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spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - filiale di Napoli
settembre 2001
architettinapoletani
rivista bimestrale dell’ordine degli architetti di napoli e provincia
si riparte
Un qualunque lavoro editoriale periodico, si caratterizza per l’impegno e l’entusiasmo che i promotori e i componenti la redazione riescono a profondere. Il Consiglio dell’Ordine di Napoli e provincia, rieletto da pochi mesi, ha inteso confermare che “architettinapoletani” divenga sempre più il luogo della promozione e del dibattito di “temi di architettura”. La rivista continuerà a trattare argomenti di interesse generale nei quali le questioni prettamente disciplinari saranno occasione per approfondire la conoscenza della professione, il rapporto tra regole e mestiere, committenza e produzione. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno dichiarato la propria disponibilità a partecipare al lavoro editoriale e colgo l’occasione per invitarvi a proporre argomenti, suggerimenti e critiche capaci di costruire insieme un percorso sempre più utile al dibattito sulla qualità urbana in particolare nella nostra provincia, convinti come siamo, che gli architetti sono pronti a migliorare le risposte a domande, speriamo sempre più qualificate, che la società contemporanea saprà richiederci. In questo numero si raccontano le immagini relative alla iscrizione al nostro Ordine di Richard Meier, (avvenuta a seguito di un regolare esame di stato sostenuto con l’umiltà dei grandi dal maestro americano), che ha visto l’entusiasmante partecipazione di architetti e studenti a testimonianza della sete di dibattito e promozione di architettura contemporanea nella nostra città. Pubblichiamo infine l’aggiornamento di esiti di concorso dove architetti del nostro Ordine hanno ottenuto premi o riconoscimenti a testimonianza della diffusa e qualificata partecipazione in ambito nazionale ed internazionale. Cordialità Vincenzo Corvino
architettinapoletani rivista bimestrale dell’ordine degli architetti di napoli e provincia numero 5 · settembre 2001
editore Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Napoli e Provincia Paolo Pisciotta Ermelinda Di Porzio Antonella Palmieri
presidente vice presidenti
Gennaro Polichetti
segretario
Gerardo Cennamo
tesoriere
Francesco Bocchino Francesco Cassano Vincenzo Corvino Pio Crispino Giancarlo Graziani Beatrice Melis Gennaro Napolitano Fulvio Ricci Onorato Visone Antonio Zehender
consiglieri
in questo numero:
direttore responsabile Paolo Pisciotta direttore editoriale Vincenzo Corvino
la lettera
richard meier
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responsabile di redazione Giancarlo Graziani comitato editoriale Massimo Calenda Pasquale De Masi Ermelinda Di Porzio Fabrizio Mangoni di S. Stefano Antonella Palmieri
editoriale la missione degli architetti raffaele sirica
redazione Antonio Acierno, Giuseppe Albanese, Antonio Ariano, Enzo Capone, Alba Cappellieri, Raffaella Celone, Giovanna di Dio Cerchia, Claudio Correale, Marco De Angelis, Carmen Del Grosso, Gianfranco Frascino, Salvatore Gatti, Luca Lanini, Aldo Micillo, Giulia Morrica, Mariarosaria Pireneo, Marcello Pisani, Adelaide Pugliese, Francesco Scardaccione, Roberto Vanacore direzione e redazione Ordine degli Architetti di Napoli e Provincia via Medina, 63 tel. 081.552.45.50 · 552.46.09 fax 081.551.94.86 http://www.na.archiworld.it e-mail: infonapoli@archiworld.it servizio editoriale e pubblicità Eidos s.a.s. via Napoli, 201 Castellammare di Stabia Napoli tel./fax 081.8721910 e mail: eidosedizioni@libero.it
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argomenti welcome to naples
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l’architettura come investimento
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monocromie
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la luce, lo spazio e la balena bianca
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la “chiesa del 2000”
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esitinapoletani
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paolo pisciotta
luigi naccarato
marco casamonti
benedetto gravagnuolo
stampa Tekné Scafati Salerno
richard meier
progetto grafico Michele Esposito Anna Della Monica
giulia morrica
Registrazione Trib. di Napoli n°5129 del 28/04/2000 distribuzione gratuita agli architetti iscritti all’albo di Napoli e Provincia, ai Consigli degli Ordini Provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Architetti e degli Ingegneri, agli Enti e Amministrazioni interessate spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96-filiale di Napoli Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano il Consiglio dell’Ordine né la redazione della Rivista. Di questo numero sono state stampate n° 8.000 copie Chiuso in tipografia il 30/09/2001
le foto di cantiere sono state gentilmente concesse dalla Italcementi Group
in copertina chiesa “Dives in Misericordia”, Roma, quartiere Tor Tre Teste’
a cura di:
segreteria organizzativa
ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI NAPOLI E PROVINCIA
Angelo Albano Raffaella Celone Domenico Ceparano Carola Coppo Annalisa De la Ville Suryllon Alessandro De Masi Andreana De Risi Antonio Iazzetta Antonello Marotta Riccardo Mascolo Ermando Piccirillo Carlotta Giulia Senes Daniela Zehender
con il patrocinio di:
CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI ARCHITETTI in collaborazione con:
Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Architettura della Seconda Università degli Studi di Napoli con il contributo di:
Banco di Napoli Italcementi comitato organizzatore
Gerardo Cennamo Vincenzo Corvino Pio Crispino GianCarlo Graziani coordinamento Ferruccio Izzo
ufficio stampa
Massimo Calenda ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI NAPOLI E PROVINCIA via Medina, 63 – 80133 Napoli tel. 0039.081.552.4550 fax 081.551.9486
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Presidente Pisciotta, ho voluto scrivere per dirLe, ancora una volta, che grande gioia è stata per me la visita a Napoli in maggio in occasione della cerimonia della mia nomina a senatore dell’Ordine degli Architetti di Napoli e Provincia. Sono stato molto colpito dal numero di studenti e giovani architetti che sono venuti ad ascoltare la mia conferenza. L’entusiamo e l’interesse della più giovane generazione è alquanto incoraggiante. È un piacere per me essere un membro di un così stimato Ordine degli Architetti e guardo con entusiamo ad un duraturo rapporto con l’Ordine di Napoli. con i migliori auguri, Richard Meier
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la missione degli architetti Raffaele Sirica*
In occasione della presentazione della proposta della nuova Legge Urbanistica Regionale, nell’ambito del Convegno organizzato dall’Ordine degli Architetti di Salerno, all’assessore Di Lello abbiamo segnalato la necessità di sviluppare ed ampliare alcune questioni esposte nella sua proposta. La prima questione, che dovrà essere finalmente sciolta, che è questione nazionale, è quella del rapporto tra la cultura del piano e la cultura del progetto. 1. THE PROJECT TO PROTECT
In Europa vige lo slogan: The project to protect, Il progetto per tutelare. Ed è proprio questa una delle principali questioni che segna la nostra distanza dall’Europa negli ultimi cinquant’anni, e che spiega l’attuale degrado delle nostre periferie. Oriol Bohigas, grande artefice dall’82 all’86 della rinascita di Barcellona, oggi impegnato nel programmare le trasformazioni della città di Salerno, continua a ripetere: “ogni scuola, ogni centro culturale, ogni biblioteca, ogni attrezzatura sportiva costruita, ha modificato più radicalmente il quartiere di qualsiasi piano regolatore o piano particolareggiato.” E François Barré, presentando insieme a noi, nel luglio duemila a Parigi, la Risoluzione, poi approvata all’unanimità, quest’anno, dal Consiglio dell’Unione Europea, “Sulla qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale”, gli ha fatto eco affermando:
“E’ ora di smetterla… si parla, talvolta, d’ambiente, di zona edificata, di patrimonio, di sviluppo duraturo, di sistemazione, di città, di spazio comunitario, di settore della costruzione, di efficacia energetica, ma non si parla mai abbastanza di architettura.” La Risoluzione approvata, proposta a Parigi, nata in Italia grazie alle iniziative del CNA (Assisi, Torino), potrebbe determinare effetti importanti sul futuro della qualità della vita dei cittadini europei.
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Nel nostro paese, in particolare, può avere risvolti strategici, poiché l’auspicata operazione di riqualificazione urbana ed ambientale riguardante i centri storici, le grandi aree dismesse, e le periferie degradate, è importante, anche in relazione all’occupazione, almeno quanto la realizzazione delle pur necessarie grandi infrastrutture. 2. LA CONFERENZA NAZIONALE DEL TERRITORIO DI GENOVA
In occasione della Conferenza Nazionale del Territorio indetta dal Ministero dei LL.PP. a Genova, il 9 febbraio di quest’anno, nel confronto conclusivo con i vertici di Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura, Ance, Touring Club, ed in piena sintonia con essi, in rappresentanza delle Professioni, abbiamo sostenuto che è necessario innanzitutto semplificare il groviglio normativo che ancora frena e arresta il nostro Paese. • piu’ forme e meno norme • piu’cose e meno cause anzi piu’ belle cose e meno brutte cause (nei tribunali, naturalmente), gli slogan che abbiamo lanciato nel dibattito.È su questo terreno che gli Ordini sono impegnati in Italia ed Europa, con azioni incisive, e con proposte di soluzione immediate e di scenario. A Genova, a tutte le parti sociali organizzate, abbiamo proposto un’alleanza strategica per avviare lo straordinario processo che dovrà determinare benessere diffuso nel paese.
