York Mag@azine 3-4 Anno 2016

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YR Mag@zine – Online Maggio Maggio-Giugno e Luglio-Agosto 2016 n.3-4 – Bimensile ensile del Gran Capitolo dell’Arco Reale Italiano. Tutti i lavori inviati anche se non pubblicati restano a disposizione della redazione che potrà utilizzarli . Redazione: arcorealerdy@gmail.com

Rimini 13-14 maggio 2016 Assemblee Rito di York Italiano

Copertina

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Editoriale – Tiziano Busca Sommo Sacerdote

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L’intervento conclusivo del Sommo Sacerdote - trascrizione

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Il Segreto Iniziatico nella via del cuore – Massimo Agostini

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La Croce è uno dei simboli universali più antichi e più diffusi al mondo. mondo.Antonio Biviano L’intervento del Gran Maestro dei Massoni criptici – Mario

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I Cav. Templari eleggono il nuovo Em.mo Gran Commendatore

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San Bernardo di Chiaravalle e l’Ordine del Tempio: affinità tra i monaci Cistercensi ed i Cavalieri Templari - di F. Hildebrand Per una lettura del Simbolo aperta – Marco Rocchi R

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L’Inserto: Ritualità Universale e Ritualità Massonica - Vittorio Vanni

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Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Busca Tiziano – Agostini Massimo – Biviano Antonio – Pieraccioli Mario – Almerindo Duranti – F. Hildebrand – Marco Rocchi – Vanni Vittorio.

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EDITORIALE TEMPI MATURI PER UN NUOVO IMPEGNO CULTURALE

Il Sommo Sacerdote Comp. Tiziano Busca

Quando negli anni 90 apparve sul mercato il “nokia comunicator” il mondo della telefonia registrò un salto nel mercato e nella tecnologia. Sembrava, allora, che quel prodotto fosse ineguagliabile e che, dopo, nulla di nuovo potesse nascere nel segmento della telefonia mobile. Il tempo, poco in verità, testimonia che il “nokia” è passato negli archivi della memoria, solo coloro che vogliono trovare contiguità con i prodotti attuali sul mercato e ne celebrano le caratteristiche e le originalità vanno a cercarlo nei mercatini del modernariato.

Ai pochi lettori di questi pensieri, ogni volta che il nostro giornale on line YRMag@zine esce, concedo la prova del dubbio e la domanda: ma il nostro Tiziano si è instupidito sotto il sole? E’ vero che l’esempio non è molto esoterico ma serve ad introdurre una riflessione che ci appartiene, come massoni, perché a mio avviso rende chiaro, il senso, la necessità, il bisogno, di una evoluzione che faccia rifiorire la natura del percorso iniziatico. Fino a quando la memoria ed il ricordo della memoria può farci ritenere attuali? In questi anni la Massoneria ha celebrato se stessa nel ricordo, quasi come una rilettura della storia, come strumento fondamentale di contestualizzazione della società, senza mai però trovare la chiave di definire, insieme alla elencazione degli eventi ed alla lettura degli stessi, un progetto culturale che attualizzava il suo essere, il suo esistere. Una sorta di categoria sociale, quella dei massoni, di lettori osservanti e non cultori propositivi. Non è una critica ma una constatazione che si coglie tra la gente. L’interrogativo finale, sempre più forte, che viene al termine dei nostri incontri o manifestazioni sia dalla società che dai fratelli in sintesi è: si va bene, allora adesso che i valori della “massoneria” sono elencati, che facciamo di fronte a quanto sta accadendo ed al problema che viviamo? Appare allora che il “ruolo” da noi manifestato nel passato di pensatori e cultori ribelli diviene quello di “normalizzatori” che spiegano attraverso una cultura millenaria della conoscenza iniziatica le amare fotografie della crisi dell’UOMO attuale. Un UOMO senza lavoro, senza libertà, senza diritti, senza progetto, con scarsi valori, annichilito dalla paura delle stragi di religione, dalle guerre, dalla assenza di rappresentanza, dai debiti, dai fallimenti del sistema bancario, da una Europa lontana ma condizionante, da un sistema sanitario e assistenziale che va verso una costante privatizzazione, dalla fuga dei propri figli che vanno all’estero per cercare lavoro come accaduto ai loro bisnonni, dalle fabbriche che si coprono di erbacce e che si chiudono, da sistemi economici che modificano peggiorando il nostro livello di qualità della vita, da ingiustizie e diseguaglianze a cui nessuno ripone rimedio, da valori di solidarietà che nascondono interessi economici e finanziari e che mascherano la vera politica di accoglienza ed inclusione, da violenze gratuite alle donne ed ai più deboli senza che vi sia possibilità di rimedio. La massoneria non è una fotografia sbiadita dal tempo, al contrario ha ancora forti i caratteri ed i segni fondamentali per far nascere il fuoco nell’UOMO che ama ancora confrontarsi con le proprie qualità, la propria identità, i sogni ed i valori capaci di rigenerare il senso del suo Essere del suo Esistere. La massoneria ha ancora forti tra i fratelli i caratteri etici della libertà e della responsabilità perché declinano il valore della libertà come essenza dell’Uomo. Per questo dedicano impegno, passione e tempo, alla ricerca dei principi fondanti dei valori sociali di comunione, di pace, di solidarietà, di diritti e non temono la responsabilità a cui sono chiamati per difenderla. Il tutto con un metodo che può essere mutuato da Antoine de Saint-Exupéry quando scrive: “Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente per raccogliere legna e preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata, in loro, questa sete, si metteranno subito al lavoro per costruire la nave”. Ecco il significato di percorrere la via iniziatica, di una nuovo progetto culturale di risveglio delle coscienze, perché un Maestro dell’Arco Reale sia la speranza, non la preoccupazione, per l’Uomo per la Società che ha bisogno delle nostre idee dei nostri valori! Siamo noi la Luce, con buona pace degli interessati detrattori!

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L’intervento conclusivo del Sommo Sacerdote. In un clima operoso ed entusiasta si sono svolti i lavori delle Assemblee Annuali del Rito di York Italiano. Il Gran Capitolo dei LL.MM. dell’Arco Reale e la Gran Commenda dei Cavalieri Templari d’Italia hanno proceduto al rinnovo dei loro Gran Dignitari. Riconfermano per un secondo triennio alla guida del Gran Capitolo il comp. Tiziano Busca mentre a quello della Gran Commenda è stato eletto il Cav. Guido Vitali. I lavori del Gran Concilio dei Massoni Criptici non prevedevano il rinnovo dei Grandi Dignitari. Di seguito l’intervento conclusivo del Sommo Sacerdote.

La presidenza del Gran Capitolo dove oltre alla Gran Giunta uscente si riconoscono a sinistra del Sommo Sacerdote il Most Excellent Louis E. Bartrand General Grand High Priest del General Grand Chapter Royal Arch Masons International e il comp. Gerard J. Raiola Deputy General Grand High Priests Europe/Africa.

E’ un piacere con cui mi accingo a salutarvi partendo da un momento particolare. Noi dobbiamo dire molte grazie, anzi spesso lo dimentichiamo anche, dobbiamo ringraziare molto gli americani, il popolo americano. Dobbiamo ringraziare perché in un momento difficile ci ha sostenuto ritornando a noi un valore che non trovevamo più. In realtà lo ha fatto in un tempo in cui i giovani, come i nostri giovani, hanno perso nel campo di battaglia le proprie vite. Il padre di un compagno a noi vicino, Ted Harrison, riposa qua vicino a noi ce lo ha ricordato. Ci ha ricordato altre cose, perché ci ha riunito in questo luogo, un

soggetto che per noi è un poco la via su cui testimoniamo il nostro essere: la pietra. Io ho ma voluto ricordare questa 52 Assemblea non con un vezzo, ma credo che sia un impegno che dobbiamo portare avanti in tutte le grandi assemblee con un tema. Io ho raccolto questo tema da un grande compagno, il mio maestro, Giordano Bruno Galli. Guardavamo oggi una foto dell’ultimo viaggio che lui ha fatto insieme a me e ad altri compagni, a Castel del Monte. Eravamo stati a Taranto. Cercavamo le stelle in quel periodo. Perché cercavamo davvero una chiave di volta per conoscere e sapere il significato di

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questa grande entità. Il significato alchemico di questa grande entità che è Castel del Monte. Volevamo viaggiare insieme dentro la nostra anima raccogliendo il senso di quelle pietre. Che cosa è la massoneria? Perché siamo qua? Che cosa immaginiamo noi da questi lavori? Noi raccogliamo testimonianze. Raccogliamo simboli. Raccogliamo energie. Ci sono cose immutevoli nel tempo e la pietra è una di queste. Ci sono cose immutevoli nell’uomo. E il marchio dei valori che noi abbiamo non cambiano con l’età, non si trasformano con le stagioni. Si fermano e ci consolidano il nostro sentire, il nostro agire. Ed è il significato della nostra maestria. Questa maestria che ha portato negli anni a confondere davvero, qualche volta, qual’era la massoneria dagli aspiranti tali. Ma sappiamo anche che nella massoneria c’è il valore della tradizione. Ci siamo noi. C’è il nostro corpo rituale. C’è questa grande il giuramento del Sommo sacerdote durante la cerimonia di insediamento forza che in maniera silente noi rappresentiamo come testimoni di questi valori. Ecco, proprio perché lo York è sempre stato fedele a questo processo abbiamo avuto ancora una volta, dagli Stati Uniti d’America, nel momento più buio del Grande Oriente d’Italia quel sostegno perché la nostra comunione potesse continuare. E’ passata tanta acqua sotto quei ponti. Ma l’acqua è la memoria e noi questo non dobbiamo dimenticarlo. Noi dobbiamo capire che dentro un percorso nuovo che abbraccia l’intero sistema internazionale c’è soltanto un luogo dove la notizia arriva prima che

il giuramento della nuova Gran Giunta

negli altri posti: è nel nostro corpo rituale. Siamo in tutto il mondo. Siamo l’università, l’universalità di questo percorso massonico. Dovremo pur cogliere quanta differenza c’è tra chi opera in un percorso identitario nazionale e chi come il nostro corpo rituale opera come una Gran Loggia Universale. Davvero noi parliamo con ciò che gli altri aspirano a raccogliere o riconoscere. E che cosa vuol dire questa massoneria dello York, da non confondere con altre massonerie o altri corpi rituali che pensano di poter testimoniare ciò che hanno conosciuto dopo. Che arriva dopo, punto. Non cambia il tempo. E non può essere che uno stile diverso faccia immaginare i valori dell’uno e dell’altro uguali o con differenze che non sono significative. NO. Noi le nostre differenze le abbiamo e le riteniamo significative a un punto tale da non doverci confondere con quello che può essere un atteggiamento che diffusamente si viene manifestando. Il nostro è un corpo rituale non fragile, un corpo rituale molto forte, un corpo rituale che esiste, un corpo rituale che ha memoria. Un corpo rituale che ha cambiato pelle portandosi dietro i segni non del tempo ma della modernità. E questa nostra modernità la testimoniamo oggi, tutti qui in mezzo a noi, sappiamo e siamo consapevoli del tempo che stiamo vivendo. E’ il tempo che abbiamo attraversato, nel silenzio, in questo viaggio solitario, qualche volta infastidito ma sicuramente mai da soli perché sappiamo che il nostro percorso di esistenza e un percorso di esistenza che ci porta a superare il guado. Ecco, siamo in un nuovo tempo. Il rito di York è arrivato al punto di un percorso in cui si segna la svolta. Se avete avuto modo di leggere ciò che ho scritto nell’ultimo YRMag@zine ho riportato la frase di un

