Oreste Brondo
L’ora di
Libro-quaderno per le vacanze
aritmetica • geometria
SCIENZE esperimenti di
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Pubblicazione gratuita allegata al testo per le vacanze “L’ora di MAT. 2”
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05/04/18 15:58
Introduzione Un bambino passeggia, le foglie cadono dagli alberi, una rana si tuffa in uno stagno, nel cielo compare, dopo la pioggia, uno splendido arcobaleno: uno studioso di scienze osserva intorno a sé, in ogni momento della giornata e in ogni luogo, tutto ciò che accade, perché dietro ogni fenomeno, se ben osservato, è possibile scoprire i meccanismi e i perché della natura.
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Un uomo di scienze conosce bene l’importanza dei dettagli, sa che dietro particolari ritenuti banali dalla maggior parte della gente comune si possono trovare le chiavi per interpretare i prodigi del mondo. È a partire, infatti, dall’osservazione approfondita di fatti apparentemente privi di rilevanza che hanno avuto origine ipotesi, esperimenti e teorie scientifiche importanti. E gli esperimenti altro non sono che un tentativo di ripetere, in laboratorio, le cose che accadono normalmente in natura, per poterle osservare e studiare meglio.
In questo piccolo libro ti proponiamo di ripetere una serie di esperimenti, modelli dinamici e costruzioni di strumenti di misura che fanno parte della tradizione scientifica. Prima di dare inizio ai lavori, però, vogliamo mostrarti una piccola carrellata di “esperimenti naturali”, di cose cioè che accadono normalmente intorno a noi, ma che, se ben osservate e interpretate, hanno il potere di introdurci, in maniera ammirevole, ai segreti della scienza, che tanto “segreti” non sono.
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Esperimenti naturali L’acqua ai bordi della pentola Ti sei mai accorto che, quando accendi il fuoco del fornello sotto una pentola, ai lati di essa si forma uno strato di condensa d’acqua che presto sparisce?
Osservando un fenomeno analogo gli scienziati hanno compreso che la reazione chimica che provoca la combustione produce, nella maggior parte dei casi, H2O (acqua). La condensa che si forma intorno alla pentola, infatti, è il prodotto della combustione del gas di città, la cui molecola, assai complessa, durante la reazione, si rompe producendo calore (il fuoco), anidride carbonica e acqua. Quest’ultima, inizialmente, si deposita ai bordi della pentola. Quando, però, la pentola comincia a riscaldarsi, l’acqua prodotta dalla combustione non ha più il tempo di condensare, perché il calore molto alto del metallo la fa evaporare subito. Questa è la ragione per la quale l’aria delle cucine dei ristoranti non ben areati è umida e soffocante.
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Le scie bianche degli aerei supersonici
Molti credono, erroneamente, che le scie bianche che gli aerei molto veloci lasciano nel cielo siano il prodotto della combustione del carburate degli autoveicoli. Non è così. In realtà, si tratta di acqua. Anzi, per essere più corretti, si tratta di vere e proprie nuvole.
Tutto avviene sulla parte superiore delle ali degli aerei, dove, a causa della loro forma arrotondata e della velocità di scorrimento dell’aria sulla superficie alare, si crea un fortissimo abbassamento di pressione. Quando scende la pressione, l’aria si raffredda. Maggiore è la velocità di scorrimento, più la pressione si abbassa. Più è bassa la pressione, più la temperatura diminuisce. A causa di ciò, il vapore presente nell’aria che scorre sulle ali si condensa in miriadi di goccioline di acqua che danno forma alle scie di condensa degli aerei.
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Il sale che fa ribollire l’acqua
Ti sei mai accorto che, quando si aggiunge il sale nell’acqua già calda contenuta in una pentola sul fuoco, l’acqua comincia a ribollire?