Si trattava di soggetti tutti organizzati anche perifericamente grazie alla loro diffusione territoriale. Potranno pertanto essere moltiplicati i tavoli comuni, necessari per sostenere le Istituzioni in questa grande ed entusiasmante operazione. La parola magica, comune a tutti, però, e lo abbiamo detto con forza, dovrà essere “ARCHITETTURA”. 3. LA SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE
Innanzitutto qualità del progetto e competenza dei
progettisti, con la piena applicazione anche nel nostro paese della direttiva 384-85. Poi perequazione, per risolvere questioni tecniche complesse, e copianificazione per le necessarie armonie istituzionali. Ma il processo dovrà essere semplice: • accordi di programma per semplificare e velocizzare tutte le procedure: • programmazione delle costruzioni pubbliche per assicurare le compatibilità economiche, ambientali, territoriali e sociali, e colmare un vuoto fondamentale nell’urbanistica italiana; infine • concorsi di progettazione per garantire qualità e bellezza delle opere. 4. LA PROGRAMMAZIONE DEI CONCORSI
La programmazione delle opere pubbliche ed i concorsi dovranno rappresentare un nuovo e delicato compito sia per gli enti locali che per i professionisti: una vera rivoluzione culturale nel nostro paese che consenta di trasformare la semplice costruzione di un’opera pubblica in un processo trasparente di coinvolgimento e partecipazione democratica dei cittadini alla sua realizzazione. Fin dalla sua creazione, nel 1978, in Francia, la MIQCP (Mission Interministérielle pour la Qualité des Costructions Pubbliques) si è resa immediatamente conto che la qualità architettonica ha come passaggio obbligato la Programmazione del Concorso.
La esigenza del Programma vale più per le Iistituzioni locali, che per gli stessi Ministeri. La Francia ha reso sistematica la procedura “programmazione / concorso” nel settore delle costruzioni pubbliche. Ormai programmatore e progettista sono due entità giuridiche separate. Stanno nascendo uffici specializzati nel settore della programmazione il cui insegnamento fa parte di corsi universitari.
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Si tratta di una procedura solidamente collaudata, base del rinnovo dell’architettura contemporanea in Francia negli ultimi venti anni. Ma c’è un’altra opportunità di grande rilevanza che va sviluppata. L’art.15 del Regolamento della legge sui LL.PP. prevede che il responsabile del procedimento curi la redazione di un Documento Preliminare all’avvio della progettazione, con allegato ogni atto necessario alla redazione del progetto e che il costo di tale operazione può gravare sul fondo di cui all’art.18 della legge quadro. Dunque è possibile coprire la spesa della programmazione dei concorsi, anche attraverso la realizzazione del Documento Preliminare, che rappresenta proprio l’anello mancante della nostra programmazione urbanistica. Ciò è indispensabile per realizzare un’opera pubblica di qualità. La novità può consistere, dunque, nel forte incentivo per i professionisti dipendenti di essere impegnati nella programmazione dei concorsi. Essi, pertanto, non entrerebbero in conflitto con i liberi professionisti, impegnati, viceversa, nella fase della progettazione. Si configurerebbe, allora, un’alleanza naturale, sulla procedura programmazione-concorso, tra dipendenti e liberi professionisti. 5. IL RAPPORTO CENSIS SULLA PROFESSIONE DI ARCHITETTO
Ma la precondizione necessaria per ogni operazio-
ne urbanistica è la conoscenza di tutto il patrimonio edilizio. Per questo, a seguito della ricerca effettuata dal Censis, per conto del CNA, “Professione Architetto: il rilancio della progettualità”, nel manifesto degli architetti italiani approvato nell ’99 al Congresso di Torino, fu proposta anche una legge “per la sicurezza e trasparenza degli edifici”. Insomma, dal rapporto Censis si evinceva che le grandi e medie metropoli italiane soffrono di un
basso tasso di rinnovo urbano e scontano un grave ritardo rispetto all’Europa in termini infrastrutturali, di modernizzazione urbanistica, di recupero delle aree industriali dismesse, di riqualificazione edilizia. Si tratterà, dunque, secondo il Censis, di riprogettare l’edificato, gestendo il passaggio da un mercato di tipo speculativo a un mercato di riqualificazione; di sviluppare i prodotti emergenti, soprattutto nell’area del tempo libero; di gestire il terziario immobiliare, poiché tali patrimoni richiedono di essere gestiti al pari degli investimenti finanziari; di coordinare la filiera del processo edilizio. L’architetto, quindi, deve anche saper coordinare l’apporto di esperti, dall’urbanista all’esperto legale, dall’ingegnere all’analista finanziario. Si tratterà, inoltre, di interpretare i ruoli delle nuove figure emergenti nel settore immobiliare: valutatori, analisti del mercato, gestori di patrimoni, eccetera. 6. IL FASCICOLO DEL FABBRICATO E L’ARCHITECTE DE LA COMPROPRIETÉ
Il Fascicolo del Fabbricato, l’architetto di condominio (come l’architecte de la comproprieté in Francia), rappresentano allora gli obbiettivi strategici che dovremo centrare in questa nuova fase. Ciò comporterà: • Occupazione, per centinaia di migliaia di professionisti e operatori dell’edilizia.
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• Vantaggi per tutti i proprietari di case (piccoli medi e grandi), con la valorizzazione del nostro patrimonio edilizio nel mercato immobiliare nazionale ed internazionale anche attraverso una moderna informatizzazione dei dati. • Garanzia di sicurezza per gli abitanti, proprietari ed inquilini, per scongiurare i sempre più frequenti crolli di fabbricati. • Vantaggi per le istituzioni che potranno finalmente monitorare il nostro patrimonio edilizio. 7. LA DEMOCRAZIA URBANA
Si tratta, dunque, con la nuova alleanza costruita in sede europea, attraverso Assisi, Torino, Parigi, Roma, Stoccolma, di realizzare, tutti gli architetti insieme, sostenendo gli Ordini, una nuova fase nel nostro paese. La nuova parola d’ordine sarà democrazia urbana. Nel suo intervento conclusivo del Forum di Parigi, a luglio, il Ministro Catherine Tasca affermò: “Si tratta di una lotta comune da portare avanti nelle città europee per una democrazia urbana e per il diritto fondamentale del cittadino europeo ad un ambiente di qualità duraturo…le nostre società e i loro responsabili devono, per l’architettura, associare poteri decisionali, professionisti, utilizzatori e cittadini….Occorre difendere le diversità nella creazione culturale contemporanea, e occorre favorire e sostenere la missione degli architetti.” * Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti
welcome to naples Paolo Pisciotta*
Certo, la sala gremita è il segno tangibile, non solo della calorosa accoglienza verso il Maestro, ma del sempre più pressante bisogno di confronto e dibattito, legato al mestiere di architetto, al nostro fare professionale, relazionato al tema dei processi di trasformazione della città, in una città, come la nostra, dove il dibattito si va sempre di più appiattendo su posizioni di parte e non teso ad offrire un contributo sereno alle vere questioni della città Testimonianza di questo difficile ma affascinante mestiere è il lavoro del Maestro, quello stesso lavoro, che noi, già da giovani apprendisti architetti, abbiamo imparato ad apprendere studiando le sue opere, opere che hanno visto sempre esaltare la centralità del progetto, elaborato con attenzione e sapienza, stilato di propria mano, accuratamente studiato nei minimi particolari. Lo stesso studio, assomiglia più ad una “bottega di architetto” che non ad una engineering professionale, evitando così di cedere alle tentazioni di trasformarsi in una delle tante “fabbriche di architettura” statunitense. Conserva tuttora l’aria di un atelier un pò sui generis, dove nulla è commerciale ed il segno del maestro rimane ancora oggi decisivo in tutte le sue opere. Studio come luogo della creatività e della conoscenza, e proprio dal rapporto di queste due componenti che nasce la Centralità del progetto. Oggi più che mai, è necessario recuperare la dimensione concreta della qualità della progettazione architettonica, urbana e territoriale, spesso relegata a pretesto per sterili dibattiti estranei alla realtà delle cose. La rarità di architettura contemporanea e di qualità urbana in Italia, è sicuramente una delle principali cause della crisi delle nostre città, che nasce dalla interruzione delle formidabile continuità con cui l’architettura italiana era riuscita, fino al secondo dopoguerra, a rappresentare la sintesi dei bisogni e delle emozioni umane. Come dice Benedetto Gravagnuolo nel suo ultimo articolo apparso sul Il Mattino di Giovedì 3 Maggio,