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fratello che è qui con noi, del padre di un fratello: MAI CONTRO QUALCUNO MA SEMPRE PER QUALCOSA ecco questo è il significato di questi anni di lavoro. Ho sempre cercato di lavorare per qualcosa. Per qualcosa era il Rito di York, il nostro corpo rituale, la nostra identità di Rito di York italiano perché ci sarà un tempo, e ci dovrà essere un tempo in cui avremo bisogno di dialogare, anche dentro l’Europa nello schema, nelle regole, nel rispetto che è dovuto tra i nostri corpi rituali europei per merito, non per bramosia di potere, non per ricerca di medaglie e di grembiuli. Dobbiamo incominciare a guardarci negli occhi perché credo che il senso della comunione sia nel viaggiare insieme, nel condividere insieme, nel comprendere insieme ciò che sta accadendo e ciò che sta evolvendo. Sapendo anche che possono esserci delle novità che possono essere significative da un punto di vista di sviluppo su un piano anche numerico per quanto riguarda l’identità del Rito di York Italiano. Ecco io credo che la chiusura di un impegno:

riunire, consolidare, accrescere è stato il mio motto in questi tre anni possa davvero completarsi ricordando che questo messaggio MAI CONTRO QUALCUNO MA SEMPRE PER QUALCOSA è lo spirito con cui noi dobbiamo traguardare questo giorno, e questo qualcosa è il senso del nostro essere di compagni dello York ed è per questo che è qualcosa a cui noi ci riferiamo, è un qualcosa ricco che ci riscalda il cuore perché parla di noi. Io ringrazio tutti per la ricchezza e l’emozione che ho avuto modo di vivere in questo tempo. Ringrazio i compagni di Giunta ringrazio il Deputy G. Rayola, l’onore di aver avuto modo di incontrare sulla mia strada L. Bartrand, un compagno straordinario, non solo un Sommo Sacerdote ma un grande fratello che ha sostenuto e ha aiutato il nostro Gran Capitolo e a cui noi siamo legati e riconoscenti. Credo di lasciare un corpo rituale in buone e sane condizioni. Abbiamo soltanto bisogno di continuare a crederci e di continuare a guardare avanti. Vi ringrazio.

il plauso dell'intera Assemblea al termine dell'intervento conclusivo del Sommo sacerdote comp. Tiziano Busca.

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■note d’autore

Il Segreto iniziatico nella via del cuore di Massimo Agostini

Nel mondo iniziatico si sente spesso affermare che la verità non è rivelabile, ed è così: come spiegare le proprie esperienze interiori, come far comprendere agli altri un vissuto che non gli appartiene.

assoluto, universale. Nessun essere che è altro da noi, per quanto amato e caro, potrà mai comprendere la nostra sensibilità, i nostri più nascosti pensieri, le nostre emozioni, desideri, conoscenze. Viviamo con gli altri, ma alla fine ognuno si ritrova solo con se stesso, una solitudine che sembra appartenere a chi ama e fortemente sente l’immensità dell’anima, divenendo buona amica per chi, dotato di sensibilità, cerca di vivere consapevolmente l’esperienza interiore delle proprie emozioni. Riflettere su se stessi, la pratica del silenzio, il simbolico abbandono dei “metalli”, ovvero del materialismo inteso come inconsapevole vissuto di ogni quotidiano divenire; costituiscono in questo percorso le fasi simboliche di un costante, duro, intimo, lavoro personale, senza limiti e confini, guidato esclusivamente dal proprio solitario rapporto evocativo con gli antichi e misterici insegnamenti, con il simbolismo di un Tempio e, se si è fortunati, con gli stimoli di pochi illuminanti Maestri. Il viaggio iniziatico è un viaggio di purificazione durante il quale ci si deve liberare delle parti più negative del sé. L’impulso negativo si presenta come forza autonoma sotto le sembianze di un animale terribile. Il neofita deve impegnare una dura lotta con questa forza antagonista che tende ad uccidere la sua anima. Scopo dell’iniziato non è però di uccidere la bestia, ma piuttosto di sottometterla. L’anima nera spesso spaventa e per questo evitiamo di guardarla nella sua vera essenza e se potessimo vorremmo anche ucciderla. Antichi rituali parlano di: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem (Veram Medicinam) e il rettificare corrisponde all’incontro con la propria essenza più negativa (la bestia, l’anima nera) non per ucciderla, ma per conoscerne tutta la sua potenza, e se ci riesce, usandola per trovare la propria luce più splendente. Chi percorre le strade della conoscenza iniziatica si ritrova quindi inevitabilmente a “fare i conti” con la natura duale della propria essenza, vivendo il contrasto cromatico tra il bianco ed il nero della propria intima natura, attraverso lo strumento che i massoni indicano come V.I.T.R.I.O.L., ovvero in un processo di intima conoscenza del proprio Sé (Visita Interiora Terrae) per comprendere che è possibile divenire

Antichi rituali parlano di: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem (Veram Medicinam) e il rettificare corrisponde all’incontro con la propria essenza più negativa (la bestia, l’anima nera) non per ucciderla, ma per conoscerne conoscerne tutta la sua potenza, e se ci riesce, usandola per trovare la propria luce più splendente.

Ognuno vive la solitudine del proprio divenire pur condividendo con altri, emozioni, amori, esperienze quotidiane di vita. L’unico amico che ci è concesso di conoscere è infatti lo specchio della nostra essenza con la quale ci troviamo, se osservatori attenti, ad un confronto serrato unico,

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osservatore distaccato e ogni uomo “libero e di buoni costumi”. padrone della propria natura In tutte le tradizioni iniziatiche il cuore è infatti il centro spirituale (Rectificando), allo stesso dell’individuo, ovvero il luogo mistico dell’ascolto e dell’incontro con la modo dell’auriga platonico che propria energia potenziale, fonte primaria di Verità. Giustizia e Amore. governa le opposte nature dei Anche per la Bibbia il cuore è una realtà più ampia, che include tutte suoi due cavalli (espressione le forme della vita intellettiva, tutto il mondo degli affetti e delle del dualismo dell’anima) per emozioni, nonché la sfera dell’inconscio in cui affondano le radici di raggiungere l’iperuranio, fonte tutte le attività dello spirito. Per gli Ebrei, il cuore è considerato la di ogni illuminata realizzazione sede del potere insito nella prima lettera dell’alfabeto, Alef, che nella (Invenies Occultum Lapidem). ghimatriah cabalistica ha il valore numerico di trentadue (due lettere Il nostro operare nella vita Yud contrapposte e in mezzo due lettere Vev) corrispondente alla dovrebbe essere perciò scevro parola ebraica Lev, che appunto significa cuore. Il cuore, al pari della da verità rivelate, presupposto lettera Alef, è perciò espressione della Luce divina, e strumento di di ogni possibile pregiudizio, unione tra macrocosmo e microcosmo, tra coscienza umana e divina, ma bensì essere caratterizzato tra finito e infinito; tra Sé inferiore e Sé superiore; tra l’essenza da percorsi, intimi, personali, caotica e torbida dell’inconscio e il mondo della “coscienza rivelata”. esclusivi, di Quindi la scintilla di consapevolezza; verità è nel cuore e una il cuore, sede di consapevolezza Verità e Giustizia, che non può essere rappresenta lo frutto di strumento iniziatico insegnamenti più o per la propria meno dotti o di compiutezza. Per erudite cognizioni, colui che ricerca trovando più sicuro questa Verità alimento proprio in iniziatica è quell’intima inevitabile esperienza di incontrare ostacoli analisi, e nel e difficoltà, dovendo personale confronto sperimentare con la propria e l’incontro con la altrui essenza. “Se propria essenza più hai dubbi, studia, oscura, quell’anima dopo lo studio “Se hai dubbi, studia, dopo lo studio medita, formula asserzioni, cerca medita, formula conferme, dubita ancora”, raccomandava ai fratelli uno dei miei più cari nera che, come Maestri di Alchimia Spirituale, Bernardo Shin, al secolo Giordano Bruno asserzioni, cerca Galli. (una delle ultime fotografie del comp. Galli Giordano Bruno con allo belva vorace, è capace di divorare conferme, dubita sfondo Castel del Monte) ogni anelito di ancora”, realizzazione nella Luce. Specchiarsi nel proprio Sé più bestiale, raccomandava ai fratelli uno prendere coscienza del demone insito nel proprio essere, dei miei più cari Maestri di rappresenta la parte più terrificante e angosciante del sogno Alchimia Spirituale, Bernardo iniziatico. Il bene e il male, nella loro suprema potenza inconscia, Shin, al secolo Giordano emergono in un terrificante contrasto di forze che si materializzano Bruno Galli. L’essenza di un nei peggiori pensieri o nella più luminosa gioia. La manifestazione è percorso iniziatico impone spesso il frutto del nostro pensiero, l’archetipo ha in sé il tutto e sta quindi dubbi e domande all’uomo sapersi unire al dolore o alla gioia e scoprire forse che continue, alle quali nessuno entrambe non esistono se non come frutto del pensiero. Un cammino potrà mai dare risposte nella che per alcuni può proseguire verso più elevati livelli di giustizia ed ricerca della Verità, essendo equilibrio, attraverso un percorso di consapevolezza interiore, che ogni verità posta nel cuore di

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assume la valenza di una conoscenza superiore, dove forza e bellezza trovano giusta sintesi nella sapienza iniziatica di colui che tutto vede. Tale processo iniziatico lo ritroviamo simbolicamente espresso in molti simboli del tempio massonico, non solo nel pavimento a scacchi bianchi e neri, ma anche nella Luna (Iside) e nel Sole (Osiride) che, posti ai lati del triangolo divino, e dietro allo scranno del Maestro Venerabile, donando a quest’ultimo l’immagine di colui tutto vede, con un richiamo all’antica sapienza egizia, che indicava nell’occhio di Osiride resuscitato in Horus, il magico connubio degli

opposti. L’uomo che ha in sé equilibrio e giustizia è solo colui che non si fa sopraffare dai demoni del proprio inconscio poiché ha infatti compreso, non solo come domare il drago interiore, ma bensì come sfruttarne la potenza distruttrice per raggiungere le acque cristalline della realizzazione. In questi passaggi è forte il messaggio che la rivelazione divina è in noi e non fuori di noi. Solo una ricerca attenta della nostra essenza più intima, valicando il velo dell’inconscio, consente all’uomo libero di accedere alle stanze segrete di ogni magica rivelazione. La conoscenza conduce inevitabilmente a comprendere che l’essenza del viaggio ha in sé il principio della libertà, di un sentire scevro da ogni dogmatica e fideistica interpretazione, e quindi da pregiudizi e condizionamenti, al fine di sottrarre il proprio io al grigiore del volgo pensante, potendo interrompere circonvoluzioni mentali che nulla hanno a che vedere con lo scopo della nostra sacra vita. Il sentiero iniziatico, nella consapevolezza del saggio, non può che fondarsi nei principi di tolleranza e fratellanza, affinché anche chi è diverso da noi non assuma l’aspetto del selvaggio, ma al contrario diventi ricchezza inesauribile per la nostra realizzazione. Nello spirito di questo sentire, ringrazio fraternamente per lo spazio concessomi nella vostra prestigiosa rivista.

Il comp. Tiziano Busca insediato per un secondo mandato 2016-19 a Sommo Sacerdote dei LL.MM. dell’Arco Reale – Rito di York in Italia. ….Nonostante sia arrivato sereno alla Grande Assemblea, non ero assolutamente preparato a quello che poi nella realtà è successo. Quando hanno iniziato ad applaudire e si sono tutti alzati in piedi era come entrare immediatamente in mezzo ad una folata di vento, dove pur volendo trattenerti sei trasportato, diventi di una fragilità che non ti immagini; capisci che non è la tua volontà a condizionare gli eventi, e che la tua volontà ormai non condiziona più nessuno. Vieni messo nello stato d'animo di lasciarti trasportare da un coro di emozioni e di forza ed è come se in quel momento tu stessi volando davvero, provi letteralmente l'emozione di chi vola in alto, ed è proprio vero che quando ti travolgono con un' onda emotiva così potente diventi leggero e voli in aria, hai quella sensazione di essere portato dagli altri indipendentemente da quello che può essere il tuo pensiero logico e razionale. Mi sono scoperto a dire: "basta grazie, basta grazie", con una forza ed un tono di voce sempre più flebile, ed accanto a me c'era Enzo Heffler che mi diceva: «È inutile non si fermano, non c'è niente da fare non si fermano!».

