Terza edizione — Anno XXVIII RIVISTA TRIMESTRALE n. 3 Luglio/Settembre 2020 DI ARCHITETTURA Edel CULTURA DEL PROGETTO Autorizzazione Tribunale di Verona n. 1056 del 15/06/1992 FONDATA NEL 1959
RIVISTA TRIMESTRALE DI ARCHITETTURA E CULTURA DEL PROGETTO FONDATA NEL 1959
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ISSN 2239-6365
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ISSN 2239-6365
Terza edizione — Anno XXV — n. 4 Ottobre/Dicembre 2017 — Autorizzazione del tribunale di Verona n. 1056 del 15/06/1992 Poste Italiane spa — spedizione in abb. postale d.i. 353/2003 (conv. in I.27/02/2004) — art. 1, comma 1, dcb verona
Senza credito — UnaArsenale: Bettola conviviale — Fronte del Porto — Spazio Com’è b&bella Cerco un centro Dallo stallo Sulle mura il fuoco di fila la città — alle 5 stelle — aperto (alle possibilità) — Una casa sui—colli — La dignità del lavoro — dei progetti Se quel monumento — Un Parco nel Parco — Ospiti del progetto urbano — Scalerò — Lo zioiosoprintendente — Per un archivio fossi Sei un mito nel Parco Tutto Casa e Museo fuori dalle mura A misura di museo — Sic et simpliciter — Torri che non lo erano — Il suo nome era Bogoni Gino — Itinerario: i quartieri INA-Casa a Verona.
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Work in progress... New Multimedia Showroom
iPS - integrated Pod System un sistema cellula componibile autoportante interamente ideato da SEVER Le nuove cellule bagno per l’Arena di Verona con la tecnologia SEVER al servizio del restauro monumentale. Sono iniziati a novembre 2018 con le opere propedeutiche e si protrarranno per cinque anni i complessi interventi di restauro per la conservazione, la valorizzazione e la fruizione come luogo di spettacolo dell’anfiteatro romano “Arena di Verona”. 01
N.B.: - Elaborato grafico sviluppato sulla base del rilievo IUAV del 2000 fornito dal Comune di Verona; - Tutte le misure del presente elaborato devono essere preventivamente verificate in sito dall'impresa; - Ogni difformità riscontrata deve essere tempestivamente comunicata alla direzione lavori; - Tutti gli elementi presenti tra la rete metallica e l'intradosso della copertura devono prevedere verniciatura di colore nero opaco.
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Il progetto architettonico, in coerenza con i criteri del massimo rispetto del monumento e della totale reversibilità, ha previsto di realizzare delle cellule con una struttura in alluminio autoportante, preassemblate fuori opera e indipendenti dalle antiche murature, da cui sono staccate anche per consentire l’ispezione e la manutenzione degli impianti.
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La professionalità e il know how di SEVER, maturati in cinquant’anni di esperienza, hanno consentito di aggiudicarsi la gara per la fornitura delle cellule bagno che saranno poste in opera all’interno degli arcovoli.
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All’interno di tali lavori è previsto l’integrale rifacimento dei servizi igienici a disposizione del pubblico e degli operatori di spettacolo, che si presentano ancora com’erano stati realizzati negli anni Cinquanta.
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L’assoluta unicità del monumento da una parte e le ragioni funzionali e igieniche dall’altra si sposano con un’interpretazione dell’ambiente bagno in senso rituale, anche per evocazione del luogo di spettacolo. La scenografia dei vani scuri, la profondità dei cielini oltre le maglie metalliche sospese a soffitto e la teatralità delle luci ricordano che all’interno dell’Arena di Verona ogni dettaglio deve essere esclusivo. La tecnologia SEVER ha permesso lo sviluppo costruttivo delle cellule bagno come momento di incontro tra criteri del progetto, esigenze produttive e cantierizzazione all’interno di un ambiente monumentale aperto al pubblico. Il procedere per fasi del restauro dell’anfiteatro, in paralleli allo svolgersi delle stagioni di spettacolo, porterà alla posa delle cellule bagno una volta restaurate le murature interne degli arcovoli destinati a tale scopo. 01
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SEVER è partner e fornitore ufficiale AMG, AUDI, MERCEDES, PORSCHE, SMART, VOLVO E VOLKSWAGEN.
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Sever Viale del Commercio, 10 - 37135 Verona T 045 8250033 sever@sever.it www.sever.it
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Consiglio dell’ordine • Presidente Amedeo Margotto • VicePresidenti Laura De Stefano Matteo Faustini • Segretario Enrico Savoia • Tesoriere Daniel Mantovani • Consiglieri Cesare Benedetti, Michele De Mori, Stefania Marini, Diego Martini, Leonardo Modenese, Michele Moserle, Francesca Piantavigna, Chiara Tenca, Morena Zamperi, Ilaria Zampini
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editoriale
Cerco un centro di Alberto Vignolo
Mettere il becco sul bando di Luciano Cenna
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Sul diritto-dovere alla cultura nella città storica di Anna Braioni
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Se quel monumento io fossi di Nicolò Olivieri
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Un AVeritivo volante di Giorgia Negri
PROGETTO
Tutto Casa e Museo di Marzia Guastella
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PROGETTO
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Dallo stallo alle 5 stelle di Federica Guerra
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Sulle mura: lo sguardo digitale di Luisella Zeri
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progetto
Com’è b&bella la città di Leopoldo Tinazzi, Filippo Romano
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Sulle mura: fare luce di Laura Bonadiman
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PROGETTO
Arsenale: il fuoco di fila dei progetti di Luisella Zeri
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progetto
Accoglienza per tutti di Nicola Tommasini
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Un Parco nel Parco nel Parco di Alberto Vignolo
Sei un mito di Alberto Vignolo
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Trovare il centro tra rotondi e quadrati
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Rivista trimestrale di architettura e cultura del progetto fondata nel 1959 Terza edizione • anno XXVIII n. 3 • Luglio/Settembre 2020 rivista.architettiverona.it
https://architettiverona.it/rivista/
Direttore responsabile Amedeo Margotto
Direttore Alberto Vignolo
Editore Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona Via Santa Teresa 2 — 37135 Verona T. 045 8034959 — F. 045 592319 architetti@verona.archiworld.it
Redazione Federica Guerra, Angela Lion, Luisella Zeri, Damiano Capuzzo, Daniela Tacconi, Filippo Romano, Leopoldo Tinazzi, Camilla Furlan, Laura Bonadiman, Giorgia Negri, Marzia Guastella, Nicolò Olivieri rivista@architettiverona.it
DISTRIBUZIONE La rivista è distribuita gratuitamente agli iscritti all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona e a quanti ne facciano richiesta all’indirizzo https:// architettiverona.it/distribuzione/
Art direction, Design & ILLUSTRATION Happycentro www.happycentro.it
Concessionaria esclusiva per la pubblicità Promoprint Paolo Pavan: T. 348 530 2853 info@promoprintverona.it
FotografiA Lorenzo Linthout, Diego Martini
Stampa Cierre Grafica www.cierrenet.it
L’etichetta FSC ® garantisce che il materiale utilizzato per questa pubblicazione proviene da fonti gestite in maniera responsabile e da altre fonti controllate.
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contributi a questo numero Anna Braioni, Luciano Cenna, Nicola Tommasini
Si ringraziano Serenella Bianchi, Marco Cofani, Maurizio Cossato, Michele De Mori, Paola Fornasa, Rada Kratchanova (Palazzo Maffei), Francesca Lucchin, Michela Morgante, Federica Provoli Gli articoli e le note firmate esprimono l’opinione degli autori, e non impegnano l’editore e la redazione del periodico. La rivista è aperta a quanti, architetti e non, intendano offrire la loro collaborazione. La riproduzione di testi e immagini è consentita citando la fonte.
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Cerco un centro
La “gravità permanente” dei monumenti simbolo della città e le tensioni dinamiche che agiscono sulla trasformazione urbana tra conservazione e innovazione
Testo: Alberto Vignolo
Foto: Lorenzo Linthout
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Se si prova a cercare un simbolo che possa valere ad esprimere il rapporto fecondo ma confliggente tra memorie del passato e ruolo urbano contemporaneo, nel panorama cittadino, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Partiamo per anzianità di servizio e per maestà dall’anfiteatro romano, l’Arena di Verona, perfetta metafora della città: posta su solide basi, espressione di un disegno che non finisce di stupire per la sua compiuta bellezza, è capace di resistere all’uso pervasivo che se ne fa grazie alla resilienza delle sue antiche membra. Gli importanti lavori di restauro finalmente avviati probabilmente non avranno un grande impatto visivo, avendo sostanzialmente la finalità di conciliarne l’utilizzo come luogo di spettacolo a quelle di conservazione del bene monumentale, ma sono doverosi e necessari. Del resto si tratta di un bene in carico all’amministrazione cittadina, che però, come un Giano bifronte, sovrintende anche l’ente che ne gestisce la secolare attività musicale: che non è in discussione, perché si è sempre fatto così, perché le entrate dei biglietti, i lavoratori dello spettacolo, l’indotto e l’economia della città, certo. Solo l’imprevedibile stagione corrente
ha costretto a sperimentare nuove modalità di fruizione dell’anfiteatro, che sembrano utili per riflettere sulle condizioni d’uso, sulle sovrastrutture necessarie ai piaceri del popolo, sul rapporto conflittuale tra antiche pietre e moderni impianti. Ma l’Arena è anche un monumento da visitare come museo di sé stesso, parte di quel sistema cittadino cui spetta il ruolo di punta nella rappresentazione dell’orgoglio civico della propria storia. E mentre si attende quel Museo della Città di cui si parla da decenni, e intanto a Castelvecchio non ci sono gabinetti adeguati e non si può nemmeno bere un caffè come facciamo nei musei del mondo intero – ma la soluzione è dietro l’angolo negli insostituibili spazi del maniero scaligero ufficialmente in uso circolare ai ludi militari – irrompe gioiosamente nel sistema un nuovo museo, ed è una bella notizia. La casa-museo che si apre grazie alla lodevole iniziativa di un collezionista privato reimmette nel circuito della fruizione culturale e turistica un nobile palazzo nel cuore della città. Intanto, poco più in là, l’incredibile fiumana attratta (in tempi normali) da un’altra casa-museo, quella di Giulietta, non sfugge al destino di contrapposizione delle due fazioni –
01-02. Frammenti areniani.
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novelli Capuleti e Montecchi – che si erano proposte di razionalizzarne la visita. Ma forse a una gallina dalle uova d’oro come il mito della infelice fanciulla, quel pollaio di via Cappello – sia detto con ironico riguardo – andrà stretto: perché non allargare allora il circuito alla pletora di palazzoni ad uso museale giusto dietro l’angolo, ancora in attesa di un senso e di un perché, orchestrando una narrazione che sappia far suonare le molte corde della vicenda, tra alto e basso, tra hibrow e cultura pop? Uno dei simboli di Verona più conosciuti al mondo chiede spazio. Doveva essere un grande museo nei sogni di molti anche l’Arsenale, e vent’anni fa si arrivò a un progetto: poi le cose sono andate diversamente. Ora dopo innumerevoli altre tappe c’è nuovo progetto in vista, e si vedrà: c’è bisogno di rispetto per la storia degli edifici ma anche di innovazione e di generosità. La silenziosa vasca natatoria, eredità di una stagione progettuale frettolosamente rimossa, sta lì fuori come un significativo monito. Già, la vasca: nonostante il suo understatement, si tratta di uno dei pochi interventi architettonici contemporanei riconoscibili tra il centro e i suoi margini. Per trovarne altri, bisogna andare indietro fino alla fine degli anni Settanta con l’edificio della BPV, o agli anni Duemila con la Gran Guardia (ma la parte nuova resta ben nascosta) o con la pavimentazione via Mazzini. E poi ? Certo, la manutenzione e la conservazione sono dei valori da perseguire, salvo considerare l’eredità del passato come una fuga nell’usato sicuro, piuttosto che investire con coraggio sull’azzardo del futuro. A guardarsi attorno, sembra di
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cogliere una paura di lasciare segni e di innovare. Le stratificazioni della storia di cui oggi beneficiamo, le contaminazioni e le riscritture, viste col metro di giudizio di oggi sarebbero considerate inammissibili compromissioni dello stato dei luoghi. Eppure, tutto ciò che appare oggi consolidato e dato per assodato è stato a un tempo assolutamente moderno, anche dirompente e dissacrante o dissonante: è solo un fatto di prospettiva temporale. Anche perché nel frattempo, sottotraccia, il centro città continua a cambiare, e in maniera radicale.
« Posta su solide basi, espressione di un disegno che non finisce di stupire per la sua compiuta bellezza, è capace di resistere all’uso pervasivo che se ne fa grazie alla resilienza delle sue antiche membra » Un tempo il nemico era il terziario, la trasformazione di case in uffici. Oggi che la più parte di questi se ne sono andati a cercar parcheggio in una cerchia più esterna, il nuovo nemico è il turista, moderno vandalo capace di mettere in crisi il rapporto tra consumo culturale e vivibilità urbana. La fioritura quasi endemica di strutture ricettive di ogni tipo è diventata certamente una palestra d’azione anche per i progettisti: una risorsa. Fuor di ipocrisie, non è il mercato sporco e cattivo ad avere espulso i poveri abitanti dalle loro case della città antica: sono loro stessi ad averle mercificate, trasformando ogni vano – compresi
soggiorni e tinelli, soffitte e cantine in altrettanti posti letto, attratti dalla apparentemente inesauribile richiesta e dalla altrettanto facile redditività degli alloggi turistici (poi venne il virus, vabbè). Il centro è morto? Gli assassini, fingendo di lamentarsi, si gòdono i lauti income dalle loro magioni un filino più periferiche (ma non troppo), con lo schioppo ancora fumante sul canterano di nonna (ah, povera nonna). Mirare al centro: bum! Fortuna che siamo dotati di una formidabile cerchia di mura, le quali hanno anche il grande merito – courtesy di un certo Shakespeare, che ne ha eternato l’imperitura gloria – di aver portato in dono a Verona la prestigiosa etichetta di patrimonio dell’umanità. Non che questo marchio di qualità (che oramai hanno anche i formaggini del discount) abbia comportato azioni concrete: si fanno piani, si fanno guide, si fanno persino concorsi – da anni non succedeva – e si estendono le attenzioni anche un po’ più in là, fino alla cerchia dei forti. Rimane la loro massiva espressione muraria, potente e oramai dimentica delle originarie ragioni belliche, a cingere di una formidabile infrastruttura di bellezza il centro di Verona. Che altro cercare?
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* Risposta al quesito di pagina 100: immagine numero 2 (scala interna del Palazzo INA di Corso Porta Nuova, Verona, 1937).
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PROGETTO
Se quel monumento io fossi Il complesso restauro attualmente in corso ricerca per l’Anfiteatro Arena un delicato equilibrio tra tutela del bene, attrezzature per gli usi di spettacolo e fruizione del pubblico
Progetto: SM Ingegneria (coordinamento generale) Testo: Nicolò Olivieri
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Se quel guerriero io fossi | Se il mio sogno si avverasse!... | Un esercito di prodi da me guidato... | E la vittoria | e il plauso di Menfi tutta! | E a te, mia dolce Aida, | tornar di lauri cinto... | Dirti, per te ho pugnato, | e per te ho vinto! Mentre risuonano romanze e arie delle più celebri opere, oltre alle strofe meno elegiache delle moderne canzonette, nel ventre dell’Arena centinaia di persone – i moderni gladiatori – continuano a lavorare per far sì che la magia dello spettacolo si compia. L’anfiteatro è per fortuna un monumento vivo, ma non si può negare che di questo monumento si è spesso abusato, approfittando dell’oscurità degli arcovoli per metterci veramente di tutto: un uso, quello per gli spettacoli lirici e non solo, che spesso è stato (o è?) sul filo di lama dell’abuso. Facendo un sopralluogo in Arena al giorno d’oggi, la fotografia che appare è quella di una magnificenza, quella della struttura romana, consumata dal tempo e dalle stratificazioni dovute agli usi: ovunque si vedono tubi, luci e fili, cavi elettrici penzolanti nelle gallerie di cui non si sa bene origine e funzionalità, oltre all’acqua che attraversa la fabbrica da ogni pertugio, generando muschi e muffe sulle volte e sulle pavimentazioni. La punta di diamante in negativo sono i vetusti bagni per il pubblico e il personale, risalenti agli anni Cinquanta, che segnano la storia dell’anfiteatro da quando sir Elton John lo definì “un posto disgustoso dove nessuno dovrebbe esibirsi per via dei gabinetti, anche quelli disgustosi, dove ci piove dentro e che sono una vergogna”. Come dargli torto? Del resto, è già stato detto sulle pagine di questa rivista: “Dalla seconda metà del XX secolo non ci si è più
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occupati dell’anfiteatro. Gli interessi economici hanno prevalso su quelli conservativi a fronte di continue manomissioni della materia perpetrate per l’inserimento dei servizi necessari alla stagione lirica”1. Il tema del restauro dell’Arena non è quindi nuovo, anzi. Il 24 maggio 1568 con la delibera “Pro instaurando Amphiteatro” iniziarono i primi lavori di restauro della fabbrica, che proseguirono per i secoli a seguire fino alla prima metà del XX secolo. Nel 1819 il conte Giuliari avviava la prima “liberazione” degli arcovoli dell’Arena da botteghe e abitazioni che i erano via via insediate; con l’appalto dei lavori pubblicato nell’ottobre 2018 dal Comune di Verona si è dato inizio a una seconda “liberazione”, al fine di procedere con”interventi per la conservazione, valorizzazione e fruizione dell’Anfiteatro Romano Arena di Verona come luogo della cultura e dello spettacolo”. Si tratta di un caso di applicazione del cosiddetto Art Bonus, una misura legislativa che garantisce consistenti sgravi fiscali ai finanziatori di opere di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici; nel caso specifico è intervenuta Unicredit Banca assieme a Fondazione Cariverona, cui si deve la scelta del nutrito team di professionisti e consulenti che
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01. Immagine d’archivio con l’affastellamento di attrezzature e di elementi scenotecnici al di fuori dell’anfiteatro (foto di Marco Totè). 02-03. Schemi morfologici con denominazione degli spazi ipogei. 04. Lavori di allestimento del palco centrale in vista dell’anomala stagione 2020. 04
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PROGETTO
Se quel monumento io fossi
ha elaborato il progetto, coordinati da SM ingegneria. Una delle questioni più complicate con cui il progetto si è dovuto confrontare è di garantire una costante fruibilità della struttura durante tutto l’anno a spettatori e turisti, in particolare durante la stagione estiva per il susseguirsi di spettacoli e concerti che necessitano la massima funzionalità dell’anfiteatro stesso(salvo il non auspicato arrivo di altre pandemie). Per questo motivo i lavori, iniziati a novembre 20182 , si protrarranno per cinque anni sfruttando i periodi di pausa della normale stagione lirica dal 1 novembre al 31 marzo.