Quando si mette il sale nell’acqua quanto accade è che il sale va in “soluzione”, cioè la sua molecola, fatta da un atomo di sodio e un atomo di cloro (NaCl), si scinde e gli atomi che la compongono si separano. Nel sale in soluzione sono infatti presenti atomi di sodio caricati positivamente (Na+) e atomi di cloro caricati negativamente(Cl–). Questa reazione chimica provoca calore che, rilasciato nell’acqua, ne fa innalzare improvvisamente la temperatura. I chimici chiamano questi tipi di reazione “reazioni endotermiche”, cioè “ che rilasciano calore”.
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La luce discontinua delle stelle
Osservando il cielo di notte, in particolare in assenza della Luna, ci si può accorgere che l’intensità della luce delle stelle non è costante.
Lo spazio vuoto, in realtà, non è per niente vuoto: la materia in esso presente (gas, polveri, corpuscoli di differente dimensione) è semplicemente molto meno densa dell’atmosfera terrestre. Tale materia, in continuo movimento, si frappone tra le stelle e la Terra. La stella più vicina a noi si chiama “Proxima Centauri” ed è distante dalla Terra 4,2 anni luce. La sua luce, viaggiando a 300.000 chilometri al secondo, per giungere fino al nostro pianeta, deve attraversare circa 39.191 miliardi di chilometri. Durante questo considerevole tragitto, viene filtrata, deviata, assorbita, modificata dalla materia interstellare che incontra. Questo è il motivo per cui la luce delle stelle è discontinua.
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Esperimenti facili La forza del vento
Il vento è una delle forze più presenti e pervasive del pianeta. Vivendo noi nel fondo di un oceano di aria, ed essendo quest’aria un fluido in continuo movimento, in qualsiasi luogo ci troviamo siamo continuamente sfiorati, colpiti, attraversati da masse di aria più o meno consistenti e veloci. Il vento costituisce un ottimo materiale di base per lo studio delle forze. Tra gli oggetti che sfruttano la spinta del vento per produrre un altro tipo di movimento c’è l’elica.
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Un’elica di plastica
È utile sapere che... L’elica, ancor prima che dall’uomo, è stata inventata dalla natura! I semi dell’albero di acero, la cui origine risale a tempi molto più remoti di quella dell’homo sapiens, hanno una forma elicoidale, che permette a questi semi di sfruttare le correnti d’aria per compiere lunghi percorsi, roteando sul loro asse e lasciandosi trasportare dal vento.
Cosa serve per fare l’esperimento Una bottiglia di plastica di quelle verdi a sezione circolare. Un tappo di sughero da vino. Una cannuccia da bibita. Un’asse di legno di almeno 2cm di spessore e di circa 30cm di lunghezza. Un pennarello indelebile. Un coltello da cucina con la lama seghettata. Un paio di forbici. Un martello. Un chiodo grosso da almeno 8cm. Un chiodo piccolo da 3cm.
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Come si realizza l’esperimento Traccia con il pennarello un cerchio il piÚ possibile preciso a 12cm circa di distanza dal collo della bottiglia. Taglia la bottiglia seguendo la linea tracciata, adoperando il coltello per realizzare la prima apertura e continuando con le forbici per fare un taglio circolare netto.
Sul bordo circolare del taglio segna, con il pennarello, quattro punti che dividano il cerchio in quattro parti uguali. Traccia altri quattro segni a metĂ tra quelli precedenti. A partire da ognuno di questi segni, traccia una linea che unisca, per la via piĂš breve, il segno sulla circonferenza alla base del collo della bottiglia.
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Svita il tappo dalla bottiglia e con le forbici taglia la plastica lungo le otto linee segnate fino a giungere, con il taglio, il più vicino possibile all’imboccatura della bottiglia. Schiaccia bene le otto strisce di plastica che avrai così ottenuto, in modo da aprirle, intorno al collo della bottiglia, come se fossero i petali di un fiore.
Buca il tappo della bottiglia con il chiodo stando attento a praticare il buco ben al centro. Taglia una fetta di sughero dello spessore di 1,5cm e bucala al centro con il chiodo. Allarga i buchi in modo che il chiodo da 3cm vi entri comodamente e il sistema possa ruotargli agevolmente intorno. Taglia un pezzo di cannuccia della lunghezza di circa 5mm-6mm.