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■Simbolismo

La Croce è uno dei simboli universali più antichi e più diffusi al mondo. di Biviano Antonio

Articolo pubblicato sul Blog dell’Arco Reale – rito di York. La ritroviamo in tutte le La ritroviamo in tutte le tradizioni antiche, con significati molteplici, ed ecco perché tradizioni antiche, con significati Essa non può e non deve essere considerata solo come un simbolo cristiano. molteplici, ed ecco perché Essa Simbolo antichissimo, ne sono stati rinvenuti reperti preistorici anche dell’era Neolitica egeo-anatolica dopo. non può e non deve essere (circa 4000 a.C.) prima e dell’area egeo considerata solo come un simbolo significati attribuiti nell’antichità alla Croce, e cristiano. Simbolo antichissimo, ne sono stati diciamo che: come per ogni altro simbolo, il suo rinvenuti reperti preistorici anche dell’era neolitica significato è percepito in funzione delle posizioni (10.000 a.C.), per poi arrivare alla croce Ansatica filosofiche e religiose di ciascuno di noi. Essa è, a dell’antico Egitto (che rappresentava e nostro avviso, o, il simbolo che meglio di ogni altro, rappresenta tutt’oggi ’oggi la vita eterna) ed ancora svela vela il mistero della divinità. La realizzazione dello Swastica che appare nelle aree IndoIndo dell’uomo universale, è infatti simboleggiata in mediterranee dell’epoca tardo Neolitica (circa tutto il mondo, dalla maggior parte delle dottrine 4000 a.C.) prima e dell’area egeo-anatolica anatolica dopo. tradizionali, sempre col medesimo segno: il segno Da qui, si arriva, nei secoli susseguenti, ad della Croce. – Esso sso si ricollega alla tradizione indicare la manifestazione di tutte le cose, nel primordiale, e rappresenta come gli stati buddismo, da un punto centrale generatore, o dell’essere umano, siano l’orizzontale, materiale, ancora la croce azteca di Tlaloc, detta la croce di appartenente al mondo reale e tangibile, collegati Quetzalcoatl, nel 200 d.C.; ed ancora, scorrendo all’asse discendente , verticale della spiritualità, in lungo i secoli, presso i Celti, la Croce è iscritta in cui il verbo si cala in noi qualora lo evochiamo, un cerchio, a rappresentare il rapporto esis esistente incrociandosi nel punto di maggiore importanza: tra macrocosmo e microcosmo, e cioè il rapporto sul cuore. La dimensione orizzontale rappresenta tra Dio e Uomo, concezione propria opria della religione quindi l’ampiezza, la base terrena della Druidica. Sull’origine e sull’attribuzione cristiana, realizzazione individuale durante lo scorrere della possiamo dire che nei primi secoli d.C. il simbolo sua esistenza; mentre la dimensione verticale, ver del Cristianesimo era il pesce, in greco si dice di rappresenta una molteplicità di mondi possibili pos e Icthus, ma è dal II secolo, con gli scritti di Marco di stati interiori via via sempre pre più spiritualmente Minucio Felice, che essa viene associata come elevati. Per il Cavaliere il simbolo della Croce simbolo di Cristianesimo, come appare in dei deve essere considerato come la papiri del 200 d.C., dove appare lo staurogramma aurogramma rappresentazione dell’uomo universale. formato da Tau e Rho. Al fine di non dilungarci in L’orizzontalità corrisponde de all’ampiezza o una più lunga unga disamina storica sui molteplici estensione, come base dell’individualità umana,

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mentre la verticalità vista strettamente corrisponde alla Cristiano, la Croce è gerarchia di molteplici legata al numero 3 ed al mondi, spirituali e principio di Trinità. Ed cognitivi, all’insieme di ecco che quando il tutte le possibilità che cristiano traccia con le l’universo può offrire. Ed mani il segno della ecco quindi che la Croce Croce, pronunciando la è l’Uomo, con il suo fatidica frase “in nome asse verticale, attivo, del Padre, del Figlio e spirituale, sacro, che dello Spirito Santo”, discende come Verbo in procede con la mano Lui e come tale lo rende destra, quella che opera elevabile verso l’alto, in attivamente, una rappresentazione congiungendo il capo col che come la scala, ventre, e quindi la spalla secondo Cusano, può sn. con quella dx. essere al tempo stesso Simbolicamente quindi il discesa o risalita; segno verticale rievoca L’Uomo però possiede Famosa è la rappresentazione di Leonardo dell'uomo di Vitruvio in cui la discesa di Dio dal anche un asse una persona è inscritta in un quadrato e in un cerchio. Nel quadrato, cielo alla terra, che si l'altezza dell'uomo (AB) è pari alla distanza (BC) tra le estremità delle orizzontale, passivo, mani con le braccia distese . La retta La retta x-y passante per esprime con la venuta legato ai metalli, alla l'ombelico divide i lati AB e CD esattamente in rapporto aureo tra loro. del Figlio, opera che si sua vita quotidiana, alle Lo stesso ombelico è anche il centro del cerchio che inscrive la espleta attraverso sue incertezze, alle sue persona umana con le braccia e gambe aperte. La posizione l’intervento dello Spirito corrispondente all'ombelico è infatti ritenuta il baricentro del corpo paure, ai suoi bisogni, umano. Santo e cioè il Verbo alle sue passioni. La stesso di Dio, che col Croce ci rappresenta perfettamente, la Croce è segno orizzontale, esso si diffonde sulla terra l’Uomo Universale. Infatti, Essa è costituita da quale logos vivifico di Dio stesso. Ed ecco come due segmenti posti a 90°: quello orizzontale in questo semplice gesto noi possiamo ritrovare rappresenta il negativo, la terra. Quello verticale un intero concetto sul significato del Nuovo mette in comunicazione il mondo celeste con Testamento, dove, il Padre, cioè la Coscienza quello terreno, congiungendo l’alto con il basso. E Universale, si fa Verbo, o Logos, cioè Cristo, per quindi, Dio che si unisce con la natura, come il discendere su tutte le cose, sotto forma di energia Verbo che discende per emanare la Parola vitale, azione stessa di Dio. Possiamo quindi Vivifica. Il punto centrale è il luogo del Principio concludere tale ipotesi col dire che: la Croce, dal Universale, il Cuore, il Graal. Essa può ancora punto di vista Cristiano, rappresenta Dio sotto essere intesa come l’albero della vita dei cabalisti, forma di Suo Pensiero, Sua Parola e Sua Azione. ed ancora, in essa vi sono forze centrifughe e Da un punto di vista Massonico, possiamo dire centripete, poiché da essa si diffonde e verso che nella Croce l’asse verticale è un simbolo di essa si ricapitola. Altro significato importante è vita, mentre l’asse orizzontale che la attraversa è quello dell’ascensione e quindi la simbologia un simbolo di morte; e quindi, si potrà dire che legata al ponte e alla scala. I due assi della Croce l’iniziato non potrà accedere alla vita eterna se possono essere anche intesi come, la virtù, l’asse non dopo avere superato la barriera della morte. verticale, e la conoscenza, l’asse orizzontale. Da Con la morte, egli vince la morte stessa. Ed cui scaturisce che essi debbano sempre essere ancora che l’asse verticale rappresenta allora un nel giusto equilibrio fra loro, pena una disarmonia luogo metafisico della manifestazione della della figura e quindi dell’Uomo stesso. Ma perché volontà Divina, la quale interseca ciascun piano l’armonia sia sempre perfetta, bisogna ottenere un orizzontale nel suo centro. L’asse verticale, quindi equilibrio tra l’essere ed il divenire. Dal punto di nella sua discesa può essere inteso come la

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parola vivifica che ci investe singolarmente, creando, per ognuno di noi massoni, il nostro destino su questa terra. Ma l’asse verticale lo si deve anche intendere come la via iniziatica, la via personale, la via del samurai. E cioè gli stati crescenti dell’essere, lungo l’incessante via della ricerca della perfezione. Indicheremo allora come perfezione passiva, quella che ci discende dal Cielo come asse verticale divino, il La croce Latina nel rito di York nell'Order of Kights Templar destino di ognuno di noi; e perfezione attiva, quella tre quinti di quella orizzontale. Tale proporzione è che mettiamo in atto quotidianamente nel una proporzione aurea. Essa infatti ricade nel perseguire la nostra via iniziatica. Ed ecco perché rapporto di circa 1:1,61, tipica delle cose perfette la risposta che un sacerdote ebbe a dare ad un della natura quale la periodicità con cui si bambino che gli chiedeva “cosa vuol dire farsi il dipartono le foglie del ramo, la rotazione della segno della Croce ” fu: per significare la discesa spirale del nautilus, rapporto ben conosciuto dagli di Cristo in noi. Tale frase può essere, da noi artisti di ogni tempo.Tale proporzione aurea, non Cavalieri e Massoni del terzo millennio, è un caso, ma vuole rappresentare, a nostro perfezionata col dire che, farsi il segno della avviso, che ci deve sempre e comunque essere Croce rappresenta sicuramente la discesa di una giusta proporzione tra il braccio materialista e Cristo in Noi, la quale però ci stimola nella ricerca quello spiritualista nell’Uomo che la incarna. In di perfezione lungo un'ascesa mistica degli stati Esso, dunque, i due bracci dovranno sempre superiori del nostro essere, e che tale ascesa è conservare tale divina proporzione, in un perfetto attiva e consapevole. Giammai dunque una equilibrio, dove la spiritualità sia sempre 3/5 e la semplice accettazione di una dogmatica dottrina materialità non superi mai i 2/5. Riteniamo infine cristiana che ci discende dall’alto e che dobbiamo che tutti noi Cavalieri del terzo millennio dobbiamo accettare passivamente e inconsapevolmente. aspirare a divenire come l’Uomo Ideale o Aureo, Un’ultima considerazione, prima di concludere: la colui che idealmente rientra in questa Divina Croce latina, nella sua rappresentazione ideale è proporzione. raffigurata con una linea verticale che è di circa

Esaltazione al grado di Arco Reale: una tornata congiunta dei Capitoli La Culma e Brixia. La soddisfazione del Sommo Sacerdote comp. Tiziano Busca. Un'altra esaltazione al Sublime Grado di Arco Reale martedì sera 28 giugno presso la casa massonica di Bergamo. Una speciale tornata congiunta del Capitoli La Culma n.76 all'Oriente di Bergamo e Brixia n.77 all'Oriente di Brescia, congiuntamente alla Commenda Templare Parsifal S.O. all'Oriente di Bergamo e al Capitolo Delta n. 70 all'Oriente di Padova in cui è intervenuto anche il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell'Arco Reale - Rito di York, Tiziano Busca. «Un grazie a tutti i compagni intervenuti», ha detto Busca, «che hanno manifestato tanta armonia nella conduzione dei lavori. Un esempio per tutti che l'umiltà e l'armonia sono esempio di eccellenza nella strada dei cercatori del simbolo e che l'energia produce nella via del sacro l'evoluzione della materia per portare il tutto in una dimensione universale».

