ricordare la presenza dei centri storici delle Madonie, spesso sottaciuta o non sufficientemente valorizzata per la presenza della Cefalù normanna e della Rocca. Questa divisione ha un valore puramente strumentale per argomentare le caratteristiche del contratto di programma e quindi vanno intesi come ambiti territoriali differenziati ai fini strategici del progetto e in realtà facenti capo a 321


contesti di relazioni e scambi socio-economici e fisico ambientali indissolubili. 2.3 La concentrazione territoriale degli interventi e il livello di varietà dell’offerta turistica L’individuazione degli interventi e delle attività distinte per tipologia sono individuate nella tavola di seguito riportata. Se la concentrazione degli interventi sulla costa è prevedibile, non altrettanto lo è la concentrazione di proposte nelle due restanti fasce, in particolare nelle zone della fascia interna: i 2 interventi progettati su Gangi e Polizzi Generosa rivestono un ruolo importante poiché possono manifestare comunque un livello minimo di reattività imprenditoriale rispetto agli stimoli generati dalle occasioni della programmazione negoziata. Con riferimento alle tipologie degli interventi è possibile rilevare una chiara differenziazione dei livelli di varietà tra la costa rispetto alla fascia intermedia e di quella interna. Sulla costa si ha la maggiore varietà di tipologie di intervento che spaziano dalla realizzazione di attività alberghiere alla creazione di parchi di divertimento e, ovviamente di posti letto in strutture alberghiere e in campeggi. Conclusioni Il contratto di programma di N.T.S. risponde pienamente agli obiettivi di sostenibilità ambientale richiesti dal modello di sviluppo condiviso all’avvio della concertazione in quanto nelle aree a maggiore sensibilità ambientale sono presenti pochi e non invasivi interventi che però contribuiscono a potenziare l’asfittica dotazione di strutture ricettive e di servizi per i turismi connessi sia al Parco delle Madonie che alle attività culturali e di svago che si possono svolgere sulla fascia costiera. La risposta del territorio alla sollecitazione provocata dal documento per lo sviluppo locale della coalizione N.T.S. consente ora di precisare gli indirizzi territoriali associandoli ad ognuna delle tre fasce selezionando gli argomenti che hanno valenza infrastrutturale e che prevedono la realizzazione o il recupero di manufatti o interventi di rinaturazione in ambienti sensibili dal punto di vista dell’equilibrio ecosistemico e per la realizzazione delle reti ecologiche. Tali indirizzi strategici hanno il compito di guidare la qualificazione dell’offerta turistica proponendo di estendere tali principi, una volta condivisi, come criteri da utilizzare anche negli sviluppi (rimodulazioni e integrazioni eventuali) degli altri strumenti di programmazione negoziata e di pianificazione complessa territoriale (Patti, Leader, PRUSST, PIT). • Per la fascia costiera: interventi di rinaturazione, di ridestinazione d’uso dell’edilizia stagionale a fini turistici, interventi di risanamento delle aree delle foci fluviali, difesa e salvaguardia delle spiagge e delle scogliere, piani 322