« Con l’appalto dei lavori pubblicato nell’ottobre 2018 si è dato inizio a una seconda “liberazione” dell’Anfiteatro Romano »
05. Pianta e sezione di un arcovolo tipo con l’individuazione degli interventi di restauro sulle superfici murarie e voltate. 05
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Il progetto esecutivo è diviso in due lotti: il primo corrisponde alla parte più delicata e nascosta di tutta l’esecuzione, essendo relativo ai sotto-servizi che verranno completati poi nella seconda parte, con molte opere propedeutiche destinate inevitabilmente a incrociarsi con altri momenti dei lavori. Verranno integralmente rifatti tutti gli impianti elettrici, antincendio e idrici (comprese le tubature relative alle acque nere), eliminando così tutto ciò che risulta essere superfluo, tra cui le vecchie linee di alimentazione, eventuali altri cavi lasciarti in occasione di manifestazioni o concerti e le superfetazioni costruite negli arcovoli per camerini e simili. Le linee principali sono state posate a livello ipogeo all’interno del cunicolo
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mediano, parte della complessa struttura romana costruita per la raccolta e scolo delle acque piovane e che si presta ora in maniera ottimale come vano tecnico ispezionabile. Obiettivo di questi lavori è di essere il più possibile invisibili, e non è possibile dare così conto della complessità affrontata, con la posa resa possibile solo in parte dalla rimozione delle lastre di pietra a livello della pavimentazione, della continua verifica archeologica e parallelamente della tempistica vincolate. A livello superiore, le reti impiantistiche sono unificate dal progetto entro una canalina metallica posta sotto la volta della galleria mediana: questo elemento, per il quale sono state studiate diverse soluzioni ancora in fase di prototipo, fungerà da cavidotto integrando i sistemi di videosorveglianza, wifi, diffusione acustica e luce. I nuovi apparecchi illuminanti genereranno un fascio di luce radente sulla volta, permettendo di apprezzare nuovamente la fabbrica romana. Sul coronamento della gradonata invece si ipotizza la realizzazione di un altro anello metallico sempre con la funzione di cavidotto, una sorta di scatola tecnologica che si auspica possa essere integrata in una riforma del parapetto, viste le condizioni non ot-
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timali dell’attuale, voluto da Pietro Gazzola negli anni Cinquanta. Il restauro conservativo delle gallerie e di parte degli arcovoli, ad oggi occupati nella parte aperta al pubblico dai servizi igienici e nel retropalco dai camerini oltre che da una profusione di vani deposito e tecnici funzionali alle attività dio spettacolo, sarà propedeutico all’installazione e messa in funzione dei nuovi servizi igienici, la parte più visibile di tutto l’intervento. Niente opere murarie, ma delle cellule a secco da assemblare all’interno degli arcovoli restaurati e da questi staccati per consentire l’ispezione degli apparati impiantistici allacciati alle nuove reti. Al loro interno, il prototipo realizzato fuori opera da Sever (provvisorio per scelta di colori e finiture) mostra un ambiente moderno, grazie all’uso di metalli, superfici riflettenti, reti e luci controllate entro un ambiente scuro e “teatrale”, fortunatamente senza concessioni a una romanità da film peplum che sarebbe oltremodo caricaturale (ma forse potrebbe piacere a Elton John, chissà?). Il restauro degli arcovoli sarà anche occasione di rendere fruibile visivamente il secondo ingresso monumentale dell’anfiteatro, quello contrapposto al cancello 1 lungo l’asse maggiore, quanto meno nel periodo di tempo al
06-07. Sezione longitudinale di un tratto del cunicolo mediano e sezione trasversale tipo con i nuovi traversi in acciaio inox a sostegno delle canalizzazioni impiantistiche. 08. Veduta del cunicolo con le nuove reti impiantistiche posate. 07
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09. Campionatura di una delle soluzioni previste per la canalina anulare nella galleria mediana. 10. Fili volanti nelle condizioni attuali dell’anfiteatro. 11. Disegni di una delle soluzioni di canalina metallica calandrata per gli alloggiamenti impiantistici. 12. Stralcio della pianta e sezioni longitudinali con la canalina impiantistica e gli apparecchi illuminanti. 09
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di fuori della stagione di spettacoli, restituendo dunque una lettura della configurazione storico-architettonica del grande monumento. Le opere previste entro il secondo lotto dei lavori comprendono comprendono il completamento di quelle avviate nel primo, tra cui il riordino degli spazi in uso a Fondazione Arena con la realizzazione di nuove porte o elementi di tamponamento lungo la galleria mediana, l’allestimento di nuovi camerini e la liberazione di alcuni arcovoli da mettere a disposizione del Comune di Verona per i percorsi turistici e museali. Ma il grosso dei lavori, anche in termini economici, sarà dedicato alla sigillatura delle gradonate, un aspetto che rimanda a una storia infinita di prove e tentativi già storicizzati3, ad esempio con i lavori nel Settecento di Maffei, nell’Ottocento con l’utilizzo della malta idraulica e in anni più recenti attraverso nuovi interventi sperimentali. Nel corso di un progetto pilota negli anni 2007-2008 sotto la guida dell’allora Conservatore dell’Arena Sergio Menon, era stato verificato
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13. Mappatura del degrado: arcovolo 31 esterno.
Committente Comune di Verona Unicredit-Fondazione Cariverona R.U.P. comune di verona ing. Sergio Menon (fino 26.08.2019) arch. Serena Bresciani (fino 19.05.2020) ing. Franco Volterra (da 19.05.2020) coordinamento generale progetto strutturale coordinamento sicurezza S.M. Ingegneria prof. ing. Claudio Modena progetto architettonico Mattioli Associati Architettura arch. Giorgio Mattioli prof. arch. Paolo Rocchi arch. Mario Bellavite progetto impianti Planex s.r.l. - ing. Alberto Olivieri Consulenti prof. Giovanni Carbonara (supervisione tecnico-scientifica nell’ambito del restauro) arch. Jacopo Acciaro (illuminotecnica e lighting design) Andrea Ciresola (restauro superfici) dott. Dario Gallina (archeologia) Cronologia Progetto esecutivo: maggio 2018 Inizio lavori: novembre 2018 imprese e importo lavori Lotto 1A: C.C.C. Cantieri Costruzioni Cemento con Romele (Euro 743.422) Lotto 1B: Prog.res. (Euro 311.314) Lotto 1C: Sever (Euro 998.983) Lotto 2: Lares, Lithos, RWS, Gemmo, DZ Engineering (Euro 6.146.404)
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14. I “cessi” anni Cinquanta nelle condizioni attuali (estate 2020). 15. Disegni di progetto di una cellula bagno prefabbricata tipica. 16. Il prototipo di una cellula bagno in officina, visto dall’esterno.
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creando una piccola cascata all’apice della gradinata che solo una minima parte, circa un terzo, giungeva “a valle”. La forma a imbuto dell’invaso porta l’acqua a ruscellare sui gradoni e, per via delle caratteristiche dei giunti, a penetrare sulle volte sottostanti dove si infiltrano immense quantità d’acqua, portando a un lento degrado l’intera struttura. Tale esperimento allarmò particolarmente il Comune di Verona, che autorizzò i lavori di conservazione condotti tra il 2008 e il 2010 da un team del Politecnico di Milano4, che aveva già seguito negli anni precedenti il restauro delle facciate esterne. In
quella occasione si operò sigillando i gradoni di un quarto della cavea (corrispondente agli arcovoli dal numero 1 al numero 19, indicativamente dalla corrispondenza con via Mazzini fino a Palazzo Barbieri); in tempi precedenti era stato fatto un tentativo, nella porzione in corrispondenza dell’Ala, con una diversa metodologia, non sigillando i giunti tra i gradoni ma sollevandoli per impermeabilizzare l’estradosso delle volte attraverso un nuovo massetto con guaina impermeabilizzante con successivo riposizionamento delle gradonate e sigillatura (riconoscibili ancora oggi dallo stucco rosa cementizio). L’attuale progetto
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17-19. Vedute interne del prototipo realizzato da Sever di una cellula bagno da posizionare entro gli arcovoli restaurati (colori e finiture sono provvisori).
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PROGETTO 20. Pianta con in verde le aree oggetto di pulitura dei conci e della sigillatura dei giunti. 21. Esempio di individuazione delle superfici della cavea oggetto degli interventi di sigillatura. 22. Abaco dei degradi delle sigillature delle gradinate (tratto arcovoli 19-24).
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prevede quindi di operare su tre quarti della superficie della cavea, verificando puntualmente lo stato manutentivo riscontrato nelle diverse aree ed estendendo se possibile l’intervento entro il massimale della copertura economica prevista. Resta la questione che si tratta di un intervento non di restauro ma di manutenzione, che dovrebbe quindi essere programmato nel tempo per evitare il ripetersi di fenomeni di infiltrazione ben noti da secoli. Un altro corposo aspetto affrontato dal progetto di restauro e correlato al rifacimento dell’impiantistica è quello dell’illuminazione interna ed esterna. Il progetto illuminotecnico pone come obiettivo la valorizzazione dell’Arena in quanto monumento: la materia luce si mette al servizio della morfologia architettonica, cercando di restituire la percezione di tutte le caratteristiche, materiche e volumetriche, che contraddistinguono l’anfiteatro. Nell’area dell’ingresso principale e nelle gallerie si prevede una valorizzazione delle volte, messe in forte risalto tramite apparecchi a luce indiretta posizionati in prossimità dell’orditura degli archi. Completa l’illuminazione dalla galleria, in prossimità delle scale che portano alla cavea, la distribuzione di un flusso luminoso sulla parete esterna che tende a simulare l’effetto di luce diurna. I prospetti esterni dell’anfiteatro saranno lasciati in controluce mantenendo la luce proveniente dall’interno di ogni arcovolo, così da permettere la lettura dei volumi valorizzati dall’illuminazione indiretta. Rimane infine il tema della riqualificazione museale, che dovrebbe dare ai numerosissimi turisti la possibilità di capire a pieno la magnificenza della fabbrica per come si presenta ai giorni nostri, definendo quindi un percorso
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23. Verifica illuminotecnica delle volte, viste in falsi colori (arcovoli 61 e 1). 24. Progetto illuminotecnico: prospetto tipo e collegamenti verticali.
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di visita permanente, oggi sostanzialmente assente. Al di là di alcune indicazioni di massima circa la realizzazione di un bookshop e di uno spazio per i visitatori, oltre che sull’utilizzo di pannelli interattivi, questo aspetto progettuale resta da approfondire. Un tema correlato sarebbe quello di ridare dignità alle lapidi memoriali ora abbandonate nel vallo esterno dell’anfiteatro: una ricorda l’ingresso di Napoleone nel 1805, un’altra il convengo della Santa Alleanza del 1822 alla presenza delle teste coronate di mezza Europa, o ancora la visita di Papa Wojtyla: occasioni in cui gli illustri personaggi assistettero a spettacoli per loro organizzati dentro l’Arena. Rimane altresì da definire l’ipotesi della musealizzazione degli spazi a livello interrato messi in sicurezza coi lavori condotti nel 2007-2008, in particolare il grande salone ipogeo e i tre corridoi concentrici che ricalcano sottoterra le gallerie in superficie. Le risorse offerte dal grande monumento sono ben più resistenti della trascuratezza che negli anni ha subito, e cui questa stagione di importanti restauri appena avviata vuole offrire il risarcimento di doverosi attenzioni. Non resta che augurarsi il prosieguo di una cura che deve essere costante nel tempo.
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Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie | Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via | Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo | Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai | Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore |Dalle ossessioni delle tue manie | Supererò le correnti gravitazionali | Lo spazio e la luce per non farti invecchiare | E guarirai da tutte le malattie | Perché sei un essere speciale | Ed io, avrò cura di te.
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1 Cfr. Giovanni Castiglioni e Marco Cofani, L’Anfiteatro Arena: una questione da architetti, in «AV», 109, pp. 20-25. 2 I lavori hanno poi subito un’interruzione rispetto alle tempistiche inizialmente previste a causa di un ricorso in fase di appalto del secondo lotto. 3 Si rimanda nuovamente al citato articolo di G. Castiglioni e M. Cofani. 4 Dal 2003 al 2001, un gruppo di lavoro del Politecnico di Milano (responsabile prof. Alberto Grimoldi) ha svolto una consulenza per il consolidamento e la pulitura delle fronti lapidee dell’Arena e per la risoluzione dei problemi di smaltimento delle acque dalla cavea. 24
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PROGETTO
Arsenale: il fuoco di fila dei progetti
Una carrellata su venticinque anni di progetti e proposte per il recupero architettonico e urbano del complesso dell’ex Arsenale d’artiglieria Franz Josef I Testo: Luisella Zeri
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Tra metà e la fine dell’Ottocento Verona è oggetto di cantieri che riaffermano il ruolo storico della città come cardine del sistema strategico della regione fortificata del Quadrilatero. Il piano urbanistico voluto dagli austriaci è una vera e propria opera di pianificazione, dove la costruzione di edifici civili e militari inizia a delineare i profili della città arrivata ai giorni nostri. Se l’architettura civile viene affidata allo stile neoclassico del Barbieri, il comparto militare verrà progettato da evidenti influenze dal linguaggio neogotico e neoromanico. L’Arsenale d’artiglieria Franz Josef I con la sua posizione strategica e la possente struttura in conci pentagonali di tufo listata in cotto, finestre con arco a tutto sesto, bifore e trifore evidenziate da cornice e bancale in pietra bianca, ricorda proprio una piccola fortezza, aspetto che viene sottolineato dall’impianto planimetrico a griglia fatto di edifici ma anche di strade, piazze, corti e spazi verdi. Dopo i danni causati dalla Seconda guerra mondiale, la suggestiva ambientazione che lo vedeva immerso in una rigogliosa vegetazione viene completamente snaturata dall’edilizia degli anni Cinquanta e Sessanta. Nel 1945 comincia la trattativa per la restituzione dell’Arsenale alla città, con una fase, all’interno del PRG del 1972, in cui ne è prevista la demolizione. Per arrivare al primo giugno 1995, quando il quotidiano «L’Arena» titola: “Verona, ora l’Arsenale è tuo”, segnando lo storico passaggio di proprietà del complesso dall’autorità militare a quella cittadina. Nell’articolo viene chiaramente espressa la speranza che quei “saloni che profumano di storia”, possa finalmente trovare una destinazione d’uso che evitasse “l’abbandono e il degrado del complesso”.
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Sono passati venticinque anni e progetti, ipotesi, concertazioni, privato sì privato no, hanno riempito le cronache e i faldoni, mentre le corti e gli spazi dell’ex Arsenale absburgico restano tristemente vuoti e in balia del tempo, che è impietoso con tutti, architetture comprese. «AV» si è assunta la responsabilità di raccontare questo quarto di secolo trascorso, provando a fare il punto della situazione che – forse – pare essere arrivata a un punto di svolta.
01. Veduta prospettica a volo d’uccello dell’Arsenale di Verona sulla base del progetto del 1845 (da L.V. Bozzetto, Verona e Vienna..., cit.). 02-03. Fondamentali testi usciti nel 1996: il numero monografico di «ArchitettiVerona» curato da Fiorenzo Meneghelli e il volume a cura di Lino Vittorio Bozzetto, Verona e Vienna. Gli arsenali dell’imperatore (Cierre-Società Letteraria). 04-05. Concorso “Arsenale 2000: Città della Natura e della Musica”, secondo classificato: Gae Aulenti, Fiatengineering (P. Marinsek), Guido Cuzzolin, Fiorenzo Meneghelli.
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PROGETTO 06-07. Concorso “Arsenale 2000: Città della Natura e della Musica”, terzo classificato: Antonio Piva, Arrigo Rudi, Leonardo Benevolo, Contec (Giovanni Meneghini, Maurizio Cossato, Gianluca Meneghini), Manens Intertecnica (Dino Boni).
Arsenale: il fuoco di fila dei progetti 08. Concorso “Arsenale 2000: Città della Natura e della Musica”, primo classificato: David Chipperfield, Claudio Modena, Giorgio Finotti. .
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Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila i tempi sembrano maturi. L’amministrazione comunale indice un concorso a procedura ristretta. Il bando prevedeva la progettazione di un grande polo culturale dove avrebbero dovuto trovare posto la nuova sede del Museo di Storia Naturale, la sede del nuovo Museo della Lirica, spazi funzionali alla didattica e alla gestione, ambienti per la ristorazione, attrezzature di interesse comune e 3.500 metri quadri di parcheggi. Le proposte avrebbero dovuto prevedere inoltre la riqualificazione dello spazio antistante l’Arsenale. Sui gradini più alti del podio sale al terzo posto il gruppo di lavoro capitanato da Antonio Piva, subito preceduto dal team di Gae Aulenti. Ad aggiudicarsi la vittoria è l’archistar David Chipperfield, con un progetto che ripensa l’Arsenale come un campus espositivo e di ricerca, che
conserva l’organica combinazione di singoli edifici e spazi aperti, nell’intento di evocare proprio quella cittadella dentro la città che il complesso interpretava in origine. Il progetto prevedeva nell’edificio d’ingresso il Museo della Lirica e ai lati, in sostituzione dei volumi superfetativi aggiunti in epoche recenti, due grandi elementi vetrati che avrebbero svolto la funzione di alleggerire il carico espositivo richiesto dal bando di concorso, con al piano terra delle piazze permeabili che potessero convogliare all’interno i flussi di visita. Nell’edificio centrale, era previsto il Museo di Storia Naturale, con le corti esterne che avrebbero accolto le serre, gli acquari, l’orto botanico, i laboratori, gli spazi per l’attività scientifica e i depositi. L’accesso alla parte museale sarebbe dovuto avvenire al piano terra dal giardino botanico, mentre ai piani secondo e terzo si sarebbe snodato il percorso di visita. Il progetto si concentrava poi in particolare sulla riqualificazione dell’a-
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09-10. Progetto preliminare generale. Modello e inserimento ambientale (presentazione 2004). David Chipperfield Architects. 11. Progetto preliminare generale (2002). David Chipperfield Architects.
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rea esterna, per la quale era prevista la costi possano in parte venire assorbiti sistemazione della vasca e la costru- dai privati che avranno in gestione gli zione di un teatro-giardino. spazi, così da integrare le risorse mesNel 2002, un anno dopo la vittoria, il se a disposizione dall’amministraziomasterplan è pronto, ma cambia l’am- ne attraverso la vendita di alcuni paministrazione cittadina e il piano si lazzi storici. inceppa quando la politica si scontra, Il colpo di spada definitivo viene come sempre, sui costi (effettivamen- brandito nel 2007 dall’ulteriore camte altissimi). Si bio di bandiera chiedono quindi amministrativa: « Sono passati venticinque Arsenale 2000 delle modifiche, il progetto si rianni tra progetti e ipotesi, viene definitivadimensiona, gli mente archiviamentre le corti e gli spazi elementi vetrati to. si riducono fino dell’ex Arsenale absburgico Cosa resta del quasi a scompa- restano tristemente vuoti » progetto Chiprire. Nel 2005 perfield? Senza viene presentato soffermarci sulun nuovo progetto con inizio lavori la poco nobile ma funzionale autoriprevista per il 2007. La nuova pro- messa interrata (Parking Arsenale), i posta accantona gran parte degli ele- cui lavori hanno preso il via in mamenti precedenti e salva, riconfigu- niera indipendente e sono stati poi randolo, il Museo di Storia Naturale. conclusi con non poca fatica nel 2017, Vengono aggiungenti negozi, una è l’intervento sulla vasca natatoria il sede staccata del Museo di Castelvec- vero lascito alla città da parte dell’archio, la Città dei Bambini e ambienti chitetto inglese. per associazioni, nella speranza che i L’opera non è una vera e propria rea-
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PROGETTO 12-13. Modelli del nuovo volume da destinare al Museo di Storia Naturale (2002). David Chipperfield Architects. 14. Masterplan: simulazione con l’inserimento dei due nuovi padiglioni. David Chipperfield Architects.
Arsenale: il fuoco di fila dei progetti 15. I nuovi volumi nell’integrazione al Progetto generale di massima (2007). David Chipperfield Architects
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lizzazione ex novo, in quanto si tratta del recupero dello Stabilimento della Scuola Militare del nuoto, posto all’esterno del muro di cinta dell’Arsenale ma che ne costituiva parte integrante. L’intervento sulla vasca (cfr. «AV» 91, pp. 60-67) può essere interpretato come un restauro, in corrispondenza delle due teste di leone in altorilievo poste ai lati della scala sul lato nordest, e come una riconfigurazione del
bacino che viene rialzato rispetto all’originale. La vasca è poi stata completamente circondata da verde, riducendo gli spazi asfaltati di piazza Arsenale, così da realizzare una migliore connessione con il ponte scaligero. L’intero comparto diventa una grande area a verde pubblico, eco di quello che avrebbe potuto essere, forse, l’Arsenale di Chipperfield: un luogo collettivo dedicato ai cittadini.