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dal titolo “Processo all’Architettura”- In Italia manca da più di cinquant’anni una seria politica culturale nell’ambito delle opere pubbliche, una politica che ha visto sempre più una scarsa attenzione verso le architetture di qualità. Lo stesso Gravagnuolo si domandava che fine abbia fatto da noi la innovazione urbana? Innovazione ma anche qualità urbana fatta di architetture contemporanee, che rappresentano un valore aggiunto non solo sociale ma anche economico. Quelle architetture contemporanee che costruiscono anche nelle nostre città quella Modernità Urbana, che sta caratterizzando le altri capitali europee e che si pongonono come volano di sviluppo economico e sociale con la immissione risorse derivante dal turismo colto e contemporaneo. Ormai non c’è più bisogno di citare Parigi, Berlino, Bilbao la stessa Barcellona, che ospita tra l’altro una delle opere più belle di Meier - Il Museo d’arte contemporanea - architettura nata da un concorso internazionale, per capire come l’architettura, superando i confini del bisogno e del diritto del cittadino, si pone come risorsa economica su cui costruire lo sviluppo di una città contemporanea. Basti scendere 50 chilometri più a sud di Napoli, Salerno, per capire come le trasformazioni di questa città, siano affidate, più che ad un Piano fatto di norme e regolamenti, ad un processo del costruire fatto di architetture, risultati di concorsi, procedura questa che garantisce, oltre la innovazione e la qualità urbana, anche la partecipazione democratica dei cittadini ai processi di trasformazione della città, tesa a sviluppare quel senso civico di democrazia urbana. Basterebbe avere l’umiltà di guardare oltre i confini nazionali per recuperare il giusto valore della innovazione urbana. In Francia, già dagli anni 70, si è adottata una politica per le opere pubbliche tesa ad esaltare quella modernità urbana fatta di architetture e, attraverso il sistema dei pubblici concorsi, si sono realizzate opere che sicuramente hanno
consolidato l’immagine di Parigi e di altre città, in quel circuito internazionale fatto di turismo colto e contemporaneo. La stessa Barcellona di Pascal Maragall, sindaco negli anni 80/90, è stata investita da un processo di trasformazione urbana fatto di architetture, quel processo che oggi vede questa città al centro degli interessi culturali internazionali. Per questi motivi che il concorso di architettura, anche qui nella nostra città, nel nostro Paese, deve diventare un fondamentale e coraggioso atto politico ed amministrativo, capace di rilanciare quel sistema di partecipazione democratica del cittadino, e costruire quella Modernità urbana, dove l’architettura diventa non solo un bisogno ma un diritto del cittadino, capace di creare non solo sviluppo culturale ma anche economico. L’architettura, come dice Meier, non è solo testa, ma è dotata anche di dita, di mani e di braccia, che le permettono di agire nella risoluzione di problemi legati a particolari situazioni, e soprattutto di dare vita, azione e potenzialità alla città e ai contesti nei quali costruire. Per concludere, senza importare modelli preconfezionati, proviamo almeno a tracciare una via italiana per giungere in Europa anche per la
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gestione intelligente delle opere pubbliche, e oserei aggiungere della professione di architetto. Quella stessa professione che ha caratterizzato il fare del Maestro Meier, straordinaria sia in termini di quantità che di qualità, che gli ha consentito, grazie alle sue meravigliose opere, di ricevere i più prestigiosi premi: dal Pritzker Prize alla medaglia d’oro del Royal Institute of Bristish Architects; dagli Honor Awards dell’Accedemy dell’American Institute of Achitects al premio Arnold Brunner dell’American Accademy and Institute of Arts and Letters, alla medaglia d’oro dell’Aia, per concludere con la Laurea ad Honoris Causa conferitogli dalla nostra Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli - Federico II. Per questi motivi, che noi, con affetto, oggi Le diciamo grazie per aver scelto Napoli ed il nostro Ordine per marcare una sua autorevole presenza professionale nel nostro Paese, e con orgoglio ci vantiamo della sua iscrizione al nostro Albo professionale, certi che la Sua prestigiosa presenza possa essere da stimolo alla crescita non solo professionale della categoria che qui rappresento ma anche culturale dell’intera città di Napoli. * Presidente dell’Ordine degli Architetti di Napoli e Provincia
l’architettura come investimento Luigi Naccarato*
La presenza a Napoli del Premio Nobel, Richard Meier, è un’occasione densa di significati, non solo per onorare una personalità del mondo dell’architettura, ma anche emblematica di una trasformazione del mezzogiorno ed, in particolare, di Napoli, che richiede e richiederà nei prossimi anni un notevole sforzo di ideazione, progettazione e realizzazione di opere infrastrutturali, ulteriore volano per lo sviluppo del territorio. I segni ormai consistenti, significativi, di crescita produttiva e dell’occupazione nel Mezzogiorno, sono accompagnati dall’affermarsi di una nuova stagione di interesse e di studi, della quale sono spesso protagonisti gli stessi meridionali o, in ogni caso, persone che operano sul nostro territorio e lo vivono in modo diretto. È un processo importante. Che testimonia della crescita di nuove energie in più e diversi settori della nostra società e che concorre al superamento di una immagine del Sud stereotipata, piuttosto diffusa fino a qualche tempo fa, che tendeva a protrarre nel tempo la visione di un Mezzogiorno fermo sui suoi problemi o, al massimo, caratterizzato da lentissimi progressi. Si stanno manifestando interessanti tendenze di sviluppo: investimenti in nuove tecnologie, crescita del terziario innovativo, aumento costante del grado di internazionalizzazione, consolidamento di economie distrettuali sul territorio, sviluppo dei porti, crescita del turismo, miglioramenti in qualità dei prodotti agricoli e agroalimentari. Ne viene fuori la realtà. Cioè un Mezzogiorno in movimento, che cresce. Che sta producendo un radicale sforzo di cambiamento e di imprenditorialità. A questo sforzo hanno partecipato e partecipano attivamente l’ordine degli Ar-
chitetti ed i suoi aderenti e questo spiega la mia presenza tesa a testimoniare la fattiva collaborazione che si è espressa in più circostanze. Il sistema bancario, a sua volta, deve nei prossimi anni, saldamente, fare la sua parte. Ed il Banco, che io rappresento, da tempo ha assunto questo ruolo, in particolare quello di essere la sponda finanziaria e tecnica di mercato, sulla quale le forze economiche, politiche e sociali dovranno con più forza poggiare le iniziative di sviluppo che consentano al Mezzogiorno di reggere la competizione europea, che, non dimentichiamo, dal 1° gennaio 2002, con l’effettiva introduzione dell’Euro, diverrà certamente molto più intensa. I fondi dell’Unione Europea sono una grossa occasione per attuare il processo di trasformazione che vede le infrastrutture il sine qua non per la crescita delle altre variabili economiche. Il sistema bancario appare pertanto, oggi e soprattutto in futuro, investito di compiti tali da richiedere una presenza ancora più profonda nel territorio,
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maggiormente concentrata sulla funzione di creatore e canalizzatore di risorse a vantaggio del settore reale. E non solo, il sistema bancario non può far mancare questa funzione ma deve lavorare per migliorarla. Va favorito lo sviluppo di occasioni nuove nel mercato. La ricchezza finanziaria delle famiglie, che esiste nel Mezzogiorno, deve poter trovare, in misura molto maggiore, forme di impiego nell’economia delle nostre regioni, per lo sviluppo delle imprese come per lo sviluppo delle indispensabili infrastrutture. Quando, se non adesso, cominciare ad ampliare gli spazi per operazioni di project financing di dimensioni locali, il merchant banking, il venture capital, per l’accesso diretto delle imprese al mercato dei capitali? Se vogliamo davvero veder nascere ancora più numerose le imprese, se vederle crescere e fare investimenti in competitività la strada è questa. E noi la vogliamo percorrere insieme a quanti hanno a cuore lo sviluppo del nostro territorio. *Capo del Servizio Credito Agrario, Fondiario e Opere Pubbliche del Banco di Napoli