del colore per i centri storici, difesa e salvaguardia paesistica delle aree archeologiche, conferma degli obiettivi del POR riguardo alla destagionalizzazione del turismo puntando anche allo sviluppo del turismo congressuale. • Per la fascia intermedia: interventi di consolidamento, recupero e restauro dei manufatti rurali di pregio anche a fini di turismo rurale ed agrituristico. • Per la fascia interna: conferma ed ulteriore sviluppo delle attività consentite dal regolamento del Parco, sostegno e spinta propulsiva al recupero dei centri storici a fini ricettivi, difesa e valorizzazione dei tesori d’arte, di urbanistica e architettura presenti nelle tipologie edilizie palazziali, religiose e militari sopravvissute all’abbandono e che versano in grave pericolo di crollo, di furti e di alterazione dei caratteri distintivi originari. Riferimenti bibliografici ARTA (2003), Rapporto dal territorio 2003. Sicilia, Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, Dipartimento Urbanistica, INU, Roma. Caroli M.G. (1999), Il marketing territoriale, Angeli, Milano. Colaizzo, R. (2000), La progettazione integrata territoriale il quadro economico e programmatico, Donzelli, Roma. DPEF 2003-2006, Ministero dell’Economia e delle Finanze. Grasso A., Urbani L. (2001) (a cura di), L’approccio integrato allo sviluppo locale. Il sistema locale Val D'Anapo, Franco Angeli, Milano. Magnaghi A. (2000), Il progetto locale, Boringhieri, Torino. Properzi P. (2003) (a cura di), Rapporto dal territorio 2003, INU, Roma. PSM (2000) Programma di sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006, Dipartimento per lo sviluppo e coesione, Roma Quinto rapporto del DPS 2001-2002, Ministero delle Finanze. Regione Siciliana - Assessorato dei Beni Culturali Ambientali e della Pubblica Istruzione (1996), Linee guida del piano territoriale paesistico regionale, Arti Grafiche Siciliane , Palermo. Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2001), Primo rapporto sul turismo in Sicilia, Mercury s.r.l., Firenze. Regione Siciliana - Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti (2003), Rapporto sul turismo in Sicilia, Mercury s.r.l., Firenze.

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IL RECUPERO DI UN BORGO STORICO PER IL TURISMO RELAZIONALE INTEGRATO. IL CASO DI PANTANO. Stella Sciarrone255

Introduzione256 A Pantano, borgo cinquecentesco frazione del comune di Rometta, in provincia di Messina, si sta avviando una iniziativa per il recupero del borgo antico sulla base di iniziative avviate nel “PRUSST Valdemone”. Attraverso uno studio elaborato presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria, una società privata si sta occupando dell’acquisto di tutti gli immobili nel villaggio al termine del quale provvederà a vincolarle mediante l’interazione informativa con la Soprintendenza di Messina sia dal punto di vista ambientale che etnoantropologico. Altri soggetti coinvolti nel progetto di recupero a fini turistici sono l’Osservatorio per lo Sviluppo Economico del Turistico del tirreno, di Valdina in provincia di Messina, ed il Club Unesco siciliano di Messina. Fino ad oggi la società ha acquisito l’ottanta per contento dell’intero patrimonio architettonico da recuperare. Il sito si trova a 200 mt s.l.m. e dista circa 5 km dalla costa e dallo svincolo di Rometta (autostrada Messina-Palermo). E’ ubicato in un comprensorio ad al255 Architetto, si occupa di conservazione architettonica. 256

Nota dei curatori. In maniera differente sono già presenti in Sicilia azioni che riguardano la progettazione ed il recupero di ville, bagli, masserie, mulini, ecc. Vanno citati ad esempio: a) gli studi sul recupero dell’edilizia rurale sviluppati da Vincenzo Anello nella cura del manuale del recupero dei siti rurali. L’esperienza della Valle del Sosio. Metodologia di analisi ed intervento per la valorizzazione del territorio, in cui la lettura antropologica è affidata a Rita Cedrini; b) i progetti di edifici per agriturismo e turismo rurale realizzati dalla attenta sensibilità di Leonardo Foderà.

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ta vocazione turistica: dista 15 Km da Milazzo che con il suo porto collega le isole Eolie, 20 km da Messina, 35 Km da Portorosa, 100 dall’aeroporto di Catania. Rinomate e antichissime sono altresì le “Sorgenti di Venere” presso Castroreale Terme a 25 km. Il paesino sorge su un crinale in mezzo ad una vallata. La strada comunale che dal mare conduce a Rometta permette una visione panoramica del villaggio, da molteplici punti di vista. All’altezza della frazione semiabitata di Rapano una stradina di 150 mt raggiunge il villaggio. L’impianto urbano Il piccolo centro di origine rurale, che contava un centinaio di abitanti, cominciò a spopolarsi a partire dal dopoguerra e fu abbandonato definitivamente negli anni del boom economico.