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16. Planimetria generale con sistemazioni esterne. Ultima consegna (2010). David Chipperfield Architects. 17. Modello del progetto per la sistemazione della vasca natatoria (2008-2011). David Chipperfield Architects. 18. Riflessi nella superficie specchiante della vasca (foto di Lorenzo Linthout).
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Project financing
Nel 2007, come detto, il progetto Chipperfield viene definitivamente chiuso in un cassetto. I costi preventivati, fra gli 80 e i 90 milioni di euro, sono troppo alti, e non c’è la capacità di accedere a fondi nazionali o europei per il restauro. Necessita quindi ripensare l’operazione di recupero dell’Arsenale dal punto di vista finanziario. Nel 2011 si affaccia all’orizzonte una proposta, portata sulle scrivanie comunali da un raggruppamento formato da Contec Ingegneria e dall’impresa Rizzani De Eccher. Per l’Arsenale si prospetta la possibilità di operare attraverso un regime di project financing, dove il contributo economico dell’amministrazione comunale viene assorbito in gran parte dal proponente e dai privati che avranno in gestione spazi e aree dopo il recupero. Questo tipo di soluzione, per la sua natura in gran parte privatistica, prevede una divisione delle funzionalità che non può essere completamente pubblica. Nel progetto presentato lo
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PROGETTO 19-21. Arsenale delle Idee. Proposta di recupero e riqualificazione dell’ex Arsenale Austriaco di Verona. Pianta piano terra e vedute. Contec Consorzio Arsenale, Rizzani De Eccher (2011-2013).
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schema delle destinazioni d’uso configura all’interno della palazzina di comando spazi polifunzionali espositivi e per eventi culturali, a cui si affiancano negli altri edifici una scuola per l’infanzia e spazi per il sociale. Contemporaneamente viene destinata molta superficie a spazi commerciali e per i servizi. Dal punto di vista
architettonico, il progetto non presenta particolari guizzi creativi, anzi, si mostra come un intervento molto conservativo. Il primo project financing, forse proprio per l’aspetto tendenzialmente sottotono della proposta, avrà vita breve e verrà rimpiazzato nel 2016 da un nuovo progetto, promosso dalla cordata guidata da Italiana Costruzioni con progetto dello studio genovese 5+1AA assieme a Contec Ingegneria. L’intervento prevedeva come destinazione d’uso principale la realizzazione del parco dell’arte contemporanea nel nucleo centrale del complesso. A corredare questa funzione negozi, una cittadella del gusto, un auditorium da 450 posti all’interno della palazzina di comando e, ancora, spazi espositivi e museali, bookshop e caffetteria, servizi direzionali, attività culturali e formative, la città dei
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ragazzi, esercizi commerciali e pubblici. Un centro commerciale, a detta di alcuni, in verità il vero gesto progettuale che crea sgomento – scalpore o entusiasmo, a seconda delle correnti di pensiero – è la grande struttura vetrata che viene progettata per coprire la corte centrale. Il nuovo inserimento è un sottilissimo foglio modellabile in vetro e metallo piegato, una geometria asimmetrica che, realizzando una grande galleria d’arte all’aperto, diventa essa stessa opera d’arte. Al di sotto di questo elemento scenografico, che sbuca dai tetti dell’Arsenale e quasi delinea un nuovo skyline per il quartiere di Borgo Trento, il progetto prevedeva la realizzazione di una installazione composta da una panoramica multi-rampa e una struttura sopraelevata per eventi snodate all’interno di una maglia realizzata con alberi filati e pilastri singoli. Le immagini tridimensionali sono davvero suggestive e quasi irreali. Sarà questo il motivo per cui anche questa proposta ha subito la medesima sorte di quelle che lo hanno preceduto?
22-25. Arsenale Parco dell’Arte Contemporanea: schizzo per la copertura della corte centrale, pianta piano terra, esploso assonometrico della corte centrale, veduta generale. Italiana Costruzioni, Contec Ingegneria, 5+1AA (2016).
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PROGETTO
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Il futuro della storia
26-28. Arsenale Parco dell’Arte Contemporanea: due vedute del percorso panoramico multi-rampa e le aree espositive nello spazio coperto della corte. Italiana Costruzioni, Contec Ingegneria, 5+1AA (2016).
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Giugno 2017, gli anni passano ed è già tempo di un nuovo cambio al vertice politico della città. La nuova amministrazione, affermando la contrarietà ad ogni forma di privatizzazione, revoca la delibera consiliare del 2016 che aveva approvato la riqualificazione dell’Arsenale in regime di project financing. Viene quindi costituita la “Commissione Consiliare temporanea Arsenale” e indetta una fase di concertazione. All’interno di questo grande contenitore andranno a confluire diversi eventi, fra cui un convegno tenutosi in Gran Guardia, e la consultazione di molte associazioni e privati cittadini. Rispondono alla chiamata le più varie forme partecipative. C’è chi rispolvera la propria tesi di laurea, chi propone esempi virtuosi in Europa e nel mondo, chi crea concept di studio arrivando quasi a realizzare veri e propri progetti preliminari. I contributi vengono raccolti dai professori Federico Bucci e Filippo Bricolo del Politecnico di Milano, dando origine a delle linee di indirizzo, traccia per la futura progettazione. Le linee guida riflettono sulla rinaturalizzazione delle parti scoperte e il recupero della parte edificata. Nel primo caso viene proposta una Rus in urbe, la campagna in città, ovvero un insieme di pratiche volte a realizzare un sistema “naturante” a cui l’intervento antropico dovrà relazionarsi. Per il costruito la proposta è quella di procedere parallelamente sul restauro conservativo e sul processo di rifunzionalizzazione, quest’ultimo in un’ottica di inserimento di elementi reversibili che non intacchino la struttura recuperata.
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Date queste indicazioni viene redatto dagli uffici tecnici comunali, il progetto di fattibilità tecnica ed economica messo a bando nel luglio 2018 al fine di individuare il team a cui affidare la progettazione definitiva, esecutiva e la direzione lavori per il recupero del complesso. L’intervento viene intitolato “Ars district. Il parco dell’Arsenale” un gioco di parole dove la dicitura “Ars” fa leva sulla radice del nome del complesso, ma contemporaneamente evoca la destinazione d’uso prevalente, ovvero la nuova sede dell’Accademia di Belle Arti nella corte ovest. A questa funzione si affiancano nelle corti e negli edifici principali altre destinazioni correlate all’arte, ma finalizzate alla fruizione di cittadini e turisti. Nella distribuzione funzionale viene portata avanti anche un’importante riflessione mai fatta fino a quel momento. Trovare una sistemazione alle varie destinazioni che da tempo si accalcano in maniera disordinata all’interno dell’Arsenale: i depositi del Museo di Storia Naturale e il mercato urbano.
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29. “Arsenale. Il futuro della storia”. Verona, 7 dicembre 2017. Schema grafico proposta di Cocai. 30. Schema grafico proposta di Alessandra Biti, Francesco Biti, Nicola Brunelli, Marco Campolongo, Tiziana Cavallo, Pier Nicola Fazzini. 31. Proposta di Laura Barbesi, tesi di laurea 1973-74. 32-33. Ars Parco Urbano. Proposta di Luigi Marastoni, Alberto Vignolo, Sebastiano Zanetti.
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La luce in fondo all’Arsenale
è notizia dell’estate 2020 che il bando di gara europeo indetto dal Comune di Verona è stato vinto da Politecnica Ingegneria e Architettura di Modena, una società di progettazione integrata che, a capo di una più ampia cordata di professionisti, guiderà l’Arsenale verso il suo integrale recupero. L’opera da 52 milioni di euro – tutto sommato un costo contenuto se pensiamo alle proposte precedenti – è sta-
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PROGETTO
Arsenale: il fuoco di fila dei progetti
34-36. “Arsenale. Il futuro della storia”. Relazione finale e linee di indirizzo (2017). Politecnico di Milano (Federico Bucci, Filippo Bricolo). 37. ARS District, Schema funzionale. Comune di Verona (ottobre 2018).
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ta suddivisa in sette lotti funzionali, al fine di rendere più snella la procedura di esecuzione dei lavori. Il primo lotto prevede la demolizione degli edifici non originali, la bonifica ambientale e il rifacimento delle reti tecnologiche. Si proseguirà con il recupero della Corte Ovest in cui traslocherà l’Accademia di Belle Arti. Successivamente i lavori proseguiranno con il recupero della Corte Centrale in cui si concentreranno i servizi e le funzioni destinate ai giovani, all’innovazione e alla tecnologia, all’arte e alla creatività, alla sostenibilità e all’ambiente. Il lotto 4 vedrà la riqualificazione della Corte est, che ospiterà il mercato urbano con la palazzina antistante che diventerà uno spazio per eventi. Il lotto 5 prevederà la creazione del grande parco urbano dell’Arsenale e il recupero dei muri perimetrali. Nel lotto 6 si procederà con le due palazzine parallele che affiancano la corte centrale e che saranno sistemate e dedicate agli eventi, compresi quelli artistici degli studenti dell’Accademia. Infine il lotto 7 destinerà la Palazzina di Comando ad attività culturali e museali, collegata direttamente con il Museo di Castelvecchio. Sembra un miraggio, visti i precedenti, ma la luce in fondo all’Arsenale ci pare di vederla, perché all’interno di questo sistema di opere si sta già portando avanti, sempre sotto la direzione lavori della medesima capogruppo, il recupero delle coperture della palazzina di comando a cui si aggiungeranno indicativamente in ottobre i cantieri per il rifacimento di tutti gli altri tetti. È un sogno forse? Chi può dirlo, il prossimo appuntamento è gennaio 2021 per la consegna della progettazione definitiva e le prime demolizioni. Noi di «AV» siamo qui ad aspettare.
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Mettere il becco sul bando Una riflessione sulle procedure amministrative e sulle difficoltà nel campo degli appalti pubblici in vista dell’auspicato recupero dell’ex Arsenale militare di Verona
All’inizio dell’estate 2020, la nostra Amministrazione comunale ha aggiudicato il progetto dell’ex Arsenale militare ad un raggruppamento di tecnici, a conclusione di un concorso pubblico. Dei cinque partecipanti, due rappresentano gruppi veronesi, entrambi risultati perdenti, mentre il vincitore è il medesimo che si era aggiudicato il precedente concorso, indetto dall’amministrazione pubblica, relativo al progetto delle coperture dei fabbricati di quello stesso complesso. A non tutti è apparsa chiara la decisione di anteporre il progetto delle coperture a quello dei sottostanti fabbricati; come se si escludessero possibili coinvolgimenti tra le reciproche esigenze strutturali e funzionali; a meno che, alla base di siffatta decisione, ci sia una posizione quasi ideologica del tipo: “non si accettano elementi funzionali sulle coperture che rispondano a esigenze delle funzioni ospitate” (non toccatemi i tetti). Il perché della scarsa partecipazione, sarebbe argomento da approfondire: potrebbe risultarne colpevole la complessità e la mole delle richieste del bando, oppure – e sarebbe più grave – una generica diffidenza di principio. In ogni caso ritengo vada letta come un evento deludente che ha disatteso le aspettative dell’amministrazione, dopo che quest’ultima aveva affidato a una apposita Commissione modi e tempi del procedimento. Mi auguro che l’esito finale non deluda la popolazione veronese che da oltre cinquant’anni è in attesa di prendere pieno possesso di quello spazio urbano, sottratto al progetto di Chipperfield. Se nel leggere questo scritto ne attribuiste il tono scarno al mio scarso entusiasmo per l’argomento, sareste in errore: avreste scambiato l’asciuttezza del
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linguaggio per generico dissenso. Anch’io sono in trepida attesa del risultato finale quando, esaurito l’iter intrapreso dall’amministrazione, completati i progetti e appaltati e conclusi i lavori, potremmo mettere la parola fine all’operazione Arsenale. Ciononostante, credo utile indirizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e degli uffici competenti su quelli che potrebbero essere i possibili motivi di intralcio nell’ancor lungo cammino che ci separa dal taglio del nastro; essi vanno dalle incertezze sulle destinazioni d’uso (che, immaginate per la maggior parte pubbliche, potrebbero rivelarsi di gestione costosa per le casse comunali), alle problematiche tecniche e di restauro (da cui possibili ritardi nel rilascio delle autorizzazioni); dalle lunghe interruzioni tra le varie fasi (per lungaggini burocratiche o difficile accesso alle
risorse – anche se i costi d’intervento dovessero essere messi a carico delle società interessate alle singole iniziative e alle successive gestioni –, fino alle non improbabili difficoltà delle Imprese appaltatrici delle opere a causa delle assegnazioni “al massimo ribasso” a cui vanno addebitati il cinquanta per cento dei fallimenti delle imprese edili, delle opere lasciate incomplete e sicuramente il conseguente danno sociale. Questo di fatto è il rischio più probabile che si corre oggi negli appalti pubblici, avendo assunto un criterio di aggiudicazione degli appalti che nulla ha da vedere con quello della “maggior convenienza” per la stazione appaltante. Se la validità di questa asserzione è fuori discussione, non si capisce perché il legislatore non ne venga messo al corrente e modifichi la norma.
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Via Arsenale
Testo: Luciano Cenna
S. FRANCESCO D' ASSISI
Piazza Arsenale
Piazza Arsenale
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Tutto Casa e Museo Un nuovo spazio espositivo nel cuore della cittĂ antica apre al pubblico la ricchissima collezione di Luigi Carlon allestita al piano nobile del seicentesco Palazzo Maffei
Progetto: Baldessari e Baldessari Testo: Marzia Guastella Foto: Paolo Riolzi
Verona
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Passeggiando nel centro storico di Verona, si respira una suggestiva atmosfera dove storia e cultura arricchiscono quell’interesse personale che guida alla scoperta di luoghi autentici. I musei costituiscono chiaramente una risorsa indispensabile per l’attività turistica della città, in quanto offrono un servizio in continua evoluzione per coloro che, sempre più motivati, si muovono alla ricerca della relazione tra passato e presente; nell’opera d’arte, il visitatore ritrova quelle sensazioni che sono espressione di un continuo divenire con chiari riferimenti a forme antecedenti, una sorta di fil rouge che riconosce il confronto tra varie epoche. Il mondo del collezionismo coglie perfettamente questo spirito; si tratta di un’usanza dove il dialogo tra antico e moderno diventa quasi istintivo come dimostra la collezione dell’imprenditore veronese Luigi Carlon, racconto di sto un accurato lavoro per definire un progetto una forte passione per l’arte durata circa cin- di architettura, restauro e allestimento piuttosto quant’anni e distribuita in sei secoli di storia. Un elaborato. L’edificio fu costruito nel tardo Meviaggio a ritroso che inizia da un interesse verso dioevo sulle rovine del vecchio Campidoglio, artisti degli anni ’60 e prosegue con il desiderio ancora oggi visibili nell’interrato sul lato nord di raccogliere anche opere occidentale dell’antico foro d’arte antiche di ogni generomano di Piazza Erbe; l’ar« Il progetto allestitivo re e ordine temporale con le chitettura iniziale subì delsi configura come un quali il collezionista arreda le modifiche consistenti nel la propria casa, pur conser- itinerario di emozioni che corso del Seicento con un vando una propensione per si estende per diciotto sale intervento di ampliamento, il mondo innovativo del Fuvoluto dai banchieri Marin una profonda relazione cantonio e Rolandino Mafturismo attraverso i lavori tra opere contemporanee fei, che conferì all’edificio più importanti che hanno cambiato il modo di osserl’aspetto attuale. e impianto decorativo » vare e comprendere l’arte. Il recente intervento, curaUna raccolta privata che dal to dallo studio Baldessari e 2020 è aperta al pubblico e trasforma un’impor- Baldessari, ha permesso di individuare e gestitante sito storico della città in uno spazio mu- re ogni carenza dell’edificio che necessitava, in seale, con opere d’arte e oggetti capaci di espri- primis, di un consolidamento strutturale e un mere ancora il proprio valore culturale. Palazzo adeguamento impiantistico con relative dotaMaffei Casa Museo accoglie la collezione ri- zioni meccaniche, elettriche e di sicurezza. La cercando un’insolita armonia che ricorda l’am- facciata principale su Piazza Erbe mostra l’ebiente riservato dal quale è stata prelevata e, allo stensione della struttura su tre piani con elestesso tempo, offre una moderna interpretazio- menti decorativi diversi nei vari livelli quasi a ne dell’arte all’interno di un ambiente profon- voler rappresentare un crescendo architettonico; damente evocativo che continua a mantenere la dal discreto bugnato del piano terra, il prospetsua autenticità. to si arricchisce sempre più di elementi in rilieL’attività di riordino della collezione ha richie- vo con un trionfo di Barocco nell’ultimo livello
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01. La scala elicoidale di Palazzo Maffei vista dall’alto. 02. Gli spazi espositivi sono distribuiti al piano nobile del palazzo. 03. La facciata di Palazzo Maffei su Piazza Erbe.
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Tutto Casa e Museo
04. Dettaglio degli affreschi policromi della Sala I. 05. Pianta con indicazione del percorso di visita attraverso le diciotto sale. 06. Schizzo progettuale per l’allestimento delll’androne al piano terreno con l’ingresso al museo. 07. Il percorso lungo la scala elicoidale è arricchito dalle statue in pietra.
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dominato un tempo dalla grande terrazza-giardino con una decorativa balaustra dalla quale alcune statue di divinità greco-romane sorvegliano la piazza. L’intera facciata, così come i prospetti secondari sulle corti interne, è stata sottoposta a un attento restauro conservativo. Superato il varco asimmetrico del finto portico, il primo cortile consente di individuare lateralmente l’elegante ingresso alla Casa Museo dove l’ottone brunito trova perfetto riscontro con l’antico. La scenografica scala elicoidale, anch’essa sottoposta a restauro, collega ogni livello come una sorta di foyer arricchito dalla presenza di una grande lanterna e di statue in pietra lungo tutto il percorso. Gli spazi dedicati alla collezione sono distribuiti nel piano nobile mentre il piano superiore è stato predisposto per accogliere la biblioteca specialistica e attività collaterali. Le sale espositive, orientate su Piazza Erbe e sul secondo cortile, conservano testimonianze di affreschi del XVIII-XIX secolo ma anche stucchi e decori floreali emersi dopo la minuziosa rimozione degli strati di tempera bianca che li nascondeva; in
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08. La sala d’ingresso al primo piano, con il bancone dell’accoglienza in ottone brunito. 09. Verifiche progettuali per la distribuzione degli spazi. 10. Studio per la disposizione del bancone di accoglienza.
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11. La Sala VII “Venere e le altre”, caratterizzata dal rosso carico delle pareti. 12. La Sala IX “Salotto Blu”: tra gli arredi si riconosce la Red and Blue Chair di G. T. Rietveld. 13. Studio per la disposizione delle opere, degli arredi e dell’illuminazione.
14. Sala X “Sala degli stucchi”: al centro manifatture veneziane, umbro-toscane e marchigiane. 15. Sala I “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese...”. 13
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alcune sale sono state rimosse partizioni in laterizio non originali e consolidate parti murarie o porzioni di orizzontamenti in legno. Il progetto ha consentito anche una rilettura degli spazi definendo un percorso ad anello, privo di barriere architettoniche, dove la pavimentazione è stata trattata con materiali differenti: battuto di terrazzo alla veneziana, in alcune sale, e tavole di legno di rovere spazzolato nelle altre; le pareti presentano una grande varietà di applicazioni con tinte cromatiche che si accostano a rivestimenti con boiserie in gesso, metallo o tessuto, in linea con i decori propri del palazzo. Il disegno di arredi e complementi ha impreziosito il progetto con dettagli che generano continuità come l’uso dell’ottone brunito che si ripropone anche nel bancone della sala accoglienza o nei profili metallici dei serramenti per l’ingresso ai vari piani. Dal punto di vista impiantistico è stato elaborato un programma illuminotecnico generale, interno ed esterno, e un piano specifico per le singole opere insieme ad un sistema di controllo della temperatura e dell’umidità. Il progetto allestitivo si configura come un itinerario di emozioni che si estende per diciotto sale in una profonda relazione, tra opere contemporanee e impianto decorativo, supportata dall’armonia dei colori che scandiscono il percorso con cambi molto decisi di tinte e trattamenti cromatici; un grande lavoro frutto di una significativa collaborazione con la storica d’arte e direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, Gabriella Belli, ideatrice del concept museografico dove i capolavori, oltre a divenire espressione del carattere esclusivo del collezionista, richiedono una lettura inusuale aperta a nuove visioni e stupori: come rivelato all’ingresso dall’installazione site specific in neon blu New Horizons for Other Visions/New Visions for Other Horizons di Maurizio Nannucci. Le tre sale iniziali sono favorite dalla splendida vista su Piazza Erbe; nella prima, l’uso del colore asseconda gli affreschi policromi presenti su soffitto e pareti che rievocano gli elementi del tempio sottostante rafforzando la vivace sequenza pittorica che raffigura le gesta di dei ed eroi, mentre sculture lignee, disegni antichi e incisioni sono organizzati sulle pareti o raccolti in espositori progettati e realizzati appositamente.