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Assembla i tre pezzi incastrando il sughero nel vano del tappo e inserendo il chiodo in modo che la testa sia dalla parte del sughero. Fatto questo, sistema il pezzetto di cannuccia dalla parte del tappo di plastica, da dove fuoriesce la punta del chiodo, quindi inchioda il sistema all’asse di legno, stando attento a non schiacciare il frammento di cannuccia. Assicurati che il tappo di sughero, assieme al tappo di plastica, ruotino abbastanza liberamente intorno al chiodo.
Eseguite queste operazioni, avvita il fiore di plastica, costruito in precedenza, al tappo fissato all’asse di legno e prova a soffiarci sopra, a metterlo al vento, a correre tenendolo rivolto verso la direzione di corsa. Non succederà niente...
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Piega ogni petalo dell’elica alla base, afferrandolo saldamente e girandolo con una certa forza. Orienta tutti i petali nella stessa direzione, in modo che formino un’elica a otto pale. Prova a correre, a soffiarci sopra, ad esporla al vento e vedrai che l’elica girerà!
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Come interpretare l’esperimento Affinché l’elica giri, bisogna piegare le pale (creazione del passo dell’elica). Per comprendere il perché di questo osserva i disegni qui sotto: essi rappresentano la sezione di una pala dell’elica prima e dopo essere stata piegata.
Quando la forza del vento (indicata con una freccia chiamata “vettore”) spinge sull’elica senza passo, la sua spinta si esercita solo in una direzione, che è quella verso la quale la pala dell’elica non si può muovere, essendo fissata al perno costituito dal tappo, dal chiodo e dalla cannuccia che le permette solo di ruotare. Quando, invece, viene creato il passo dell’elica (la piegatura delle pale), è come se la forza del vento venisse scomposta in due forze: una spinge le eliche in avanti, senza alcun effetto; l’altra le spinge lateralmente, nella direzione nella quale invece l’elica può muoversi.
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La forza di gravità
Tutti quanti sappiamo che, se si apre la mano che trattiene un oggetto, esso cade per terra. Dietro ad un fatto apparentemente così scontato, tuttavia, si nascondono alcune leggi il cui studio, da parte di grandi scienziati come Galileo e Newton, ha costituito uno dei momenti più importanti nella storia della scienza e dell’umanità. Fu grazie alle ricerche sulla forza di gravità, infatti, che i due studiosi dimostrarono come le leggi fisiche che regolavano il moto e il comportamento della Terra valevano anche per tutti gli altri corpi del sistema solare.
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L’accelerazione di gravità
Tutte le cose che si trovano nei suoi pressi sono ben attaccate alla Terra o, quanto meno, tendono a ritornarvi. Un corpo che cade subisce, a causa della forza di gravità, un’accelerazione costante che ne fa aumentare, in ogni momento e nello stesso modo, la velocità di caduta.
Cosa serve per fare l’esperimento Due cordicelle: una di circa 3,5m e l’altra di circa 2m. Cinque dadi per viti. Un metro pieghevole. Come si realizza l’esperimento Lega i cinque bulloni alla corda di 3,5m. Il primo fissalo in cima, quelli successivi a distanze uguali l’uno dall’altro (70cm). Sali su una pedana o su un balcone al primo piano, in modo tale da potere lasciar penzolare la corda con i pesi tenendola dal lato libero (i rimanenti 70cm dove non vi è legato nulla).
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Lascia cadere la corda e ascolta il suono dei bulloni che cozzano contro il suolo. Sentirai un ritmo irregolare, via via piĂš accelerato.
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Sciogli i pesi dalla cordicella oppure procurati un’altra cordicella con altri pesi e questa volta sistemali alle seguenti distanze l’uno dall’altro: 10cm tra il primo dado fissato alla cima e il secondo; 40cm tra il secondo e il terzo; 90cm tra il terzo e il quarto; 160cm tra il quarto e il quinto. Le misure devono essere precise. Sali di nuovo su un luogo sollevato rispetto al piano di caduta, lasciando penzolare la corda sempre dal lato dove non vi sono legati i dadi.
