Oscar Wilde
Il fantasma di Canterville a cura di Daniela Folco
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Alla grande
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Indice Capitolo primo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. Capitolo secondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Capitolo terzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Capitolo quarto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Capitolo quinto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Capitolo sesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Capitolo settimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
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Capitolo primo
I Quando il ministro degli Stati Uniti, Hiram B. Otis, deci-
se di acquistare il castello di Canterville, tutti gli dissero che faceva un grosso sbaglio. Una vera sciocchezza dal momento che tutti, proprio tutti, sapevano che c’era un fantasma! Persino il proprietario, Lord Canterville, glielo disse. Era un uomo onesto: per nulla al mondo avrebbe imbrogliato al riguardo. Quando incontrò il ministro, iniziò un lungo discorso. L’imbarazzo era evidente. – Caro signor Otis, che bello aver al castello un ministro americano e la sua splendida famiglia! Però… E a questo punto si mise a sospirare, fregarsi le mani, tossire, e infilare una serie di “però” senza giungere al punto. Il ministro l’osservò perplesso e decise di assaporare il sigaro con calma, sprofondato in una comoda poltrona. – Le dicevo, dunque, carissimo, che strane voci circolano sul castello… Non che non ci sia un pizzico di verità… Io stesso ho deciso di non viverci più da quando… Quindi rimase muto e fissò davanti a sé, come se avesse visto uno spettro. L’americano si impressionò: Lord Canterville aveva un
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viso pallido da far paura. Allora chiese, con impazienza: – Da quando…? L’altro si rianimò. – Bene, ecco la verità: sono una persona onesta e non posso nasconderle che tanti anni fa ce ne andammo tutti in preda al terrore. Molti, come la mia prozia, la Duchessa di Bolton, non si ripresero… Dal momento in cui sentì due mani scheletriche afferrarle le spalle, mentre si vestiva, non fu più la stessa, poverina… – Tutto qui? Mi sta forse dicendo che c’è un fantasma? – Mi spiace molto, mi creda: c’è davvero! Appare tutte le volte c e ualcuno di noi sta per morire ciò avviene fin dal lontano 1585. Il fantasma esiste, eccome… – Ah! Ah! Ah! – rispose l’americano, quasi strozzandosi per le risate. – Arriva dal moribondo come il medico di famiglia. Ah! Ah! Ah! – Poi smise di ridere e dichiarò: antasmi non esistono né in merica, né in ng ilterra, né in altri luog i. utte invenzioni – Mi deve credere, tanti l’hanno visto. Il reverendo Augustus Dampier, il parroco del villaggio, per esempio. Ora, per nulla al mondo si spingere e nella sua passeggiata fino al castello. – Spettri e fantasmi non esistono, glielo ripeto. – Allora le racconterò di mia moglie, anche se non è bello rivelare fatti privati. Privatissimi! – Sono tutt’orecchi. – Lady Canterville non dorme più, non chiude occhio, la notte. – Oh, le conosco le donne… dicono di non riuscire a dor-
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mire e poi non le svegliano nemmeno le cannonate. ei proprio non dorme. lielo assicuro. sa perc é erc é imane con gli occ i s arrati, perc é a paura dei rumori che tanti anni fa la destavano, all’improvviso: strani scricchiolii lungo i corridoi, lamenti e pianti di un’anima dannata. Per non parlare dei suoni che venivano dalla biblioteca… La biblioteca, con il buio, sembrava il luogo d’incontro di demoni, mostri e qualsiasi altro essere malvagio. – Ce la mette tutta per spaventarmi. Siete dei gran burloni, voi Inglesi! Bravo, davvero bravo! Una recita perfetta. – Ma, caro signore… – Mi ascolti, Lord Canterville, ho come l’impressione che non voglia vendermelo, il suo castello. O mi sbaglio, forse? A Lord Canterville scappò un risolino isterico. i figuri, se non voglio s arazzarmene utti sono uggiti, persino i domestici. Non c’è stata somma che li convincesse a restare. Correvano via, a gambe levate, dopo pochi giorni. Se ci penso, mi vengono i brividi: tutto quel tempo trascorso nel terrore, nell’attesa di un fatto spaventoso: vederlo, il fantasma! Sentirne la risata agghiacciante! E temere di essere portati, ancora vivi, in quell’altra dimensione, il regno della morte. C’è da impazzire al solo ricordo, mi creda. – Senta, come le ho già spiegato, non credo nell’esistenza dei fantasmi. Siamo gente pratica, noi Americani… Comunque, anche se ci fossero, non cambierei idea. Tutto mi piace del castello: la posizione, il parco, le ampie sale, l’arredo… qualche miglioramento, nuove fodere ai divani, tende con colori più vivi… e diventerà splendido. Compro tutto quan-