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Committente Fondazione Luigi Carlon ideazione museografica Gabriella Belli Progetto allestitivo e di restauro Baldessari e Baldessari architetti direzione lavori ing. Alessandro Mosconi consulenti Massimo Tisato (restauri architettonici, beni mobili e tinteggiature); ing. Franco De Grandis (strutture); ing. Giuseppe Marconi, ing. Erica Fait (impianti meccanici, climatizzazione); ing. Renato Coser (impianti elettrici e speciali); Idee in Luce di Claudio Cervelli & C. (light design); Sebastiano Girardi Studio (visual identity e graphic design); ing. Stefano Emanuelli (sicurezza cantiere)
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La qualità degli affreschi caratterizza anche le pareti della seconda sala, definita “piccolo scrigno”, insieme ai preziosi fondi in oro che circondano il Concetto spaziale. Attese di Lucio Fontana in stretto dialogo con il trittico della Crocifissione del Secondo Maestro di San Zeno, a dimostrazione di un’arte universale e senza tempo. La terza sala conclude questa sequenza con l’uso di nuance candide proponendo una riflessione sulla figura materna nelle varie epoche a partire dalla scultura novecentesca Maternità di Arturo Martini. Il percorso prosegue con un cambio deciso della tonalità che si rafforza con un rosso molto carico, influenzando la percezione visiva del visitatore e generando una vibrazione spirituale. L’alternarsi di forti impatti emozionali e pause contemplative accompagna il racconto di santi ed eroi, tra passione di Cristo e tematiche ovidiane dipinte su pietra di paragone, per passare alle gesta gloriose di battaglie tipiche del Seicento affiancate agli orrori della guerra rappresentati in modo materico dall’arte di Alberto Burri, e ancora alle donne ed eroine protagoniste della narrazione pittorica fin dai tempi più antichi.
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Un momento di subbuglio, che si estende per tre sale, stravolto da un altro cambio di registro emozionale e cromatico: l’uso del blu intenso placa gli animi insieme alla piacevole riscoperta dell’identità locale che contraddistingue la sala dedicata ai dipinti dei paesaggi veronesi; si prosegue verso il Salotto Blu dove la sfumatura di colore, abbinata ad un tessuto con disegno dorato, dona all’ambiente uno sfondo più elegante in cui capolavori d’arte antica e arredi del XVIII secolo convivono con opere moderne come la Red and Blue Chair di Rietveld del 1917 così com’era nella dimensione riservata e versatile di casa Carlon. Bisogna ancora attraversare una sequenza di due sale prima di giungere ad una vera e propria svolta nel percorso espositivo; si tratta della Sala degli stucchi e della successiva Monachella, piccola saletta che ospita un gruppo di sculture lignee di diversa epoca e fattura, entrambe caratterizzate da una delicata cromia modulata dall’uso di stucco-gesso con decorazioni in rilievo. L’arte moderna e contemporanea, sempre presente lungo tutto il percorso, diventa finalmente protagonista a partire dalla dodicesima sala dove l’ope-
Cronologia Progetto e Realizzazione: 2017-2020
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ra-manifesto Futurismo rivisitato a colori di Mario Schifano anticipa questo salto nella sezione dedicata alle avanguardie, grande passione del collezionista; il ritmo incalza attraverso le opere di Boccioni, Balla e Severini per proseguire con le opere di de Chirico, Morandi e ancora Magritte e Picasso che introducono metafisica, surrealismo e realismo magico. Le tonalità chiare delle pareti con innesti a fondi neri rendono gli spazi minimali e guidano il visitatore verso il confronto tra arte figurativa e astratta fino alla presa di coscienza della materia. L’ultima sala chiude la narrazione attraverso un ritorno alla straordinaria, ma anche incomprensibile, quotidianità con opere come Il saluto dell’amico lontano di de Chirico e Cloud di Erlich che invitano a riflettere sul concetto di vita associata all’arte, un pensiero che Luigi Carlon pone come obiettivo primario della mostra affinché l’arte diventi uno strumento dal quale trarre beneficio per migliorare la qualità della vita.
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baldessari e baldessari Studio di architettura e design fondato da Giulio, Paolo e Michela Baldessari, è un sodalizio professionale attivo nel campo dell’architettura, industrial e visual design e architettura d’interni, con sedi a Rovereto e Milano. Lo studio cura allestimenti di mostre in Italia e all’estero, oltre a condurre attività di ricerca e partecipare a concorsi ed esposizioni. Ha in corso progettazioni pubbliche e private nei settori residenziale, direzionale e industriale, restauri di palazzi storici e progetti d’architettura d’interni, oltre alla collaborazione con aziende del settore del design come Riva 1920, Pallucco, Adele-c, cctapis, De Castelli, Atipico, Twils, Starpool e Luce di Carrara. www.baldessariebaldessari.it
16-17. Nella sezione dedicata alle avanguardie le tonalità delle pareti si fanno chiare, come nella Sala XVIII “Materia, spazio, idea” con innesti a fondi neri come nella Sala XIII “Futurismo”.
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Com’è b&bella la città Una rassegna di strutture ricettive nel centro di Verona propone un mosaico di modi diversi per interpretare il tema dell’ospitalità tra architettura e interior design
Testo: Leopoldo Tinazzi, Filippo Romano
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Passeggiando per le vie della città in una giornata d’estate non si può certamente ignorare come il centro storico si sia nell’ultimo decennio trasformato, diventando sempre di più una meta turistica internazionale. La crescita della domanda di alloggi ricettivi ha portato, dunque, a una trasformazione profonda dei centri storici delle città d’arte, che hanno trovato una nuova vocazione urbanistica, rivolta quasi totalmente al ricettivo. Il patrimonio immobiliare delle nostre città sta quindi subendo un cambio di rotta, dove sempre più abitazioni centrali sono diventate case vacanze per il turismo, che, oggi, registra quasi diciotto milioni di presenze ogni anno in Italia. Verona si conferma oggi la seconda provincia veneta per flussi turistici, solamente dopo Venezia, e quinta per turismo in Italia, dopo Venezia, Bolzano, Roma e Trento (dati del rapporto 2019 Il turismo a Verona, Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura Verona).
« Nella loro eterogeneità questi casi studio sono significativi per capire le tendenze di quella che ormai è una fetta importante del lavoro progettuale degli architetti » Questo fenomeno ha trasformato la struttura sociale dei centri storici, dove le piccole attività di quartiere sono state sostituite da catene di negozi internazionali o da attività per il consumo. Anche gli affitti per chi volesse abitare in centro storico hanno subito un notevole incremento dovuto alla maggiore redditività degli alloggi turistici. Conseguenza di questa migrazione è che la città, oggi, non sembra più quel grande contenitore di relazioni, socialità e cultura che sta alla base dei nostri centri cittadini, ma sembra piuttosto divenuta un bene di consumo di massa da cui estrarre profitto. La città di Verona rappresenta oggi
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CASA BROILO Piazza Broilo Progetto architettonico VicenziDalbon arch. Martino Vicenzi arch. Sebastiano Dalbon contributi IM.RE.CO. srl (impresa edile), negozio Salpafloor (carta da parati) 02
una destinazione turistica d’eccellenza, accogliendo nel 2018 quasi 1.200.000 turisti, che hanno soggiornato per il quasi 60% in strutture extra-alberghiere. Di fatto il mercato delle piattaforme turistiche digitali ha avuto un ruolo fondamentale in questo settore, cambiando la modalità di soggiorno, soprattutto dei turisti stranieri, che preferiscono case vacanze ai più tradizionali alberghi. In effetti la formula dell’affitto turistico offre strutture molto più flessibili e low cost rispetto alle strutture alberghiere tradizionali. Se infatti in un albergo la cena deve avvenire all’interno della struttura o in un ristorante, in un appartamento la si può gestire anche come evento casalingo, riducendo i costi, soprattutto per le famiglie. Ma oltre a questo aspetto, il settore turistico vede
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01-04. Casa Broilo: l’ambiente soggiorno-pranzo, particolare delle mensole della cucina, il vano cucina a giorno e particolare del bagno (foto di Miriam Lonardi).
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Com’è b&bella la città 05-10. Residenza Buglioni: variazioni cromatiche nelle camere, l’angolo cucina, particolari del rapporto tra superfici colorate e arredi, camera con vista (foto di Alberto Rabbai).
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oggi una clientela sempre più esigente per quanto riguarda il comfort e l’arredo di una struttura, e il design ha sicuramente un ruolo fondamentale nella scelta dell’alloggio. L’originalità degli ambienti, la cura dei dettagli e il rapporto con la storia sono sicuramente elementi che possono offrire all’ospite molto più di un semplice soggiorno, bensì una vera e propria esperienza. Ed è forse questo uno degli aspetti più importanti che lega il mondo del turismo a quello dell’architettura: il fatto di costruire un’ambientazione, un racconto, capace di saper trasmettere la storia di una cultura locale, ma, al contempo, di saper rievocare il respiro di un design internazionale. Il rapporto fra architettura, interior design e turismo diventa più stretto, e creativi e professionisti del settore sono chiamati a riflettere su questi temi, in modo da declinare l’offerta a seconda di target e circostanze. L’alloggio diventa sempre più parte integrante dell’esperienza del viaggio e contribuisce a personalizzarne il contenuto. Da un report di settore recente, emerge come il 40% degli utenti metta la qualità e lo stile degli interni della strut-
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Residenza buglioni Piazza Erbe Progetto architettonico blocco.18 arch. Marco Grigoletti arch. Simone Salvaro contributi Mobili Dal Bosco (arredamenti), Forme di Luce (illuminazione), Filippi Controsoffittature (pitture) cronologia Progetto e realizzazione: 2018 tipologia B&B Camere: 2 Superficie: 80 mq circa
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tura al primo posto, fattori spesso più importanti del panorama che si può avere sull’esterno. Da questi fattori dipende il successo di una struttura, la quale ha quindi bisogno di essere appetibile alla clientela che visita i siti di booking online. Conseguenza di questo fatto è stata la nascita di una certa tendenza che pone un forte accento sulla resa fotografica delle scelte di interior design o addirittura l’ampia diffusione di discipline specialistiche come l’home staging, in modo che nelle rapide consultazioni degli utenti le offerte possano emergere maggiormente. La rappresentazione di questi luoghi deve rispettare una certa serialità, necessaria alla messa in mostra di tutti gli ambienti a disposizione. Del resto, l’interno turistico è diventato a pieno un tema contemporaneo, e gli architetti devono confrontarsi con esso, spesso facendo fronte ad esigenze di resa e di budget difficili da conciliare. Se da un lato l’immagine deve trasmettere una forte idea di qualità, gli investimenti, proprio in quanto tali, spesso tendono nella direzione opposta. Non è quindi un tema banale, dove l’abilità del progettista è messa
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Com’è b&bella la città
11-17. Theatrum Rooms: particolare di uno dei bagni, il disimpegno e l’ingresso dalla via, la corte distributiva centrale, camere e spazi di servizio (foto di Michele Mascalzoni).
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TEATRUM rooms Via Redentore Progetto architettonico IMarchitect arch. Andrea Bosio arch. Alessio Fasoli contributi ing. Andrea Romano Maistri (strutture), per.ind. Nicola Carli (impianti), Forciniti s.r.l. (impresa edile), Edisal Floor (forniture arredi) cronologia Progetto e realizzazione: 2019 tipologia Alloggi turistici: 11 Superficie: 500 mq circa
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alla prova anche su compiti come la massimizzazione degli spazi, la personalizzazione di arredi industriali o cucine low cost, la creazione di spazi comuni e la versatilità di utilizzo degli ambienti. Ovviamente oltre alla maggioranza di questi casi, ci sono anche interventi di fascia alta, la cui impronta è determinata dal gusto della clientela, spesso proveniente da paesi con economie emergenti. Anche se è più difficile trovare strutture di questo tipo in città, in quanto la gamma del luxury è appannaggio delle strutture alberghiere tradizionali. Diventa dunque interessante passare in rassegna alcuni casi significativi di interventi turistici nella città di Verona, tra i quali si riscontra una varietà di tipologie e di approcci all’architettura degli interni, derivanti dalla trasversalità della committenza e del target. Se infatti si trovano esempi di ristruttura-
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Com’è b&bella la città
18-24. Palazzo Brenzoni: l’edificio su via Duomo, l’androne al piano terra, spazi comuni e sala cinema, particolare di un bagno, camere e soggiorni negli alloggi (foto di Tiziano Cristofoli).
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Palazzo brenzoni Via Duomo Progetto architettonico Rocchipiubello architettura arch. Roberto Rocchi arch. Alice Piubello contributi ing. Loris Binosi (strutture), Intertec (impianti termoidraulici), Ivan Battistoni (impianti elettrici), Giuseppina Rossignoli (restauri) cronologia Progetto e realizzazione: 2014-2017 tipologia Alloggi turistici: 7 Servizi: sala cinema, sala wellness
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zioni di interi palazzi storici o casali rustici, rivolti ad un pubblico medio-alto, si trovano interessanti esempi anche per quanto riguarda appartamenti singoli o addirittura monolocali, reinventati con grande creatività. Partendo da quest’ultima categoria, il primo esempio che vale la pena citare su metrature molto ridotte è il progetto di un piccolo alloggio turistico dello studio Vicenzi Dalbon. Qui gli architetti, a fronte di un budget ridotto, hanno cercato di creare un interno dal forte impatto visivo. Infatti, va ricordato come queste strutture siano vagliate in primis sul web e il loro appeal debba basarsi anche su elementi che possano colpire a prima vista, come in questo caso il forte cromatismo della ceramica della cucina a vista e la fantasiosa trama della carta da parati. La resa finale è quella di un ambiente vivace e dal taglio molto giovane. A pochi passi da questo intervento, in piazza Erbe, si trova un esempio analogo, realizzato secondo il progetto dello studio Blocco 18. Questa volta la nota dominante è rappresentata dal trattamento delle pareti. Suddivise da una fascia di boiserie a
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25-29. Palazzo Fracastoro: la corte interna del palazzo, gli ambienti del soggiorno e della cucina, la caratterizzazione delle camere da letto (foto di Carolina Fanni).
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mezza altezza in legno verniciato, proseguono con una finitura a calce tono su tono. I colori sono il verde scuro e il grigio cemento, a caratterizzare i diversi ambienti. È molto interessante come questo approccio che oscilla tra il materico e l’industrial si sposi con le travature lignee originali del palazzo storico. Se questi ultimi due esempi sono principalmente caratterizzati da scelte di interior aggiornate al gusto recente, il Theatrum di IMarchitects rappresenta un tentativo di fondere la contemporaneità con la storia artistica dell’opera lirica veronese. L’insieme delle varie stanze riporta, attraverso ampi tendaggi teatrali e inserti iconografici a grande scala, lo spirito dei gloriosi allestimenti areniani. Il risultato è un ambiente immersivo e destinato a un preciso target. Dal taglio lirico, seppur solo attraverso il conferimento dei nomi ai vari appartamenti, è anche Palazzo Brenzoni, in zona Duomo, progettato dallo studio Rocchi Piubello. Qui sono stati introdotti elementi di arredo e accessori dal design moderno, oggetti iconici posti in dialogo per contrasto con la
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Palazzo fracastoro Via Pallone Progetto architettonico Rubinelli Studio ing. Gaetano Rubinelli, arch. Olimpia Rubinelli contributi Anna Richelli (tessuti e tappezzerie), Paolo Zanetti (falegnameria), Franco Ceoletta (mobili in ferro), Tecnobitre (rivestimenti in resina cementizia) cronologia Progetto e realizzazione: 2017 tipologia Locazione turistica Alloggio bilocale: 1 Camere private: 3 28
matrice storica del palazzo ristrutturato. La chiave di lettura dei questo approccio si potrebbe individuare in un’esaltazione del Made in Italy e della continuità storica tra passato e presente. Questo intervento, tra l’altro, rappresenta la categoria degli investimenti maggiori, quelli in cui la riconversione a destinazione turistica riguarda l’intero palazzo, completamente restaurato per l’occasione. Dal forte impatto è la scelta dell’illuminazione della facciata esterna, che conferisce al palazzo un richiamo archeologico. Un altro esempio di questa tipologia riguarda parte di Palazzo Fracastoro, a pochi passi dall’Arena. L’aspetto domestico degli ambienti interni deriva dal fatto che la dimora è stata arredata con pezzi appartenenti alla famiglia, elementi di recupero e arredi su misura disegnati dallo studio. L’intervento di restauro, diretto da Rubinelli Studio, è stato mirato al mantenimento dell’impianto originario di questo antico palazzo nobiliare, adattandolo alle nuove esigenze del taglio turistico. L’ampia corte interna, in cui affacciano le stanze e i ballatoi, è ricca di vegetazione e di dettagli storici, come la
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30-35. Ca’ Toresele: l’edificio immerso nel verde della collina, la sala da pranzo, le diverse caratterizzazioni cromatiche degli alloggi (foto di Carlo Ambrosi).
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ca’ toresele Viale dei Colli Progetto architettonico arch. Matteo Azzolini contributi Verona Restauri di Salvatore Tirotta (lavori edili), Tommasi Andrea (imp. idraulici), D’Iseppi Stefano (imp. elettrici), Falco Juri (cartongessi), Felis Andrea (pitture), Elite Decor (arredi su misura), Cecchetto forniture alberghiere (arredi esterni), Formediluce (illuminazione) cronologia Progetto e realizzazione: 2019 tipologia Alloggi turistici: 6 34
vera da pozzo di epoca veneziana. In questo senso, Palazzo Fracastoro, rappresenta un’autentica esperienza all’interno di una dimora del centro storico veronese. Dal carattere fortemente locale è anche l’impostazione del complesso di Ca’ Toresele progettato dall’architetto Matteo Azzolini, dove una struttura immersa nel verde della prima collina veronese propone un’offerta gastronomica a chilometro zero e degli alloggi dal carattere contemporaneo. Il contesto semi-rurale della struttura esistente accoglie innesti architettonici e di arredo dalla forte personalità, in cui a dominare sono le scelte del legno naturale e dei colori impostati sui toni del verde, a richiamare la natura che circonda il relais. Un altro esempio dall’approccio molto decorativo si trova in riva all’Adige, dove gli architetti Stefania Beltrame e Sandra Gelmetti, hanno ridisegnato un piccolissimo appartamento alle Regaste San Zeno. Dopo un’attenta progettazione degli spazi, suddivisi all’interno di un open space attraverso partizioni non convenzionali, la scelta stilistica è stata indirizzata sulla cura dei dettagli e la preziosità dei ma-
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36-41. Regaste San Zeno: la vista sul fiume, l’accesso dal vano scala del palazzo, particolare di una camera con il separé tessile, l’area living.