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▲XXXIX Grande Assemblea Annuale

L’intervento del Gran Maestro dei Massoni Criptici alla XXXIX Assemblea Annuale

XXXIX Grande Assemblea Annuale Rimini 14 maggio 2016 Relazione del Gran Maestro

Carissimi fratelli e compagni, desidero ringraziare tutti coloro che ci hanno voluto onorare della loro presenza. Poi, un saluto particolare ai carissimi compagni che hanno introdotto questi lavori. E’ passato appena un anno da quando siamo stati insediati alla guida del Gran Concilio dei Massoni Criptici d’Italia. Un tempo che ci ha appena dato la possibilità di capire da vicino il contesto complesso nel quale ci apprestiamo ad operare più concretamente. Con un obbiettivo: modificare le cose per migliorare il sistema York e il Concilio Criptico in particolare,

secondo gli indirizzi condivisi con tutti i Grandi Dignitari per primi, poi con gli altri due Corpi del Rito di York: il Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell’Arco Reale e la Gran Commenda dei Cavalieri Templari. E’ questo senz’altro, il punto più importante: il cambiamento. Non è il caso di trattenerci a parlare della situazione critica attuale e delle cause che l’hanno generata e che investe tutta la società in generale, ma anche l’Istituzione massonica in ogni suo Ordine e grado, in maniera più o meno visibile. Anche il Concilio, particolarmente in alcune aree dove si risentivano effetti negativi spesso provenienti anche da tempi

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ormai lontani, è stato ed è ancora coinvolto in questa situazione critica che tuttavia oggi lascia intravedere all’orizzonte più che uno spiraglio di luce. La medicina che abbiamo cercato di mettere a punto pestando nel nostro mortaio comprensione, tolleranza, Tradizione, azione, esoterismo e amore fraterno, sta funzionando. E non solo per il Concilio, perché a focalizzare gli ingredienti che servivano e che serviranno per compiere questo processo non basta l’azione isolata di qualcuno, ma occorre capire, coordinarci e agire tutti assieme. Da soli compagni carissimi, non si va da nessuna parte. Non si costruisce un Concilio che brilli nel mondo massonico e che riesca ad incidere nella società civile se non è costruito su una massoneria dell’Ordine sana e propositiva, se non poggia sulle pietre ben squadrate e sicure del Capitolo e se non si lascia affiancare dai valori e dall’azione efficace della Commenda dei Cavalieri Templari. Ecco, è questo clima cari compagni, che siamo riusciti a costruire correndo in giro per tutta l’Italia come forsennati, condividendo e partecipando, soprattutto all’inizio, le attività che erano già pianificate dal Gran Capitolo guidato dal Sommo Sacerdote Tiziano Busca, con il quale si è andato via via rafforzando un legame che va ben oltre le pur necessarie strategie del momento; un rapporto fatto oggi soprattutto di fratellanza, di stima, di rispetto reciproco, di affetto. Lo stesso vale per la Gran Commenda dei Cavalieri Templari. Questa dinamica è stata da subito condivisa dai grandi Dignitari in maniera collegiale e via via adattata alle situazioni che si andavano delineando e modificando quasi sempre in maniera positiva e propositiva. Un grande apporto coerente con questa nuova filosofia ce lo aspettiamo per gli aspetti organizzativi e amministrativi, dalla nascente Associazione del Rito di York, sulla quale più tardi, saranno dati lumi. Fra poco vi verrà illustrato come si è voluto impostare il nuovo blog accessibile a tutti e disponibile da subito per coloro che vorranno offrire collaborazione e voglia di fare. E’ uno strumento poderoso nel quale speriamo di farci vedere pochissimo in fotografia ma tantissimo per le cose via via realizzate o in corso d’opera, ma anche con tavole, approfondimenti, studi ed eventi inerenti la vita dei concili. La macchina è in moto e presto si renderà necessario riattivare il lavoro delle varie

Commissioni, ormai da tempo sonnecchianti davanti ai problemi che pur esistono ma che ora si stanno inquadrando sempre più nitidamente. Non saranno necessari cambiamenti epocali, tuttavia occorrerà rivedere tanti aspetti, a cominciare dall’effettuare rivisitazioni delle traduzioni probabilmente imprecise dei nostri rituali. Nel mosaico nazionale dei nostri Concili ci sono aree di crisi anche dov’è stata grande tradizione come Livorno dov’è in crisi non solo il Concilio, o come Torino dove però si comincia ad intravedere un orizzonte più chiaro dopo tanti anni di difficoltà. Da più parti stanno partendo o ripartendo nuovi o vecchi Capitoli e questi dicevamo prima, rappresentano la base su cui costruire il Rito di York, nella logica che dove c’è un Capitolo dell’Arco Reale ci deve essere un Concilio Criptico e poi una Commenda Templare e che, quando possibile, i lavori dei tre Corpi rituali avvengano in contemporanea, realizzando sinergie, coinvolgendo e armonizzando nei lavori tutti i compagni. E qui permetteteci di soffermarci un attimo sull’importanza e sul ruolo dell’esoterismo. Dovunque siamo stati abbiamo portato una voce a richiamare l’attenzione sul ruolo importante che la Tradizione, quella fatta di Gnosi, di Ermetismo, di Cabala, ma anche di Alchimia, che nel Concilio, a ben guardare, sono più visibili che altrove, perché questi sono gli strumenti che ci aiutano a capire, ci invogliano ad approfondire , ci migliorano, ci elevano di sicuro ad un livello superiore. Questo siamo andati in giro raccontando a platee sempre numerose ed attentissime. Questo, non a caso, è quanto in maniera seria e affascinante, storicamente onesta e guardata con occhio benevolo, ha elegantemente tracciato il compianto Umberto Eco in uno dei suoi ultimi lavori intorno alla Filosofia pubblicato con i caratteri di Repubblica l’Espresso. Abbiamo messo tanta carne sul fuoco, ma l’anno prossimo il Gran Concilio compirà 40 anni dal rilascio della bolla di fondazione, con charter del Gran Concilio dello stato americano del Missouri il 16 marzo dell’anno depositionis 2977. Ricorderemo con festa questo evento, anche coniando una medaglia, aspetto di cui abbiamo ormai perso la tradizione. Metteremo tutto l’impegno possibile, avvalendoci sempre di più dell’attività dei compagni che abbiamo a fianco ed ai quali ci siamo sempre di più affezionati ed ai

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quali rinnoviamo sentimenti di stima, di fiducia e di affetto davvero fraterno e sincero. Abbiamo colto via via quasi tutte le occasioni che si sono presentate, per allacciare relazioni con Grandi Concili di molte nazioni rafforzando, per quanto possibile prestigio e spirito di fratellanza. Con lo stesso spirito quando si è presentata l’occasione, abbiamo allacciato buoni rapporti con gli altri Riti riconosciuti, rapporti che, coinvolgendo il Grande Oriente d’Italia, vorremmo intensificare. In questo contesto vorremmo anche richiamare l’attenzione sul ruolo importantissimo degli Appendant Body, come la Silver Trowel, la Cazzuola d’Argento o la Croce Rossa di Costantino e le altre. In tutte queste attività metteremo tutto l’impegno possibile, avvalendoci sempre di più dell’attività dei compagni che abbiamo a fianco ed ai quali ci siamo sempre più affezionati ed ai quali rinnoviamo sentimenti di stima, di fiducia e di affetto davvero sincero e fraterno. Il messaggio

che vogliamo farvi arrivare è un messaggio di pace e armonia, ma anche di ottimismo per il futuro che abbiamo davanti. Ricordiamoci che siamo degli iniziati che percorrono strade tracciate sugli Antichi Doveri, degli iniziati che lavorano per portare luce nel mondo, dentro e fuori dai templi. Abbiamo, tutti insieme, il compito di trasmettere gli insegnamenti esoterici delle più antiche culture della Tradizione. Lo scopo è quello di rendere l’uomo migliore per fare una nazione e una società migliore. Ma è bene qui ricordare che gli Antichi Doveri e l’Ordine, il Craft, dei quali è primo interprete e portavoce, rappresentano il fondamento di ogni attività massonica e che i fratelli, prescindendo dal ruolo o dal Rito di appartenenza, ognuno forte dei propri principi, devono in ogni circostanza, lavorare nella più ampia armonia, per il bene dell’umanità. A tutti un triplice, fraterno abbraccio

webinar estivo - webinar estivo Che cos’è la Qabalah? Spesso l’abbiamo sentita citata, anche nei suoi rapporti con il simbolismo massonico, e anche in quello del Rito di York. Abbiamo letto qualche articolo in rete oppure abbiamo tentato di farci un’idea più precisa comprandoci un libro o due. Ma ancora le idee non sono chiare, né è chiaro il perché il fine della Qabalah non può essere diverso dal fine ultimo dei lavori in Loggia, come non sono chiari tutti i depositi sapienziali nella ritualità. Per venire in soccorso a queste mancanze il Rito di York proporrà a partire dalla prossima settimana un webinar estivo – aperto a Compagni, Fratelli e profani - in sette lezioni. Comodamente da casa, il mercoledì alle 20.00, sarà possibile assistere ad una lezione, interagendo in chat e condividendo materiali didattici, slide. L’obiettivo del corso è quello di dare robustezza alle nozioni cabalistiche più importanti, per affrontare poi altre letture con maggiore consapevolezza e spirito critico. Si parte il prossimo 13 luglio, chi volesse partecipare, può richiedere un invito a arcorealerdy@gmail.com

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▲ Gran Commenda dei cavalieri Templari d’Italia

I Cavalieri Templari d’Italia eleggono un nuovo Em. Gran Commendatore E’ il Cav. Guido Vitali Em.mo Gran Capitano Generale della Gran Giunta uscente. Il Cav. Vitali è un profondo conoscitore del corposo e complesso Rituale Templare. Subentra al Cav. Giovanni Pascale che ha guidato la Gran Commenda Templare d’Italia per un triennio.

Il lungo applauso affettuoso e riconoscente dei Cavalieri Templari d’Italia saluta l’Em. Gran Commendatore Giovanni Pascale al termine del suo triennio alla guida della Gran Commenda Templare d’Italia. Lo stesso applauso che per acclamazione porta il Cav. Guido Vitali coadiuvato da una rinnovata Gran Giunta alla guida dei Cavalieri Templari del Rito di York in Italia. Ritualista, profondo conoscitore del corposo rituale Templare, il nuovo Em. Gran Commendatore è chiamato ad imprimere un forte impulso alla rete delle Commende Templari Italiane. Lo affiancano il Cav. Mario Masillo quale Em.mo Gran Commendatore Vicario, il Cav. Salvatore Gueli Em.mo Gran Generalissimo, il Cav.Massimo Agostini Em.mo gran Capitano Generale, il Cav. Domenico Ruffa Em.mo Gran Tesoriere e il Cav. Tiziano Casellino quale Em.mo Gran Segretario.

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■ templarismo

San Bernardo di Chiaravalle e l’Ordine del Tempio: affinità tra i monaci Cistercensi ed i Cavalieri Templari. di F. Hildebrand 2016 pubblicato sul Blog dell’Arco Reale venerdì 10 giugno

Conoscere la STORIA è conoscere noi stessi, la nostra vita odierna. San Bernardo da Clairvaux, dottore della Chiesa, grande immagine dell’epoca medioevale, fu il fondatore dell’Ordine Cistercense e fortissimo sostenitore dei Cavalieri del Tempio. Abbracciò e diede nuova immagine alla regola Benedettina, dove lo “hora et labora”, erano fondamento di perfetta armonia tra i monaci ed il Creato tutto, portando questo messaggio anche ai potenti del momento. Non più una Chiesa di pochi eletti, ricca di orpelli e ricchezze, dove la politica ed il nepotismo sono la “REGOLA”, ma una Chiesa conciliante con la vera vita sociale di quest’epoca, fatta quindi per gli “umili per gli umili!”. Ed è in questa sua visione e modo di vita, che sostiene ed accomuna ai suoi monaci, i Pauperes Milites, monaci guerrieri, che rimanendo difensori in terra santa, dei luoghi ove ha vissuto Cristo, divengono anche uomini di fede, a protezione ed aiuto dei pellegrini che si recano in Terrasanta. Non solo soldati, Cavalieri, ma anche Monaci, con tutti gli obblighi di carità, castità, fratellanza ed umiltà che Bernardo di Chiaravalle nella sala capitolare (miniatura del XV secolo)

comporta questa qualifica. Come i monaci Cistercensi, bonificano i territori da loro occupati, creando canali di irrigazione, sfruttando la forza dell’acqua per costruire molini, frantoi ed altre macchine idrauliche, coltivando i terreni bonificati, a verdura e frutta, per uso proprio o come merce di scambio, così i Cavalieri del Tempio, riescono ad inserirsi in un tessuto sociale ben diverso della loro patria. Ed offrono anche protezione alle genti originarie, o che vivono in Terrasanta. Ecco quindi nascere sotto la guida dei Templari, fortezze, castelli e borghi, dotati di quella ingegneria che crea un nuovo stile nell’architettura, specie quella

fortificata. Così come i Monaci Cistercensi hanno creato lo stile denominato “gotico cistercense”, creando nuovi movimenti architettonici nelle abbazie, costruendo intorno ad esse, luoghi specifici, fatti per i comuni momenti di preghiera, come locali e costruzioni preposti per la cura della persona, infermerie, spezierie, ospedali e luoghi di risanamento, così l’Ordine del Tempio riparte

nelle fortezze gli stessi spazi di accoglienza, sia per i monaci militari, sia per i pellegrini in transito che raggiungono Gerusalemme. Veri rifugi sia per il corpo che per lo spirito, speculari a quanto edificato dai Cistercensi in Europa. A mio parere, sembra che siano gli stessi ingegneri ed architetti, muratori e cavapietre, maestri lapicidei e costruttori delle macchine che occorrono a costruire grandi edifici, ma che si possono modificare anche in macchina da guerra. Quasi che un messaggio, un modo di fare e lavorare, sia passato in continuo tra queste due realtà monastiche. Uno scambio di idee e progetti, per portare la società tutta ad un miglioramento costante, per il bene di tutti, per la collettività. Tutto sempre più a misura di “UOMO”, dove si privilegia proprio l’uomo con tutte le sue debolezze, ma anche con tutta la sua nobiltà. Un