Lascia cadere la corda: questa volta sentirai che il suono dei dadi che toccano terra è ritmato e costante.
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Prova ad usare la cordicella di 2m e stavolta lega i dadi alle seguenti distanze l’uno dall’altro: 5cm, 20cm, 45cm, 80cm. Rifai l’esperimento. Con la cordicella di due metri è sufficiente salire su un tavolo. Lascia cadere i dadi legati alla corda e vedrai che, anche in questo caso, i dadi giungeranno a terra secondo un ritmo costante. Come interpretare l’esperimento Un oggetto che cade aumenta la velocità di caduta in modo direttamente proporzionale al quadrato del tempo. Questo significa che, dopo un secondo, la velocità aumenta di 1 metro al secondo (1m/ sec), dopo 2sec di 4m/sec (4 = 2²), dopo 3sec di 9m/sec (9 = 3²), dopo 4sec di 16m/sec (16 = 4²). Un oggetto più vicino al suolo impiega meno tempo a cadere e, quindi, raggiunge una velocità minore di quella raggiunta da un oggetto che cade da una quota più alta (più tempo di caduta, maggiore velocità). I dadi che si trovano più distanti dal suolo hanno una possibilità di recuperare, in parte, il ritardo dovuto al percorso più lungo.
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Le distanze sono calcolate in modo tale che i dadi giungano a terra secondo intervalli di tempo uguali. Prova a osservare il rapporto tra le distanze dei diversi pesi. Nel caso della corda di 3,5m, le distanze tra i dadi erano: 10cm; 40cm; 90cm; 160cm. Se dividi per 10 le misure, otterrai la sequenza: 1, 4, 9, 16. Nel caso della corda di 2m, le distanze tra i dadi erano: 5cm; 20cm; 45cm; 80cm. Se dividi per 5 le misure, otterrai di nuovo la sequenza: 1, 4, 9, 16. Come puoi vedere, sono gli stessi rapporti matematici che regolano l’accelerazione di un corpo in caduta in rapporto al tempo.
Corpi che si attraggono, corpi che si respingono
Ti sarà capitato qualche volta di prendere una scossa sfiorando un’altra persona, talvolta sentendo il rumore della scintilla. In piccolo, è lo stesso fenomeno che genera il fulmine o che fa scattare la scintilla tra i poli di una batteria. Si tratta di un passaggio di cariche, specificatamente di elettroni.
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Palloncini antigravità e altre stranezze
(alcuni esperimenti sull’elettrostatica) È utile sapere che... Tutta la materia è composta di atomi. Gli atomi sono costituiti da un nucleo formato da particelle piuttosto grandi chiamate “neutroni” e “protoni”, questi ultimi dotati di carica positiva. Il nucleo è circondato da elettroni, piccole particelle dotate di carica negativa. Gli elettroni si spostano con grande facilità, mentre i protoni sono vincolati al nucleo. Normalmente le quantità di elettroni e di protoni presenti nell’atomo si compensano, ma spesso accade, in situazioni particolari, che gli elettroni si allontanino dai loro atomi di origine.
Cosa serve per fare l’esperimento Due palloncini di gomma gonfiati. Uno straccio o un maglione di lana. Pezzetti di carta tagliati molto piccoli e altri materiali molto leggeri (piume, ad esempio).
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Una matita dal corpo di legno. Ago e ďŹ lo da cucire. Palline di polistirolo molto piccole. Una penna biro. Come si realizza l’esperimento Dopo aver sistemato i pezzettini di carta e le piume su un tavolo, stroďŹ na uno dei palloncini con lo straccio di lana.
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Primo esperimento
Avvicina il palloncino a qualche centimetro dai pezzettini di carta e vedrai gli oggetti sollevarsi dal tavolo come se vincessero la forza di gravitĂ .