Questo ha consentito alle costruzioni di preservarsi nello stato originale: le aggiunte e le modifiche in “materiali moderni”, quali ad esempio pvc e conglomerato armato, sono minimi; i volumi degli edificati, gli elementi costruttivi e lo sviluppo stradale sono rimasti immutati. L’impianto e l’edilizia sono di tipo rurale: strada a Y e tre blocchi di costruzioni, due dei quali la fiancheggiano; la piazza coincide con la biforcazione della strada e su questa si affaccia il terzo blocco, di cui fa parte la graziosa chiesa seicentesca. I fabbricati dei blocchi laterali sono a due piani; quello centrale a un piano solo. I piani inferiori erano usati per lo più come ambienti per la lavorazione del vino (palmenti, cantine) e per l’allevamento di animali. Ogni casa aveva il proprio forno, che si trovava quasi sempre in un ambiente esterno adiacente all’abitazione. Nel paese si è mantenuto un ingegnoso si326


stema per lo smaltimento e la raccolta delle acque piovane: permangono ancora gli antichi pluviali e le gronde in terracotta, che convogliavano l’acqua in una ventina di cisterne sotterranee, in modo che quasi ogni abitazione avesse la propria fonte d’acqua. Tecniche di recupero e dettagli costruttivi Una accurata analisi tipologica di questo tipo necessita della codifica di tutti gli elementi costruttivi (finestre, porte, solai, tetti, scale, ecc.) differenziandone le varie tipologie (finestre in laterizio ad arco, finestre in laterizio con architrave, finestre in conci di pietra squadrati) attraverso descrizioni grafiche. Si definiranno, alla fine di quest’indagine, le specifiche modalità di intervento e la messa in sicurezza antisismica relative ad ogni singolo caso. E’ prevista la individuazione dei luoghi di estrazione e lavorazione dei materiali usati ed ancora reperibili; ove non sia possibile questi saranno sostituiti con prodotti affini per provenienza e composizione. Si ricorrerà alle tecniche originarie senza l’utilizzo di materiali di diversa composizione e di diverso comportamento statico rispetto quelli di origine. Gli elementi lignei, quali solai, tetti, scale, ecc. saranno ripresi, e se necessario sostituiti con le stesse tecniche e lo stesso materiale (dov’è possibile con il materiale di scarto degli altri elementi demoliti per instabilità strutturali); così pure muratura e parti di pietra e laterizi (fig. 2 e 3).

Obiettivi e strategie L’obiettivo è di inserire il borgo in un circuito di “Turismo Relazionale”, una rete di centri siciliani di natura rurale, (bagli, borghi, manieri, mulini, frantoi, palmenti) in cui il singolo turista si senta “accolto individualmente nel territorio”. Si propone una rivisitazione del concetto ottocentesco di villeggiatura, di durata maggiore rispetto quella dei flussi dell’attuale turismo massificato. L’obiettivo è quello di dare occasione all’ospite di interagire e integrarsi nel contesto culturale e ambientale in cui si trova. Si vuole rendere Pantano un riferimento territoriale per affermare e divulgare 327


i concetti e i vantaggi di uno sviluppo sostenibile nel recupero del patrimonio storico architettonico ancora esistente. Porgere agli abitanti del territorio una nuova idea di restauro centrata sulla rigenerazione sociale ed economica, quindi non solo puntando al restauro edilizio di borghi o di chiese, quindi concentrandosi sulle architetture, ma anche puntando alla valorizzazione di fatti di cultura, tradizioni, attività artigiane tradizionali. Per conseguire i risultati attesi è necessario implementare le azioni previste dal progetto: 1. analisi delle tipologie edilizie e dell’impianto urbanistico; 2. progetto del recupero delle singole particelle catastali e dell’impianto urbano; 3. formazione della maestranza che sarà presentata dalla Scuola Edile di Messina, organismo paritetico che organizza già campi di formazione in cantieri di recupero architettonico. Durante la fase di apertura del cantiere sarà svolto il perfezionamento e la verifica delle conoscenze ottenute nella fase di analisi pre-progettuale. Con lo smontaggio di elementi campione sarà possibile conoscere con precisione e dall’internodelle pretiche di cantiere, le tecnologie applicate in origine. Lo Stage sarà realizzato attraverso un’indagine di cantiere. La collaborazione tra anziani capi-mastri muratori e professionisti permetterà di approfondire le analisi iniziali, intervenire e mettere a norma il costruito, con tecniche quanto più affini a quelle di origine. Sarà redatto un codice di pratica, che descrive graficamente le modalità di recupero, in fase di progetto, degli elementi costruttivi. La sinergia con il programma di formazione professionale consentirà di conservare la regola d’arte costruttiva tradizionale dell’area tirrenica utilizzando i materiali originali.