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modo di vita che ritroviamo sia in Terrasanta che in Europa, portata dall’affinità che lega i due Ordini, e che ha identici scopi. Pregare, che significa essere gruppo, essere un insieme di Fratelli, un corpo unico, formato da uomini che abbandonano una vita prettamente egoistica e materiale. Lavorare per loro stessi, ma anche per gli altri, apportando un miglioramento dello stato naturale delle cose, del Creato, un miglioramento che si riflette sul singolo, personale, e di riflesso per tutta la collettività. Nel rispetto del Creato e dell’Uomo, nascono luoghi edificati per difendere e proteggere, in Europa, dove le abbazie, sono edifici complessi che formano borghi autosufficienti, come in Terrasanta, dove i Cavalieri del Tempio, ergono castelli, borghi e città fortificate, migliorando quanto già esisteva. Un grandioso sforzo architettonico ed edificativo accomuna i monaci Cistercensi e i Templari! Ed è un movimento che investe globalmente tutto il mondo occidentale e il vicino oriente, che riscopre le antiche regole di costruzione, gelosamente conservate da gruppi di persone preposti alla cura di queste, non divulgate a tutti, in quanto preziose e destinate a chi solo abbia l’amore di custodirle, e di studiare nuovi metodi innovativi ed applicazioni nel campo delle costruzioni. È un vero rifiorire dell’architettura, dove chi ci lavora sa che ne rimarrà traccia indelebile nel tempo. Monaci Cistercensi e Cavalieri Templari, retti da un unico pensiero, tracciano, ed iniziano così una strada che porterà il mondo occidentale a quel momento storico, architettonico e culturale, che sarà il Rinascimento. Un' idea ulteriore accomuna questi due Ordini. Il rispetto per tutto il Creato. Ed essi si prodigano per abbellire e rispettare quanto li circonda ritornando a quanto voleva e predicava San Bernardo! Ritorniamo a questo splendido uomo. Bernardo sceglie con cura i luoghi dove erigere le sue abbazie, che sono sempre ben servite di corsi o sorgenti d’acqua, posti solitari, boscosi, luoghi che portano pace allo spirito e raccoglimento, ma che impegnano anche nella vita attiva di tutti i giorni i suoi monaci. Sembra un sacerdote dell’Antica religione, Bernardo, a mio parere un Druido, dove il rapporto del Creato è fondamento di vita e pensiero, non lasciando nulla al caso. Egli esalta la Spiritualità Cistercense, che, se supportata dal lavoro fisico, porta la giusta Armonia. Nello stesso tempo il Lavoro, porta il

benessere nella vita di tutti i giorni, copre i fabbisogni naturali e corporali. Così unendo Spiritualità e Lavoro, riesce a riunire sotto un unico modo d’agire, i monaci Cistercensi ed i Templari, dettandone non solo le regole, ma esaltando le loro gesta. Dall’umile monaco che raccoglie i frutti della terra da lui lavorata, al Templare che difende la Fede con le armi e con il suo corpo. Templari posti a difesa, come sempre, alla protezione degli umili, dei pellegrini, ed a tutti coloro che non sono preparati all’arte della guerra. Bernardo, nei suoi scritti, giustificherà che i Templari potranno togliere la vita agli uomini definiti “malvagi”, e non sarà più omicidio, bensì “malicidio”, ed ovunque compaia e prolifichi il male, questo deve essere annientato. Donerà così due spade all’ Ordine del Tempio, la prima reale per proteggere e proteggersi dalle offese del nemico, la seconda spirituale, una spada per difendere il personale spirito, la propria parte più intima e profonda, dall’attacco che il Male può sempre portare, quel nemico invisibile che può trovare spazio per colpire la mente ed il cuore. Similitudini pure nei colori. Il Bianco, il Nero. Il vestito bianco e la pazienza nera dei Cistercensi; gli stessi colori che identificano l’Ordine del Tempio, nelle loro vesti, perfino nelle coperte o lenzuola dove vanno a riposare, un lenzuolo dove giacere di colore bianco, un lenzuolo di colore nero per coprirsi. Lo stendardo da battaglia, le vesti degli aiutanti, degli scudieri, dei sergenti Templari: l’abito bianco la sopraveste nera. Un ulteriore similitudine è la venerazione, che accomuna ambedue gli Ordini, alla Vergine Maria. San Bernardo la elegge a Luce del suo pensiero e della sua vita, da portare come esempio e conforto a tutti. Una rivalutazione dell’eterno Femminino? L’Alma Mater? Come torna prepotente il Sacerdote dell’Antica Religione! Certamente per Bernardo da Clairvaux la VERGINE è la Madre di tutto e di tutti. Ecco, a mio parere, la mai dimenticata Iside, raffigurata già nelle figurazioni preistoriche come l’inizio del tutto, colei che dà la vita, che detiene il potere della vita: la donna nella sua bellezza, la femmina che accudisce ai suoi figli, ma anche che governa con la sua Saggezza la vita del Clan. Un omaggio alla Donna, che nel parlato medioevale diventerà Madonna, Milady. Un omaggio al potere che dà la vita, che dà amore e protezione ai suoi figli, ai

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suoi compagni, custodito dalla donna, che per i Cavalieri del Tempio, diviene idealizzazione dell’amore puro cavalleresco, a cui tutto si cede, in modo casto, fino ad arrivare a donare la vita stessa. Come la abbazie Cistercensi sono sempre dedicate a Maria, tutte le Chiese ed i Templi e le varie costruzioni Templari portano il simbolo della Vergine, e pure nei sigilli compaiono le iniziali di Maria. Maria, la Vergine, colei che crea la vita, colei che da vita al Cristo, che cura e curerà i suoi figli nella vita di tutti i giorni, e li accoglierà con sé quando la vita cesserà. Ancora oggi i monaci Cistercensi alla fine dei salmi cantano in onore di Maria l’ultima preghiera, mantenendo viva una fede ed un fortissimo amore voluto da San Bernardo. Così come i Templari, negli ultimi istanti della loro esistenza terrena, invocavano il suo nome, come aiuto e come prece per il loro passaggio ad una nuova vita, libera dalle miserie umane. Un continuo connubio lega questi monaci; monaci di pace e monaci di guerra, monaci costruttori, che vivono un esperienza reale di vita,

fatta di fatica e sacrifici, dove tutto è convogliato per il bene della collettività, dove la fratellanza supera la consanguineità e trova quella solidarietà di gruppo e di intenti, per giungere a formare un mondo migliore. Noi facciamo parte del Creato, donatoci dall’Essenza Divina. La nostra vita deve essere formata da questo pensiero, a mio parere, trovando il rispetto, per gli altri, ma anche per noi stessi. Dobbiamo far sì che l’alchimia del nostro vivere quotidiano diventi Alchimia di Spirito, una vera trasmutazione interna che può portare solo, con continua ricerca, alla sublimazione della nostra essenza, avvicinando il nostro essere, il nostro cuore a chi ci ha dato vita ed intelletto, a chi ci ha donato questo intero Creato, e con la nostra anima ed il nostro cuore, Onorare con sommo rispetto questo grande dono. Più ci avviciniamo alla Luce, più riusciremo a capire la nostra funzione in questa vita, capiremo quanto è importante il confronto ed il non giudicare gli altri esseri viventi e rispetteremo così il nostro Stato d’essere.

Il Rito di York Italiano alla Grande Assemblea Austriaca

La delegazione del Rito di York Italiano alla Assemblea Annuale del Gran Capitolo Austriaco

Una delegazione italiana del Rito di York ha partecipato alla Grande Assemblea d'Austria tenutasi a metà giugno a Vienna, portando i saluti del Sommo Sacerdote Tiziano Busca. Erano presenti Gilberto Bonaccorso Sommo Sacerdote Onorario, Mauro Luzi Presidente dell'Alto Sacerdozio, Nicola Zanetti Gran Segretario Aggiunto, Mario Pieraccioli Gran Maestro dei Criptici e Davide Bertola Gran Maestro aggiunto dei massoni Criptici.

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■Simbolismo

PER UNA LETTURA APERTA DEL SIMBOLO di Marco Rocchi il simbolo va avvicinato senza dogmi e senza convenzioni, perché esso continua a parlarci fin tanto che abbiamo desiderio di interrogarlo. “La Massoneria è l’arca vivente dei simboli”, è 1 stato detto ; e ogni Massone impara presto, sin dal grado di Apprendista, l’enorme valore dato ai simboli nella istituzione liberomuratoria. Ma per capire il significato e le ragioni di tale attribuzione di valore bisogna, forse, partire ab ovo, interrogandosi su cosa sia un simbolo, e su come l’uomo possa appropriarsi di uno strumento così sofisticato di lettura della realtà. Simbolo, dal greco syn-bàllo, significa gettare insieme, mettere insieme. Nell’antica Grecia  (symbolon) indicava una moneta, un coccio o un altro oggetto spezzato e diviso tra due persone che lo trasmettevano alle rispettive discendenze come segno (dunque come “simbolo”) di perpetua amicizia tra le due stirpi. Da qui, per estensione, simbolo è poi diventato vocabolo applicato a qualcosa (immagine, oggetto, allegoria, metafora, rito, mito) che rinvia a qualcos’altro. Ed è qui interessante osservare che l’esatto opposto di simbolo – etimologicamente parlando – è il diavolo (da dia-bàllo, cioè gettare separati, dunque 1

D.Roman, René Guénon et les Destins de la FrancMaçonnerie, Editions de l'Oeuvre, Paris, 1982. L’espressione è stata poi felicemente ripresa dal GOI come titolo in occasione del convegno “Le radici esoteriche della Massoneria – L’arca vivente dei simboli”, svoltosi nel 2000.

dividere). Quindi il simbolo “mette insieme”. Ma se in origine il mettere insieme si riferiva ai due pezzi della moneta, oggi il simbolo mette insieme il referente e il riferimento, l’immagine e il concetto, il significante e il significato. Per il pedagogista svizzero Jean Piaget, il bambino arriva a conquistare il simbolo, il pensiero simbolico, la rappresentazione simbolica, faticosamente, con un periodo di “apprendistato” (la scelta del termine non è casuale) che egli inizia intorno ai 18 mesi di vita e che lo impegnerà strenuamente fino almeno all’età di sette anni, per completarsi però solo con la definitiva maturità 2 intellettuale . È intorno ai 18 mesi che il bambino riesce per la prima volta a distaccarsi dalla realtà, nel senso che il suo pensare non è più legato al contingente nel tempo e nello spazio. Il bambino non pensa più solo quello che vede, sente, tocca in quel preciso momento; il suo pensiero non è più vincolato a ciò che percepisce con i sensi in quel preciso istante. Anzi, al contrario: è proprio in questa fase che – attraverso l’immaginericordo – inizia a poter parlare al passato, quindi del passato. Presto inizierà a parlare anche al futuro, 2

J.Piaget, La naissance de l’intelligence chez l’enfant, Delachaux et Niestlé, Neuchatel, 1936; trad. it. La nascita dell’intelligenza nel fanciullo, La Nuova Italia, Firenze, 1973.