Secondo esperimento
Lega i due palloncini ben gonďŹ a due ďŹ li di cotone.
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Strofina i due palloncini con lo straccio di lana e avvicinali tenendoli per i fili. Vedrai che tenderanno ad allontanarsi tra di loro.
Se provi ad avvicinare uno dei due palloncini allo straccio di lana, vedrai che resterà attaccato.
Terzo esperimento
Infila, nella pallina di polistirolo, l’ago legato ad un filo di cotone. Lega alla matita il filo da cui adesso pende la pallina oppure fissalo sul bordo di un tavolo con dello scotch, in modo tale che la pallina di polistirolo sia libera di penzolare.
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Strofina la biro con la pezza di lana e avvicinala alla pallina di polistirolo. Vedrai che la pallina comincerà ad oscillare allontanandosi dalla biro.
Come interpretare gli esperimenti Quando strofini la gomma del palloncino o la bachelite della biro su un tessuto di lana, accade che gli elettroni degli atomi presenti nella lana si trasferiscono nella bachelite e nei palloncini, i quali si caricano negativamente, mentre la lana, che ha ceduto gli elettroni, si carica positivamente. Due oggetti, quando hanno cariche dello stesso segno, si respingono, quando invece hanno cariche diverse si attraggono. Questo è il motivo per cui i palloncini tra di loro si respingevano e la pallina di polistirolo sfuggiva alla biro: avevano tutti cariche dello stesso segno. Contrariamente, nel caso del palloncino e dello straccio di lana, i due oggetti si attraevano perché avevano cariche diverse.
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I magneti o calamite
I magneti sono materiali che generano intorno a sé un campo magnetico. Il campo magnetico è una zona che si estende intorno all’oggetto dotato di queste qualità, all’interno della quale esso esercita un potere di attrazione nei confronti di alcune sostanze, in particolare il ferro. Come ben sai, infatti, le calamite attraggono principalmente oggetti di ferro. Un oggetto di ferro può essere trasformato transitoriamente in una calamita sfruttando una proprietà particolare dell’energia elettrica. L’esperimento che ti proponiamo ha a che fare con questo.
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L’elettrocalamita
È utile sapere che… Gli atomi sono formati da protoni, neutroni ed elettroni. Normalmente, le cariche contenute in ogni atomo sono distribuite in modo che non vi siano, in nessuna parte dell’atomo, particolari prevalenze di cariche positive o negative. Questo, però, non vale per tutti i materiali e in tutte le situazioni.
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Cosa serve per fare l’esperimento Un bullone da 10cm. Un filo elettrico sottile di 1m. Una batteria piatta da 4,5volt. Oggetti di metallo di piccole dimensioni. Una pinza o un paio di forbici. Come si realizza l’esperimento Avvolgi il fi lo ben stretto sul bullone cominciando da un estremo e terminando all’altro. Lascia da una parte e dall’altra due estremi del filo, abbastanza lunghi da poter essere collegati alla batteria.
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Togli il rivestimento di plastica del filo alle due estremità adoperando la pinza o le forbici. Devi lasciare scoperti almeno 2cm di filo di rame.
Collega ai poli della batteria gli estremi del filo. Avvicina il bullone alle graffette e ai chiodi e vedrai che saranno attratti dall’elettrocalamita.
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Prova ad avvicinare, facendoli toccare, un chiodo all’elettrocalamita. Avvicina, poi, il chiodo a una graffetta, e la graffetta a uno spillo. Vedrai che anche il chiodo si è trasformato in un magnete capace di attrarre a sé piccoli oggetti ferrosi.
Prova a mettere insieme due batterie da 4,5volt collegando il polo positivo (+) di una batteria con un polo negativo (-) dell’altra. Otterrai una batteria più potente. Collega i poli liberi delle batterie agli estremi del filo avvolto intorno al bullone. Otterrai un’elettrocalamita capace di sollevare oggetti ancora più pesanti.