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Principali attività di diffusione svolte dalla Cattedra Caracciolo 8 Marzo 1996, Palermo – Fiera del Mediterraneo. Partecipazione al convegno “L’intervento nei centri storici e la città”. 21, 22 e 23 marzo 1997 – Palazzo Reale Ficuzza Corleone: colloquio su “Animazione socio-economica del territorio”. 9 al 16 novembre 1997, Cairo Faculty of Urban & Regional Planning, Cairo University, Il Cairo, Egitto. Seminario Internazionale di scambio di esperienze sicintifiche e didattiche: “Analysis of the historic centres of Islamic foundation and Hypothesis for their preservation and rehabilitation”. 22/23 febbraio 1998, Palermo, sede Telecom, multi-video-conferenza: “La città nel XXI secolo tra recupero, innovazione; cooperazione; Giornate mondiali sull’Habitat in un’era di transizione”. 2 Luglio 1998, Palermo, Camera di Commercio.Convegno: “Il centro Storico recupero e rinascita dell’utenza. Scenari per una partnership mediterranea”. 24/25 settembre 1998. Lipsia. Conferenza internazionale: “Cultural, Industrial and Arqueological Heritage. Challenges and opportunities” DG XVI, Art. 10, ERDF. Presentazione del paper “Redevelopment of the old part of the city of Palermo”. 17/20 giugno 1999, Lipsia, Palazzo dei congressi della Fiera di Lipsia, Conferenza Internazionale DGXVI, Art. 10 ERDF. “Human Resources and Cultural Infrastructures: Access to a new Interpretation of European Integration”. Workshop 1.2 Regions and Cultural Identities whitin a diverse landscape as seen from a European perspective. 21/23 Ottobre 1999. Palermo, Villa Igea. Colloquio euro-mediterraneo: “Il turismo come leva della cooperazione e dello sviluppo regionale nel Mediterraneo”. Presentazione dell’attivtà della Cattedra Caracciolo e delle tesi di laurea sul tema della rigenerazione dei tessuti urbanistici e sociali nel centro storico di Palermo. 20-22 settembre 2000. XXI Conferenza Italiana di Scienze Regionali, AISRe, Palermo, presentazione del paper “Turismo, antichi tessuti urbani e sistemi socio-produttivi. Nuove economie nel centro storico di Palermo”. 7-8 luglio 2000, Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura, Aula Caracciolo, Palermo. Convegno di studi: “Il recupero del patrimonio storico e culturale nei paesi del Mediterraneo attraverso il rilancio dei sistemi produttivi locali e l’organizzazione di percorsi tematici per l’offerta turistica selezionata”. 331