monocromie Marco Casamonti*
New York, Atlanta, Francoforte, Firenze, Barcellona, Manchester, Parigi, Roma, l’elenco potrebbe continuare a lungo a testimonianza di una produzione progettuale sterminata, tuttavia le varianti, le soluzioni spaziali, i materiali, gli elementi della costruzione, scale, finestre, lucernai, rivestimenti, si ripetono con estenuante continuità indifferenti ai luoghi e al tempo. Salvo rarissime eccezioni anche il colore, un bianco abba-
gliante e perentorio, non lascia trapelare un dubbio, un ripensamento, un’alternativa ad un codice stilistico che pur non ammettendo deroghe Meier plasma con assoluta capacità. Case private, biblioteche, musei, teatri, Municipi, centri culturali, residenze collettive, ogni tipo di edificio si piega e si ordina all’interno di una griglia compositiva incentrata sulla regola del quadrato e del cerchio a cui sempre si aggiunge un
Casa Douglas, lago Michigan
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tocco di sregolatezza, un’eccezione, sottoforma di linea o volume sinuoso variamente estroflesso. Per i detrattori è il trionfo della noia, della ripetizione acritica, della iterazione di una modernità datata della griffe fino all’estrema accusa di cinismo, per gli estimatori e al contrario il segno inequivocabile di una coerenza progettuale misurata sul costante affinamento dei propri mezzi espressivi, è conoscenza e sapere
Hartford Seminary
gestuale, controllo e dominio della natura, dell’antichità, dei modelli, come dimostra l’incredibile metamorfosi della collina appena fuori Los Angeles dove Meier costruisce l’apoteosi del proprio patrimonio linguistico: il Getty Museum. In realtà una attenta disamina dell’opera di uno dei pochi eletti che hanno ricevuto il Pritzker Prize (1984), dell’architetto che vanta probabilmente il maggior numero di riconoscimenti e onoreficenze, non può certamente limitarsi all’adesione superficiale di un modo di operare che, se induce facili semplificazioni supportate dall’ingombrante evidenza, necessità giocoforza di una meditata riflessione in grado di procedere con accortezza all’interno della specificità delle sue personali questioni di metodo. Di fatto la palese e dichiarata appropriazione di stilemi corbusiani deve essere letta e inter-
pretata, oltre una pretesa modernità, virata dall’opaco dell’intonaco al nitore dell’alluminio lucido, attraverso convinzioni e comportamenti ascrivibili per intero alla circoscritta ma inesauribile lezione della classicità. I pilotis, il tetto piano, la finestra orizzontale, i volumi stereometrici appartengono, al pari degli ordini per Vignola, ad un trattato non scritto, solo enunciato in “Verse une architecture”, ma tutt’altro che immaginario. Un trattato a cui Meier al pari di un qualsiasi architetto neoclassico, attinge con ordinata sapienza senza deroghe se non per aggiungere personali varianti di cui egli stesso si compiace ripetendole con insistenza. Per questa via alcune originali intuizioni spaziali e tipologiche divengono norma, codice identificativo di un operare senza sbavature; la rotonda illuminata dall’alto, così come la pro-
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pensione a disegnare continue promenade architetturali, rampe, ballatoi, vuoti non abbandonano mai un lessico che mira allo stupefacente senza sorprendere, all’eccezionalità senza contemplare eccezioni. Un autodisciplina ferrea che quando si inceppa non produce errori; forse la trasgressione è così ponderata e offerta che, oltre a costituire un avvenimento, si conferma e si esplicita in un saggio di singolare maestria. Così quando Meier devia da quella retta che lui stesso ha tracciato, l’architettura acquista immediatamente quell’originalità che la critica gli ha riconosciuto nelle prime opere, un originalità raggiunta con immediatezza e facilità, per semplice sostituzione materica, per una diretta percezione tattile e visiva dell’opera, modifiche e dimensioni devono costare al maestro americano incredibili
Atheneum, New Harmony, Indiana High Museum of Art, Atlanta, Georgia Hartford Seminary
sofferenze e notevoli tormenti interiori poiché praticata l’eccezione, torna nell’opera successiva alla regola. Monocromie e monomanie che ormai costituiscono di per se stesso un fatto eccezionale, l’unicità dentro la ripetizione; una necessità che dobbiamo imparare a guardare con gli occhi di chi ammira un artista che dedica la vita, l’intera esistenza, ad un solo progetto. Una poetica fatta di allitterazioni e una operatività infaticabile che costituisce uno straordinario insegnamento di cui la cultura architettonica italiana può fare tesoro. Un architetto che costruisce, costruisce molto, fortunatamente costruisce anche nel nostro paese con l’esempio dell’ormai nota chiesa di Roma. Qualcuno poco avvedutamente si rammarica che gli incarichi più prestigiosi siano affidati tuttavia tramite concorso - ad un numero ristretto di architetti stranieri, stars system del firmamento mondiale. È un grave errore, solo attraverso l’opera di grandi maestri l’Italia potrà ritrovare quella consuetudine e quell’interesse per l’architettura che costituisce, o almeno dovrebbe costituire, l’alimento del lavoro di qualsiasi progettista. Dal lavoro di Meier, dalle sue opere, dalla sua presenza in Italia, non potremo che ricevere un enorme beneficio; dal suo insegnamento, dal suo modo di comporre e articolare i volumi, di regolare e modellare la luce, dalla sua capacità nel disegnare lo spazio, una fondamentale lezione di architettura. * Architetto, Professore di Progettazione Architettonica presso la Facoltà di Genova, Direttore della rivista internazionale di architettura Area
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la luce, lo spazio e la balena bianca Benedetto Gravagnuolo*
Nonostante tutto, l’architettura continua a suscitare forti emozioni. Le litanie intellettualistiche delle inconsolabili prefiche sulla “morte dell’arte” e sulla “crisi dei valori” zittiscono di fronte all’entusiasmo delle grandi masse verso i capolavori architettonici del nostro tempo, che - quando raggiungono l’autentico apice espressivo non hanno nulla da invidiare ai monumenti del passato. Richard Meier appartiene a quel ristretto novero di architetti che non hanno mai sbagliato un colpo. Le sue raffinate costruzioni hanno sempre centrato l’obiettivo di esaltare l’intelligenza critica di chi le osserva. Per valutare il senso di tale asserzione, dobbiamo fare un passo in dietro. Dobbiamo risalire con la mente all’America degli anni Sessanta: gli anni in cui l’allora trentenne Richard Meier aprì un suo studio a New York dopo aver concluso gli studi presso la Cornell University. La fede nei “sacri princìpi” del Movimento Moderno era entrata in crisi, anche a seguito dell’agghiacciante vulgata dell’International Style e dell’estenuante banalità ripetitiva delle scatole in curtain-wall . Per uscire da tale impasse la parte più colta dell’architettura americana sembrava spinta a davanti a un bivio, costretta a scegliere tra due sole strade. Da un lato
percorrere a ritroso la via della “nostalgia”, protesa verso un passato idealizzato e liberamente re-inventato, strada indicata da Louis Kahn con ineguagliato rigore estetico nell’esemplare nuova città di fondazione a Dacca. Da l’altro procedere verso una vera e propria “apologia del presente”, accettando anche il cattivo gusto non solo come una realtà incontrovertibile, ma come un legittimo e per altri aspetti ineludibile desiderio popolare di architettura “semantica”, contraddistinta da una forte carica simbolica e da un’euforica disinibizione decorativa. Era insomma la strada della “Pop-Art“ traslata nel campo dell’architettura da Robert Venturi con il celebre saggio Complexity and Contradiction in Architecture (1966) e viepiù esaltata, pochi anni dopo, dall’ironica apoteosi delle icone pubblicitarie in Learning from Las Vegas (1972). Non foss’altro che per aver scelto un percorso mentale radicalmente “diverso” da entrambe le vie indicate dai più autorevoli maîtres à penser di quella fase, la mostra dei New York Five tenutasi nel 1969 al Museum of Modern Art di New York fu un vero e proprio evento. Con acume critico Kenneth Frampton presentò i cinque architetti - Peter Eisenmann, Michael Graves, John Hejduk, Charles Gwathemey e Richard Meier - come gli apostoli di una nuova modernità in quel meeting promosso dalla Conference of Architects for the Study of Environment. Ma la risonanza dell’evento fu amplificata a scala internazionale con la pubblicazione (tre anni dopo) del volume Five Architects, corredato da una prefazione di Arthur Drexler, cinque significativi scritti teorici degli architetti protagonisti e tre saggi di Colin Rowe, William La Riche e dello stesso Frampton. Nonostante gli encomiabili sforzi di apparire uniti rispetto alle grandi dispute del tempo, fu