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Come interpretare l’esperimento Gli atomi che costituiscono un magnete non presentano le loro cariche interne distribuite omogeneamente, bensì sistemate in modo tale che ogni atomo si trova ad avere un polo positivo e uno negativo. Le cariche degli atomi, inoltre, sono orientate nello stesso modo, cioè, i loro poli, positivo e negativo, sono rivolti nella stessa direzione.
Quando un filo elettrico viene attraversato da una corrente elettrica produce intorno a sé un campo di forze (campo elettrico). Un oggetto di ferro che si trovi all’interno di questo campo viene magnetizzato e si comporta come una calamita. Qualsiasi oggetto di ferro venga avvicinato ad una calamita o a un’elettrocalamita viene anch’esso magnetizzato.
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Il sale da cucina e i suoi componenti
Il sale è uno dei composti chimici più diffusi in natura. Esso è presente, in particolare, nell’acqua del mare. Il sale da cucina, la cui definizione chimica è “cloruro di sodio”, viene ottenuto dall’uomo facendo evaporare grandi quantità di acqua marina oppure estraendolo direttamente dal sottosuolo dalle miniere di salgemma (minerale di cloruro di sodio), residui di antichi mari.
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La separazione del cloro dal sodio
È utile sapere che... La molecola del sale da cucina è composta da un atomo di sodio e un atomo di cloro (NaCl). Quando si scioglie il sale nell’acqua, buona parte delle molecole si scompongono. Si hanno così, nell’acqua, atomi di cloro caricati positivamente (Cl+) e atomi di sodio caricati negativamente (Na–). L’esperimento che ti proponiamo è un modo, sperimentato dai chimici, di estrarre il cloro dal sale da cucina in soluzione.
Cosa serve per fare l’esperimento Un bicchiere. Un filo elettrico lungo 60cm. Una batteria piatta da 4,5volt. Un pacco di sale fino da cucina. Un cucchiaio. Una pinza o un paio di forbici.
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Come si realizza l’esperimento Riempi il bicchiere d’acqua e versa nel bicchiere due cucchiai di sale. Mescola, fino a che il sale non è ben sciolto. Otterrai più facilmente la soluzione salina se usi acqua calda.
Taglia il filo elettrico in due parti uguali e togli il rivestimento dagli estremi dei due fili ottenuti. Da un lato di ogni filo togli 2cm di rivestimento, dall’altro almeno 8cm.
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Collega i due fili, per i due estremi privati del rivestimento, ai poli della batteria.
Immergi i due estremi liberi del filo nella soluzione salina, senza farli toccare tra di loro.
Dopo alcuni minuti, sul filo collegato al polo positivo della batteria (+), vedrai risalire un gas irritante e giallastro, il cloro. Nello stesso momento, l’acqua intorno al filo assumerà un colore blu-verde. Sul filo collegato al polo negativo della batteria (-), invece, si formerà una sostanza dalla consistenza simile al sapone. Il filo, inoltre, si riempirà di bollicine.
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Come interpretare l’esperimento La sospensione blu-verde e il gas giallastro che vedi apparire vicino al filo collegato al polo positivo della batteria è cloro, uno dei componenti del sale da cucina. Il cloro è un gas. La sostanza che si forma sul filo collegato al polo negativo è un composto chimico formato dall’idrogeno presente nell’acqua e dal sodio, un altro dei componenti del sale. Il sodio è un metallo.
Il cloro si trova sul polo positivo perché i suoi atomi liberi nell’acqua sono caricati negativamente e quindi vengono attratti dal polo positivo della batteria. Viceversa, gli atomi di sodio, caricati negativamente, sono attratti dal polo negativo. Il motivo per cui non si ha il sodio puro sul filo collegato al polo positivo della batteria
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è che il sodio, per alcune sue caratteristiche chimiche, si combina immediatamente con l’idrogeno presente nell’acqua, formando un composto chiamato “idrato di sodio”.