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regaste zan zeno Regaste San Zeno 23 Progetto architettonico Beltrame Gelmetti architetti associati arch. Stefania Beltrame contributi BTicino (impianto domotico), Barbara Fantoni - Formediluce (illuminazione) cronologia Progetto e realizzazione: 2016
tipologia Appartamento turistico per due ospiti
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teriali, rendendo omaggio alle atmosfere dell’Italia anni Cinquanta e Sessanta. Da tutti questi esempi, solo alcuni tra i tantissimi nel centro cittadino e nel territorio veronese, si può ricostruire un mosaico di modi diversi per interpretare il tema dell’ospitalità. Nella loro eterogeneità questi casi studio sono significativi per capire le tendenze di quella che ormai è una fetta importante del mercato immobiliare del centro storico, e di conseguenza del lavoro progettuale degli architetti. Un tempo la professione, a partire dalla didattica e dalla ricerca, era incentrata sull’abitare inteso principalmente nella sua dimensione sociale: da cui le residenze collettive, le cellule abitative e il razionalista existenzminimum. I tempi sono cambiati e di conseguenza anche i bisogni; ma in fondo, la più importante industria di un secolo che è già stato definito “età del turismo” (Marco D’Eramo) non è che l’evoluzione di un fenomeno che nasce nel pieno della modernità. Anche a disegnar camere e bagni per una notte o poco più, e pur con tutte le concessioni al décor che si vogliano, si perpetua la tradizione moderna dell’architetto.
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PROGETTO
Accoglienza per tutti La riconversione a uso ricettivo di un edificio posto tra Porta Palio e la stazione ferroviaria propone una declinazione dell’ospitalità in termini inclusivi e di responsabilità sociale
Progetto: arch. Anna Braioni Testo: Nicola Tommasini
Verona
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Alcuni interventi hanno il pregio di essere talmente legati, nel modo in cui sono stati pensati e realizzati, al carattere dell’edificio e alla funzione che esso ospita tanto da costituire un risultato in cui coerenza e onestà architettonica sono estremamente chiari. È il caso dell’intervento di riqualificazione su cui Anna Braioni e collaboratori hanno lavorato: una ex-clinica riconvertita in un ostello dalle caratteristiche particolari e innovative, casa della cooperativa sociale L’officina dell’A IAS. Lo Stravagante Hostel è infatti un ostello, tra i primi in Europa, in cui sono coinvolti, in diversi aspetti della gestione, persone con varie disabilità psico-fisiche, DSA e autismo. L’aspetto più interessante del progetto è proprio quello di aver sovrapposto e fatto coincidere l’atteggiamento progettuale dell’intervento alla natura stessa dell’istituzione che ospita: l’ostello oggi è un edificio schietto e onesto, in cui i caratteri di un’accoglienza e una condivisione semplice propri
su un pubblico giovane e nomade, anche per la vicinanza con la stazione ferroviaria. L’edificio si sviluppa su cinque piani per 800 mq complessivi, sfruttando tra la via Dalla Bona e il giardino sul retro il dislivello naturale per garantire aria e luce agli spazi interrati sul retro. Se originariamente la facciata sul fronte urbano di via Dalla Bona era quanto meno caratterizzata da un portico centrale che ne segnalava l’ingresso, il prospetto sul retro presentava invece tutte le caratteristiche di un’edilizia piuttosto comune e anonima. L’unico elemento interessante è il fronte sud, dove la scala interna è segnalata da una facciata in vetro che svuota l’angolo della scatola e poi parzialmente avvolta da un guscio di cemento armato a vista.
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01. Il camouflage dell’edificio preesistente con le lamiere forate in corten. 02. Inquadramento urbano con identificazione dell’edificio. 03. Sezione longitudinale. 04. Il fronte principale su via Dalla Bona.
« La scelta del corten entra in assonanza cromatica sia con il verde pensile in copertura a cascata sopra la gronda sia con i bei tigli del viale » 03
dell’AIAS ne vengono amplificati dai segni architettonici di un progetto al tempo stesso senza fronzoli e dotato di leggerezza d ironia. L’edificio è posto nei pressi di Porta Palio, tra la circonvallazione esterna e il canale Camuzzoni. L’isolato è in verità piuttosto eterogeneo (composto per lo più da palazzine e edifici di varia natura circondati dal verde privato) e curiosamente “multifunzionale” in quanto conta villini, condomini, laboratori artigianali, negozi e fino alla massiccia presenza del recente Ark Hotel che chiude la punta dell’isolato verso sud. Negli ultimi anni alcuni di questi edifici si stanno convertendo a un utilizzo ricettivo o para ricettivo (vedi, sul tema, il contributo che segue di Anna Braioni) e di cui l’ostello ne è l’esempio principale: una ex-clinica dentistica che per l’assetto e le generose dimensioni si prestava bene al riutilizzo come struttura per l’accoglienza mirata
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Accoglienza per tutti
PROGETTO 05. Piante dei due livelli interrati e dei tre fuori terra. 06-07. Vedute di due camere. 08. La parete in calcestruzzo a vista del corpo scale nobilitata dal graffito tridimensionale dello streetartist Peeta.
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Il progetto non stravolge la struttura, ma si gioca su pochi innesti precisi e puntuali e sull’utilizzo del cor-ten come materiale per caratterizzarli e segnalarli. Alla struttura porticata dell’ingresso viene aggiunto un livello superiore e carterizzata con una lamiera di corten traforata. Lo sporto di gronda esistente, esile e in calcestruzzo, viene profondamente alzato nello spessore per tutto lo sviluppo dell’edificio (in maniera da annullare visivamente due piccole strutture ad abbaino esistenti, sopra l’ingresso e i balconi sul retro) e anch’esso carterizzato con la stessa lamiera traforata. La scelta del corten, per segnalare il nuovo con un colore emergente e innovativo anche nella scena urbana della via, ha anche il pregio di entrare in assonanza cromatica con la vetrata verde scuro dell’angolo a sud e soprattutto con il verde di progetto: sia il verde pensile in copertura, a cascata sopra la gronda, e sia i bei tigli del viale, che costituiscono il fondale su cui si affacciano le aperture delle camere a est. Internamente gli spazi sono stati ristudiati ricavando la reception e gli spazi per la gestione amministrativa, tredici camere di varie dimensioni, uno spazio destinato a servizi per gli utenti della vicina area camper. Il taglio e il linguaggio delle camere – di tipo alberghiero, escludendo le grandi camerate tipiche degli ostelli – trova in una semplicità diretta e schietta il suo valore.
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committente L’Officina dell’Aias Coop. sociale responsabile unico del procedimento Claudio Cerpelloni Progetto architettonico arch. Anna Braioni con arch. Michele Candiani, arch. Tomàs Bonazzo, arch. Loredana Girelli, arch. Barbara Pineda consulenti ing. Marco Montresor (strutture) ing. Fabio Giacopuzzi (impianti) ing. Luca Cavallini (sicurezza) realizzazione Impresa Edile Bazzoni Eros 09
L’edificio accoglie poi alcuni murales, interni ed esterni, del collettivo artistico RAME, con gli artisti Koes, Luca Font, Peeta e Lucamaleonte. Particolarmente riusciti il murales sul fronte sud – capace di stravolgere visivamente la connessione tra la parete in cemento armato e il fronte sul retro, ironizzandone il disegno anonimo attraverso un pattern irregolare e tridimensionale – e quello sulla scala principale, in cui una scena tropicale colora di straniamento lo spazio interno. Lo spazio esterno sul retro è aperto sia agli ospiti dell’ostello che agli utenti della piccola osteria ricavata al piano interrato, aperta su un piccolo spazio ipogeo accessibile direttamente dal giardino. Lo spazio verde, anche qui estremamente semplice e coerente nel disegno complessivo, trova il suo fondale visivo su un lungo murale sul muro a est. Gli interni dell’osteria giocano su materiali poveri (pannelli in legno di recupero, pilatro in ferro a vista) e impianti a vista che esaltano il carattere semplice di un’ospitalità i cui proventi andranno a sostenere le iniziative assistenziali della cooperativa: una sfida che ha coinvolto progettisti e committenza.
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cronologia Progetto: 2016-2017 Realizzazione: 2017-2018
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09. Il fronte posteriore affacciato sul giardino. 10. Particolari del rivestimento in lastre di corten con il disegno fitomorfico dei tagli.
11. Scorcio sulla hall con un particolare dell’opera dello street artist Lucamaleonte sulla parete interna del corpo scale.
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PROGETTO
Sul diritto-dovere alla cultura nella città storica
La degenerazione dei centri storici a opera del turismo e la prospettiva di un generale ripensamento delle politiche urbane di lungo termine per una maggiore consapevolezza del passato Testo: Anna Braioni
Oggi il dibattito sulla città è altrettanto dirompente di quello sull’ambiente, sul consumo di suolo e sulla cultura creativa per nuove attività lavorative, superando la contrapposizione tra conoscenza pratica e pensiero investigativo. Questi tre argomenti potrebbero essere pensati o come temi contrapposti o, nell’ipotesi più inclusiva, con deboli “legami”. Lo sforzo è andare oltre una visione separata! Che non significa mettere assieme tutto in una mescolanza di discipline, di argomentazioni, ma trovare, per avvicinamenti successivi, qual è il filo conduttore dell’enorme apparato conoscitivo sotteso e rendere sempre più evidenti quali sono le relazioni, le interdipendenze, i legami che producono o che potranno produrre ben-essere collettivo. Come mettere assieme la consapevolezza che lo spazio biologico e il suo interconnesso evolversi ne determina il protrarsi storico? Solo nuovi metodi investigativi determinati dalla continua sperimentazione, in campo non solo tecnologico, possono garantire ricerche efficaci in tal senso. è un lavoro immane, ma non è possibile fare altrimenti, pena la perdita dell’obiettivo finale e cioè assicurare un futuro alle generazioni che verranno. E questo lavoro immane progredisce se le diverse organizzazioni del pensiero, pur mantenendo la propria specificità, iniziano a dialogare anche su un tema comune e grandioso: la città come luogo di relazione e sintesi. «Città diverse si succedono sopra lo stesso suolo e sotto lo stesso nome… anche i nomi degli abitanti restano uguali… ma gli dèi che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi
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se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei» (Italo Calvino, Le città invisibili, 1972). Fu Antonio Cederna a capire tra i primi che la città antica è un complesso unitario, non un assortimento di edilizia minore e di architetture più o meno importanti. Nell’introduzione a I vandali in casa, del 1956: «Il carattere principale di questi antichi centri di città non sta nei “monumenti principali”, ma nel complesso contesto stradale ed edilizio, nell’articolazione organica di strade, case, piazze, giardini, nella successione compatta di stili e gusti diversi, nella continuità dell’architettura “minore”, che di ogni nucleo antico di città costituisce il tono, il tessuto necessario, l’elemento connettivo, in una parola l’“ambiente” vitale. Questi antichi centri urbani sono un patrimonio incalcolabile, perché la storia vi si è sedimentata e stratificata, accordando la diversità in unità viva e tangibile, tanto più ammirevole quanto più varie, composite e diffuse sono le sue testimonianze. Un patrimonio d’arte e di storia colmo e compiuto nel suo ciclo, necessario a noi oggi proprio perché irripetibili e insostituibili sono i valori che l’hanno determinato». Oggi, paradossalmente, la degenerazione dei centri storici a opera del turismo si trasforma in fattore di valorizzazione delle periferie. Uno scenario straniante, che ci costringe a un generale ripensamento, ma che, comunque, dà forza alla necessità di restituire il centro alla vita ordinaria delle città. Il turismo si configura come la «maggiore industria pesante» del nostro tempo. Si tratta, nelle città d’arte, di una monocultura che consuma, incapace di riprodurlo, il patrimonio culturale da cui dipende vitalmente. Ogni piano urbanistico si concretizza in soluzioni
architettoniche, dislocazione di gruppi di abitanti e attività economiche, regole di governo, che riflettono una determinata idea di città, contribuendo alla sua costruzione. In tutto il mondo le città sono equiparate a giacimenti di risorse da porre sul mercato a disposizione degli investitori, per essere sfruttate e gestite come una società per azioni; ma tale visione si concretizza in modi diversi a seconda del tipo di risorsa da estrarre. Ne deriva una sorta di divisione internazionale del lavoro fra le città, che assegna a quelle italiane il ruolo di cultural entertainment machine, parchi divertimenti a tema culturale da dare in concessione alle multinazionali del tempo libero. Qualcuno suggerisce per uscire dalla crisi un “Resort Italia: il villaggio turistico del mondo”, ammonendo nel contempo che bisogna innanzitutto «liberarsi della retorica del bene comune e della maledizione dei coccetti, a causa della quale il solito reperto che spunta fuori dagli scavi… blocca un cantiere per anni». D’altra parte allo Stato è attribuita la competenza esclusiva della tutela del bene culturale d’insieme; alle Regioni rimane la legislazione urbanistica attuativa nel rispetto dei principi fondamentali definiti dalla legge statale in coerenza con l’obiettivo della tutela. Ciò porta molto di frequente alla “prevenzione del giorno dopo” cioè un ossimoro incredibile che continua a manifestarsi per non riuscire a inserire le politiche di tutela in quelle previsionali di valorizzazione che dovrebbero essere dell’urbanistica. Molti decisori politici incardinano le azioni di governo della città di fatto in funzione del valore delle quote azionarie (beni immobili, attività economiche, grandi eventi) che si possiedono o si gestiscono,
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ed è quindi slegato dal mero fatto di vivere in un luogo. Ne deriva che il compito del sindaco non è di tutelare il bene della comunità che rappresenta, ma di agire come amministratore delegato di una qualsiasi multinazionale, la cui “missione” è di far si che la vendita del prodotto, cioè la stessa città, produca sempre maggiori utili e dividendi. I cittadini, in quanto tali, non hanno nessun diritto sulla città. In questa logica la gentrification viene presentata come un’evoluzione naturale e benefica verso un uso più redditizio del patrimonio comune, mentre tutto quello che può ostacolarla viene bollato come dannoso per lo sviluppo e il “rilancio” della città. La “deportazione di massa” degli abitanti e la loro sostituzione con “cosmopoliti nomadi” è un progetto politico non solo per Verona a cui si richiede un «piano di gestione del sito» (UNESCO) e non un piano per la città. Nella città storica non c’era periferia che ha incominciato a formarsi con i primi sventramenti. Fu l’inizio della gentrification e contestualmente della periferia. Rimane tuttavia città, fino a quando si continua ad abitare e i turisti sono in grado di comprendere non solo i monumenti ma anche le attività che nella secolare storia della città si svolgono, ne mantengono l’identità permettendo quelle alterazioni che continuamente si producono nel corpo sociale attraverso il flusso delle generazioni e che fanno posto ai necessari contatti, agli scambi con lo straniero del quale nessuna città può fare a meno. «La propria identità non può né concepirsi né definirsi se non in rapporto all’altro. Alla molteplicità degli altri. Se l’identico resta chiuso in se stesso, non c’è pensiero possibile. E quindi neppure civiltà possibile. Lo scambio libera forze rigeneratrici e ci rende più responsabili» (J. P. Vernant, Senza frontiere: memoria, mito e politica, 2005). La perdita, nel sentire di tutti, del cosiddetto “bene comune”, coincide con la fine della presenza e convivenza delle persone, la fine dell’essere “città”. L’attuale, cimiteriale, politica della “valorizzazione” è identica agli sventramenti prebellici. Il suolo (territorio/ambiente) è un bene comune, come la città storica. Una città che non spreca migliaia e migliaia di alloggi vuoti e invenduti. Una città lungimirante tesa a definire luoghi e funzioni legando strettamente accoglienza, residenza, for-
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mazione, incontro, conoscenza, assistenza, salute ed altro ancora. La migliore salvaguardia dei centri storici è costituita dai cittadini che li abitano. Dovrebbe perciò rafforzarsi l’idea di non limitarsi a definire la tutela, ma di renderla concretamente attuabile riportando le residenze e le attività connesse possibili nei tessuti storici, con piani per l’edilizia pubblica da realizzare con diversi strumenti. Solo se la città rielabora la sua storia con nuove conquiste civili può definirsi a pieno titolo città storica. Turismo e gentrification, imponendo le loro regole, riducono la biodiversità economica e rafforzano l’insieme di usi distorti in linea con tutte le “monoeconomie”. Invece la tutela dei tessuti storici, oltre al significato culturale, sarebbe in grado di compensare la rendita differenziale con effetti positivi di allocazione delle risorse nelle altre parti di città. Se si vuole davvero la tanto celebrata “rigenerazione delle periferie” bisogna salvaguardare la “vita” dei centri urbani. Il centro storico, molto spesso investito dalla banalizzazione dei luoghi, dalla perdita di funzioni specifiche (in primis quella residenziale), subisce l’esplosione della domanda turistica, in assenza di una politica pubblica di distribuzione dei flussi, accentua l’uso monofunzionale degli spazi a esclusivo vantaggio dei soggetti economici che utilizzano la rendita di immagine delle città. Gruppi economici molto più forti delle amministrazioni pubbliche, già da tempo impoverite di capacità progettuali, guidano una governance priva di visioni a lungo termine e legate solo alla rendita. Ed è difficile prendere decisioni su un progetto proposto da un soggetto privato se non si dispone di una concezione dell’interesse pubblico di lungo termine della città e del suo centro storico. Il Codice dei beni culturali con la revisione del 2008 «include i centri e i nuclei storici» nelle cosiddette “bellezze di insieme” della 1497/1939: «i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale”. La previsione del Codice nella lettera g) dell’articolo 10 comprende tra i beni culturali, una nuova tipologia, «le pubbliche piazze, vie, strade ed altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico», rafforzandone il valore, in quanto strutture portanti nella morfologia della città storica. E il Diritto alla città (H.
anna braioni Laureata allo IUAV nel 1969, ha sviluppato attività professionale in campo architettonico, urbanistico, ambientale e paesaggistico con un’ottica interdisciplinare. Ha curato ricerche, piani di riqualificazione di ambiti territoriali ripari e progetti di parchi fluviali per vari enti pubblici e privati; tra questi, lo studio sugli aspetti del paesaggio all’interno del Piano degli Interventi vigente del Comune di Verona (2011). Continua a perseguire in maniera instancabile il recupero del Lazzaretto.
Lefebvre) diventa oggi Il diritto alla città storica. Uno dei frutti più perversi della gentrification delle città storiche è proprio la separazione fra classi subalterne e storia: senza dimensione storica si va all’unica dimensione del presente che, insieme al passato, ingoia anche il futuro; una condanna a un presente che non ha consapevolezza del proprio passato. Dunque, parlare di un diritto alla città storica significa parlare di un diritto alla storia, un diritto alla consapevolezza di sé. Seguendo il metodo dell’archeologia nel comprendere la forma, la funzione e l’ubicazione (luogo) delle diverse stratificazioni, si conosce la città storica inserita nel proprio territorio/ambiente da cui è dipesa per la sua origine, le sue fasi di sviluppo e di decadenza. Quindi si tratta di lavorare tra storia e memoria: scoprire la vita quotidiana della città. Icaro vede la città dall’alto, ma la cera si sfalda, si scioglie e cade, quindi non riesce a viverla. Dentro la città nel labirinto dei percorsi, invece il padre Dedalo conosce e vive la città.