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quindi del futuro. Parlare e pensare al passato sono indici della capacità di apprendere. Parlare e pensare al futuro sono indici della capacità di progettare, di mettere a frutto ciò che si è appreso. È dunque questa la faticosa conquista del simbolo, che il bambino inizia a porre in atto in ogni cosa che fa: l’uso referenziale del linguaggio (che non è altro che usare un simbolo fonetico per indicare un oggetto reale, anche se non fisicamente presente in quell’istante), i segni iconici (gli scarabocchi prima e i disegni poi, che simboleggiano la realtà), le finzioni operate nel gioco e nell’imitazione, sono tutti sintomi che il simbolo è ormai alla portata del bambino, che è 3 entrato nella sua vita . E il bambino passerà i prossimi anni a “ridurre a simbolo” tutta la realtà. Ma nel bambino si tratta sempre di forme simboliche elementari. Il simbolo diviene poi ben altro nel mondo dell’adulto. Dapprima libero di spaziare nell’idealismo dell’adolescente, il simbolo viene poi codificato, ristretto all’interno di un pensiero allineato, che poco spazio lascia allo sviluppo di un pensiero libero e individuale. I simboli dell’adulto si riducono così molto spesso a quelli che i semiologi chiamano più propriamente “segnali”, caratterizzati dal fatto che in essi il rinvio a qualcos’altro è sempre convenzionale, codificato, e che pertanto essi perdono così la loro forza evocativa. Quindi la via che il massone deve compiere è forse in fin dei conti un tornare indietro alla fase della riconquista del simbolo, con un percorso però per certi versi opposto: come il bambino attraverso il simbolo si distacca dalla realtà, il massone attraverso il simbolo si riappropria della realtà, leggendola in una chiave del tutto nuova. Sarebbe impossibile riassumere in poco spazio il pensiero dei tanti filosofi che si sono cimentati sull’argomento. Ma forse vale la pena ricordarne alcuni che al simbolo hanno attribuito grande valore. Per Ernst Cassirer, ad esempio, il simbolo è il modo – di più: l’unico modo – con cui i concetti possono essere pensati dalla mente. Così si esprime nella sua opera Filosofia delle forme simboliche: “Il simbolo non è un rivestimento meramente accidentale del 3

J.Piaget, Laformation du symbol chez l’enfant, Delachaux et Niestlé, Neuchatel, 1945; trad. it.La formazione del simbolo nel bambino, La Nuova Italia, Firenze, 1972.

pensiero, ma il suo organo necessario ed essenziale. Esso non serve soltanto allo scopo di comunicare un contenuto concettuale già formato, ma è lo strumento in forza del quale questo stesso contenuto si costituisce ed acquista la sua compiuta determinatezza. L'atto della determinazione concettuale di un contenuto procede di pari passo con l'atto del suo fissarsi in 4 qualche simbolo caratteristico” . Per il filosofo neokantiano, quindi, il linguaggio, il mito, e persino la conoscenza scientifica sono simboli, seppure ognuno caratterizzato da una propria peculiarità; e l’uomo quale lo conosciamo è dunque un animal symbolicum. E, a proposito di mito – sicuramente una delle più suggestive forme simboliche –, per Mircea Eliade questo non è che una ierofania, una rivelazione del sacro. Più precisamente, il mito è una creazione dello spirito che diventa fondamento della storia, e che nel corso della storia torna ciclicamente a 5 riattualizzare alcuni archetipi primordiali . Ma è poi soprattutto con Carl Gustav Jung (nipote di Carl Gustav Jung il Vecchio, Gran Maestro dei 6 Massoni di Svizzera ; e molto probabilmente massone egli stesso che il simbolo riveste un valore fondamentale: è proprio il simbolo, nelle sue varie forme, che rimanda all’archetipo, al contenuto dell’inconscio collettivo dell’uomo, che l’uomo eredita biologicamente ma che è destinato appunto a rimanere sotto la soglia della coscienza, per riaffiorare talvolta nei sogni, nei miti e, appunto, nei simboli.Scrive Jung, nell’opera Psicologia e Alchimia: “Un simbolismo talmente ricco (…) deve sempre la sua esistenza a una ragione sufficiente, e mai a un puro capriccio o gioco dell’immaginazione. Se non altro, in esso si esprime una parte essenziale dell’anima, della 7 psiche” . Dunque il simbolo, nascondendo il significato sotto il significante, in un modo che 4

E.Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, Bruno Cassirer, Berlin, 1923; trad. it. Filosofia delle forme simboliche, Sansoni, Firenze, 2004. 5 M.Eliade,Le Mythe de l'éternel retour. Archétypes et répétition, Gallimard, Paris, 1949; trad. it. Il mito dell'eterno ritorno, Borla, Roma, 1966. 6 Cfr. H.F.Ellenberger, Introduzione a Jung, Bollati Boringhieri,2006, pag.16. 7 C.G.Jung, Psychologie und Alchemie, Walter-Verlag, Olten, 1944; trad. it. Psicologia e alchimia, Bollati Boringhieri, Torino, 2006.

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raramente è banale e immediato, diventa una speciale occasione di riflessione: se non accettiamo di fermarci al livello del significante, ma aspiriamo a quello del significato, il simbolo ci costringe a riflettere, attraverso l’immagine, sulla realtà, sulla nostra vita e sul senso ultimo di tutto queste cose. In una parola sola: sull’Uomo. È allora anche evidente che ogni “codificazione” del simbolo, se da una parte ha un valore culturale importante perché aggiunge un piano di lettura nell’ascesa dal significante al significato – almeno quando non sia frutto di un’opera mistificatoria –, dall’altra non deve impedire la libera interpretazione che il simbolo può suggerire a ciascuno di noi, ciascuno di noi potendolo interpretare sulla base della propria sensibilità, del proprio vissuto, della propria intelligenza, del proprio corpus di conoscenze. Nel momento in cui viene codificato, il simbolo perde le sue peculiarità, la sua forza evocativa, per divenire un semplice “segnale” (nel senso già menzionato in precedenza). Più precisamente, con la codificazione, il simbolo – imboccata la via dogmatica – abbandona la via mistica (da mystikos, cioè relativo ai misteri), la via del non ancora conosciuto, del viaggio che si avvicina indefinitamente alla meta senza poterla raggiungere perché la meta è sempre spostata più avanti. Opera di codificazione è quella che ad esempio fecero gli ermetisti rinascimentali, quando proposero una chiave interpretativa di tutti i simboli dell’antico ermetismo classico in un’ottica cristiana, spesso forzando a questo scopo le stesse traduzioni dal greco (e in questo caso si colloca l’opera mistificatoria). Invece, il simbolo va avvicinato senza dogmi e senza convenzioni, perché esso continua a parlarci fin tanto che abbiamo desiderio di interrogarlo. Ancora Jung afferma: “Il simbolo ha un significato molto complesso perché elude la ragione; presuppone sempre una molteplicità di significati che non possono essere abbracciati da un unico concetto logico. Il simbolo ha dentro il futuro. Il passato non è sufficiente a interpretarlo, perché in ogni situazione presente sono inclusi i germi del 8 futuro” .A questo proposito, Alfredo Cattabiani amava dire che “nulla è più nuovo di ciò che è permanente, a patto di riproporlo in un linguaggio 8

che sappia rispondere agli interrogativi del proprio tempo”.Dunque il simbolo deve rimanere aperto ad ogni possibilità di interpretazione, per diventare pura materia di riflessione, insieme occasione di meditazione profonda su noi stessi, sulla realtà intera, sull’Assoluto.Il simbolo è in definitiva ciò che ci consente di realizzare il paradosso di un doppio viaggio, solo in apparenza “fisicamente contraddittorio”: il viaggio che – per usare le parole di Plotino – è insieme discesa nell’interiorità di sé e ascesa verso l’Uno, verso l’Assoluto. È proprio in questa capacità di stimolo alla riflessione su noi stessi e sulla realtà che risiede la vera potenza del simbolo. Perché dobbiamo ricordare che la tradizione – anche quella dei simboli – va sì protetta, ma non blindata, e che l’ermeneutica dei simboli – gioverà ripeterlo ancora una volta – deve rimanere aperta, perché i simboli continueranno a proporci nuove interpretazioni finché continueremo a interrogarli con l’animo sgombro da giudizi già cristallizzati. Perché, come diceva Gustav Mahler, “tradizione è la custodia di un fuoco, non l'adorazione della cenere”.

Ibid.

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l’Inserto RITUALITA’ UNIVERSALE E RITUALITA’ MASSONICA di Vittorio Vanni Articolo pubblicato grazie alla gentile concessione dell’Autore.

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1 LA RITUALITA’ Il modo, il tempo, lo spazio Si può tentare di definire la ritualità, peraltro imperfettamente, data la sua natura di collegamento fra mondo fisico e mondo iperfisico, come un insieme codificato di parole, atti e oggetti analogizzati simbolicamente all’invocazione ed evocazione d’esseri sovrannaturali. Le religioni exoteriche usano la ritualità in questi termini, inducendo atteggiamenti affettivi ed emozionali, mentre gli assiomi esoterici ritengono l’universo stesso (macrocosmo) un’entità energetica indifferenziata. L’uomo, (microcosmo) è l’immagine individualizzata e differenziata di quest’energia, e attraverso la teurgia1 può attrarla e usarla, dandogli a sua volta forma antropica differenziata e quindi evocabile e invocabile. È nota l’importanza magico-rituale del Nome: per gli antichi possedere il Nome di un dio, (dando quindi all’energia universa una sua specificità individuale) significava possederne la potenza. Vi è nella comparazione fra ritualità religiosa e ritualità iniziatica una differenza di grado, se non di qualità, che rende la seconda incomparabilmente superiore. Il secondo criterio rituale che Fraser2 codificò all’inizio degli studi antropologici, riportato poi dal Mauss nei suoi studi antropologici3, enuncia che : «il rito magico ordinariamente, agisce di per sè‚ costringe, mentre il rito religioso adora e concilia; il primo ha un’azione meccanica immediata, il secondo agisce indirettamente e attraverso una specie di rispettosa persuasione» Un esempio tipico di questo procedimento è stato studiato da un punto di vista antropologico dal De Martino4che ha esaminato l’iniziazione sciamanica di Aua: «Fu nel mezzo di un tale accesso di misterioso e sommergente gaudio che io diventai sciamano; il misterioso, l’inqualificabile, il senza orizzonte, l’irrelativo, l’insorgente, il caotico diventa ora il piccolo Aua, una forma definita, un’esistenza qualificata, uno »spirito» che verrà quando sarà chiamato, e che fornisce il potere paragnomico». Se è vero che i rituali massonici, come notò già Leone XIII nella sua più interessante enciclica antimassonica5, assomigliano a quelli legati ai

sacramenti, ciò deriva dal fatto che la liturgia cattolica non è una creazione specifica e originale del cattolicesimo, ma è un’interessante imitazione della ritualità antica, in piccola parte ebraica, ma soprattutto indotta da quella misterica, sia mediterranea che mediorientale. Il calendario liturgico, l’uso dei colori, gli strumenti rituali, ecc., sono stati completamenti indotti da ciò che i cristiani chiamarono sprezzantemente il «paganesimo», mentre ne tramandavano sia le speculazioni teurgico-metafisiche del neoplatonismo (Cfr. Porfirio, Giamblico, Plotino) che le connotazioni popolari (festività, venerazione dei santi, processioni, esorcismi ecc.). Uno dei grandi meriti della civiltà cattolica consiste proprio nell’aver tramandato fino a epoche recenti o, quanto meno, al periodo preriformistico, la grandiosità liturgica e simbolica del mondo antico. La Chiesa Romana in tempi recenti ha rinunciato all’uso del latino come lingua sacra nelle sue cerimonie; ha espurgato le grandi e universali tradizioni rituali dai suoi schemi liturgici, ha rinunciato al simbolismo architettonico nelle chiese e cattedrali moderne. Solo un simbolista e ritualista può oggi apprezzare e rimpiangere con cognizione di causa ciò che la Chiesa Romana ha volontariamente perduto. La fretta - a nostro giudizio errata - di adeguarsi al presente non considera che solo in un ipotetico e lontano futuro l’umanità potrà evolversi tanto da poter intuire, comprendere, vedere, la bellezza infinita dei frattali delle linee di forza dell’energia universale, il suono silente dell’armonia delle sfere che il rito tradizionale induce, la gioia infinita e l’illuminazione che la teofania6produce nell’uomo. La caratteristica fondamentale della ritualità è la sua universalità. Gli ultimi cento anni di studi etnologici, antropologici e psicoanalitici affermano che gli assiomi fondamentali della ritualità, la sua stessa applicazione formale sono stati e sono fondamentalmente gli stessi. I Sumeri e i Babilonesi di quattromila anni fa, i bramani ayurvedici ancora più antichi, le tribù amerindiane del XIX secolo, le stirpi oceaniche e gli aborigeni australiani del XVII secolo, i misteriosofici mediterranei dell’era precristiana hanno avuto e hanno la stessa forma e sostanza rituale. I