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subito evidente agli occhi disincantati che le divergenze linguistiche individuali prevalessero sulla pur autentica ricerca di un comun denominatore teoretico. La chiara formulazione delle “Oppositions” verso l’architettura mercificata delle grandi corporations rappresentava una premessa necessaria, ma non sufficiente a creare il legante di un gruppo unitario. Richard Meier espose in quella occasione solo due delle sue prime costruzioni unifamiliari : la Smith House a Darien (1965-67) nel Connecticut e la Saltzman House (1967-69) a East Hampton presso New York. Le due architetture esemplari, quasi irreali nella loro assoluta astrazione, evocavano con deliberata immediatezza i bianchi capolavori del purismo lecorbusiano degli anni Venti. Il ponte metastorico con il “Maestro di La Chaux-de-Fonds” veniva esibito senza inibizioni quale emblema di una ricerca progettuale “impaziente” dove l’esperienza di cantiere, offerta da una committenza colta, era utilizzata al meglio per coniugare la prassi del costruire con i disegni e i metodi della composizione architettonica insegnati agli allievi della Cooper Union. A ben vedere però non solo Le Corbusier, ma l’intera lezione del “Moderno” era stata sottoposta ad un esperimento da laboratorio linguistico. Il lascito dei maestri veniva distillato e alchemicamente rimontato in nuovi “giochi sapienti”, dove il purismo lecorbusiano veniva filtrato dal “less is more” miesiano. Ai volumi puri assemblati sotto la luce si integrava senza stridore la trasparenza della “glasarchitektur”, nell’eleganza delle grandi vetrate che lasciavano penetrare il paesaggio negli interni in una latente analogia con la celebre Farnsworth House. Le due ville esposte al MoMA rappresentavano peraltro solo la punta di iceberg di una più
Richard Meier, Chiesa “Dives in Misericordia”, Roma, quartiere Tor Tre Teste’ rendering
ampia e profonda ricerca sintattica svolta nell’ambito delle residenze unifamiliari con una concatenata serie di variazioni sul tema che raggiungeranno il clou nella Douglas House a Harbor Springs (1971-73) nel Michigan. Pubblicata nelle spettacolari pagine della rivista giapponese “G.A”, la Douglas House divenne subito un cult-object, non solo per la mia generazione. Come una nave rimasta imbrigliata tra i pini della scoscesa collina, la bianca architettura dialoga con la natura circostante e innanzitutto con il lago verso il quale sembra protendere con le sue pensiline sospese nel vuoto, i suoi camini metallici e il suo alto podio simile a una prua. Sarebbe un vero equivoco confondere tanta purezza geometrica come indifferenza al luogo. Anzi, come in un tempio greco, la natura è elemento fondativo dell’ideazione stessa della Douglas House, ma nell’esibita autonomia euclidea dell’artificium, senza alcun cedimento verso facili mimetismi. Quest’opera conferma peraltro gli elementi sintatticamente reiterati e distintivi dell’ormai raggiunta riconoscibilità auto-
biografica del linguaggio di Richard Meier, riconducibili in estrema sintesi a cinque punti: volumi puri declinati nella più assoluta perfezione; grandi trasparenze per introitare il paesaggio dall’esterno nell’interno e viceversa; avidità spaziale realizzando (anche in residenze unifamiliari) vuoti generosi a più altezze; luce solare intensa inondata non solo dalle pareti di vetro laterali, ma anche da aperture zenitali; bianco quasi totale adottando questo non-colore, che è la somma di tutti i colori, come tecnica di evidenziazione dell’ombra sui volumi plastici. L’insieme di questi cinque punti determina il risultato incontrovertibile dell’estetica della pura Astrazione eletta, più o meno consapevolmente, ad emblema della Moderna Classicità. Se è vero che le ville hanno rappresentato il laboratorio linguistico privilegiato, resta altresì innegabile che sarebbe un errore relegare le esperienze di Meier nel novero delle “architetture per collezionisti”. Anzi, più di altri architetti, Meier si è legato ai temi della committenza progressista, affrontando con l’Urban Design Group (U.D.G.) progetti per il
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Bronx di New York (1969-77) ed applicando alle aree urbane degradate gli esiti delle sue sofisticate ricerche. Gli stessi studi per le filiali Olivetti in USA (1971) comprovano la duttilità di una ricerca predisposta per vocazione teorica ad una dialettica con l’Europa. Il progetto per il Museo d’Arte Moderna di Villa Strozzi a Firenze (1973) rappresenta solo l’incipit di una collana di opere ideate per l’Europa. Tra le tante meritano una particolare attenzione il Museum für Kunsthandtwerk a Francoforte sul Meno, inaugurato nel 1985, il Centro civico nella Münsterplatz di Ulm, il Museo e la Biblioteca centrale di L’Aja (1986-1995) e il Museu d’Art Contemporani di Barcellona (1987-95). Senza contare le opere in corso di realizzazione in Italia dalla celebre Chiesa del Giubileo e la (incomprensibilmente osteggiata) copertura della Ara Pacis a Roma fino al Ponte di Alessandria. Anche per Napoli, Meier ha redatto un progetto irrealizzato per i Quartieri Spagnoli in occasione della mostra per il cinquantenario della fondazione della Facoltà di Architettura nel 1987.
Richard Meier, Chiesa “Dives in Misericordia”, Roma, quartiere Tor Tre Teste’ foto del modello
Il filo teorico che lega tra loro queste diverse “architetture d’autore” è la dialettica tra testo e contesto che ripropone a scala urbana la stessa logica già analizzata a proposito della relazione tra le ville e la natura. Cambiando i termini del paesaggio - da naturale a urbano - ritroviamo la perfetta analogia concettuale. Come la Douglas House, così il Centro civico di Ulm rifiuta ogni mimetismo con la straordinaria Cattedrale Gotica pur stabilendo con essa un forte nesso percettivo: di rispetto nella bianca superficie esterna e, al tempo stesso, di introiezione all’interno dell’imago urbis ‘trovata’ mediante la trasparenza delle grandi vetrate. “Richard Meier è il più europeo degli architetti nord-americani”, dichiarò Vittorio Magnago Lampugnani in occasione della “laurea honoris causa” conferitagli nel 1991 dalla Facoltà di Architettura di Napoli. L’affermazione suscitò qualche perplessità, nonostante che il critico avesse ben motivato questa boutade con colte argomentazioni. In realtà l’Europa e l’America non sono che due facce di una stessa civiltà. Nonostante le innegabili diversità dei contesti socioeconomici, resta più facile distinguere tra le linee di pensiero
trasversali, che attraversano diagonalmente le due sponde dell’Atlantico, piuttosto che cimentarsi nella ricerca delle (a volte fin troppo ovvie) differenze tra i due continenti. Nel nostro caso è più interessante chiedersi quali differenze separano l’atteggiamento culturale di Richard Meier rispetto a quello di Frank Gehry: due architetti americani che incontrano entrambi un notevole successo in Europa pur rappresentando due maniere di pensare l’architettura così diverse, per non dire antitetiche. Gehry gioca sulla spettacolarità, sull’effetto choc, sull’estetica della trasgressione mutuata da Claes Oldenburg e più in generale dalle avanguardie radicali. Al contrario le architetture di Meier virano verso un rigoroso linguaggio geometrico alla Sol le Witt, che tende alla “astrazione magica”, quasi “metafisica” rinviando all’ideale di una classicità senza tempo. Kurt W. Foster in uno slancio critico ha definito Gehry il Borromini del nostro tempo. Non credo che le analogie sovrastoriche abbiano senso, ma - per stare al gioco - si potrebbe allora asserire che Meier è il Palladio dei nostri giorni, prendendo a prestito da Colin Rowe tale similitudine.