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to, anche i fantasmi, se ci sono! Lord Canterville, rincuorato, sospirò e aggiunse: – Comunque, io l’ho avvertita, ora ho la coscienza a posto. cco l atto di vendita, lo firmi. Dopo qualche settimana, il ministro e la sua famiglia si trasferirono al castello. Tutti erano entusiasti: abitavano in un edificio antico, carico di storia. olto contenta era soprattutto la moglie del ministro. Da una delle più belle ragazze di New York si era trasformata in un’affascinante signora di mezz et , con magnifici occ i e un elegante profilo. , a differenza delle inglesi, spesso malaticce, era il ritratto della salute. ltrettanto vitale era il figlio maggiore, as ington, un giovane dai capelli biondi che sfumavano nel castano chiaro. Lo si sarebbe detto abbastanza bello. Però, più che per il fisico atletico era noto come un allerino di prim ordine ed esperto di genealogia, cioè della storia delle famiglie nobili. Andava matto anche per le gardenie. A passeggio, ne sfoggiava sempre una all’occhiello della giacca. Poi c’era Virginia, una ragazzina di quindici anni, con la grazia di un cerbiatto e grandi occhi blu, che si animavano soprattutto quando cavalcava, libera e gioiosa. Dopo Virginia c’erano i gemelli. Si trattava di bambini deliziosi, un po’ vivaci. Così tanto da venir spesso castigati per i guai combinati. Giunto il giorno dell’arrivo al castello, la famigliola al completo, scesa dal treno ad Ascot, salì su una carrozza. Iniziò, così, l’ultima tappa del loro viaggio. Era una splendida sera di luglio e l’aria profumava della
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resina degli abeti. Gli uccellini gorgheggiavano, le felci si piegavano alla brezza rivelando qualche fagiano. Piccoli scoiattoli li osservavano dai faggi, mentre passavano, e i conigli correvano via tra i cespugli con le code bianche per aria. Come imboccarono il viale del castello, tuttavia, il cielo si rannuvolò: una strana quiete sembrava regnare su ogni cosa. Uno stormo di corvi passò sopra le loro teste e, prima che raggiungessero l edificio, caddero goccioloni di pioggia. Un’anziana donna, in un abito di seta nera, con grembiule e cu fietta ianc i, li attendeva sulle scale c e conducevano all’ingresso. Si trattava della signora Umney, la governante. – Vi porgo il mio benvenuto al castello di Canterville – annunciò in tono solenne. Fece anche un piccolo inchino. a seguirono attraverso l antico ingresso fino alla i lioteca: una lunga e bassa sala tappezzata con pannelli di quercia e con una larga finestra di vetro lavorato. ettangoli e uadrati multicolori ormavano le figure di antichi condottieri. Sul tavolo erano pronte teiera e tazze per il tè. Dopo essersi tolti i mantelli, gli Otis si sedettero guardandosi attorno. All’improvviso, la moglie del ministro, perfetta padrona di casa, notò una macchia scura sul pavimento, proprio davanti al grande camino. – Signora Umney – disse con un tono di voce carico di meraviglia, – deve essersi rovesciato qualcosa là… – indicò con la mano il punto. Certo, non si aspettava la risposta che le diede la donna a voce bassa. – Sì, signora, è sangue… – Che orrore! – gridò la moglie del ministro. – Non voglio
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macchie di sangue in questa casa! Bisogna toglierla, subito! L’anziana sorrise e rispose con la stessa voce bassa e misteriosa: – È il sangue di Lady Eleonore di Canterville. Fu assassinata proprio in quel punto da suo marito, Sir Simon di Canterville, nel 1575. La signora Otis spalancò occhi e bocca. Calma, l’altra continuò: – Dopo l’atroce delitto, Sir Simon sopravvisse nove anni ancora – Nessuno le staccava gli occhi di dosso. – Poi scomparve in circostanze misteriose. Il corpo non fu mai trovato. Lui, comunque, o almeno il suo spirito, è rimasto qui. In queste stanze – concluse la governante. Subito dopo guardò dritto negli occhi la nuova padrona di casa: – La macchia di sangue non può essere tolta! ssurdo gridò il figlio maggiore as ington. no smacchiatore potente la eliminerà in un attimo. Prima che la sbalordita governante potesse intervenire, si era inginocc iato e stava strofinando il pavimento con un piccolo stick, come quelli della colla. In pochi attimi, la macchia di sangue sparì. – Sapevo che avrebbe funzionato – annunciò, molto contento, il ragazzo. Tutti lo guardarono con ammirazione, ma ben presto sul loro viso apparve un’espressione turbata. Un lampo terribile squarciò le tenebre in cui era piombata la sala. Lo spaventoso fragore di un tuono li fece balzare tutti in piedi. La signora Umney svenne.