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semplici assiomi delle modalità rituali si possano così sintetizzare: Lo spazio ● geografia e geofisica sacra: scelta di una località in cui le forze cillenie e quelle ctoniche, prima intuite per via naturale, e susseguentemente conosciute per tradizione, possano favorire nell’uomo stati superiori di coscienza. ● creazione di uno spazio sacro in cui possa effettuarsi un’influenza spirituale, una ierofania.9 ● orientamento spaziale, geografico e astronomico, o allineamento macromicrocosmico. Il tempo ● orientamento temporale-astronomico 1. rituali solari: solstiziali ed equinoziali legati all’aumento o alla diminuizione della luce e all’inizio delle stagioni 2. rituali lunari delle quattro fasi 3. rituali lunari delle domificazioni della luna 4. rituali orario-planetari ●orientamento astrologico 1. riti astrologico-decanali 2. riti astrologico-zodiacali Negli ultimi tre secoli, ma soprattutto dalla metà del ’700 in poi, il calcolo, ma soprattutto la percezione del tempo è completamente cambiata e negli studi rituali, come nell’operatività magicorituale, vi è la necessità di percepire la successione temporale così come la concepivano gli antichi, una struttura scandita in senso verticale (il tempo - i tempi- i tempi del tempo) ritmata dai cicli inesorabili del sole, della luna, delle stelle, delle stagioni e del lavoro che era ad esse sinergicamente connesso. In questo modo vi era allora un tempo per ogni cosa, mentre adesso non vi è più niente che abbia il senso del tempo reale. L’attuale struttura del tempo, strumentale, meccanica, artificiosa, schiaccia e appiattisce l’uomo, che soffre nella morsa dei ritmi

innaturali imposti dall’attuale inciviltà e fra la pulsione di quelli naturali che la sua natura biologica, psichica, intellettuale, spirituale, abbisognerebbe. La scansione cronologica non è più indotta dal rapporto micro-macrocosmico, dall’allineamento fra umanità ed universo, ma da valori, necessità, desideri, interessi, bisogni tecnico-sociologici che, in astratto legittimi, si rivelano poi disumanizzanti. Le problematiche legate all’uso del tempo rituale non si risolvono unicamente con la conoscenza del tempo tradizionale, che sarebbe relativamente semplice ritrovare. Negli ultimi secoli sono avvenute profonde modificazioni biologiche e biopsichiche dell’organismo umano (prodotte dalle implicazioni psicosomatiche della variazione del tempo individuale). La prima e più importante perdita è stata quella del tempo memoriale o sociale, in seguito alla scomparsa dei mores che facevano sì che la tradizione orale fosse nel frattempo storia e mito, identità individuale e sociale assieme. La mente, strumento dell’intelletto, ha necessità di definire, di limitare la realtà fisica, di concentrarne l’essenza in uno spazio mentale più puntiforme possibile, proprio perché l’intelletto possa metaforizzarne e simboleggiarne l’esperienza materiale, ritrovando l’indefinito e l’infinito nell’astrazione metafisica. La memoria individuale è resa quasi inutile dalla quantità e dalla rapidità delle informazioni, quasi sempre effimere e transeunti, e quindi labili, deboli, evanescenti. Le incidenze interiori di questo processo sono di difficile verifica logica, ma producono comunque una deconcentrazione e un’alienazione sia dalla realtà esterna che dall’interiore. Questa modifica biopsichica dell’entità fisiologica può produrre nel frattempo una modifica all’entità animica ad essa corrispondente, con conseguente perdita di alcune facoltà intuitive sui piani sottili che già l’umanità del medioevo conservava in parte. Il modo A) Il Segno Le modalità dell’evocazione teofanica sono prodotte dalla magia simpatica. Questo termine non tradizionale è stato indotto dalla definizione di Fraser, ripresa poi dal Mauss e significa una tecnica magica che si ritiene produca il suo effetto grazie all’identità fra lo scopo perseguito e i mezzi adoperati. Il principio è che «simile produce

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simile». Il termine tradizionale è segnatura, sigillo, analogia. Le concezioni magiche tradizionali ritenevano, per il principio esoterico del: «Tutto in Uno, Uno in Tutto», che ogni energia universa si rispecchiasse sulla natura, sulle cose, sull’uomo. Se la finalizzazione del rito era quindi la creazione di uno stato di potenza si pensava che adunando tutto ciò che materialmente e/o simbolicamente rispecchiava l’energia «potenza» si potesse attrarne le qualità. Da qui le tavole analogiche tradizionali d’equipollenza simbolica, di cui il massimo codificatore fu Cornelio Agrippa7. Il Quadro di Loggia nei vari gradi massonici è un esempio classico di questa «evocazione», espressa per il principio analogico con simboli rappresentati graficamente. B) Il gesto rituale come comunicazione metafisica. La principale forma di comunicazione non-verbale è stata il gesto. Gli studi di Morris8, Lorenz9, Iränaus Eibl-Eibesfeldt10, Hall11, Drosher12 hanno affermato che la gestualità negli animali e nell’uomo è innata, ma può evolversi e maturarsi per apprendimento. Il gesto ieratico, espressione prima della ritualità, è comune a tutte le culture, anche senza influenza diretta. Esprime un’imitazione, istintiva e cosciente, dei grandi cicli celesti e terrestri, ed uno degli elementi fondamentali dell’allineamento micromacrocosmico, con cui l’uomo può sperimentare stati dell’essere non comunemente conosciuti. C) Il contatto rituale come scambio d’energie sottili. Nelle antiche credenze, comuni ad Oriente ed Occidente, non si considerava, nella fisiologia materiale, dell’uomo solo la sua componente visibile. Energie più sottili, chiamate in Occidente eteriche o astrali formavano la sua fisiologia non visibile con potenzialità che potevano essere attivate, scambiate ed aumentate attraverso il contatto fisico, in quanto la posizione dei centri o nodi energetici fisici coincidevano con quelli iperfisici. L’imposizione delle mani, ad esempio nell’unzione regale, nell’ordinazione sacerdotale o nella terapeutica, trasmetteva energie sottili attraverso uno dei nodi più importanti della fisiologia visibile ed invisibile dell’uomo. Lo schiaffo o collata dell’investitura cavalleresca trasmetteva qualità marziali attraverso la violenza (o lo choc dell’atto). Nell’iniziazione artigiana da cui la Massoneria prende origine, il segno nei vari

gradi tende ad attivare le energie corrispondenti. Il segno gutturale del 1° grado evoca il Logos, che attraverso il Fiat effettua la creazione primigenia, l’inizio spaziale e temporale dell’attuale stato dell’essere. Il segno cardiaco del 2° grado risveglia il pensiero del cuore, quella facoltà intuitiva e istintiva che poneva l’umanità in contatto diretto con l’energia universa, e che è stato in parte perduto attraverso la necessaria evoluzione umana verso la razionalità, il pensiero della mente. Il cammino esoterico non comporta certamente la perdita della razionalità, conquista terribile, faticosa e dolorosa, ma la riacquisizione e la coordinazione mentale e spirituale di quegli elementi di sensibilità sottile perduti dall’uomo nel suo cammino evolutivo. Il segno addominale del 3° grado riattiva il terzo gran nodo energetico dell’uomo, quello generativo, la cui forza, come recita l’Ecclesiaste, «è più forte della morte». Frate Elia da Cortona fu un notevolissimo personaggio, successore di S. Francesco nell’Ordine e perseguitato per sospetta eresia da S. Antonio da Padova e da Gregorio IX. In un suo sonetto ermetico13Elia accenna a questa operatività quando afferma: Allor ti puoi tocar sotto il belico e dire: i’ son Maestro certamente. I toccamenti massonici, segno di riconoscimento dei Fratelli nei vari gradi, esprimono lo stesso concetto, in quanto le dita della mano esprimono a loro volta vari tipi d’energia, secondo gli schemi analogici della cosiddetta »mano pantea» 14misterica e neoplatonica. La presa o griffe del Maestro, detta anche i «Cinque punti della Maestria», che rappresenta la parte finale del rituale d’elevazione al grado di Maestro, rappresenta una vera trasmissione fisiologica e metafisica di poteri iniziatici. È da notare che la ritualità massonica non è in genere una trasmissione personale e diretta di un’influenza spirituale. Essendo la trasmissione esoterica, quella, appunto, iniziatica, del terzo stato sociale, ha caratteristiche collettive, perché necessita di un certo numero di Fratelli, tre o cinque o sette, per la validità del rito. La presa di Maestro è invece l’unica forma massonica concessa di trasmissione iniziatica diretta e personale, da Maestro a Discepolo.

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Un altro esempio di ritualità massonica attraverso il gesto e il contatto consiste nella Catena d’unione. Introdotta nella Massoneria francese nella seconda metà del XVIII secolo, ha origini primordiali nell’ambito della ritualità universale. L’uso rituale della catena d’unione, mantenuto nella liturgia massonica, ha un’antichissima origine nelle danze rituali dei popoli antichi. Per questi la danza non era soltanto un mezzo di puro divertimento, ma aveva una scopo pragmatistico di ritualità magica, in cui ci si riprometteva di mettere in opera una forza sovra-individuale, cercando di metterla a profitto della comunità. Quest’antica operatività, la cui arte esiste ancora in alcune comunità religiose od esoteriche, è tuttora vivente. Secondo queste concezioni, la danza agisce nel frattempo su due piani: 1. Eggregorico: la formazione d’eggregoro15 è facilitata dalla simultaneità dei movimenti, indotta dal ritmo musicale ossessivo, spesso dalla ripetizione di un motivo cantato di tipo mantrico, ecc. che produce una sinergia simultanea delle componenti psichiche ed animiche dei partecipanti. 2. Individuale: lo stordimento della coscienza impegnata in un’attività fisica di notevole fatica, l’assenza di pensiero che ne deriva, favorisce, in una sorta d’inebriamento spesso aumentato da bevande ed eccitanti, il distacco dei corpi sottili e quindi la possibilità d’estasi e visioni e di contatto quindi con i piani superiori. A esemplificare quest’operatività si possono ricordare le danze dionisiache, che potevano terminare con il furore delle baccanti e delle menadi, i sacerdoti cananei di Baal (III I Re XVIII, 26), i profeti israeliti (I Re [Sam.], X,5; XIX,20). Ai nostri tempi possiamo ricordare come nell’islamismo vi sia ancora la confraternita religiosa Mawlawiyyah (in turco ‘Mevleva’), o dei «dervisci giranti», la setta metodista degli Jumpers (saltatori) in Inghilterra ed in America, quella dei Chlysti nella Russia. Nell’antico mondo mediterraneo i balli ciclici o pirrici, sia maschili sia femminili o misti potevano essere di semplice girotondo o tendendosi stretti incrociando le mani dietro le spalle. Il mito narra che fu Teseo che, per sciogliere un voto ad Apollo, danzò con i suoi