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Nelle costruzioni logiche di Richard Meier è sempre riconoscibile la sintassi compositiva che le sottende, e le stesse deroghe sono riconducibili alla comprensibile strategia del gioco linguistico. L’emozione corregge la regola, così come la regola governa l’emozione. L’emozione che è fusa nei muri, negli spazi e nella luce solare che li inonda e li pervade senza filtri come nello Shining di Stanley Kubrick. A ben riflettere lo stesso bianco assoluto è tipicamente americano e riporta alla mente non solo e non tanto il shingle style della East Cosat, quand’anche e soprattutto la white architcture di Thomas Jefferson. E sarebbe difficile distinguere quanto di europeo e quanto di americano c’è in quella miscela di valori: in quel “nuovo classicismo” desunto da una Ellade mitica, ma rivolto al vecchio continente come simbolo luminoso della rinata Democrazia. Non foss’altro che per questo retaggio di cultura liberal radicato negli States, auguro all’Europa che l’architettura di Richard Meier continui ininterrottamente a navigare tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, come l’indomita balena bianca di Melville. *Ordinario di Storia dell’Architettura
la “chiesa del 2000” Richard Meier
Quanto mi accingo a scrivere non vuole essere una fredda descrizione analitico-critica di un’opera architettonica, del resto già nota ai più, ma piuttosto una narrazione estemporanea che, mettendo insieme una serie di ricordi, di considerazioni e di appunti vari offra alla folla di amici a cui mi rivolgo, un quadro spero chiaro ed illuminante dell’atmosfera che ha circondato prima la redazione del progetto della Chiesa, poi la sua presentazione alle autorità vaticane e poi il travagliato avvio dei lavori di esecuzione. Mi sembra simpatico iniziare narrando un episodio che, tutto sommato, potrebbe anche avere un significato simbolico. Dopo aver partecipato al Concorso Internazionale a inviti per la “Chiesa del 2000”, in gara con progettisti come Tadao Ando, Gunter Behnisch, Santiago Calatrava, Peter Eisenman e Frank O. Gehry, e averlo vinto, mi fu data l’occasione di presentare il mio progetto direttamente al Papa, nel corso di una delle udienze generali del mercoledì mattina. La presentazione era prevista per le undici del mattino, ma io, preoccupato di essere assolutamente puntuale, alle otto ero già in Vaticano. Appena entrato nella grande sala delle udienze, mi accorsi che il plastico del progetto era stato posizionato in un angolo scuro della sala, lontano dalle finestre e da ogni altra fonte luminosa. Convinto che non fosse la situazione ideale per mostrare la mia opera all’illustre padrone di casa, chiesi ad una delle guardie svizzere presenti se era possibile avere un po’ più di luce onde consentire al Papa, quando fosse entrato nella Sala, di vedere bene il plastico e di avere quindi la possibilità di valutare in piena coscienza il progetto. La guardia svizzera parve comprendere la mia richiesta, girò le spalle e scomparve. Per provvedere, pensai. Invece se ne persero le tracce. Dopo qualche tempo comparve un’altra guardia, del tutto all’oscuro del problema, ed anche a questa dissi: “Beh! Cosa facciamo con la luce per illuminare un po’ questo plastico?”. Ma il risultato fu che alle undici meno cinque la situazione era ancora al punto di partenza e il plastico giaceva nell’angolo più buio della grande sala. Ma all’improvviso, pochi istanti prima che il Papa facesse il suo solenne ingresso, arrivarono sei guardie svizzere che sollevarono il plastico e lo trasportarono accanto ad una finestra. Ma la situazione mi sembrava ancora carente e chiesi che si integrasse l’illuminazione con qualcosa di artificiale e questa volta fui accontentato immediatamente. Qualcuno portò una telecamera e degli spot, solo alcuni attimi prima che il Papa giungesse in udienza. Finalmente ebbi modo di presentare a sua santità il mio progetto in maniera adeguata. Ma ancora adesso, pensando alla successione dei fatti, ed alla soluzione in extremis, mi piace pensare che sia stato un vero e proprio “miracolo”.
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Come è noto, il sito scelto per erigere la Chiesa del 2000 non è localizzato nel centro di Roma, ma in un’area denominata “Tor Tre Teste”, nella zona orientale della città. L’area scelta si trova al centro di un quartiere costituito da lunghe cortine edilizie rettilinee o spezzate, alte anche fino a 17 piani. Appena vinto il concorso ho pensato a come e cosa potessi modificare del progetto originario per migliorarlo e renderlo il più rispondente possibile alle circostanze. E allora in qualche modo ho iniziato col delineare una sorta di scenario che magari non aveva molto a che vedere col progetto vero e proprio ma che era la “summa” di tutti i miei ricordi di quando ero stato a Roma per frequentare l’Accademia. Improvvisamente mi ero reso conto di quanto fossero importanti le cose che avevo visto a quel tempo e quanti mi avevano colpito. Come non ricordare il senso di proiezione dettato dalla “promenade” verso Piazza San Pietro, quando passato il ponte sul Tevere, attraverso Via della Conciliazione si cammina verso questo spazio straordinario che fronteggia la Basilica. Entrando nella Piazza si è pervasi da una sensazione di accoglienza tale da far percepire che non si tratta di uno spazio in cui si passa solamente, ma ci si ferma, ci si siede, ci si incontra con gli amici. Viene voglia di dire: “questo è uno spazio a cui abbiamo voglia di appartenere”. Per inciso, quando negli anni scorsi mi è capitato di trovarmi in Piazza San Pietro di domenica, durante il saluto e la benedizione del Papa, vedendo quell’uomo vestito di bianco affacciato alla finestra, ho più volte pensato: “questo forse potrebbe essere uno dei miei clienti….”, e così è stato. Tornando ai tempi dell’Accademia, la memoria mi riporta alla Chiesa di San Nicola alla Sapienza, a quegli spazi incredibili ed al senso della struttura armoniosamente articolato all’interno della Chiesa. Il colore bianco delle pareti valorizza la percezione dello spazio creando un profondo senso di unitarietà che rende questa Chiesa meravigliosa e singolare. Naturalmente in questo contesto la luce gioca
un ruolo fondamentale: e mentre alziamo gli occhi verso la cupola da cui entra prorompente la luce ci accorgiamo che è la maniera stessa in cui sono articolate le finestre che in qualche modo stimola ad alzare gli occhi verso l’alto. Tutte queste considerazioni costituivano il mio pane quotidiano durante il mio soggiorno all’Accademia, andando a formare quel tessuto culturale che ognuno di noi porta gelosamente dentro di sé. E dall’archivio delle mia memoria emerge importante la Chiesa borrominiana di San Carlo alle Quattro Fontane anche qui con la sapiente qualità della luce, con il modo originale di strutturare lo spazio, la scala dello spazio stesso, e l’articolazione dell’intero organismo architettonico che ne fa un esempio unico. Sempre a Roma è possibile scoprire giardini in cui gli stessi alberi diventano architettura. Si passa attraverso questi giardini e si una sensazione di spazio, di rapporto esistente tra l’uomo e la natura. E questa è una cosa che mi ha sempre affascinato. Un primo approccio con l’architettura religiosa è costituito per me da una piccola cappella che ho realizzato alcuni anni fa in una località del Connecticut. Quando la comunità del luogo mi commissionò l’opera, mi fu detto: “vogliamo fare anche dei seminari, quindi l’edificio deve essere anche un luogo di incontro, non soltanto una cappella, deve essere un luogo in cui si possono portare gli alunni delle scuole, un luogo da utilizzare le domeniche come luogo di incontro per la comunità”. Non so se tutte queste cose erano già nella mia mente quando pensavo alla Chiesa, però in un
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certo senso al livello inconscio, tutte queste esperienze mi hanno in qualche modo influenzato. La Chiesa sorge su un’area anonima, priva di caratteri particolari. Come è facile vedere dai grafici e dal plastico, il complesso si articola su due settori ben definiti, uno caratterizzato da un andamento curvilineo e corrispondente alla Chiesa vera e propria, l’altro invece squadrato destinato ad ospitare le strutture comunitarie. L’ingresso avviene dal lato ovest, dove è posta una piazza-sagrato, collegata opportunamente ad un’ampia area di parcheggio adiacente. Il settore relativo alla Chiesa, a sviluppo curvilineo, è caratterizzato da tre gusci, la cui costruzione geometrica deriva dalla sovrapposizione di tre circonferenze non concentriche, che individuano oltre al corpo principale della Chiesa, altri due spazi corrispondenti al Battistero e alla Cappella. Le tre zone sono collegate da adeguate aree di passaggio. Oltre all’ingresso principale che immette nel corpo principale della Chiesa, ci sono ingressi secondari che immettono al Battistero e alla Cappella. In pratica ognuno dei tre gusci individua uno dei tre spazi in cui si suddivide l’intera Chiesa. Come per ogni progetto, anche per questo ho iniziato dicendo “posso fare delle aree in sospensione, posso articolare lo spazio in un certo modo”; naturalmente quando poi bisogna costruirlo realmente a volte le cose cambiano e devono essere modificate. Originariamente avevo pensato che quella dei gusci dovesse essere una struttura monolitica, ma quando con i miei
collaboratori abbiamo sviluppato il progetto, abbiamo verificato che il modo migliore per realizzarli, era quello di utilizzare più elementi di calcestruzzo bianco (conci) prefabbricati e post-tesi con una doppia curvatura che si articola nello spazio. Alla fine abbiamo realizzato un progetto che ha subito delle modifiche nel tempo anche grazie alla collaborazione di numerosi ingegneri che hanno lavorato in maniera sorprendente alla realizzazione di questo progetto; sono riusciti ad ideare un sistema per poter reggere questi gusci. Dalle sezioni è possibile vedere che la luce viene anche dagli spazi superiori. Le persone che vivono intorno all’edificio e che hanno dei balconi che vi si affacciano, possono anche guardare all’interno. La chiesa ha varie facciate e c’è luce da tutti i lati, anche dalla parte superiore. Abbiamo cercato di illustrare come sarebbe stata la Chiesa una volta finita attraverso dei disegni al computer, da cui rilevare la realtà virtuale dei luoghi. Abbiamo fatto anche dei plastici con i quali abbiamo cercato di far vedere come sarebbero state le varie pareti in legno, e come queste pareti in legno si collegavano alle zone in
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cemento. Ma naturalmente dalle immagini che si cercano di sviluppare quando si fa un progetto è quasi impossibile rendere esattamente quella che sarà la qualità del progetto nella vita reale. Per mettere in opera i vari pezzi che compongono i gusci, sono stati impiegati dei carri-ponte, che sono essi stessi dei pezzi di ingegneria. Ogni concio, che è stato costruito in fabbrica, ed è rifinito all’interno e all’esterno, pesa circa 8 tonnellate e viene sollevato dalla gru e messo in sito. Siamo stati fortunati ad avere lavorato con un eccellente società di costruzioni, l’Italcementi, che ha collaborato molto con noi tutti e che si è occupata anche della costruzione del Villaggio Olimpico a Roma. A chiusura di questa “comunicazione” mi piace ricordare che quando, di recente, ho incontrato il Papa, avevamo pensato di denominare l’opera, come da programma, Chiesa del 2000. Io credo che, dati i tempi imprevedibilmente lunghi, provocati dalle obiettive difficoltà tecniche della realizzazione, finiremo col cambiarle il nome in Chiesa del 3000! * testo tratto dalla conferenza di Richard Meier tenuta a Napoli l’11 maggio scorso, a cura di Daniela Zehender
esitinapoletani a cura di Giulia Morrica
Come ci auspicavamo nel n. 2 di questa rivista, la rubrica “esitinapoletani” ritorna a pubblicare altri e numerosi esiti di Concorsi di progettazione conseguiti dagli iscritti all’Ordine degli Architetti di Napoli e Provincia. Il gran numero di progetti premiati dimostra, ancora una volta, la tenace e costante partecipazione degli architetti napoletani - dai giovanissimi architetti agli affermati professionisti - a Concorsi di progettazione sia nazionali sia internazionali. In questo fervido panorama, è spiacevole evidenziare lo scarso numero di concorsi tuttora banditi nella nostra provincia. Gli esiti di seguito riportati sono pervenuti alla redazione a seguito della scheda di partecipazione pubblicata su “Il Denaro delle Professioni” del 24 febbraio 2001 che invitava gli iscritti a comunicare i riconoscimenti (premi, segnalazioni o menzioni) ricevuti in concorsi di progettazione a partire dal 1 gennaio 1995. Volendo periodicamente aggiornare questa rubrica, si sollecitano tutti gli interessati a segnalare a questa redazione i loro esiti positivi onde, prossimamente, provvedere alla relativa pubblicazione.