Il rame, l’aceto e il ferro
Come hai visto nell’esperimento precedente, ci sono molte reazioni chimiche che hanno luogo in situazioni facilmente riproducibili e con materiali non pericolosi e di facile reperimento. L’esperimento che ti proponiamo ora ti permetterà di osservare due reazioni chimiche nello stesso momento: la messa in soluzione di atomi di rame e la formazione di uno strato dello stesso metallo su una superficie di ferro.
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Pulire il rame, placcare il ferro
È utile sapere che… Vi sono molti composti chimici che, quando vanno in soluzione nell’acqua, si scompongono in atomi caricati o positivamente o negativamente (ioni negativi e ioni positivi). La loro carica, in alcuni casi, favorisce alcune reazioni chimiche e la formazione di nuovi composti. Vi sono dei casi, inoltre, in cui la presenza di alcune sostanze favorisce la reazione tra altre.
Cosa serve per fare l’esperimento Un barattolo di vetro. 20 monetine da 1, 2, 5 centesimi. Aceto. Sale da cucina. Un chiodo di ferro. Un foglio di carta abrasiva. Una matita. Un filo di cotone. Fazzolettini di carta. Come si realizza l’esperimento Versa nel barattolo di vetro mezzo bicchiere di aceto e aggiungi mezzo cucchiaino di sale facendolo sciogliere bene. Metti le
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monetine nel barattolo e accertati che siano ben ricoperte dall’aceto.
Togli la patina di ossido di ferro dal chiodo usando la carta abrasiva, fino ad ottenere una superficie dal colore metallico.
Adoperando il filo di cotone, lega alla matita il chiodo. Sistema la matita, poggiandola all’imboccatura del barattolo in modo che il chiodo sia immerso a metà nella soluzione di aceto e sale.
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Dopo un po’ di tempo vedrai che le monete sono diventate lucidissime, mentre la parte immersa del chiodo di ferro si è ricoperta di rame (il metallo di cui sono composte le monete). Per vedere meglio l’effetto tira fuori le monete e il chiodo dalla soluzione, lavali con acqua e asciugali con i fazzolettini di carta.
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Come interpretare l’esperimento Le monete tornano a splendere Nell’aceto è presente una sostanza chiamata “acido acetico” che, a contatto con il rame, forma un nuovo composto, l’acetato di rame. Tale reazione avviene con maggiore facilità in presenza del sale da cucina e provoca l’asportazione di uno strato sottile di metallo della moneta. Insieme alla pellicola di rame vanno in soluzione l’ossido e le impurità presenti sulla superficie metallica. Una parte del rame, inoltre, va in sospensione nel liquido, in forma di ione positivo (Cu+).
Il chiodo si ricopre di rame (placcatura) Anche una parte degli atomi del ferro va in soluzione in forma di ioni positivi (Fe+); in tal modo accade che la superficie del chiodo si carica negativamente. Gli ioni positivi del rame (Cu+) sono attratti dalla carica negativa e aderiscono alla superficie del chiodo ricoprendola.
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Aceto e bicarbonato
Il chimico francese Antoine Lavoisier enunciò, alla fine del Settecento, una legge della chimica divenuta alquanto famosa: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». Questo semplice esperimento, corredato di alcune facili formule chimiche, costituisce una conferma di questa legge fondamentale della chimica.
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Le basi e gli acidi
È utile sapere che… Tra gli innumerevoli possibili esistenti, vi sono due tipi di composti chimici chiamati “basi” e “acidi”. Tali composti hanno proprietà tali che, se miscelati tra di loro, producono spontaneamente, e in modo immediato, reazioni chimiche piuttosto evidenti.
Cosa serve per fare l’esperimento Un bicchiere. Acqua. Bicarbonato di sodio. Aceto. Un fiammifero. Come si realizza l’esperimento Versa, in mezzo bicchiere d’acqua, tre o quattro cucchiaini di bicarbonato, in modo da ottenere una soluzione concentrata.
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Versa un cucchiaio di aceto nella soluzione. Vedrai formarsi una grande quantità di bollicine. Accendi il fiammifero e introduci la parte accesa dentro al bicchiere senza toccare l’acqua. Vedrai che il fiammifero si spegnerà.