18-20 gennaio 2001. dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura, Aula Caracciolo, Palermo. Giornale di studio: “Palermo storica: una città produttiva. Le maestranze e le nuove tecnologie”. 8 ottobre 2001, Dipartimento Storia e progetto nell’Architettura Palermo. Convegno: “Metodologie di recupero dei centri storici di fondazione islamica”. 18-20 gennaio 2002 Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura Palermo. Giornate di studio: “Palermo storica: una città produttiva”. 14 febbraio 2002, Dipartimento Storia e Progetto nell’Architettura Palermo. Seminario di studio: “Nuove relazioni interne ai centri storici e loro recupero”. 5-6 giugno 2002, Alicante, Museo Marq. Giornate di studio internazionali: «Rehabilitacion arquitectonica y arqueologica de ciudades historicas», organizzato da Archival Asociaciòn para la recuperaciòn de los Centros Històricos de España. 30 giugno 2002 Cairo (Egitto) Istituto Italiano di Cultura. Convegno: “Metodologie per il recupero dei Centri Storico del Mediterraneo”. luglio 2002 Palermo, Presidenza della Regione Siciliana convegno per la presentazione del progetto MoTuRel nell’ambito del programma comunitario Interreg Medoc, finanziato dai fondi FESR. 27 settembre 2002 Venezia, convegno per la creazione di Centri di Eccellenza per il Restauro, sede del “Centro Europeo di Venezia per i mestieri della conservazione del patrimonio architettonico”, Isola di San Servolo, Presidenze Nazionali delle Associazioni Assoedili, Anse, Fnala, Asnaart, Ilma, sul tema: Una proposta metodologica per l’intervento di recupero dei Centri Storici. Esempi di cooperazione tra Università, Istituzioni e mondo produttivo per la valorizzazione del patrimonio culturale e dei mestieri d’arte. 27 settembre 2003, Catania, Ex Chiesa di San Michele Minore piazza Manganelli. Seminario: "La promozione del territorio nel Mediterraneo: peculiari ricadute economiche , sociali e culturali" 8 febbraio 2004 organizzazione del convegno su: “Ambiente urbano, sviluppo economico e benessere. Benessere fisico e benessere spirituale. Quali aspetti contribuiscono al miglioramento della qualità della vita.” 28 maggio 2004, Palermo, Sede Consorzio ASI. Incontro pubblico: “I porti turistici della Regione Siciliana nel processo di integrazione. Economia della costa – Economia dell’interno”. 332


18 settembre 2004 convegno – seminario su “Paese Albergo e Bed & Breakfast” tenutosi a San Giuseppe Jato presso il centro diurno 11 settembre con una relazione sul turismo relazionale e marketing del territorio. 9 e 10 novembre 2004, Valencia, 2004 – Jornadas Internacionales sobre Rehabilitaciòn de Centros Històricos, organizzato da Archival Asociaciòn para la recuperaciòn de los Centros Històricos de España.

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PARTE QUARTA: Le immagini del Turismo Relazionale Integrato in Sicilia