1995 Nuovo blocco operatorio e riorganizzazione funzionale dell’Ospedale Monaldi, Napoli Concorso nazionale di progettazione Committente:
Azienda Ospedaliera Monaldi-Cotugno, Napoli
Gruppo di progettazione:
Interplan Seconda: Camillo Gubitosi, Alessandro Gubitosi, Antonio Agresti, Vincenzo Fusco 2° premio (1° premio non assegnato)
Esito:
1996 Ridefinizione dell’area dell’ex macello, Brescia Concorso nazionale di idee Committente:
Comune di Brescia
Gruppo di progettazione:
Salvatore Amato, Vincenzo Bottiglieri (capogruppo) Mauro Di Giovanni ex-aequo tra i migliori 7 (1° premio non assegnato)
Esito:
Realizzazione di un monumento “Ai caduti di tutte le guerre”, Roccapiemonte (SA) Concorso nazionale di progettazione Committente:
Comune di Roccapiemonte (SA)
Gruppo di progettazione: Esito:
Roberto Torre 1° premio
Gruppo di progettazione: Esito:
Pasquale Silvestro 2° premio
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Risistemazione dell’ex area adibita ad impianti tecnologici di Via Macello, San Paolo Belsito (NA) Concorso nazionale di idee Committente:
Comune di San Paolo Belsito (NA)
Gruppo di progettazione: Esito:
Pasquale Silvestro 1° premio
II Università di Napoli - Facoltà di Medicina e Chirurgia, Caserta Concorso internazionale ad inviti Committente:
2.a Università di Napoli
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati, Ove Arup (subconsulting engineers), Itaca (impianti) 1° premio
Esito:
1997 Progettazione di massima di Piazza Conte Nicola Filo Della Torre, Cimitile (NA) Concorso nazionale di idee Committente:
Comune di Cimitile (NA)
Gruppo di progettazione:
Salvatore Amato Vincenzo Bottiglieri (capogruppo) 2° premio (1° premio non assegnato)
Esito:
Sede della Regione Calabria, Catanzaro Concorso nazionale ad inviti Committente:
Regione Calabria
Gruppo di progettazione:
Gianfranco Carrara (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (M. Pica Ciamarra, L.de Rosa, C. De Martino), Studio Carrara, Itaca (impianti) menzione
Esito:
Ristrutturazione urbana - fronte Senna, Issy-les Moulineaux Concorso internazionale ad inviti Committente:
Comune di Issy-les Moulineaux
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, A. Rocereto) con P. Fouquey, P. Lefevre, R. Biriotti menzione
Esito: Sede della Provincia, Rimini Concorso nazionale ad inviti Committente:
Provincia di Rimini
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino) con P. Fouquey, A. di Chio, Borrelli menzione
Esito:
Centro storico ed Edifici-Mondo, Salerno Concorso nazionale di progettazione Committente:
Comune di Salerno
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) C. Gasparrini, M. Dell’Acqua menzione
Esito:
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1998 Sistemazione del “Centre de Ressources Documentaires Multimedia (C.R.D.M.)” de l’Ólot Segur-Fontenoy, Paris, Francia Concorso internazionale di progettazione in due fasi* Committente:
Ministère de l’Emploi et de la Solidarité, Francia
Gruppo di progettazione:
S.B.M. architecture (capogruppo) Renato Filippini 2° premio
Esito:
Quartiere ad Edilizia Sperimentale in ambito dei “Contratti di Quartiere” Concorso nazionale di progettazione Committente: C.E.R. Ministero dei LL.PP. Mandatario del gruppo di progettazione: Raffaele Maria Ricciardi Gruppo di progettazione: Antonio Ariano (coordinatore) Rocco Cerino, Santolo Cirillo Pietro Ernesto De Felice Massimo Iovino, Gennaro Polichetti, Franco Polichetti Raffaele Maria Ricciardi Assistenti alla progettazione architettonica e sperimentale: Raffaella Celone Giovanni Cirillo Salvatore De Rogatis Sergio Fiordoro, Raimondo Marcone Maria Rosaria Pireneo Emma Resurrezione Diego S. M. Savarese Eustachio Striano Ludovico Ugati Consulenti: G. Cirillo, F. Celone, A. Milano Esito: 1° classificato Nuova sede della Motorizzazione Civile e dei Trasporti Concorso nazionale di progettazione Committente: Ministero dei Trasporti e della Navigazione, Roma Gruppo di progettazione: Piergiorgio Corazza Vincenzo Corvino, Giovanni Multari Assistenti alla progettazione: Gennaro Casillo, Gianfranco Chiappetta, Ivana Galli, Michele Natale, Marco Poerio, Marco Polito Esito: 1° classificato
1999 Nuova sede municipale di Bari Concorso nazionale di progettazione Committente: Comune di Bari Gruppo di progettazione: Interplan Seconda: Camillo Gubitosi, Alessandro Gubitosi, Stefano de Clemente, Alfredo Gambuli Giovannella Pezzullo, Piero Speranza Esito: 2° premio ex-aequo Riqualificazione urbana di Via Diocleziano, Napoli Concorso nazionale di idee Committente: Comune di Napoli Gruppo di progettazione: Alfredo Acanfora, Antonio Di Palma Esito: 3° premio
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Riqualificazione urbana delle piazze Cirillo e Santa Croce, Casoria (NA) Concorso nazionale di idee Committente:
Comune di Casoria (NA)
Gruppo di progettazione: Esito:
Pasquale Silvestro rimborso spese
Riqualificazione delle aree e degli spazi dismessi dell’ex macello comunale da destinare a centro socio-culturale giovanile, San Giorgio a Cremano (NA) Concorso nazionale di progettazione Committente:
Comune di San Giorgio a Cremano (NA)
Gruppo di progettazione:
Filippo Arpaia (capogruppo) Claudio Correale, Paolo Di Martino Angelo Lo passo Vincenzo Maiello 3° premio
Esito:
Riutilizzazione delle Officine della G.d.F, Miseno (NA) 2° Seminario Internazionale di progettazione «Architettura, paesaggio e Archeologia» Concorso di idee Committente:
Comune di Bacoli (NA)
Gruppo di progettazione: Esito:
Ennio Amodio 1° premio (sezione studenti)
Realizzazione della Gendarmeria di Nanteuil le Haudonin con annessi 19 alloggi per le famiglie, Val D’Oise, Francia Concorso internazionale di progettazione in due fasi Committente:
Département de l’Oise, Francia
Gruppo di progettazione:
Renato Filippini L. Liniere (capogruppo) 1° premio
Esito:
“Restructuration des Circulation Principales de l’Ólot Segur-Fontenoy”, Paris, Francia Concorso internazionale di progettazione in due fasi Committente:
Ministère de l’Emploi et de la Solidarité, Francia
Gruppo di progettazione:
S.B.M. architecture (capogruppo) Renato Filippini 2° premio
Esito:
Università nel Centro Storico, Forlì Concorso nazionale di progettazione in due fasi Committente:
Comune di Forlì
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, A. Rocereto) con F. Bilò, F. Orofino, M. Russo ammesso al 2° grado
Esito:
Sistemazione dell’area intorno allo Stadio della Vittoria e Fiera, Bari Concorso nazionale di progettazione in due fasi Committente:
Comune di Bari
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, P. Gargiulo, P. Bottaro) con F. Romeo, A. Realfonzo, V. Cotecchia, F.M. Fiore, C. Gasparini 1°premio
Esito:
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Pôle musical et festif - jardin public, Grenoble Concorso internazionale ad inviti Committente:
Comune di Grenoble
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, A. Rocereto) con P. Fouquey selezionato alla prima fase
Esito:
Politecnico universitario nell’area della Bovisa, Milano Concorso internazionale ad inviti Committente:
Politecnico di Milano
Gruppo di progettazione:
Austin Italia (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, A. Rocereto), E. Malara, U.Pierini menzione
Esito:
«Casa di Bianco» nel centro storico, Cremona Concorso nazionale ad inviti Committente:
ALTEA spa
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, A. Rocereto) selezionato alla prima fase
Esito:
Sistemazione dell’area lungo il mare costituita dalla porzione di via Caracciolo compresa tra piazza della Repubblica e la confluenza tra viale Dohrn e via Caracciolo e il suo collegamento pedonale con la Villa comunale, Napoli Concorso internazionale di idee Committente:
Comune di Napoli
Gruppo di progettazione:
Leonardo Benevolo (capogruppo) Alessandro Benevolo, Massimo de Vico Fallani, Paola Pignalosa, Annalisa Pignalosa, Antonia Strazzullo, ing. Luigi Benevolo. progetto segnalato (concorso senza vincitori)
Esito:
2000 Ristrutturazione edificio comunale «La Corte», Traversetolo (PR) Concorso internazionale di idee Committente:
Comune di Traversetolo (PR)
Gruppo di progettazione:
Paolo Di Maio (capogruppo) Dario Diogene, Francesco Di Somma 3° classificato
Esito:
Centro turistico alberghiero in Misurata, Libia Concorso internazionale di progettazione Committente:
Corinthia Hotels International, Malta
Gruppo di progettazione:
Interplan Seconda: Camillo Gubitosi, Alessandro Gubitosi Stefano de Clemente, Alfredo Gambuli, Giovannella Pezzullo selezionato tra i 3 raggruppamenti ammessi alla quinta fase
Esito:
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Sistemazione e riqualificazione di Piazza Agostino Petrillo, Casapesenna (CE) Concorso nazionale di idee Committente:
Comune di Casapesenna (CE)
Gruppo di progettazione:
Angelo P. Albano, Domenico Ambrosino Giuseppe Capuozzo (capogruppo) Milena Fevola progetto menzionato
Esito:
Realizzazione di un Complesso Cinematografico «Art et Essai» a Bayonne, Francia Concorso internazionale di progettazione in due fasi Committente:
Città di Bayonne, Francia
Gruppo di progettazione:
CDS architetti associati (capogruppo) Renato Filippini gruppo selezionato
Esito:
Nuovo ingresso per l’aereoporto Concorso nazionale di progettazione Committente:
Gesac-Aereoporto Internazionale di Napoli
Gruppo di progettazione:
Luigi De Falco (capogruppo) Emanuela Bulli, Diodoro Carrera, Giuseppe Senofonte, Gianluca Graziani 1° premio
Esito: Gruppo di progettazione: Esito: Gruppo di progettazione: Esito:
Riccardo Dalisi (capogruppo) Stefania Barba, Alessandro Ceso, Claudia Trillo 2° premio Gruppo Progetti Corvino & Multari Vincenzo Corvino, Giovanni Multari con Gennaro Casillo 3° premio
Biblioteca nell’area ex Breda, Pistoia Concorso nazionale in due fasi Committente:
Comune di Pistoia
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino) con A. Verderosa, F. Calabrese, F. Archidiacono 1° premio
Esito: Ponte Parodi, Genova Concorso internazionale ad inviti Committente:
Porto Antico di Genova spa
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (P. Gargiulo, F. Calabrese, F. Iaccarino Idelson) con Art Design, Itaca (impianti) selezionato alla prima fase
Esito:
Piazza Virgilio a Palinuro, Centola (SA) Concorso nazionale di progettazione in due fasi Committente:
Comune di Centola (SA)
Gruppo di progettazione:
Giulia Morrica (capogruppo) Mauro Di Giovanni, Emilio Altomonte Antonio Nocera selezionato tra i 3 raggruppamenti passati alla seconda fase
Esito:
27
Nuova sede dell’Autorità Portuale Concorso nazionale di progettazione Committente: Autorità Portuale di Ravenna Gruppo di progettazione:
Vincenzo Corvino, Giovanni Multari, Giovanni Passaro
Assistenti alla progettazione:
Gennaro Casillo, Gianfranco Chiappetta, Ivana Galli, Michele Natale, Marco Poerio, Marco Polito quarto classificato
Esito:
2001 Riqualificazione e riordino urbano di Marina di Ravenna e Porto Corsini, Ravenna Concorso ad inviti Committente:
Comune di Ravenna
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (P. Bottaro, F. Calabrese, F. Iaccarino Idelson), Scenari (economia), SILVA (agronomia e paesaggio) progetto selezionato alla seconda fase
Esito:
Università di Chimica ed Astronomia, Bologna Concorso internazionale ad inviti Committente:
Finanziaria Bologna Metropolitana spa
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, B. Trincone) con Studio Cuppini, Manens (impianti), E. Giangreco (strutture) menzione
Esito:
Facultade de Ciencies da Saude, Beira Concorso internazionale ad inviti Committente: Universidade da Beira Interior Gruppo di progettazione:
Esito:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, F. Calabrese, F. Iaccarino Idelson) con A. Occhiuzzi, Itaca (impianti) selezionato alla prima fase
Sistemazione dell’area Canapina e accesso al centro storico, Perugia Concorso internazionale ad inviti Committente:
Società Immobiliare Parcheggi Auto (S.I.P.A. s.p.a.)
Gruppo di progettazione:
Massimo Pica Ciamarra (capogruppo) Pica Ciamarra Associati (L. de Rosa, C. De Martino, P. Bottaro, A. Rocereto), SAB Engineering (strutture/impianti) selezionato alla prima fase
Esito:
Ampliamento di Piazza Lancellotti, Visciano (NA) Concorso nazionale di idee Committente:
Comune di Visciano (NA)
Gruppo di progettazione:
Emilio Altomonte, Mauro Di Giovanni Giulia Morrica, Lucio Morrica (capogruppo) Antonio Nocera, Pasquale Stefanile Rosa Stefanile 1° premio
Esito:
28
100 piazze per Torino: riqualificazione dell’ambito di via Di Nanni/San Bernardino Concorso nazionale Committente:
Comune di Torino
Gruppo di progettazione:
Roberto M. Esposito (capogruppo) Giovanna di Dio Cerchia, Raffaele Chiocchetti, Massimo Di Maio, Carlo Buonerba, Antonio Pesacane, Luigi Vuolo progetto segnalato
Esito:
Riqualificazione urbana di Piazza dei caduti Concorso nazionale di idee Committente:
Comune di Albano S. Alessandro (BG)
Gruppo di progettazione:
Vulcanica Architettura Eduardo Borrelli, Marina Borrelli, Aldo Maria di Chio, Diego Lama 2° premio
Esito:
Recupero Quartiere Militare Borbonico L’altra Reggia Centro di incontro tra culture diverse Concorso nazionale di progettazione Committente: Gruppo di progettazione:
Comune di Casagiove (CE) Gruppo Progetti Corvino & Multari Vincenzo Corvino (capogruppo) Giovanni Multari, Riccardo Caniparoli, Corrado D’Alessandro, Carmen Del Grosso, Corrado Verzillo
Consulenti:
Pietro Rostirolla, Bartolomeo di Bartolomeo
Assistenti alla progettazione:
Gennaro Casillo, Marco Poerio (responsabili di progetto), Ivana Galli, Gianfranco Chiappetta, Michele Natale, Marco Polito Luigi Della Morte 1° premio
Esito:
29