Come interpretare l’esperimento Il bicarbonato (sostanza basica) ha reagito chimicamente con l’aceto (sostanza acida). Questa reazione ha prodotto un sale (acetato di sodio), un liquido (acqua) e un gas (anidride carbonica). Le bollicine sono dovute alla produzione di anidride carbonica, il gas utilizzato per rendere le bibite gassate. Il fiammifero si spegne perché l’aria nel bicchiere è satura di anidride carbonica che ne impedisce la combustione, la quale, come sai, per avere luogo ha bisogno di ossigeno. Nella tabella qui sotto abbiamo riportato la formula della reazione chimica avvenuta nel bicchiere. CH COOH + NaHCO = CH COONa + H O + CO 3
3
3
2
CH COOH 3
NaHCO
3
CH COONa 3
Acido acetico Bicarbonato di sodio Acetato di sodio
HO
Acqua
CO
Anidride carbonica
2
44
2
2
Nella formula C rappresenta il carbonio, H l’idrogeno, O l’ossigeno, Na il sodio. I numeri sotto ogni atomo rappresentano la quantità di atomi presenti nei composti. Prova a contare gli atomi a destra e a sinistra del segno di uguaglianza, vedrai che il numero sarà lo stesso.
Perché le cose hanno un colore
Ti sarà capitato diverse volte di vedere l’arcobaleno. Studiando questo fenomeno e conducendo una serie di importanti esperimenti, lo scienziato Isaac Newton scoprì che la luce bianca del Sole è una miscela dei colori dello spettro e che l’arcobaleno non è altro che una separazione e una distinzione dei colori che compongono la luce.
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Il calore della luce
È utile sapere che… La luce del Sole è un vettore di energia. Sarebbe a dire che, muovendosi nello spazio, essa ne trasporta una certa quantità, che può manifestarsi in forma di energia luminosa (la luce come la conosciamo) o di calore. È noto a tutti il fatto che, se si indossa un vestito nero al Sole estivo, si sente caldo e che gli abitanti del deserto, per la stessa ragione, preferiscono indossare abiti bianchi.
Cosa serve per fare l’esperimento Tre fogli di cartoncino dello stesso spessore, uno nero, uno bianco, uno rosso (il colore di quest’ultimo non ha importanza, potrebbe essere anche verde). Il Sole. Come si realizza l’esperimento Sistema i tre cartoncini sotto il Sole e lasciali riscaldare per un po’ di tempo (una decina di minuti).
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Trascorsi dieci minuti tocca, con il dorso della mano, i tre cartoncini. Ti accorgerai che il cartoncino nero è più caldo di quello rosso, che a sua volta è più caldo di quello bianco.
Come interpretare questo esperimento La luce del Sole si muove nello spazio portando in sé tutti colori dello spettro miscelati tra di loro. Tale miscela ci dà la luce bianca.
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Quando la luce del Sole colpisce un oggetto nero, essa rimane intrappolata quasi interamente all’interno dell’oggetto. La maggior parte della luce che giunge su di esso si trasforma in calore e, in minima parte, viene riflessa in forma di energia luminosa. Ecco il motivo per il quale il cartoncino nero è il più caldo.
Quando la luce colpisce un oggetto bianco solo una piccola percentuale di essa viene intrappolata e trasformata in calore: la maggior parte, invece, viene riflessa in forma di energia luminosa. Ecco il motivo per il quale il cartoncino bianco è il più freddo. Quando la luce colpisce un oggetto colorato (rosso, per esempio) solo una parte della luce viene assorbita e trasformata in calore; la rimanente, invece, viene riflessa in forma di energia luminosa. La parte di luce riflessa è quella rossa. La superficie dell’oggetto assorbe tutti i colori tranne quello con cui appare, che viene riflesso. Ecco il motivo per il quale la temperatura del cartoncino rosso è una via di mezzo tra quella del cartoncino nero e quella del cartoncino bianco.
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