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STORIA & PROGETTO
Dallo stallo alle 5 stelle
Il ruolo degli alberghi nel tessuto urbano di Verona tra memorie di antichi fasti verso lo sviluppo e il declino del tipo edilizio
Testo: Federica Guerra Foto: Lorenzo Linthout
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Effie e John Ruskin arrivano a Verona i primi di novembre del 1849. Stanno dirigendosi a Venezia dove John è intento alla compilazione di The stone of Venice, ma la tappa veronese rappresenta una sosta obbligata che porterà l’illustre personaggio a visitare Verona ben quindici volte tra il 1835 e il 1888. Come ogni volta, i Ruskin scendono all’Hotel Due Torri e nelle parole di Effie abbiamo per la prima volta un feedback sulla nascente ospitalità veronese: scrive alla madre che le finestre dell’hotel si aprono sull’arca di Castelbarco, e in questo soddisfano pienamente le esigenze di John, ma i pavimenti in marmo della camera sono terribilmente freddi e lei è costretta a danzare per riscaldarsi. I coniugi Ruskin sono interpreti autorevoli della figura del nuovo viaggiatore ottocentesco, una categoria culturale che in parte discende dal grandtourista del secolo precedente ma che ne modifica sostanzialmente gli interessi e soprattutto, per quanto ci interessa, le esigenze. Nel Settecento il viaggiatore che arrivava in Italia, e sostava obbligatoriamente a Verona, era un giovane aristocratico inglese (solo più tardi francese o tedesco) mosso da un approccio scientista alla cultura classica e mediterranea, che compiva sostanzialmente un viaggio di formazione basato su una fitta rete di referenti locali, di lettere di presentazione all’aristocrazia autoctona e di ospitalità concordata presso i palazzi nobiliari, sedi spesso delle collezioni artistiche che il giovane rampollo si apprestava a studiare. Nell’Ottocento si assiste a una evoluzione della figura del viaggiatore, che anche nel lessico si trasforma da tourist a traveller: il viaggio diviene occasione di uno sguardo su natura e cultura tipicamente romantico, uno studio delle bellezze storico-artistiche e naturali più ludico, che talora si rifà alle categorie del curioso e del pittoresco, ma soprattutto il viaggiatore è un uomo di estrazione borghese, proprio come Ruskin, che non ha rapporti con la società locale e che pertanto necessita di una serie di servizi inediti, primo fra tutti l’ospitalità alberghiera.
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01. La facciata dell’hotel Due Torri in piazza Sant’Anastasia oggi. 02. Disegno di Marcello Zamarchi per il riallestimento della hall dell’hotel Due Torri (anni Sessanta). 03. Il palazzo in cui era insediato l’hotel La Torre in Corso Sant’Anastasia, oggi sede degli uffici della Provincia. 04. Estratto da Itinerario italiano in cui vengono indicati, per la sosta a Verona, l’hotel Due Torri e l’hotel La Torre.
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STORIA & PROGETTO
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05. L’hotel San Lorenzo in un’immagine pubblicitaria di fine Ottocento: è visibile il portico d’ingresso sul lungadige, tutt’oggi esistente. 06-07. Vedute attuali dell’isolato in cui sorgeva l’hotel San Lorenzo, da corso Corso Cavour e dal lungadige Riva San Lorenzo. 08. L’hotel San Lorenzo (qui denominato Riva San Lorenzo) in una fantasiosa cartolina pubblicitaria degli anni Quaranta.
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Questa trasformazione darà impulso anche all’imprenditoria editoriale con l’uscita dei primi volumi ricchi di itinerari completi di indicazioni pratiche per visitare paesi e città. All’inizio del secolo troviamo Verona citata nella prima guida di questo tipo, Travels on the Continent1, dove si raccomandano i primi due alberghi degni di un traveller, l’Hotel Due Torri e l’Hotel La Torre, gli stessi citati anche nella precedente prima guida in italiano, Itinerario Italiano2 . L’Hotel Due Torri è un palazzo di origine trecentesca situato in Piazza Sant’Anastasia che, passato di mano in mano alle ricche famiglie veronesi, viene trasformato già dal Seicento in locanda con fortuna crescente fino a quando, passato alla famiglia Arvedi, viene trasformato nell’Ottocento in Grand Hotel. Sarà teatro di importanti eventi storici 3, e negli anni Cinquanta la famiglia Wallner, diventata proprietaria nel 1909, avvia una ristrutturazione importante per la quale chiede una consulenza anche a Carlo Scarpa; il progetto realizzato dall’ingegnere Alessandro Polo in collaborazione con l’architetto Marcello Zamarchi e l’artista Pino Casarini è raffinato, adeguato ai tempi e alle mode del décor contemporaneo4. 08
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L’Hotel La Torre invece, affacciato su Corso Santa Anastasia, viene annoverato nella citata guida di Mrs Starke non tra gli hotels ma tra le locande (inns), dimostrando di non poter ancora offrire servizi di livello adatti all’esigente pubblico inglese. Situato in uno storico palazzo che ospitava una locanda già dall’epoca scaligera, sarà comunque uno degli hotel più in voga e il primo a godere della luce elettrica già dal 1902. Cambierà più volte nome (Hotel Torre di Londra, Hotel Grand de Londres Royal) fino a un radicale rinnovamento del 1927 che lo renderà, secondo le cronache dell’epoca, il più lussuoso degli alberghi cittadini. Chiuso nel 1936, durante il periodo fascista divenne sede del Palazzo del Governo (Prefettura), e nel dopoguerra non riaprirà più i battenti. A partire da metà Ottocento si amplia la platea dei viaggiatori da diporto, che non sono più solo giovani della ricca borghesia nordeuropea ma anche uomini di governo, professionisti, commercianti, intellettuali e rentiers. Il numero sempre maggiore di viaggiatori è effetto anche dello sviluppo della ferrovia. A Verona, la prima stazione di Porta Vescovo viene inaugurata nel 1847 e la successiva di Porta Nuova nel 1852: è evidente come la caratteristica di nodo ferroviario porterà a Verona frotte di turisti da tutta Europa. È così che, per Verona, dai primi due alberghi citati nelle guide di primo Ottocento, si passa ai nove consigliati nella guida Baedeker del 1870. Salgono cosi agli onori della cronaca alcuni hotel di cui rimangono ancora oggi alcune tracce leggibili all’interno del tessuto urbano. Tra questi, per esempio, il Gran Czara di Moscova nell’attuale via Oberdan 5 di fronte al cinema Astra, che, pur in gran voga quando realizzato, non sopravviverà alla svolta del secolo e verrà sostituito nel dopoguerra da un edificio residenziale con una galleria commerciale tra via Oberdan e via Cantore. Altro imponente esempio è quello dell’Hotel San Lorenzo, che occupava l’intero isolato compreso tra Corso Cavour, Riva San Lorenzo e vicolo Calcina, con camere con
09. Il Palazzo Barzisa-Bon in Corso Portoni Borsari, sede dal 1820 al 1890 del prestigioso hotel Gran Parigi. 10. L’hotel Colomba d’Oro in via Cattaneo in un’immagine degli anni Venti. 11. La corte interna dell’hotel Aquila Nera che verrà completamente demolito a seguito dei danni bellici e sostituito con il complesso di edifici di galleria Pellicciai.
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vista sul fiume e ingresso sia dal Corso sia dal Lungadige, dove è ancora oggi visibile il portico che introduceva alla hall di ingresso; in attività almeno dal 1870, rinnovato negli anni Trenta, verrà ridotto alla sola porzione lungo Corso Cavour nel 1963 con un progetto a firma di Mario Gottardi, architetto milanese che ritroveremo coinvolto a Verona in diversi progetti alberghieri 5, e poi negli anni Settanta definitivamente chiuso. E ancora, il Gran Parigi in Corso Portoni Borsari, insediatosi già a partire dal 1820 nel Palazzo Barzisa-Bon, rimasto in attività solo fino al 1890; dal 1929 l’immobile passa in proprietà del Comune di Verona che vi
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12. L’hotel Gabbia d’Oro in un’immagine pubblicitaria degli anni Trenta, in una prospettiva “accattivante” tra la torre del Gardello, il Palazzo Maffei e una piazza Erbe ancora piena di frutta, verdura e fiori. 13. L’ipotesi poi attuata, tra le varie soluzioni proposte da Ettore Fagiuoli, per il completamento postbellico del prospetto dell’hotel Accademia. 14. Il salone dell’hotel Accademia nel 1935 durante un pranzo degli Artiglieri. 13
insedierà per lungo tempo l’AGEC. Ma tra gli esempi più rinomati e ancora oggi esistenti è l’Hotel Colomba d’Oro in via Cattaneo, che sorge sui resti dell’antico Convento di San Donato alla Colomba confiscato da Napoleone; adibito ad albergo con un progetto di ristrutturazione del 1837 firmato dall’ingegner Francesco Guglielmi, verrà rinnovato completamente nel 1929 e sarà l’albergo più lussuoso della città, dove alloggeranno da Matilde Serao al soprano Toti del Monte, da Goebbels a Sartre. Di pari lignaggio e tutt’oggi in attività l’Hotel Gabbia d’Oro in Corso Portoni Borsari, situato dai primi del Novecento in un palazzo del XVII secolo, che viene ricordato per aver ospitato durante la seconda guerra mondiale alti ranghi delle SS. Da fine Ottocento entra nel novero degli hotel del centro storico anche l’Aquila Nera di via IV Spade, “with rooms overlooking a silent courtyard”6, e già dal 1909 “dotato di caloriferi, luce elettrica e bagni” 7. Annoverato tra gli hotel less expensive, sarà rimodernato prima della guerra e rimarrà in funzione fino agli anni Quaranta. Saranno proprio le sue courtyards ad aprire un acceso dibattito tra gli urbanisti veronesi dopo che l’isolato verrà bombardato
durante le incursioni del 4 gennaio 1945: nel Piano di Ricostruzione, Plinio Marconi prevederà la prosecuzione di via Pellicciai proprio attraverso la sequenza di quei cortili aperti nei vecchi isolati, adottando un tipico intervento di diradamento giovannoniano, con la creazione degli edifici di Galleria Pellicciai, poi realizzati su progetto dell’architetto Carlo Vanzetti: un disegno complessivo di riordino viario che sacrificherà per sempre il vecchio hotel. Lo stesso bombardamento portò gravi danni anche all’Hotel Accademia tra via Mazzini e via Scala, aperto fin da fine Ottocento nel Palazzo Sambonifacio Tedeschi. L’intervento di recupero postbellico commissionato a Ettore Fagiuoli prevederà, oltre al restauro di tutto l’immobile, la ricostruzione del balconcino quattrocentesco ad angolo e il completamento della porzione settecentesca originariamente disegnata da Adriano Cristofoli. A fronte di diverse soluzioni presentate dal Fagiuoli per la sopraelevazione in stile del monumentale portone, la Soprintendenza sceglierà la soluzione oggi visibile, non senza il disappunto di chi trovava inappropriato un completamento “in stile” in assenza di disegni originali. Alla svolta del secolo sono ormai
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15-16. L’hotel Touring in una veduta attuale dopo i recenti restauri e subito dopo l’apertura nel 1928. 17. L’hotel Milano in una pagina pubblicitaria della guida Appollonio, 1914. 18. L’immobile appositamente realizzato per l’hotel Milano, oggi riconvertito a residenza e pubblico esercizio.
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numerosissimi gli hotel che sono stati via via aperti nel centro storico di Verona, a testimonianza di un turismo sempre più interessato non solo alle attrattive monumentali della città, ma anche agli eventi che stanno affermandosi come appuntamenti internazionali: a partire dalla stagione lirica, inaugurata nel 1913 e che diventerà un evento mondano oltre che artistico, poi con la crescita dell’antica Fiera Agricola, la presenza dell’Ospedale re-inaugurato dopo la guerra nel 1920, l’apertura nel 1922 dell’Ippodromo in Borgo Roma, l’unico del Veneto e uno dei più ampi d’Italia. Questa progressiva apertura della città porterà alla realizzazione, per la prima volta, di edifici costruiti ad hoc per la funzione ricettiva. Il primo albergo realizzato ex novo, inaugurato nel 1912, è l’Hotel Milano in via Cattaneo, “con comodo ascensore mosso da forza elettrica, riscaldamento a vapore, bagni a tutti i piani, e telefono nelle camere”8 , un vero prodigio della modernità! Verrà restaurato nel 1955 su progetto di Mario Gottardi, che interverrà ancora negli interni nel 1962, non preservandolo dalla chiusura definitiva negli anni Settanta. Seguirà l’Hotel Touring realizzato nel 1928, riaperto dopo i restauri
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postbellici e rimasto in attività fino al 2001, poi chiuso fino alla recentissima ristrutturazione con un progetto dell’architetto Silvano Lonardi. Ma i nuovi hotel si concentrano a partire dagli anni Venti in particolare lungo Corso Porta Nuova, facendone il lussuoso viale di accesso al centro: ecco il Firenze, al Vapore, Commercio, Italia, Agli Angeli. Su tutti spicca la vicenda del Grand Hotel: l’edificio costruito nel 1920 per la famiglia Reichenbach viene ceduto dopo la guerra, anche a causa dei danni subiti, e convertito nel 1946 in hotel con un progetto 18
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19. Un disegno di Mario Gottardi per l’atrio del Grand Hotel di Corso Porta Nuova, 1947. 20. L’hotel San Pietro in via Santa Teresa (arch. G. Trojani), il primo albergo fuori dal centro storico, in una cartolina pubblicitaria degli anni Sessanta. 21. Il motel Agip di San Michele, uno dei modelli “Motel59” messi a punto dagli uffici tecnici Agip e riproposti in diverse località italiane. 19
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di Mario Gottardi. Il progetto è pubblicato su «Domus» per la particolarità delle soluzioni adottate e il rigore con cui il progettista si occupa non solo della distribuzione degli spazi, ma anche dei materiali, degli arredi, dell’illuminazione e delle decorazioni tessili 9. Ancora negli anni Novanta l’hotel è ampliato con una nuova ala sul retro, su progetto di Otto Tognetti. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale interromperà, ovviamente, tutti i flussi turistici e gli hotel verranno temporaneamente chiusi o convertiti a scopi bellici, come sedi di organi di gestione delle attività militari. Persino i ristoranti diventeranno “mense collettive di
guerra”, configurando una città chiusa e in grave difficoltà. Ma la ripresa sarà rapida e, anche se resteranno visibili le ferite dei bombardamenti, Verona si riprenderà presto, riassumendo il ruolo di città turistica: basti pensare che già ad agosto del 1946 riprenderà la stagione lirica, mentre nel 1950 nasce l’Ente Provinciale del Turismo (EPT) con sede nella Casa di Giulietta, e nel luglio del 1953 è aperto in Piazza Cittadella il Garage Touring per gestire i flussi di traffico della stagione estiva. Il secondo dopoguerra vede l’inizio di un fenomeno nuovo per Verona, e cioè il decentramento periferico della funzione alberghiera, con la nascita di alcuni alberghi nella prima cintura suburbana, favorito dalla vicinanza ad alcuni poli di interesse come la Fiera, dall’intensificazione del traffico automobilistico con la conseguente difficoltà di parcheggio in centro storico, e dalla vicinanza alle direttrici di collegamento con il Lago di Garda. Nasce per primo già negli anni Sessanta l’Hotel San Pietro in via Santa Teresa su progetto di Guido Trojani, seguito dal Motel Agip di San Michele, sulla direttrice VeronaVicenza, cui seguiranno negli anni Ottanta e Novanta l’Hotel Leopardi di Corso Milano (progetto di Rosario Firullo) e l’Hotel San Marco in via Longhena, in prossimità dello stadio e a pochi passi dal quartiere di San Zeno, sorto in un edificio Liberty ma ampliato a partire dal 1985 con un progetto dell’architetto Carlo Carli. Particolarmente interessante la vicenda che vede la nascita alla fine degli anni Ottanta dell’Hotel Leon D’Oro sulle rovine del Molino Consolaro, in Viale Piave. L’imponente struttura realizzata nel 1893 su una superficie di 9.000 mq rappresentava la versione industriale dei molini ad acqua, sfruttando la forza motrice del Canale Camuzzoni. Verrà completamente distrutto, insieme alla cartiera Fedrigoni, nel bombardamento del 28 gennaio 1944. Dopo quarant’anni l’area verrà ceduta al gruppo Boscolo che realizzerà l’hotel su progetto di Otto Tognetti. L’ultimo intervento per la realizzazione di un
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22. L’atrio dell’hotel Victoria realizzato nelle case di corte Realdi da Libero Cecchini, 1973. 23. Il prospetto degli edifici su via Adua in cui verrà realizzato l’hotel Victoria. 24. L’hotel Leopardi in corso Milano (arch. R. Firullo) fa parte dell’ultima generazione di alberghi extra centro storico realizzati negli anni Novanta.
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hotel nel centro storico della città risale agli anni Settanta, ed è legato alla complessa vicenda del restauro dell’l’isolato tra Corso Porta Borsari, Via Adua, vicolo Monachine e corte Realdi, realizzato da Libero Cecchini. L’Hotel Victoria (oggi NH Collection Palazzo Verona) restituisce alla fruizione pubblica e privata un’importante porzione di tessuto urbano. L’intervento dovette confrontarsi con questioni progettuali delicate per la presenza di importanti resti archeologici rinvenuti durante i lavori, nonché per la convivenza di architetture di diverse epoche storiche e di diversa qualità testimoniale. Il magistrale intervento di Cecchini, che ha saputo coniugare interventi contemporanei con il ripristino delle tessiture storiche, ha restituito uno degli alberghi più belli della città. È così che Verona si presenta agli anni Duemila corredata di un tessuto di servizi turistici che sembrava poter assolvere ad ogni esigenza del turista contemporaneo. Il numero di strutture, i servizi offerti, gli eventi organizzati, l’offerta culturale proposta, tutto pareva indicare Verona come una città in grado di gestire il flusso turistico in modo consapevole e produttivo. Poi qualcosa è cambiato, non solo
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a Verona ma in tutte le così dette città d’arte: le conseguenze di un turismo pesante che sta cambiando i modi d’uso della città da parte dei suoi stessi cittadini sono sotto gli occhi di tutti e gli esiti sul patrimonio sono inquietanti, con la trasformazione a scopi turistici di parti consistenti del tessuto urbano. Non più il turismo per la città, ma una intera città a servizio del turismo. Ma questa è tutta un’altra (e assai complessa) storia.
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1 Mariana Starke, Travels on the Continent: written for the use and particular information of Travellers, Galignani, Parigi, 1820. 2 (autore sconosciuto), Itinerario Italiano, ossia descrizione dei viaggi per le strade più frequentate alle principali città d’Italia, Pasquale Agnelli stampatore, Milano, 1800. 3 Qui si celebrò l’incoronazione a re di Francia di Luigi XVII, ma anche la firma dell’armistizio di Villafranca nel 1859, e dal balcone dell’hotel Garibaldi tenne un famoso discorso alla popolazione radunata in Piazza Sant’Anastasia. Durante la II guerra mondiale diviene sede di tre ministeri della Repubblica di Salò. 4 Sul lavoro di Zamarchi si veda l’Itinerario in «AV» 110, pp. 92-99. Per il recupero del teatrino affrescato da Casarini, cfr. Fiere acrobazie cromatiche, in «AV» 105, pp. 20-23. 5 Cfr. Mario Gottardi da Milano a Verona, in «AV» 119, pp. 82-89.
6 Williams R. Egerton, Plain-towns of Italy: the city of old Venetia, Londra,1911. 7 «L’Arena», 3 marzo 1909. 8 «L’Arena», 8 marzo 1913. 9 «Domus» 248/249, luglioagosto 1950, p. 61.