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– Che clima incredibile – osservò calmo il ministro e si accese un lungo sigaro. – Sono convinto che per sfuggire al brutto tempo l’unica soluzione sia quella di emigrare in America… La moglie gli scosse il braccio: – Hiram, cosa possiamo fare con una governante che sviene? – Addebitale i danni – rispose il ministro, – non sverrà più. Subito la signora Umney rinvenne. Ma non era più la stessa. on un filo di voce, invitò la signora tis a guardarsi dai guai che avrebbero colpito la casa. Annunciò quindi in tono grave: – Ho visto con i miei occhi cose terribili, così spaventose da far drizzare i capelli in testa… Le lanciarono delle occhiate piuttosto incredule. – Per molte e molte notti non ho dormito ripensando ai fatti orribili accaduti fra queste mura. Il ministro e la moglie per calmarla dichiararono: – Stia tranquilla, noi non temiamo i fantasmi, non ci possono far niente! Dopo aver invocato la benedizione della Provvidenza su di loro e aver chiesto un aumento di stipendio, l’anziana governante s’avviò barcollando verso la sua stanza.
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Capitolo secondo
II Il temporale infuriò tutta la notte, ma non accadde nulla
di particolare. La mattina seguente, tuttavia, a colazione gli Otis trovarono ancora l’orribile macchia di sangue sul pavimento. – Non capisco, ho usato il più potente smacchiatore in commercio commentò as ington, l o sperimentato con tutto e non ha mai fallito. Lanciò un’occhiata carica di dubbio ai familiari. Quindi, in tono serio, aggiunse: – Deve per forza essere il fantasma a rimetterla al suo posto. i c inò, trasse di tasca lo smacc iatore e strofinò con energia il pavimento. Risultato: la macchia era svanita. Ma la mattina successiva apparve di nuovo, per la seconda volta. Anche la terza mattina era lì, nonostante la biblioteca fosse stata chiusa con un doppio giro di chiave dal signor Otis in persona. E lui era stato ben attento a non lasciarla in giro, uella c iave preziosa. aveva portata con sé, nella sua camera, al piano superiore. Tutta la famiglia, a questo punto, era in allarme. Il signor
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Otis iniziò ad avere dei dubbi sui fantasmi. Forse, forse… esistevano davvero. La signora Otis, per conto suo, annunciò che avrebbe inviato una lettera alla Società Spiritica, un’associazione c e si occupava di antasmi, spettri e a fini. as ington, il figlio maggiore, si incaricò di scriverla. Comunque, nella notte che seguì, tutti i dubbi sui fantasmi svanirono. La giornata era stata calda e, nella fresca sera, gli Otis uscirono per un giro in carrozza. Tornarono alle nove. a cena u a ase di ci i leggeri. on si parlò di spiriti, né tantomeno di Sir Simon di Canterville, ma delle solite cose: spettacoli, attrici, cantanti, torte e relative ricette, bagagli e viaggi, della pronuncia strascicata degli Inglesi e della dolcezza dell’accento degli Americani. Insomma, proprio non si era creata l’atmosfera adatta, quella che di solito precede l’apparizione di creature dell’oltretomba. Alle undici, la famiglia andò a dormire e, per mezzanotte, tutte le luci furono spente. Dopo un po’, il signor Otis fu svegliato da un curioso rumore proveniente dal corridoio, fuori dalla sua stanza. Era un suono metallico e sembrava avvicinarsi sempre più. i alzò su ito, accese un fiammi ero, guardò l ora l una. Calmo, si tastò il polso. Niente d’insolito, battiti regolari. Lo strano rumore continuò. Accompagnato dall’eco di passi. Scrinchhh! Tumfete! Scranchhh! Slendg! Tumfete! Tumfete! Scriiinchhh! l ministro infilò le panto ole, prese un piccolo acone dal cassetto e aprì la porta.
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