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‫ةيملعلا ةيلوؤسملا‬: ‫ينابروأ ودرانويل‬ ‫ينابارت ودنانيدريف‬ ‫يلليزان ويباف‬ ‫اتولوج يلييناد‬ Responsabili scientifici Leonardo urbani Ferdinando Trapani Fabio Naselli Daniele Gulotta ‫لمعلا ةعومجم‬: ‫ايلاتب وينوطنأ‬ ‫ينيب اداج‬ ‫وروام يد يبيزوج‬ ‫اتنوج ايرام‬ ‫يزيكرام ينوميس‬ ‫يسابارت انايردأ‬ Gruppo di lavoro Antonio Battaglia Giada Bini Giuseppe Di Mauro Maria Giunta Simone Marchese Adriana Trapassi ‫ةيملعلاو ةينفلا ةئيﻩلا‬ ‫ﻩللا دبع رمع يلع‬، ‫يليالعلا حماس‬، ‫ىسيع نب نيمأ‬، ‫يرباك نمراك‬، ‫اليلوك ودنيرولف‬، ‫يتيلوك وينوطنأ‬، ‫ايستارج يد يلاتن‬، ‫وروام يد ونايتسبس‬، ‫يليشيم يد ينافوج‬، ‫يليشيم يد ورودويت‬، ‫ويستاف وزنإ‬، ‫ريريف ليونام‬، ‫وتونيناج يبيزوج‬، ‫ويرام‬ ‫يناجروج‬، ‫ينويل ونايلوج الوكين‬، ‫ونيدجام انيبيزوج‬، ‫يرويليم وكرام‬، ‫ىسوم لامج‬، ‫ولليزنيب ايستاينإ‬، ‫ونيتاريب ايردنأ‬، ‫ينوراتراوك الراك‬، ‫دنوميار يرنﻩ‬، ‫ونيريفيس ناس افير ونافيتس‬، ‫يجيردور يبيزوج‬، ‫ونامور ويستاينأ‬، ‫كرام‬ ‫يزيور وينوطنا‬، ‫يزيلاكس يروتافلس‬، ‫يشروس ولراك‬، ‫اراجريف وداروك‬، ‫ونافيتس‬ ‫ييناماز‬. Consulta Tecnico-scientifica Aly Omar, Sameh El Alayli, Amine Benaissa, Carmine Caprì, Florindo Colella, Antonio Colletti, Natale Di Grazia, Sebastiano Di Mauro, Giovanni Di Miceli, Teodoro Di Miceli, Enzo Fazio, Manuel Ferrer, Giuseppe Gianninoto, Mario Giorgianni, Nicola Giuliano Leone, Giuseppina Magaddino, Marco Migliore, Gamal Moussa, Ignazia Pinzello, Andrea Piraino, Carla Quartarone, Henry Raymond, Stefano Riva Sanseverino, Giuseppe Rodriguez, Ignazio Romano, Marcantonio Ruisi, Salvatore Scalisi, Carlo Sorci, Corrado Vergara, Stefano Zamagni.

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Le immagini del Turismo Relazionale Integrato in Sicilia Macrosistemi naturali e antropici Tav. 1.1 Parchi, Riserve, aree archeologiche, centri storici, fiumi principali, fondivalle, SIC, ZPS. Tav. 1.2 La programmazione delle infrastrutture trasportistiche (impianti viari, ferroviari ed aeroportuali principali). Tre sistemi integrato Tav. 2.1 Tav. 2.2 Tav. 2.3

strategici per la strutturazione deidistrettti di turismo relazionale Centri e nuclei storici. Microcentralità produttive Sistemi portuali e possibilità di relazione distrettuale

Economie agroalimentari e territorio. Premesse ambientali per l’attivazione di nuove microcentralità. Tav. 3.1 aziende olivicole e pricipali aree di tipizzazione. Tav. 3.2 aziende vitivinicole e le DOC siciliane. Aree complesse a geometria variabile: distretti di turismo relazionale integrato Tav. 4 Proposta per l’individuazione dei distretti TRI in Sicilia e dei territori intermedi di relazione. Individuazione dell’area del progetto pilota nel Val d’Anapo. La definizione qualitativa e quantitativa dei distretti di turismo relazionale integrato in Sicilia Tav. 5.1 L’alcamese e l’Agro Ericino. Tav. 5.2 Trapani, Marsala, Mazara del Vallo: il sale e la piana del vino. Tav. 5.3 Il Belice e le pietre della storia. Tav. 5.4 L’Alto Belice e l’approdo corleonese. Tav. 5.5 Dal Parco dei Nebrodi alla terrazza sullo Stretto. Tav. 5.6 L’Irminio e la corona della Contea di Modica. Tav. 5.7 Caltanissetta, Enna, la valle dell’Himera e dei miti. Un modello di rappresentazione ed un progetto pilota: l’ipotesi di distretto TRI nell’UTRAS delle valli dell’Anapo e del Cassibile Tav. 6.1 Inquadramento e struttura geografica dello zoccolo sud-orientale della Sicilia. Tav. 6.2 Le componenti strutturali del territorio delle Valli dell’Anapo e del Cassibile. La definizione di una cerniera di Turismo Relazionale Integrato Tav. 7.1 I quattro Parchi regionali Tav. 8.1 Sviluppo campi da golf in sicilia 337


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TRADUZIONE E SINTESI IN ARABO

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