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La balconizzazione della casa-museo di Giulietta attraverso la lettura di un volume che, in occasione del recente restauro, ne analizza le vicende storiche e la fortuna iconografica
Testo: Alberto Vignolo
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Si fa presto a dire balcone. È compagno alla veranda, alla loggia e al terrazzo, da questi distinguendosi per lo sbalzo dalla facciata che ne fa un elemento ambiguo, sospeso tra esterno e interno, tra pubblico e privato: scomoda appendice e antipasto fasullo di un edificio, come lo definì Quatremère de Quincy poi ripreso da Rem Koolhas, che nella sua catalogazione biennalesca riabilita il balcone tra i fondamenti dell’architettura. Una suggestione, quella del fake appetizer, che pare perfetta per introdurre il balcone veronese per antonomasia, quello di Giulietta, a partire da un volume – Il Balcone di Giulietta. Storia iconografia restauro, a cura di Paolo Mariani, Ettore Napione, Anna Chiara Tommasi, Scripta 2019 – che ripercorre le vicende della dimora dell’infelice fanciulla con un incedere metonimico: la parte per il tutto. La parte in questione, il balcone recentemente sottoposto a un intervento conservativo – da cui l’occasione del libro, all’interno del quale sono documentate le fasi del restauro, dalle indagini conoscitive alla verifica statica al cantiere – è oggetto di una attenta ricostruzione “tra realtà e leggenda” da parte di Ettore Napione: un’utilissima silloge su un elemento portante (nonostante lo sbalzo!) della Casa di Giulietta e delle vicende che la riguardano. La ricerca dei luoghi legati alla tragedia shakespeariana si fa strada lentamente, per tappe successive, già tra Sette e Ottocento. Un anonimo sarcofago in marmo rosso di Verona viene identificato, con una certa approssimazione storica, come la tomba di Giulietta, diventando ipso facto un monumento per i visitatori stranieri in città. Il disvelamento della tomba attizza la curiosità, prima, e la ne-
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01. Immagine d’archivio del cortile di Casa Giulietta nel suo massimo fulgore turistico (foto di Diego Martini). 02. La lapide posta all’ingresso della casa di Giulietta. 03. La casa-torre di via cappello in un’immagine Lotze del 1890 circa e riprodotta nel volume. 04. Un’illustrazione di Milo Manara realizzata nel 2015 per una confezione diolciaria (Casa del Dolce di Giovanni Fausto Bertolini).
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cessità poi di identificare la dimora, che viene infine associata a una casatorre di via Cappello, grazie all’insegna con un copricapo a doppia calotta (Cappelletti=Capuleti) sulla chiave dell’arco interno del portico. Trovata la casa, resta però l’interrogativo sul balcone (che, in effetti, non c’era). Nel 1905 il Comune di Verona acquista parte dei piani alti della casa e il fabbricato prospettante sul cortile, ma nel 1930 cede la propria quota nella porzione di fondo del cortile alla Società Teatro Nuovo in vista della costruzione del teatro. Si determina così quell’assetto multiproprietà, frammentario e condiviso, che rimane a tutt’oggi a detrimento di ogni proposta razionale di percorsi e uso degli spazi. Negli anni Trenta, con il turismo che inizia a segnare i primi record, iniziano i lavori di restauro dei luoghi shakespeariani, prima con la Tomba di Giulietta e poi, finalmente, nel 1939 con l’allestimento della Casa-museo nell’assetto che oggi conosciamo. Prende forma così un “piccolo monumento all’ironia rispetto al restauro filologico e alla seriosità dei suoi promotori”; regista dell’operazione è Antonio Avena, allora direttore dei
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05. L’immagine del balcone riprodotta sui teli protettivi del ponteggio durante le fasi di restauro ne moltiplica il carattere fake. 06. Indagine mineralogicopetrografica propedeutica al restauro: i risultati delle prove ultrasoniche.
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Musei Civici di Verona, “fantasioso scenografo e disincantato narratore”. La casa viene riformata secondo le soluzioni già messe in atto da Avena al Museo di Castelvecchio e al palazzo della Provincia, mescolando creativamente riferimenti ai secoli tra il XIII e il XV con l’uso di pezzi provenienti dalle collezioni civiche (pietre, colonnine, camini, stemmi, arredi vari), e con decori in stile neomedievale su pareti e soffitti. Ed ecco finalmente la costruzione del tassello mancante, il balcone, speculare all’allestimento della sala interna, notoriamente ispirata al dipinto di Hayez L’ultimo bacio di Romeo e Giulietta (1823). Per il balcone vengono realizzate ex novo le mensole di marmo rosso, mentre per la balaustra si recupera una lastra medievale proveniente da imprecisati palazzi scaligeri. Ma la lastra era troppo corta, per cui vengono realizzate due allunghe sul fronte e le chiusure laterali con un patchwork lapideo – marmo bianco e pietra di Avesa – e riproducendo i medesimi archetti del pezzo centrale. Habemus balconem.
Nel dopoguerra la fama e l’attrazione turistica di casa e balcone crescono, suggellate nel 1968 dall’uscita sugli schermi del Romeo e Giulietta di Zeffirelli. Dopo avere riformato Castelvecchio rimuovendo senza remore le tracce del museo aveniano, il nuovo direttore dei Musei Civici Licisco Magagnato affronta invece il tema della casa-museo in continuità con l’esistente. La Casa di Giulietta si mostra così come un Castelvecchio pre-Scarpa: paragone pertinente, se pensiamo a come il museo civico nel suo assetto antecedente alla riforma fosse stato descritto da Roberto Longhi come “l’espressione di un gusto da Ristorante Montecchi & Capuleti” (ma, per inciso: avercelo, un ristorante al museo, magari lungo il fiume e tra gli alberi...). Con il riordino di Magagnato, gli ambienti nei cinque piani della casa sono completati con un nucleo di opere medievali, tra cui affreschi staccati del tardo Trecento, arredi e altri oggetti provenienti dalle collezioni civiche. Il dono da parte del Lions Club di Verona della statua bronzea di Giulietta,
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opera dello scultore Nereo Costantini, collocata nel cortile della casa (e non alla Tomba come inizialmente previsto) segna la riapertura al pubblico il primo giugno 1973. Nello stesso anno veniva inaugurato il Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle “alla Tomba di Giulietta”, con il funereo cimelio a fare da richiamo per i visitatori della nuova sede espositiva. Il resto è storia che arriva all’oggi: casa e balcone sono diventati l’alfa e l’omega del turista mordi-e fuggi in visita a Verona. La disinvolta invenzione aveniana ha colto nel segno, sdoganando l’immaginario del mito shakesperiano i cui attributi – il balcone su tutti – sono diventati merce simbolica. Al mito e alla sua fenomenologia ci fa da da guida all’interno del volume il contributo di Anna Chiara Tommasi. Il fenomeno del balcone sembra un destino inevitabile per “Verona, città di veroni”, che sia nelle varianti sul tema riconoscibili in diversi edifici in città, nelle rappresentazioni d’autore tra Otto e Novecento, fino alle illustrazioni a stampa, alle guide e ai fumetti. In parallelo, altrettanto sconfinate sono le comparsate del balcone
“in scena” tra teatro, opera balletto, musical e naturalmente cinema. Il leitmotiv degli archetti sovrapposti bene si presta a citazioni, imitazioni e ammiccamenti vari, sia nelle declinazioni erudite che in quelle che scivolano via via verso il kitsch e decisamente anche nel trash. Cartoline, ventagli, portachiavi, penne, grembiuli, scatole, borse, accendini, bicchieri, tazze, magneti e calamite e chi più ne ha più ne metta: oggetti ricordo tutti rigo-
« Per la balaustra si recupera una lastra medievale, con due allunghe sul fronte e le chiusure laterali realizzate con un patchwork lapideo » rosamente dotati dell’effige del balcone, con infinite varianti nella comparsa della silhouette degli amanti by Hayez, di cuoricini in tutte le fogge, di sinestesie urbane della città dell’amore, eccetera. L’oggetto-ricordo tridimensionale è infine accompagnato – ma non surclassato – dalle infinite potenzialità di costruzione delle im-
magini nell’era Photoshop: ecco “il balcone errante” come oggetto volante ben identificato, mandato a prender aria negli scenari più impensati, simbolo prêt-à-porter che sembra aver fagocitato l’origine del suo mito. Il trionfo della parte sul tutto. Se oggi c’è bisogno di un’intera teoria di balconi, declinati come ostensori di rango metropolitano e generosamente adornati di verzura a rendere iconica un’architettura, a Verona ne è bastato uno e uno solo a dimostrare il teorema dell’autoaffermazione di una vicenda che da letteraria si è fatta popolare, dunque architettonica e museografica, poi monumentale (con tanto di vincolo e restauro filologico), infine di nuovo popolare nel culto dell’elemento e della sua immagine. Gli fanno compagnia, come espressioni borderline tra ammirazione e degenerazione, il sexual harrassment in chiave bronzea della statua di Giulietta nel cortile, e l’androne del cortile diventato tazebao postmoderno e sfogatoio grafico. Una ciunga è l’apostrofo rosa shocking tra l’acronimo tvtb. Pur esulando dai temi affrontati nel volume in questione, il fenomeno delle espressioni grafiche nell’androne, ben compreso da artisti perspicaci, aveva trovato un’efficace equilibrio nei teli protettivi stesi sulle pareti, dei cui frammenti si faceva poi mercimonio come nella migliore tradizione dei reliquiari. I vistosi divieti che ora accompagnano l’accesso sembrano prendere a cuore la dimensione materica dell’edificio, scordando però la sua dimensione simbolica. Ma senza il mito, l’edificio torna ad essere solo una semplice casa-torre su via Cappello: e dell’adorato balcone altro non rimane che l’imitazione di un vecchio poggiòlo.
Paolo Mariani Ettore Napione Anna Chiara Tommasi (a cura di) il balcone di giulietta storia iconografia restauro Scripta Edizioni-Tecnored, 2019, pp. 168. Testi di Paolo Mariani, Ettore Napione, Felice Giuseppe Romano, Francesca Rossi, Anna Chiara Tommasi, Maristella Vecchiato
07. L’androne di ingresso al cortile, vistosamente “ripulito”.
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Un AVeritivo volante
L’allestimento temporaneo dello spazio antistante la sede dell’Ordine degli Architetti come occasione di incontro a distanza “tattica” segnata dalle copie della rivista Testo: Giorgia Negri Foto: Diego Martini
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l periodo del lockdown ha sconvolto in maniera brusca la nostra quotidianità, il nostro modo di lavorare, studiare ma soprattutto socializzare. In occasione dell’uscita del numero 121 di «AV», frutto del lavoro di quei mesi di isolamento, e grazie alle norme meno rigide, nella speranza di un ritorno graduale verso la normalità, è nata l’idea dell’AVeritivo #1.5, organizzato a inizio luglio come un’occasione di ritrovo e scambio di idee sull’architettura, naturalmente uniti a una delle più amate consuetudini veronesi, l’aperitivo. Avvantaggiati dalla bella stagione, le idee per la location non sono mancate, per poi rendersi conto che non vi era luogo più perfetto e in sicurezza del grande piazzale antistante la sede del nostro Ordine ordine e gli spazi formativi di M15Magazzino delle Professioni. In tema con l’argomento del numero, focalizzato sui progetti per Verona Sud, questa occasione ha così proposto anche un tentativo, molto estemporaneo, giocoso e a bassissimo impatto, di valorizzare sia pur temporaneamente questo spazio, attualmente sottovalutato e utilizzato unicamente come luogo di passaggio; per farlo, abbiamo preso a prestito le strategie del cosiddetto “urbanismo tattico”, un approccio adottato per la progettazione e riqualificazione di spazi pubblici, solitamente con un processo di iniziativa che parte dal basso e che prevede la diretta partecipazione dei cittadini, utilizzando soluzioni temporanee a basso costo e il colore, spesso, come protagonista. L’AVeritivo #1.5, così, ha mosso i primi passi verso la “riappropriazione” di questo vuoto,
Averitivo volante Le immagini dal drone guidato da Paola Fornasa, architetto “volante”, danno conto in maniera sintetica della consonanza casualmente perfetta tra la grande A del logo della rivista, riconoscibile attraverso la matrice dei piccoli punti – rispetto alla scala complessiva – di ciascuna copia con la morfologia insediativa dei Magazzini Generali. Inconsapevoli comparse della messinscena, i partecipanti all’incontro figurano da questo punto di vista quali fondamentali elementi di rivitalizzazione di questo spazio urbano dalle potenzialità ancora inespresse.
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utilizzando i materiali a disposizione – le copie della rivista – e la presenza di chi è intervenuto come inconsapevole comparsa della messa in scena. Sul piazzale è stata tracciata la figura pixelizzata del logo di «AV» in dimensioni giganti (trentatre metri di base per oltre trentaquattro di altezza), utilizzando una matrice di ben 248 copie poste a un metro e mezzo (la famosa distanza “sociale”)
01, 04. La disposizione informale e inconsueta delle copie di «AV» sul grande plateau in porfido. 02. Il layout dell’allestimento. 03. Veduta zenitale del grande logo ricomposto in forma pixelizzata (foto di Michelangelo Bazzani).
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05-06. Alcuni momenti dell’installazione-flash mob che ha visto i partecipanti all’evento come inconsapevoli comparse. 07. Ritratto di gruppo della redazione assieme ad alte cariche dell’Ordine.
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l’una dall’altra. Il resto l’ha fatto la generale di questo brano di città voglia di ritrovarsi – finalmente! –, entro cui il progetto degli spazi aperti il clima favorevole nonostante i non dovrà essere meno importante minacciosi temporali dei giorni del progetto di riuso degli edifici: precedenti, qualche birretta fresca alla ricerca di un’identità compiuta e e le copie del verso la creazione nuovo numero di uno spazio « Sul piazzale è stata della rivista, pubblico fruibile, tracciata la figura accompagnate che crei nuove pixelizzata del logo dai “cuginetti” opportunità di di «AV» in dimensioni maggiori d’età, incontro culturali per sopperire alla e sociali. Ogni giganti utilizzando interminabile spazio aperto una matrice di ben attesa cui sottovalutato 248 copie » il servizioo trascurato disservizio postale all’interno ci costringe. della città può essere occasione di L’occasione dell’AVeritivo #1.5 ripensamento e progetto anche con è valsa anche per sottolineare il interventi temporanei che, in base potenziale ancora inespresso dello ai riscontri più o meno positivi spazio aperto attestato sul vertice della comunità, potrebbero evolvere triangolare degli ex Magazzini in progetti successivi, magari dal Generali, parte di un disegno carattere definitivo.
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Sulle mura: lo sguardo digitale ODEON
Un nuovo anniversario per l’iscrizione di Verona nel patrimonio UNESCO e le iniziative per la valorizzazione della cinta muraria a partire dalla sua conoscenza Testo: Luisella Zeri
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l 30 novembre 2000, Verona veniva dichiarata città patrimonio mondiale dell’UNESCO. Passate le “nozze di porcellana” dei quindici anni (cfr. «AV» 104, pp. 68-71), arriviamo alla soglia del ventesimo anniversario della dichiarazione, e forse ancora non tutti sanno che tale riconoscimento non è certo dovuto a semplici criteri di fascino e bellezza. Il nobile obiettivo UNESCO è quello di tutelare la pace e i diritti umani nel mondo attraverso strumenti che promuovano le radici culturali delle nazioni stesse. “Poiché le guerre hanno origine nello spirito degli uomini è nello spirito degli uomini che si debbono innalzare le difese della pace” (Preambolo dell’atto costituivo UNESCO). Verona per la concordia fra i popoli. UNESCO ha scelto come immagine delle radici culturali cittadine, proprio quell’elemento architettonico che per secoli è stato strumento di difesa delle radici culturali stesse: la cinta magistrale. A ben descrivere le motivazioni che hanno portato a questa scelta sono i criteri II e IV della Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO che premiano una “struttura urbana, sviluppata progressivamente e ininterrottamente durante duemila anni, integrando elementi artistici di altissima qualità dei diversi periodi che si sono succeduti” e un “esemplare concetto di città fortificata in più tappe caratteristico della storia europea.” In occasione dell’imminente anniversario, porte e bastioni hanno ricevuto un meritato premio alla carriera. Attraverso la collaborazione con due atenei italiani, il Comune di Verona punta a un progetto di valorizzazione delle mura che non sia solo conservativo. è notizia recente l’accordo siglato con la cattedra UNESCO dell’Università IUAV di Venezia, con l’obiettivo di elaborare una
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01. Veduta a volo d’uccello di Verona con l’identificazione del sistema della cinta muraria (elaborazioni gruppo di studio Università di Pavia). 02. Esemplificazione del processo di acquisizione dei dati, dall’analisi storico-documentale al rilievo fotogrammetrico al rilievo laser.
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un nuovo volo sul bastione Particolarmente fotogenico nello sguardo dall’alto, il Bastione delle Maddalene: come già presentato in occasione dell’articolo sul suo restauro (cfr. Il Bastione nel parco, in «AV» 104, pp. 26-33), ecco un nuovo volo girato nel mese di giugno 2020 in occasione dell’incontro di presentazione del lavoro di rilievo del team dell’Università di Pavia. La ricognizione dall’alto mette in evidenza la morfologia del bastioni e le relazioni con la Provianda di Santa Marta e il futuro parco urbano. video https://vimeo.com/315415484
03. Rilievo del degrado materico: Porta Palio, fronte campagna. 04-05. Esempio di allestimento del sistema informativo tipo all’interno di Porta Vescovo. 06. Porta vescovo: spaccato assonometrico con l’inserimento delle strutture espositive e percorso di visita.
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nuova politica di gestione. è in corso da tempo della cinta muraria della città, una delle prime invece, con la prospettiva di un corposo lavoro tappe del più ampio percorso quinquennale di pluriennale, il fondamentale lavoro conoscitivo collaborazione con l’Università di Pavia, teso a sulla cinta muraria di cui «AV» ha già dato conto realizzare un database multimediale informativo con l’intervento di Sandro Parrinello, professore al che possa aggiornare ciò che già esiste in materia Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura di catalogazione e valorizzazione dell’intero dell’Università di Pavia, cui l’amministrazione patrimonio fortificato. cittadina ha affidato la mappatura e la restituzione Il materiale presentato fisicamente alla città in digitale di tutto il patrimonio delle mura. questa occasione è stato poi collocato, grazie al Dopo Porta Palio sistema espositivo e Porta Nuova (cfr. coordinato e realizzato « UNESCO ha scelto come Monumenti di rilievo, in con una cartesiana immagine delle radici culturali «AV» 113, pp. 54-59), griglia in tubolari di cittadine l’elemento architettonico ferro, ciascuno presso lo scorso 26 giugno che per secoli è stato strumento di la propria porta di 2020 in occasione di un evento organizzato difesa delle radici culturali stesse: apparenza, andando presso il Bastione così a raccontare le la cinta magistrale » delle Maddalene è peculiarità storiche e stato finalizzato un costruttive di ciascun nuovo passo del percorso, con la consegna delle varco e mettendo le basi per un percorso museale a prime 200 tavole che raccolgono il lavoro svolto cielo aperto che attraversa la città, lungo di 11 km. nell’ultimo anno e che ha portato a completare Il lavoro realizzato è stato molto complesso e il rilievo di tutte le undici porte cittadine. Già ha visto in campo, da inizio 2019 fino a poco nel dicembre 2019 presso il Bastione delle prima del lockdown, un nutrito gruppo di Maddalene era stato inaugurato un’esposizione studenti, ricercatori e assegnisti di studio, che permanente che ripercorre l’evoluzione urbana hanno letteralmente (ri)popolato i bastioni
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cittadini. Il risultato è sorprendente, perché la banca dati realizzata riesce a restituire una quantità di informazioni che vent’anni fa non potevamo nemmeno immaginare. È un lavoro reso possibile grazie a strumenti all’avanguardia come droni e laser scanner fissi e mobili, che attraverso immagini dettagliate e il rilievo per nuvole di punti, hanno restituito millimetro per millimetro le peculiarità di ogni porta cittadina attraverso modelli 3D, sezioni, abachi dei degradi e dei dissesti. Non sono difficili da immaginare i molteplici utilizzi che possono essere messi in campo attraverso questi materiali. Da un organico piano di manutenzione, conservazione e gestione fino a progetti per il turismo che prevedono sia la presenza fisica dei visitatori, che la realizzazione di un grande museo virtuale. Gli elaborati diventano anche supporto alla progettazione di allestimenti museali come già accaduto per la mostra sulle Fortificazioni Venete nel bacino del Mediterraneo orientale, tenutasi a Porta Vescovo lo scorso ottobre e approntata proprio grazie alla documentazione realizzata dall’Università di Pavia. Attraverso questo lavoro la cinta magistrale prende letteralmente forma sotto i nostri occhi in tutta la complessità che la caratterizza, festeggiando il suo ventesimo compleanno e proiettandosi con nuovo smalto verso i prossimi cento di questi giorni.