compagni prima a destra, poi a sinistra, stabilendo così i primi ritmi della strofe e dell’antistrofe. Sono così caratterizzati i nostri stessi procedimenti d’apertura e chiusura rituale con deambulazione a destra (senso orario o solare), e, in alcuni usi rituali, la chiusura con deambulazione a sinistra (senso antiorario o polare). La storiografia riporta queste danze, ricordate anche nei poemi omerici alla tradizione cretese. Le pirriche presero il nome da Pirro, figlio d’Achille che l’avrebbe danzata in tali forme. Alessandro l’avrebbe danzata a Faselide, intorno alla tomba di Teodette, prima della conquista della Persia. È chiaro in questo caso che Alessandro intendeva ottenere magicamente un rapporto o un’identificazione con l’eroe defunto. Ognuna di queste danze originarie fornì il tipo della lirica corale per i generi melici, già tradizionalmente affermati nelle caratteristiche di melodia e di ritmo. Le battute che segnarono il tempo delle danze furono più spesso di 2/4 o 6/8 e meno frequentemente di 2/4 o 6/8 e, tra queste, quelle di 6/8 e 5/8, più proprie delle danze che si chiamavano stasimotere, nelle quali i danzatori, pur movendosi per evoluzioni diverse, non si allontanavamo mai dal luogo scelto per l’esecuzione orchestrale; mentre il 2/4 e 2/2 erano tempi appropriati agli embateri o danze processionali, che più da vicino si riportavano al passo della pirrica. Alcame, per primo, nei parteni, usò alternare i ritmi di 6/8 e 2/6 e concepì un nesso ritmicomelico che nelle danze stasimotere e processionali si susseguivano di continuo. I vari passi tradizionali che accompagnavano i ritmi meriterebbero un’analisi da un’esperta di questo settore, e producevano certamente un loro particolare effetto sia psichico sia metafisico. Pur senza dilungarsi in descrizioni tecniche, si può ricordare che ogni euritmia aveva una particolare finalizzazione, così come insegnava ancora pochi decenni fa la scuola esoterica di Gurdgjeff. Un’altra applicazione statica di questa dottrina si può ancora esemplificare nei segni d’ordine massonici o iniziatici in genere. La caratteristica della catena d’unione così come oggi è effettuata è quella di aumentare in proporzione geometrica la potenzialità eggregorica dei partecipanti, che il capo-catena

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ha il compito di raccogliere e finalizzare con particolari metodiche. Il contatto fisico dei partecipanti, eseguito secondo le regole della fisiologia sottile, produce energia: la concentrazione dei partecipanti e quella del capocatena la dirigono. Questo contatto fisico si ottiene semplicemente stringendo con la mano destra la mano sinistra del partecipante, e viceversa, come nella pratica rituale del girotondo che inconsciamente i bambini effettuano da sempre, tenendo conto che l’energia circola meglio secondo queste considerazioni: la mano destra dell’uomo ha polarità positiva, la sinistra negativa. Per la donna, la polarizzazione è opposta. Se la catena fosse formata da soli uomini o sole donne, sarebbe sufficiente il tenersi semplicemente per mano. Se la catena è mista si deve procedere in tal modo: gli uomini incrociano le braccia (la destra sulla sinistra), prendendo la mano sinistra dell’uomo che gli è accanto con la mano destra. Le donne (alternate agli uomini) non incrociano le braccia ma avendole distese prendono con la destra (-) la destra (+) dell’uomo che gli è accanto a destra e con la sinistra (+) la sinistra (-) dell’uomo che gli è accanto a sinistra. Se le posizioni non fossero queste avremmo la sinistra dell’uomo (-) unita con la destra (-) della donna e la destra della donna (-) con la sinistra dell’uomo (-). In questo caso l’energia non potrebbe ne prodursi ne circolare. Curiosamente la catena d’unione massonica, nelle comunioni solo maschili, - corretta in quanto sinistra [-] con destra [+] - è effettuata come se dovessero esservi elementi femminili. Quando la catena è correttamente chiusa ogni membro a occhi chiusi visualizza intensamente il volto del capocatena che a sua volta, sempre a occhi chiusi, visualizza lo scopo o l’effetto proposto. Quando il capocatena ritiene che l’energia si sia prodotta e sia circolata correttamente, invia l’energia, scuotendo per tre volte le braccia (ogni volta con una pausa d’alcuni secondi) producendo lo stesso effetto nei partecipanti alla catena, che la sciolgano subito dopo. Le antiche scuole iniziatiche avevano una vera e propria teoria rituale sull’uso operativo della catena d’unione. La parola

La parola costituisce il modo di comunicazione legato alla razionalità, ed interagisce con essa. La raggiunta razionalità degli esseri umani ha prodotto l’uso della parola, ma l’uso della parola a sua volta produce razionalità. L’esposizione di un concetto, astratto o concreto che sia, attraverso la parola è una tecnica mentale complessa e raffinatissima che è oggetto di una precisa branca di studi psichici e psicologici. All’origine di questa razionalità la definizione di una qualsiasi realtà, fisica o metafisica che fosse, attraverso la parola, era considerata un potere formidabile sulla stessa realtà considerata. Per il principio esoterico d’unità globale non vi era differenziazione fra realtà descrittiva e realtà descritta, e nominare una cosa significava nel contempo possederla. L’uso di formule magiche, di lingue arcaiche, o anche di semplice glossolalia determinava quindi dominio o potere sulla cosa desiderata o anche sulle stesse divinità di cui si possedeva il nome. Per questo molto spesso gli Dei o anche le città avevano un nome segreto, da nascondere ai profani o ai nemici. Lo stesso concetto è applicabile all’uso di assumere uno ieronimo all’atto dell’iniziazione. Nel rituale massonico, come in ogni rituale d’altro genere, vi sono due componenti essenziali. Una parte liturgica, basata sulle modalità sovradescritte di spazio, tempo e modo, in una schematicità ormai ampiamente descritta e codificata scientificamente, in modo tale che è possibile oggi avere dei parametri oggettivi di giudizio rituale. Cade così ogni soggettività individuale nella «correzione» o «restaurazione» di un rituale massonico, spesso affidate all’arbitrio estetico o ideologico del singolo. La parte letteraria del Rituale, in cui si esprimono concetti etici e morali, speranze, desideri e volontà, costituisce le finalizzazioni indispensabili, che possano anche variare con il mutare dei tempi, in modo da riportarne l’evoluzione-involuzione su basi tradizionali. La prudenza in questo campo è però indispensabile La parte liturgica, che si fonda su principi immutabili ed eterni - come quelli che pongono l’uomo in contatto fisico e metafisico con l’universo - non può esser variata. I termini simbolico-operativi della Massoneria, ad esempio, avendo acquisito nel tempo una loro suggestività, ma soprattutto una loro potenza eggregorica, sono divenuti degli schemi liturgici a noi specifici e

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non possono più esser variati. In questi termini la Massoneria si può rilevare come un ponte forse unico fra un lontanissimo passato e un lontanissimo futuro, quando l’umanità avrà effettuato un salto di qualità tale da avere in se stessa gli schemi razionali ed istintivi assieme che collegano l’uomo alla natura, all’universo e a Dio. Quando questo avverrà, gli strumenti religiosi, rituali, iniziatici diverranno le stampelle che il malato ormai guarito lascia, come un ex-voto, ai santuari dei miracoli. Note: 1. Il Teurgo è, letteralmente, il creatore o generatore di Dèi. 2. James J. Fraser, Il Ramo d’Oro, Boringhieri, Torino, 1973. 3. Marcel Mauss, Teoria generale della Magia, Newton Compton, Roma, 1975, pag.21. 4. Ernesto De Martino. Il Mondo Magico, Boringhieri, Torino, 1958, pag.117. 5. Enciclica Humanum genus di Leone XIII, 20 marzo 1884. 6. La teofania è l’irruzione del numinoso, del sacro, del divino, indotta dal rito. 7. Cornelio Agrippa, filosofo e mago rinascimentale la cui maggiore opera è La Filosofia Occulta (Cfr. La Filosofia Occulta, Ed. Mediterranee, Roma, 1972, prefazione d’Arturo Reghini.) 8. Desmond Morris, I gesti nel mondo, Mondadori, Milano, 1995. 9. Konrad Lorenz, L’Anello di Re Salomone, Rusconi, Milano, 1989. 10. Iränaus Eibl-Eibenfeldt, Amore ed odio, Mondadori, Milano, 1995. 11. Eduard T. Hall, Il linguaggio silenzioso, Garzanti, Milano, 1972 12. Vitus B.Droscher, Il cosiddetto animale, Garzanti, Milano, 1974. 13. Cfr. Sonetti alchemici di Cecco d’Ascoli e Frate Elia con note storiche e commento a cura di Mario Mazzoni, Atanòr, Roma, 1995, sesto sonetto, p. 45. 14. Cfr. i testi: E. A. Wallace, Budge Amulets and Superstitions, Dover Publications, Inc, NewYork, 1978; Jan Marqués-Riviére Amuleti, talismani e pentacoli, Ed. Mediterranee, Roma,1972, e soprattutto Frederick Thomas Elworthy, L'Occhio del Diavolo, Armenia, Milano, 1988. I suddetti autori, massoni, hanno costituito un notevole corpo di

studi atti a ricostruire l'essenza teorica e storica della ritualità universale e massonica) 15. Eggregoro (o anche eggregore) è un neologismo creato nella prima metà del XIX secolo. Sembra sia stato usato per primo da Eliphas Levi, pseudonimo dell'Abbé Louis Costant, notevolissimo personaggio del mondo esoterico e politico della sua età. Tratto dal greco egregorion, ‘il vegliante’, designa gli angeli caduti dell'apocrifo biblico Il Libro di Enoch, che, per amore delle figlie degli uomini, abitarono la terra, insegnando all'umanità ogni arte e scienza. Nella fraseologia esoterica attuale indica un'entità psichica collettiva che si produce sia per via naturale in qualsiasi congresso umano di almeno tre persone, che per via rituale. La caratteristica dell'eggregore consiste nel suo non essere la somma matematica delle energie. Può assumere esistenza e autonomia individuale per opera del teurgo, che è un creatore di Dèi.

Biografia: Vittorio Vanni, simbolista, saggista, narratore, conferenziere, drammaturgo. Ha scritto, nell’arco di più di trent’anni, centinaia di saggi sulla metafisica, ritualità, simbolismo, storia degli Ordini iniziatici su importanti riviste fra cui Conoscenza; Europa Imperium; Rivista di Studi Tradizionali; Vie della Tradizione; Bollettino dell’Ordine Martinista; Hiram; Massoneria Oggi; Officinae; Il Laboratorio; Anubis; Keter; Ars Regia; Agorà; Sixtrum; Atrium; L’esprit de choses. Collabora con Esoteria; Esonet/Zenit/Les Maitres Passés; La Grande Triade; Prometeo.net. Ha pubblicato: L’origine della Libera Muratoria (1998); La Loggia e il tempio (1999); L’antimassoneria cattolica nelle sue origini fiorentine (1999); Il Tempo rituale e l’uso magico dei Salmi (2000); L’iniziazione femminile in Massoneria (2001); Origini ed essenza della Massoneria (2004); L’Iniziazione femminile. Metafisica e trascendenza (2008); La simbologia massonica nella tradizione egizia (2009). In campo teatrale sono state rappresentate le sue opere: La Strega e Lame di Rasoio. Come conferenziere, per tredici anni ha condotto la serie Lettere e Simboli e Incontri del Grande Oriente presso il Caffè Letterario delle Giubbe Rosse e presso altri Caffè storici quali dell’Ussaro a Pisa; Di Simo a Lucca; Vaiani a Pistoia. Attualmente organizza conferenze presso la Galleria Art69 di Firenze e collabora con Cenacolo Salomone e Opera Omnia.

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