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Sulle mura: fare luce Il Piano per l’illuminazione notturna della cinta magistrale prefigura un futuro luminoso per la città Testo: Laura Bonadiman
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’ampio palinsesto della cinta muraria di Verona ricomprende, come in una linea del tempo, un repertorio di oltre duemila anni di storia dell’arte della fortificazione. Sono facilmente individuabili i resti della città fortificata romana e scaligera, la struttura della fortezza veneta e la piazzaforte absburgica. Della nomina quale patrimonio UNESCO si è detto nell’articolo precedente. La cinta muraria urbana ha uno sviluppo di oltre nove chilometri e occupa all’incirca cento ettari, ad oggi interessati da una molteplicità di destinazioni d’uso. Prevalente è quella di giardino pubblico, con la presenza anche di parcheggi e impianti sportivi. La varietà degli utilizzi e la vastità dell’area determinano una serie di problematiche: tra queste la carenza di manutenzione, con un evidente depauperamento del patrimonio monumentale, e la frammentarietà nella gestione degli spazi. Temi la cui risoluzione necessita di un progetto a larga scala, quel Piano Ambientale del Parco delle Mura da tempo atteso. Un aspetto importante che è stato finalmente affrontato progettualmente in maniera sistematica è quello che riguarda l’illuminazione artificiale. Facciamo un passo indietro nel tempo: in origine non c’era altro se non la luce naturale, variabile a seconda delle ore e delle stagioni. Con l’avvento della luce artificiale, pubblica e privata, si sono sovrapposti nel tempo impianti differenti per attrezzature e per scelte illuminotecniche, creando così una percezione molto difforme della cinta muraria, da sovraesposta a buia. Il PICM, Piano di Illuminazione della Cinta Magistrale, messo a punto nel 2019 (chiedere ???) è stato promosso dall’amministrazione comunale con l’obiettivo di “riordinare” la luce che rende visibile di notte le mura, rinnovandone il fascino.
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Il piano segue il perimetro del Parco delle Mura magistrali, ad esclusione di Forte Procolo e Castel San Felice poiché di proprietà demaniale, includendo la circonvallazione interna; l’obiettivo è di riannettere il Parco, attualmente “chiuso” tra la circonvallazione interna ed esterna, alla città storica, in modo tale che essa non risulti solo un “fondale” ma torni ad essere protagonista della città. Il Piano è dunque una guida per l’illuminazione artificiale sia dei percorsi di superficie sia degli ambienti ipogei, suddiviso in due parti. La prima
« Il Piano di Illuminazione della Cinta Magistrale è stato promosso con l’obiettivo di “riordinare” la luce che rende visibile di notte le mura, rinnovandone il fascino » è una fase conoscitiva che raccoglie tutti gli elementi necessari per la conoscenza dei luoghi; la seconda è il vero e proprio progetto, che sviluppa le modalità attraverso le quali le mura dovranno essere illuminate. Il PICM non si basa sullo stato attuale dei luoghi ma sulla prefigurazione del loro ripristino, mediante elaborati grafici
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01, 03-04. Simulazione progettuale dell’illuminazione prevista per la cinta di Cangrande: lato esterno, Batteria di Scarpa, lato interno. 02. Opere difensive ipogee: esempi di illuminazione scenografica e con proiezioni evocative. 05. Esempio di illuminazione di passaggio pedonale lungo la circonvallazione interna. 06. Illuminazione del vallo di Porta San Giorgio.
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appositamente redatti dagli uffici comunali della Pianificazione Territoriale. Qui vengono individuate criticità ed opportunità di ciascun ambito e le conseguenti azioni da realizzare su essi. Analizzando la cinta si nota il suo duplice ruolo: esternamente è una frontiera che difende la città, mentre internamente la adorna. Lo studio dell’illuminazione deve essere quindi duplice, scandito dall’ora, dal giorno e dalla stagione. Essa dovrà essere percepita come un organismo unico ed essere illuminata in modo armonico, ma non necessariamente uniforme. Sarà in ogni momento sempre un po’ diversa; insieme all’ora cambierà la quantità, la direzione e il colore della luce. Le varie zone della cinta saranno illuminate
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07. Concept di custodie e sostegni per apparecchi illuminanti con ottiche commerciali. 08. Schemi relativi alla sequenza di illuminazione dinamica, esempio in stagione invernale e giorni festivi.
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piano di illuminazione della cinta magistrale progettisti ing. Anna Busolini (capogruppo) ing. Andrea Muraro prof. arch. Marina Vio ing. Ivo Zancarli arch. Claudia Campana arch. Luisa Stevan comune di verona ing. Andrea Bombieri (Direttore Area Gestione del Territorio) arch. Paolo Boninsegna (Dirigente Progettazione Urbanistica Attuativa) arch. Chiara Tassello (Responsabile del Procedimento) arch. Emanuela Zorzoni arch. Roberto Carollo cronologia Finanziamento e avvio progetto: 2011 Prima bozza: 2014 Consegna: 2016 Adozione Piano: febbraio 2020
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con una diversa temperatura di colore in base ai materiali da cui sono costituite, diversi in base all’epoca di appartenenza, e dalla loro reazione alla luce. Verrà utilizzata una tecnologia LED, l’unica che permette di modulare il flusso e il cambio di tonalità del colore. Il posizionamento degli apparecchi è studiato in modo tale da garantire un’ottimale emissione della luce, con un impatto visivo minimo. Gli apparecchi devono rispettare l’oggetto da illuminare, non andandosi mai ad appoggiare alla cinta, né utilizzando gli elementi murari come supporto o sostegno degli apparecchi. Per questo sono state disegnare apposite custodie e appoggi in linea con l’immagine della cinta, che ospiteranno al loro interno le luci commerciali. Di norma, gli apparecchi devono essere posti a terra piuttosto che su palo o, se inevitabile, mantenere altezze limitate a un massimo di 120 cm; inoltre devono essere posizionati a non meno di un metro dalla superficie da illuminare, per evitare effetti luminosi troppo radenti. Un altro aspetto di cui il PICM si è fatto carico è la valorizzazione degli accessi al Parco delle Mura e dei passaggi pedonali, oggi scarsamente visibili, per migliorarne la fruibilità. Il percorso di illuminazione della Cinta Magistrale va ad inserirsi in un quadro più ampio di iniziative incentrate sulla luce artificiale. Si affianca infatti a un futuro progetto di illuminazione dei ponti sull’Adige promosso da AGSM Lighting, e
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09. Opus poligonale di muro alla Carnot in tufo veronese: le variazioni cromatiche di progetto possono variare tra la luce calda minima e la fredda a massima temperatura di colore ottenibile. 10. Cortine veneziane in laterizio: la tonalità scelta dal Piano è quella con temperatura di colore più calda. 11-12. Progetto pilota per il bastione di Santo Spirito.
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al progetto internazionale Goodlight Verona, recentemente annunciato e previsto per il 2021, che renderà Verona protagonista del primo Festival della Luce italiano. Il progetto, con la direzione artistica di Gianni Ravelli dello studio CastagnaRavelli di Milano – tra i più noti studi di progettazione di luce italiani – prevede di illuminare palazzi, monumenti e piazze attraverso installazioni luminose, proiezioni e videomapping. Ulteriore passo sarà quello di realizzare un “Laboratorio della notte”, ovvero un centro di studi internazionale con lo scopo di seguire progetti sulle esigenze delle aree urbane nelle ore serali e notturne, per valorizzare il patrimonio storico e artistico e migliorare la qualità di vita nelle città.
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Si prospetta dunque un futuro “luminoso” per Verona? La speranza è che tutte queste iniziative non vadano in conflitto l’una con l’altra: per esempio, l’illuminazione scenografica dell’Arena abbozzata nella presentazione di Goodlight avrà consapevolezza del minuzioso progetto illuminotecnico già elaborato all’interno del progetto di restauro del monumento (cfr. articolo alle pp. 20-29)? Il PICM verrà tradotto da norma a progetti concreti, oppure ogni qualvolta si metterà mano a un tratto di mura si ricomincerà daccapo dimenticando il faldone nel cassetto? La luce è considerata un simbolo di speranza e rinascita: dunque guardiamo al futuro con un messaggio positivo.
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Un Parco nel Parco nel Parco Gli esiti del concorso bandito dal Comune di Verona per la sistemazione ludico-sportiva di un’area posta nel vallo esterno alla cinta magistrale di destra Adige Testo: Alberto Vignolo
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01. Il progetto vincitore di Architer s.r.l., Lorenzo Agosta, Lino Vittorio Bozzetto, Stefano Maurizio, Giusto Variara, Dabster s.r.l., Studio di Geologia Tecnica ed Ingegneria Ambientale: lo skatepark con la proposta della struttura metallica alberiforme. 02. Planimetria con individuazione delle aree del masterplan (in rosso) e del Parco della Cultura Urbana (in blu). 03-04. Progetto Architer: ripristino della spazialità esterna del fronte bastionato, veduta e sezione.
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ono stati resi noti il progetto vincitore e i finalisti della competizione per il Parco della Cultura Urbana a Verona. Bene ha fatto l’amministrazione cittadina a bandire finalmente un concorso di progettazione, dopo che per molti anni non si era più fatto uso di questo strumento sempre evocato quale via maestra alla scelta del migliore dei progetti (e magari di progettisti emergenti e di belle speranze). Se tra i concorsi veronesi del passato recente gli esiti non sono stai dei più felici – basti citare l’affossamento del progetto per il recupero dei giardini di Piazza Indipendenza (cfr. il supplemento al numero 91 di «AV») , o il concorso internazionale “bandito e arrestato” per il parco all’interno del PRUSST Verona Sud – in questa occasione, complice la moral suasion del nostro Ordine, è stata adottata una procedura in due fasi attraverso la piattaforma nazionale AWN, grazie alla quale in tempi ragionevoli (compatibilmente anche con la stasi del lockdown) sono stati selezionati tra i venti partecipanti alla prima fase i cinque della seconda, qui presentati secondo la graduatoria finale. Nel merito, il bando prevedeva un primo livello di definizione progettuale di massima per l’intero tratto esterno alla cinta delle mura magistrali compreso tra Porta San Zeno e Porta Palio, lungo viale Colonnello Galliano, un ambito promiscuo per gli utilizzi stratificati
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nel tempo e sostanzialmente degradato. Al suo interno, tra il Circolo del Tennis e gli impianti natatori, in corrispondenza della piastra ovale originariamente concepita come vasca di decantazione delle acque provenienti dal canale Camuzzoni per alimentare la grande piscina realizzata nel 1932 (le attuali piscine Lido), viene identificata l’area di approfondimento progettuale della seconda fase, dove collocare una serie di attrezzature sportive legate a una fruizione sostanzialmente giovanile, in parte già presenti in loco. Dunque un ambito di grande rilevanza storico-architettonica, situato nel vallo esterno delle mura – componente strutturale del sistema fortificatorio – e alle mura rivolto
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parco della cultura urbana all’interno delle mura magistrali cittadine Verona Concorso di progettazione 2019-2020 primo classificato Architer (Gian Arnaldo Caleffi, Antonio Biondani, Federico Baruffaldi, Enrica Nicito, Michele Braggio), Lorenzo Agosta, Maria Vittoria Agosta, Lino Vittorio Bozzetto, Stefano Maurizio, Giusto Variara, Dabster (Giorgio Grezzani, Alessandro Bartolozzi, Andrea Redaelli, Alessio Girelli), Studio di Geologia Tecnica ed Ingegneria Ambientale (Cristiano Tosi), Emiliano Leardini secondo classificato Studio Associato Artecno, Massimo Peota, Valeria Zamboni terzo classificato Paolo Cannata quarto classificato J+S, Marilena Baggio, Fausto Alessandro Crippa, Diego Baronchelli quinto classificato Leopoldo Tinazzi, Filippo Romano, Giulia Pecol, Andrea Grigoletti, Lorenzo Serra
05. Progetto Architer: planivolumetrico con indicazione dei materiali, fotoinserimento dell’ingresso principale al parco e alzato.
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con l’obiettivo sotteso di garantire la percezione dello straordinario sistema fortificato. Ci troviamo infatti all’interno del Parco delle Mura Magistrali e pertanto soggetti in pieno alla tutela UNESCO. Ecco perché, in assenza di uno strumento normativo che interessi l’intero Parco, è stato chiesto ai partecipanti al concorso un masterplan esteso da Porta San Zeno a Porta Palio: un Piccolo Parco delle Mura all’interno del quale sviluppare le richieste minuziosamente dettagliate del Parco della Cultura Urbana vero e proprio. Chi più ne ha, più ne metta: skateboard e affini (bmx, rollerblade, monopattino), parkour, muro per arrampicata (boulder),
campo di allenamento di slackline, palestra open air per street workout, spazio per esibizione di artisti di strada, musicisti e giocolieri... Non manca la bizzarra prescrizione, per le strutture di servizio (bagni e spazi ristoro-vendita), di “essere su ruote” e amovibili, dal momento che nel parco non è ammessa la realizzazione di nuovi volumi: ma scommettiamo che le ruote si sgonfieranno, e che cessi&baretti non sceglieranno la fuga per la libertà stradale di viale Galliano e resteranno invece, come è giusto che sia, a fare i servizi in loco? “Se mia nonna avesse le ruote/ sarebbe una carriola”: e se un bando di concorso avesse pretese più ragionevoli?
L’obiettivo di un equilibrio tra usi compatibili e valorizzazione delle mura vale per l’ambito del concorso, così come vale in generale per l’intero sistema fortificato di Verona (mura, caserme e forti), di fronte a utilizzi talvolta incongrui ma stratificati nel tempo, o di contro ad abbandoni pluriennali in attesa di migliori tempi e risorse. Queste le condizioni al contorno con cui si sono dovuti confrontare i partecipanti, assieme a una verifica economico-normativa scrupolosa. I lavori della giuria hanno consegnato una graduatoria precisa ma burocratica, senza il consueto rituale della motivazione a scaldare gli entusiasmi dei vincitori
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06-07. Progetto Architer: assonometria e indicazioni tecniche per lo skatepark, render.
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e ad addolcire il rimpianto dei piazzamenti di consolazione. Ecco dunque in ordine di piazzamento i progetti della fase finale. Per il vittorioso gruppo Architer, la matrice geometrica di forma ovale è il paradigma spaziale morfologico replicato per le quattro distinte e coordinate unità funzionali entro le quali sono allestite le attività richieste. La pista di skateboard è caratterizzata da strutture metalliche ramificate, alberiformi, quali supporti per l’illuminazione artificiale. A scala più ampia, il progetto prevede la ricostruzione del rilevato di terra a protezione acustica e visiva del margine del Parco, riproponendo l’alternanza tra terrapieni e muri “alla Carnot” caratteristici della cinta magistrale absburgica. Nel progetto di costruzione della cinta magistrale, infatti, lungo il margine di controscarpa del vallo c’era lo spalto, un rilevato di terra con profilo balistico digradante verso il piano di campagna esterno. Il tappeto erboso inclinato che ne deriva costituisce un punto di osservazione verso le 06
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08-09. Progetto di Studio Associato Artecno, Massimo Peota, Valeria Zamboni: assonometria con gli elementi del progetto e veduta della zona parkour.
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attrezzature ludico-ginniche e sul profilo delle mura, cadenzato da setti di gabbionate fonoassorbenti in pietra locale con vegetazione rampicante. Nel progetto del gruppo Artecno (secondo classificato) il Parco è distinto in tre parti, ciascuna con un proprio carattere, identità e utilizzo. A sud si trovano gli accessi principali, segnati da un pergolato in legno che funge da copertura per i moduli di servizio. Al centro, i due percorsi principali attraversano un’ampia zona verde all’interno della quale sono individuate le aree per la ginnastica all’aperto, il parkour e la slack line. A nord, i due percorsi pedonali si intersecano con l’accesso secondario da viale Colonnello
Galliano e si congiungono nell’arena per lo sport su ruote, il cui fronte sud è modificato per ospitare una parete d’arrampicata. Al suo interno, la grande piastra ribassata ospita le attività di skateboard, pattini e bmx. Le tre aree funzionali sono connesse anche da un percorso pedonale esterno, prevalentemente di servizio, pensato come asse ordinatore di tutti gli elementi che compongo l’area. Il terzo classificato, Paolo Cannata, propone invece un playground continuo. Partendo dalla morfologia esistente della grande piastra ovale, introduce il contraltare di un secondo ovale diametralmente opposto per bilanciarlo in termini di peso e rilevanza. I due ambiti sono connessi
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10. Progetto di Paolo Cannata.planimetria generale, abaco dei materiali, vedute di sistemi e ambiti.
da un percorso lineare principale e da alcuni “filamenti” secondari. Il playground è un patchwork di superfici-campi d’azione, concepito secondo criteri di reversibilità e minimalità. L’ingresso lungo il viale è rimarcato dai fondali delle strutture dell’arrampicata su cui campeggia, a dimensione consona, l’insegna del Parco stesso. Secondo la proposta del gruppo J+S (quarto posto), il Parco della Cultura Urbana rappresenta il primo passo entro una visione strategica più ampia sull’intera cerchia delle mura. Il Parco si estende lungo una piastra verde che si sviluppa ad albero: l’ingresso, con parcheggio su viale Colonnello Galliano rappresenta le radici; l’asse pedonale principale è il tronco, lungo il quale si innestano le diverse attività ludico-sportive; infine la chioma si concretizza
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11-13. Progetto di J+S s.r.l., Marilena Baggio, Fausto Alessandro Crippa, Diego Baronchelli: vedute della “stanza rossa”, dell’area ristoro e planimetria generale.
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nell’ellisse, dedicata alle attività più dinamiche degli sport di strada. Ultimo ma non ultimo, il progetto del gruppo capitanato da Leopoldo Tinazzi replica a sua volta la forma ellittica della piastra esistente, estendendo la sua impronta ad una rete di piazze attrezzate per lo sport. Le isole pavimentate sono
poste all’interno di un ambiente essenzialmente naturalistico. Ogni piazza è suddivisa in due aree segnate da pavimentazioni diverse, una più chiara di mediazione e filtro e una più scura dedicata all’attività sportiva. La zona di mediazione si collega all’esterno attraverso una seduta continua che ne segna il perimetro.
A poche settimane dall’aggiudicazione del concorso per il Parco della Cultura Urbana, è giunto al termine anche il bando di progettazione delle nuove piscine Lido, per la riqualificazione delle vasche esistenti e la formazione di un parco acquatico pubblico. Ad aggiudicarsi il progetto un raggruppamento guidato da Contec Ingegneria. Una bella notizia, salvo notare che si tratta di un ambito non solo contermine, ma letteralmente compenetrato con quello del concorso. Due aree comunali, entrambe in fregio alle mura, entrambe destinate a funzioni ludiche e sportive, per le quali sono
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14-16. Progetto di Leopoldo Tinazzi, Filippo Romano, Giulia Pecol, Andrea Grigoletti, Lorenzo Serra: schema elementi di progetto, render e veduta prospettica.
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state perseguite due strategie diverse e indipendenti e, a quanto pare, non comunicanti. E pensare che accessi e recinti, strutture e servizi, visti nell’insieme di un’unica grande area pubblica, avrebbero forse portato a scelte condivise sicuramente più consone. Per non parlare del masterlan relativo all’intero tratto di mura, già da dimenticare: un record. Forse nella cultura urbana sarà da annoverare anche il giuoco del concorso beffardo?
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Portfolio: TROVARE IL CENTRO TRA TONDI E QUADRATI
Foto: Lorenzo Linthout
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Un giocoso quesito mette in questo numero alla prova i lettori di «AV» arrivati alla fine del testo. Solo una delle immagini dal sotto in su di Lorenzo Linthout, che siano tondi o quadrati, è riferita a un esempio veronese. Non si tratta dunque di trovare le differenze né tanto meno l’intruso, piuttosto l’unico “non intruso” rispetto alle altre immagini che escono dai consueti cieli veronesi ritratti nella rivista. Nella migliore tradizione enigmistica editoriale, «AV» vi rimanda per la risposta alla pagina 19.
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